Il mio cammino a Santiago: Anteprima

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Andrea Bandini

Il mio cammino a

santiago in compagnia di Maffy


Una mattina mi sono svegliato stanco. Nel silenzio della stanza mi sono guardato allo specchio: gli occhi non sorridevano più, e dentro di me un peso invisibile. Non potevo più aspettare, dovevo partire. Questo libro raccoglie i resoconti giornalieri che l’autore ha scritto nei 35 giorni di cammino, 928 chilometri a piedi da Saint Jean Pied de Port a Muxía insieme al suo cane Maffy. Completano il racconto i pensieri più intimi del suo diario personale, alcune foto estemporanee e i commenti in diretta degli amici su Facebook e Whatsapp. .

Ero arrivato finalmente alla fine del mondo, alla fine del mio viaggio, un viaggio veramente lungo, difficile, faticoso, intenso, profondo, sofferto, fatto di condivisioni, gioie, voluto, ricercato e sognato, certamente un viaggio interiore che ti fa aprire il cuore, dove riassumi il passato, vivi il presente e immagini il futuro. Questo potrebbe essere il titolo di qualcosa. Il futuro cammino della mia vita, il proseguimento del Camino de Santiago, perché il vero cammino incomincia adesso… In copertina: Andrea e Maffy a Muxía, sulla Costa della Morte.

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Andrea Bandini

Il mio cammino a Santiago in compagnia di Maffy

Prefazione di Giuseppe Tagariello


Andrea Bandini Il mio cammino a Santiago Itaca, Castel Bolognese www.itacaedizioni.it/il-mio-cammino-a-santiago Prima edizione: novembre 2014 © 2014 Itacalibri, Castel Bolognese Tutti i diritti riservati ISBN 978-88-526-0406-5 Le edizioni Itaca sono distribuite da: Itacalibri srl via dell’Industria, 249 48014 Castel Bolognese (RA) - Italy tel. +39 0546 656188 fax +39 0546 652098 e-mail: itaca@itacalibri.it on line: www.itacalibri.it in libreria: www.itacaedizioni.it/librerie Cura editoriale: Cristina Zoli Grafica: Andrea Cimatti Foto: Andrea Bandini Stampato nel mese di novembre 2014 da Modulgrafica Forlivese, Forlì (FC)


Affinché questo diario possa essere compreso appieno, consiglio di leggerlo in 35 giorni, un paragrafo al giorno, come 35 sono stati i giorni necessari per arrivare alla fine della terra, perché scoprirete che il Camino non è stato solo camminare, ma ben altro. Buona lettura Andrea & Maffy


“Perché fai il Cammino di Santiago?” Questa domanda, apparentemente semplice, me l’hanno fatta in molti. E non potete neanche immaginare quante volte me la sono fatta anch’io, come migliaia di persone prima di me. Ma partiamo dall’inizio: anni fa, mentre ero a cena a casa di un amico, su una parete dell’ingresso vidi appeso uno strano documento con tanti timbri colorati. Incuriosito, mi avvicinai per osservarlo. Non capendo di che cosa si trattasse, chiesi maggiori lumi. Mi spiegò che era la credenziale con i “selli”, una sorta di timbri che vengono apposti per attestare il passaggio dei pellegrini lungo il Cammino di Santiago di Compostela, cammino che lui stesso aveva fatto anni prima. Senza saperlo, quel giorno iniziò il mio Cammino, un cammino che mi ha cambiato interiormente e che rimarrà per sempre nel mio cuore. Ma perché l’avrei dovuto fare? Forse per una sfida con me stesso: sarei mai riuscito a fare dagli 800 ai 900 chilometri? Mi sembravano veramente tanti, e tutti in una volta. Non certo per un fatto prettamente religioso. Forse per un motivo spirituale o perché avevo dei problemi da risolvere? Non lo sapevo. In fondo non trovavo un vero, reale motivo per il quale partire; i miei problemi lavorativi e privati in fondo erano uguali a quelli di tanti altri, né più, né meno. Eppure, leggendo i commenti dei pellegrini su quello che avevano vissuto, condiviso, sofferto, gioito, ne usciva fuori un quadro surreale che mi aveva fatto sorgere spontanea quella domanda: ma perché lo fanno? Leggendo quanto raccontavano, mi sembrava tutta gente normale. Che potere aveva mai avuto il Cammino per contagiarli? Così, lentamente, nel corso degli anni è maturato in me il desiderio di farlo, anche per via di una certa curiosità che ho


“Perché fai il Cammino di Santiago?”

