La mostra biografica su Novella Scardovi

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NOVELLA: LA MIA VITA RINATA IN UN INCONTRO

«Il miracolo più grande è il momento che si incontra un qualcosa di grande che inizia a dare un senso e uno scopo alla nostra vita. Per me è avvenuto il 26 luglio 1977 a 27 anni».

Maria Novella Ravaglia – per tutti Novella – nacque a San Potito, frazione di Lugo di Romagna, l’8 febbraio 1949. Nel 1992 volle dettare la sua storia, consapevole che essa poteva dare luce alla vita di altri. Il 5 maggio 1996, tre giorni prima della morte in un incidente stradale, agli esercizi della Fraternità di Comunione e Liberazione annotava sulla sua agenda una frase citata da don Giussani: «Dio l’aveva scelta» e aggiungeva: «Io ho voluto starci».

Nella prima pagina di un’agenda, Novella scrive a caratteri cubitali: «SOTTO IL SEGNO DELL’AMORE». E aggiunge: «Sarà forse il titolo di un libro che scriveremo con Eugenio. Vuol dire che il segno non è l’acquario come avrei detto fino a poco tempo fa, ma l’amore di Dio per me».

Recentemente l’Associazione Amici di Novella è stata riconosciuta dalla Diocesi di Imola parte attrice per la causa di Canonizzazione e Beatificazione di Maria Novella Ravaglia Scardovi.

LA NASCITA DI NOVELLA NEL RACCONTO DELLA MADRE ELIA

«Era il martedì 8 febbraio 1949, ore 1 notte. Battezzata il 13 febbraio 1949. Il 19 maggio 1949 muore la mia cara amica Nilde Guerra. Tutti dicono che è una santa, ma era veramente buona, un giorno sarà santa. Prima di partire per l’ospedale, che era il 10 gennaio 1949, m’era venuta a salutare. Io aspettavo la Novella, e mi ha detto: “Ti do la mia benedizione, pregherò per te. Vedrai che quello che nasce, non si sa mai, può diventare grande”. La Nilde muore a Bologna il 19 maggio 1949, però ha saputo che era nata una bimba, era la Novella».

LA SANTITÀ, IDEALE DELLA VITA

ALLA SCUOLA DI TESTIMONI

Sono cresciuta in una frazione di Lugo dove eravamo educati in famiglia e in parrocchia a guardare i volti e la testimonianza di persone per cui Cristo era tutto: Nilde Guerra, morta nel 1949, a soli 27 anni, di cui è in corso la causa di beatificazione [Benedetto XVI ha proclamato Nilde Guerra Venerabile nel giugno 2007, ndr]; Maria Pironi, una consacrata che dedicò tutta la vita nell’amore a Cristo e nella carità; don Giacinto Marescotti, che era stato cappellano, poi don Pietro.

Attraverso di loro avevo capito che l’ideale della vita era la santità.

AMARE GLI ALTRI PER AMORE DI GESÙ

Sono stata educata a una religiosità della vita, a riconoscere nella realtà la presenza e la volontà di un Altro. La mia religiosità fu sempre legata alla pratica della carità.

Fin da piccola mi era stato insegnato che nell’altro c’era Gesù. C’era in me un’indole ad amare gli altri per amore di Gesù.

I PROPOSITI E LA DIMENTICANZA

A sei anni volli fare la prima comunione. In quell’occasione scrissi in un libricino i miei propositi. In quello stesso libricino don Pietro mi scriveva: «Gesù solo basta a saziare la tua fame. Ricordalo. O forse un giorno, triste giorno, lo dimenticherai?».

Quando ho ritrovato questo libretto e ho riletto queste parole ho provato un grandissimo dolore per il tempo del mio smarrimento. Mi sono chiesta come fosse stato possibile.

Voglio farmi santa. Dirò sempre di sì a tutto quello che Gesù vorrà da me.

Propositi
1. I genitori di Novella, Elia Ancarani e Giovanni Ravaglia. 2. Sacra rappresentazione della filodrammatica di San Potito, maggio 1958. . Nella foto grande: Novella il giorno della Cresima, 11 settembre 1955. Madrina fu la zia Iole.

LO SMARRIMENTO DELLA FEDE

Quando a 14 anni andò a lavorare a Castel Bolognese nel bar degli zii

Ugo e Caterina Zaniboni, Novella smarrì la fede respirata in famiglia e in parrocchia. Qui conobbe Giuliano che sposò il 27 agosto 1967 nella chiesa di San Potito. Avranno tre figli: Paolo, Chiara e Lucia.

ATTRATTA

DALLE PROMESSE DEL MONDO

Vidi un altro modo di vivere e ne fui attratta. Rinnegai tutto, provai l’euforia di un mondo fatto di cose (mangiare fuori, vestiti, viaggi). Quel mondo mi prospettava un altro mondo, destava in me l’attrattiva per le cose da cui ci si aspetta la felicità. Buttai tutta la mia energia sulla riuscita e mi legai a persone per le quali l’importante era divertirsi. Così la fede alla quale ero stata educata si indebolì.

