Agua de tierra y tierra de agua

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agua de tierra y tierra de agua centro per visitatori Italo Gabriele Mazzoleni



universitĂ degli studi di firenze DIDA a.a. 2014_2015 scuola di architettura corso di laurea magistrale in architettura anno accademico 2014_2015

progetto: Italo Gabriele Mazzoleni relatrice: Maria de Santis correlatore: Carlos Campos GonzĂĄlez


Qualche parola... Prima di cominciare a scrivere questa “analisi” credo sia importante domandarsi cos’è e a che cosa serve. Ovviamente ci sono molte risposte certe ma attraverso qualche parola mi piacerebbe darne una mia. Direi pure un processo continuo con mille sfaccettature differenti dal quale bisogna estrapolare un significato, entrare in un luogo, osservare, disegnare, conoscere, domandare... riassumere con qualche parola i problemi di un posto per poter centrare l’argomento e tradurli in architettura.


alle mie assenze


Indice Introduzione

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Valencia la città la huerta

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L’Albufera Il lago

il Parco Naturale risorse del territorio: le risaie, la pesca e la caccia la vegetazione la fauna la vela latina

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Il Palmar un luogo modificato tipologie costruttive sito di progetto

47 50 57

Ricerca la forma architettura nell’acqua casi studio

68 70 72

Il Progetto dinamiche dell’area condizioni architettoniche l’edificio la struttura

77 84 100 106

Bibliografia

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introduzione Capita che, quando ci relazioniamo con un paesaggio naturale e ci stacchiamo dalla realtà della città percepiamo un piacevole senso di estraneazione e ci viene voglia di stare fermi a pensare e trovare il nostro spazio per riflettere. La dimensione razionalistica della città, come luogo carico di artificialità, dove ogni elemento sembra studiato e pensato esclusivamente per un suo utilizzo, suscita una sensazione di alienazione generata dalle trasformazioni di alcuni elementi urbanistici che, nel corso dell’ultimo secolo, hanno alterato pesantemente certi modelli tradizionali dell’abitare e del vivere in comunità. Processi di cambiamento che hanno sconvolto in maniera determinante la vita nella città. Nelle zone rurali questi processi di cambiamento pur essendo più lenti a manifestarsi hanno portato dei cambiamenti improvvisi e irreversibili del paesaggio. Un caso esemplare può essere considerato quello de El Palmar, un piccolo villaggio di pescatori a pochi chilometri a sud di Valencia, che ha visto un repentino passaggio da una struttura abitativa caratterizzata da semplici capanne dal tetto in paglia a case in muratura, sicuramente più comfortevoli ma costruite senza tener conto ne della tradizione ne del paesaggio. Oggi la città di Valencia si domanda come rimediare agli errori del passato, dove la “modernità” irrompe in maniera veloce, brusca e irrispettosa in quanto non curante della storia, delle tradizioni e dell’ambiente. Un modo di procedere che, all’insegna del profitto e del consumo ha in maniera profonda compromesso la vera ricchezza di un ambiente naturale. Sembra quasi che gli abitanti, si siano dimenticati del loro intorno, del loro potenziale e della bellezza del paesaggio che caratterizza la zona. E’ giusto, per riqualificare l’ambiente, porsi delle domande sulle modalità d’intervento, sull’utilizzo dei materiali, e come, attraverso questi, si possa in qualche modo favorire un avvicinamento all’ambiente

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e agli elementi che lo compongono. Cosa siamo in grado di offrire a questo luogo?, cosa manca e come è possibile migliorare questo spazio ?. L’interesse per questo luogo, si centra fondamentalmente sull’individuazione delle sue caratteristiche peculiari con la messa in valore dei suoi elementi, cercando in qualche modo di renderli visibili agli occhi del visitatore. E’ stato possibile rispondere a queste domande grazie ad una analisi delle caratteristiche del luogo e del suo intorno. Si è ritenuto fondamentale per individuare il tema dell’intervento progettuale l’individuazione degli elementi storici, sociali, economici e ambientali dell’area in oggetto per poterne valorizzarne le peculiarità. E’ proprio da questa ricerca che si è individuata l’esigenza di realizzare un centro visitatori che offrisse l’opportunità di avvicinarsi al paesaggio e nello stesso tempo di dare a El Palmar un luogo in cui il paese si potesse identificare.