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innata e perché forse ne ero inconsciamente attratto. Volevo capire, ma capire cosa? Mi sono documentato sul web e ho assistito a una serata del CAI durante la quale un ragazzo ha parlato della sua esperienza. Per caso ho conosciuto altri che l’avevano fatto, chi più entusiasta, chi meno. Il tempo passava e io continuavo a farmi quella domanda senza trovare delle risposte esaurienti. Avrei potuto camminare a Castel del Rio dove ho una casetta dispersa in mezzo ai monti. Dormire negli ostelli non era certo una novità. Conoscere altre persone ancora meno, visto che ho girato mezzo mondo. Certamente la stanchezza mentale in cui mi trovavo per il lavoro che peggiorava causa la crisi che non riuscivo più ad arginare nonostante i miei sforzi, la mia vita sentimentale che non si concretizzava come desideravo e una indubbia insoddisfazione interiore che aumentava per una serenità o tranquillità nella vita che non trovavo, potevano essere i motivi per i quali farlo. Cosa dire? Forse era giunto il momento di partire. Avevo bisogno di una pausa, male non mi avrebbe fatto. Decisi, quindi, che a cinquant’anni sarei partito. L’unico periodo possibile era quello natalizio, dove cala fisiologicamente il mio lavoro, permettendomi di essere libero per così tanti giorni. Ma mi resi conto che le condizioni climatiche in quel periodo sarebbero state troppo sfavorevoli. Maffy avrebbe avuto dei grossi problemi e la neve, il freddo e la pioggia avrebbero quasi certamente fatto fallire la mia avventura in terra di Spagna. “Pazienza”, mi dissi, “un giorno lo farò, magari quando andrò in pensione. Chissà, lasciamo il sogno nel cassetto”.


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Primi di marzo 2013 Una mattina mi sono svegliato stanco. Nel silenzio della stanza mi sono guardato allo specchio: gli occhi non sorridevano più, e dentro di me un peso invisibile. Ho sospirato, un lungo, lentissimo respiro. Non potevo più aspettare, dovevo partire. Sentivo dentro di me che dovevo cercare delle risposte a dei pensieri, a degli stati d’animo, a uno stile di vita in cui non mi ritrovavo più. Quella mattina presi definitivamente una decisione: “Partirò il 1 ottobre”. E per nessun motivo sarei tornato indietro. 16 aprile All’inizio di aprile avevo cercato sul sito della Confraternita di San Jacopo di Compostella il referente di zona a cui rivolgermi per farmi dare la credenziale. Preferivo averla già in mano e non prenderla quando sarei arrivato a Saint Jean Pied de Port, dove avevo scelto di iniziare il cammino. Volevo dare una rassicurazione ai miei pensieri che non li stavo tradendo e un’ufficialità a quanto deciso. Ci siamo incontrati in un’antica chiesa del centro di Faen­ za. Non nascondo che mi batteva forte il cuore quando, dopo averla compilata con i miei dati personali, mi ha consegnato la credenziale. Sulla porta mi ha salutato dicendomi: “Ultreja”, una parola in quel momento sconosciuta e così particolare che ho dovuto trascriverla in agenda per ricordarmela, mentre ora è talmente familiare che al solo pensarla apro le porte del mio cuore. Quando sono uscito, con il cellulare ho fotografato la targhetta gialla a forma di freccia affissa sul muro esterno con il simbolo della conchiglia, quel simbolo che sarebbe diventato anch’esso ben presto familiare. Una volta salito in auto, ho guardato nel retrovisore la chiesa, quindi la credenziale appoggiata sul sedile, e un brivido mi ha attraversato la schiena. Ho svoltato l’angolo e ho sorriso.


