Raffaela Paggi ¡ Gabriele Grava ¡ Adele Mirabelli
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Percorsi di lettura rilettura scrittura per la scuola secondaria di I grado SCUOLA
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Poesie me al largo sospinge ancora il non domato spirito, e della vita il doloroso amore Umberto Saba, Ulisse
a cura di Alessandro Italia e Raffaela Paggi
VĂ clav Havel
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Nel 1911, all’inizio di un nuovo secolo, turbolento e rivoluzionario in tutti gli ambiti dell’umana esistenza, il poeta Umberto Saba scrisse un intervento dal titolo profetico: Quello che resta da fare ai poeti. Anche la poesia doveva infatti allora ritrovarsi, interrogarsi sul suo compito, rifondare il suo linguaggio e riscoprire il nesso tra la parola poetica e la realtà. Saba propone ai poeti di impegnarsi a fare una poesia «onesta»: «il poeta deve tendere ad un tipo morale il più remoto possibile da quello del letterato di professione, ed avvicinarsi invece a quello dei grandi ricercatori di verità esteriori o interiori»1. Una poesia responsabile, desiderosa di scoprire la verità, originale, cioè alla ricerca della parola che dia voce alla cosa e la presenti al lettore coinvolgendolo in un dialogo appassionato con l’autore e con la realtà, al fine di indagarne il significato. La presente sezione propone liriche prevalentemente novecentesche improntate a tale visione della poesia, raccolte in due parti: la prima, monografica, interamente dedicata a Giuseppe Ungaretti, un uomo in guerra; la seconda, tematica, intitolata Spazi infiniti. Pochi anni dopo l’intervento di Saba, un giovane soldato, che ha già iniziato ad amare la poesia, è costretto a rinnovare il linguaggio poetico: la poesia si fa brevissima, con poche parole e priva di punteggiatura. La ragione sta nella condizione particolare, la meno adatta alla scrittura, in cui quel poetasoldato scrive le sue poesie: Ungaretti lo fa in guerra, in trincea, su piccoli fogli, a contatto costante con la morte. Ma c’è di più. Nella poesia Il porto sepolto, Ungaretti descrive il travaglio di un poeta nel fare poesia: questi deve scendere in profondità, nel suo cuore, per raccogliere quanto vuol dire e tornare alla luce per dire a tutti ciò che prova. Ma quello che resta, in questo ideale percorso di andata e ritorno, è molto poco. La parola è «impotente», perché non riesce «mai a dare il segreto che è in noi», dirà Ungaretti stesso in una sua celebre e tarda intervista. E allora che fare? Occorre superare l’apparente pochezza del testo, stare sulle parole e leggere fra le righe. Solo così la poesia di Ungaretti diventerà «potente», cioè piena di significato. L’Ungaretti antologizzato è poeta di guerra e la sua poesia è innanzitutto poesia di guerra. Perché allora noi, che fortunatamente non conosciamo 1 U. Saba, Quello che resta da fare ai poeti, ed. dello Zibaldone, Trieste 1959, p. 63.
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quella condizione, dovremmo interessarcene? Nella sua poesia in trincea Ungaretti rivela, in primis a sé stesso, la sua natura di uomo. Ma le sue domande, i suoi dubbi, la sua fragilità, il suo rapporto con l’infinito, il suo attaccamento alla vita non sono solo suoi. Sono anche nostri. Ed è questo il miracolo della letteratura: raggiungerci nelle condizioni più diverse, a distanza di anni. Solo cercando di leggere con pazienza le singole parole dei testi e confrontando quelle parole con la propria esperienza, il lettore potrà godere fino in fondo di uno dei più grandi poeti del secolo scorso. La sezione intitolata Spazi infiniti propone alcuni testi tratti da raccolte di poeti del Novecento, eccezion fatta per le prime due, di Giacomo Leopardi e di Giovanni Pascoli, che, pur essendo nati rispettivamente nel 1798 e nel 1855, hanno anticipato temi e modalità espressive cari ai poeti del Novecento. Le poesie prendono avvio dall’osservazione di un particolare della realtà: una siepe, la nebbia, una finestra, un porto, uno sguardo, una rosa, un semaforo, una formica… ogni cosa ha il potere di suscitare domande e riflessioni nel poeta, se osservata con curiosità e originalità. Le poesie divengono così una sorta di dialogo appassionante tra il poeta e la res (in latino ‘cosa’, da cui realtà), nel quale viene coinvolto anche il lettore, convocato a immaginare, comprendere e paragonarsi con osservazioni e interrogativi che non possono lasciarlo indifferente. In tali poesie si rinnova continuamente l’esperienza dell’incontro con spazi finiti che hanno il potere di suscitare interrogativi infiniti, spalancando occhi e cuori del poeta e contemporaneamente del lettore, se accoglie l’invito del suo non domato spirito e dell’amore, pur a volte doloroso, per la vita, come si legge nei versi della poesia Ulisse di Umberto Saba, citati a inizio sezione. Per aiutarti nella lettura e nella comprensione dei testi, troverai alcune domande che, senza la pretesa di analizzare ed esaurire tutti gli aspetti delle poesie, intendono favorire la tua capacità interpretativa, facendoti riflettere sui suoni e sui sensi delle parole, sui rimandi presenti tra gli elementi testuali, facendo peraltro tesoro di quanto già appreso e sperimentato leggendo i percorsi di poesia dei volumi 1 e 2 di Andata e ritorno. È infatti concentrandosi sulla forma e sul significato dei particolari che si apre la strada per incontrare l’universale, cioè il senso cui il testo introduce. La sezione propone inoltre un percorso di scrittura volto ad affinare le abilità necessarie per produrre testi descrittivi, narrativi autobiografici e di invenzione, espositivi e argomentativi, attraverso il paragone con le scelte linguistiche e le tematiche delle poesie lette, il richiamo alla tua esperienza di osservatore e alla tua autobiografia, il confronto fra testi diversi nonché fra testi e immagini.
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4/1 Un uomo in guerra: Giuseppe Ungaretti Non conosco sognare poetico che non sia fondato sulla mia esperienza diretta. Giuseppe Ungaretti, Vita di un uomo
a cura di Alessandro Italia
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Veglia Cima Quattro il 23 dicembre 1915
Un’intera nottata buttato vicino a un compagno massacrato con la sua bocca digrignata1 volta al plenilunio2 con la congestione3 delle sue mani penetrata nel mio silenzio ho scritto lettere piene d’amore Non sono mai stato tanto attaccato alla vita L’allegria, 1931
1. Descrivi la situazione in cui si trova Ungaretti nei primi undici versi. 2. C’è qualcosa di eroico nella descrizione del compagno morto? Ti stupisce questa scelta? 3. Nonostante quanto detto in precedenza, il poeta scrive «lettere piene d’amore». Perché lo fa? 4. Quale suono consonantico prevale nella poesia? Con quale significato? 5. L’Ungaretti interventista che si era arruolato volontario entra qui, forse per la prima volta, a contatto con la guerra e con la morte. Qual è la sua reazione?
1 digrignata: contratta, con i denti in mostra. 2 plenilunio: luna piena. 3 congestione: ‘aumento di sangue’, in questo caso causato dalla morte.
giuseppe ungaretti
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6. Confronta Veglia con Voce di vedetta morta (1917) di Clemente Rebora, altro poeta che ha dovuto fare i conti con la guerra. Anche questa poesia nasce dalla vista di un soldato, la «vedetta morta» del titolo, il cui corpo ucciso è in putrefazione. Quali differenze percepisci tra i due testi?
CLEMENTE REBORA
Voce di vedetta morta C’è un corpo in poltiglia1 con crespe2 di faccia, affiorante sul lezzo3 dell’aria sbranata. Frode4 la terra. Forsennato5 non piango: affar di chi può, e del fango. Però se ritorni tu uomo, di guerra a chi ignora non dire; non dire la cosa6, ove l’uomo e la vita s’intendono ancora. Ma afferra la donna una notte, dopo un gorgo7 di baci, se tornare potrai; sòffiale che nulla del mondo redimerà ciò ch’è perso di noi, i putrefatti di qui; stringile il cuore a strozzarla8: e se t’ama, lo capirai nella vita più tardi, o giammai.
1 in poltiglia: in putrefazione. 2 crespe: rughe. 3 lezzo: puzza. 4 Frode: propriamente, ‘sottrae con l’inganno’. 5 Forsennato: infuriato. 6 la cosa: l’esperienza della guerra. 7 gorgo: vortice. 8 a strozzarla: fino a soffocarla.
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Stasera Versa il 22 maggio 1916
Balaustrata di brezza1 per appoggiare stasera la mia malinconia L’allegria, 1931
1. Su quale figura retorica poggia l’intera poesia? 2. Con l’aiuto del dizionario definisci la parola «malinconia». 3. Che rapporto c’è tra la «balaustrata di brezza» e la «malinconia» del poeta? 4. Commenta la poesia sul piano formale. 5. Ti è mai capitato di provare il sentimento della malinconia? Racconta cosa ti è accaduto in quella circostanza e come ci sei stato di fronte.
1 Balaustrata di brezza: propriamente, ‘parapetto di vento debole’.
giuseppe ungaretti
Silenzio Mariano il 27 giugno 1916
Conosco una città1 che ogni giorno s’empie2 di sole e tutto è rapito in quel momento Me ne sono andato una sera Nel cuore durava il limio3 delle cicale Dal bastimento4 verniciato di bianco ho visto la mia città sparire lasciando un poco un abbraccio di lumi nell’aria torbida5 sospesi L’allegria, 1931
1 una città: è Alessandria d’Egitto. 2 s’empie: si riempie. 3 durava il limio: risuonava ancora il verso acuto. 4 bastimento: nave. 5 torbida: fosca, cupa.
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1. Nel pieno della guerra, Ungaretti rievoca la città natale. Da quali elementi capisci che la città di cui parla è Alessandria d’Egitto? Quale parola esprime l’affetto del poeta per la sua città? 2. Osserva i tempi verbali. Se dovessi dividere la poesia in due parti, come lo faresti? 3. Cosa ricorda Ungaretti del momento dell’addio? Quali sensi vengono utilizzati? 4. Perché la poesia s’intitola così? 5. Se dovessi definire il sentimento espresso da Ungaretti in questa poesia, quale sceglieresti? Motiva la tua risposta. 6. Ti è mai capitato di dover lasciare un luogo a cui eri particolarmente legato? Descrivi quel luogo, quindi racconta il momento dell’addio e le sensazioni avute.
giuseppe ungaretti
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Dannazione Mariano il 29 giugno 1916
Chiuso fra cose mortali (Anche il cielo stellato finirà) Perché bramo Dio? L’allegria, 1931
1. Esplicita la subordinata implicita del primo verso. 2. Commenta il secondo verso, compresa la scelta delle parentesi. 3. Ungaretti, che si convertirà al cristianesimo nel 1928, si ritrova a bramare Dio: secondo te, perché? 4. Perché la poesia s’intitola così? 5. Metti a confronto il contenuto della poesia con il quadro sotto riportato, Notte stellata di Vincent van Gogh (1889).
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Destino Mariano il 29 giugno 1916
Volti al travaglio1 come una qualsiasi fibra creata2 perché ci lamentiamo noi? L’allegria, 1931
1. Esplicita la subordinata implicita del primo verso. 2. Perché Ungaretti paragona l’uomo a «una qualsiasi fibra creata»? 3. Come interpreti la domanda finale? 4. Perché la poesia s’intitola così? 5. La poesia di Ungaretti, scritta nel particolare della guerra, può essere intesa anche a carattere universale: l’uomo, qualunque sia la sua condizione, è destinato a soffrire. Cosa pensi di questa affermazione? Sei d’accordo? Argomenta facendo riferimento anche ad altri testi letti in questi anni.
1 travaglio: tormento. 2 fibra creata: qui sta per ‘essere naturale’, ‘creatura’.
giuseppe ungaretti
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Il porto sepolto Mariano il 29 giugno 1916
Vi1 arriva il poeta e poi torna alla luce con i suoi canti2 e li disperde Di questa poesia mi resta quel nulla3 di inesauribile segreto L’allegria, 1931
1. Perché la poesia s’intitola così? A quale spunto autobiografico fa riferimento l’autore? 2. Cosa dice l’autore del suo mestiere? 3. Perché è particolarmente importante questa poesia? 4. In questa poesia Ungaretti descrive la sua esperienza di scrittore. E tu che esperienza fai quando scrivi? Racconta.
1 Vi: avverbio di luogo, si riferisce al ‘porto sepolto’. 2 canti: poesie. 3 quel nulla: quel non so che.
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Fratelli Mariano il 15 luglio 1916
Di che reggimento siete fratelli? Parola tremante nella notte Foglia appena nata Nell’aria spasimante1 involontaria rivolta dell’uomo presente2 alla sua fragilità Fratelli L’allegria, 1931
1. La poesia si apre con una domanda: a chi la rivolge Ungaretti? 2. La parola «fratelli» viene definita in tre modi diversi: quali? Con quale significato? 3. Al verso 5 Ungaretti utilizza l’immagine della foglia, centrale nella poesia Soldati: con quale differenza? 4. Cosa intende il poeta per «uomo presente alla sua / fragilità»? 5. Considerata la logica della guerra, cosa risulta strano in questa poesia? 6. In vari campi (letteratura, cinema, fotografia, musica…) è presente il tema della fratellanza in guerra. Fai una ricerca ed esponi i risultati in un testo.