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Valencia

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ANNO DCXVI AB URBE CONDITA CXXXVIII ANTE CHRISTUM DIVINUS BRUTUS CONSULUM HISPANIA IS QUI SUB VIRIATHO MILITAVERANT AGROS ET OPPIDUM DEDIT QUOD VOCATUM EST VALENTIA

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la città Il progetto di tesi è localizzato a dodici Km dalla città di Valencia. Questa si trova sulla costa mediterranea orientale della Penisola Iberica, al centro del Golfo a cui dà il nome; Valencia è il terzo polo demografico, economico e culturale della Spagna, dopo Madrid e Barcellona. Con una popolazione urbana di 810.000 abitanti e un’area metropolitana vicina ai 2 milioni di residenti, è il capoluogo della Comunidad Valenciana, una delle 17 comunità autonome in cui è diviso lo stato spagnolo. Questa regione si estende per oltre 23.000 km2 e comprende nel suo territorio grandi aree montuose a ovest e la fascia costiera mediterranea a est; al centro si trova la pianura alluvionale della “huerta”1 valenciana, al cui interno si colloca l’area metropolitana di Valencia. Città di fondazione romana, si è sviluppata sotto le dominazioni arabe e cristiane restando il principale punto di riferimento economico e commerciale della regione circostante, un crocevia di culture e religioni differenti la cui testimonianza tangibile è ancora ben conservata negli edifici del nucleo storico. Trasformatasi in città marittima con il notevole sviluppo delle attività portuali a partire dalla fine dell’800, Valencia si è distinta ancora più chiaramente come polo commerciale ed industriale e si è espansa vertiginosamente con la sua conurbazione verso il territorio agricolo che la circondava. Alla caduta dell’impero di Francisco Franco nel XX secolo,Valencia ha visto intraprendere progetti urbani di enormi dimensioni, come la Città delle arti e delle scienze 2 nel letto del fiume Tùria 3 o gli interventi sull’area del porto in vista di grandi eventi sportivi. Oggi però ha lasciato il passo ad un periodo di stagnazione conseguente alla crisi economica del 2008. Le aree e le grandi strutture, lasciate dai grandi eventi, rappresentano un simbolo molto evidente di questa situazione. Per quanto riguarda tutte le aree periferiche nel XX secolo i servizi e le industrie aumentarono notevolmente di numero, e con questo anche la popolazione e l’urbanizzazione. La città che per tutto il novecento soprattutto per questa enorme crescita demografica si è ritrovata improvvisamente bloccata nel suo sviluppo. Questo processo, molto recente e quindi molto complesso nella sua

1| localizzazione sito di progetto

1 - Terreno coltivato, campo; vedi p.16 2 - Dal punto di vista architettonico, la Città delle Arti e delle Scienze si divide in quattro grandi edifici, con uno stile costruttivo originale; tutti progettati e curati dall’architetto Santiago Calatrava. All’interno si svolgono continuamente manifestazioni e mostre artistiche di livello internazionale.

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analisi, ha lasciato dietro di sé numerose aree periferiche degradate, pianificate solo parzialmente e dalle potenzialità non sfruttate, dato che i progetti relativi ad esse (generalmente di tenore speculativo) spesso non sono stati portati a termine. Una delle aree appartenenti a queste zone di espansione demografica è quella di studio che si trova all’interno del Parco Nazionale dell’Albufera. Questa infatti, come vedremo, è stata succube di una crescita demografica che ha portato grandi cambiamenti all’interno del suo territorio, influenzando anche il paesaggio che la circonda.

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| 2 Primo piano del 1695. Elaborato da Antonio Mancelli è il piÚ antico di Valencia.

