Prosecco a Valdobbiadene dal 1952 Il 1952 è l’anno di inizio del nostro percorso legato al Prosecco Superiore Valdobbiadene D.O.C.G. Ecco perché, quando abbiamo raggiunto l’espressione più raffinata di una storia, di un territorio e di una passione che dura da 60 anni, abbiamo pensato che il suo nome potesse essere uno solo: 52.
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Sagrantino di Montefalco 2014 - Nobile di Montepulciano 2015 - Bonarda Oltrepo - Sangiovese di Romagna - Montonale - Rosèxpo,cronaca di un successo – Donne del Vino, nuovi vertici – Challenge Euposia, ecco chi ha vinto all’undicesima edizione – Isabella Collalto, la principessa del Prosecco – Quistello, anima virgiliana – Franciacorta, caviale e salmone
VALDOBBIADENE PROSECCO SUPERIORE “52” SANTA MARGHERITA:
The Italian Wine Journal La Rivista
del
Vino
Per chi ama il vino e per chi vuole conoscerlo - Anno III - n.v4 - Euro 5 - dicembre 2018–gennaio 2019
Grande Cina, la prima degustazione dei vini del Dragone Franciacorta: ecco i migliori Bio Gavi e Lambrusco: piccole Cantine crescono
www.italianwinejournal.com Rosèxpo,cronaca di un successo – Donne del Vino, nuovi vertici – Challenge Euposia, ecco chi ha vinto all’undicesima edizione – Isabella Collalto, la principessa del Prosecco – Quistello, anima virgiliana – Franciacorta, caviale e salmone BIMESTRALE - “Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1 NE/VR
Sommario
Degustazioni
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Grace Vineyard
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Franciacorta, il top del Bio
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Gavi, dieci cantine da scoprire
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Otto vini da non perdere
Reportage
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Cina, ecco i primi grandi vini del Dragone
Cantine
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Lambrusco, la carica dei “piccoli�
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Emilia Wine
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Quistello, anima virgiliana
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Collalto, principi del Prosecco
Wine & Food
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Franciacorta, caviale e salmone
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Salumi Beretta, due secoli di purezza
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Celebrazioni di Alessandra Piubello
Sagna: un pezzo da novanta Ritratto della dinastia che ha fatto conoscere all’Italia il meglio della Champagne
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scorre nelle vene è anche quello del nonno, il Barone Amerigo Sagna, uomo antifascista, coraggioso (rischiò la vita più volte per i suoi ideali, guadagnandosi poi numerose onorificenze) e coerente. Fu lui a fondare l’azienda, che sempre è rimasta familiare, e ad assumere il mandato di distribuzione per tutta Italia, nel 1935, dello Champagne Mumm Cordon Rouge. Seguirono anni difficili, con le “inique sanzioni” che fecero scattare il divieto di importazioni; poi con gli “scambi in compensazione”; poi il regime delle licenze. All’epoca si occupavano di un’azienda di Champagne, una di Porto, una di Whisky e una
ovant’anni e non sentirli. D’altronde Sagna, società specializzata nell’importazione e distribuzione dei vini fin dal 1928, è sempre sul pezzo, con lungimiranza e freschezza. La quarta generazione, impersonificata da Leonardo Sagna, è già al lavoro da cinque anni. Massimo Sagna, attuale presidente della società, è un uomo che ha saputo valorizzare e supportare il passato, individuare le strategie adatte per il presente e gettare un ponte sul futuro. Con grande classe, umiltà e signorilità. Non a caso il sangue che gli
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Celebrazioni re nel tempo il valore virtuoso dei loro articoli. Che la casata dei Sagna fosse fatta di uomini tutti di un pezzo, si vede nel 1987, quando decidono di smettere di distribuire il più importante e venduto dei loro prodotti, lo Champagne Mumm, perché non erano più in sintonia con la Maison di Reims, ch’era stata assorbita da una multinazionale. Scelgono quindi un’altra realtà, la Maison Champagne Louis Roederer, che distribuiscono da oltre trent’anni con grande soddisfazione (ad oggi rappresenta il 63% del fatturato, poi segue Baron de Ladoucette). In tutti questi anni Sagna ha dimostrato estrema serietà, affidabilità, autorevolezza e rigorosità. “Noi abbiamo scelto di rivolgerci alla fascia alta, puntando solo all’eccellenza - spiega Massimo - del resto credo che il mondo occidentale vada nella direzione di bere meno, ma vuole il meglio quando beve. Le nostre aziende hanno l’obiettivo di migliorare costantemente la qualità. Nel novanta per cento dei casi diamo l’esclusività e pretendiamo l’esclusività”. Sagna ha, fra le altre, l’esclusiva in Italia del mito Romanée Conti. “Sono stati loro a sceglierci nel 1993: hanno fatto una ricerca e sono venuti da noi a chiederci di
di Cognac. “Zio Ernesto - racconta Massimo Sagna, durante la festa per i novanta anni dell’azienda a Revigliasco, sulle colline che circondano Torino, nella sede aziendale immersa nel verde e nella quiete - arriva in Sagna alla fine degli anni Cinquanta. Aveva una visione lucida del mercato, era un precursore con l’abilità di intuire le tendenze e pensò ad importare vini. Scelse l’uomo giusto al suo fianco, Giusto Lusso, che collabora con noi da cinquanta anni come direttore. Una persona fidata, un amico che fa parte della famiglia, che ha sempre messo la società davanti ai propri interessi”. Massimo invece, dopo un anno in Francia alla maison Perrier-Jouët come operaio e da Mumm negli uffici, arriva in azienda alla fine degli anni Settanta. La missione aziendale era ed è chiara: realtà assolutamente indipendente, che intende rimanere tale per fornire le massime garanzie di qualità, serietà e continuità. Per riuscirci, in un mondo sempre più dominato dai colossi multinazionali, contro i quali è impossibile competere, seleziona e commercializza esclusivamente vini e distillati del massimo prestigio prodotti da aziende a sua immagine e somiglianza, familiari e indipendenti, capaci di continuare a garanti-
Jean-Baptiste Lécaillon e Massimo Sagna The Italian Wine Journal
Leonardo e Massimo Sagna
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Celebrazioni
distribuirli”. Nel portfolio hanno nomi di altissimo livello, di grande prestigio e di fama internazionale, d’altronde Sagna è una garanzia. Un’azienda che (almeno da quando è entrato in azienda Massimo Sagna e parliamo del 1979) non ha mai avuto bisogno di accedere al credito bancario, e già questo la dice lunga. Sei anni fa Massimo decide di cominciare ad aprire ai vini italiani, sempre con la stessa logica che ha contraddistinto il lavoro durante i loro primi novant’anni: qualità elevata, aziende familiari e indipendenti, con un’attenzione consapevole ai vitigni autoctoni, proprio per valorizzare la ricchezza e l’unicità del nostro patrimonio varietale, con una produzione non necessariamente di nicchia, ma a disponibilità limitata. Nel frattempo la festa impazza, perché per Massimo il vino è piacere. “Il vino non è filosofia, non è religione. E’ piacere. Il mondo del vino non è un museo - commenta con il consueto aplomb - va smitizzato e goduto senza esagerazione”. Massimo è contento che Leonardo sia al suo fianco e spera che presto si aggiunga anche l’altro figlio. “Il mondo è in continua evoluzione, sta accelerando sempre più e ci vogliono i giovani per non fossilizzarsi su idee giuste fino a ieri ma oggi non più. I giovani parlano la stessa lingua dei loro coetanei. Pensiamo ai cocktail:
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erano in auge negli anni Settanta con grandi barman in giacca e farfallino; ora ci sono dei giovani bartender, decisamente meno formali ma di grande professionalità. E anche in questo settore, abbiamo scelto prodotti solo di altissima qualità, necessariamente più costosi”. Non possiamo non esimerci dal domandare quali sono state le bottiglie più emozionanti che ricorda. “Un Grands Échézeaux Grand Cru di Romanée Conti del ’53, mio anno di nascita, bevuto tre anni fa nelle loro cantine di Vosne-Romanée; sempre tre anni fa sono rimasto stupito da un “Baron de L” di Baron de Ladoucette del ’73 e poi da una magnum di Cristal del 1970, bevuta cinque anni fa: sorprendente per pienezza e profondità”. Chiudiamo chiedendogli quali grandi personaggi del mondo del vino gli sono rimasti nel cuore. “Luigi Veronelli, perché ha aperto una strada nuova ed è stato il maestro di tutto un mondo. Christian Moueix, presidente degli Établissements-Pierre Moueix a Bordeaux, per la sua signorilità e competenza. Paolo Rapuzzi, fondatore dell’Azienda Agricola Ronchi di Cialla, per la sua schietta semplicità ed il suo immenso amore per la sua terra”. Eh sì, perché la storia del vino è fatta da Uomini, e tra questi, inconfutabilmente, ci sono anche i Sagna.
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Cina di Alessandra Piubello
La Cina, il vino e la via della seta The Italian Wine Journal
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Prima grande degustazione dei vini prodotti in Cina, il prossimo grande player del mondo del vino. La nostra inviata nel cuore della piĂš intrigante regione produttiva. E questi sono i dieci vini che dovremo imparare a conoscere
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Esamina dapprima le parole, medita tutto ciò che esse intendono, le norme fisse allora si palesano. Se tu però non sarai l’uomo giusto, a te il significato non si svela. (I Ching)
nanze e un’atmosfera vivace e animata. Ma noi ci eravamo sobbarcati un lungo viaggio per amore del vino. Durante il dormiveglia nella pancia della balena alata, sognavamo di carovane, di cammelli e di tesori nascosti, come spezie e soprattutto appunto, la seta, pagata dai Romani a peso d’oro. La via della seta. Infatti a Yinchuan (tappa nei secoli della Via della Seta) ci aspettava il concorso e il congresso “Asian Wine– The Silk Route”, la manifestazione organizzata dalla belga Vinopres e dalla Beijing International Wine&Spirit Exchange, insieme alla regione del Ningxia.
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osì ci divinò il libro dei mutamenti o I Ching, un testo di saggezza risalente al 200 a. C. prima della nostra partenza per Yinchuan (che significa fiume argenteo). In realtà Yinchuan, la capitale della regione Ningxia, autonoma da sessant’anni (i festeggiamenti erano in corso al nostro arrivo), si stende tra il fiume Giallo e le Montagne di Helan, che fungono da barriera naturale all’aria fredda e alle tempeste di sabbia provenienti dal deserto dei Gobi. Si erge a millecento metri di altitudine e un tempo era la capitale del potente regno buddhista dei Xia occidentali, fondato nell’XI secolo, mentre oggi è delle città più tranquille e piacevoli da visitare di tutta la Cina, con alcuni siti interessanti nelle vici-
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Ningxia, futuro faro della viticoltura cinese? Ningxia è una delle regioni vitivinicole più promettenti del “Celeste Impero” e tra le dieci più importanti. È situata a 900 chilometri ad ovest di Pechino (circa due ore d’aereo). Gli ettari vitati sono 38.000, le aziende vitivinicole attualmente sono 86 (ma 113 sono in costruzione), per un totale di 100.000 tonnellate di vino all’anno, 120 milioni
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Questo è il titolo su due righe
di bottiglie, per un valore complessivo di 20 bilioni di yuan. Il territorio Ningxia ha l’ambizione di diventare il faro della viticoltura cinese, puntando ad essere la Bordeaux d’Oriente. Bordeaux infatti è il modello seguito per la vinificazione e l’affinamento in barrique e tonneau provenienti dalla Francia; inoltre i produttori richiedono spesso aiuto a consulenti francesi. Non a caso il padre di Gao Yuan, oggi nota come Emma Gao, mandò la figlia in Francia a studiare enologia. Oggi Emma Gao, una delle poche enologhe ci-
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Cina nesi, direttrice di Silver Heights, è una celebrità. E i suoi vini, prodotti nella sua azienda a circa cinquanta chilometri da Yinchuan a milleduecento metri d’altitudine, sono diventati famosi nel mondo. È proprio la regione Ningxia ad aggiudicarsi nel 2011 la prima medaglia d’oro cinese del Decanter Wine Award: Jia Bei Lan 2009 dell’azienda vitivinicola Helan Quingxue. Ad oggi più di 500 vini del Ningxia hanno vinto in concorsi internazionali. La prima denominazione d’origine nata in Cina, nel 2013, “Helan Mountain” è appannaggio del Ningxia. La regione, ai piedi delle Helan Mountains, gode
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di ampia radiazione solare (circa tremila ore), di forte escursione termica (circa tredici gradi), di buon sistema di irrigazione ad integrare la piovosità contenuta (200 mm all’anno), e di circa 203 giorni senza gelo. Il gelo è un bel problema per le viti. I cinesi per farle sopravvivere si sono ingegnati: le interrano per proteggerle. La forma di allevamento standard è a Guyot a tronco corto (50 cm) e con un’inclinazione di massimo quarantacinque gradi per facilitarne l’interramento (almeno 80 cm) in autunno e poi vengono dissotterrate in primavera, aggiungendo suolo (dai venti ai 30 cm). I costi incidono per un 35% sulla produzione. Con questo sistema però le viti
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durante l’inverno, rende elevati i costi e difficile la realizzazione di impianti molto estesi. Da qui la necessità di sviluppare sistemi di potatura adatti all’interramento, di migliorare e proteggere la biodiversità dei suoli”. Yulin Fang, presidente del Collegio di Enologia della Nortwest A&F University, ha spiegato che la presenza di varietà da vino in Cina è stato un processo in continuo sviluppo e cambiamento. Attualmente le uve più diffuse nella regione sono cabernet sauvignon, cabernet franc, merlot, e poi in misura minore, pinot nero, syrah, marselan, chardonnay, riesling italico e poi percentuali più ridotte di gamay
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non durano più di quindici anni circa, ma è l’unico al momento (anche se i cinesi stanno lavorando per trovare delle varietà più resistenti) che consente loro di sopravvivere. Questa tecnica viene usata nelle regioni di Ningxia, Shandong e Hebei. Durante il convegno “Asian Wine– The Silk Route” di Yinchuan sono emerse varie voci, sia cinesi sia europee. Junxiang Zhang, ricercatore e vice presidente della Wine School della Ningxia University, ha evidenziato che “il basso contenuto di nutrienti nel suolo e gli strati di terreno sottili sono un ostacolo allo sviluppo del sistema radicale della vite mentre il clima freddo e secco che richiede di interrare la vite
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e semillon. Diffuso anche il dragon’s eye, un ibrido usato per gli sparkling e i vini bianchi. “Ogni regione del vino cinese – ha affermato – deve trovare la varietà più adatta, con un adeguato portainnesto, per garantire così le peculiarità del proprio specifico territorio”. Shiua Zhao, ricercatore del dipartimento di enologia di Ningxia e M.A. dell’Università di agricoltura cinese, mostra i chiaroscuri della situazione attuale: “La nostra storia nel mondo del vino non è assicurata da secoli di attività. Il mercato domestico sta aumentando sensibilmente e i consumatori sono sempre più esigenti. In Cina abbiamo una serie di azioni da realizzare. Dobbiamo fare studi approfonditi sui suoli più adatti per le varietà che abbiamo scelto e anche migliorarne la loro qualità. Vanno individuati i leader che guideranno le regioni vitivinicole. Dobbiamo stabilire uno standard qualitativo supervisionato e sicuro. Dobbiamo attivare un sistema di formazione per il consumatore cinese e attivare collaborazioni con altri Paesi”. Guardando ai consumi, è evidente come sia in atto un cambiamento interessante. Se sinora il vino rosso ha ampiamente dominato il mercato, la progressiva occidentalizzazione dei consumi sta aprendo spazi per il vino bianco: tradizionalmente i cinesi non amano le bevande fredde, ma nelle zone metropolitane e
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Cina pietanze dal sapore salato, dolce e speziato. Impensabile bere un unico vino a tutto pasto. Altra cosa importante: la cucina cinese è condivisione, tutti i piatti vengono serviti al centro del tavolo su un grande vassoio rotondo girevole (Yuanzhuo) che viene fatto ruotare avanti e indietro più volte a seconda delle esigenze dei commensali. Insomma se il segreto dell’abbinamento cibo-vino sta nell’equilibrio, dobbiamo dire che noi sommelier non abbiamo vita facile!”. Nel Ningxia un grande ruolo per lo sviluppo della viticoltura è stato svolto dai numerosi esperti francesi che hanno aperto la strada anche a numerosi investimenti di cantine europee. Alcune delle più note aziende sono: Domaine Chandon China, Pernod Ricard Yang International, Château ChangYu Moser XV, COFCO Great Wall Tianfu Winery (una delle più grandi con 1.500 ettari di vigneto) e anche realtà più piccole e prestigiose come Kanaan Winery, Helan Quingxue Winery, Silver Heights Winery, Jade Vineyard e molte altre.
tra le donne, il gusto più delicato e fruttato è sempre più all’ordine del giorno. Il professor Demei Li, dell’Università di Agricoltura di Pechino, è uno degli enologi più noti della Cina e uno dei più influenti e brillanti consulenti di tutta la nazione. “I suoli della regione Ningxia - spiega - sono alluvionali, sabbiosi e ciottolosi nella parte più prossima alle Helan Mountains; nelle zone più basse contengono argilla e in generale sono terreni dal pH alto, con alta salinità”. Molto interessante anche il punto di vista di Hang Li, presidente dell’Accademia Sommelier cinese. Dal punto di vista gastronomico, i diversi profili di sapore predominanti determinano preferenze diverse di stile di vino, e va detto che non esiste un palato unico in Cina: il Nord è più orientato verso gli alimenti salati, il Nord-Ovest verso piatti speziati, il Sud preferisce pietanze ancor più speziate mentre nel Sud-Est si mangia soprattutto dolce; le regioni costiere, ovviamente, prediligono i frutti di mare. “In Cina è molto difficile l’abbinamento cibo-vino. In uno stesso pasto - spiega Hang Li - uniamo
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Jiabeilan 2015 (80% Cabernet Sauvignon, 15% Merlot, 5% Cabernet Gernischt) Hean Qingxue Vineyard (Ningxia-Cina); Elegante, intenso, si sviluppa lineare con una modulazione di sapori in un’espansione ritmica, cadenzata dalla sicurezza di un’eleganza ben definita, fino al lungo finale.
La nostra top ten Va chiarito che i nomi dei produttori e dei vini degustati dalle commissioni durante gli assaggi del concorso non ci sono stati svelati, però abbiamo avuto l’opportunità di avere una sala dedicata per le degustazioni, con le etichette visibili (ovviamente durante il concorso tutto si è svolto alla cieca). Inoltre, è stato possibile visitare la Yinchuan Wine Expo, assaggiando vini e parlando con i produttori. L’organizzazione (a proposito, complimenti) ha anche provveduto a pianificare delle visite in alcune aziende, dove ci sono stati serviti i loro vini. In generale l’impressione è che i vini cinesi siano ancora alla ricerca di una loro identità. Al momento vedono Bordeaux come riferimento, cercano di realizzare quello stile. In generale, non è facile fare vino in Cina e molto hanno ancora da imparare, soprattutto nella gestione del vigneto. Sembrano più attenti a lavorare bene in cantina piuttosto che nelle vigne, però stanno capendo quanto invece sia importante trovare il suolo giusto per la varietà corrispondente. Caratteristica abbastanza comune è la leggerezza nei vini (tendenzialmente poco strutturati, però spesso soverchiati da un legno invasivo), poco alcolici, con tannini soffici e acidità moderata, anche se tendenzialmente sono un po’ erbacei.
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Pushang Marselan 2016 Yinchuan Pushang (Nin-
gxia-Cina)
Erbe aromatiche, liquerizia e note affumicate. Speziato anche all’assaggio, si allunga in un finale intenso.
Snow Pearl Ice Wine (100% Vidal) 2017 Jilin Wantong Winery (Jilin-Cina) Un calice carico di suggestioni. Profilo netto e di vibrante intensità, con tocchi speziati che avvolgono le note fruttate. Intrigante, ma senza perdere di vista definizione e chiarezza espressiva. Lan Cui 2012 (80% Cabernet Sauvignon, 20% Merlot) Lilan Winery (Ningxia-Cina) La cifra stilistica scorre nell’armoniosa eleganza, con una trama tannica equilibrata. Ritmo fresco, spicca per l’aggraziato contrappeso.
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Cina Bacchus (Cabernet Sauvignon 70%, Merlot 20%, Syrah 10%) 2016 (Ningxia-Cina) Bocca piacevole, distesa e non graffiante. Manifesterà i tratti più complessi e profondi del suo temperamento con il tempo. Niya 2015 (Cabernet Sauvignon 100%) Citic Guoan Wine Industry (Xinjiang-Cina) Lievi sensazioni vegetali, forza tannica non indifferente che fa emergere un’estrazione dal rovere. Il vino ha persistenza ma gli aspetti del rovere nascondono il frutto. Lux Regis L7 2014 (100% Cabernet Sauvignon) Leirenshou (Ningxia-Cina) Disegnato secondo un pensiero enologico ben studiato, sembra prediligere registri di compostezza e ascolto a quelli più immediati e seducenti. Tocco tannico ben registrato e invitante piacevolezza di beva. Pretty Pony 2014 (90% Cabernet Sauvignon 10% Merlot) Kanaan Winery (Ningxia-Cina) Naso molto complesso, ampio nei profumi di spezie e note mentolate. La bocca è strutturata, precisa nel tratto tannico, lunga e sapida in chiusura. Farsight (Cabernet Sauvignon 100%) 2011 Château Ningxia Saint Louis Ding (Ningxia-Cina) Lo sviluppo è leggiadro, soffuso ed elegante. Sorso aggraziato, delicato nel tocco con tannini minuti e morbidi. Aria Reserve 2015 (Cabernet Sauvignon 100%) Jade Vineyard (Ningxia-Cina) Teso ed equilibrato, ha una vigoria e una persistenza di tutto rispetto.
La Cina Nel 2018 la Cina ha degli atout fondamentali: la superficie vitata è la seconda al mondo (847.000 ettari), è il settimo produttore di vino al mondo, è il quinto Paese consumatore (17,3 milioni di ettolitri nel 2016) e quinto per volumi in ingresso (16,4 milioni di ettolitri nel 2016). Di questo passo la Cina diventerà nel 2021 il secondo Paese al mondo importatore di vino per valore. I consumatori di vino in Cina (50 milioni) sono giovani e per la maggior parte donne, che tendono a fare gli acquisti on line e a consumare vino tra le pareti domestiche, in compagnia di amici. Infatti in Cina il vino ha un forte valore sociale. Soprattutto il vino rosso, legato al colore rosso che per il “Celeste Impero” ha una forte valenza di prosperità e fortuna. Va specificato che l’alcolico di riferimento per la popolazione cinese è il baijiu, acquavite ottenuta dalla distillazione dei cereali, per lo più del sorgo. Il vino è stato promosso dalle élite proprio in funzione salutistica, cioè come un prodotto per uno stile di vita sano. L’occidentalizzazione dei consumi ha favorito l’importazione di vino dall’estero, facendolo diventare spesso simbolo di potere economico e di status sociale. Si è purtroppo creato il fenomeno della contraffazione, che ha raggiunto dimensioni importanti. Il Governo cinese ha promulgato una nuova legge che rafforzerà la protezione dei marchi: per i trasgressori sono previste pene pecuniarie da 50mila a 250mila yuan, sino al ritiro della licenza commerciale. E il vino italiano in Cina? In Cina si beve, ancora, soprattutto vino francese ma anche, e sempre più, vino italiano, che ha superato quello spagnolo, e vede il Belpaese salire in posizione n. 4 in valore tra i fornitori enoici stranieri del “Celeste Impero”, grazie ad una crescita delle etichette dello Stivale del 62,8% nel primo trimestre 2018.