1 spasimante: ‘sofferente’, a causa della guerra. 2 presente: consapevole.
giuseppe ungaretti
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Sono una creatura Valloncello di Cima Quattro il 5 agosto 1916
Come questa pietra del S. Michele1 così fredda così dura così prosciugata così refrattaria2 così totalmente disanimata3 Come questa pietra è il mio pianto che non si vede La morte si sconta vivendo L’allegria, 1931
1. Spiega nel dettaglio la similitudine su cui si fonda l’intera poesia. 2. Dal terzo al settimo verso l’autore ripete l’avverbio «così»: che figura retorica utilizza? A quale scopo? 3. Cosa significa per Ungaretti che «La morte / si sconta vivendo»? 4. Quali suoni prevalgono in questa poesia? Con quale effetto? 5. Quale rapporto è possibile cogliere tra il titolo della poesia e l’affermazione dell’ultima strofa? 6. Ritieni corretto pensare che Ungaretti guardi alla morte come a una meta desiderata? Rispondi facendo riferimento anche ad altre poesie che hai già letto.
1 S. Michele: il monte San Michele del Carso. 2 refrattaria: resistente alle alte temperature. 3 disanimata: senz’anima, priva di vita.
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In dormiveglia Valloncello di Cima Quattro il 6 agosto 1916
Assisto la notte violentata L’aria è crivellata1 come una trina2 dalle schioppettate3 degli uomini ritratti4 nelle trincee come lumache nel loro guscio Mi pare che un affannato nugolo5 di scalpellini batta il lastricato6 di pietra di lava delle mie strade ed io l’ascolti non vedendo in dormiveglia7 L’allegria, 1931
1 crivellata: bucata in più punti. 2 trina: pizzo, merletto. 3 schioppettate: colpi sparati con lo schioppo o il fucile. 4 ritratti: ritiratisi. 5 nugolo: grande quantità, moltitudine. 6 lastricato: tipo di pavimentazione stradale. 7 dormiveglia: stato fra il sonno e la veglia.
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giuseppe ungaretti
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1. Commenta il verso 1 dal punto di vista semantico (= del significato). 2. Rintraccia le due similitudini della poesia e indica il loro significato. 3. Perché al verso 9 Ungaretti scrive «Mi pare»? A quale altra parola del testo rimanderesti questa espressione? 4. La poesia è evidentemente divisa in due parti. Cosa succede nella prima parte? Cosa nella seconda? 5. Cosa permette di tenere insieme le due parti? 6. Le seguenti parole sono caratterizzate da suoni duri: assiSTo, noTTe, violenTaTa, CRivellaTa, TRina, SCHioppeTTaTe, riTRaTTi, TRincee, affannaTo, baTTa, laSTRicaTo, pieTRa, sTRade, aSColTi. Nei limiti del possibile, riscrivi la poesia sostituendo ciascuna di queste parole con sinonimi dai suoni dolci. Ti accorgerai di quanto il nuovo testo perda di efficacia.
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Pellegrinaggio Valloncello dell’Albero Isolato il 16 agosto 1916
In agguato in queste budella di macerie1 ore e ore ho strascicato2 la mia carcassa3 usata4 dal fango come una suola o come un seme di spinalba5 Ungaretti uomo di pena ti basta un’illusione per farti coraggio Un riflettore di là mette un mare nella nebbia L’allegria, 1931
1 in questa budella / di macerie: in macerie intricate come budella. 2 ho strascicato: ho trascinato. 3 carcassa: corpo umano malridotto. 4 usata: consumata. 5 spinalba: biancospino.
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1. A cosa si sta riferendo Ungaretti quando parla di «budella / di macerie»? 2. Perché Ungaretti si definisce «uomo di pena»? Rispondi facendo riferimento al testo. 3. Che valore ha la terza strofa rispetto a quanto detto in precedenza? 4. Perché la poesia s’intitola così? 5. A proposito di Pellegrinaggio, Ungaretti ha scritto: «In questa poesia c’è una cosa nuova, cioè c’è il nome che il poeta dà a sé stesso, quel nome che lo accompagnerà poi in tutta la sua biografia: uomo di pena».
6. Immagina di essere Ungaretti «uomo di pena» e di scrivere una lettera dal fronte a un amico o a un famigliare. Racconta la tua esperienza, le tue scoperte, le tue domande, i tuoi dubbi. Fai riferimento a Pellegrinaggio e alle altre poesie lette in classe facendo emergere il loro contenuto e il loro significato.
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La notte bella Devetachi il 24 agosto 1916
Quale canto s’è levato stanotte che intesse1 di cristallina2 eco del cuore le stelle Quale festa sorgiva3 di cuore a nozze Sono stato uno stagno di buio Ora mordo come un bambino la mammella lo spazio Ora sono ubriaco d’universo L’allegria, 1931
1. Cosa descrive il poeta nei primi quattro versi? 2. In che modo Ungaretti chiarisce il suo stato d’animo ai versi 5-6? 3. Cosa intende Ungaretti quando dice «Sono stato / uno stagno di buio»? 4. Cosa cambia «Ora»? Cosa permette questo cambiamento? 5. Individua tutte le figure retoriche presenti nella poesia, quindi ricopiale sul quaderno indicandone la tipologia. Che effetto di senso hanno? 6. Di fronte alla grandezza e alla bellezza della realtà che ti circonda, hai mai provato una sensazione simile a quella descritta da Ungaretti? Racconta.
1 intesse: intreccia insieme. 2 cristallina: che ha la luminosità del cristallo. 3 sorgiva: fresca, spontanea.
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San Martino del Carso Valloncello dell’Albero Isolato il 27 agosto 1916
Di queste case non è rimasto che qualche brandello1 di muro Di tanti che mi corrispondevano2 non è rimasto neppure tanto Ma nel cuore nessuna croce manca È il mio cuore il paese più straziato L’allegria, 1931
1. Quale situazione presenta il poeta nelle prime due strofe? 2. Perché il poeta al v. 8 scrive «tanto», nonostante si stia riferendo a degli uomini? 3. Spiega il valore del «Ma» al verso 9. Che funzione assume il cuore del poeta? 4. Commenta i due versi finali. 5. La poesia è costruita in maniera quasi geometrica. Descrivi la struttura della poesia, soffermandoti in particolare su quegli elementi che si richiamano tra le strofe. 6. In San Martino del Carso l’orrore della guerra è al centro della scena, sia in senso assoluto sia nei confronti del poeta. Spiega cosa ha lasciato in te la lettura di questa poesia.
1 brandello: frammento. 2 mi corrispondevano: avevano con me rapporti d’amicizia.
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Commiato Locvizza il 2 ottobre 1916
Gentile Ettore Serra1 poesia è il mondo l’umanità la propria vita fioriti dalla parola la limpida meraviglia di un delirante fermento2 Quando trovo in questo mio silenzio una parola scavata è nella mia vita come un abisso L’allegria, 1931
1. Inserisci la punteggiatura in questa poesia. Che effetto ti fa? 2. Qual è per Ungaretti l’oggetto della poesia? 3. Cosa rende possibile il miracolo dell’espressione poetica? 4. In che rapporto sono la parola e la vita per il poeta? 5. Ungaretti racconta in questi termini l’incontro con Ettore Serra: «Questo era l’animo del soldato che se ne andava quella mattina per le strade di Versa, portando i suoi pensieri, quando fu accostato da un tenentino. Non ebbi il coraggio di non confidarmi a quel giovine ufficiale che mi domandò il nome, e gli raccontai che non avevo altro ristoro se non di cercarmi e di trovarmi in qualche parola, e ch’era il mio modo di progredire umanamente». Sono ormai alcuni anni che leggi poesie. Magari ne hai pure scritta qualcuna. Prova a dire cos’è per te la poesia. Riporta infine la tua poesia preferita giustificandone la scelta.
1 Ettore Serra: è il primo stampatore della raccolta Il porto sepolto. 2 delirante fermento: vitalità disordinata.
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Mattina Santa Maria La Longa il 26 gennaio 1917
M’illumino d’immenso L’allegria, 1931
1. Cosa succede al poeta in questa poesia? 2. Quali suoni prevalgono? Con quale effetto? 3. Cerca sul vocabolario la parola «immenso». Riporta l’etimologia e metti a confronto questa parola con il contenuto della poesia Dannazione. 4. Perché l’immensità dello spazio attrae Ungaretti? In quali altre poesie accade qualcosa di simile? 5. Immagina di svegliarti una mattina e di affacciarti sul balcone. Sul modello della poesia di Ungaretti, in un testo in prosa di poche righe, esprimi quello che ti succede in questa situazione. Quali differenze trovi tra il tuo testo e quello di Ungaretti?
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Dormire Santa Maria La Longa il 26 gennaio 1917
Vorrei imitare questo paese adagiato1 nel suo camice di neve L’allegria, 1931
1. Cosa vorrebbe imitare Ungaretti? Come lo vorrebbe fare? Perché? 2. Perché con «Vorrei» Ungaretti utilizza un verbo al condizionale? 3. Che valore viene dato alla neve in questa poesia? 4. La richiesta di Ungaretti di dormire non è altro che la richiesta di pace interiore. Quali azioni della vita quotidiana ti danno questa sensazione cui ambisce Ungaretti? Racconta.
1 adagiato: posato con cautela.
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Un’altra notte Vallone il 20 aprile 1917
In questo oscuro1 colle mani gelate distinguo il mio viso Mi vedo abbandonato nell’infinito L’allegria, 1931
1. Se escludiamo luogo e data, questa poesia nulla ci dice della guerra. Ma, avendo conosciuto Ungaretti attraverso molte poesie, capiamo che anche questa è una poesia di guerra. Argomenta questa affermazione richiamando le tue conoscenze sulla poesia di Ungaretti e facendo opportuni riferimenti ad altre poesie lette in classe.
1 oscuro: oscurità.
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Rose in fiamme Vallone il 17 agosto 1917
Su un oceano di scampanellii1 repentina2 galleggia un’altra mattina L’allegria, 1931
1. A cosa si sta riferendo Ungaretti quando parla di «oceano / di scampanellii»? 2. Perché il poeta utilizza il verbo «galleggia»? 3. Perché la poesia s’intitola così? 4. Al verso 4 «un’altra mattina» richiama il titolo della poesia precedente (Un’altra notte). Cosa ci vuole dire in questo modo il poeta? 5. Che stato d’animo ti sembra mostrare Ungaretti in questa poesia? 6. Immagina di essere un contemporaneo di Ungaretti. Non sei al fronte e, dopo aver letto questa poesia, decidi di scrivere una lettera al poeta per confortarlo nella sua situazione.
1 scampanellii: propriamente, ‘prolungati e fastidiosi suoni di campanelli’. 2 repentina: veloce.
giuseppe ungaretti
Girovago Campo di Mailly maggio 1918
In nessuna parte di terra mi posso accasare1 A ogni nuovo clima2 che incontro mi trovo languente3 che4 una volta già gli ero stato assuefatto5 E me ne stacco sempre straniero Nascendo tornato da epoche troppo vissute Godere6 un solo minuto di vita iniziale Cerco un paese innocente L’allegria, 1931
1 accasare: stabilire, metter su casa. 2 clima: metonimia per ‘luogo’, ‘città’. 3 languente: che si trova in uno stato di debolezza, di abbattimento. 4 che: uso improprio della congiunzione, con valore avversativo (‘mentre’). 5 assuefatto: abituato. 6 Godere: sottintendi ‘Vorrei’.
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Poesie
1. Perché il poeta dichiara che da nessuna parte si può «accasare»? 2. Cosa succede a Ungaretti ogni volta che si ritrova in un nuovo ambiente? 3. Cosa si augura il poeta? 4. Cerca sul dizionario l’etimologia della parola «innocente», quindi riportala sul quaderno. Cosa intende Ungaretti con «paese innocente»? 5. La poesia non tocca direttamente il tema della guerra. In che parti, però, può collegarsi a quell’esperienza? 6. In una prima versione la poesia s’intitolava Viaggio. Perché l’autore ha poi voluto dare al testo il titolo di Girovago? Esprimi il tuo parere, facendo riferimento ad altri testi di Ungaretti.
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Soldati Bosco di Courton luglio 1918
Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie L’allegria, 1931
1. Perché l’autore utilizza il verbo impersonale «Si sta» e non «Sto» o «Stiamo»? 2. Commenta la similitudine: quali sono i due termini di paragone? Cosa vuole esprimere Ungaretti? 3. Perché anche la struttura della poesia c’entra con il suo significato? 4. Se dovessi definire con un nome astratto il contenuto di questa poesia, quale useresti? Motiva la tua risposta. 5. Scrivi tre similitudini che esprimano la condizione dei soldati in guerra.
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Sereno Bosco di Courton luglio 1918
Dopo tanta nebbia a una a una si svelano le stelle Respiro il fresco che mi lascia il colore del cielo Mi riconosco immagine passeggera Presa in un giro immortale L’allegria, 1931
1. Cosa significa letteralmente il verbo «svelare»? Secondo te, perché al verso 5 l’autore non ha usato il verbo «comparire»? 2. Cosa vuole esprimere il poeta con la seconda strofa? 3. Cosa intende Ungaretti con «giro / immortale»? Sapresti trovare dei termini, tratti dalle altre poesie di Ungaretti, che esprimano lo stesso concetto? 4. In che modo il poeta capisce di essere «immagine / passeggera / Presa in un giro / immortale»? 5. Sereno è scritta negli stessi giorni di Soldati. Quali analogie e quali differenze trovi tra le due poesie? Commenta.