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la Huerta La “Huerta” di Valencia è uno dei paesaggi culturali più importante del mediterraneo. Costituisce un elemento di identità che raccoglie secoli di storia della cultura e che testimonia il passaggio di differenti popoli che hanno lasciato delle impronte su questo paesaggio 3. Bisogna aver chiare innanzitutto l’evoluzione di queste località attraverso una lettura come se fosse un grande libro dove le generazioni successive continuano a scrivere capitoli della stessa storia. Si tratta di un processo continuo nel quale l’uomo trasforma il territorio per viverci e queste trasformazioni corrispondono al riflesso dell’evoluzione culturale. Nella lingua spagnola, la parola “huerta” significa sostanzialmente “terreno coltivato più grande di un orto, destinato alla coltivazione di legumi, ortaggi e alberi da frutto”. Tuttavia nella cultura spagnola e soprattutto valenciana questo termine assume una valenza decisamente più complessa. E’ un termine evocativo, che contiene in sé molti significati, esso indica, in senso geografico, il paesaggio agricolo circostante Valencia. Strutturata intorno al disegno delle “acequias” (secchie) , arterie artificiali che distribuiscono acqua ai campi; a livello socio-culturale sottintende precisi criteri storici di organizzazione che prevedevano diritti collettivi per gli agricoltori sull’uso e la distribuzione dell’acqua e dei terreni. L’origine dell’agricoltura valenciana risale alla preistoria, per quanto riguarda l’evoluzione del paesaggio nella sua struttura territoriale possono essere menzionati due momenti fondamentali. Il primo è l’epoca romana nel sec. II a.C nel quale viene prodotta la prima ordinazione del territorio chiamata centurazione. La seconda, a partire dalla seconda metà del sec. VIII, dove il territorio soffrì profonde trasformazioni. Straordinario paesaggio frutto dell’azione umana, la Huerta per secoli ha circondato il nucleo storico di Valencia, appena fuori dalle mura, rappresentando un territorio di grande valore produttivo per la Comunità valenciana. Dalla metà dell’800, tuttavia, Valencia ha cominciato a crescere attraversando processi di industrializzazione, espansione urbana, terziarizzazione, sviluppo del turismo e delle infrastrutture, che non hanno lasciato intatta quest’area.

| 3 Huerta y contribucion, immagine del 1695.

|4 immagine aerea della Huerta

3 - Joan Romero, Miquel Francès, La Huerta de Valencia, un paisaje cultural con un futuro incierto. p.20

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La huerta, nel giro di pochi decenni, ha visto diventare obsolete le sue logiche socio-economiche, e ha dovuto cedere grandi spazi all’avanzata della città, processo che spesso non ha posto attenzione alla conservazione dei valori ambientali, storici e culturali presenti su quest’area. Sul finire del XX secolo la salvaguardia dei paesaggi culturali si è inserita nel dibattito architettonico ed urbanistico internazionale, e ha determinato un cambio di tendenza anche nel contesto valenciano, dove si è iniziato a considerare un approccio molto più attento al territorio, riscoprendo le sue potenzialità economiche, turistiche, ambientali e proteggendolo dall’avanzata delle periferie. Ad oggi, grazie ad una consapevolezza sempre crescente, a studi approfonditi e ad un impianto legislativo accorto (tra cui un Piano di azione territoriale per la protezione della Huerta), questo paesaggio è vivo, utilizzato e attentamente salvaguardato. La Huerta occupa quasi la totalità della piana alluvionale di cui si è sviluppata Valencia, un territorio esteso su una superficie di circa 22.800 ettari. Si estende sia a nord che a sud della città comprendendo una fascia di territorio tra colline e costa lunga più di 30 km. I confini della Huerta storica valenciana sono definiti nello studio per il Piano di Azione Territoriale comprendenti tutte le aree agricole irrigate dal sistema delle acequias del “Tribunal de las Aguas”, di Moncada, e dal canale artificiale del Turia. Se si escludono le superfici urbanizzate, su quest’area insistono tutt’oggi circa 12.000 ettari di suolo agricolo. Paesaggio a rischio, infatti nel 1950, solo il 10% della superficie della huerta storica era stato occupato dall’espansione urbana, mentre nel 2006 tale dato era salito al 30%. All’interno di quest’area si trovano 43 comuni oltre a Valencia, generalmente centri urbani di piccole dimensioni o “pueblos” (paesi). Paesaggio vegetale strutturato dall’uomo, è il risultato di un lungo processo di bonifica intrapreso dagli arabi tra il ‘700 e il 1200 che, continuando il lavoro cominciato dai coloni romani, razionalizzarono e resero abitabile e coltivabile una grande superficie di terra fertile, attraversata dai fiumi Tùria e Xùquer ed irrigata da 8 “acequias” principali suddivise in capillari ramificazioni. Questa modalità di uso del patrimonio idrico ha origine nella tradizione mediorientale. Infatti, sebbene