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Le varietà in Cina Interessante rilevare che la filossera in Cina non è mai arrivata (molte vigne quindi non sono innestate). La principale e più antica varietà “autoctona” è il dragon’s eye, che fu utilizzato per produrre nel 1979 il primo vino bianco secco cinese, il Great Wall, dell’azienda Greatwall. Poi ci sono lo shuanghong, il beihong, il beimei, il beibinghong e il gongzhubai (i nomi, tradotti, sono molto fantasiosi, come mammella di mucca, cuore di gallo…). La Vitis amurensis è un vitigno molto resistente al freddo e riesce a sopravvivere anche a – 40° ed è diffuso soprattutto nello Jilin, nel nord. Le uve più diffuse comunque sono quelle tipiche dell’uvaggio bordolese (ma non c’è petit verdot): cabernet sauvignon, cabernet franc, merlot. L’enologo e consulente Demei Li, uno dei più noti specialisti di vino cinese, crede molto nel marselan (incrocio tra cabernet sauvignon e grenache), individuandolo come una varietà molto promettente per le regioni cinesi viticole in sviluppo. Diffuso è anche cabernet gernischt, un tempo considerato autoctono ma in realtà è stato scoperto essere del carmenère. Changuy, il più antico produttore di vino commerciale della Cina lo imbottigliò nel 1931 sotto il nome di Noble Dragon. In misura minore si trova anche chardonnay, riesling, pinot nero, syrah. Le principali regioni vinicole È giunto il momento di approfondire anche altre regioni vitivinicole della Cina. La maggior parte del vigneto è piantato nella metà nord del Paese, dato che la parte più a sud è meno favorevole alla vite, a causa di un clima caldo, secco e molto freddo d’inverno. Ricordiamo che il 40% del territorio cinese si trova a più di duemila metri d’altitudine. Va rammentato anche che in Cina vige il collettivismo e le vigne quindi sono proprietà collettive. I produttori di vino
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quindi hanno a che fare con gli agricoltori (che non è detto che vogliano collaborare) e sono usufruttuari delle loro vigne, mentre la nuda proprietà ritorna allo Stato. Le regioni vinicole cinesi sono localizzate principalmente in Ningxia, come abbiamo già visto, Shandong (la regione con le più alte vendite di vino in termini di volume e di valore), Hebei (la patria del primo vino bianco secco cinese e del primo vino rosso secco cinese) Tianjin, Bejing (dove la vinificazione risale a un centinaio di anni fa) Shanxi, Jilin, Gansu e Xinjiang. Alcune province meridionali come Guangxi, Yunnan, Sichuan, Guizhou e Jiangxi stanno progettando di sviluppare industrie vinicole.
metà della produzione cinese in termini di volume e di valore. Gli inverni molto rigidi costringono a sotterrare le vigne. Tianjin La regione si trova sulle rive del golfo di Bohai, confina con Hebei e Pechino. La tradizione vinicola è associata ad una varietà, il moscato di Amburgo. Da notare che qui nacque la prima joint venture cino-straniera, la Tianjin Dynasty Wine (con Rémy Martin) nel 1980, che segnò l’inizio della politica di apertura della Cina verso il mondo. Al suo apogeo nel 2010, Dynasty Fine Wines era diventata la seconda marca di vino più apprezzata in Cina, dopo la Great Wall. Attualmente la società è in declino, nel 2017 sono stati messi in vendita sia una parte dello stabilimento vinicolo sia lo Château.
Shandong A sud-est di Pechino e sulla costa del mare di Bohai, la regione produce la maggior parte del vino del Paese. Le vigne si concentrano attorno alla città di Penglai. Qui si trovano il Domaine Baron de Rothschild e Château Junding, che ingloba una cantina sotterranea di ottomila metri quadrati, la più grande dell’Asia. La regione gode di un clima moderato senza freddo eccessivo. Due delle più grandi aziende vitivinicole della Cina si trovano in Shandong: Changuy Pioneers e Great Wall, società controllata dallo stato cinese attraverso la società COFCO, che in realtà possiede diverse realtà vinicole in altre regioni, ma meno estese: Sungod a Hebei, Yunmo in Nigxia, Great Wall Terroir a Shandong e altre.
Bejing La storia vinicola di Pechino nasce più di un secolo fa. Le vigne si trovano a sud ovest della città. La penuria di terra sta riducendo le superfici vitate. La regione di Pechino è conosciuta per il suo vigneto storico Lung Yen, i cui vini furono molto apprezzati dagli imperatori Ming. A Fonghang, uno dei cinque quartieri dell’immensa megalopoli, è nato nel 1999 il primo produttore di vino biologico, Château Bolongbao (che beneficia dal 2005 di una tripla certificazione bio: cinese, europea e americana). Shanxi La regione (conosciuta per le sue miniere di carbone) è situata ad ovest della montagna Taihang (nord ovest della Cina). Le vigne sono piantate ad un’altitudine compresa tra i 900 e 1.300 metri in terreni ricchi di loess. Siamo in una zona fredda (190 giorni di gelo all’anno, pertanto le vigne vengono
Hebei Al di sotto dello Shandong, Hebei beneficia del suo dinamismo. Questa provincia ha due primati: quello del primo bianco secco e quello del primo vino rosso della Cina. Da notare che i vini delle regioni Shandong e Hebei rappresentano più della
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Cina interrate) e secca con una pluviometria tra i 400 e i 600 millimetri. Inoltre è spazzata da tempeste di sabbia, soprattutto in primavera. È la quarta regione viticola cinese. Shanxi è conosciuta per ospitare Grace Vineyard, quaranta chilometri a sud della capitale Taiyan. L’azienda vitivinicola fondata nel 1997, è oggi una delle principali, arrivando a 670 ettari di vigne, di cui 400 a Ningxia (curiosità: fra le varietà impiantate c’è anche aglianico, sangiovese, nebbiolo, oltre a marselan, tempranillo, sauvignon, pinot nero). Un’altra realtà importante è Château Rongzi, fondata nel 2007 da Zhang Wenquan, un produttore di carbone divenuto produttore di vino, arrivando ad avere ad oggi 400 ettari vitati. Suo consulente è Jean-Claude Berrouet (Pétrus vi dice nulla? Era il suo enologo fino alla pensione). Xinjiang La regione, pur avendo più del 15% della superficie vitivinicola cinese, è una delle più difficili da raggiungere della Cina, un handicap per una produzione di vino consistente. Ci si arriva attraversa la gola di Xingxing ed è divisa internamente da una catena di montagne conosciute sotto il nome di Tengri Tagh o Montagna Celeste. Il clima è desertico (escludendo la Valle dell’Ili) con delle temperature che vanno da 40° a -25° in inverno. Ci sono quattro grandi settori vitivinicoli: il versante nord dei monti Tian Shan (vigne piantate tra i 450 e i mille metri), la valle del
Belt&Road Wine Competition Al concorso Belt&Road Wine Competition hanno partecipato sei MW e quarantaquattro esperti provenienti da tutto il mondo che hanno degustato vini provenienti da centocinquanta cantine di dodici paesi, assegnando diciotto Grand Gold, sessanta Gold e trentasette Silver. Tra le Grand Gold ci sono alcune delle più prestigiose cantine del Ningxia. Ecco l’elenco delle Grand Gold Medal: Lukasi Saperavi 2015 Lukasi winery (Georgia); Snow Pearl Ice Wine 2017 Jilin Wantong Winery (Jilin-Cina); Kakhti’s Four Leaves 2016 Beijing Charming Grand International Trading Co. (Georgia); HuaiGu Five Star Marselan 2016 Zhangjiakou Huaigu Wine Production (Hebei-Cina); Jiabeilan Collection 2014 Helanqing Snow Winery (Ningxia-Cina); Yuanrun Marselan 2015 Yuanrun Winery (Ningxia-Cina);
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fiume Ili (nella quale, grazie alla presenza dell’acqua e del clima fresco e caldo, sono state piantate vigne dal 2010), il bacino Yanqui (protetto dalle montagne, viene risparmiato dal vento violento che caratterizza questa regione dei Gobi; un lago d’acqua dolce gioca un ruolo importante per la viticoltura, però il freddo inverno costringe al sotterramento delle vigne); Turpan (o Turfan), un’oasi dove la vigna è ovunque, con la prima casa vitivinicola fondata nel 1983 e la più importante area vitivinicola della regione. Jilin Ecco la regione vitivinicola più fredda al mondo. Le temperature in inverno scendono a -40°. Questo è il regno della varietà autoctona vamurensis (Vitis amurensis) che riesce a non morire per il gelo. Le uve, piccole, povere in zuccheri, sono molto acide e tanniche. Gansu Di qui passava la via della seta, attraverso il corridoio di Hexi. Le vigne sono sparpagliate un po’ ovunque, alla stessa latitudine della Napa Valley e di Bordeaux. I vigneti sono in bio, una delle superfici più grandi al mondo in biologico, grazie anche alla bassa pluviometria e ai suoli sabbiosi. Tuttavia la produzione di vino biologico sia qui sia in tutta la Cina è estremamente marginale (20 produttori sui 600 totali di tutta la nazione). Shahu impression Cabernet Sauvignon 2016 Diamond Winery (Ningxia-Cina); Jiadi Wind Whistle 2016 Jiadi Winery (Ningxia-Cina); LongShang Cabernet Franc 2015 Yintai Shengtai (Ningxia-Cina); Handpick Cellar Reserve 2016 YSY wine production (Xinjiang-Cina); Pushang Marselan 2016 Yinchuan Pushang (Ningxia-Cina); Moon Valley Oak barreled collection 2014 Senmiaolanyuegu Winery (Ningxia-Cina); Ming Lu Dry White Wine 2017 Yinchuan Minglu Winery (Ningxia-Cina); Moutai Marselan Dry Red Wine 2017 Maotai Luli Winery (Hebei-Cina); Kaifu Cellar Reserve Cabernet Sauvignon 2013 Xixiakaifu Winery (Ningxia-Cina); Gaya Lake Side Reserve 2012 Fangxiang Winery (Xinjiang-Cina); Helan Mountain Peak Cabernet Sauvignon 2013 Pernod Ricard (Ningxia-Cina); Holan God Collector’s Edition Organic Cabernet 2014 Holan Soul International Wineries (Ningxia-Cina).
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Grace Vineyard a Challenge Euposia con il millesimo 2009 di Angelina Brut Reserve
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legante profumo di piccoli frutti di bosco, spiccata acidità ben bilanciata da un perfetto sviluppo del grado zuccherino, residuo meno di 1.4 gr litro, 36 mesi minimo di affinamento sur lie, note di biscotto, melata e santoreggia, aroma minerale, pietra focaia e talco. Al palato fresco con spiccate texture citrine, dove domina l’orchidea e il lievito. Una complessa articolata gamma di sapori che fanno di questo Angelina (dal nome della figlia più piccola di Judy) brut reserve 2009 un inaspettato intrigante assaggio. Alcool 12.30, ph 3,26 acidità 8,21 ne fanno un vino tecnicamente perfetto, lieve affinamento in barriques per tre mesi prima dell’immissione in commercio.
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Château Grace Vineyard, fondata da ChunKeung Chan, nato a Medan in Indonesia nel 1951, il 28 Agosto 1997, è la prima winery made in China che è approdata per la prima volta ad una degustazione cieca in Europa con i suoi vini . Il signor C. K. Chan è stato un uomo d’affari e un investitore di successo nella Cina continentale negli ultimi decenni. Come appassionato di vino, ha sempre riflettuto sul motivo per cui la Cina, il suo paese d’origine, non era in grado di produrre vini di alta qualità come in altri paesi. Chan passò la leadership della cantina alla figlia Judy Chan quando aveva solo 24 anni . Oggi è un’etichetta e uno château portati alla fama mondiale da uno dei più famosi enologi del mondo, guarda caso di Saint-Émilion, il cuore degli
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Cina
Le potenzialità del Dragone non solo come consumatore ma anche come produttore di qualità.
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storici châteaux di Francia, Gerard Colin, già direttore della Edmond & Benjamin de Rotschild Wine Co. Colin ha dato le ali al progetto da 10 milioni di dollari per costruire il regno enologico che Chan aveva immaginato in una collina esposta a pieno sud, su un suolo minerale complesso. La regione di Penglai si è sviluppata molto, è certamente una delle più belle realizzazioni di vigneti in Cina, la Nava Valley, come è stata ribattezzata. Judy Chan, Presidente di Grace Vineyard, si è laureata all’Università del Michigan con una doppia laurea in Psicologia e Studi sulle donne e Studi organizzativi. Nel 2002, Judy si è dimessa dal suo lavoro presso una banca di investimenti e ha rilevato la sua azienda di famiglia. Con la sua determinazione, visione e prospettiva globale, supervisiona l’intero processo di vinificazione, dalla viticoltura, vinificazione e imbottigliamento, vendite e marketing, alla pianificazione strategica di Grace Vineyard. Sotto la guida di Judy, la cantina ha ottenuto riconoscimenti internazionali, tra cui Jancis Robinson e James Halliday, oltre a Wine Spectator, Decanter e altre riviste di vini. L’azienda ha ampliato il suo mercato oltre Hong Kong e Cina, Giappone, Singapore, Gran Bretagna, Belgio e Paesi Bassi. Nel 2012 è stata anche Asian Wine Personality of the Year per l’Institute of Masters of Wine, oggi
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spiega che all’inizio l’intento era di copiare il modello Bordeaux, oggi invece si sperimenta di più e meglio, pensando alla qualità e lasciando ad altri l’ossessione della quantità. Dopo sei anni di lavoro, Grace Vineyard ha finalmente messo in commercio “Angelina”, la sua prima linea di vini spumanti. Si tratta di quattro cuvée, tutte a metodo tradizionale; tre di queste sono monovitigno e non-vintage (Chardonnay, Cabernet Franc e Chenin Blanc) mentre la quarta è un Brut Riserva Blanc de Blancs 2009. Judy Chan ha dichiarato a The Drinks Business, di essersi innamorato degli spumanti dieci anni fa (I became obsessed with all kinds of bubbles…”) e di avere da allora coltivato l’idea di produrne. Dal 2009 in poi quindi, presso la cantina di Grace Vineyard, sono state fatte diverse prove e “dopo molti tentativi ed errori, il sogno si è avverato” (già nel giugno del 2014, Grace Vineyard aveva imbottigliato tremila bottiglie di spumante, non destinate alla commercializzazione, prodotte con uve della vendemmia 2009). I quattro spumanti “Angelina” sono già in vendita in Cina sull’Angelina WeChat online store, negozio elettronico presente appunto sull’applicazione di messaggistica e social WeChat (una delle più diffuse e utilizzate in Cina), oltre che in altri due negozi elettronici presenti sui portali cinesi Business to Consumer TMall e JD.com. di Carlo Rossi
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Franciacorta di Daniela Scaccabarozzi
Franciacorta, il futuro è bio Entro i prossimi cinque anni il 90% dei vigneti della DOCG lombarda sarà certificato. Una scelta strategica che si percepisce già adesso nel bicchiere. Ecco quelli che ci hanno convinto di più
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a Franciacorta torna a fa parlare di sé. Dopo aver raggiunto livelli qualitativi che l’hanno portata ad essere considerata la miglior zona spumantistica d’Italia, punta adesso al bio e si prefigge di diventare il distretto del vino biologico più esteso d’Europa. Obiettivo ambizioso ma raggiungibile, dato che il cammino è già stato intrapreso da tempo e gli ettari vitati di Franciacorta DOCG, che sono attualmente 2902, raggiungono ormai il 65% a conduzione biologica (tra già certificati ed in conversione), mentre l’intento è di arrivare al 90% in poco più di cinque anni. Scelte lungimiranti dal punto di vista ambientale,
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che sono un valore aggiunto enorme per i prodotti franciacortini ed il turismo. Per il territorio, perché la maggior parte dei vigneti si trova all’interno dei contesti urbani e gli abitanti recriminano gli interventi nocivi che vengono fatti nelle vigne che si trovano proprio vicine alle loro abitazioni, per la bellezza paesaggistica che vuole promuoversi e sviluppare le sue potenzialità turistiche, soprattutto a livello enogastronomico ed infine per il prodotto in sé dato che è sempre più importante ormai bere un vino che sia il più genuino possibile. Per questo motivo sempre più aziende si sono convertite al bio, perché hanno capito che è fondamentale tutelare e salvaguardare l’ambiente, per la-
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Franciacorta stanze minerali che si trovano nel terreno. I trattamenti invece consentiti dal biologico contro i parassiti sono esclusivamente zolfo e rame (in determinate quantità), mentre contro gli insetti nocivi si utilizzano solo derivati naturali da piante o batteri. Chi vuole, pratica poi dei sovesci, ovvero interra delle piante (es. leguminose) che, crescendo, forniscono delle sostanze organiche al terreno, con lo scopo di renderlo più fertile. E’ prevista anche una riduzione della quantità di solfiti secondo la normativa vigente, la quale non deve superare i 150 mg/l nel caso dei Franciacorta. In parole povere, i vini biologici sono il frutto di una filosofia agricola e produttiva che privilegia il rapporto con il territorio e la natura ed in generale, con la genuinità dei cibi che consumiamo. Precisiamo inoltre che il sistema di produzione con metodo biologico prevede un periodo di conversione di tre anni prima della certificazione, durante il quale si dice quindi che il vigneto è “in conversione biologica”. L’espandersi della viticoltura bio è stato anche aiutato dalla Commissione Europea che nel 2012 ha approvato le nuova normativa che consente, fra l’altro, di applicare l’etichetta di “vino biologico” (af-
sciare alle future generazioni un territorio con una maggiore fertilità e non sfruttato, come invece sarebbe seguendo una viticoltura convenzionale. Rispondendo a precise normative, il vino biologico si presenta ai consumatori con un marchio di qualità universalmente riconoscibile, ottenuto attraverso l’abbattimento delle sostanze chimiche e dei solfiti, nonché l’adozione di tecniche di coltura biologiche che prevengano gli attacchi parassitari in maniera naturale. Si tratta di un percorso impegnativo, fatto di sfide ed impegno, per il quale è imprescindibile ed indispensabile una maggiore preparazione tecnica degli operatori che. quasi quotidianamente, escono in vigna per vedere cosa succede ed intervenire di conseguenza. Ma cosa vuol dire esattamente fare bio? Significa incoraggiare la biodiversità, facendo crescere la vite in un suolo ricco di vita, sviluppando maggiore resistenza alle malattie. L’erba che spesso viene lasciata crescere tra i filari (o a file alterne) ospita diverse specie di insetti che si controllano a vicenda lasciando meno spazio al prevalere dei parassiti. Con l’ausilio di batteri benefici la pianta può alimentarsi al meglio ed in maniera naturale delle so-
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Franciacorta
fiancata dal logo europeo) alle bottiglie ottenute da uve bio. La stessa Ue spinge le imprese agricole verso il bio e le incentiva tramite degli aiuti economici. Inoltre il risultato reddituale delle aziende che adottano questa pratica è superiore a quello registrato per le aziende convenzionali, grazie al contenimento dei costi correnti, anche se vi sono delle spese maggiori per quanto riguarda invece gli oneri pluriennali e di manodopera. Il consumo di vino biologico sta gradualmente crescendo sia in Italia sia all’estero, confermando un trend in atto ormai da diversi anni, ma rimane ancora un mercato di nicchia per il nostro Paese, a differenza invece dell’estero dove non è considerato tale.
Ronco Calino: Franciacorta Brut 2010: Uve: Chardonnay 60% - Pinot Nero 40% Affinamento: 50 mesi sui lieviti Colore: giallo paglierino brillante Naso: ampio e variegato bouquet dove predominano sentori mielati, seguiti da frutta bianca, biancospino, crosta di pane e lievito, per terminare con una leggera tostatura di nocciola. Bocca: armonico, è ben bilanciato, cremoso, fresco e sapido. Buona persistenza. Villa Franciacorta Franciacorta Brut Cuvette per Expo Limited Edition 2007 Uve: Chardonnay 85% - Pinot Nero 15% Affinamento: 77/81 mesi sui lieviti Colore: giallo paglierino con riflessi dorati Naso: interessante, esordisce con gradevoli cenni di vaniglia, agrume candito e fiori di campo, quindi mela, pesca gialla, ananas e parmigiano. Bocca: morbido, con una acidità matura ed una lunga persistenza sapida, che sfuma con una leggera speziatura di pepe bianco.
Produttori con vigneti in conversione biologica: Ferghettina: Franciacorta Brut Milledì 2014: Uve: Chardonnay 100% Affinamento: 40 mesi sui lieviti Colore: giallo paglierino con riflessi verdognoli Naso: complesso con fiori e frutta bianca, delicate note mielate ed agrumi in evidenza. Completano il corredo olfattivo ricordi di crosta di pane e mandorle tostate. Bocca: molto piacevole. E’fresco, sapido, vivace, con una bella mineralità ed una esuberante effervescenza al palato. Lungo.
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Ravarini Franciacorta Dosage Zero 2008 Affinamento: 101 mesi sui lieviti Uve: Chardonnay 100% Colore: giallo paglierino brillante Naso: evoluto, con intensi sentori agrumati, panificazione e miele d’acacia. Prosegue poi con fieno essicato, erbe aroma-
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tiche, pera, mela e fiori bianchi. Bocca: di struttura, è morbido, molto fresco e sapido. Le fittissime bollicine donano al palato una cremosità ed effervescenza non comuni che terminano con una nota boisée.
picale, gli agrumi canditi, la pasticceria secca ed il miele. Bocca: di carattere, che rivela una notevole spinta sapida ed una giusta acidità. Finale persistente su leggera scia caramellata.
Uberti Franciacorta Extra Brut Quinque Affinamento: 60 mesi sui lieviti Uve: Chardonnay 100% Colore: giallo dorato luminoso Naso: importante, sfoggia un ventaglio olfattivo voluttuoso ed intrigante dato da frutta esotica matura, cedro, nocciola tostata, miele, fieno essicato, fiori bianchi, crosta di pane, lieviti e note caramellate. Bocca: sorso ricco e rotondo, è equilibrato e con una bella sapidità. Notevolissimo l’allungo con chiusura leggermente speziata.
Guido Berlucchi Franciacorta Nature ‘61 2011 Affinamento: 60 mesi sui lieviti Uve: Chardonnay 70% - Pinot Nero 30% Colore: giallo paglierino con riflessi dorati Naso: fine, dalla spiccata mineralità unita a sentori di biancospino, frutta gialla, pompelmo e crosta di pane. Bocca: cremoso ed energico, con freschezza e sapidità in perfetta sinergia. Buona corrispondenza e lunghezza.