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Al termine della lettura delle poesie di Giuseppe Ungaretti presenti nella sezione, ti proponiamo alcuni esercizi di scrittura. 1. Presenta la figura di Ungaretti attraverso le poesie affrontate in classe. Dai un taglio al tuo testo riflettendo sulle tematiche che emergono dalle sue poesie. 2. Immagina di essere Giuseppe Ungaretti e di scrivere una lettera dal fronte a un amico o a un famigliare. Racconta la tua esperienza, le tue scoperte, le tue domande, i tuoi dubbi. Fai riferimento alle poesie viste in classe facendo emergere il loro contenuto e il loro significato. 3. Nell’orrore della guerra è possibile rimanere uomini. Argomenta questa affermazione facendo riferimento alle poesie di Ungaretti. 4. Nella sua carriera Ungaretti ha dovuto subire alcune critiche. Ne riportiamo due. Francesco Flora: «Ma, Dio mio, dov’è mai l’umanità di questa poesia? Se stacco da un libro, sia pure di Matilde Serao, alcune battute, e le fermo in una pagina bianca, otterrò lo stesso effetto. Stampate, prendendola a caso dal vocabolario, una parola sola in una pagina, e la vostra anima si lancerà a riempirla d’una infinitezza musicale. Stampate solo un verbo all’infinito: “Dormire”. E voi riempirete questo schema di una lunga visione. Ma ciò non è arte». Alfredo Galletti: «Accade così che se il poeta non è incomprensibile, tuttavia dice così poco e parla in tono così spiritato e stranito che tocca al lettore la fatica di estrarre e dipanare da quel nodo di parole il filo luminoso della poesia, e allora naturalmente egli si sente assai più poeta del poeta che sta leggendo». Ammettendo che tu non sia d’accordo con loro, rispondi ai due critici difendendo la poesia di Ungaretti e, in particolare, le sue scelte stilistiche. Fai riferimento ai testi e alla tua personale esperienza di lettore. 5. Leggi e commenta la seguente poesia di Ungaretti, facendo riferimento alle altre poesie lette in classe:
Solitudine Santa Maria La Longa il 26 gennaio 1917 Ma le mie urla feriscono come fulmini la campana fioca del cielo Sprofondano impaurite L’allegria, 1931
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4/2 Spazi infiniti Sono le cose che si aprono, e cantano, e ci spalancano il cuore. Umberto Fiori, Squillo
a cura di Raffaela Paggi
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GIACOMO LEOPARDI L’Infinito Sempre caro mi fu quest’ermo1 colle, e questa siepe, che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo2 esclude. Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella3, e sovrumani silenzi, e profondissima quiete io nel pensier mi fingo4; ove5 per poco il cor non si spaura6. E come7 il vento odo stormir tra queste piante, io quello infinito silenzio a questa voce vo8 comparando: e mi sovvien9 l’eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei. Così tra questa immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare. I canti, 1819
1 ermo: solitario, deserto. Aggettivo derivato dal nome eremo ‘luogo isolato, di contemplazione e preghiera’. Della stessa famiglia: eremita. 2 guardo: sguardo. 3 quella: la siepe da «questa» diventa «quella», quasi si allontanasse dallo sguardo mentre il poeta inizia a immaginare. 4 fingo: immagino. Dal latino fingere ‘costruire, rappresentare, immaginare’, che a sua volta viene da una radice indoeuropea con il significato di ‘plasmare’. Tale tratto semantico è presente nell’inglese fiction, mentre in italiano prevale il significato di ‘far credere’, ‘simulare’, come in far finta. 5 ove: dove, ma anche con sfumatura consecutiva ‘tanto che’. 6 si spaura: s’impaurisce, si spaventa. 7 come: quando, ma anche con sfumatura causale ‘siccome’. 8 vo: vado. 9 mi sovvien: viene alla mente. In francese souvenir significa ‘ricordo’.
GIACOMO LEOPARDI
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1. Osserva i nomi presenti nei primi tre versi: quali elementi vengono denominati? Quali introducono nel testo il punto di vista del poeta? 2. Osserva ora gli aggettivi: che informazioni danno rispetto agli elementi denominati? In che rapporto li situano con il poeta? 3. Che cosa mette in opposizione la congiunzione «ma», che introduce il quarto verso? 4. Quali nomi e aggettivi sono presenti dal quarto all’ottavo verso? Perché gli elementi denominati quasi spaventano il poeta («per poco il cor non si spaura»)? 5. Quale similitudine istituisce il poeta tra l’ottavo e l’undicesimo verso? E cosa fa sorgere in lui tale similitudine? 6. Per due volte il poeta fa uso del polisindeto con la ripetizione della congiunzione «e»: quale effetto di ritmo e di senso ottiene? Per rispondere rifletti anche sulla presenza frequente in fin di verso dell’enjambement e sulla versificazione: il componimento è formato da 15 versi endecasillabi sciolti, senza rime né schema metrico. 7. Alla fine del componimento il pensiero del poeta annega, naufraga nel mare dell’immensità immaginata, e questo viene definito «dolce»: come interpreti questo ossimoro? 8. Nello Zibaldone di pensieri, il suo ‘diario’ di ben 4.526 pagine manoscritte, Leopardi scrive che il desiderio dell’infinito, proprio di ogni uomo, si esprime o guardando paesaggi ampi e senza confini, o accendendo l’immaginazione quando la vista è impedita da qualche ostacolo: «L’anima s’immagina quello che non vede, che quell’albero, quella siepe, quella torre gli nasconde, e va errando in uno spazio immaginario, e si figura cose che non potrebbe, se la sua vita si estendesse da per tutto, perché il reale escluderebbe l’immaginario» (Zibaldone, 171). Scrivi una pagina di diario in un luogo che ti è caro oppure ricalca il modello del componimento, variando soprattutto nomi e aggettivi: che cosa ti immagini, a che cosa pensi «sedendo e mirando»?
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Poesie
GIOVANNI PASCOLI Nebbia Nascondi le cose lontane, tu nebbia impalpabile e scialba1, tu fumo che ancora rampolli2, su l’alba, da’ lampi notturni e da crolli d’aeree frane3! Nascondi le cose lontane, nascondimi quello ch’è morto! Ch’io veda soltanto la siepe dell’orto, la mura4 ch’ha piene le crepe di valerïane. Nascondi le cose lontane: le cose son ebbre5 di pianto! Ch’io veda i due peschi, i due meli, soltanto, che danno i soavi loro mieli pel6 nero mio pane. Nascondi le cose lontane Che vogliono ch’ami e che vada! Ch’io veda là solo quel bianco di strada, che un giorno ho da fare tra stanco don don di campane… Nascondi le cose lontane,
1 scialba: pallida, smorta, inespressivo. Dal latino exalbāre ‘imbiancare’, derivato da albus ‘bianco’. 2 rampolli: scaturisci. Dal latino pollare ‘germogliare’. Dalla stessa radice derivano i termini polla, pollo, pulcino, puledro, pullulare, accomunati dall’idea di ‘scaturire da’, ‘essere generati’. 3 crolli … frane: i tuoni (perifrasi). 4 la mura: il muro. 5 ebbre: piene, ubriache. 6 pel: per il.
GIOVANNI PASCOLI
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nascondile, involale1 al volo del cuore! Ch’io veda il cipresso là, solo, qui, solo quest’orto, cui presso sonnecchia il mio cane. I canti di Castelvecchio, 1903; 6a ed. defin. 1912
1. L’incipit di ognuna delle 5 strofe è identico. In quale strofa e grazie a quale elemento si capisce che Nascondi è un verbo di modo imperativo e non indicativo? Come definiresti, in base a questa scoperta, l’intenzione principale della poesia? • Descrivere la nebbia • Pregare la nebbia • Dialogare con la nebbia 2. La nebbia viene descritta con alcuni aggettivi e identificata con il fumo. Quali caratteristiche le vengono attribuite? Per contrasto, quali sono e come sono gli elementi osservati dal poeta e nominati dalla seconda strofa in poi? 3. Nel secondo verso della seconda, terza e quarta strofa, vengono descritte le caratteristiche delle «cose lontane»: quali? Sono lontane solo nello spazio? 4. Più volte viene ripetuto l’avverbio «soltanto» o «solo». Sottolinealo nelle varie strofe. Questa iterazione cosa ti fa capire del significato complessivo della poesia? 5. Scrivi l’incipit di un racconto ambientato in una giornata nebbiosa: cosa cela e cosa svela la nebbia?
6. In Nebbia di Pascoli e ne L’infinito di Leopardi, viene nominata una siepe. Confrontando i diversi atteggiamenti dei due poeti rispetto a tale elemento, paragona le due poesie scrivendo un testo espositivo che metta in luce i desideri in esse espressi.
1 involale: portale via rapidamente. In origine involare era detto degli uccelli rapaci per significare ‘volare sopra o contro’.
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Poesie
UMBERTO SABA Ulisse Nella mia giovanezza1 ho navigato lungo le coste dalmate2. Isolotti a fior d’onda emergevano, ove raro un uccello sostava intento a prede3, coperti d’alghe, scivolosi, al sole belli come smeraldi. Quando l’alta marea e la notte li annullava4, vele sottovento sbandavano più al largo, per fuggirne l’insidia. Oggi il mio regno è quella terra di nessuno. Il porto accende ad altri i suoi lumi; me al largo sospinge ancora il non domato spirito, e della vita il doloroso amore. Mediterranee, 1947
1. Lungo le coste dalmate emergono gli «isolotti»: quali azioni e caratteristiche sono riferiti ad essi? Quali attraggono il poeta e quali lo mettono in guardia? 2. A che cosa si riferisce l’espressione «terra di nessuno»? Perché il poeta la definisce il suo «regno»? 3. Di che cosa può essere metafora il «porto» e per quale motivo il poeta dice che «accende ad altri i suoi lumi»? 4. «me al largo / sospinge ancora il non domato spirito, / e della vita il doloroso amore»: come interpreti i versi finali della poesia? Prima di spiegarli, metti in ordine la sintassi.
1 giovanezza: gioventù. 2 dalmate: della Dalmazia, l’attuale Croazia. Da giovane, Saba si era imbarcato come mozzo su navi mercantili che navigavano lungo le coste dalmate. 3 intento a prede: concentrato a individuare delle possibili prede. 4 annullava: li sottraeva alla vista, li faceva sparire. Verbo derivato dal pronome indefinito nulla, richiamato in seguito da «nessuno».
umberto saba
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5. Che effetto di ritmo e di senso producono i numerosi enjambement, le inversioni sintattiche tra soggetto e predicato, le allitterazioni? Riconoscile nel testo e poi rispondi alla domanda. 6. Quali elementi aiutano a capire il titolo della poesia: «Ulisse»? Rintracciali nel testo e rifletti su di essi per spiegare il nesso tra Ulisse e il contenuto della poesia. 7. Leggi quest’altra poesia di Saba:
In fondo all’Adriatico selvaggio In fondo all’Adriatico selvaggio si apriva un porto alla tua infanzia. Navi verso lontano partivano. Bianco, in cima al verde sovrastante colle, dagli spalti1 d’antico forte, un fumo usciva dopo un lampo e un rombo. Immenso l’accoglieva l’azzurro, lo sperdeva nella volta celeste. Rispondeva guerriera nave al saluto, ancorata al largo della tua casa che aveva in capo al molo una rosa, la rosa dei venti. Era un piccolo porto, era una porta aperta ai sogni. Mediterranee, 1947
Osservando con attenzione quanto viene detto a proposito del «porto» nei due testi, scrivi un testo espositivo per spiegare di quali elementi della realtà o di quali esperienze il porto può essere metafora per il poeta Saba e per te.
1 spalti: costruzione a scopo difensivo. Dal longobardo *spald, *spalt, che significava probabilmente «fessura», «apertura in un muro».
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Poesie
UMBERTO SABA Il molo Per me al mondo non v’ha un più caro e fido1 luogo di questo. Dove mai più solo mi sento e in buona compagnia che al molo San Carlo2, e più mi piace l’onda e il lido? Vedo navi il cui nome è già un ricordo d’infanzia. Come allor torbidi e fiacchi3 - forse aspettando dell’imbarco l’ora – i garzoni4 s’aggirano; quei sacchi su quella tolda5, quelle casse a bordo di quel veliero, eran principio un giorno di gran ricchezze, onde stupita avrei l’accolta folla a un lieto mio ritorno6, di bei doni donati i fidi7 miei. Non per tale un ritorno or lascerei molo San Carlo, quest’estrema sponda d’Italia, ove la vita è ancora guerra; non so, fuori di lei, pensar gioconda l’opera, i giorni miei quasi felici, così ben profondate8 ho le radici nella mia terra.
1 fido: quando è detto di un luogo, significa che dà sicurezza, perché non riserva brutte sorprese. Detto di persona, significa che dà sicurezza perché fedele e leale. 2 molo San Carlo: è un molo storico di Trieste. Prende il suo nome da una nave affondata nel porto di Trieste nel 1740, il cui relitto non venne rimosso ma riutilizzato per la costruzione del molo. Il molo san Carlo da allora è stato un vivace luogo di attracco di navi passeggeri e di navi mercantili. Attualmente viene chiamato molo Audace, perché nel 1918, alla fine della Prima Guerra Mondiale, la prima nave della Marina Italiana ad entrare nel porto di Trieste e ad attraccare al molo San Carlo fu il cacciatorpediniere Audace. 3 torbidi e fiacchi: poco affidabili e privi di vigore. Aggettivi riferiti a «garzoni». 4 garzoni: giovani, ragazzi. 5 tolda: ponte superiore della nave. 6 onde … ritorno: grazie alle quali ricchezze («onde») avrei stupito la folla radunata ad attendere il mio felice ritorno. 7 fidi: vedi nota 1. 8 profondate: participio derivato dall’aggettivo profondo. Rende bene l’idea delle origini del poeta, ben radicate nella sua città, Trieste.
