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Un lungo braccio S. Bordiglioni
Un lungo braccio
Clovis era piccolo: il più piccolo dei ragazzi della tribù della pianura, grandi cacciatori di cervi. I suoi compagni erano tutti più alti e forti di lui, e molti accompagnavano già gli uomini nella caccia. «Voglio venire anch’io!» ripeteva spesso al padre. Voglio cacciare i cervi per la tribù! Ma il padre scuoteva la testa: «Verrai solo quando saprai piantare una lancia in un albero a venti passi. Prima saresti solo un peso inutile». Clovis aveva provato tante volte a scagliare la lancia, ma le sue braccia non erano così lunghe e robuste come quelle di Nameh, che già era stato due volte a caccia con gli uomini. La lancia di Clovis spesso neppure arrivava all’albero, ma se lo colpiva ricadeva indietro senza forza. A ogni lancio i suoi amici ridevano e il ragazzino si sentiva umiliato e ferito. «Devi farti allungare un po’ le braccia o non raggiungerai mai quell’albero!» gli disse un giorno Nameh per scherzare, e Clovis si allontanò rosso di rabbia. Camminò tutto solo, attorno al villaggio, pieno di vergogna. Poi, ad un tratto, si ritrovò davanti alla fossa che usava la tribù per gettare i resti degli animali che erano stati uccisi e mangiati. C’erano lunghe ossa bianche e, guardandole, Clovis pensò che se avesse potuto ne avrebbe usate un paio per allungare le sue braccia. Prese due ossa, una per mano, e fece finta che fossero le sue nuove braccia. Immaginò di tirare una lancia con quelle lunghe leve e rise divertito. Poi però un’idea si fece strada nella sua mente: e se davvero fosse stato possibile lanciare con un braccio tanto lungo? Che cosa sarebbe successo? La lancia sarebbe andata più lontano? Con più forza? Le domande erano tante, ma c’era un solo modo per trovare
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le risposte: Clovis corse a prendere la sua lancia e un coltello di selce. Con la lama lavorò attorno alla testa dell’osso finché non riuscì a ricavare una sporgenza sulla quale appoggiare la base della sua lancia: sarebbe stato l’osso a spingere lontano la lancia, non la sua mano. In questo modo, il suo braccio sarebbe stato molto più lungo di quello di Nameh. Finalmente, quando tutto fu pronto, allungò il braccio con l’osso e ci sistemò sopra la lancia: ben salda contro la sporgenza, la lunga asta sembrava non vedere l’ora di volare via. Clovis lanciò e l’arma volò così lontano che il ragazzo quasi ne restò spaventato. Contò trentadue dei suoi passi prima di poter recuperare la lancia che si era conficcata profondamente in terra. Provò a lanciarla allora contro un albero lontano, e la punta dell’asta entrò così tanto nel legno che Clovis faticò non poco ad estrarla. Tutto contento, corse a cercare Nameh per sfidarlo. Il ragazzo accettò la sfida. Si sistemò a venti passi dall’albero scelto come bersaglio e piantò la sua lancia profondamente nel legno. Sentendosi già vincitore rise e, guardando il suo avversario con una punta di disprezzo, disse: «Tocca a te, braccino corto!». Clovis, senza arrabbiarsi, si sistemò a trenta passi dal bersaglio e poi scagliò la lancia usando il suo osso magico. L’arma volò veloce e sicura, e si conficcò nel legno tanto profondamente che non fu possibile estrarla senza romperla. Nameh era stupito, ma non solo lui: tutta la tribù seppe in poco tempo quello che era successo e tutti vollero vedere il braccio d’osso, il propulsore che Clovis aveva inventato. Il ragazzo lanciava e spiegava, tutto contento, sicuro che alla prossima caccia al cervo avrebbe partecipato anche lui.
Stefano Bordiglioni, Storie prima della storia, Einaudi Ragazzi
Perché Clovis non può andare a caccia e quando potrà andarci? Cosa dice Nameh a Clovis? Cosa inventa Clovis? Perché Clovis decide di sfidare Nameh? Secondo te Clovis parteciperà alla prossima caccia? Perché?