Mirabella Franciacorta Extra
brut
Elite –
senza solfiti
aggiunti
Affinamento: 48 mesi sui lieviti Uve: Chardonnay 100% Colore: giallo paglierino con riflessi dorati Naso: invitante, con nitidi riconoscimenti di lieviti, che anticipano le erbe aromatiche, la frutta tro-
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La Montina Franciacorta Riserva Baiana 2008 Pas Dosé Affinamento: 70 mesi sui lieviti Uve: Chardonnay 55% - Pinot Nero 45% Colore: giallo paglierino con riflessi dorati Naso: maturo, dominato da frutta tropicale e frutta gialla, agrumi. Seguono ricordi di talco, fieno essicato, fiori di campo e pasticceria. Bocca: avvolgente, con un perfetta proporzione tra sapidità e freschezza, regala nel lungo finale echi agrumati e vanigliati insieme. Castello Bonomi Franciacorta Extra Brut Cuvée Lucrezia Etichetta nera 2006 Affinamento: 120 mesi sui lieviti Uve: Chardonnay 70% - Pinot Nero 30% Colore: giallo paglierino intenso Naso: ricco, si manifesta in un tripudio di dolce frutta matura (pesca gialla, ananas, frutto della pas-
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sione, susina), seguito da un sottofondo di miele e vaniglia. Bocca: suadente e molto bilanciato tra sapidità e freschezza. Di piacevolissima beva. Ca’ del Bosco Franciacorta Dosage Zero Cuvée Annamaria Clementi Riserva 2009 Affinamento: 108 mesi Uve: Chardonnay 55% - Pinot bianco 25% - Pinot nero 20% Colore: giallo paglierino scintillante Naso: molto composito, profuma di erbe aromatiche e di bosco, fiori bianchi, pepe bianco, fino ad arrivare alle note più fruttate di cedro ed ananas. Bocca: ottima la sinergia tra freschezza, sapidità ed effervescenza cremosa.
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Bellavista Franciacorta Extra Brut Vendemmia Pas Operé 2012 Affinamento: 60 mesi sui lieviti Uve: Chardonnay 67% - Pinot nero 33% Colore: giallo paglierino con riflessi dorati Naso: Generoso, richiama vivi riconoscimenti di fiori di campo, lieviti, fiori bianchi, agrumi e genziana, con gradevole finale mentolato e leggermente balsamico. Bocca: dalla freschezza tesa, offre una stuzzicante sapidità. Notevole lunghezza che sfuma su ritorni di cedro candito e zenzero. Produttori con vini certificati biologici: Barone Pizzini: Franciacorta Brut Nature 2014: Uve: Chardonnay 60% Pinot Nero 40% Affinamento: 30/40 mesi sui lieviti Colore: Giallo paglierino con riflessi verdognoli Naso: austero con profumi agrumati, frutta bianca sulla quale predomina la pera ed una leggera tostatura unita ad una nuance mielata. Bocca: abbastanza sapido con bella spalla di acidità. Discreta persistenza.
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ed agrumi. Prosegue con fiori bianchi, fiori di campo, crosta di pane e lieviti. Bocca: spiccatamente fresco, nonostante la morbidezza. Lungo finale sapido con chiusura agrumata e mielata insieme. Clarabella Franciacorta Brut Saten Affinamento: 24/30 mesi sui leviti Uve: Chardonnay 100% Colore: giallo paglierino vivace Naso: si svela con fresche fragranze di agrumi, miele, una punta di vaniglia, fiori bianchi e di campo, raggiunte da profumi di pera e mela, lieviti e note minerali. Bocca: freschezza in primis e poi sapidità in risalto, senza essere invadenti. Persistenza gradevole su delicata traccia vanigliata nel finale.
Corte Bianca Franciacorta Brut Satèn 2013 Uve:. Chardonnay 100% Affinamento: 36 mesi sui lieviti Colore: gallo paglierino con lievi nuances verdoline Naso: incipit ricco di miele d’acacia, poi ananas
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Franciacorta
Mosnel Franciacorta Rosé Pas Dosé 2013: Uve: Pinot Nero 70% - Chardonnay 30% Affinamento: 36 mesi sui lieviti Colore: rosato buccia di cipolla Naso: di rara finezza, sprigiona ricordi tropicali di ananas e mango, pesca gialla ed una leggera nota di fragoline di bosco e ribes rosso, accompagnati da una sensazione minerale. Bocca: molto equilibrato, chiude con una leggera tostatura. Lunga persistenza dal finale elegante.
Piemonte di Daniela Scaccabarozzi
Alla scoperta del Gavi Un vitigno salvato da Mario Soldati, un panorama unico fatto di colline, saliscendi spezzagambe che videro protagonista Fausto Coppi, una DOCG che vuole rilanciare un territorio contrassegnato da tante, piccole cantine di qualità
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n microcosmo, un fazzoletto di terra piemontese, posto sul confine di Lombardia e Piemonte, con un antico paesaggio collinare che si erge dal mare, montagne e corsi d’acqua. In questo scenario di grande bellezza, sulle orme di Fausto Coppi che su queste salite, a volte dolci ed a volte ripide, si è più volte cimentato, troviamo strade poco frequentate che si snodano tra i vigneti ed è tutto un susseguirsi di cantine vinicole, vigne a perdita d’occhio, boschi e laghetti. Siamo nel comprensorio del Gavi, salvatosi miracolosamente dalla cementizzazione, in cui si fondono natura e storia, tradizione ed enogastronomia. Vitigno autoctono, ottenuto da sole uve cor-
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tese e coltivato in queste zone fin dal XVII secolo, quest’anno il Gavi festeggia il ventesimo anniversario della DOCG, con l’intento di rilanciare il territorio e di far meglio conoscere questo prodotto ancora poco consumato nel Bel Paese. Coltivato su colline ben esposte, tra i 180 ed i 500 metri, negli 11 Comuni della DOCG su terreni marnosi, calcarei ed argillosi, che gli apportano particolare vigore, eleganza e complessità, questo vino gode anche di un particolare clima moderatamente continentale, con primavere ed autunni piovosi, inverni freddi e nevosi ed estati calde ma ventilate, grazie alla brezza marina che soffia dal vicino Mar Ligure, che dista solo 35/40 km circa. Gavi per la sua posizione centrale e strategica per
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sivo alla vendemmia. Effettivamente il grande bianco piemontese possiede una sua naturale longevità ed un grande potenziale di evoluzione, che gli conferiscono col tempo sfumature minerali, finezza, ricchezza di gusto e complessità, pur mantenendo la sua tipica freschezza ed acidità. Molti dei vini che vi segnaliamo vanno già in questa direzione e siamo certi quindi che questa sarà sempre più la tendenza futura. Schede vino:
La Mesma Tre sorelle gestiscono con passione questa cantina dal 2001 da quando, per sfida, iniziarono con due ettari per arrivare agli attuali venticinque, tutti coltivati a cortese, tra Monterotondo e Tassarolo. La qualità e l’impegno sono cresciuti negli anni, fino ad arrivare alla certificazione biologica dell’intera cantina nel 2017 Gavi Spumante Brut 2011 Metodo Classico Colore: Giallo paglierino con riflessi dorati e dal fine perlage Naso: complesso e fresco, sprigiona subito una bella mineralità seguita da note agrumate di pompelmo, frutta e fiori bianchi, miele. Bocca: croccante, morbido, moderatamente sapido con una bella spalla acida. Sorso nobile, di gradevolissima beva e lunga persistenza. Affinamento: 60 mesi sui lieviti Certificato Biologico. Voto: 94/100 La Raia Quarantadue ettari di vigneti coltivati secondo il metodo biodinamico, con certificazione Demeter dal 2007. Grande attenzione per i terreni e per l’ambiente, che valorizza le diversità e preserva il territorio, hanno permesso di ottenere nel tempo dei grandi risultati qualitativi. Questa azienda agricola possiede vigne che hanno da 10 a 70 anni ed è
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secoli fu infatti al centro dell’unica via che da Genova raggiungeva il nord Italia ed è sempre stata considerata la capitale della valle. Per questo i nobili genovesi vi costruirono fortezze e mulini, filande e segherie, oltre a bellissime residenze dove poter soggiornare durante il periodo estivo e quello della caccia. Oggi queste antiche dimore sono spesso sede di cantine dedite proprio alla produzione di questo vino, ritenuto il grande bianco piemontese. Risale infatti al 972 la prima testimonianza sulla viticoltura a Gavi. . Il documento di vendita di terreni vitati è conservato oggi nell’Archivio di Stato di Genova ed attesta la presenza della vite in questo angolo di Piemonte sin dall’antichità. Nato per i nobili e per i prelati, il cortese conobbe in epoche successive un lento declino, anche a causa del fatto che a quel tempo si ossidava facilmente. Non appena la Martini & Rossi e la Cinzano cominciarono però ad interessarsi a questo vitigno per utilizzarlo come base spumantistica, i produttori furono ben felici di vendere il loro vino, in modo da ottenere dei guadagni sicuri. Il cortese era quindi destinato a scomparire, ma fu negli anni 50 che tornò in auge grazie a Mario Soldati che fu capace di creare un vino bianco moderno, fresco e beverino. Per il cortese fu la salvezza e per il Gavi l’inizio del prestigio di cui ancora oggi beneficia. Attualmente viene coltivato su 1.500 ettari di vigneto, con una produzione annua intorno ai 13 milioni di bottiglie ed è commercializzato in cinque diverse tipologie: fermo, frizzante, spumante, riserva e riserva spumante metodo classico. Negli ultimi 15 anni la DOCG Gavi ha avuto un costante incremento di circa il 40% di superficie vitata ed il 47% di bottiglie prodotte, grazie soprattutto all’apprezzamento dei mercati internazionali. L’export costituisce infatti l’85% delle vendite ed i Paesi di destinazione sono oltre settanta, di cui i principali sono Inghilterra, USA, Russia, Giappone, Cina e Germania. Le aziende coinvolte sono 440 tra produttori, vinificatori ed imbottigliatori, mentre i soli produttori sono un’ottantina circa. Negli ultimi tempi questi ultimi stanno cercando di promuovere il Gavi “da invecchiamento” e non solo come vino da consumarsi entro l’anno succes-
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proprio da quelle più antiche che nasce questo loro Gavi Pisé. Gavi Pisé 2015 Colore: giallo paglierino brillante Naso: ricco, si apre con ricordi di fiori bianchi, agrumi e pera per poi virare su sfumature mielate e leggermente salmastre. Bocca: seducente, è pieno, avvolgente, caldo, con una accentuata sapidità. Discreta acidità su un finale persistente ed ammandorlato. Certificato Biologico e Biodinamico. Voto: 96/100 Tenuta San Pietro “Rinata” nel 2002, la tenuta si trova a Tassarolo, sul sito di un antico convento benedettino e segue metodi di coltivazione biodinamica dal 2008. Le vigne si trovano a 300 mt e godono di un’ottima esposizione solare. Questo Gavi “Il Mandorlo” proviene da un vigneto tra i più storici, che si estende su una collina dominata da un mandorlo centenario. Gavi Il Mandorlo 2016 Colore: giallo paglierino con nuances dorate Naso: espressivo, con sentori di frutta gialla matura uniti a pompelmo e limone. Si chiude poi con fiori bianchi ed uno sbuffo iodato. Bocca: ricco di sapore e supportato da una bella sapidità, propone in chiusura note di agrumi e mandorla fresca. Lungo ed elegante. Certificato Biologico e Biodinamico. Voto: 93/100
to con undici ettari, è stata una delle prime in zona a creare una propria linea di imbottigliamento. Gavi di Gavi Etichetta blu 2017 Colore: giallo paglierino scarico Naso: fresco con nuances agrumate, mela, pera, fiori bianchi, salvia e leggera tostatura di nocciola. Bocca: Diretto e scorrevole con finale sapido e minerale. Buona rispondenza gusto-olfattiva. Voto: 82/100 La Chiara Giunta alla terza generazione, con ventotto ettari nel cuore del Gavi, questa azienda produce 200.000 bottiglie l’anno con una gamma di vini estremamente diversificata e con una vocazione a livello internazionale. Gavi del Comune di Gavi 2017 Colore: giallo paglierino con riflessi dorati Naso: molto tipico, fresco, fragrante, esplode con profumi soprattutto agrumati, per poi aggiungere sensazioni saline, erbe aromatiche e fiori bianchi. Bocca: fresco anche al palato, piacevolmente sapido, di delicata morbidezza ed acidità. Equilibrato e di facile beva. Voto: 87/100
Podere Merlina Piccola e storica realtà vitivinicola a conduzione famigliare in quel di Rovere-
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Il Poggio Da un’antica cascina ed i suoi boschi nasce questa cantina abbarbicata sul colle più alto del territorio del Gavi, circondata da boschi, da cui prende il nome. Nel 1976 comincia a produrre una piccola quantità di vini con tre ettari di vigneto. Nel 2003, sulla stessa superficie, la figlia ed attuale titolare rilancia l’azienda, con una qualità sempre crescente. Gavi del Comune di Gavi Rovereto Eichetta nera 2017
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Colore: giallo paglierino vivace Naso: intenso di frutta tropicale e bianca insieme accompagnati da una lieve nota vanigliata, agrumi di bergamotto, erbe aromatiche e sbuffi iodati. Mineralità profonda di pietra focaia ed idrocarburi. Bocca: ben bilanciato, è avvolgente eppure fresco, con finale sapido e di buona durata. Voto: 91/100 Villa Sparina Tenuta storica in Gavi con settanta ettari di vigne ed una produzione di 600.000 bottiglie, improntata sulla vinificazione di vini da invecchiamento, di cui il cru Monterotondo, sempre e solo millesimato, ne è l’emblema. Gavi del Comune di Gavi Monterotondo 2015 Colore: giallo dorato Naso: ampio, si esprime con presenze di frutta tropicale e gialla mature, agrumi, erbe di montagna, seguite da pietra focaia, fiori bianchi e di campo, miele e zenzero. Bocca: vellutato, con una spina dorsale sapida e fresca insieme, minerale. Lunghissimo finale con rimandi di fieno e camomilla ed una scia di zafferano. Molto equilibrato. Voto: 97/100 Broglia Sessantacinque ettari di vigneto e 650.000 bottiglie per la più grande cantina del territorio, che produce vino dal 1972 sempre interpretando il Gavi nella sua classicità, senza inseguire le mode, ma con un occhio sempre attento alla qualità. Il Bruno Broglia nasce da vigneti che risalgono al 1955 ed è uno dei loro vini di riferimento. Gavi del Comune di Gavi Bruno Broglia 2016 Colore: Giallo paglierino carico Naso: raffinato e minerale, richiama un ricco e dolce ventaglio fruttato di pesca gialla, pera, per sviluppare poi evidenze olfattive di fiori di campo, fieno,
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garofano bianco e mughetto. Bocca: è morbido, fresco e caldo, con una spiccata spinta acida nel lungo finale. Voto: 94/100 La Giustiniana Una grande storia ed una provata vocazione enoica fanno da sfondo a questa antica azienda che ha sede in una splendida villa rinascimentale del XVII secolo (raffigurata anche sulle loro nuove etichette) posta a Rovereto e che possiede vigneti con un’esposizione a mezzogiorno tra i 300 ed i 500 mt Gavi del Comune di Gavi Montessora 2017 Colore: Giallo paglierino Naso: ricercato, con un bouquet espressivo nei sentori fruttati di pesca bianca e gelso, seguite da mughetto, gelsomino e garofano bianco, per terminare con fiori di campo, fieno ed erbe aromatiche. Bocca: fresco, innervato da una impalcatura sapida che sferza il sorso dall’inizio alla fine. Voto: 89/100 Nicola Bergaglio Cantina di piccole dimensioni a conduzione famigliare, che produce tuttavia 140.000 bottiglie su vigneti ottimamente esposti e che si distingue per la coraggiosa scelta di produrre solo due etichette e solo di Gavi. La qualità è sempre elevata, grazie alla esperta conduzione enologica del titolare e dalla composizione dei terreni. Gavi del Comune Di Gavi Rovereto Minaia 2017 Colore:giallo paglierino con riflessi
verdolini Naso: fine ed austero, si rivela gessoso, minerale, screziato da sensazioni citrine e successivamente di pera e mela, fiori di campo ed erbe aromatiche. Bocca: Sorso piacevole di lineare freschezza. Vibrazioni acide e sapidità esaltano la lunga persistenza. Voto: 92/100
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Lambrusco di Enzo Russo
Antonella e Anna Garuti sedute al bordo del bagagliaio della DS7.
I colori del Lambrusco con la magia della vendemmia
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e quattro stagioni sono belle, ognuna offre sempre delle sorprese, ma quella che emoziona di più è l’autunno con i suoi colori e profumi intensi che ci sorprendono. In autunno tutto si trasforma per l’intensità dei colori, dal rosso intenso al giallo ocra, un arcobaleno di tonalità calde da ammirare per l’intensità di colori. È questo che ci colpisce quando ci avventuriamo nella Provincia di Modena
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a fine vendemmia. Tutt’intorno si estendono, dal piano alle colline, vigneti dai mille colori autunnali, dove è tornato il silenzio interrotto solo dal cinguettio degli uccelli che volano, alcuni si fiondano tra le vigne per beccare gli acini caduti sul terreno. I grappoli d’uva sono stati raccolti. Le aziende la stanno lavorando per dare vita al vino più venduto nel mondo, il Lambrusco. Con noi c’è Ermi Bagni direttore del Consorzio Tutela del Lambrusco di Modena che ci
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Lambrusco
parla della vendemmia appena terminata. “È stata una buona vendemmia, il quantitativo si è mantenuto grosso modo sui livelli del 2016, 1 milione 450 mila quintali d’uva tra Modena e Reggio Emilia. Sotto l’aspetto qualitativo, non dobbiamo dimenticare che rispetto alle ultime annate, abbiamo avuto una primavera con temperature fresche e anche il periodo estivo è stato ben sopportato dalle viti le quali non hanno sofferto il periodo estivo, come è stato lo scorso anno”. Quindi siete contenti di come è andata la vendemmia? “Senz’altro, perché nell’insieme è andato tutto bene, non c’è stata la necessità di intervenire con le varie tecnologie sulla filiera. Non va dimenticato che da noi l’80% delle uve viene raccolta meccanicamente con un significativo sviluppo tecnologico che permette una raccolta ottimale delle uve. Chiaramente bisogna intervenire al momento opportuno quando le uve sono mature e i chicchi si staccano dal graspo senza particolari sollecitazioni”. Parliamo del 2017, come è andata la vendemmia. “È andata bene, anche se la vendemmia è stata scarsa, al di sotto delle aspettative, ma come sempre succede, c’è una domanda superiore all’offerta e all’ora c’è stato un incremento di vendite, le quotazioni di mercato sono aumentate e questo trend positivo si è mantenuto fino ad oggi, soprattutto per il Lambrusco dop sul mercato nazionale. I dati dicono che le vendite sono raddoppiate”. Tra il Lambrusco igp e quello doc, qual è il più richiesto? “Sul mercato nazionale c’è un incremento delle vendite del Lambrusco doc e l’igp è quello più richiesto all’estero e nei Paesi extra UE, sono più di 120 milioni di bottiglie l’anno, di cui il 65% di quella produzione va all’estero con la tipologia amabile e dolce. Vengono vendute soprattutto nel continente americano e Nord Europa. Anche se in questi ultimi tempi, il consumatore sta scoprendo con piacere
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la tipologia di Lambrusco secco. C’è da aggiungere che in questo ultimo periodo sta suscitando grande interesse sul mercato italiano ed estero la tipologia del Lambrusco Spumante, metodo classico e charmat.” Visitando alcune cantine, abbiamo notato che molte producono vini biologici. È una tendenza o un indirizzo del Consorzio? “Diciamo che il biologico è una tendenza, noi come Consorzio ma più ancora come Regione, a partite dagli anni ‘80, l’indirizzo che è stato dato, è quello di seguire la lotta guidata integrata che comportata ad agire in un territorio sostenibile, non solo dal punto di vista ambientale ma anche quello economico e sociale. Quando ci sono queste basi consolidate, passare al biologico è naturale, ma il difficile viene dopo perché vanno rispettate tutte le regole”. Finiamo il nostro giro nel distretto del Lambrusco, fermandoci a visitare alcune aziende per degustare un buon Lambrusco doc accompagnato da salame e Parmigiano-Reggiano.