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Né a te dispiaccia, amica mia, se amore reco pur tanto al luogo ove son nato1. Sai che un più vario, un più movimentato porto di questo è solo il nostro cuore. Trieste e una donna, 1910-1912
1. Quali sono i motivi per cui il poeta definisce il molo San Carlo il luogo a lui più «caro e fido»? Rintracciali nel testo. 2. Quali elementi richiamano il passato del poeta e quali il presente? Che cosa è cambiato, tanto da fargli dire che non lascerebbe più il molo San Carlo? 3. Nella seconda strofa si ripete dapprima un aggettivo dimostrativo e poi un aggettivo possessivo: quali sono? Rintracciali nel testo. A che cosa sono riferiti? Quale funzione ha l’iterazione dell’aggettivo nei due casi? 4. Nell’ultima strofa, il poeta si rivolge a un tu, un’amica. Quale invito le fa utilizzando il verbo al congiuntivo? 5. Spiega la similitudine finale tra il «porto» e il «nostro cuore»: cosa li accomuna? 6. Se tu dovessi scegliere un luogo in cui hai «profondate» le tue radici, a quale penseresti? Descrivilo e, seguendo come modello la poesia di Saba, esprimi i motivi più significativi per cui lo ritieni ‘tuo’.
7. Se tu dovessi scegliere un luogo particolarmente movimentato, a quale penseresti? Descrivilo e, attraverso iterazioni e similitudini, fai capire al lettore se si tratta per te di un luogo caro a cui tornare o da cui preferiresti fuggire.
1 se … nato: se provo così tanto amore per il luogo in cui sono nato.
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Poesie
UMBERTO SABA Goal Il portiere caduto alla difesa ultima vana, contro terra cela1 la faccia, a non veder l’amara luce. Il compagno in ginocchio che l’induce, con parole e con mano, a rilevarsi, scopre pieni di lacrime i suoi occhi. La folla – unita ebrezza – par trabocchi nel campo. Intorno al vincitore stanno, al suo collo si gettano i fratelli. Pochi momenti come questo belli, a quanti l’odio consuma e l’amore, è dato, sotto il cielo, di vedere. Presso la rete inviolata2 il portiere – l’altro – è rimasto; ma non la sua anima, con la persona vi è rimasta sola. La sua gioia si fa una capriola, si fa baci che manda di lontano. Della festa – egli dice – anch’io son parte. Parole, 1934
1 cela: nasconde. 2 inviolata: intendi che non ha subito goal. Derivato dal verbo violare ‘infrangere, introdursi con forza, oltraggiare’, dal latino vis ‘forza’.
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1. Il portiere che ha subito il goal nasconde il volto per non guardare l’«amara luce». Quali diversi sensi accosta Tale sinestesia e quale effetto di senso ottiene? Quale parola nella prima strofa richiama l’aggettivo «amara»? 2. Nella seconda strofa esplode il contrasto tra la delusione del goal subito e la festa della folla e della squadra vittoriosa. Quali iperbati e quali anastrofi sottolineano tale ribaltamento di prospettiva? Rintracciali nel testo dopo averne letto la definizione nel prontuario Strumenti del poeta. 3. «L’altro» portiere, non potendo allontanarsi dalla porta, come partecipa alla festa? 4. «Pochi momenti» sono «belli» come il goal: come si giustifica tale affermazione? Che potere ha il goal? Rispondi dopo aver sottolineato le parole che te lo fanno capire. 5. Racconta una tua esperienza sportiva in cui ti sei sentito come uno dei due portieri: o deluso o vittorioso. Seguendo il modello della poesia, attraverso similitudini e metafore esprimi i sentimenti che hai provato.
6. Scegli un punto di vista attraverso cui rivedere la scena (un portiere, un giocatore, un tifoso della squadra che ha fatto goal o che l’ha subito) e racconta quello che vedi e che provi in una pagina di cronaca.
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Poesie
UMBERTO SABA Ritratto della mia bambina La mia bambina con la palla in mano, con gli occhi grandi colore del cielo e dell’estiva vesticciola: «Babbo - mi disse – voglio uscire oggi con te». Ed io pensavo: Di tante parvenze1 che s’ammirano al mondo, io ben so a quali posso la mia bambina assomigliare. Certo alla schiuma, alla marina schiuma che sull’onde biancheggia, a quella scia ch’esce azzurra dai tetti e il vento sperde; anche alle nubi, insensibili nubi che si fanno e disfanno in chiaro cielo; e ad altre cose leggere e vaganti. Cose leggere e vaganti, 1920
1. Lo stile espressivo dei primi 4 versi è più semplice di quello in cui l’io del poeta inizia la sua riflessione al verso 5. Quali elementi lessicali e stilistici caratterizzano il tono infantile e quali quello adulto? 2. Che elemento indica la perifrasi «quella scia / ch’esce azzurra dai tetti e il vento sperde»? 3. Quali caratteristiche hanno in comune gli elementi delle similitudini con cui il poeta paragona la sua bambina? 4. I due aggettivi «leggere e vaganti» sono polisemici: quali significati hanno? Per rispondere compiutamente consulta un dizionario, possibilmente anche etimologico e scrivi una frase per ognuna delle diverse accezioni. 5. Ricalcando il modello della poesia di Saba, ritrai per iscritto una persona che conosci bene, per farne emergere le caratteristiche salienti attraverso delle similitudini con elementi della natura.
1 parvenze: cose visibili. Nome derivato dal verbo latino parere ‘apparire, rendersi visibili’.
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UMBERTO SABA
Da cosa nasce la poesia?
UMBERTO SABA Quello che resta da fare ai poeti Una notte, in sogno, avevo sorpreso in me sentimenti di cui mi credevo guarito da anni, avevo e sfogavo beatamente brame di cui nella veglia mi sarei almeno provato a vincere la tentazione. Il giorno, vedendomi in uno specchio assai diverso da come, senza di esso, la mia immaginazione mi rappresenta, mi ricordai ad un tratto del sogno; e dal paragone fra quello che era stato per la mia anima il sogno e per il mio corpo lo specchio presi lo spunto ad una breve poesia, di cui ecco la prima quartina, come mi venne fatta di getto. Credevo sia un gioco sognare; ma il sogno è un temibile Iddio è il solo che sa smascherare l’animo mio.
Rileggendo, dopo alcuni giorni questa strofa, che pure non ha nulla di apparentemente falso, io solo avvertivo alcunché di diverso, di discordante dal mio pensiero; e dopo studiato alquanto riuscii a determinare la discordanza nella similitudine fra il sogno e il temibile Iddio. Quando mai avevo pensato di paragonare il sogno a una divinità vendicatrice? Era certo una reminiscenza letteraria, insinuatasi di furto per qualche sottile legame di pensiero o di ritmo. Cercai di rimediarci alla meglio, sostituendo al Dio un semplice giudice. Credevo sia un gioco sognare; ma un giudice è il sogno …
Peggio. Originariamente io non avevo pensato affatto a giudici. Mi provai a ritornare indietro, a rifare il processo psicologico da cui era nata la poesia, e fu solo pensando a quelle circostanze che potevano parere le più trascurabili; a circostanze di luogo e di tempo; che mi sovvenne dello specchio e del paragone da cui erano derivati i versi, dove invece esso non appariva che cambiato in un Dio o in un giudice. Credevo sia dolce sognare; ma il sogno è uno specchio, che intero mi rende, che sa smascherare l’intimo vero.
Respirai. Fu come se un bruscolo mi fosse uscito dall’occhio, o un nervetto slogato fosse ritornato al suo posto. U. Saba, Quello che resta da fare ai poeti, 1911
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Poesie
EUGENIO MONTALE Prima del viaggio Prima del viaggio si scrutano gli orari, le coincidenze, le soste, le pernottazioni1 e le prenotazioni (di camere con bagno o doccia, a un letto o due o addirittura un flat2); si consultano le guide Hachette3 e quelle dei musei, si cambiano valute, si dividono franchi da escudos, rubli da copechi4; prima del viaggio s’informa qualche amico o parente, si controllano valige e passaporti, si completa il corredo, si acquista un supplemento di lamette da barba, eventualmente si dà un’occhiata al testamento, pura scaramanzia perché i disastri aerei in percentuale sono nulla; prima del viaggio si è tranquilli ma si sospetta che il saggio non si muova e che il piacere di ritornare costi uno sproposito. E poi si parte e tutto è O.K. e tutto è per il meglio e inutile. ………………………………………………………. E ora che ne sarà del mio viaggio? Troppo accuratamente l’ho studiato senza saperne nulla. Un imprevisto è la sola speranza. Ma mi dicono ch’è una stoltezza dirselo. Satura, 1962-1970
1 pernottazioni: luoghi in cui trascorrere le notti. 2 flat: termine inglese che significa ‘appartamento’. 3 guide Hachette: guide di viaggio di un importante gruppo editoriale francese. 4 franchi … copechi: monete nazionali rispettivamente della Francia, del Portogallo (prima dell’introduzione dell’Euro) e della Russia.
eugenio montale
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1. Osserva i verbi presenti nella prima parte della poesia (fino allo stacco grafico) e analizzali dal punto di vista grammaticale: che tipo di verbi sono? Che messaggio complessivamente contribuiscono a dare rispetto ai preparativi del viaggio? 2. Di quale sentimento, preoccupazione, desiderio è segno e che scopo ha ciascuna delle azioni elencate relative alla preparazione del viaggio? 3. Il sintagma «prima del viaggio» è ripetuto più volte. Rintraccialo nel testo: quando si trova spezzato tra un verso e l’altro? Che effetto di significato ottiene tale enjambement? 4. Dal verso «prima» al verso «è per il meglio e inutile» sono presenti due antitesi: «si è tranquilli/si sospetta»; «tutto è per il meglio/inutile». Che cosa suggeriscono rispetto al senso della poesia? 5. Nella seconda parte della poesia lo stacco grafico, il cambio del tempo verbale, una diversa indicazione temporale (non più «prima» ma «e ora»), l’aggettivo possessivo «mio» riferito a «viaggio» scritto in corsivo cosa fanno capire al lettore? Di che cosa intende ora parlare il poeta? Di che cosa è metafora il viaggio? 6. Come spieghi la presenza dell’avverbio «troppo» prima di «accuratamente»? In base a quale considerazione il poeta ritiene essere stata eccessiva la preparazione del suo viaggio? 7. «Imprevisto, speranza, stoltezza»: che rapporto hanno tra loro queste parole negli ultimi versi e con il resto della poesia? 8. «Un imprevisto è la sola speranza»: non ti pare contraddittorio rispetto a quanto espresso nella prima parte della poesia a proposito della preparazione del viaggio? Argomenta la tua risposta facendo riferimento al testo e alla tua esperienza.
9. Ripensando alle tue letture, rintraccia un passaggio di un racconto in cui un imprevisto si è rivelato risolutivo per il protagonista. Riassumilo e commentalo anche in paragone alla poesia di Montale.
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EUGENIO MONTALE Ho sceso dandoti il braccio Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino. Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio. Il mio dura tuttora, né più mi occorrono le coincidenze, le prenotazioni, le trappole, gli scorni1 di chi crede che la realtà sia quella che si vede. Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio non già perché con quattr’occhi forse si vede di più. Con te le ho scese perché sapevo che di noi due le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate, erano le tue. Satura, 1962-1970
1 scorni: delusioni e umiliazioni.
Poesie
eugenio montale
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1. Il poeta si rivolge alla moglie, morta alcuni anni prima della data di composizione della poesia (1967). Attraverso l’iperbole «un milione di scale» e l’ossimoro «breve-lungo viaggio», cosa può cogliere il lettore della loro storia? 2. Di che cosa sono metafora la scala e il viaggio? 3. Nella poesia si fa più volte riferimento al vedere: rintraccia le espressioni che si riferiscono a tale azione. Perché il poeta dice che «Le vere pupille (sineddoche per occhi) erano le tue»? Che cosa significa veramente vedere la realtà? 4. Scrivi un breve componimento che esprima l’idea di viaggio ispirandoti a una delle seguenti immagini, tratte dal film Stand by me, Ricordo di un’estate (1986). Puoi ricalcare come modello la poesia di Montale.
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Poesie
5. Leggi la seguente poesia della poetessa milanese Antonia Pozzi.
ANTONIA POZZI
La voce Aveva voce in te l’universo delle cose mute, la speranza che sta senz’ali nei nidi, che sta sotterra non fiorita. Aveva voce in te il mistero di tutto che presso una morte vuol diventare vita, il filo d’erba sotto le putride foglie, il primo riso del bimbo salvato a fianco di un’agonia in una corsia d’ospedale. Or quando cade dagli alti rami notturni dei campanili – un rintocco – e in cuore affonda come il frutto dentro il campo arato – allora hai voce tu in me – con quella nota ampia e sola che dice i sogni sepolti del mondo, l’oppressa nostalgia della luce. 10 dicembre 1933 I due poeti sostengono che la persona a loro cara, ora assente, era la loro vista, la loro voce. È vero anche per te che per capire, vedere e gustare le cose abbiamo bisogno di altri? Ma, assumendone il punto di vista, non si finisce per esserne condizionati, manipolati? Argomenta la tua risposta confrontando la tua esperienza con quella dei poeti.
CESARE PAVESE
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CESARE PAVESE I mattini passano chiari I mattini passano chiari e deserti. Così i tuoi occhi s’aprivano un tempo. Il mattino trascorreva lento, era un gorgo1 d’immobile luce. Taceva. Tu viva tacevi; le cose vivevano sotto i tuoi occhi (non pena non febbre non ombra) come un mare al mattino, chiaro. Dove sei tu, luce, è il mattino. Tu eri la vita e le cose. In te desti2 respiravamo sotto il cielo che ancora è in noi. Non pena non febbre allora, non quest’ombra greve del giorno affollato e diverso. O luce, chiarezza lontana, respiro affannoso, rivolgi gli occhi immobili e chiari su noi. È buio il mattino che passa senza la luce dei tuoi occhi. Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, 1951
1 gorgo: vortice. Come i mulinelli dell’acqua che inghiottono quanto si trova nei pressi. 2 desti: svegli, svegliati.