“Hola, mi nombre es Maffy” Una delle difficoltà che avrei avuto con Maffy era che in Spagna i cani non possono entrare negli albergues pubblici, come anche in molte strutture private e hotel. Mi sono detto: “Eppure, chi avrà percorso il Cammino con il proprio cane in qualche modo avrà pur fatto!”. Ho pensato allora di preparare una lettera di presentazione “strappalacrime” in spagnolo, confidando che un po’ di buena suerte e la dolcezza del mio cane ci avrebbero aiutato. Ecco la traduzione: Ciao, il mio nome è Maffy e sono una femmina di Border Collie Scozzese. Oltre ad essere una parte inseparabile di Andrea lo seguo anche nella sua attività di volontario presso l’Istituto di Riabilitazione Montecatone SpA, un ospedale in Italia specializzato nella riabilitazione dei pazienti para e tetraplegici. Non abbaio, sono vaccinata, non ho un cattivo odore e sono molto affettuosa con tutti. Vorrei pagare la mia parte delle spese per dormire. Se non c’è spazio sotto il letto nella camera, o se non è possibile, è più che sufficiente anche un angolino dove posso stare tranquilla senza disturbare. Sono una pellegrina, così come il mio padrone, creatura di Dio, e questo è il cammino delle nostre vite. Mi lascio accarezzare e vi assicuro che quello che ho scritto è vero. La pellegrina Maffy, ultreja!!! Ahimè, questa bellissima lettera non ha strappato nessuna lacrima, se non tra i pellegrini, perché non sono praticamente mai riuscito a farla leggere. Non avevo neanche il tempo di tirarla fuori che già mi dicevano: No perro, no es posible! E rimanevo il più delle volte indispettito, con Maffy distrutta, stesa ai miei piedi, in mezzo alla porta.


1o giorno, giovedì 3 ottobre

Saint Jean Pied de Port - Roncesvalles 26,1 km Roncesvalles in castigliano, orreaga in basco

Pirenei, via alta

Marco Bandini Primo reportage della tappa del Bando: prima tappa fatta, ho visto la Madonna che mi dava l’estrema unzione... Comunque siamo arrivati, ho fatto una fatica boia causa vento a 100 km/ora contro x quasi tutto il tragitto! I Pirenei sono stati sconfitti, km 26, praticamente 22 solo di salita con pendenza come la mia curva terribile*. Adesso relax, poi messa e sonno meritato. Maffy ha retto bene, purtroppo non la fanno entrare nel dormitorio. Dormirà sotto una panchina, sto pensando di farla salire con una corda dalla finestra, adesso vediamo...! * Nella mia casa di Castel del Rio c’è una curva a gomito molto ripida, odiata da alcune amiche, che ho dovuto cementare perché difficile da fare con acqua, fango e neve.

Minni S. Ma povera Maffy!!!! Minni S. Un lettino anche per lei !!!! Elena B. Bando tieni duro! Daniela L. Forza Bando è solo

la prima tappa...andrà sempre meglio!!!! Lo sapevo che Maffy doveva starsene nella sua casina al caldino...poverina!

Dal diario personale Dormito abbastanza bene, quasi con quella incoscienza degli ottimisti. Sveglio dalle 5, mi giro nel letto, ripasso la lezione. Alle 6 non ce la faccio più, mi alzo. Tutti dormono, i gradini sono di legno, scendo al buio tentando di fare il minor rumore possibile, apro il portone, fuori fa caldo, ma


Saint Jean Pied de Port - Roncesvalles

21 26,1 km

pioviggina. Sono solo, sono emozionato, ritorno dentro e girovago per l’ingresso, guardo l’itinerario dipinto sul muro, per fortuna che il muro è lungo… Alle 7 si sentono i primi rumori, immagino gli altri intenti ad alzarsi. A un certo punto è un andirivieni di gente dal bagno alle camerate, zaini che ondeggiano, rumori di chincaglieria, poi colazione frugale con pane e marmellata. Saluto i miei amici italiani, devo partire, l’adrenalina aumenta, non la controllo più. Esco, è ancora buio pesto e lontano vedo delle ombre, le seguo. Sono le 7,25, il mio Cammino ha inizio, anzi il nostro. Sono concentratissimo, o forse tesissimo, non voglio sbagliare strada. Fuori dal paese vengo investito dal vento teso, chiudo la cerniera. Al primo bivio importante c’è da decidere: via alta o bassa? Non ho dubbi, anche se so che