IL MATRIMONIO

Vedevo nel matrimonio la possibilità di avere finalmente una autonomia e di soddisfare i sogni coltivati negli anni e resi impossibili dalle circostanze. Dalla realizzazione di quei sogni (mangiare un gelato intero da sola, comprarmi un vestito, una radio, una bicicletta, poi la casa, i mobili, l’auto, avere un conto in banca per il futuro dei nostri figli) mi aspettavo la felicità.

Questa ricerca della felicità mediante il raggiungimento delle cose sognate si scontrava con l’evidenza di tanti fallimenti e con i colpi della vita.

UNA PROFONDA INQUIETUDINE

Divenni inquieta e scontenta. Iniziai a chiedermi a cosa valesse darsi da fare, organizzare la vita, se poi Qualcuno ce la porta via. Questo Qualcuno, di cui da molto tempo non mi curavo, divenne per me un nemico verso il quale provavo rabbia e ostilità.

«MI SENTIVO DI NESSUNO, ORFANA…»

Iniziò un periodo in cui mi sentivo di nessuno, orfana; ciò che avevo non mi bastava più. Mi venne meno la voglia di fare le cose, dal tenere in ordine la casa alla cura della mia persona. “La vita è tutta una fregatura” dicevo.

Per vincere quest’angoscia della solitudine cominciai a prendere degli ansiolitici; la mia inquietudine mi aveva portato a uno squilibrio psicofisico: mi sentivo malata. Decisi di ricoverarmi in ospedale.

La morte di Nives, la giovane moglie dello zio Giorgio, madre di due figli piccoli, aprì in lei una drammatica domanda sulla vita.
1. Novella con gli zii Ugo e Caterina nel Bar Commercio di Castel Bolognese, 1 gennaio 1965. 2. Novella al matrimonio dello zio Giorgio con Nives, 19 settembre 1964. La zia Nives morirà il 1 marzo 1969. 3. Il matrimonio con Giuliano Scardovi a San Potito, 27 agosto 1967.
Novella e Giuliano nei primi anni di matrimonio.

UN INCONTRO CHE LA FA RINASCERE

Mentre era in campeggio a Palazzuolo sul Senio, un giorno vide arrivare una giovane coppia di sposi. Andò a cercarli nella loro tenda. Avvertii uno sguardo carico di interesse. Iniziai a raccontare il mio disagio e la fatica di quel momento. Fu in quell’occasione che per la prima volta la mia inquietudine veniva accolta e compresa.

Accettò l’invito a recitare le lodi.

Ricorderà sempre il modo, il giorno e l’ora – 26 luglio 1977, ore 10 –in cui, improvvisamente e inaspettatamente, rinacque la sua vita.

LA RICONCILIAZIONE COL SIGNORE

Attraverso l’accoglienza e la preghiera sperimentai la tenerezza di Dio. Intuii subito che Eugenio e Nives erano il segno di Uno più grande. Era la prima volta che io ero amata gratis e lì intuii che il “gratis” viene dal Signore, non è una dimensione che l’uomo si inventa.

«I MIEI OCCHI ERANO VIVI»

Quando mi guardai allo specchio, per la prima volta dopo quasi una settimana, mi accorsi che i miei occhi erano vivi; da tristi e spenti erano divenuti vivi: non avevo più bisogno di truccarmi per nascondere la mia tristezza!

IL FIORIRE DELLA GRATITUDINE

Ebbi la certezza che tutto quello che stava accadendo era opera Sua. Sgorgò un profondo senso di gratitudine verso il Signore e il desiderio che la mia vita fosse riconoscente e che altri potessero fare lo stesso incontro che aveva liberato me dall’angoscia. Ero certa che quell’incontro era decisivo per ogni uomo e che ogni uomo ne aveva bisogno. Sapevo bene per esperienza personale come fosse drammatica la solitudine e quanto profondo fosse il bisogno dell’uomo.

IL RIFIORIRE DEL MATRIMONIO CON GIULIANO

Le persone incontrate mi aiutavano a volergli più bene, a sentirlo come un dono. Cominciai a portare con più letizia il peso della sua diversità.

Quando si comincia a guardare il proprio marito come un dono, accade veramente una dimensione nuova del quotidiano, perché accade la carità: “io non ti voglio bene per quello che fai, ma chiedo a Dio tutti i giorni l’aiuto per amarti per quello che sei”.

LA CASA, UNA PICCOLA CHIESA

L'incontro generò una nuova coscienza di sé, della vita e della casa.

[…] non come dimora nostra semplicemente, ma piccola Chiesa anche per gli altri.

Ecco la mia volontà nel tenerla pulita e per questo la voglia di farla più accogliente perché Lui vi rimanga e si trovi a proprio agio.