|5 immagine della Huerta di Valencia

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siano pochissimi gli esempi giunti fino a noi, essa si riscontra in altre zone colonizzate dalle popolazioni musulmane. L’Agenzia Europea dell’Ambiente nel 1998 ne ha individuate 6 nell’Europa mediterranea, delle quali la huerta valenciana è di gran lunga la più estesa ed importante. Se da un lato troviamo l’edificazione concentrata del nucleo storico di Valencia, dall’altro, andando verso l’esterno vediamo che la separazione tra il centro e la parte periferica non è molto definita, ma si ha una transizione con la zona rurale molto spontanea. Uscendo da questa zona troviamo l’edificazione dispersa della huerta, dove i volumi seguono il tracciato dei campi. Questi ultimi appartengono a un paesaggio modificato dall’uomo che, per propria necessità, introduce ordine e artificio in maniera spotanea. La connotazione paesaggistica della huerta scaturisce dalla disposizione della vegetazione, dai cicli stagionali di coltivazione, dalle dimensioni e dall’orientamento dei campi e dal sistema delle “acequias”. Importante tenere in conto i segni che si vengono a formare tra i vari campi e le policromie di verde e giallo che accentuano ancora di più questa geometria. Gli edifici sono posti in maniera sparsa quasi sempre alle estremità del lotto per sfruttare al meglio il terreno e accompagnati da alberi, quasi sempre palme, che in altezza creano riferimenti che permettono di identificare i luoghi. E’ importante, per la conservazione e la valorizzazione di questo territorio, il riconoscimento di questi elementi che permettono di intendere l’evoluzione del paesaggio della Huerta che, oltre ad essere un patrimonio storico e simbolico ma anche per il suo valore come “patrimonio vivo”. Per un intervento in questo patrimonio si considera imprescindibile la sua valorizzazione per poter poi trasformarlo garantendo la sua continuità. Questa parte di analisi è importante per individuare, all’interno di un paesaggio così vasto, quegli elementi che sono punti di riferimento e che ne caratterizzano la connotazione. E’ proprio attaverso la messa in evidenza dei singoli elementi e il contrasto con il contesto che si può creare un sistema di relazioni che valorizza il territorio nella sua complessità.

|6 schema del disegno della Huerta

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Le ombre e i chiaro scuro vengono ancora di più evidenziti dando una lettura del territorio più netta e leggibile. Linee chiuse definiscono uno spazio creando geometrie che nel loro insieme omologano un area, manifestando l’artificiale di fronte al naturale. Progettare imitando la natura non porta mai a buoni risultati. Però Intervenire in un contesto naturalistico ne comporta un’ analisi preliminare e l’individuazione delle sue geometrie per poter armoniosamente dialogare con esse. Dice Siza “ L’architettura è architettura, la natura è natura. L’architettura non può giocare a essere natura perchè perde sempre”.

|7 vista aerea della geometria della Huerta

|8 vista aerea della geometria della Huerta

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L’Albufera

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|9 Piano topografico dell’Albufera di Juan Bautista Romero, 1761.

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|1 formazione dell’Albufera

|5 l’Albufera nel s. XIX (1877)

|2 formazione nel periodo Romano nel s. IV a.c.

|6 l’Albufera nel s. XX (1987)

|3 l’Albufera nel s. XVI

|4 l’Albufera nel s. XVIII (1761)