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con il maltempo è un azzardo, ma pure altri la prendono, forse solo perché con incoscienza seguiamo quello davanti a noi. Inizia la prima salita. Credevo che la preparazione fosse sufficiente, ma porca miseria, questa salita non finisce più. Quando arrivo al rifugio Orisson, il primo e unico punto di ristoro fino alla fine, non mi fermo, faccio i calcoli: quanto ci ho messo a fare 8 chilometri e quanto ci metterò. Purtroppo il vento incessante è così forte che non riesco a stare in piedi, la mia prospettiva è limitata a dove metto i piedi. Per fortuna smette di piovere, sono fradicio, il poncio svolazza senza ritegno. Per molto tempo cammino con la mano sull’orecchio sinistro per riscaldarlo, penso che mi sia venuta un’otite dal dolore che ho. Anche a causa del sudore, comincio a sentire freddo dentro, più vado avanti, più rallento. Arrivare al passo è stata durissima, la stanchezza mi ha preso in generale, ma soprattutto alle gambe, mi fermo ogni 100 metri facendomi superare dagli altri, ho anche mal di pancia, forse la pancera troppo stretta. Poi il cartello, 4 chilometri in discesa. In lontananza la cattedrale, un po’ di emozione. Allungo, sorrido. Sono le 14,18: la prima tappa è vinta.

Roncesvalles, chiesa della Reale Collegiata


2O GIORNO, venerdì 4 ottobre

Roncesvalles - Larrasoaña

27 km

Tutto bene! Ieri sera ha incominciato a diluviare come solo nei film vedi, alla fine Maffy a furia di insistere l’hanno fatta dormire nel ricovero delle biciclette, grazie, ma “c...o” non potevano farlo prima! Comunque stamani, se avessi potuto avrei mandato avanti la mia controfigura, una giornata di quelle che non vorresti mai affrontare. Sono partito al buio e dopo 1 ora anche se avevo il poncio avevo le mutande fradice. Giornata a dir poco viscida, comunque assieme ad un australiano di 76 anni che riuscivo a distanziare solo nelle salite, abbiamo fatto 27 km fino a Larrasoaña, così domani tappa breve di 17 km x arrivare a Pamplona. Che dire, sembrava di essere a CDR*, molte similitudini nel paesaggio, x fortuna solo poche salite, tanto fango e pioggia a catinelle, ma tanta da tenerne da parte per un’altra volta. Maffy oggi è stremata, sta dormendo, si vede che l’occhio chiede riposo. Problema con il perro (cane) anche qui, niente da fare problema enorme, sono riuscito a trovare quasi alla fine una stanza da un negozietto “Casa Elita” gestito da una italiana di Padova naturalizzata da 30 anni in Spagna e solo dopo molta insistenza mi ha fatto entrare perché ha un pastore dei Pirenei che aveva paura che sbranasse Maffy, che per fortuna non è successo. Adesso riposo, poi cena del peregrino e stanotte neanche le cannonate mi sveglieranno!!! Intanto sono già 54 km e questi non me li toglie nessuno Piace a 9 persone * Abbreviazione di Castel del Rio.


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Il famoso cartello alla partenza da Roncesvalles che tutti fotografano come promemoria, sapendo cosa li aspetterà, e che io non ho visto causa il buio pesto e la tempesta perfetta: lampi, tuoni, fulmini e acqua a catinelle.