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Poesie
1. Rintraccia nella poesia le iterazioni dei tre nomi «mattino», «occhi» e «luce». Costruisci una tabella che metta in evidenza caratteristiche, similitudini e azioni di ognuno dei tre elementi. Confrontando le informazioni raccolte cosa noti? Cosa accomuna questi elementi e in quali versi in particolar modo si capisce che rapporto hanno tra loro? 2. Nella poesia vi sono alcune litoti: rintracciale dopo averne letto la definizione nel prontuario Strumenti del poeta. Che effetto di ritmo e di senso producono? 3. Tra il quinto e il sesto verso si passa da «Taceva» riferito al mattino a «Tu viva tacevi», presumibilmente riferito a una donna. Quando ancora nella poesia il poeta si rivolge direttamente a lei? Cosa dice di lei? 4. Verso la fine della poesia, il poeta esprime un desiderio, fa una richiesta: quale? per quale ragione? 5. Scrivi alcune similitudini tra eventi o elementi naturali e gli occhi di persone che conosci bene, ricalcando i primi versi della poesia:
«I mattini passano chiari e deserti. Così i tuoi occhi s’aprivano un tempo». 6. Scegli il verso della poesia che ti è piaciuto di più e utilizzalo come primo verso di un tuo componimento che presenti una persona o un momento della giornata per te particolarmente significativi.
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CAMILLO SBARBARO Una felicità fatta di nulla Una felicità fatta di nulla mi colma1 – e non è forse che l’arietta di questa mattinata di settembre… Come convalescente che esce al sole la prima volta, tutto quel che vede gli par di non averlo visto mai, ad ogni passo scopre nuovo mondo e di dolcezza quasi piangerebbe – il gallo che sull’aia raspa2, il cielo azzurro tra l’argento degli ulivi, la casetta che fuma in mezzo agli orti, trasalendo di giubilo3 saluto. Così leggera è ora la mia anima, così poco m’appaga4 stamattina che direi per vivere mi basti vedere a ogni anno i fiori sulla terra rinnovarsi… Una ventata, un luccichio d’ottoni e mi sfreccia davanti il treno lampo. Sollevato da un impeto di gioia io dalla siepe, come già ragazzo, pungendomi e strappandomi mi sporgo e mi sbraccio e il berretto agito in alto. Fugacemente5 fuor d’un finestrino una piccola mano mi risponde. Avventurata6 te, o sconosciuta, che fosti salutata al tuo passaggio da cotanto poeta! 1 mi colma: mi riempie del tutto, fino al limite. Il verbo colmare deriva dal nome latino culmen ‘culmine, cima, punto supremo’. 2 raspa: gratta il terreno con le zampe. 3 giubilo: intensa gioia. Dal verbo latino iubilāre ‘schiamazzare gioiosamente’. 4 m’appaga: mi soddisfa, mi rende contento. 5 Fugacemente: rapidamente. Avverbio derivato dal verbo latino fugĕre ‘fuggire’. 6 avventurata: fortunata. Participio passato del verbo avventurare, derivato dal latino ad + venire ‘venire verso’.
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Poesie
1. Rileggi ad alta voce il primo verso: quali allitterazioni sono presenti? Che effetto di suono e di senso producono? 2. Nella prima strofa, che spiegazione dà il poeta al senso di piena felicità che prova? E come interpreti la presenza dell’avverbio «forse»? 3. La seconda strofa è costituita da una lunga similitudine: quali sono i due termini di paragone e quali loro caratteristiche vengono messe in luce? Tale similitudine è collegata all’idea di felicità presente nella prima strofa: in che modo? 4. Circa a metà della poesia compare uno dei due versi settenari del componimento (l’ultimo è quello finale, tutti gli altri sono endecasillabi): si può dire che in esso viene proposta una chiave per la felicità? In che senso? 5. Nelle ultime strofe cosa accade? Tale avvenimento è slegato o ha un nesso con la prima parte della poesia? Argomenta la tua risposta. 6. Scegli uno dei due seguenti titoli e scrivi un frammento lirico, cioè un breve testo particolarmente curato dal punto di vista lessicale e stilistico, facendo uso delle figure retoriche di suono e di senso solitamente utilizzate dai poeti.
«Felicità fatta di …». Di che cosa è fatta la tua felicità? Cosa ti rende felice? «Fugacemente». A volte un incontro improvviso ci fa sentire «avventurati», ci fa cogliere un aspetto della vita che non avevamo considerato, ci rende felici.
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CARLO BETOCCHI Il mio cuore è debole, stasera Il mio cuore è debole, stasera, come il sole che lento risale i tetti, e profonde sono le mie colpe; ahi! l’uomo, come sempre tramonta. Come sempre, mentre lui tramonta, resta l’orizzonte ineffabile1 e sterminato2 il destino, a chiunque, dell’esistere, sterminato! Ciò che lasciamo indietro si strascica verso il buio, ciò che ci attende è incomprensibile compreso il momento che passa. Io sono: eccomi! io sono, solo in quest’ora debole, ciò che decide: io sono la linea che divide il passato dal futuro. Momento eterno dell’essere che ti stabilisci nell’attimo, sei tu la mia grazia, decidi. Poesie disperse e inedite, 1951
1 ineffabile: che non si può, non si riesce a dire. Dal verbo latino effāri ‘dire chiaramente’, composto da fāri ‘dire’ + ex- ‘fuori’. 2 sterminato: senza confini, senza limiti. Dal nome latino tĕrminus ‘confine, limite’.
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Poesie
1. «Cuore», «sole» e «uomo»: cosa li accomuna nella prima strofa? 2. Al tramonto del sole e al tramonto dell’uomo «resta l’orizzonte ineffabile e sterminato il destino». Cosa intende comunicare il poeta attraverso questa complessa espressione costituita da un chiasmo e da una ipallage? Prima di rispondere cerca la definizione nel prontuario Strumenti del poeta. 3. A cosa si riferiscono le perifrasi «Ciò che lasciamo indietro» e «ciò che ci attende»? I loro significati dove vengono nominati esplicitamente dal poeta nella poesia? 4. L’io del poeta si dice debole solo al tramonto. Nelle ultime due strofe invece si presenta forte: in che cosa consiste la sua forza? 5. L’ultima parola della poesia è «decidi». Riflettendo sul tuo passato e sul tuo presente, puoi dire di esserti sentito vivo nel prendere una decisione? Racconta e commenta, anche in paragone con i versi di Betocchi.
6. Una delle decisioni più importanti che si prende alla tua età è quella relativa alla scelta della scuola superiore. Quali criteri hai seguito per decidere? Come ti sei mosso? Racconta e commenta il tuo percorso di orientamento in una forma che puoi scegliere tra • • • •
lettera a un professore; lettera ai genitori; pagina di diario; dialogo con un compagno di classe.
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DANIELA ATTANASIO Le ore meridiane Chi devo ringraziare per questo cielo largo di luce che a mattina sconfigge ogni scandalo privato e m’incammina sopra un terreno coltivato a pratiche divine. Piantata come un albero in cortile in me frutta l’idea di guarigione dalla condanna e guardo il gatto appisolato nell’abbaglio del sole, gli occhi stretti lavorati a taglio. Il gatto se ne sta in un futuro fermo senza riempire l’attesa del sonno e non conosce altro disegno se non quello del cibo e dell’amore. A chi devo levare lo sguardo per queste vivide ore, che cosa farò dopo quando l’ombra avrà scacciato il gatto e io mi spianterò dal mio cortile? Sotto il sole, 1999
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Poesie
1. La prima parola della poesia è un pronome interrogativo: qual è la domanda che l’intera poesia esprime? 2. Il cielo è descritto attraverso la sinestesia «largo di luce»: quali sensi coinvolge tale espressione? Cosa ci fa capire del cielo osservato dalla poetessa? Cosa riesce a fare il cielo? 3. Nella seconda strofa c’è una similitudine: quale? Quale desiderio della poetessa rivela? 4. Osservando il gatto appisolato al sole, cosa capisce dell’esistenza dell’animale e implicitamente di sé stessa? 5. Ti sei mai soffermato a contemplare un paesaggio o un elemento della natura o un animale? Quali riflessioni e quali domande sono sorte in te? Racconta, descrivi e commenta.
6. Osservando la realtà nelle ore in cui il sole è al massimo del suo splendore, la poetessa sente nascere in lei delle domande importanti. Presenta la poesia, parafrasandola e commentandola, per spiegare come a partire dall’osservazione delle cose la poetessa arriva a porre degli interrogativi sulla sua vita. 7. Leggi la seguente poesia di un altro poeta contemporaneo: anch’essa prende avvio dall’arrivo del sole che «libera, vince il grigio e splende» nel ricordo di un pomeriggio in un campo presso un luogo caro al poeta Carducci: San Guido presso Bolgheri, in Toscana, celebre per il viale di cipressi.
daniela attanasio
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MASSIMO MORASSO
È tornato implacabile sul campo È tornato implacabile1 sul campo è un sole che libera e ha vinto il grigio ormai e splende, sta su con le rondini, e insiste sull’erba ancora umida e sugli occhi. Io ho pazienza e non riesco a riconoscermi fra gli altri sul campo c’è Alberto in porta e il mio doppio2 che tira i rigori. Guardo la mole piatta di San Guido, un barboncino appisolato all’ombra di un cipresso, lo steccato basso, un pallone a spicchi colorati con dietro in corsa un frugolino3 e un uomo giovane in camicia, sento l’aria raccogliersi e tremare come per qualche presenza invisibile, in attesa. Le storie dell’aria, 2000
Ora confrontala con la poesia della poetessa Attanasio: quali elementi compaiono in entrambe le poesie? Quali sono peculiari di ciascuna? Le considerazioni ultime dei due poeti sono le stesse o sono diverse? Esponi e commenta.
1 implacabile: che non si può placare, calmare, fermare. 2 il mio doppio: l’altro me. 3 frugolino: bambinello. Probabilmente dal verbo frugare, a indicare la vivacità.
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Poesie
PIERLUIGI CAPPELLO Una rosa Che cos’è quella rosa sul tavolo ferma nella sua freschezza come un lago alpino alta nel suo silenzio più del fragore dei quotidiani affastellati1 lì accanto più del disordine dei notiziari, la concitazione2 delle chiavi di casa. Che cos’è questa parola verdeggiante d’amore se non il suolo dove lasciarsi cadere la penombra di un bosco da attraversare e la mano che si apre e prende la mia e mi conduce a me. Azzurro elementare, 1992-2010
1. La poesia prende avvio dall’osservazione di una rosa: quali sono le sue caratteristiche e quali reazioni suscita nel poeta? Per rispondere fai attenzione in particolare agli aggettivi, alle similitudini e alle allitterazioni. 2. Nella seconda parte della poesia la rosa diventa segno di una persona amata: «parola verdeggiante d’amore». Quali luoghi sono associati a lei nella memoria del poeta? 3. Come interpreti il verso finale «e mi conduce a me» riferito all’essere preso per mano? 4. Descrivi un oggetto segno di una persona cara, ricalcando il modello della poesia di Cappello, per esprimere pensieri, domande e ricordi che suscita in te. Puoi comporre in versi oppure scrivere un frammento lirico, cioè un breve testo particolarmente curato dal punto di vista lessicale e stilistico, facendo uso delle figure retoriche di suono e di senso solitamente utilizzate dai poeti.
5. Leggi le seguenti poesie:
1 affastellati: ammassati, ammucchiati a caso. Derivato da fascio, attraverso il diminutivo *fascitello. 2 concitazione: agitazione, soprattutto causata da forte emozione o da fretta.
daniela attanasio
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GIORGIO CAPRONI
Sono donne che sanno Sono donne che sanno così bene il mare che all’arietta che fanno a te accanto al passare senti sulla tua pelle fresco aprirsi di vele e alle labbra d’arselle1 deliziose querele2. Finzioni 1938-1939
PIERLUIGI CAPPELLO
Da lontano Qualche volta, piano piano, quando la notte si raccoglie sulle nostre fronti e si riempie di silenzio e non c’è più posto per le parole e a poco a poco ci si raddensa3 una dolcezza intorno come una perla intorno al singolo grano di sabbia, una lettera alla volta pronunciamo un nome amato per comporre la sua figura; allora la notte diventa cielo nella nostra bocca, e il nome amato un pane caldo, spezzato. Azzurro elementare, 1992-2010
In entrambe le poesie, per esprimere i sentimenti che la donna suscita, i poeti si servono di sinestesie, similitudini, metafore che richiamano più sensi: gusto, vista, tatto, udito… Dopo averle rintracciate nei due testi, prova anche tu a descrivere una persona a te cara seguendo il modello dei poeti.
1 arselle: molluschi bivalvi, vongole. Dal tardo latino arcella ‘astuccio’ attraverso il genovese arsèla. 2 querele: Lamentele, parole lamentose. Dal verbo latino queri ‘lagnarsi’.
3 raddensa: diventa più densa.
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Poesie
TONINO MILITE Una formica Inutile riaprire cantieri, innalzare torri, toccare il cielo, sfidare il dio. Inutile rischiare babeliche1 implosioni2 della lingua, e l’ascesa che muta in caduta. Una formica già lo sa, che il cielo comincia ad un millimetro da terra. L’intermittenza del giallo, 1998-2005
1 babeliche: relative all’episodio narrato nella Bibbia della torre di Babele (vedi esercizio 5). 2 implosioni: frantumazioni, cedimenti. In fisica l’implosione è un fenomeno che si produce quando le pareti di un corpo cavo soggetto a una pressione esterna superiore a quella interna cedono di colpo, frantumandosi.