Le piccole e medie aziende crescono ...e bene Nel distretto del Lambrusco della Provincia di Modena ci sono tante realtà produttive, sono piccole e medie cantine a conduzione familiare che presidiano il territorio con la produzione di lambruschi di alta qualità, sorprendenti e piacevoli al palato, per i profumi e l’effervescenza dinamica e briosa del vino. Sono famiglie che ogni giorno si alzano presto per andare nei vigneti, in cantina a sperimentare nuove tecniche per ottenere il meglio del meglio, chi va a fare le consegne nei ristoranti o enoteche e chi cura la contabilità. Insomma, una interessante realtà che
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Lambrusco
Nella foto William Vandelli e Galia Marga accanto alla nuova DS7 tra i vigneti di Lambrusco
brusco Grasparossa di Castelvetro dop in purezza ed infine, il Bianco del Bacino, un vino frizzante autoctono fatto con la Spergola”. “Lavoriamo circa dieci ettari di vigneto suddivisi in tre fondi. Quello principale e storico è dove ci troviamo, chiamato il fondo del Bacino, da cui prendono i nomi anche i vini, sono 4 ettari e mezzo. Noi ci troviamo sulla sponda del fiume Secchia su dei terrazzamenti fluviali, i terreni sono pianeggianti e contornati dalle colline della vallata del Secchia”. Dalla cantina quante bottiglie escono? “Noi lavoriamo una piccola parte delle uve che produciamo, circa un 15%, per una produzione di 20.000 bottiglie nelle tre tipologie”. Dove sono vendute? la maggior parte nel comprensorio, poi un po’ fuori Regione, all’estero negli Stati Uniti e a Taiwan”. Cosa si aspetta nel prossimo futuro? “Spero di arrivare all’obiettivo che ci siamo dati, quello di riuscire a lavorare e a vendere in proprio tutta la produzione che abbiamo in campo, sviluppando in modo particolare il mercato estero”. I suoi vini sono tutti biologici: “Come azienda sono 20 anni che lavoriamo nella lotta integrata avanzata, negli ultimi 3 anni abbiamo percorso il periodo di conversione al biologico. Dalla prossima vendemmia saremo certificati in etichetta come prodotto biologico”. AZIENDA AGRICOLA CAVALIERA
vale la pena di scoprire e visitare anche per bere un buon bicchiere di Lambrusco. Ci si ritrova catapultati in una atmosfera di ospitalità contadina, che fa capire quanta passione e dedizione ci mette l’uomo per offrire un dono della natura. Ne abbiamo conosciute alcune, ve le presentiamo. TENUTA VANDELLI Circonvallazione San Michele 6 Loc. S. Michele dei Mucchietti 41049 Sassuolo (Mo) www.tenutavandelli.it È una piccola azienda vitivinicola, ben curata, moderna e funzionale costituita da circa dieci ettari di vigneti tipici del modenese, dove nascono il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro, Salamino di Santa Croce, Ancelotta, Malbo gentile, Spergola e Pignoletto. Nell’ampio salone della cantina, dove sono in bella esposizione le tre tipologie dei vini prodotti, ci aspetta William Vandelli per parlare della sua azienda. “La cantina nasce con la vendemmia del 2012”, ci dice Vandelli, “e nel 2013 escono dalla cantina la Rosa del Bacino, uno spumante di Lambrusco Grasparossa di Castelvetro dop con un 10% di Lambrusco Salamino; il Rosso del Bacino, fatto con Lam-
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Pignoletto dop frizzante. Con il Trebbiano facciamo altri due vini: uno Spumante Millesimato Pas Dosè con affinamento 36 mesi sui lieviti e un Rosè millesimato Pas Dosè con affinamento 36 mesi sui lieviti”. Quante bottiglie escono dalla cantina? “dipende dalle stagioni ma grosso modo dalle 38 alle 40 mila bottiglie”. Qual è il mercato? “nella nostra Regione principalmente, poi fuori a macchia di leopardo e all’estero”. Voi producete anche l’Aceto Balsamico: “Soltanto per amici ed amatori perché sono pochi litri di aceto”. Finiamo la conversazione a tavola dove la chef Elena ci propone Parmigiano Reggiano con l’Aceto Balsamico, tortellini in brodo e arrosto di maiale. Il tutto accompagnato da ottimi vini: dal profumato Pignoletto frizzante al Rosè Grasparossa dalla gradevole acidità e il Grasparossa dal colore intenso, buona acidità con bollicine non invadenti. Per finire con il Grasparossa Federico 2015, vendemmia tardiva con fermentazione in bottiglia di un anno. Avvolgente e buon corpo. CASA VINICOLA
Via Cavalliera 1/b 41014 Castelvetro di Modena (Mo) www.cavaliera.it È un azienda vitivinicola a conduzione familiare con l’agriturismo dove il ristorante propone la tradizione gastronomica emiliana. È qui che incontriamo Simoni Lorenzo e la moglie Elena Delfini mentre è intenta a preparare alcuni gustosi piatti. È una chef molto brava, per noi oggi sta preparando tortellini in brodo, rigorosamente fatti con le sue mani. “La cantina”, ci dice Simoni mentre ci fa accomodare al tavolo, “nasce nel ‘93 con l’impianto dei vigneti ma è nel 2011 che decidiamo anche di vinificare e il primo vino che viene imbottigliato è il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro, fatto con il sistema del metodo classico con rifermentazione in bottiglia, senza l’aggiunta di solfiti”. Le tipologie dei vigneti: “ Per il 60% il Lambrusco Grasparossa, il Grechetto che è un vitigno per produrre il Pignoletto e infine il Trebbiano modenese”. Da queste uve quante tipologie di vino producete? “Il Lambrusco Grasparossa dop, selezione Federico che è un altro Grasparossa, Rosato di Grasparossa, il
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Lambrusco
Nella foto Simoni Lorenzo con la moglie Elena e il figlio Federico
Lambrusco
Nella foto Roberto e il papà Francesco Vezzelli nel vigneto di Sorbara vicino al fiume Secchia.
FRANCESCO VEZZELLI Via Canaletto Nord 878/A 41122 San Matteo (Mo) www.francescovezzelli.it È un azienda molto particolare perché, oltre a produrre dell’ottimo Lambrusco di Sorbara, i Vezzelli hanno pensato bene di allestire un locale per la vendita di vini di alta gamma provenienti da molte regioni del nostro Paese ma anche oltre confine. “È un piccolo punto vendita”, ci dice Roberto Vezzelli, “rivolto agli amici e agli appassionati, quelli che amano il buon bere di qualità, è un hobby che coltivo da alcuni anni”. Ma ora parliamo del Lambrusco per conoscere l’azienda e le diverse tipologie che escono dalla cantina. Roberto con il papà Francesco Vezzelli ci fanno accomodare al tavolo dove sono in bella mostra alcune bottiglie di Lambrusco di Sorbara. “L’azienda è stata fondata nel 1958 dal nonno e da mio padre. Ora ci sono io che la guido affiancato dal papà. In questi anni sono stati fatti diversi investimenti nei vigneti e nella ricerca per rendere il Lambrusco un vino inconfondibile nella sua tipicità The Italian Wine Journal
e i risultati non si sono fatti attendere. Oggi siamo un punto di riferimento nel panorama enologico modenese”. Quanti ettari di vigneto avete: “Attualmente abbiamo 15 ettari e due in affitto”. Dalla cantina quante bottiglie escono: “Produciamo circa 150 mila bottiglie”, quali tipologie, “Lambrusco Sorbara Brut In Selezione, Lambrusco Sorbara Spumante Brut Rosè Morosa, Lambrusco Sorbara Frizzante Soldino. E tra poco uscirà il Lambrusco Sorbara metodo classico 18 mesi”. Dove viene venduto? “Il nostro vino viene venduto nel canale horeca: bar, ristoranti, alberghi, catering e pizzerie. Per quanto riguarda l’estero, poco, soltanto negli Stati Uniti, non l’abbiamo seguito con attenzione, ma rientra nei nostri obbiettivi. Il nostro mercato è principalmente quello di Modena e Provincia, qualche cartone a Bologna, Reggio Emilia. e Milano”. Il futuro come lo vede? “Ritengo che oggi il Lambrusco può guardare in avanti con serenità perché abbiamo fatto enormi progressi sulla qualità di questo vino. È buono, genuino, ha bollicine fantastiche, briose e profumate. È al passo con i tempi che vivia-
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Lambrusco
Nella foto da sinistra, Paola, Antonella a fianco del fratello medico e Anna.
gustosi abbinandoli perfettamente ad alcune tipologie di Lambrusco. “Il complesso”, ci dice Anna Garuti mentre ci fa vedere dalla finestra il bellissimo panorama di vigneti, “si trova al centro di 60 ettari di terreno circondato da 30 vitati a Lambrusco di Sorbara, Salamino e Pignoletto e gli altri 30 coltivati a barbabietola per zucchero, frumento, erba medica, alberi da frutta per fare marmellate e l’orto dove vengono coltivate verdure per i nostri clienti dell’agriturismo”. Quante tipologie di vino escono dalla cantina? “Grazie all’intraprendenza, alla passione e professionalità di Mauro, marito di mia sorella Antonella scomparso due anni fa, siamo arrivati ad avere 13 etichette, dalle 3 iniziali. Il Lambrusco di Sorbara lo si può declinare in diverse versioni. Abbiamo uno straordinario rosato vincitore di una medaglia d’oro, risultato tra i migliori rosati d’Italia; il CA’ Bianca Sorbara dop in purezza, secco ed amabile; il Pratola, Lambrusco Grasparossa dop; il Lambrusco di Sorbara dop Rifermentato; il Lambrusco di Modena dop, secco e dolce; Gioia Rosato, spumante Extra Dry di Sorbara dop. Poi produciamo un Trebbiano frizzan-
mo. Piace ai giovani che si avvicinano per la prima volta al vino. Sta a noi farlo conoscere meglio e promuoverlo. GARUTI – CANTINA DAL 1920 Società Agricola Garuti Dante, Elio e Romeo s.s. Via Per Solara 6 41030 Sorbara (Mo) www.garutivini.it L’azienda vitivinicola Garuti colpisce subito, perché al posto di comando ci sono quattro donne professionalmente preparate e determinate che in questi ultimi anni hanno dato un impronta ben precisa allo sviluppo dell’azienda vitivinicola. Ognuna di esse con compiti ben definiti. Come sempre le donne sanno quello che vogliono fare. È una bella struttura formata da un corpo centrale adibito ad accoglienza e degustazione che racconta la storia della famiglia, una cantina moderna arredata con macchinari di ultima generazione guidata dal giovane Alessio, figlio di Antonella Garuti e poi l’agriturismo gestito da Paola, bravissima chef che ci ha preparato piatti deliziosi e
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Lambrusco
Questo è il titolo su due righe
te secco dell’Emilia igp ed infine, l’ultimo nato, Gioia Bianco, spumante Extra Dry Trebbiano di Spagna. Altre produzioni sono l’Aceto Tradizionale Balsamico di Modena dop, il Nocino, Grappa bianca di Sorbara, Grappa rosata di Grasparossa e le Gelatine di Sorbara e Aceto Balsamico”. Quante bottiglie escono dalla cantina? “Per ora sono 100 mila e vengono vendute nella nostra Provincia e poi all’estero, Stati Uniti, Germania. Stiamo definendo con il Giappone e il Brasile”. Siete quattro donne al comando dell’azienda, una bella sorpresa, con quali compiti? “Io mi occupo in generale dell’azienda, mia sorella Antonella della cantina, la cugina Paola dell’Agriturismo e Maria Rosa della parte finanziaria”.
davanti alla casa padronale, una struttura risalente agli anni ‘30, dove si respira un aria antica. È appena arrivato da Bologna dove abita e lavora ma il suo cuore batte a Castelvetro. Dopo averci fatto fare un bel giro tra i vigneti di LambruscoGrasparossa doc e nel bosco lussureggiante con al centro un laghetto, ci fa accomodare al tavolo sistemato sotto una pianta secolare che ci ripara dal sole, oggi ci sono 32°. Siamo quasi alla fine di ottobre! Mentre prepara i bicchieri per la degustazione di alcuni vini, Leonelli inizia a parlare della sua Tenuta. “Si estende sulle colline di Castelvetro per circa 14 ettari. Siamo una realtà di nicchia dove la cura artigianale e la passione per i nostri vini ricercano la migliore qualità con spirito di innovazione e tradizione”. Quando nasce la cantina? “ Viene fondata nel 1974 per volontà della Famiglia, prima d’allora era un azienda zootecnica, poi convertita tutta a vigneto. Le prime viti sono state messe a dimora fine ‘74 e sono tutt’ora in produzione”. Quanti ettari sono a vigneto? “circa 13 ettari impiantati a Lambrusco Grasparossa di Castelvetro doc, Pignoletto doc, Riesling Italico dell’Emilia,
TENUTA GALVANA SUPERIORE Via Collecchio 1 41014 Castelvetro (Mo) www.vinigalvanasuperiore.it Paolo Leonelli ci aspetta con Wainer Vandelli
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Lambrusco
Chardonnay, Trebbiano e un po di Malbo Gentile. Queste uve, in parte vengono vinificate altre vendute a privati”. Dalla cantina quale etichette escono? “Pignoletto frizzante in purezza, il Lambrusco Grasparossa, Spumante Brut, un blend fatto con Pignoletto e Chardonnay, poi alcuni vini ancestrali che sono il Lambrusco dell’Emilia, il Riesling Italico e lo Chardonnay. I vini vengono venduti nelle Enoteche, ristoranti e privati.
Dalla cantina escono circa 25 mila bottiglie. Tutta la nostra uva”, continua Leonelli, “viene vendemmiata a mano e il processo di vinificazione viene curato nel rigoroso rispetto della natura. Attualmente siamo in conversione biologica su un vasto territorio collinare interamente BIO. Abbiamo due linee di vini, una con metodo ancestrale con rifermentazione sui propri lieviti e una vinificata con metodo Charmat”.
DS7 Crossback, hi-tech con taglio artigianale Ermi Bagni direttore del Consorzio del Lambrusco di Modena che ci ha accompagnato a visitare alcune cantine della provincia di Modena e la nuova DS7 - 2000 diesel con cambio automatico a 8 rapporti e 180 cv che si fanno sentire con prepotenza in qualsiasi situazione di guida. È un Suv dal look elegante che ci ha sorpreso per sicurezza e prestazioni. In autostrada per la tenuta di strada, la silenziosità anche a velocità elevata, quando si poteva, dava il meglio con una tranquilla scioltezza di guida, sembrava incollata all’asfalto. In campagna e in collina tra i vigneti e nelle strade sterrate pochi scossoni con le sospensioni elettroniche. La DS7 Crossback è un auto moderna dalle linee morbide che conquista subito l’occhio e anche la mano quando la si guida. È bello e piacevole guidarla per l’alta tecnologia che la compone, come per esempio l’impianto frenante o il controllo della guida nella carreggiata, molto importante per evitare incidenti o colpi di sonno. Dallo Start&Stop al regolatore di velocità in autostrada. Il tettuccio panoramico apribile che da luminosità all’abitacolo. L’interno è confezionato con cura artigianale. La consolle, ben disegnata, ha un quadro strumenti ricco di informazioni, al centro il sistema di infotainment da 12 pollici, sotto i vari comandi e poi le quattro modalità di guida,Comfort, Normal, Eco o Sport, da provare quella sportiva, altra musica del motore. I consumi sono buoni, se si tiene un piede leggero sui 120 km orari, mediamente i 16,6 km.l. Insomma , in dote c’è tutto quello che serve per viaggiare sicuri con la famiglia. DS7, vederla e poi guidarla. I clienti più esigenti sono avvisati.
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Emilia Wine di Enzo Russo
I profumi dell’Emilia
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a vendemmia è un rito che si compie tutti gli anni, una magia delle più ancestrali, si raccoglie il sapore dell’autunno per tramutarlo in vino. È ottobre, la vendemmia è terminata e dopo tante fatiche il vino è finalmente nelle botti a fermentare. Nell’aria si sentono con piacere ancora i
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profumi delle uve appena vendemmiate che salgono al naso. Siamo a Pratisolo di Scandiano nell’Azienda Casali Viticoltori (Re), circondata da vigneti, dove incontriamo il responsabile commerciale Alcide Vellani ed il Presidente Davide Frascari, appena arrivato da Arceto di Scandiano, dove ha sede la “casa madre” Emilia Wine (Società Cooperativa Agricola),
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una struttura moderna che si fa notare per la sua imponenza ed architettura. Il colosso nasce dall’unione di tre cantine della stessa dimensione, due sono a nord della Via Emilia, Correggio e Prato di Correggio e una a sud , Arceto nella zona pe-
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decollinare. La Casali Viticoltori, invece, è una piccola azienda ma di enorme importanza a livello strategico, è situata su una collinetta circondata da vigneti, da dove si può ammirare un bellissimo panorama. Un gioiello a
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cui è stato affidato il compito di produrre e commercializzare vini di alta qualità. E a proposito di vendemmia, chiediamo come è andata. “È andata bene”, ci dice Frascari soddisfatto con viso sorridente, una figura imponente ma cordiale ed ospitale come sanno essere gli emiliani doc, “siamo molto vicini alla produzione del 2016 e lasciamo alle spalle il 2017 con la brinata che ha provocato un calo produttivo attorno al 35%. Abbiamo avuto delle grandinate nella fascia collinare che però non hanno compromesso la qualità dei prodotti. In complesso ci possiamo ritenere soddisfatti perchè la qualità è ottima per tutte le tipologie di vino”. Parliamo della Casali Viticoltori, il vostro fiore all’occhiello. “È la cantina più antica del reggiano, nasce nel 1900 dalla famiglia Casali nella Rocca di Scandiano, in un territorio famoso in primis per il vino bianco la Spergola. Siamo in un area pedecollinare, dove il Lambrusco nasce dai vitigni del Grasparossa, Montericco, Maestri e Marani. E poi la si produce l’autoctona uva biandicembre 2018/gennaio 2019
Emilia Wine
Nato nel 1900, Casali è un gioiello per produrre vini di alta qualità
Emilia Wine
ca, la Spergola”. La Casali è il braccio lungo di Emilia Wine, quali sono i suoi compiti all’interno delle vostre strategie aziendali? “Per noi rappresenta la punta di diamante di alto livello qualitativo per molte tipologie di vino. È famosa principalmente per i vini spumanti e frizzanti e poi dei vini prodotti col metodo Charmat. “Rimane sempre un’azienda legata al territorio” ci dice Alcide Vellani, “con una gamma di prodotti ampia, perché ha sempre sperimentato. Negli anni ‘80/’90 nasce il primo cru di Lambrusco doc Reggiano, poi arriva il Lambrusco rosato fatto con il Grasparossa, Salamino, Maestri e Marani con un packaging particolare, l’etichetta sottile trasversale, poi ripresa da altri produttori. Per il suo colore rosa è stato chiamato Rosa Casali, un prodotto destinato al mondo femminile, vincendo anche molti premi importanti. L’altro vino che rappresenta la bandiera
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dell’azienda e del territorio è il metodo classico Cà Besina, una Spergola al 100% selezionata nel vigneto dal quale prende il nome situato sulla collina intorno alla cantina, viene vinificato verso la metà di agosto selezionando le uve a più alta acidità e fatto fermentare per sei anni sui lieviti. Ha una longevità eccezionale. Per questo cerchiamo di distinguerci per il livello qualitativo dei nostri prodotti. Dietro c’è un progetto agronomico ambizioso”. “La Casali attinge ai prodotti di Emilia Wine, la società che la controlla, “continua Davide Frascari, “ha un patrimonio di 726 soci e 1.800 ettari di superfice vitata, i cui vigneti, che si estendono dalla collina alta fino alla pianura, fanno parte di un progetto chiamato QUALITA’, dove gli agronomi ed enologi selezzionano i vigneti, i più vocati, a secondo dell’area e micro area, per produrre uve atte a diventare della Casali Viticoltori. Abbiamo imposto ai soci produttori un disciplina-
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Emilia Wine re di produzione molto restrittivo, per quanto riguarda la sicurezza alimentare. Abbiamo escluso dei principi attivi nei trattamenti per la difesa delle piante che sono ammessi anche dal disciplinare di lotta integrata della Regione Emilia Romagna. Questo rappresenta un notevole sforzo economico per i soci produttori perchè devono rinunciare all’impiego di prodotti ammessi dalla legislazione. È un segnale che vogliamo dare, perchè riteniamo importante salvaguardare la salute del consumatore”. Avete fatto delle innovazioni in cantina? “Si, abbiamo estirpato il vecchio vigneto Cà Besina, che ha dato il nome anche al vino, il primo miglior metodo classico prodotto in Emilia Romagna. Negli anni scorsi abbiamo fatto riprodurre le barbatelle con questo clone di Spegola, reimpiantando il vitigno e portare avanti per i prossimi 30 anni il progetto Cà Besina”. È molto importante il ruolo che avete assegnato alla Casali Viticoltori: “Si, dai vigneti
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alla produzione e commercializzazione e comunicare al consumatore la qualità dei nostri vini”. Alcide Vellani, lei è il responsabile della cantina e del commerciale, quanti vini escono dalla cantina? “La Casali segue anche la produzione di altri 30 ettari di Lambruschi. Noi cerchiamo di valorizzare al massimo le uve del territorio. I tre principali prodotti sono: Lambrusco nelle diverse tipologie, Spergola e Malbo Gentile, un prodotto tipico del territorio che noi lavoriamo producendo un mosto parzialmente fermentato, particolare, perché rimane molto fresco nonostante il contenuto zuccherino”. Oltre ai vini frizzanti, che cosa producete? “Ovviamente la nostra peculiarità sono gli spumanti, i frizzanti e di seguito ci sono vini fermi bianchi e rossi, passiti. Poi facciamo delle sperimentazioni, perché la nostra ricerca sui vini e sviluppo non finisce mai, ci sono sempre delle potenzialità inespresse in certe uve, bisogna scoprirle, farle venire fuori. Dalla nostra cantina escono 23 tipologie di vini, che complessivamente costituiscono 60 etichette, che oltre a contenere le nostre referenze a marchio comprendono
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estero, etichette private e lavorazioni conto terzi”. Quali sono i vostri canali di vendita?” Oltre all’estero, vengono venduti negli spacci aziendali, GDO e horeca, a questo canale in particolare dedichiamo il meglio della nostra produzione: il Cà Besina, il Rosa Casali, il Lambrusco 13 (un blend fatto con uve Sorbara e Malbo gentile) e il Grasparossa San Ruffino”. Presidente Frascari, a parte la quantità, la qualità come la si ottiene: “La qualità nasce dalle persone e dal territorio, è una combinazione importante. Nei 1800 ettari di vigna vengono selezionati i migliori vigneti del territorio, diamo indicazione su come seguire e curare la vigna per ottenere la migliore qualità di Lambrusco che deve soddisfare non solo il consumatore sotto casa, ma anche quello cinese, brasiliano, australiano, russo. Quindi dobbiamo fare un Lambrusco di qualità fresco, profumato e spumeggiante, che sappia interpretare alla perfezione le nuove tendenze di consumo fuori casa ma anche i gusti della nuova generazione. Deve essere un prodotto popolare ma importan-
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Nelle foto, il Presidente Davide Frascari accanto alla nuova DS7, che è stata la nostra fedele compagna di viaggio tra i vigneti di Lambrusco e vini bianchi spumanti e Alcide Vellani, responsabile della cantina e del commerciale della Casali Viticoltori.
te, che esprima tutte le principali caratteristiche del territorio ove nasce e della gente che lo produce: schietto, sincero, semplice ma mordente ed esuberante”. Quali sono i rapporti con i produttori che vi conferiscono le uve? “C’è un rapporto quotidiano con il nostro staff di agronomi, siamo sempre a disposizione, facciamo sempre incontri per informarli sulle nostre esigenze, come per esempio l’utilizzo di trattamenti, il programma della campagna”. E per i solfiti cosa state facendo? “ L’anidride solforosa è un additivo già contenuto nel vino, quindi bisogna cercare di produrli con la più bassa presenza tenendo anche conto che bisogna essere realisti, perché il vino ha bisogno di questa sostanza per difendersi, perché ha la tendenza a diventare aceto e quindi noi abbiamo la necessità di produrre un vino dove ci sia quel giusto equilibrio
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tra salute e qualità. Perché ci sia un basso contenuto di anidride solforosa, bisogna lavorare molto bene l’uva e poi nelle fasi successive all’imbottigliamento. Questa è la sfida”. Dall’incontro con Frascari e Alcide Vellani, si deduce che fare il vino non è un hobby, ci vuole passione e competenza. Perché fare il vino è un arte, perché l’arte nel suo significato più ampio, comprende ogni attività umana che porta a forme di creatività poggiando su accorgimenti tecnici, abilità innate o acquisite e norme comportamentali derivanti dallo studio e dall’esperienza. Nella sua accezione odierna, l’arte è strettamente connessa alla capacità di trasmettere emozioni. L’arte non si definisce perché produce quadri e non automobili, ma perché produce qualcosa di migliore rispetto alla media, come il vino Ed è questa la funzione che deve avere il vino, che è poi anche l’obbiettivo della Casali Viticoltori, trasmettere emozioni al palato.
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Mantova di Enzo Russo
Cantina di Quistello: 2018 da incorniciare Dopo due anni contrassegnati dal maltempo, finalmente una stagionesenza stress. E quindi, ottime uve.