L’AMORE A CRISTO NEL QUOTIDIANO

È bello sapere perché si fanno le cose. In questo tempo la grazia più grande è sperimentare che ogni cosa si può fare per collaborare con Te, per Te, in Te. Vorrei che tutti facessero questa esperienza perché le cose finalmente così hanno un senso. Pulire, lavare, stirare, far da mangiare, cucire sono più fattibili. Grazie Signore.

L’Incontro è stata questa esperienza di pienezza, passata da una carne, a me che strisciavo per terra alla ricerca del mio bene.

«SI PUÒ GUARDARE AL FUTURO

Dall’incontro di Palazzuolo e dall’appartenenza al movimento di Comunione e Liberazione aveva tratto la convinzione che la persona ha bisogno di una dimora, di un terreno buono dove affondare le radici, crescere e portare frutto e che il Signore viene incontro attraverso volti umani: così la vita rinasce.

Durante l’adolescenza mi allontanai dal mio contesto familiare e di paese. Mi sono perduta quando mi sono venute meno delle persone da cui essere rigenerata su ciò che conta nella vita.

La gente è orfana, non sa di chi è, sembra che non abbia nessuno a cui appartenere.

Un mese dopo l’incontro di Palazzuolo scrive a un’amica:

Colui che mi ha mandato sulla terra mi affida la costruzione della Sua casa perché tutti [vi] si possano rifugiare.

LA PRIMA INTUIZIONE

DI UN COMPITO DA SVOLGERE

Il 22 maggio 1978 prese forma nella mia mente l’immagine di una casa grande, dove potere accogliere stabilmente dei bambini. Ebbi la viva percezione di un compito da svolgere.

Un sogno apparentemente impossibile per una casalinga e un vigile urbano.

Mi recai nella chiesetta delle suore di clausura a dire il mio “sì” al Signore a cui l’affidai tramite l’intercessione di santa Rita.

Novella e Giuliano non inseguirono un sogno o un progetto; accolsero nel loro piccolo appartamento bambini, giovani: prima degli spazi si dilatò il loro cuore.

Ho semplicemente preso sul serio ciò che accadeva, i bisogni e le persone che si presentavano sul mio cammino.

A metà degli anni Ottanta, Novella conobbe l’associazione Famiglie per l’Accoglienza. Fu quel contesto di amicizia a permettere a Novella e Giuliano di esprimere il desiderio, sempre custodito, di cercare una casa più grande dove vivere la loro vocazione all’accoglienza. Il 19 marzo 1994 avvenne la posa della prima pietra della Casa d’Accoglienza “San Giuseppe e Santa Rita”, inaugurata il 17 marzo 1996. In quell'occasione disse:

L’incontro col movimento di Comunione e Liberazione era stato per me un momento talmente significativo di accoglienza, di vita, di energia, di rinnovamento della mia famiglia che ero sicurissima che non era una fantasia perché si trattava di un’esperienza. Da quel momento è partita questa grande decisione a che tutti potessero essere accolti come ero stata accolta io; infatti uno non può accogliere se non si è sentito accolto, amato e voluto.

LA CASA, UN LUOGO PER ESSERE CUSTODITI E ABBRACCIATI

Un luogo non è dato innanzitutto dalle mura, ma dalla compagnia che lo rende vivo.

L’idea della casa è il desiderio di un luogo per noi, di un luogo che custodisca il nostro cuore, il nostro destino, la verità per cui siamo fatti, e consenta che anche altri uomini possano essere custoditi, che l’uomo del nostro tempo possa essere custodito e abbracciato e abbia la possibilità di fare l’esperienza di un amore gratuito.

Desidero che sia segno di Te perché tutti Ti incontrino. La vita senza Te sarebbe la fine.

LA NOSTRA AMICIZIA, UNA CHIESA VISIBILE E VIVIBILE

In una preghiera che ha lasciato è riassunto il cuore con cui ha vissuto:

Signore, donaci di crescere nella fede per essere di luce agli uomini. Rendici grati per averci presi con Te, umili per poterTi testimoniare, vigorosi nel costruire luoghi di umanità vera.

Rendi la nostra amicizia una Chiesa visibile e vivibile.

L’8 maggio 1996 Novella moriva in un incidente stradale. La sera precedente aveva detto ad alcuni amici:

Se Gesù mi chiamasse a lasciare tutto e a consegnare tutto, sarei pronta a farlo ora.
1. Giuliano e Novella a Chioggia, sul battello, in occasione di una gita organizzata da Famiglie per l’Accoglienza all’isola di Torcello, settembre 1989
2. Novella e Giuliano con i figli Paolo, Lucia e Chiara, febbraio 1993.
3. Adele, Giuliano e Novella in occasione della posa della prima pietra, 19 marzo 1994.
4. Il giorno dell'inaugurazione della casa, 17 marzo 1996.

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