541
Tonino Milite
1. La successione di versi molto brevi, a volte composti da una sola parola, che effetto produce? Che cosa richiama? Per rispondere rifletti anche sul titolo. 2. La poesia è composta da tre strofe: le prime due dichiarano, attraverso l’anafora dell’aggettivo «inutile», la vanità di certe azioni: quali? 3. Nella terza strofa il poeta fornisce la spiegazione dell’inutilità delle azioni prima descritte: quale? 4. Cosa significa che «il cielo comincia ad un millimetro da terra»? Di quale aspetto della vita potrebbe essere metafora? 5. Leggi il seguente brano tratto dalla Bibbia:
La torre di Babele (Genesi 11,1-9) 1 Tutta la terra parlava la stessa lingua e usava le stesse parole. 2 Dirigendosi verso l’Oriente, gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Scinear, e là si stanziarono. 3 Si dissero l’un l’altro: «Venite, facciamo dei mattoni cotti con il fuoco!» Essi adoperarono mattoni anziché pietre, e bitume invece di calce. 4 Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre la cui cima giunga fino al cielo; acquistiamoci fama, affinché non siamo dispersi sulla faccia di tutta la terra». 5 Il Signore discese per vedere la città e la torre che i figli degli uomini costruivano. 6 Il Signore disse: «Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è il principio del loro lavoro; ora nulla impedirà loro di condurre a termine ciò che intendono fare. 7 Scendiamo dunque e confondiamo il loro linguaggio, perché l’uno non capisca la lingua dell’altro!» 8 Così il Signore li disperse di là su tutta la faccia della terra ed essi cessarono di costruire la città. 9 Perciò a questa fu dato il nome di Babel, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là li disperse su tutta la faccia della terra. www.laparola.net
Cosa ti permette di capire questo episodio della Bibbia a proposito del significato della poesia Una formica? Esponi e commenta.
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TONINO MILITE È terra di nessuno Abbi cura del treno che trapassa, col suo grido, le tue stanze così vicine alla ferrovia. È terra di nessuno, che fuggendo inseguita dai luoghi, teme la vertigine d’una corsa infinita. Segnale di paura il suo fischio, orrore del vuoto. Tu mutalo in colori, ed ogni tela sia una sosta, stazione di respiro. L’intermittenza del giallo, 1998-2005
Poesie
Tonino Milite
543
1. Il poeta dedica la poesia È terra di nessuno all’amico pittore Raimondo Sirotti, a cui si rivolge con il verbo al congiuntivo esortativo nel primo verso: che cosa lo invita a fare nella prima strofa? 2. Alcuni termini ed espressioni indicano la personificazione del treno: quali? 3. Nell’ultima strofa i due verbi, uno all’imperativo, l’altro al congiuntivo ottativo, indicano un invito e un desiderio: quali? 4. Di che cosa può essere metafora il treno? Per rispondere rifletti sulle sue caratteristiche e sulle sue azioni descritte nella poesia. 5. Quale funzione della pittura viene suggerita dal poeta? 6. Scegli un oggetto che ritieni particolarmente significativo e, ricalcando il modello della poesia di Tonino Milite, presentalo anche attraverso la sua personificazione.
7. Quale espressione artistica (pittura, scultura, musica, danza, ecc.) preferisci? Per quali ragioni? Racconta, descrivi, argomenta.
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Poesie
TONINO MILITE L’intermittenza del giallo L’ospiterei in casa almeno fino all’alba, il semaforo còlto da notturna intermittenza del giallo, privato dell’autorità del rosso e del verde, degradato e solo, in mezzo a una strada. L’intermittenza del giallo, 1998-2005
1. Per quali ragioni il poeta è attratto e impietosito dal semaforo che di notte non segnala più il rosso e il verde, ma solo il giallo a intermittenza? Rintraccia nel testo gli elementi che ti aiutano a rispondere. 2. Alcuni termini ed espressioni indicano la personificazione del semaforo: quali? 3. La successione di versi molto brevi, a volte composti da una sola parola, che effetto produce? Che cosa richiama? 4. Di che cosa può essere metafora il semaforo notturno? Rispondi facendo precisi riferimenti al testo. 5. Scegli un elemento del paesaggio urbano che frequenti quotidianamente. Ricalcando il modello della poesia di Tonino Milite, presentalo anche attraverso la sua personificazione e prova a suggerirne un significato metaforico.
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DANIELE MENCARELLI La finestra arriva fino al mare La finestra arriva fino al mare se sei fortunato e col sole giusto puoi vederci le petroliere ma prima di finire all’orizzonte galoppa per questa valle di colture seguita da una spianata perfetta accesa la notte da luci concentrate; la finestra guarda le case vicine tutte vecchie di vecchi affaccendati e i colombi che le girano intorno, io abito la casa che c’è dietro come un guscio oltre quello abituale, lei l’occhio a cui affido la mia vista. I giorni condivisi, 2001
1. La prima parte della poesia, fino al punto e virgola, non presenta punteggiatura: che effetto produce questa assenza? 2. Quali verbi rendono l’idea che la finestra sia personificata e in movimento? Rintracciali nel testo. 3. Quando entra in scena il poeta? Cosa dice di sé stesso? 4. La finestra, la casa del poeta, l’occhio: cosa accomuna questi elementi? 5. Lascia correre il tuo sguardo dalla finestra di casa tua e, ricalcando il modello del poeta Mencarelli, descrivi quello che vedi componendo un frammento lirico, cioè un breve testo particolarmente curato dal punto di vista lessicale e stilistico, facendo uso delle figure retoriche di suono e di senso solitamente utilizzate dai poeti.
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Poesie
DANIELE MENCARELLI Ecco la tua casa Ecco la tua casa i paesi che farai tua terra ecco i visi di famiglia ancora sfocati alla tua vista, del mondo niente altro ti serve, crescerai di stupore in scoperta vedrai cose figlie all’universo cose piccole con dentro un vento da scoperchiare il petto, come gli occhi di tua madre innamorati sui tuoi ancora ciechi. Figlio, 2013
1. Il poeta si rivolge al figlio appena nato. Oltre all’anafora della parola «ecco», quali termini esprimono la percezione di novità? 2. Come interpreti l’espressione «i paesi che farai tua terra»? 3. Esplicita le seguenti espressioni, aggiungendo parole che mettano in evidenza il nesso logico che i termini, separati dai trattini, intrattengono: • • • •
«crescerai – di stupore»; «crescerai di stupore – in scoperta»; «cose figlie – all’universo»; «un vento – da scoperchiare il petto».
4. Che cosa esprime la similitudine finale? Rintraccia nel testo i due termini di paragone e spiegala. 5. Quali cose o persone sono capaci di «scoperchiarti il petto»? Ricalcando il modello della poesia di Mencarelli presentale in una poesia in versi o in un frammento lirico, cioè un breve testo particolarmente curato dal punto di vista lessicale e stilistico, facendo uso delle figure retoriche di suono e di senso solitamente utilizzate dai poeti.
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UMBERTO FIORI Esempi Come in treno nei tratti di gallerie: il fresco, poi di colpo la luce acceca e buio, luce, buio e luce di nuovo, e subito buio luce e via, buio: nemmeno il tempo di guardare, di affezionarsi. Una volta lontani, di tutto questo cinema alla fine in testa cosa rimane? Una fila di esempi, una serie di facciate di case, rapide e serie. Stanno lĂŹ, queste case, come le spiegazioni che i bambini pretendono e che poi mai che le ascoltino. Esempi, 1992
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Poesie
1. La prima strofa introduce una similitudine, di cui c’è un solo termine di paragone: quale? Quale ipotizzi sia il secondo? Per quale ragione? 2. Le iterazioni e il ritmo sincopato dal terzo al sesto verso che cosa intendono riprodurre? 3. In che senso è usata la parola «cinema» nella seconda strofa? E la parola «esempi»? Di che cosa potrebbero essere metafore? Che cosa te lo fa pensare? 4. Nella terza strofa è espressa una similitudine tra «case» e «spiegazioni»: che cosa le accomuna? 5. Si dice che è sempre possibile imparare dalle persone, ma è possibile imparare anche dalle cose, come pare suggerire il poeta Fiori nella poesia Esempi e in Vista, che ti proponiamo di seguito?
Vista La luce sul capannone, le due finestre murate e il fosso, lì sotto, e i platani, hanno ragione. Guardi, e ti chiedi come sia possibile imparare da loro. Esempi, 1992
Argomenta la tua risposta scrivendo un dialogo tra te e il poeta o una lettera indirizzata a lui.
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UMBERTO FIORI Andito Ritorna il buio. Sopra le case ricompare la luna, e sale piena e sempre più chiara nel cielo tutto stellato. Di nuovo questo vuoto bellissimo, lassù in alto, ti preme come un fatto personale. Come compito lo senti, come il telefono quando continua a suonare in casa di qualcun altro mentre si salgono le scale. Esempi, 1992
1. Quali parole nella prima strofa richiamano il ripetersi di qualcosa? Che cosa riaccade? 2. «Vuoto bellissimo» pare un’antitesi: cosa intende comunicare il poeta? E perché spezza il sintagma con un enjambement? 3. Come interpreti l’aggettivo «personale» alla fine della prima strofa? E come si lega con la parola «compito» presente all’inizio della seconda? 4. Come spieghi la similitudine tra «compito» e «telefono» che suona? Per rispondere immedesimati bene nella scena, cioè pensa a quello che proveresti e faresti nella situazione descritta. 5. Che rapporto c’è tra il testo della poesia e il suo titolo: «Andito», che significa ‘corridoio, o in genere nelle case ambiente secondario di passaggio
’.
6. Immagina che la scena descritta dalla poesia sia l’incipit di un racconto: racconta quello che succede dal momento in cui il protagonista sente lo squillo del telefono.
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UMBERTO FIORI Altra discussione Quando due che discutono sono arrivati al cuore della questione e uno alza gli occhi al cielo, scuote le braccia, l’altro si guarda intorno a mani giunte, come cercando aiuto, e gridano fatti, e prove, cambiano tono, si chiamano per nome, – ma non c’è niente, nessuno che possa più dare ragione a nessuno – proprio allora, lontani come sono, rivedono il miracolo: che sia una la stanza, che sia lo stesso il tavolo dove battono. Esempi, 1992
Poesie
umberto fiori
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1. Come viene descritta la scena della discussione nei primi 7 versi? Rispondi osservando gesti e azioni dei «due». 2. L’iterazione dei pronomi indefiniti nei versi 8 e 9 introdotti dalla congiunzione avversativa «ma» che effetto di senso ottiene? 3. In che senso viene usato il termine «miracolo»? Che cosa c’entra con il «tavolo» che compare all’ultimo verso? 4. Leggi la seguente poesia del poeta Umberto Fiori, che mette a tema la fine di una discussione:
Accordo Quando alla fine di una discussione, a furia di chiarire e di spiegare, ci si trova d’accordo, è dura guardarsi ancora, salutare, andar via ognuno per la sua strada. Quando il discorso cade, che ci si è intesi, è dura poi lasciarsi, tornare a casa con il peso di tutta l’armonia. Esempi, 1992
Vale la pena discutere? Argomenta la tua risposta facendo riferimento alle poesie di Umberto Fiori, a eventuali esempi letterari che hai incontrato nelle tue letture e alla tua esperienza personale.
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Poesie
UMBERTO FIORI Squillo Non è una frenata, non è nemmeno un trapano, questo fischio tremendo che fa tremare le vetrate. Intorno, lavori non se ne vedono: soltanto il tempo bello, la piazza, gli alberi. Lo fanno loro questo squillo altissimo. Sono le cose che si aprono, e cantano, e ci spalancano il cuore. È il vuoto che hanno dentro, questo rumore. Si scuotono, le cose, si commuovono. La gente passa tranquilla. Chiarimenti, 1995
1. Metti alla prova quanto hai imparato sull’analisi delle poesie leggendo e svolgendo gli esercizi della sezione: scrivi tu le domande che faresti al lettore per aiutarlo a comprenderla e gustarla. 2. «Sono le cose / che si aprono, e cantano, / e ci spalancano il cuore»: scrivi un commento a questi versi tenendo conto di quanto hai compreso e scoperto leggendo i testi presenti in questa sezione e di quanto vivi nel rapporto con le cose. Immagina che il tuo testo venga pubblicato a conclusione della sezione.
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Da cosa nasce la poesia?
UMBERTO FIORI
È dall’amore che nasce la poesia E però la poesia non è pittura, non è scultura, non è un’arte figurativa. In che modo la “forma” di ciò che va detto può essere fedelmente rappresentata? Se vogliamo farcene un’idea, dobbiamo forse risalire di qualche secolo la corrente, e tornare a leggere quei celebri versi del Purgatorio in cui Dante dichiara: “I’ mi son un, che quando / Amor mi spira, noto, e a quel modo / ch’e’ ditta dentro vo significando” (Purgatorio XXIV, vv. 52-54). È dall’amore che nasce la poesia. E l’amore nasce dalla presenza di una cosa (sia essa Beatrice, la siepe dell’Infinito o, come nel caso di Penna, i fanciulli). L’esperienza d’amore dapprima fa ammutolire la lingua di fronte al suo oggetto, le fa sentire dolorosamente il suo limite (“ogne lingua devèn tremando muta” all’apparire di Beatrice); ma proprio questo silenzio poi, a chi lo sa ascoltare, “ditta dentro”. Il suo dettato (il dictamen, la “materia” della poesia) non è un impulso informe, una generica “ispirazione”: ha in sé un modo, una misura, un passo, un respiro, una sintassi profonda, una logica; la stessa che anima la cosa. La poesia che non vuole tradire l’amore che la muove ascolta con la massima attenzione (nota) quel modo, e lo significa, lo spiega, lo dispiega in segni. La “materia” del dire poetico, insomma, la cosa che la poesia ha da dire, non è materiale grezzo da “elaborare” poeticamente: ha già in sé la propria articolazione; è già, in qualche modo, composta. È già “leggenda”, è già poesia. Non si tratta di poetizzare il “romanzetto” della realtà rendendolo più oscuro, più seducente, ricavandone la poesia come un valore aggiunto: si tratta di riconoscere la forma vera di ciò che muove a dire, e corrisponderle. U. Fiori, Gli “sciacalli” di Montale. Riflessioni su oscurità e chiarezza in poesia, 2000
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Gli strumenti dello scrittore
Gli strumenti dello scrittore a cura di Raffaela Paggi
Il glossario Strumenti del poeta, già presente nei volumi 1 e 2 di A/R, si arricchisce qui con l’inserimento di alcuni importanti procedimenti utilizzati dai narratori per dar corpo ai loro racconti. Puoi dunque trovare in questa sezione le figure retoriche di suono e di senso essenziali per gustare il linguaggio poetico e per cogliere nei versi dei poeti la pluralità di significati e di suggestioni che normalmente le poesie celano e svelano; gli elementi di metrica, che permettono di riconoscere la struttura della versificazione; gli elementi della narrazione, procedimenti e strategie proprie del racconto, attraverso le quali l’autore distribuisce i contenuti narrativi e si pone in dialogo con il lettore indirizzandolo nella lettura, favorendone l’immedesimazione con i personaggi, fornendogli segnali utili all’interpretazione. Ogni voce del glossario è composta dalla definizione del termine, a volte dalla sua etimologia e da almeno un esempio rintracciabile nei testi del volume.