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ome può una stagione raccogliere nei suoi colori e nei suoi profumi inconfondibili stati d’animo ed emozioni cosÏ forti ed intensi da lasciarci sorprendere ogni volta che il calen-
dario scorre al mese di ottobre? Una piacevole sensazione ci accompagna, mentre percorriamo la strada provinciale tra i vigneti spogli dei loro grappoli di uva. Ăˆ una giornata di tiepido sole autunnale pervasa dai profumi della vendemmia appena terminata. Per
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Mantova
quanto sia frenetica non dimentichiamo che è il periodo più delicato per le cantine, rappresenta il culmine di tutti gli sforzi fatti durante l’anno e non c’è nulla di più toccante della vista di un vigneto pieno di grappoli e persone intente a raccogliere. La fatica è immane, ma la soddisfazione contagiosa. Se volete capire cosa significa lavorare in vigna e quel misto di passione, scaramanzia e antica magia che regola la vita in campagna, allora ottobre è il mese ideale. La campagna mantovana si fa ammirare per l’intensità dei colori, dal rosso intenso al giallo ocra, un arcobaleno di tonalità calde appare davanti ai nostri occhi e noi rimaniamo ammaliati dalla bellezza della natura intorno a noi. Oramai siamo arrivati a Quistello, pochi chilometri da Mantova, dove ci aspetta il Presidente della Cantina Sociale di Quistello, Luciano Bulgarelli. Sempre indaffarato, ci fa accomodare nel suo ufficio, seduto dietro la scrivania piena di carte. Iniziamo a parlare della vendemmia appena terminata, per sapere come è andata. “Quest’anno è stata una vendemmia buona”, ci dice Bulgarelli mentre ci offre un buon caffè, “dopo due anni di eventi atmosferici che ha colpito la nostra zona, dalla grandine alle gelate, come lo scorso anno che ha colpito un po’ tutti, quindi con un forte calo di produzione. Quest’anno siamo arrivati con una produzione normale con un 10% in più rispetto alla media, dovuta anche all’aumento della superficie
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d’impianti giovani. La qualità delle uve è buona e in alcuni casi anche eccellente. Possiamo senz’altro dire che è un bilancio più che positivo”. Tra le diverse tipologie che vengono prodotte nel vostro territorio, qual’è quella che ne ha beneficiato di più? “Stanno succedendo delle cose un po’ strane con questi cambiamenti climatici. Ci sono delle qualità tardive che sono maturate prima e varietà precoci che hanno ritardato la maturazione. Quindi capire il perché diventa difficile, come per esempio, ci sono uve come il Salamino che normalmente un giorno sono acerbe e il successivo super mature, quest’anno si sono comportate in modo eccellente con un trend di maturazione normale. La stessa cosa vale per la nostra varietà principe, il Grappello Ruberti. Mentre abbiamo avuto qualche difficoltà con le uve Maestri e Marani che sono maturate tutte in un momento, ha piovuto e le temperature si sono mantenute alte di giorno e di di notte arrivavano attorno ai 18°, quindi molto elevate. Quest’anno c’è stata un po’ la corsa contro il tempo per riuscire a portare le uve in cantina”. Quando avete iniziato la vendemmia? “I primi di settembre e terminato i primi giorni di ottobre. La prima vendemmia è stata normale, l’unica cosa è che abbiamo dovuto mettere dei correttivi su alcune varietà, per anticiparle o ritardale nella raccolta. Sono state soltanto queste le difficoltà avute,
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obbligandoci a fare una vendemmia alla “giornata”, tenendo sotto monitoraggio i vigneti per vedere quali uve raccogliere. Non a caso, quest’anno abbiamo raccolto in dieci giorni, il 70% del nostro conferimento. In un annata normale questo non sarebbe avvenuto. È stato faticoso, ma compensati dall’aver portato in cantina delle buone uve. Ora sta a noi fare un buon vino”. Come è andata la passata stagione? “Per quanto riguarda le scorte della Cantina Quistello”, ci dice il Presidente Bulgarelli, “si è chiusa con poca giacenza in cantina, dovuto principalmente ai prezzi elevati e poi anche nella previsione di avere una grossa quantità di uva per avere più spazio. In generale è stato così per quasi tutte le
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Mantova del terremoto che ha colpito la nostra zona e del Basso Mantovano. Non ha fatto molti danni ma qualche segnale lo ha lasciato e quindi ne abbiamo approfittato per adeguarla alle nuove norme antisismiche della Protezione Civile, non solo sono state rinforzate le strutture ma abbiamo anche fatto una ristrutturazione abbastanza approfondita. È stata anche l’occasione per renderla più competitiva e all’avanguardia nella lavorazione del vino per i prossimi 30 anni. Abbiamo inserito nuove tecnologie: rinnovato l’impianto di imbottigliamento, è stata aumentata la capacità del freddo, allargata la capacità della cantina, tecnologie per il trattamento del vino senza usare filtraggi perché oggi c’è la possibilità di usare questo tipo di tecnologia, una strumentazione particolare che prima non era concessa, per stressare di meno il vino lasciandolo naturale più possibile, che è stata sempre la nostra filosofia. Bisogna fare una buona materia prima in campagna e cercare di non rovinarla poi in cantina. I vecchi metodi non sono tutti da buttare, ma vanno adeguati alle nuove tecnologie”. Quanti sono i soci conferitori delle uve? “Sono 160 per una superficie vitata di circa 380 ettari con una produzione media di circa 55 mila quintali.
cantine perché c’era molta richiesta sul mercato”. E i prezzi? “Oggi, i prezzi delle uve sono scesi del 25%/30%, per quanto riguarda la zona del Lambrusco, la riduzione al momento è del 10% rispetto alla scorso anno”. Che cosa vi fa prevedere la vendemmia di quest’anno? “Come cantina ci stiamo impegnando moltissimo, ma la concorrenza è aumentata e quindi bisogna lavorare bene, specialmente all’estero dove cercano sempre di più dei vini che abbiano determinate caratteristiche e questo ci fa ben sperare”. Dalla cantina quante tipologie di vino escono? “Come etichette ne abbiamo 18, sono tante. Le tipologie sono il Lambrusco classico, gli igt Quistello, poi piccole selezioni come lo spumante, il passito, il moscato e lo Chardonnay, per un totale di circa un di 1 milione di bottiglie. Vengono vendute al consumatore finale, ristorazione, enoteche e la piccola distribuzione, circa l’80% in Italia e il resto all’estero, dove pensiamo di rafforzare di più la nostra presenza”. Parliamo della cantina che avete appena finito di rinnovare, cosa avete fatto? “ La nostra è una cantina storica che ha risentito
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L’ARTE DI CREARE L’ECCELLENZA
Az. Agr. Le Marchesine S.S. Via Vallosa, 31 - Passirano (Brescia - Italy) - Tel: +39 030 65 70 05 info@lemarchesine.com - www.lemarchesine.com The Italian Wine Journal
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Vino & Motori di Enzo Russo
La nuova Jeep Kompass Limited – d.2.0 sicura ed elegante guarda al futuro
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eep Kompass 2.0 diesel, 140 cv che si fanno sentire, è un auto dal design molto ricercato giovane al passo coi tempi, molto elegante che si fa subito notare per la sua eleganza. Lunga 4,39 metri mentre il portellone con apertura automatica offre la vista a un bagagliaio capiente dalla capacità di 438 litri. Mettendosi alla guida della nuova Kompass si ha subito la sensazione della sicurezza, tutto sembra essere sotto controllo. Il comodo sedile del guidatore in pelle, regolabile elettricamente, offre una visuale quasi a voler dominare la strada. Al centro della plancia, ben disegnata, c’è lo schermo da 8,4 pollici dello Uconnect Live con con l’impianto Audio Beats a 9 altoparlanti nel Pack Infotainment. Gli interni sono ben disegnati e rifiniti, l’eleganza si fa notare in ogni piccolo particolare. Si può viaggiare in 5 persone comodamente; dietro tanto spazio anche per le gambe, ci si sta comodamente in tre, potendo usufruire della bocchetta d’aerazione dalla disposizione verticale così come delle due porte: una è USB, l’altra una 230V. Buona la presa sulla leva del cambio, rifinita in pelle, che aziona l’automatico a 9 rapporti, dove i 140 cv si fanno sentire in tutta la loro potenza. Al suo fianco trova posto uno dei segreti di questa Jeep Compass, il comando che permette di adattare la risposta della trazione alle varie tipologie di fondo con le quali la Compass vuole e deve misurarsi (Auto, Snow, Sand, Mud) e che permette secondariamente, con una semplice pressione, di attivare il differenziale meccanico che va a bloccare la trazione integrale quando serve. In modalità normale, essa si disattiva per non infi-
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ciare sui consumi, entrando in funzione solo quando viene richiesta una discreta dose di gas ad esempio per effettuare un sorpasso. Il quadro strumenti, anch’esso ben disegnato, di immediata lettura, permette di tenere sotto controllo tutti i parametri della vettura, comprese le varie modalità di trazione 4x4 che vengono accompagnate da un’animazione. Il volante è l’altro protagonista dell’abitacolo di Jeep Compass: dimensioni generose per una vettura possente, offre una serie di tasti compresi gli indovinatissimi pulsantini dietro le razze per comandare il volume o cambiare le stazioni radio. L’abbiamo provata in autostrada dove ha dimostrato tutta la sua stabilità, sembra incollata all’asfalto, sicura, grande ripresa con ottimo impianto frenante. In montagna grande stabilità, in curva non si corica e l’assetto è sorprendentemente rigido. La Compass si guida bene anche in città, offre un buon comfort e ottima insonorizzazione. La Compass, si pone anche a chi cerca sì le prestazioni ma anche un netto risparmio sui consumi. L’indicatore sul quadro strumenti indica tra i 12 e i 15 km/l, con una guida accorta e un piede leggero, ma è grazie alla trazione integrale intelligente che si va a risparmiare sull’afflusso di gasolio. La Jeep Compass 2.0 Limited da 140 CV, con la trazione integrale intelligente è un concentrato di tecnologia che la rendono sicura, vediamone alcune: telecamera posteriore parkview, rilevamento di percorso cieco e cross path, controllo cruis adaptive, specchietti riscaldati pieghevoli, allarme sicurezza, pneumatici in alluminio 19” x75, tergicristallo automatico, Mirror Link con Apple CarPlay e Android Auto, fari Bi-Xenon, clima bi-zona. Jeep Compass quando la tecnologia fa grande un auto.
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Franciacorta di Enzo Russo
Franciacorta Le Marchesine, Caviale & Salmone: un matrimonio gastronomico da non perdere Da simbolo del lusso piĂš sfrenato a sfiziositĂ gastronomica accessibile e appagante
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Franciacorta
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le diverse tipologie di bollicine Franciacorta e dissertare sulle annate o come si esprime il vino e la sua evoluzione con il passare degli anni. Quest’anno Loris Biatta ha proposto un altro classico della enogastronomia “salmone&caviale”, due alimenti da sempre protagonisti della tavola. In tempi passati erano ad appannaggio solo dei ricchi, allietavano la tavola nelle feste principesche, erano sinonimo di lusso e stravaganza, fin dai tempi antichi, destinato prevalentemente alle tavole dei nobili per via del suo prezzo eccessivo. Oggi le cose sono cambiate e questi due “aristocratici” prodotti sono sempre più spesso sulle nostre tavole per allietare il nostro palato. I due prodotti degustati, provengono dall’Agroittica Lombarda di Calvisano (Bs), una delle realtà più importanti in Italia nella produzione e lavorazione artigianale del salmone e in particolare del rinomato caviale, le cui uova nascono dagli Storioni allevati in grandi vasche. Loris Biatta, che ha fatto da filo conduttore, ha proposto con una giusta sensibilità, quattro tipologie di bollicine da abbinare ai due protagonisti, è risultato un esaltante accostamento, un abbinamento
e bollicine Franciacorta che vengono prodotte con passione, sono un legame profondo che vincola i produttori a questo territorio e la loro ricerca dell’eccellenza. Non è solo una missione commerciale, ma soprattutto una vocazione e un gesto d’amore. Se ne accorgono anche gli appassionati del buon bere quando vanno per cantine e ad accoglierli non trovano l’impeccabile e freddo benvenuto standardizzato di strutture pensate come attrazioni turistiche, ma il fascino autentico della storia e dell’attualità del Franciacorta e il calore e l’entusiasmo di chi, con spirito di sacrificio tutto bresciano, ha dedicato la vita a queste vigne. Ogni cantina racconta la sua storia unica che rende l’esperienza della degustazione più completa e gratificante. Tra queste c’è l’Azienda Agricola Le Marchesine – Passirano (Bs), una delle principali realtà vitivinicole del comprensorio che produce circa 500 mila bottiglie di diverse tipologie. Ma oltre a produrre importanti bollicine, Loris Biatta patron de Le Marchesine è un anfitrione che ama invitare amici, operatori del settore e giornalisti per trascorrere con loro alcune ore a degustare
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Franciacorta
Tra millesimati Docg e non, che hanno ricevuto numerosi riconoscimenti. SECOLO NOVO RISERVA Tre Bicchieri Gambero Rosso, 5 Grappoli Bibenda per due edizioni, 5 Sfere Sparkle, 90 punti Vini Veronelli, Medaglia Oro Gilbert&Gaillard, Medaglia Oro Milano International Sparkling Award, 93 PUNTI – Wine Enthusiast. SECOLO NOVO Tre Bicchieri Gambero Rosso, 5 Grappoli Bibenda. 94 punti Vini Veronelli. Miglior spumante dell’anno: Super Tre Stelle Vini Veronelli (due edizioni), Medaglia d’Oro Gilbert&Gaillard (due edizioni), Quattro Tralci AIS Vitae, Rosa d’Oro Vini Plus Lombardia. SECOLO NOVO GIOVANNI BIATTA perfetto con un ritmo di acido scalpitante. Le bollicine poi, sviluppano un’azione sgrassante sul palato, hanno tutte le carte in regola per essere un ottimo vino da tutto pasto da abbinare a una vastissima rosa di piatti, dagli antipasti alle carni, dal pesce di mare a quello di lago. Il caviale e il salmone, coniugano gusto, praticità e versatilità, sono prodotti sicuri, perché piacciono e fanno fare bella figura con classe. Ma veniamo agli abbinamenti con le bollicine Franciacorta Le Marchesine.
5 Grappoli Bibenda, 4 Tralci Vitae, Rosa d’Oro Vini Plus. BLANC DE BLANCS Tre Bicchieri Gambero Rosso, 5 Sfere Sparkle, 92 punti Vini Veronelli, Medaglia Oro Gilbert&Gaillard. BLANC DE NOIRS Tre Bicchieri Gambero Rosso, 5 Sfere Sparkle per due edizioni, 92 punti Vini Veronelli, 90 punti Wine Enthusiast.
Con il Salmone Norvegese Fjord, salato leggermente a secco e affumicato con pregiati legni di faggio, la cui carne è consistente, dal colore vivace, dove si possono cogliere piacevoli nuances di affumicatura, sono stati proposti due importanti vini che non coprono il gusto del salmone.
FRANCIACORTA MILLESIMATO ROSÉ 94 punti Vini Veronelli, Medaglia Oro Gilbert&Gaillard, Medaglia Oro Milano International Sparkling Award, 5 Sfere Sparkle, 92 punti Wine Enthusiast.
Saten Brut millesimato docg 2014. Nasce da uve Chardonnay. Di colore giallo paglierino con riflessi dorati, dal perlage finissimo e persistente. Al naso esprime un bel profilo olfattivo, affascinante per suadenza: fiori di pesco, miele e nocciola aprono ad un assaggio fresco, morbido, appagante. Il sorso richiama il successivo fino ad un finale di grande eleganza.
FRANCIACORTA MILLESIMATO SATÈN 5 Sfere Sparkle per quattro edizioni, 92 punti Vini Veronelli.
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Franciacorta Blanc de Blancs Brut Millesimato docg 2010. Nasce da selezioni clonali di uve Chardonnay. Il colore è giallo di buona carica con riflessi verdolini. Perlage finissimo e persistente. Aroma fine e complesso, sapore asciutto, secco con vena acidula e nervo caratteristico, elegante e pieno al gusto. Altro abbinamento che ha gratificato il palato è stato con il caviale Calvisius Tradition Prestige. Di colore grigio scuro, ebano, toni ambrati. I grani sono di dimensioni grandi e brillanti. In bocca risulta equilibrato ed elegante, marcatamente fruttato con
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Franciacorta
Nella foto, i giornalisti partecipanti, alcuni arrivati da Milano con il pulmino della Peugeot Travel 2000 diesel. Con cambio automatico a 8 marce e 180 cv. Un viaggio rilassante con tettuccio panoramico, comodo e sicuro per gli otto giornalisti. note di nocciola e di burro, ricorda il mare solo nelle sue componenti più delicate. Il caviale Tradition Prestige si ottiene dallo storione bianco, una specie originaria dell’oceano Pacifico e distribuito dall’Alaska fino alla Bassa California. È tra gli storioni più longevi, può raggiungere i cento anni di età, gli 800 kg di peso e fino ai 6 m di lunghezza. Oltre che per la sua carne magra ad alto contenuto proteico, è particolarmente pregiato per la sua cospicua produzione di uova di grande dimensione, da 2.8 a 3.2 millimetri. Il caviale lo si apprezza rigorosamente in purezza e come inizio di una esaltante degustazione di diverse tipologie di caviale. Veniva spesso accompagnato da pane e burro o servito all’uso russo con bliny e panna acida. Si serve mantenendolo ben freddo in contenitori appositi fatti in modo che resti immerso in un letto di ghiaccio tritato. Per il contatto con il caviale vengono usati utensili e contenitori in osso, corno, madreperla, cristallo per non alterare il sapore e il colore del caviale. Tradizionalmente si accompagna con le bollicine o Vodka ben ghiacciata. In questo caso l’abbi-
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namento perfetto, proposto da Loris Biatta, è stato con il top della sua produzione di bollicine. Brut Secolo Novo docg millesimato 2011:Chardonnay in purezza. In bocca risulta strutturato dal sapore asciutto e secco, elegante e pieno al gusto. Perlage finissimo e persistente. Risultato perfetto con il caviale. Franciacorta docg Secolo Novo Nature Giovanni Biatta Riserva 2009: Chardonnay in purezza. È un vino dal colore giallo di buona carica con riflessi verdolini dal perlage finissimo e persistente. L’ aroma è fine e complesso e il sapore asciutto, secco con vena acidula e nervo caratteristico, elegante e pieno al gusto. Per le sue caratteristiche si abbina con classe al caviale.
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Azienda Agricola Le Marchesine Via Vallosa 31 – 25050 Passirano (Bs) www.lemarchesine.com
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illumina Selinunte grazie al vostro aiuto.