Minni S. El perro !!! Marco Bandini Andrea nei tuoi reportage metto la tappa

di arrivo così papà segna sulla mappa dovei sei, ciao

Dal diario personale Roncesvalles: nonostante le mie insistenze, Maffy dormirà sotto una panchina. Poi per fortuna incomincia il diluvio ed entro dicendo che sta tremando tutta a causa dei ripetuti tuoni. Summit tra gli ospitaleros e decisione saggia: trovano un letto al coperto. Anch’io vado a letto contento. Il dormitorio non è come me l’aspettavo e come avevo visto nelle foto. Tutto rifatto, molto bello, ma troppo moderno: scompartimenti per dormire tipo treno senza porta con due letti a castello in ognuno, stanza per scarponi, per lettura, per lavaggio panni, stanza con macchinette sforna cibo, bah… per fortuna l’esterno è rimasto uguale. Mi alzo e apro la finestra, la situazione è come l’ho lasciata: pioggia a catinelle e vento. Ci alziamo alla spicciolata, preparo lo zaino per terra. Mi fa male il ginocchio sinistro e


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Maffy con il suo zainetto, una vera peregrina canina! John e Andrea (io).

mentre cerco la crema, l’ernia alla schiena mi dà una scossa elettrica. No, questa non ci voleva proprio! Subito la pancera, sembra che funzioni. Scendo, il caos è dovunque, bastoncini che roteano, borracce che cascano, zaini sparsi, tutti sono concentrati su cosa mettersi. Guardo fuori dal portone, il finimondo: il rumore dell’acqua che scroscia in modo impressionante fa abbassare lo sguardo anche ai più sicuri. A un brasiliano hanno rubato gli scarponi, è in ciabatte e controlla l’ingresso. “Che sfiga” mi dico, ma devo pensare a me. Respiro come alla partenza di una gara, esco e mi devo togliere subito gli occhiali, tutti bagnati. Non vedo niente, accendo la luce nel cellulare. Porca miseria, è quasi scarico, ma com’è possibile?! Eppure l’avevo caricato! Torno indietro, mi sono dimenticato i bastoncini, c…o, concentrazione! Non ho tempo per lamentarmi, devo camminare. Tre pellegrini mi seguono, sento i loro passi dietro ai miei, sguazziamo nell’acqua, quasi mi “diverto”. Non riesco a capire dove sono le indicazioni, il vento fa cadere l’acqua come una secchiata dagli alberi dove cerchiamo riparo, mi bagno


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ancora di più, la guida anche, mi perdo, torno indietro; l’australiano è con me, un cenno con la testa, sì, quella è la strada. Il famoso cartello da fotografare chissà dov’è, anche noi! Quanti giovani impreparati, fradici con i pantaloncini corti, un K-way e poco più. Incontro uno di Cattolica, ha le scarpe da corsa, le ha tagliate sul lato per ridurre il dolore; suo fratello, fermo da un giorno, è andato al pronto soccorso per i dolori e le vesciche ai piedi. Io lo guardo, ascolto e penso che siamo solo al secondo giorno: improvvisati o sfortunati? Vorrei fermarmi a Zubiri, ma l’australiano dice che prosegue. E io chi sono? Continuo anch’io. Dopo le vicissitudini per Maffy, mi rilasso nel giardino mentre scrivo il mio diario. Il sole è rilassante e mi scalda, i piedi non presentano danni, solo l’ernia ci sta provando, speriamo bene. Maffy reclama cibo, vado! L’umore è alto, lascio Maffy a riposare, poi una passeggiata. Il sole continua a risplendere, l’aria è tersa, mi sento proprio bene, incontro alla spicciolata anche quelli che ho conosciuto la prima sera. Cena nell’unico ristorante del paese, carino, poi diluvio universale mentre rientro molto presto. Voglio rilassarmi, ma il letto è troppo morbido, sento l’ernia che ci riprova. I miei movimenti, dal più semplice al complicato, sono calcolati, crema nei piedi, nella schiena, praticamente in tutte le giunture, poi spengo la luce. Non sono riuscito a dormire, non trovavo la posizione, ma stamani non avverto dolori. Saluto “Elita” Elisabetta, donna strana, trasandata, come la casa, ma almeno mi prepara una colazione decente.


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