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Figure di suono
Figure di suono Allitterazione = ripetizione di suoni identici in parole diverse. Così tra questa immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare.
Leopardi
La ripetizione delle consonanti nasali m e n suggeriscono il lasciarsi andare del pensiero nell’infinito, come se in esso fosse cullato. Anafora = ripresa in forma di ripetizione di una o più parole, soprattutto all’inizio del verso. Dal greco anaphorá ‘ripetizione’, è detta anche iterazione. Ecco la tua casa i paesi che farai tua terra ecco i visi di famiglia ancora sfocati alla tua vista,
Mencarelli
Consonanza = rima imperfetta tra due parole che contengono le stesse consonanti. Si parla di assonanza quando sono identiche solo le vocali. Ch’io veda i due peschi, i due meli, soltanto, che danno i soavi loro mieli pel nero mio pane.
Pascoli
Onomatopea = parola che nella sua componente sonora riproduce un suono della realtà. Ch’io veda là solo quel bianco di strada, che un giorno ho da fare tra stanco don don di campane…
Pascoli
Polisindeto = Ripetizione della congiunzione tra più frasi o sintagmi coordinati.
556
Gli strumenti dello scrittore
Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quiete io nel pensier mi fingo; ove per poco il cor non si spaura.
Leopardi
Figure di senso Anastrofe = inversione dell’ordine normale delle parole. Dal greco ἀναστροφή, anastrofhē ‘inversione’. Il porto accende ad altri i suoi lumi; me al largo sospinge ancora il non domato spirito, e della vita il doloroso amore.
Saba
L’ordine consueto delle parole sarebbe: lo spirito non domato e il doloroso amore della vita sospingono me al largo. Antitesi = accostamento di concetti contrapposti. Si ottiene sia affermando una cosa e al contempo negando la sua contraria, sia mettendo in contrapposizione due fatti opposti e ambedue reali. prima del viaggio si è tranquilli ma si sospetta che il saggio non si muova e che il piacere di ritornare costi uno sproposito.
Montale
Chiasmo = Disposizione incrociata degli elementi costitutivi di due sintagmi o di due frasi. Dalla lettera greca chi (χ), a forma di croce. Il mio cuore è debole, stasera, come il sole che lento risale i tetti, e profonde sono le mie colpe;
Betocchi
Cuore-debole / profonde- colpe: nome-aggettivo / aggettivo-nome, in posizione speculare e uniti dal verbo essere.
Figure di senso
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Climax = intensificazione graduale di un concetto per accumulazione. Come convalescente che esce al sole la prima volta, tutto quel che vede gli par di non averlo visto mai, ad ogni passo scopre nuovo mondo e di dolcezza quasi piangerebbe
Sbarbaro
Il poeta mette in sequenza alcune espressioni per suggerire il sentimento di novità che porta gradualmente a piangere di gioia. Epanalessi = Ripetizione di una o più parole nella stessa frase per dar risalto al concetto espresso. Qualche volta, piano piano, quando la notte si raccoglie sulle nostre fronti e si riempie di silenzio
Cappello
Ipallage = scambio di relazioni tra parole nella stessa frase. Dal greco hupallagé ‘scambio’. Come sempre, mentre lui tramonta, resta l’orizzonte ineffabile e sterminato il destino, a chiunque, dell’esistere, sterminato!
Betocchi
L’aggettivo «sterminato» ha una connotazione spaziale che lo mette in relazione con «orizzonte», e «ineffabile» è piuttosto una caratteristica di «destino». Il poeta scambia aggettivi e nomi, conferendo loro nuovi significati. Iperbato = allontanamento di due parole connesse dal punto di vista sintattico mediante l’inserzione di una o più parole. Dal greco ὑπέρβατον, hypèrbaton ‘posto oltre’. Pochi momenti come questo belli, a quanti l’odio consuma e l’amore, è dato, sotto il cielo, di vedere.
Iperbole = esagerazione di un concetto.
Saba
558
Gli strumenti dello scrittore
Dal greco hyperbolé, da hyperbállo ‘getto oltre’. Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
Montale
Litote = affermazione attenuata di un concetto o di un giudizio attraverso la negazione del suo contrario. Non pena non febbre allora, non quest’ombra greve del giorno affollato e diverso.
Pavese
Per descrivere uno stato di pace e di luce il poeta nega la presenza di alcuni elementi. Metafora = trasferimento del significato di una parola dal senso proprio a un senso figurato che ha con il primo un rapporto di somiglianza. Dal verbo greco metaphérein = portare oltre. cose piccole con dentro un vento da scoperchiare il petto, come gli occhi di tua madre innamorati sui tuoi ancora ciechi.
Mencarelli
Il vento, capace di scoperchiare i tetti, diventa metafora della forza dell’amore, capace di aprire il cuore. Metonimia = sostituzione di una realtà con un’altra, ad essa associata logicamente o fisicamente. L’associazione può consistere in un rapporto di causa-effetto, contenente-contenuto, materia-realtà composta di tale materia, ecc. Se la relazione tra le due realtà è di tipo quantitativo (ad es. parte-tutto) si parla di sineddoche. Con te le ho scese perché sapevo che di noi due le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate, erano le tue.
Montale
Pupille sta per occhi (parte-tutto). Ossimoro = unione di due termini contraddittori per riferirsi a una medesima entità. Dal greco oksúmōros ‘acuto e stupido’, con allusione al contrasto tra i due concetti.
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Figure di senso
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Montale
Perifrasi = sequenza di parole che indica una realtà cui ci si potrebbe riferire direttamente con un unico termine. da’ lampi notturni e da crolli d’aeree frane!
Pascoli
Con l’espressione ‘crolli di frane aree’ sono nominati i tuoni. Personificazione = Raffigurazione di esseri inanimati o di entità astratte come persone. Si scuotono, le cose, si commuovono. La gente passa tranquilla.
Fiori
Similitudine = paragone tra due elementi, accomunati da una o più caratteristiche. e a poco a poco ci si raddensa una dolcezza intorno come una perla intorno al singolo grano di sabbia,
Cappello
La similitudine è fatta di tre elementi: 1. primo termine di paragone: la dolcezza 2. secondo termine di paragone: una perla 3. motivo della somiglianza: la dolcezza si viene a creare poco a poco come la sabbia quando si addensa per formare la perla Sinestesia = associazione di termini che indicano realtà pertinenti a sfere sensoriali diverse. Il portiere caduto alla difesa ultima vana, contro terra cela la faccia, a non veder l’amara luce. amara: aggettivo che pertiene al gusto; luce: nome relativo alla vista.
Saba
560
Gli strumenti dello scrittore
Elementi di metrica In poesia contribuisce alla ricchezza del significato del testo anche il modo di comporre i versi e le strofe. L’insieme delle leggi che governano la composizione si chiama metrica. Ti forniamo qui alcuni elementi di base per introdurti in essa, in modo da interpretare con maggior consapevolezza e gustare di più le poesie. Canzone = componimento poetico solenne costituito da una serie di strofe –dette stanze – composte di solito dallo stesso numero di versi con uno schema fisso di rime. La canzone è detta libera quando le sue stanze sono composte da un numero differente di versi, endecasillabi e settenari, che non seguono uno schema fisso di rime. Il sabato del villaggio di Giacomo Leopardi
Distico = strofa composta di due versi. Dal greco dis ‘due volte’ e stichos ‘verso’. Era un piccolo porto, era una porta aperta ai sogni.
Saba
Enjambement = separazione tra la fine di un verso e l’inizio del successivo di due parti di frasi che dovrebbero stare insieme. Parola francese coniata sul verbo enjamber, che significa ‘scavalcare’. Attraverso l’enjambement si opera una precisa distinzione tra pausa metrica (che avviene alla fine di un verso) e pausa sintattica. Di nuovo questo vuoto bellissimo, lassù in alto, ti preme come un fatto personale.
Fiori
Madrigale = composizione musicale o poetica composta da brevi strofe di versi endecasillabi, con diversi schemi di rime e con una rima baciata finale. Il madrigale è nato in Italia nel 1300.
561
Elementi di metrica
Tacciono i boschi e i fiumi, e ’l mar senza onda giace, ne le spelonche i venti han tregua e pace, e ne la notte bruna alto silenzio fa la bianca luna: e noi tegnamo ascose le dolcezze amorose: amor non parli o spiri, sien muti i baci e muti i miei sospiri.
Tasso
Rima = identità di suono di due parole a partire dall’ultima vocale accentata. una lettera alla volta pronunciamo un nome amáto per comporre la sua figura; allora la notte diventa cielo nella nostra bocca, e il nome amato un pane caldo, spezzáto. Cappello La rima viene detta baciata (AABB…) quando le parole che rimano tra loro si trovano alla fine di due versi consecutivi, alternata (ABAB…), quando le parole rimano a versi alterni, incrociata quando le parole rimano “a specchio” (ABBA). Rima baciata: Meriggiare pallido e assórto A presso un rovente muro d’órto, A ascoltare tra i pruni e gli stérpi B schiocchi di merli, frusci di sérpi B
Montale
Rima alternata: Posa il meriggio su la pratería. A Non ala orma ombra nell’azzurro e vérde. B Un fumo al sole biancica: via vía A fila e si pérde. B
Pascoli
Rima incrociata: tutte accoglie e fónde A le dissonanze acúte B nelle sue volúte B profónde A
D’Annunzio
562
Gli strumenti dello scrittore
Sonetto = composizione poetica composta di due strofe di quattro versi (quartine) e due strofe di tre versi (terzine). I versi delle quartine sono spesso a rima alternata (ABAB); i versi delle terzine seguono diversi schemi ritmici. Dal provenzale sonet ‘piccolo suono’. Alla sera Forse perché della fatal quïete tu sei l’immago a me sì cara vieni o sera! E quando ti corteggian liete le nubi estive e i zeffiri sereni,
A B A B
e quando dal nevoso aere inquïete tenebre e lunghe all’universo meni sempre scendi invocata, e le secrete vie del mio cor soavemente tieni.
A B A B
Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme che vanno al nulla eterno; e intanto fugge questo reo tempo, e van con lui le torme
C D C
delle cure onde meco egli si strugge; e mentre io guardo la tua pace, dorme quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.
D C D
Foscolo
Strofa = insieme di più versi, delimitato da spazi bianchi. Dal greco strophé ‘rivolgimento’. Le strofe possono essere ripetute più volte nello stesso componimento e in molti casi prendono il nome dal numero di versi che le compongono: ad es. la terzina è la strofa composta da 3 versi, la quartina da 4 versi, l’ottava da 8 versi. Vista La luce sul capannone, le due finestre murate e il fosso, lì sotto, e i platani, hanno ragione. Guardi, e ti chiedi come sia possibile imparare da loro.
Prima strofa
Seconda strofa Fiori
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Elementi di metrica
Verso = unità fondamentale della composizione poetica, corrisponde a ogni riga della poesia finita la quale si va a capo. Dal verbo latino vertĕre ‘girare, volgere’. I versi prendono il nome dal numero di sillabe che li compongono. Ad es. il verso quinario è composto da 5 sillabe, il settenario da 7 sillabe, l’endecasillabo da 11 sillabe. Una felicità fatta di nulla mi colma – e non è forse che l’arietta di questa mattinata di settembre…
Versi endecasillabi Sbarbaro
Versi liberi = versi che non presentano rime e non seguono un preciso schema metrico. Una formica già lo sa, che il cielo comincia ad un millimetro da terra.
Milite
Versi sciolti = versi formati dallo stesso numero di sillabe che non presentano rime. La mia bambina con la palla in mano, con gli occhi grandi colore del cielo e dell’estiva vesticciola: «Babbo – mi disse – voglio uscire oggi con te».
Versi endecasillabi, non in rima Saba
564
Gli strumenti dello scrittore
Elementi della narrazione Anomalia = stranezza dei fatti narrati o del modo di narrare, in grado di catturare l’attenzione del lettore, il quale continua a leggere il racconto alla ricerca di una possibile spiegazione. Nel racconto di D. Buzzati, Ombra del Sud, il narratore è attratto da una strana figura che irrompe sulla scena.