Più di un milione di consumatori hanno già comprato e gustato i vini Settesoli contribuendo alle prime opere di valorizzazione del Parco Archeologico di Selinunte. Abbiamo illuminato le antiche mura, ma c’è tanto altro da fare. Vai su www.settesolisostieneselinunte.it e aiutaci ancora a sostenere Selinunte. PARTNER
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Prosecco di Enzo Russo
Isabella Collalto la principessa del Prosecco
È la più grande cantina familiare del Conegliano-Valdobbiadene. Zonazione e cru i punti di forza
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Azienda Agricola Conte Collalto si trova a Susegana nel cuore del Prosecco, ed è la più antica della provincia di Treviso. Il centro aziendale è costituito da una struttura molto spaziosa e piacevole all’occhio. Costruita nel 1904, lo stile architettonico ricorda un po’ quello austroungarico con i suoi colori, giallo ocra e il tipico rosso collaltino . La storica azienda, vista dall’alto, è come un quadrato, chiusa ai quattro lati, con al centro dell’ampio piazzale una fontana, di fronte la grande cantina attrezzata con macchinari di ultima generazione, ampi locali per i vini imbottigliati, interrata la parte storica della cantina con grandi botti antiche e la barricaia dove si respirano profumi unici di vino e quella moderna per la lavorazione dei
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vini bianchi. Ai lati della fontana barchesse di servizio e la Sala del Vino che ospita manifestazioni, degustazioni e incontri di lavoro e dove fa bella mostra di sé un antico camino che nel periodo invernale è molto gettonato. Infine, all’entrata principale, gli uffici direzionali. È qui che la principessa Isabella de Croÿ Collalto ci accoglie con un abbigliamento semplice, sportivo elegante, pantaloni e maglietta chiara. Si muove leggera, all’apparenza delicata, sicura. “Non sono preoccupata”, ci dice quando le chiediamo come vede il futuro, “cerco sempre di essere pronta alla sfida, perché nella vita non è facile avere le opportunità che mi si sono presentate, quindi mi sento fortunata”. È la Principessa Isabella a farci strada nella storia
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Prosecco
della produzione dei vini Collalto, che dal 2007 la vede al vertice dell’azienda per continuare con passione l’opera tracciata dal padre, il Principe Manfredo di Collalto. È una eredità impegnativa sotto tutti gli aspetti. La gestione del castello, della cantina, dei vigneti e commercializzazione dei vini e poi la storia della famiglia Collalto, di origine longobarda che si intreccia con quella della Marca Trevigiana. “Sentivo il dovere morale di dedicarmi personalmente all’azienda, perché avevo fatto mio il progetto per il futuro che così fortemente aveva voluto mio padre, perché uno dei valori più importanti che mi ha trasmesso è stato il senso di responsabilità nei confronti della terra, della famiglia e di tutte le famiglie che lavorano in azienda”, ci ha detto senza esaltazione , ma con grande serietà Isabella. “ Mi divido tra l’Italia e il Belgio, dove ho conosciuto quello che sarebbe diventato poi mio marito, il Principe Guillaume de Croÿ, dove sono cresciuti i miei due figli Emmanuel e Violette. Ho deciso di impegnarmi direttamente nella conduzione dell’azienda vitivinicola scegliendo di fare la pendolare: dal lunedì al venerdì a Collalto, sabato e domenica a Bruxelles, per essere il più possibile in azienda, senza trascurare al contempo la famiglia. È faticoso , ma lavorare nel mondo del vino è talmente entusiasmante che non fatico a trovare le energie necessarie”. La Cantina Collalto è la più importante realtà vitivinicola della provincia di Treviso a conduzione familiare, 164 ettari di vigneti coltivati, di cui 100 sono dedicati alla produzione di Prosecco Superiore, ricco di profumi, fresco dal gusto rotondo che nasce nelle colline di Susegana. È indubbio che per seguire tutta la produzione e mantenere uno standard qualitativo che consenta di competere sui mercati mondiali ci vuole molta esperienza e preparazione e lei lo sta dimostrando, viste le bottiglie prodotte e la rete di distribuzione. Ma inizialmente, chi l’ha presa “per mano” per
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farle fare una full immersion, imparare e capire tutto l’insieme dell’azienda? “Premesso che non si smette mai di imparare, i miei veri insegnanti sono stati l’enologo Adriano Cenedese, ora in pensione, e l’agronomo Mirco De Pieri, tutt’ora al mio fianco, due colonne portanti dell’azienda che conoscono il vigneto, la cantina e i suoi vini meglio di chiunque altro. Senza dimenticare poi lo storico direttore, il Professor Antonio Giacomini, già insostituibile collaboratore di mio padre, mi ha aiutato moltissimo a capire il mondo del vino e a trasmettermi la passione per il nostro straordinario territorio che io conoscevo solo in modo superficiale. Tutte persone leali, legate alla mia famiglia, che mi sono state vicine e professionalmente mi hanno dato moltissimo”. Lei è da 11 anni alla guida della sua azienda, iniziale neofita in questi anni ha maturato una serie di esperienze nel settore vinicolo, in particolar modo del Prosecco, un vino dalle caratteristiche organolettiche uniche e Collalto ne è un protagonista di primo piano con bollicine di qualità. Cosa è successo da quando si è insediata saldamente sulla poltrona che è stata di suo padre? “Nel mondo del vino, il Prosecco rappresenta un bene preziosissimo. In questi anni lo abbiamo valorizzato in numerosi nuovi mercati attraverso la
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Prosecco
partecipazione a fiere e iniziative mirate. Mi dispiace quando vedo o sento dire che sui mercati ci sono dei Prosecchi che non fanno onore al vero Prosecco. Da un lato provo un senso di irritazione, dall’altro penso invece in termini positivi, ci distinguiamo grazie all’alta qualità del nostro Prosecco docg, prodotto nella nostra azienda e di cui controlliamo l’intera filiera produttiva. È questa del resto la filosofia che ho sposato fin dal mio arrivo in azienda e che voglio continuare a portare avanti. Fino al 2016 la vendita al pubblico avveniva attraverso il cosiddetto “spaccio”, siamo stati i primi in zona ad aprirne uno, proprio all’interno dell’area di produzione della cantina. È l’occasione per il visitatore di vivere la realtà aziendale, immergendosi nella sua storia e al contempo, ammirare sullo sfondo la vista suggestiva del castello di San Salvatore che domina il territorio circostante dall’alto della collina”. Quali sono i mercati dove voi siete presenti? “Tradizionalmente quelli europei a partire dalla Germania, Svizzera, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Inghilterra, Irlanda del Nord, fino ai Paesi nordici e i Baltici. Poi ci sono gli Stati Uniti, anche questo un buon mercato per noi e nel quale intendiamo migliorare la nostra presenza, l’America Latina con paesi come la Colombia l’Ecuador, Perù, Brasile che ci stanno dando grandi soddisfazioni. Infine il Sud Est asiatico che curiamo con molto interesse, per ora sono spesso soltanto vendite spot ma siamo fiduciosi in uno sviluppo più continuativo”. Iniziamo a parlare dei vini della cantina Collalto con l’enologo Andrea Affili che segue da 5 anni le varie fasi del processo di trasformazione, produzione ed
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invecchiamento del vino. “Abbiamo oltre 15 vitigni, di cui almeno 7 autoctoni tra i quali annoveriamo il Verdiso, il Wildbacher ma, soprattutto, gli Incroci Manzoni, di cui possiamo vantarne ben 4: il Manzoni Bianco, un incrocio tra il Riesling Renano e il Pinot Bianco; il Manzoni Rosa, incrocio tra il Trebbiano e il Traminer; il Manzoni Moscato, incrocio tra il Moscato d’Amburgo e il Raboso Piave; il Manzoni Rosso, incrocio tra Cabernet e Glera. L’incrocio Manzoni Moscato è stato riscoperto da pochi anni e sta vivendo una seconda giovinezza, lo vinifichiamo come spumante e possiamo ben dire di essere stati i primi a farlo. L’ultimo nato è una versione in rosa del Manzoni rosso, che abbiamo chiamato Sogno Rossorosa, profumato, fruttato e non molto corposo che si propone al palato con elegante semplicità”. Parliamo del rinomato Prosecco, fiore all’occhiello dell’Azienda Collalto, un vino profumato, fresco e giovane. “Il Prosecco è nato nelle nostre colline molto tempo fa con una tecnica di vinificazione che permetteva di fare un vino fermo che assomigliava a tanti altri. Poi, con la ricerca e la sperimentazione, la tecnica di spumantizzazione si è affinata e continua a migliorare di anno in anno con il risultato di produrre una certa tipologia di vini molto specifica di questa zona. Questo vitigno, specialmente in questa zona, si presta bene ad essere vinificato come base spumante”. Quali sono le tipologie di Prosecco che vengono prodotte? “Sono tante, iniziamo dal Prosecco tranquillo, molto tradizionale anche se siamo rimasti in pochi
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a farlo; il Prosecco frizzante, la versione classica conosciuta da oltre 100 anni, con una gasatura leggera, un vino di facile beva da pasto. Infine il Prosecco Spumante, un vino elegante e raffinato che viene spumantizzato in diverse tipologie. Il Ponte Rosso Brut Nature, molto secco con un grammo e mezzo di zuccheri e una lunga sosta sui lieviti di sei mesi, è l’ultimo nato, si propone a palati molto esigenti; il Brut San Salvatore, un vino classico della famiglia Collalto, ha un notevole corpo, rimane sui lieviti 4 mesi e questo gli permette di mantenere tutte le sue caratteristiche organolettiche per più di un anno; il Gaio extra dry, il più venduto, viene prodotto in una zona più a sud del vigneto, piacevole da bere, fruttato che incontra il gusto di molti palati; il Dame dry, è la versione più dolce, molto robusto, è fruttato e facile da bere, si abbina a tutti i dolci, potremmo chiamarlo il vino delle feste”. Dalla cantina quante bottiglie di Prosecco escono? “Su un totale di 850 mila bottiglie, più della metà sono Prosecco e le altre sono diverse tipologie di vini. Poi ci sono i vini rossi: l’autoctono Wildbacher, i rossi del Piave che sono vini tradizionali della nostra zona; il Vinciguerra Colli di Conegliano rosso docg, fatto con uve Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Merlot e Marzemino”. A Nicoletta Piovesan, responsabile commerciale e marketing, chiediamo cosa è stato fatto in questi anni per rafforzare la visibilità dell’azienda e del Prosecco. “Lo scorso anno abbiamo avviato un progetto in campagna con lo scopo di dare una identità ben defi-
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nita ai nostri prodotti. Siamo partiti dal lavoro nei campi analizzando terreni, creando delle micro parcelle omogenee che poi abbiamo vendemmiato separatamente e dall’analisi delle uve abbiamo definito e identificato i terreni più adatti per ottenere un prodotto con un basso residuo zuccherino o con un residuo un po’ più alto a seconda delle esigenze. È stato un progetto molto importante, lungo e impegnativo che ci ha permesso di individuare quali potevano essere i vigneti più vocati per fare un certo tipo di Prosecco”. Quindi avete zonato il vigneto? “Esatto, perché ogni terreno ha la propria caratteristica specifica da cui si ottiene un certo tipo di vino. Il passo successivo è stato quello di mettere nell’etichetta il nome del vigneto da cui provengono le uve. Ha già dato ottimi risultati. Dal vigneto di San Salvatore, proprio sotto l’omonimo castello, otteniamo il brut. Poi abbiamo il Ponte Rosso, un Brut Nature, viene dalla zona di Ponte Rosso che ha un’argilla rossa; il vigneto del Gaio extra dry si trova a metà collina, vicino al Bosco del Gaio, dove la temperatura è più alta, c’è meno roccia e più argilla; a sud della collina nasce il Dame Dry. Abbiamo ora in cantiere un nuovo vino, Rive di Collalto, un extra brut con 6 grammi di zucchero residuo, sarà messo in vendita per Natale. Questo Prosecco nasce per valorizzare la produzione dell’azienda”. A chi è venuta l’idea di zonare il vigneto? “È nata un po’ da tutti, si parla, si fanno riunioni, vengono fuori tante idee e da questo brain storming è nato il l’ambizioso progetto, che nella degustazione di un calice di Prosecco lo si possa immediatamente riconoscere: questo è di Collalto!”.
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Food&Wine di Enzo Russo
Salumi Beretta “puriâ€? da piĂš di due secoli Una doppia linea basata su allevamenti etici, filiera controllata e attenzione ai nuovi bisogni alimentari
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Food&Wine
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ualità & Genuinità, sono i principali “ingredienti” che hanno contribuito a far conoscere agli amanti della cucina , i gourmet e in generale il mondo della ristorazione e del consumatore, il Salumificio Fratelli Beretta, una bottega diventata azienda, fondata nel 1812 a Barzanò dai fratelli Felice e Mario Beretta. Con la loro maestria artigianale sono riusciti a conquistarsi un posto in “prima fila” nel panorama dei salumi che vengono prodotti quotidianamente. Sono tra i salumi più venduti e conosciuti nel mondo e una delle più importanti realtà nel panorama della lavorazioni delle carni suine. Il suo nome: Salumificio Fratelli Beretta, è una garanzia per tutti, sia in Italia sia all’estero. Questo primato, faticosamente conquistato nell’arco degli anni è il frutto delle generazioni che si sono succedute che hanno scelto di proseguire sul solco tracciato dal capostipite, sempre alla ricerca della migliore qualità artigianale che è risultata vincente.
sull’Adda (Mi). È molto contento di come è andata la convention per la presentazione delle due nuove linee di prodotti alla forza vendita, buyer e addetti ai lavori. “Certamente la nostra azienda è una delle più attive nel campo delle innovazioni nell’ambito della salumeria. Questo perchè da una parte siamo un brand presente sul mercato da oltre due secoli, costellati da successi, ma per questo non ci siamo mai seduti sugli allori, ci siamo sempre impegnati nella ricerca della migliore qualità dei salumi tipici igp e dop. Sul mercato ci sono molti “attori” con cui dobbiamo confrontarci ogni giorno. E quindi bisogna rinnovarsi attraverso la ricerca, cercando di interpretare i cambiamenti del consumatore, se non anticiparli”. È su questo fronte che il Salumificio Fratelli Beretta intende rimarcare ulteriormente le sue origini della più autentica salumeria italiana. “Nell’ultimo decennio”, ci dice Farina”, abbiamo dato vita ad una una nuova linea di salumi, un segmento di alta qualità rivolta ai buon gustai, i gourmet, ai globetrotter sempre alla ricerca della qualità, del buon mangiare sano e genuino. Sono arrivati i salamini Beretta, unici nel suo genere. Anche quest’anno abbiamo confermato questa nostra vocazione lavorando su più fronti. Abbiamo fatto diversi lanci, alcuni della vera salumeria della tradizione e altri, invece, ampliando il nostro portafoglio prodotti con soluzioni innovative, che si rivolgono ad un target specifico che vuole mangiare il buon salume italiano”. Bene, allora parliamone. “Uno degli elementi, che non riguarda solo la salumeria, ma in generale l’agroalimentare, uno dei trend principali è la ricerca della salubrità e della rassicurazione, così ci siamo mossi per mettere a punto ed identificare le filiere produttive che ci garantissero il proseguimento di questi obbiettivi. Nella pri-
La storia del Salumificio Fratelli Beretta è lunga, costellata di successi, strategie, acquisizioni, diversificazioni per competere a livello mondiale. È un’Azienda sempre in anticipo, innovativa che sembra voler dettare regole e cambiamenti in un mercato globalizzato, dove sui banchi di vendita si trova una variegata offerta di prodotti. Dai salumi freschi a quelli stagionati, da quelli saporiti a quelli piccanti, da quello grasso e morbido a quello light. Arrivano dall’Europa, ma anche oltre Oceano. Insomma salumi per tutti i gusti. All’occhio sembrano invitanti, ma della materia prima usata, la filiera produttiva dall’alimentazione al prodotto finito, che cosa ne sappiamo? Incontriamo Enrico Farina, responsabile marketing del Salumificio Beretta, nella sede di Trezzo
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mavera di quest’anno abbiamo individuato la filiera, lanciando una nuova linea di salumi, sia affettati in vaschetta che a banco taglio, che si chiamano Puro Beretta, perché si tratta di puro salume sano e buono, la qualità allo stato puro. Si tratta di una gamma di salumi tradizionali, Prosciutto cotto, Prosciutto crudo, Mortadella, Salame Milano e il Petto di pollo arrosto. Le materie prime provengono da filiere certificate che consentono il controllo produttivo in tutte le sue fasi, dall’allevamento fino alla trasformazione finale che viene fatta da noi. Il salume è sano, perchè viene fatto con carni provenienti da allevamenti, dove non è previsto l’uso di antibiotici e l’alimentazione degli animali è esclusivamente vegetariana. Gli additivi sono ridotti all’essenziale. È buono, perchè a differenza di altri esperimenti fatti da altre aziende, i nostri prodotti risultano ai vertici dei test orga-
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nolettici. La materia prima non è italiana, perchè non esistono in Italia allevamenti di dimensione tale da garantire una produzione nazionale. In questo caso provengono dalla filiera danese ed olandese, spiace dirlo, ma nei Paesi del nord Europa sono più avanti di noi in tema di salubrità delle carni e all’avanguardia nell’allevamento”. Voi fate controlli? “Assolutamente si, abbiamo accordi per fare controlli sin dai primi giorni dell’animale”. Questa nuova linea di salumi è già in vendita? “Siamo presenti nella GDO, per quanto riguarda il salume affettato in vaschetta. Noi crediamo molto in questo progetto e riteniamo che nei prossimi 5 anni potrà soppiantare la produzione tradizionale. I primi dati sulle vendite sono molto positivi e questo è un buon segnale sulle scelte che abbiamo fatto. Anche la vendita sui banchi assistiti sta avendo successo”.
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Food&Wine cena”. Ecco, questo è il Salumificio Fratelli Beretta, un azienda con vocazioni innovative da sempre al passo con i nuovi desideri, con i tempi che corrono veloci, dove l’attenzione alla salute è parte integrante in tutta la catena produttiva. Prima di lasciarci, Farina ci dice: “L’Italia è un Paese meraviglioso dal punto di vista delle peculiarità alimentari e dell’unicità dei prodotti che si distinguono da Regione in Regione per tradizioni, profumi e sapori. E noi, nella nostra bottega artigianale, vogliamo continuare a difendere questo nostro patrimonio, che è una miniera alimentare a cielo aperto, con un rigoroso controllo nella scelta della materia prima e di tutta la filiera produttiva. La qualità e la genuinità sono la nostra bandiera ”. E l’altra novità che avete presentato? “È imminente la presenza nella GDO. Si tratta di una proposta innovativa con un offerta modulare di 29 confezioni. Sono degli snack monoporzione composti da salume, formaggio, diversi tipi di pane e grissini. Per cui chi segue una dieta o chi va in palestra oppure chi desidera nell’arco della giornata soddisfare un certo tipo di appetito, sono l’ideale. Non c’è che l’imbarazzo della scelta per chi segue un regime alimentare. È tutto previsto nelle 29 offerte, dai salumi ai formaggi, dal pane ai grissini fino alla frutta e al cioccolato. Dopo gli snaks, abbiamo pensato anche ad una gamma di prodotti, ma con tre componenti e grammature superiori che possono sostituire il pasto di mezzogiorno. Sono dei piccoli piatti. E a completamento della vasta gamma, ci sono 4 mixer, composti da salumi, formaggi sottaceti per un happy hour da fare a casa da soli o con amici in attesa della
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SNACK E SALUMI CON LE BOLLICINE UN FELICE MATRIMONIO Altro pregio delle due nuove linee, Snack e Puro Beretta, è quello di attrarre il vino. In particolare le bollicine, ma anche bianchi e rossi giovani freschi. In questo caso vi consigliamo due vini importanti della Cantina Cleto Chiarli, la più antica azienda vitivinicola modenese che ha iniziato a produrre il Lambrusco fin dal lontano 1860. Il Marchio storico ‘Cleto Chiarli’ firma vini ottenuti dalla selezione delle migliori uve provenienti da oltre 100 ettari di vigneti di proprietà e dalle più vocate zone di produzione dei vini DOC dell’Emilia-Romagna. Dalla cantina escono diverse tipologie di Lambrusco che hanno conquistato un
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Food&Wine Nella foto il responsabile marketing Enrico Farina a fianco della nuova DS7, un suv elegante, comodo e sicuro.
posto importante sui mercati nazionali ed esteri. L’ideale “matrimonio” che proponiamo con le bollicine Chiarli, daranno al palato freschezza, sensazioni di nuovi sapori e anche profumi legati alla campagna quando inizia a diventare verde. L’incontro esalterà le virtù dell’altro, perché l’acidità e la spuma del vino contribuiranno a tenere la bocca pulita e a prepararla al prossimo boccone. Con i salumi Puro Beretta, si sposa perfettamente Vecchia Modena – Lambrusco Modena doc, un vino ottenuto da uve vitigno Sorbara, dal gusto secco e sapido, armonioso, gradevolmente acidulo. La spuma è fine ed evanescente, il colore è chiaro e vivace con riflessi rosa e il profumo è intero e gradevole. Con gli Snacks, dal sapore delicato, l’ideale è il Pignoletto Brut Millesimato-Villa Cialdini. Il vitigno è il Grechetto gentile che nasce prevalentemente nella fascia collinare compresa tra le provincie di Modena e Reggio Emilia”. Sono bollicine fresche che avvolgono il palato, dal colore paglierino chiaro, leggermente aromatico
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e fruttato, spuma abbondante con perlage fine e persistente. Sapore delicato con sentori di frutta fresca., è asciutto, armonico e il bouquet ricorda il profumo del biancospino.
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PER INFORMAZIONI Salumificio Fratelli Beretta S.p.A. Via Fratelli Bandiera 12 20056 Trezzo sull’Adda (Mi) Telefono 02.909851 – Fax 02.90985510 www.berettafood.com RINGRAZIAMENTI: Per la degustazione dei vini si ringrazia CHIARLI 1860 . Via D.Manin, 15 41100 MODENA www.chiarli.it
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Chiarli, lambrusco mondiale
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l magazine statunitense, Wine Spectator, ha pubblicato finalmente la sua classifica annuale “TOP 100”. Ogni anno gli autori di Wine Spectator esaminano i vini recensiti nei 12 mesi precedenti e selezionano la Top 100, in base a qualità, valore, disponibilità ed eccitazione. “Questo elenco annuale”, dicono gli autori, “onora cantine, regioni e annate di successo in tutto il mondo. Quest’anno la classifica vede la presenza di ben 19 vini italiani e tra questi il Lambrusco del Fondatore 2016 Cleto Chiarli selezionato da Wine Spectator tra i 100 Migliori Vini del Mondo. Unico Lambrusco di questa importante classifica mondiale, Il Fondatore Cleto Chiarli entra nel ghota delle più rappresentative etichette del mondo. La classifica “Top 100 Wines of 2018” è il risultato della selezione di più di 15.000 bottiglie degustate dagli esperti di Wine Spectator e valutate secondo criteri di qualità, carattere, valore, reperibilità. Un riconoscimento dunque importantissimo che suggella l’appartenenza di Cleto Chiarli alla schiera dei più grandi produttori vinicoli italiani e mondiali. “È una notizia che ci ha riempiti di gioia ed orgoglio”, ha detto Anselmo Chiarli, “Wine Spectator è una autorità mondiale nel settore vinicolo e la sua classifica Top 100 Wines premia da sempre dei veri mostri sacri dell’enologia mondiale. Siamo emozionatissimi quindi di trovare quest’anno un nostro Lambrusco, felici di essere in compagnia di altri 18 meravigliosi vini italiani. Sono poi particolarmente contento che sia proprio il nostro Sorbara del
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Fondatore ad essere stato selezionato perché rappresenta davvero il prodotto più autentico e rappresentativo della nostra storia e della nostra azienda, il nostro vino del cuore”. Nei giorni scorsi si è aggiunto un altro importante riconoscimento per i vini Cleto Chiarli: Premium Vecchia Modena è stato selezionato tra i 103 migliori vini italiani di OperaWine 2019! (E.R.)
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Vino & Motori di Enzo Russo
Peugeot 2008 un crossover elegante, comodo e sicuro
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a nuova Peugeot 2008 1.6 diesel, 120 cv. cambio manuale a sei rapporti, è un crossover pensato anche per la città, conquista subito per la linea slanciata e morbida. Ha una personalità ben definita, con elementi originali quali il tetto che sale verso la coda all’altezza delle porte posteriori, i mancorrenti sul tetto (di serie fin dalla “base”) e i fanali dalla forma filante. Oltre agli inserti in metallo nei paraurti, che le conferiscono un’aria da fuoristrada. L’abitacolo è ben rifinito e la luce non manca con il tetto panoramico, che si si oscura con una tendina ad azionamento elettrico. Peccato per chi è al fianco del guidatore, non sa dove mettere le mani, mancano le maniglie al soffitto. L’assetto ben definito e lo sterzo preciso rendono la guida piacevole e rilassante. Eleganti e ben rifinite, plancia e consolle sono arricchite dallo schermo tattile di 7” dal quale si gestiscono l’impianto audio, il Bluetooth, le funzioni di navigazione. Il cruscotto è ricco di strumentazione che da informazioni istantanee, come i consumi di carburante, chilometraggio e altro, Il volante piccolo e di forma schiacciata è piacevole da tenere fra le mani perché trasmette una sensazione di guida sportiva e molto briosa. La dotazione è ricca, bello il “clima” bizona. E poi ci sono i cerchi in lega che rendono la Peugeot 2008, elegante e bella. L’abbiamo provata per andare in Sicilia, autostrada del Sole e imbarco a Napoli, con i sedili posteriori abbassati per il notevole bagaglio. In autostrada si
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è comportata in modo impeccabile, specialmente sugli Appennini, la tenuta di strada è stata perfetta nelle curve e nei sorpassi, senza nessuna sbavatura, incollata all’asfalto. I 120 cv si fanno sentire nella sicurezza di chi guida con il cambio manuale a 6 rapporti e con un impianto frenante sicuro. In pianura ha dimostrato tutta la sua potenza, silenziosità e sicurezza. Impostando il cruise control a 130 all’ora è un piacere guidare la Peugeot 2008 in tutto relax e avere tutta la strumentazione di bordo sotto controllo e ben visiva, senza distrarsi dalla guida. Sedersi alla guida della Peugeot 2008, sembra di dominare la strada, si ha subito una sensazione piacevole derivante da tutto quello che offre per fare un viaggio sicuro e rilassante, dal climatizzatore al cruise control e lo Stop&Start, un sistema che spegne automaticamente il motore ogni volta che ci si ferma al semaforo. Serve per limitare i consumi e le emissioni nelle aree urbane, dove si passa molto tempo fermi al semaforo o in coda. Anche i consumi sono molto buoni, tenendo un piede leggero: in città 14 km/l, extra urbano/autostrada 18,6 km/l. Un viaggio dove la Peugeot 2008 ha dimostrato tutta la sua affidabilità, sicurezza e potenza.
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www.enzopancaldi.it - ph: Carlo Guttadauro, Archivio www.lambrusco.net
BEVI RESPONSABILMENTE
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News
L’azienda vinicola Rebollini festeggia i cinquant’anni con bollicine super e pesce
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stessa passione dei loro predecessori) si fondono, si collegano e si compiacciono del cammino percorso e dei risultati fin qui ottenuti. Oggi, Rebollini è un’azienda di tutto rispetto, con oltre 35 ettari di vigneti, una produzione complessiva di 100 mila bottiglie suddivise in 16 etichette. Per tutti questi motivi, Gabriele Rebollini ha voluto celebrare i suoi primi cinquant’anni con una serie di iniziative, simboliche ma molto sentite. La prima è stata la presentazione alla stampa dei suoi vini di punta, prevalentemente bollicine, nella prestigiosa cornice del ristorante Molo13 – Via Rubens 13 – Milano, dove le schioppettanti bollicine si dono esaltate con la cucina sardo marinara. Il titolare e chef ha preparato piatti di pesce crudo eccezionali, iniziando da un un plateau di ostriche, vongole e ricci con un profumo di mare che ci hanno accompagnati fino al primo e ai secondi piatti come l’astice alla catalana in agrodolce, frittura e tartare di pesce. La seconda è stata la realizzazione di una bottiglia celebrativa, cuvée Brut Nature millesimato 2013, impreziosita da un’etichetta disegnata per l’occasione. La terza è stata infine l’organizzazione di una cerimonia presso l’azienda, nella quale Gabriele Rebollini ha voluto intorno a sé i collaboratori, di una vita, gli amici più cari, le persone importanti per la sua attività. (E.R.)
inquant’anni di attività sono un traguardo importante in tutti settori, ma in particolare per un’azienda vitivinicola. Cinquant’anni vogliono dire infatti cinquanta vendemmie e cinquanta annate in bottiglia, tra le quali fare raffronti da cui trarre insegnamenti, mettendo a tesoro l’esperienza, la conoscenza delle vigne, delle uve e del territorio, per realizzare vini sempre più equilibrati. Anche per l’Azienda Vinicola Rebollini, situata nel cuore dell’Oltrepò Pavese, il mezzo secolo di storia, celebrato quest’anno, è un momento importante: il punto in cui il passato (ossia l’eredità delle due generazioni che hanno fondato e guidato la cantina nella fase iniziale), il presente (del quale è protagonista Gabriele Rebollini, attuale patron dell’azienda), e il futuro (le nuove generazioni, che sono animate dalla
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Degustazioni
Tenute Lunelli presentano Auritea, Cabernet Franc 2015 Costa Toscana IGT firmato da Luca D’Attoma Auritea è un Cabernet Franc in purezza, un vino di grande intensità che fin da subito si posiziona al vertice della produzione toscana delle Tenute Lunelli, a Podernovo, uno splendido poggio vitato sulla Costa Toscana, che gode di un microclima ideale per la creazione di vini rossi di pregio, grazie alla brezza marina che rinfresca le calde giornate estive. Il vigneto “Olmo”, situato sul lato est della collina di Podernovo, produce un Cabernet Franc di particolare freschezza, grazie alla posizione che garantisce l’esposizione al sole del mattino e il riparo dai forti raggi pomeridiani. Il terreno presenta strati ricchi di minerali, sia in profondità che in superficie, tanto che camminando nel vigneto si possono ritrovare conchiglie fossili dell’era pliocenica. È qui che nasce il nuovo Auritea, frutto della collaborazione con Luca D’Attoma, enologo di grande esperienza, soprattutto su questo tipo di vitigno, e da alcuni anni consulente enologico delle Tenute Lunelli. A lui si deve la creazione di tutti i vini toscani e umbri della famiglia Lunelli. Il nome Auritea rimanda ad Arca Aurita, la conchiglia fossile presente da milioni di anni nei terreni della Tenuta, che dona a questo vino una suadente mineralità. Al naso stupisce per la profonda intensità, dove sentori di polvere di cacao, confettura di ribes nero e rosmarino anticipano accenni più speziati e balsamici. In bocca la struttura, solida ed elegante, mette in risalto la morbidezza del tannino e regala, nel finale, la sapidità donata proprio dalla componente fossile del terreno. La prima annata di Auritea nasce dalla vendemmia 2015, effettuata rigorosamente a mano in piccole cassette e, dopo un’accurata pre-macerazione a freddo e una vinificazione in acciaio, matura per 18 mesi in barriques di legno francese, prima di affinare per altri 12 mesi in bottiglia. Come tutte le etichette di Podernovo, sarà un vino biologico. Sarà prodotto in appena 4mila bottiglie.
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Cantina Tramin , ecco il nuovo Chardonnay Riserva “Troy” 2015 Si chiama “Troy” il nuovo vino con cui Cantina Tramin si confronta con i grandi Chardonnay del mondo. Nell’antica lingua locale significa “sentiero“, nome scelto per evocare un lungo percorso compiuto dalla storica azienda altoatesina. Una crescita qualitativa ininterrotta che prosegue da oltre vent’anni, testimoniata dai numerosi premi e riconoscimenti raccolti dai propri vini, nei quali la varietà Chardonnay era impiegata finora come importante componente della prestigiosa cuvée Stoan. “Nel nostro territorio – afferma Willi Stürz, kellermeister di Cantina Tramin – per molti anni lo Chardonnay coltivato a quote elevate non era apprezzato, a causa della sua struttura esile. Con il passare del tempo abbiamo compreso come le piante potevano trovare il proprio equilibrio e ad avere basse rese in modo naturale, con un minimo intervento di regolazione delle quantità. Questo ci ha consentito di raggiungere i risultati odierni, di cui siamo molto soddisfatti”. I vigneti si trovano in località Sella, sul versante orientale del massiccio della Mendola. Si collocano tra 500 e 550 metri d’altezza, quindi in posizione più avanzata rispetto a quelli di Gewürztraminer con cui si produce Epokale, il primo vino bianco italiano premiato con 100/100 dalla guida Robert Parker Wine Advocate. Hanno un’età media di 25 anni e sono allevati in parte a guyot e in parte attraverso la pergola semplice aperta, con pendenze che vanno anche oltre il 30%. L’’esposizione è a sud-est e gode di giornate calde e soleggiate, con forti escursioni termiche notturne e la presenza di correnti fredde provenienti dalle montagne. I terreni sono composti da ghiaia calcarea mista ad argilla.
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Degusazioni
Per la prima edizione di Troy è stata scelta la vendemmia 2015, annata eccellente per i vini bianchi dell’Alto Adige. Durante la raccolta le uve sono state attentamente selezionate, con un controllo acino per acino. La fermentazione è avvenuta in barrique, dove il vino ha sostato per undici mesi sui lieviti, compiendo anche la fermentazione malolattica. Troy è stato dunque travasato in contenitori di acciaio per un’ulteriore maturazione sui lieviti di 22 mesi. La chiarificazione è avvenuta quindi per precipitazione spontanea prima dell’imbottigliamento. Ne è risultato un vino dal colore dorato con un’intensità e un’ampiezza di profumi che svelano immediatamente la propria origine montana, con delicati sentori floreali e agrumati, sensazioni di frutti tropicali, come mango, banana e melone galia, note di camomilla e menta e un tocco di mandorla. In bocca domina la freschezza e una piacevole mineralità salina, con un finale lungo sui toni minerali e sensazioni retro olfattive tropicali e di nocciola tostata.
Chianti Classico Gran Selezione Romitorio di Santedame 2015: dopo 11 anni torna il “gran toscano” di Ruffino Prodotto in sole 6500 bottiglie, debutta sul mercato con l’annata 2015 il Romitorio di Santedame con un nuovo uvaggio, 90% Sangiovese e 10% Colorino, una nuova veste e soprattutto sotto la DOCG del Chianti Classico Gran Selezione. Romitorio di Santedame era un’etichetta storica di Ruffino – azienda vitivinicola di Pontassieve fondata nel 1877 – nata nel 1990 come Toscana IGT. Vino pioniere e prodotto in edizione limitata è stato testimone dell’importanza che Ruffino ha sempre attribuito alla ricerca e alla valorizzazione dei vitigni autoctoni toscani. L’uvaggio era quindi basato sul Colorino e una piccola parte di Merlot. Dopo 11 anni di assenza, il Romitorio di Santedame ritorna come Chianti Classico Gran Selezione e prende i natali da un singolo poggio di una delle zone di produzione più prestigiose dell’intera denominazione: la Conca d’Oro di Castellina in Chianti. Una fortunata combinazione di suolo, altitudine ed esposizione fa di quest’area un terroir privilegiato. Qui, a 400 m slm con esposizione sud e terreni ricchi di scheletro, galestro e argilla molto ben drenati e ideali per la coltivazione del sangiovese, crescono le viti dedicate alla produzione del Chianti Classico Gran Selezione. La posizione ventilata e la vicinanza di un’area boschiva garantiscono inoltre un’ottima escursione termica preziosa per la corretta maturazione delle uve e lo sviluppo di sostanze polifenoliche fondamentali per la componente aromatica del vino. Proprio in questo luogo dalle caratteristiche uniche e fortunate nel 2015 si è tenuta la prima vendemmia dedicata alla produzione del Chianti Classico Gran Selezione Romitorio di Santedame. Produzione che è iniziata in un’annata eccellente, caratterizzata da temperature calde e giornate terse che hanno garantito uve perfettamente mature e sane con profili che si sono tradotti in un vino di grande eleganza e struttura. Per questo vino Ruffino ha scelto uno stile di vinificazione molto tradizionale che ha visto
Walton Brook Vineyard Pinot Gris 2013 metodo classico Ogni anno il Challenge Euposia presenta delle novità interessanti nel panorama del metodo classico internazionale. Dal Leichestershire arriva questo Pinot gris, vitigno poco utilizzato nelle spumantistica; tecnologia e cloni dalla Germania per questa cantina avviata nel 2008 su colline rivolte a mezzogiorno in questa contea che sta nel cuore del Regno Unito, poco a nord di Leicester. Walton Brook è una piccola cantina, con poco meno di 10mila viti piantate e questo Pinot Gris è del 2013 con sboccatura nel 2018. Brillante nel bicchiere, ha al naso note citrine immediate di lime con fiori bianchi, erbaceo e note di cipria. Il palato è molto fresco, spalla acida ancora importante nonostante l’evoluzione sui lieviti, palato ampio dove tornano note d’agrumi, pompelmo ed un finale morbido di mandorla tipico del vitigno. Invitante alla beva, molto gradevole e nel complesso assai equilibrato.
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Degustazioni delle eccellenze dell’azienda. Quindi prima Attilio Scienza e Gazzetta Ufficiale e poi Istituto di Ricerca di Arezzo, CREA, Prof Storchi hanno terminato gli ulteriori studi per terminare la registrazione e consacrarlo Vitigno Toscano. Fabio De Ambrogi vive qui dal 1999, un millennials si potrebbe dire, dalle idee chiare, nel vecchio casale di famiglia che ancora profuma di ricordi di una semplice e signorile vita rurale. Il padre era top manager da Gucci e inizialmente ne segue le tracce lavorando nel campo della moda occupandosi dell’export. Il Siro Fifty 2015, annata storica, è composto come detto da Sangiovese e Gratena nero, quest’utimo vitigno autoctono, ritrovato in azienda. La Fattoria di Gratena, che ne è proprietaria e produttrice esclusiva, deve inizialmente questo ritrovamento alla curiosità di Giacomo Tachis. Ma fu Attilio Scienza a condurre un attento studio ampelografico con l’Università di Milano che lo portò dopo tre anni di micro vinificazioni a stabilire l’individuazione di un nuovo DNA quindi di un vitigno originale registrato con Decreto Ministeriale del 28 maggio 2010 con il nome di Gratena Nero . Non un sangiovese dunque, come parrebbe lecito aspettarsi da questo fazzoletto di terra tuscia. In un piccolo appezzamento di vigneto chiamato la vigna del Beppone, pronto ormai al rinnovamento delle piante, nel 1997 fu scoperta dell’uva che non aveva le foglie tipiche del Sangiovese. Per curiosità quella poca uva venne vinificata e il prodotto fu un vino scuro, denso, molto tannico, dall’odore quasi sgradevole. Non rimaneva quindi che estirpare il vigneto. Però quel vino non venne eliminato ma riassaggiato quattro mesi dopo, a marzo e la sorpresa fu grande. E poi con l’arrivo di Fabio Mecca rispettosamente ingentilito. La cantina Fattoria di Gratena produce circa 7000 bottiglie del vino “Siro Fifty”. 14 gradi alcool. Gratena Nero è ufficialmente vitigno Toscano da Settembre 2017.
seguire ad una fermentazione in tini di acciao inox a temperatura controllata, una macerazione sulle bucce di circa 10 giorni e un successivo affinamento di 30 mesi, di cui 24 in botti di rovere. Il Romitorio Santedame 2015 si presenta alla vista con un colore rosso rubino intenso. Al naso spiccano i sentori varietali del sangiovese con note di frutta rossa matura accompagnate da spezie ed eleganti note balsamiche. Al palato si riconfermano persistenti le note di frutta rossa matura e si evolvono i sentori speziati che vanno dal pepe alla liquirizia. Un finale lungo e una struttura elegante sostenuta da tannini fitti e setosi fanno intendere il lungo potenziale di invecchiamento di questa Gran Selezione. Un vino capace di raccontare un legame che perdura da più di 140 anni, quello tra Ruffino ed il Chianti Classico.
Fattoria di Gratena Siro Fifty 2015 Vino di superiore potenza e intensità gusto aromatica, di eccezionale ricchezza cromatica ed estrattiva. L’asse portante è polpa di frutto, distillata dal grado, di concentrazione maestosa, tutta avvolta in felpati e mentosi balsami di vaniglia e dolci spezie del rovere. Quante storie racconta questo vino. Siro Fifty Igt Toscana è un Sangiovese 80% e Gratena nero 20%. Questo il blend di un’azienda ancora poco conosciuta ma di grande prospettiva. Fattoria di Gratena dispone di 15 ettari – ubicati nell’agro che esiste da prima della battaglia di Campaldino che si combattè l’11 giugno 1289 fra i Guelfi e i Ghibellini - certificata Bio dal 1994, una delle prime in Italia. Quasi ci si imbarazza nel dover sceglierne una per partire nel racconto. Anzitutto, come spesso accade nel mondo del vino, le eccellenze nascono quasi per caso. Un racconto che prima di aprire la bottiglia comincia dal campo e da un vitigno ritrovato, creduto perso, di antico lignaggio. Il gratena nero. La Fattoria di Gratena è composta da 180ha dei quali 15,50 sono vitati e 10 sono a olivo, vino e olio certificati come detto biologici. Ha una linea di tre etichette: Chianti Gratena, Siro Fifty IGT Toscana e Gratena Nero IGT Toscana . Il Siro Fifty rappresenta una
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T.N. 76 Weissburgunder: da Thomas Niedermayr un originale Pinot Bianco nato dalla vendemmia 2014
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Thomas Niedermayr presenta il suo nuovo Pinot bianco nato dalle uve raccolte quattro anni fa. Il T.N. 76 Weissburgunder 2014 è l’unico vino prodotto utilizzando uve tradizionali da parte del vignaiolo altoatesino, famoso per essere stato tra i primi e più convinti sostenitori in Italia dei vitigni Piwi, varietà naturalmente resistenti alle malattie fungine ottenute attraverso incroci per impollinazione eseguiti in vigna. Nonostante un’annata più piovosa del solito, la vecchia vigna di Pinot bianco piantata nel 1976 ha saputo sviluppare grappoli ricchi di zucchero ed equilibrati, che Thomas ha interpretato in modo originale rispetto alla tradizione locale che vuole da questo vitigno vini giovani e di pronta beva, ma rispettoso del suo modo di intendere il vino naturale e il suo potenziale evolutivo. Fermentazione spontanea, tre anni di affinamento in acciaio e rovere neutro e nessuna filtrazione: il T.N. 76 Weissburgunder 2014 è oggi un vino tanto ricco di gusto e profondità quanto sorprendente per eleganza e bevibilità. I classici aromi di mela del Pinot bianco sono impreziositi da note fruttate e speziate ravvivate da una grande freschezza e sapidità che rendono questo vino eclettico per gli abbinamenti a tavola. «La vecchia vigna di famiglia ha saputo adattarsi alle particolari condizioni climatiche del 2014, donando uve di grande qualità – racconta Thomas Niedermayr -. Io mi sono limitato a rispettarne i tempi e a permetterne la naturale evoluzione in cantina per estrarre i profumi, i sapori e l’anima profonda di questo vino classico dell’Alto Adige».
Diletta Rosé Puglia Igp 2017 Cantine De Nittis d’Alba Addí ca l’úcchie pose tótte jí silénziose, si potrebbe dire, in pugliese, ovvero, “Dove l’occhio si posa, tutto è silenzioso” nella tenuta De Nittis d’Alba a Manfredonia. Il momento migliore per degustare Diletta Rosé Puglia Igp 2017. È quel momento della giornata che coincide con la “tardecita“, un’uscita sul lungomare di Manfredonia verso l’imbrunire.. Bombino in purezza, questo rosé ha una personalità forte che si impone. Lavorazione in acciaio e vetro e poi elevazione in vetro. Colore rosato carico come un clairet bordolese. Profilo aromatico connotato da profumi in bella mostra, come i frutti del sottobosco, la melagrana, il tamarindo, il chinotto ed il mirto, la prugna e la susina matura. Pregevole il sentore vegetale. In bocca entra un sorso morbido, vellutato, suadente, cristallino, elegante e soprattutto fresco e beverino. Frutto integro e polposo. Buona l’espressione finale. Dal colore rosato che ci ricorda il passato estivo e ci riscalda il cuore. A torto classificato tra i minori di Puglia, il Bombino nero in realtà è un vero e proprio protagonista in particolare nell’interpretazione di questa azienda nata dall’incontro di amici con la passione per l’eccellenza: Raffaele Pio De Nittis e Michele d’Alba . Una tradizione che risale al 1700, un brand che affonda le sue radici nelle terre di Manfredonia, accarezzate dal vento del Mar Adriatico e crogiolo di culture ed eccellenze enogastronomiche rinomate in tutto il mondo. Poche bottiglie da centellinare .
Tasca d’Almerita, debutta il Pinot nero extrabrut Rosé 2014: il metodo classico che nasce a Ragaleali L’espressione extra brut del Pinot Nero in purezza a Regaleali – la tenuta madre della famiglia Tasca d’Almerita nel cuore della Sicilia – è un Metodo Classico millesimato dal colore rosa antico della vendemmia 2014. Il Pinot Nero proviene dalla vigna “Piana Case Vecchie” a Regaleali: 6 ettari impiantato da Lucio Tasca nel 1984 su una collina a 480 metri
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Degusazioni
di altezza su un terreno di argille fini, leggermente calcaree. Una sperimentazione en rose che ha visto fin dal suo inizio, dieci anni fa, la sua migliore espressione nella versione extra brut. Grazie alle condizioni pedoclimatiche “continentali” della Tenuta Regaleali, questo vino rivela tutta la tensione tra freschezza e acidità mostrando un perlage fine e continuo con sentori tipici del vitigno e delicata frutta rossa. L’annata 2014 è stata fresca e ha permesso un buon sviluppo della vite e un buon inizio di maturazione, con un’estate mite e assenza di piogge. Il Pinot Nero è stato raccolto il 14 agosto, una tra le prime vigne della tenuta ad essere vendemmiate. Una permanenza sui lieviti di 36 mesi con rifermentazione in bottiglia per un vino complesso, fresco, e discretamente sapido e persistente. Sboccato a luglio 2018.
Rosé
Roséxpo, il rosa spopola al Castello Carlo V di Lecce
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a quinta edizione di Roséxpo, il salone internazionale dei vini rosati, organizzata da deGusto Salento, quest’anno ha fatto strage di numeri. Duecentosessantaquattro etichette, centosettantasette aziende italiane e straniere (Francia, Slovenia, Israele, Libano, Georgia, Portogallo), cinque consorzi, sette grandi distributori, quattrodici regioni italiane coinvolte, duemilacinquecento wine lover. Il convegno d’apertura titolava “Il vino rosato visto Oltreoceano”. «Guardiamo all’estero, osserviamo le case history riuscite, non possiamo non ispirarci al successo che lega l’idea di rosé a un luogo cult come Saint Tropez, guardiamo alla Francia che con i rosati ha creato uno stile di vita e da lì vogliamo partire per innescare un nuovo meccanismo di promozione del rosato come brand italiano del piacere e del gusto» spiega Ilaria Donateo, presidente di deGusto Salento. La Francia resta il primo consumatore mondiale, con oltre un terzo delle quote, seguita da Stati Uniti (14%) e Germania (8%) che nel lungo termine registrano un trend di aumento dei consumi. In tutto il mondo, si bevono 24 milioni di ettolitri di vino rosato, secondo gli ultimi dati disponibili (riferiti al
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2016) forniti dall’Osservatorio economico mondiale dei vini rosati, di France Agrimer e Civp-Conseil interprofessionnel des vins de Provence. L’Italia, che è quarto produttore, secondo esportatore a valore dopo la Francia e terzo esportatore in volume sempre dopo la Francia e la Spagna, occupa una quota molto bassa nei consumi: il 4%. Molto importante nell’ottica di promozione ed internazionalizzazione è stato il patto d’intesa sui Rosati siglato a Bardolino tra i cinque più importanti consorzi: Bardolino con il Chiaretto, Valtènesi, Vini d’Abruzzo con il Cerasuolo d’Abruzzo, Castel del Monte e Salice Salentino. Il loro obiettivo è soprattutto l’estero, perché ancora oggi valorizzare i rosati in un Paese, come l’Italia, che non sembra apprezzarli e consumarli in maniera sistematica, non è facile. Il convegno ha evidenziato come sia importante il rilancio dell’immagine del made in Italy negli Stati Uniti, dove i vini di Provenza spadroneggiano, conquistando la fiducia della fascia target: i millennials. E dove i rosati francesi spuntano prezzi medi di 48 dollari a bottiglia rispetto ai 18 dollari di quelli italiani. Personalmente ritengo che l’insuccesso del rosato in Italia (anche se purtroppo manca un osservatorio di riferimento dal quale trarre numeri e dati oggettivi, il rosato non ha dignità statistica, in quanto
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Rosé Fiorentino, Castel di Salve, Castello Monaci, Claudio Quarta, Conti Zecca, Garofano Vigneti e Cantine, Marulli, Michele Caló e figli, Romaldo Greco, Rosa del Golfo, Santi Dimitri, Tenute Rubino, Torre Ospina, Vallone, Vetrere, Vigneti Reale) operanti nella penisola salentina, ovvero l’estremo lembo del Tacco di Italia che dalla punta più a sud (S. Maria di Leuca), includendo l’area jonico-tarantina e parte dell’areale brindisino. Potevano restare nel loro piccolo orticello, invece si è ben pensato di fare sistema, di uscire dai confini locali e aprirsi ad un confronto di ricerca con altri territori ugualmente vocati, italiani e stranieri. Interessanti anche i seminari organizzati durante Roséxpo, che dimostrano lo spirito di confronto e di volontà di crescita collettiva del comparto rosato che sottende l’iniziativa. Ecco allora “Direction: champagne Rosé”, “Rosa di Francia”, “Trentodoc, il rosato di montagna delle Dolomiti” e “Declinazioni del Lambrusco Spumante”. Segnatevi in agenda: appuntamento dal 22 al 23 giugno 2019 a Lecce per Roséxpo, il prossimo Salone Internazionale dei vini rosati.