Antagonista = personaggio che ostacola il protagonista, che non gli permette di realizzare i suoi desideri o di raggiungere i suoi scopi. In alcuni racconti non è un singolo personaggio a ostacolare il protagonista, bensì gli eventi, le circostanze narrate. Dal greco antagōnistḗs, derivato di agonistḗs ‘lottatore; attore’, col prefisso anti- che indica avversione, contrapposizione. Nel racconto di M. Bontempelli, Il ladro Luca, il ladro è ostacolato nella sua fuga dal poliziotto.
Colpo di scena = evento imprevisto che cambia il corso della storia. A volte si tratta di una agnizione, cioè di uno svelamento (dal verbo latino agnōscere ‘riconoscere’): un personaggio svela la sua vera identità sorprendendo gli altri personaggi e il lettore. L’identità dei personaggi nel racconto di A. Puškin, La tempesta di neve, è svelata attraverso una serie di colpi di scena.
Conflitto = contrasto, opposizione necessaria affinché la storia prenda avvio: in una situazione stabile e tranquilla, entra un personaggio, accade un evento, subentra un fattore imprevisto che ostacola il protagonista nei suoi propositi e obiettivi. Le vicende narrate in Zebra di C. Potok prendono avvio dall’incidente occorso al protagonista.
Dialogo = colloquio, confronto verbale tra due o più personaggi. Può essere in forma diretta, indicato fra virgolette, o in forma indiretta, se è riferito da un personaggio. Dal greco diálogos, composto da diá, “tra” e lógos, “discorso”.
Elementi della narrazione
565
Il racconto di I. Silone, Pane nero, è tutto giocato su un dialogo diretto tra i tre protagonisti. Digressione = narrazione, descrizione o commento che si allontana dalla trama o è comunque marginale rispetto agli eventi in corso. Dal latino digredi, verbo composto da dis, prefisso che indica separazione + grădi ‘avanzare’. Nel racconto di R. La Capria, Il granchio, viene raccontata una vicenda relativa alla guerra, richiamata dalla visione dei resti della teleferica, che non è direttamente connessa agli avvenimenti narrati. Ellissi = Salto temporale nella narrazione degli eventi: il narratore passa da un evento all’altro senza raccontare quanto è avvenuto in mezzo. Dal greco élleipsis ‘mancamento, omissione’. Nel racconto di I. Silone, Pane nero, tra la prima e la seconda parte, viene effettuato un taglio di «alcuni mesi»: un tempo in cui avviene l’armistizio dell’8 settembre 1943 e l’Italia passa dalla parte degli Alleati contro i Tedeschi. Fabula = ordine cronologico degli eventi, che può differire dall’intreccio, ovverosia dall’ordine con cui il narratore presenta gli eventi. Quando fabula e intreccio non coincidono emergono delle anacronie, cioè dei flashback o dei flashforward. Il narratore del racconto Il ciuchino di R. La Capria racconta gli eventi senza seguirne l’ordine cronologico. Finale = conclusione della storia. Il finale del racconto di R. Carver, Una cosa piccola ma buona, illumina il significato dell’intera vicenda. Flashback = salto indietro nel tempo che narra quanto avvenuto precedentemente al tempo della storia narrata. Parola inglese composta da flash ‘guizzo, lampo’ e back ‘indietro’.
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Gli strumenti dello scrittore
Quando il salto è nel futuro rispetto al tempo della narrazione si parla di flashforward, parola inglese composta da flash ‘guizzo, lampo’ e forward ‘avanti’. Nel racconto di V. Grossman, La Madonna Sistina, osservando il quadro di Raffaello, il narratore si distacca dal tempo della narrazione per richiamare alcuni momenti del passato.
Focalizzazione = punto di vista dal quale il narratore osserva la storia narrata. Focalizzazione interna: il narratore assume il punto di vista di un per sonaggio. Nel racconto di V. Grossman, La strada, il narratore assume il punto di vista del mulo Giu. Focalizzazione esterna: il narratore è un testimone esterno ai fatti. Le novelle proposte di G. di Verga sono narrate da un narratore che non appartiene al sistema dei personaggi.
Incipit = inizio della storia. Dal verbo latino incipĕre, è la terza persona del presente del verbo: ‘inizia’. A volte può essere in medias res, cioè il narratore, senza presentare i personaggi o dare informazioni sull’ambientazione della vicenda, introduce il lettore direttamente nella storia. L’incipit del racconto di V. T. Šalamov, Sulla parola, è in medias res: «Si giocava a carte dal cavallante Naumov».
Intreccio = articolazione della trama. Può non coincidere con la fabula, se l’ordine cronologico degli eventi non è rispettato. Quando fabula e intreccio non coincidono emergono delle anacronie, cioè dei flashback o dei flashforward. Nella novella di L. Pirandello, Il treno ha fischiato, la causa della condizione del protagonista descritta inizialmente è presentata in un momento successivo, invertendo l’ordine cronologico degli eventi.
Monologo = discorso condotto da un personaggio senza interlocutori. Spesso ha i tratti
Elementi della narrazione
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di un discorso interiore, come se il personaggio parlasse a sé stesso. Composto di mónos, ‘solo, unico’ + lógos, ‘discorso’. Nel racconto I suoi occhi mi seguono di E.M. Remarque il protagonista racconta i suoi pensieri senza interlocutori presenti.
Narratore = chi racconta la storia. Da distinguere dall’autore, che è chi l’ha scritta: l’autore è una persona reale, il narratore una voce narrante. Può essere interno alla storia, oppure esterno (vedi focalizzazione). È detto onnisciente quando mostra di conoscere perfettamente la storia. Nel racconto di O. Wilde, Il razzo eccezionale, il narratore è omnisciente.
Protagonista = personaggio principale della storia, intorno al quale ruotano le vicende. Dal greco prōtagōnist� ēs, composto di prôtos ‘primo’ e agōnist� ēs ‘lottatore, attore’. In alcuni casi il protagonista dà anche il titolo al racconto, come in Rosso Malpelo di G. Verga.
Sequenza = parte del racconto composta da più scene, dotata di senso e di una certa autonomia. Dal verbo latino sequi ‘seguire’. In Avventura di Capodanno di C. Zavattini la prima sequenza riguarda il soggiorno a Vienna di Hans prima dell’incontro con Mary (da Ero arrivato… a … piccante e vogliosa d’avventura).
Suspense = tensione nel lettore, in attesa di un evento risolutivo di una situazione intricata o drammatica. Parola inglese derivata dalla locuzione francese en suspens ‘in sospeso’, dal latino suspensum, participio passato di suspèndere ‘sospendere’. Nel racconto di V. Grossman, È il giorno del giudizio, c’è un momento di suspense quando una donna, disperata per la morte della figlia, si avvia verso un nemico tedesco. Il lettore, grazie anche agli interventi del narratore, presagisce il peggio.
568
Indice
Gli strumenti dello scrittore
A/R: andata e ritorno. Terza puntata
4
Racconti
6
ALEKSANDR PUŠKIN La tempesta di neve
12
LEV TOLSTOJ Tre morti
23
GIOVANNI VERGA Rosso Malpelo
34
La roba
46
Lacrymae rerum
51
LUIGI PIRANDELLO Il treno ha fischiato
56
Ciàula scopre la luna
62
La mano del malato povero
70
OSCAR WILDE L’amico devoto
76
Il Razzo eccezionale
85
MASSIMO BONTEMPELLI Il ladro Luca
96
CESARE ZAVATTINI Avventura di Capodanno
101
RAFFAELE LA CAPRIA Il ciuchino
106
Il granchio
108
BEPPE FENOGLIO Il gorgo
115
GIOVANNI GUARESCHI Una famiglia rovinata
118
PIER PAOLO PASOLINI Biciclettone 125 DINO BUZZATI Ombra del sud
129
FRANZ KAFKA Un messaggio dell’imperatore
134
O. HENRY Lo sbirro e l’inno
136
569
umberto fiori
CHAIM POTOK Moon 142 Zebra 159 RAMOND CARVER Una cosa piccola ma buona
175
ALICE MUNRO Legna 194 SHELLEY JACKSON Sonno 210 VASSILIJ GROSSMAN La Madonna Sistina
216
ERICH MARIA REMARQUE Il caso, i topi, l’arma bianca
226
I suoi occhi mi seguono
230
EMILIO LUSSU Una lira per un eroe
238
Avevo di fronte un uomo
243
MARIO RIGONI STERN Ritorno tra le rovine
248
Saper restare uomini
253
GIULIO BEDESCHI La crosta
257
EUGENIO CORTI La morte del capitano
263
VASILIJ GROSSMAN La strada
267
È il giorno del giudizio
276
IGNAZIO SILONE Pane nero
280
PRIMO LEVI Se questo è un uomo
285
La demolizione di un uomo
287
Il canto di ulisse
296
GIOVANNINO GUARESCHI Istruzioni per l’uso
303
Lettere al postero
308
La porticina della morte
311
Eterno pericolo
312
570
Signora Germania
313
Il pacco rotto
314
VARLAM ŠALAMOV Sulla parola
321
ALEKSANDR ISAEVIČ SOLŽENICYN Il muro
327
Squarci di mondo
334
DOMENICO QUIRICO Il mare
337
MARIO CALABRESI Una scatola di matite
347
PADRE IBRAHIM ALSABAGH Il dramma del quotidiano
358
ORIANA FALLACI Intervista a Khomeini
364
JUNG CHUNG Cigni selvatici
372
MARIO CALABRESI Il presagio
384
FRANCESCO DELIZIOSI Un calvario di periferia
390
ALESSANDRO D’AVENIA Semi nelle tenebre
395
ORIANA FALLACI Quel giorno sulla Luna
399
MARCO BERSANELLI I confini del cosmo, i confini della scienza
411
PAOLO NESPOLI La vita di quaggiù vista da lassù
417
ALESSANDRO BARICCO The game
422
Discorsi celebri
430
WOODROW WILSON Discorso al Congresso per ottenere la dichiarazione di guerra, 2 aprile 1917 433
571
umberto fiori
MOHANDAS K. GANDHI Discorso alla vigilia della Marcia del sale, 11 marzo 1930
436
ADOLF HITLER Discorso al Reichstag di annuncio della guerra alla Polonia, 1 settembre 1939
440
WINSTON CHURCHILL Discorso alla Camera dei Comuni, 13 maggio 1940
447
TAKASHI NAGAI Intervento ai cattolici superstiti raccolti nella cattedrale di Nagasaki durante la messa di suffragio, 23 novembre 1945
450
ALCIDE DE GASPERI Discorso del presidente del consiglio A. De Gasperi alla Conferenza di Pace di Parigi, 10 agosto 1946 453 JOHN F. KENNEDY Discorso in difesa della democrazia davanti al Muro di Berlino, 26 giugno 1963
457
MARTIN LUTHER KING Discorso per i diritti civili al Lincoln Memorial, 28 agosto 1963
460
NELSON MANDELA Discorso dopo la vittoria elettorale dell’ANC, 10 maggio 1994
464
PAOLO BORSELLINO Discorso in memoria dell’amico e compagno Giovanni Falcone, pronunciato nella chiesa di Sant’Ernesto, Palermo 23 giugno 1992
467
GEORGE W. BUSH Discorso alla nazione dopo l’attacco terroristico al World Trade Center, 11 settembre 2001
471
VÀCLAV HAVEL Discorso al Senato della Repubblica Italiana, 4 aprile 2002
474
Poesie
478
GIUSEPPE UNGARETTI Veglia
484
Voce di vedetta morta
485
Stasera 486
572
Silenzio 487 Dannazione 489 Destino 490 Il porto sepolto
491
Fratelli 492 Sono una creatura
493
In dormiveglia
494
Pellegrinaggio 496 La notte bella
498
San Martino del Carso
499
Commiato 500 Mattina 501 Dormire 502 Un’altra notte
503
Rose in fiamme
504
Girovago 505 Soldati 507 Sereno 508 Solitudine 509 GIACOMO LEOPARDI L’Infinito
512
GIOVANNI PASCOLI Nebbia 514 UMBERTO SABA Ulisse 516 In fondo all’Adriatico selvaggio
517
Il molo
518
Goal 520 Ritratto della mia bambina
522
Quello che resta da fare ai poeti
523
EUGENIO MONTALE Prima del viaggio
524
Ho sceso dandoti il braccio
526
La voce
528
CESARE PAVESE I mattini passano chiari
529
573
Indice
CAMILLO SBARBARO Una felicità fatta di nulla
531
CARLO BETOCCHI Il mio cuore è debole, stasera
533
DANIELA ATTANASIO Le ore meridiane
535
È tornato implacabile sul campo
537
PIERLUIGI CAPPELLO Una rosa
538
Sono donne che sanno
539
Da lontano
539
TONINO MILITE Una formica
540
È terra di nessuno
542
L’intermittenza del giallo
544
DANIELE MENCARELLI La finestra arriva fino al mare
545
Ecco la tua casa
546
UMBERTO FIORI Esempi 547 Vista 548 Andito 549 Altra discussione
550
Accordo 551 Squillo 552 È dall’amore che nasce la poesia
553
Gli strumenti dello scrittore 554 Figure di suono
555
Figure di senso
556
Elementi di metrica
560
Elementi della narrazione
564
574
Indice
Indice
575
576
Indice
3 A/R e i ell Nov nti brev rra e co Rac nti di gu o d co mon Rac i d arci u ebri q l e S c orsi c s i D rra: e u g sie i Poe uomo in ngarett · Un eppe U i Gius i infinit az · Sp
i zion o m i là ee tte l de, al d i u t i d rs en sità, le legg rocura o i r p e i cu ella storie icare, d o reale pleta d , e e t l en cer ti, com cop l pia raccon i, di dim nti, lo s ne più e d oi ca i là zio ars Al d uscitan di distr e terrifi esplora eux s ’ i veill che isogno iacevol ioso è l r e m l b del azioni p eravig le. r du i o r i m m sens iaggio niversa , Le e l l u v i l ab de altà ul M a re a l l P e d
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