viene assimilato ai rossi nelle rilevazioni ufficiali), sia dovuta al fatto che non venga ancora percepito come un vino identitario e territoriale. Troppi produttori pensano che possa essere fatto con qualsiasi tecnica, con qualsiasi uva, con qualsiasi stile e che sia fondamentalmente un completamento di gamma, non un vino su cui veramente puntare. E questo crea confusione, disaffezione da parte del consumatore. Se invece pensiamo al Salento, va detto che forse sono gli unici ad avere creato una vera connessione tra territorio e vino rosato. D’altronde il Rosato del Salento (primariamente da uve di Negroamaro) è uno dei pochi rosé che ha saputo conquistarsi fama e meriti nel Bel Paese e non solo. Vuoi per la sua storia (il primo rosato di tutta Italia fu imbottigliato proprio qui, nel 1943, dall’azienda Leone de Castris, con il nome di Five Roses), vuoi per le caratteristiche di questo vitigno autoctono, particolarmente adatto alla versione in rosa, vuoi per una nuova classe di produttori, che affiancando la vecchia, ha saputo dare un nuovo corso alla storia della viticoltura in zona. Non ultimo, va considerato il lavoro che alcune associazioni stanno facendo. Fra queste va assolutamente evidenziato il lavoro di deGusto Salento, Associazione del Negroamaro. Questa associazione di promozione culturale, scevra da logiche politiche e non legata a finalità commerciali, è formata da appassionati del mondo del vino in alcun modo legati a nessuna delle aziende aderenti, che sono tutte del Salento. Ad oggi l’associazione, capeggiata dalla dinamica e volitiva presidente Ilaria Donateo, coordina diciannove realtà produttive (Apollonio, Bonsegna, Calitro, Cantina
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Donatella Cinelli Colombini confermata presidente delle Donne del vino
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onatella Cinelli Colombini guiderà per altri tre anni l’Associazione Nazionale Le Donne del Vino. È stata rieletta oggi dal nuovo Consiglio direttivo. Imprenditrice del vino della Toscana, è presidente nazionale delle Donne del Vino dal 2016. «L’esperienza di guidare le Donne del Vino – commenta Cinelli Colombini - è stata più faticosa di quanto immaginassi, ma anche più entusiasmante perché ho scoperto un patrimonio di talenti, di voglia di fare e di altruismo che poche associazioni possiedono, specialmente dopo trent’anni di vita. Le Donne del Vino sono oltre 800 meravigliose perso-
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ne. Negli scorsi tre anni, io ho chiesto loro un impegno e uno sforzo supplementari e i risultati sono stati straordinari. Siamo la più grande organizzazione femminile mondiale del settore enologico, la più organizzata e la più attiva». Nel 2018 per la prima volta le Donne del Vino hanno rinnovato il loro Consiglio direttivo e Collegio dei Probiviri votando on line. Anche le candidature sono state raccolte via internet. Un nuovo metodo di votazione che ha riscontrato il parere positivo del 100% delle associate. Donatella Cinelli Colombini sarà affiancata dal nuovo Consiglio direttivo. È composto da tre vice presidenti: Antonella Cantarutti (produttrice, Friuli
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Venezia Giulia); Daniela Mastroberardino (produttrice, Campania) e Paola Longo (enotecaria – Lombardia). Lo completano le consigliere: Pia Donata Berlucchi (produttrice, Lombardia); Sabrina Soloperto (produttrice, Puglia); Gilda Guida Martusciello (produttrice, Campania); Marilisa Allegrini (produttrice, Veneto); Lorella Di Porzio (ristoratrice, Campania); Cinzia Mattioli (ristoratrice, Liguria); Cristiana Cirielli (pr e comunicatrice, Friuli Venezia Giulia); Marina Ramasso (ristoratrice, Piemonte). Nel Collegio dei probiviri, Elena Walch (produttrice, Trentino Alto Adige); Francesca Poggio (produttrice, Piemonte) e Michela Guadagno (sommelier, Campania). Nel prossimo futuro le Donne del Vino hanno nuove importanti sfide: «La prima e la più importante – continua la presidente - quella di internazionalizzarsi creando una rete mondiale basata sullo sharing; subito dopo quella di accrescere le opportunità per le socie, puntando sul networking cioè trasformando i rapporti in trasferimento di conoscenze, business, opportunità di stage o di lavoro». Cinelli Colombini pensa soprattutto alle giovani donne under 30 che si affacciano, o vorrebbero, al settore vino. Per loro l’associazione sta predisponendo il progetto Future ovvero un archivio telematico con tutte le opportunità formative in cantine, enoteche, ristoranti, agenzie giornalistiche e di pr, studi di consulenza enologica cioè in ogni segmento della filiera del vino. Un’idea di Alessandra Boscaini, delegata del Veneto. Nel 2019 ci sono già molte iniziative in calendario: a ProWein 2019 (17-19 marzo) ci sarà una degustazione al femminile; sabato 2 marzo è Festa delle Donne del Vino in tutta Italia; a Milano, a novembre 2019, in occasione di SIMEI, salone delle macchine per l’enologia, si terrà un Forum mondiale di Donne del Vino.
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Chi sono le Donne del Vino Le Donne del Vino sono un’associazione senza scopi di lucro che intende promuovere la cultura del vino e il ruolo delle donne nella filiera produttiva del vino. Nata nel 1988, conta oggi oltre 800 associate tra produttrici, ristoratrici, enotecarie, sommelier e giornaliste. Questi i numeri a gennaio 2019: 815 donne del vino, di cui la metà sono produttrici, 57 ristoratrici, 90 sommelier, 17 enoteche, 9 enologhe, 130 giornaliste, 30 socie onorarie e 72 attività diverse. Tra le sue più recenti azioni vanno ricordate la convention virtuale di Matera con le donne del vino del mondo con l’obiettivo di fare network fra le associazioni mondiali offrendo maggiori opportunità alla compagine femminile dell’enologia, la salvaguardia dei vitigni autoctoni italiani rari, la divulgazione dell’abbinamento vino rosato-pizza, le attività benefiche (raccolta fondi per le associazioni che si occupano di contrastare la violenza sulle donne, quella per aiutare i grandi ustionati delle zone povere del mondo e per i pastori del pecorino amatriciano che sono rimasti con le loro greggi nonostante il terremoto). Nell’ultimo triennio è stato anche fatto un sondaggio sul profilo delle Donne del Vino che ha rivelato come le cantine, con direzione femminile, siano molto più attente all’ambiente, internazionalizzate, diversificate e orientate sui vini di qualità rispetto alla media nazionale. Ogni anno, il sabato prima della Festa delle Donne, le socie aprono le porte delle loro attività per mostrare ai winelovers il mondo del vino al femminile. Dal 2016 le Donne del Vino sono anche attive uno staff della comunicazione che si occupa dell’ufficio stampa, di social network e di un blog su www.ledonnedelvino.com.
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Challenge Euposia
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l’undicesima edizione conferma la leadership italiana: tre Campioni del mondo sui sei assegnati Champagne Gardet, Spier 1692, Hattingley Valley, Sacramundi, Santa Venere e San Salvatore 1988: questi i migliori sparkling wine metodo classico
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hampagne Gardet, maison fondata nel 1895 a Chigny-les-Roses da Charles Gardet (importata in Italia da B.e.Vi Srl di Sergio Bruno a Parona di Valpolicella), è l’undicesimo Campione del Mondo del Challenge internazionale Euposia che si è svolto a metà novembre, col patrocinio e secondo le regole del Grand Jury Européen. La manifestazione si è svolta presso il nuovissimo centro accoglienza di Tommasi Family Estates a San Pietro in Cariano, nel cuore della Valpolicella classica. Due giorni di serrate degustazioni alla cieca hanno selezionato oltre 150 Metodo classici provenienti da tutte
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le principali regioni produttive mondiali col debutto assoluto del primo Metodo classico prodotto in Cina, Grace Vineyard. Con Champagne Gardet sul tetto del mondo è salita anche Spier 1692, una delle più antiche cantine sudafricane a Stellenbosh, Campione del Mondo per i Metodo classici biologici: un risultato che conferma un lungo impegno per la tutela dell’ambiente. Spier (importata in Italia da AfriWines di Fabio Albani) lavora in conduzione biologica, è una farm molto attenta e rispettosa della sostenibilità ambientale e sociale: lavora coi fornitori e produttori locali, ed è una delle 30 compagnie segnalate dal WWF come
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Challenge Euposia
“campioni della conservazione” al mondo. Torna sul podio, dopo tre anni, Sacramundi, boutique winery del Lessini Durello, che si conferma nuovamente Campione del Mondo per i Metodo classici da vitigni autoctoni con il suo Pas Dosè. Torna nel Regno Unito il titolo di Campione del mondo fra gli spumanti metodo classico Rosé, all’undicesima edizione del Challenge internazionale Euposia, che si è svolto nei giorni scorsi, a Verona nella prestigiosa cornice della cantina Tommasi: il millesimo 2014 di Hattingley Valley ha infatti riportato nell’Hampshire un titolo che nel passato era andato per ben due volte a Camel Valley. Hattingley Valley ha preceduto l’italiano Trentodoc Cesarini Sforza 1673; Champagne Perrier Jouet, Blason Rosé; Pierre Ponelle Cremant Bourgogne Cote d’Or-Beaune ed il sudafricano Krone Cap Classique 2017. Hattingley Valley è una giovane maison del sud dell’Inghilterra, a metà strada fra Londra e Southampton, fondata nel 2008 da Simon Robinson; la prima vendemmia venduta è stata nel 2013 e dispone di 24 ettari di vigneto affidati all’enologa Emma Rice , laureata al Plumpton College, e per due volte nel 2014 e nel 2016 premiata come miglior winemaker del Regno Unito. La produzione complessiva è di 140mila bottiglie, il 40% delle quali prende stabilmente la via dell’export. L’undicesima edizione ha assegnato altri due titoli nei Rosé di campione del mondo, entrambi acquisiti da cantine italiane: miglior SW Rosè da vitigno autoctono è stato appannaggio di Santa Venere, SP1 da uve gaglioppo coltivate a Cirò, in provincia di Crotone; miglior SW Rosè da agricoltura biologica è stato invece proclamato un altro metodo classico del nostro Sud: Gioi dell’Azienda agricola San Salvatore 1988, ubicata nel Parco Nazionale del Cilento a poca distanza da Paestum.
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Ai Campioni del mondo si aggiungono i Campioni nazionali e regionali, ovvero i migliori metodo classico che si sono classificati alle spalle dei Campioni del mondo. Miglior metodo classico del Regno Unito: Sharpham, Devon, Sparkling Blank 2014, blend di Pinot noir, Pinot meunier e Chardonnay Miglior metodo classico d’Italia: Villa Rinaldi, VSQ, Veneto, Barriccaia Brut, Pinot noir e Chardonnay Miglior Metodo classico di Francia: Champagne Lepreux-Penet, Grand Cru Verzy e Verzenay, Bulles Noires Brut, Pinot noir in purezza Miglior Metodo classico Internazionale: Bodega Cruzat, Argentina (Mendoza), Cuvee Reserve Extra-brut, Pinot noir e Chardonnay Miglior Metodo classico di Spagna: Murviedro 1927, Cava (Requena), Los Monteros, Macabeo in purezza Miglior Metodo classico d’Europa: Gospoja PZ, Croazia, Zlhatina in purezza Miglior Metodo classico Asia/Oceania: Grace Vineyard, Cina (Shanxi), Angelina Brut Reserva 2009, Pinot noir e Chardonnay Miglior Metodo classico del Veneto: Zamuner, VSQ, Verona, Riserva Daniele Zamuner 2008, Pinor noir, Pinot meunier e Chardonnay Premio alla sostenibilità: Sektkellerei Arunda Vivaldi, Josef Reiterer (Italia)
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Al via “School of Cheese” il contest creativo per alunni delle scuole primarie, che porta in classe quattro DOP e forma i consumatori di domani. È dedicato ai bambini dagli 8 ai 10 anni, il concorso ideato dai Consorzi per la tutela dei formaggi DOP Asiago, Gorgonzola, Pecorino Sardo e Taleggio. Giocando impareranno a riconoscere le denominazioni di origine, apprezzare i prodotti DOP e trasformare quanto appreso in un elaborato artistico.
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cuola di formaggi, “School of cheese”. È il nome del concorso ideato dai consorzi per la tutela dei formaggi DOP Asiago, Gorgonzola, Pecorino Sardo e Taleggio, rivolto agli alunni delle classi terza, quarta e quinta elementare di sette regioni italiane: Campania, Lazio, Lombardia, Piemonte, Veneto, Trentino Alto-Adige e Sardegna. Attraverso queste eccellenze del territorio, tutti prodotti DOP, ovvero a Denominazione di Origine Protetta, i bambini, con l’aiuto degli insegnanti, saranno coinvolti in un contest che, dopo aver dato loro gli strumenti per apprezzare le caratteristiche e peculiarità dei prodotti, li stimoli a sviluppare e rappresentare quanto appreso nelle forme artistico espressive a loro più vicine. L’elaborato – sia esso un fumetto, racconto, servizio fotografico, gioco… – dovrà illustrare, in modo originale, le prerogative dei formaggi partner, i loro valori nutrizionali, gli abbinamenti e le sinergie possibili. Attraverso il contest i ragazzi, con l’aiuto degli insegnanti, potranno mettere a frutto la loro creatività per valorizzare i prodotti. Il fine del contest è portare i bambini a riconoscere le denominazioni di origine, in particolare quella dei prodotti contraddistinti dal marchio DOP, accrescere la loro cultura alimentare e diventare protagonisti di scelte salutari, imparando che il benessere può coniugarsi con gusto e piacere. Il concorso prevede il coinvolgimento di circa 3500 scuole (circa 500 per ogni regione citata), che verranno contattate direttamente per aderire al concorso. Di queste, le prime 10 classi terze, 10 quarte e 10 quinte per ogni regione che invieranno la propria iscrizione saranno gli effettivi partecipanti. Le classi partecipanti riceveranno un kit ludi-
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co-didattico gratuito contenente materiale editoriale per i docenti, declinato in modo da offrire loro informazioni e approfondimenti sui prodotti e gli obiettivi della campagna, e materiale rivolto ai bambini, con il quale gli alunni potranno mettere alla prova la loro creatività, realizzato con un linguaggio a loro comprensibile e una grafica accattivante, unitamente a dei gadget. I Consorzi di tutela dei formaggi DOP Asiago, Gorgonzola, Pecorino Sardo e Taleggio realizzeranno inoltre un video, una modalità molto efficace pensata in particolare per i bambini, che possa completare i materiali a disposizione. Vi sarà inoltre un help desk attivo, per fornire assistenza continua agli insegnanti durante l’elaborazione delle proposte artistiche e il sito web www.schoolofcheese.it. Il regolamento prevede che ogni classe partecipante possa inviare un solo elaborato, quello che meglio illustri il significato del progetto, il valore del marchio DOP e le caratteristiche dei formaggi oggetto della proposta, concentrandosi sui loro valori nutrizionali e i possibili abbinamenti. Di questi ne verrà scelto uno, che verrà premiato durante TUTTOFOOD, evento internazionale organizzato da Fiera Milano dal 6 al 9 maggio. I Consorzi partner: Consorzio Tutela Formaggio Asiago Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola Consorzio per la Tutela del Formaggio Pecorino Sardo DOP
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Consorzio Tutela Taleggio
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Cresce la produzione di Gorgonzola Dop nel 2018
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el 2018 sono state prodotte 4.849.303 di forme di Gorgonzola Dop, 116.588 in più rispetto al 2017 (+2,46%). Ancora più sensibile l’aumento rispetto al 2016 (+5,85 %). I dati resi noti oggi confermano il trend in costante crescita nella produzione di Gorgonzola Dop negli ultimi anni. Il Gorgonzola Dop del tipo Piccante raggiunge l’11,5% della produzione totale con un aumento del 7% rispetto al 2017 in linea con il crescente gradimento dei formaggi a lunga stagionatura, specialmente nel periodo pre-natalizio (Indagine Assolatte). Oltre due terzi della produzione 2018 si è concentrato nelle province piemontesi (Novara, Vercelli, Cuneo, Biella, Verbano-Cusio-Ossola e il territorio di Casale Monferrato). Il Gorgonzola Dop si conferma ancora una volta terzo formaggio di latte vaccino per importanza nel panorama dei formaggi DOP italiani, dopo i due grana, con 37 aziende associate e 1.800 aziende agricole dedicate alla produzione e un volume d’affari al consumo di 720 milioni di euro. EXPORT IN CRESCITA - Il Gorgonzola si conferma molto amato anche all’estero con, al settembre 2018, oltre 15mila tonnellate (+3,0% rispetto al 2017) dirette verso i mercati stranieri per un valore di oltre 94 milioni di euro. Crescono sia il consumo all’interno dell’Unione Europea (+1,5%) sia quello Extra UE (+14%). Ottime le performance di Francia
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(+5% con 3468 ton.), Polonia (+18% con 469 ton.), Austria (+15% con 408 ton.) in Europa; Giappone (+31% con 379 ton.), Australia (+112% con 249 ton.), Canada (+76% con 63 ton.) e Nuova Zelanda (+258% con 3,7 ton.) nel resto del mondo. (Dati CLAL al settembre 2018). Il Presidente del Consorzio Gorgonzola Renato Invernizzi commenta con entusiasmo: “La continua crescita dei numeri del Gorgonzola Dop all’interno del comparto caseario, leader dell’agroalimentare per valore alla produzione, al consumo e all’export, ci rende molto orgogliosi. I nostri sforzi continuano ad essere rivolti alla tutela del prodotto per combattere la contraffazione e promuoverne la qualità. Puntiamo sempre più alla destagionalizzazione del formaggio Gorgonzola Dop, per aumentare le occasioni di consumo anche nei mesi più caldi, nonché ad accrescere la cultura alimentare e la conoscenza del valore della Denominazione d’Origine anche nei giovanissimi, come dimostra il concorso “School of Cheese” ideato insieme ad altri Consorzi di tutela”.
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Trionfale avvio per Matteo Bizzoccoli chef dell’Antica Osteria Molinari Sante a Lazise
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l comune di Lazise sul Garda è un piccolo borgo che si affaccia sulla sponda sud ovest del Lago di Garda. Un paese tranquillo dove l’atmosfera è rilassata passeggiando sul lungolago o lungo le sue viuzze, strette tra antichi palazzi e racchiuse nella possente cinta muraria, o nelle ridenti frazioni, come Pacengo. E a Pacengo il giovane e promettente chef Matteo Bizzoccoli, supportato dalla famiglia, ha riaperto innovando un ristorante del passato a base di pesce, innovando il menu. Varcare l’ingresso dell’Antica Osteria Molinari Sante, vuol dire respirare il giovane entusiasmo dello chef che prende per mano ed accompagna in un gustoso percorso enogastronomico. Una piacevole sosta in cui assaporare ottimi piatti e, perché no, ottimi vini. Matteo Bizzocoli ha scelto di realizzare il proprio sogno entrando nella cucina dell’Antica Osteria Molinari Sante, personalizzandola e mettendo a disposizione di tutti coloro che hanno la fortuna di imbattersi in essa, tutta l’esperienza acquisita dopo essersi diplomato nel 2009 chef–enogastronomo, con il massimo livello, presso l’Istituto Professionale per I Servizi Alberghieri e Ristorazione, Luigi Carnacina in Bardolino, e dopo aver lavorato accanto a grandi chef stellati. La sua cucina unisce i piatti tradizionali a quelli più ricercati, con ingredienti di prima scelta ed elaborati con un tocco di fantasia. L’inaugurazione lo scorso Natale. Che dire, un trionfo di sapori, di competenza, di accoglienza e professionalità! Lo chef Matteo
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Bizzocoli ha saputo accontentare tutti , con sapienza e professionalità. La sapienza di Nicola Bizzocoli (gestore assieme al figlio Matteo) e il suo entusiasmo hanno contribuito a rendere perfetta la serata. Il cibo è stato veramente buono, classico ma nello stesso tempo con dei toni originali; la carta dei vini direi che è piuttosto importante (vini non solo della zona, ma provenienti da tutta Italia); l’arredamento è elegante senza essere troppo sfarzoso. Alla guida della brigata in cucina e attento selezionatore di materie prime e del menù Matteo, giovane chef con tanta grinta. Grinta che si sente nei piatti. Grande studio sulla selezione di affettati, il percorso guidato della selezione di formaggi da acquolina in bocca per poi passare al petto d’anatra. Anche il dolce, un tiramisù al pistacchio, non delude ma anzi completa la cena. I vini, racconta il papà Nicola, sono tutti stati scelti in carta in quanto vere chicche, che vanno a risaltare il menù di carne offerto. La mia personale opinione sulla cucina è eccellente, la mia palma d’oro la assegno volentieri al “Cotevino” un piatto a me nuovo, ovvero un cotechino conservato nel vino rosso, che gli fa perdere la “maialosità” e che guadagna in dolcezza. Non mi meraviglierebbe che Matteo , per dirla marchesianamente, cuoco e non chef, perché orgogliosamente italiano, fra qualche anno vederlo approdare in un format televisivo, Speriamo che cio’ non accada, così che possa mantenere intatta la sua cristallina eleganza e passione, senza cessioni alle lusinghe del business. Bravo Matteo.(Carlo Rossi)
Impaginazione: Delmiglio email: redazione@delmiglio.it telefono: 045 6931457 Copertina: Alessandra Piubello, Kanaan Winery Concessionaria per la pubblicità: Fantasia Edutainment SRLS-Verona email: fantasiaverona@gmail.com Per il sito www.challengeeuposia.com Fantasia Edutainment SRLS email: fantasiaverona@gmail.com Per il sito: www.italianwinejournal.com Fantasia Edutainment SRLS email: fantasiaverona@gmail.com Stampa: Giorgione Communication Rossano Veneto (Vi)
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Prosecco a Valdobbiadene dal 1952 Il 1952 è l’anno di inizio del nostro percorso legato al Prosecco Superiore Valdobbiadene D.O.C.G. Ecco perché, quando abbiamo raggiunto l’espressione più raffinata di una storia, di un territorio e di una passione che dura da 60 anni, abbiamo pensato che il suo nome potesse essere uno solo: 52.
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Sagrantino di Montefalco 2014 - Nobile di Montepulciano 2015 - Bonarda Oltrepo - Sangiovese di Romagna - Montonale - Rosèxpo,cronaca di un successo – Donne del Vino, nuovi vertici – Challenge Euposia, ecco chi ha vinto all’undicesima edizione – Isabella Collalto, la principessa del Prosecco – Quistello, anima virgiliana – Franciacorta, caviale e salmone
VALDOBBIADENE PROSECCO SUPERIORE “52” SANTA MARGHERITA:
The Italian Wine Journal La Rivista
del
Vino
Per chi ama il vino e per chi vuole conoscerlo - Anno III - n.v4 - Euro 5 - dicembre 2018–gennaio 2019
Grande Cina, la prima degustazione dei vini del Dragone Franciacorta: ecco i migliori Bio Gavi e Lambrusco: piccole Cantine crescono
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