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il lago A soli pochi chilometri da Valencia troviamo la laguna dell’Albufera. Il nome ha origini arabe e significa “piccolo mare”4 .Attualmente possiede un’estensione poco superiore ai 3.000 ettari e fu dichiarata “parco naturale” nel 1986 dal consiglio della Generalitat valenciana. È separata dal mare da una stretta zona litorale sabbiosa con dune, stabilizzata da una pineta (Dehesa del Saler). L’apparizione dell’Albufera è il risultato della chiusura di un golfo tramite un cordone litorale che va da Valencia fino a Cullera. Questo cordone è stato creato dalle correnti marine che hanno depositato materiali detritici provenienti dai fiumi Tùria e Xùquer 5. Senza la Dehesa, l’Albufera non sarebbe mai nata. La Dehesa e il lago sono due ecosistemi deboli il cui equilibrio risente di ogni minima alterazione. Il prosciugamento naturale fu susseguito da un intenso processo di bonifica per essere convertito in un terreno coltivabile; questo portò a una riduzione della superficie del lago da 20.000 a 14.000 ettari nel secolo XVIII, a 8.000 nel XIX secolo, fino ad arrivare a meno di 3.000 ai giorni nostri. Parallelamente alcune di queste aree si convertirono in campi di riso e posteriormente si trasformarono in orti e aranceti. Da quanto il re Jaime I (Giacomo I d’Aragona) mostrò interesse per l’Albufera e la Devesa aggiungendola al Patrimonio Real, tutti i monarchi che gli succedettero durante l’Età Media mantennero una minima protezione rispetto a questa zona. Durante l’età moderna continuò questa traiettoria di rispetto e ammirazione per il lago e il suo intorno fino all’arrivo della dinastia dei Borboni. Il lago per la prima volta finì di appartenere al Patrimonio Real, fino a quando Carlo III lo recuperò di nuovo nel 1761. In questo periodo la superficie del lago era di 13.972 ettari (cinque volte superiore all’attuale). Successivamente, Carlo IV la regalò a Manuel Godoy, reintegrandolo nuovamente nel Patrimonio Real nel 1808; fino a quando, nell’anno 1873 passò al Patrimonio dello Stato, con l’applicazione di leggi devastanti, arrivando perfino a progettare un piano di bonificazione e vendita 6. Il periodo compreso fra questa data e la vendita al comune di Valencia nell’anno 1911 si può considerare come particolarmente 4 - Francisco de P. Momblach y Gonzalbez, Historia de la Albufera de Valencia, 1960. p. 25. 5- Rossellò Verger, V, M.: Sobre el origen del lago, Júcar y Túria en la génesis de la Albufera de Valencia, Valencia 1972. pp. 129-147. 6- Francisco de P. Momblach y Gonzalbez, Historia de la Albufera de Valencia, 1960. p. 141.

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sfortunato per il lago, poiché si ridusse la superficie di acqua per cederla alle risaie, passando da 8.130 a 2.896 ettari. Si può affermare che questo fu il primo gran processo causato dall’uomo che produsse un effetto negativo per l’Albufera. Fino a questo momento la protezione che fu fatta da parte della Corona permise il mantenimento delle sue condizioni naturali, a differenza di quello che successe in altri spazi simili della Comunità Valenciana. Negli anni sessanta, iniziarono una serie di profondi cambiamenti che si concretizzarono in un progetto di urbanizzazione del monte della Devesa. Questo tipo di urbanizzazione comportò la distruzione di una buona parte di dune per l’edificazione di un lungomare. Successivamente queste strutture furono demolite e si rigenerarono le dune caratterizzato dalla demolizione di queste strutture e dalla rigenerazione delle dune. Tutt’ora esistono alcune strutture all’interno della Devesa che sono in contrasto con il paesaggio circostante, queste si trovano principalmente a ridosso della spiaggia e strutturate in altezza entrano in un forte contrasto con il dintorno. Un ultimo periodo fu caratterizzato dalla diminuzione significativa dei valori naturalistici e dell’aspetto qualitativo in cui la superficie del lago si ridusse notevolmente. Attualmente, quest’area si è convertita in uno spazio naturale abbondantemente antropizzato che sopporta un uso del suolo molto intenso, di tipo industriale, turistico e agricolo. Oltre a tutti questi aspetti storici fin’ora descritti bisogna evidenziare alcuni aspetti di questo paesaggio che sono estati significativi in fase progettuale. Il silenzio, rumori, i riflessi sull’aqua, i giochi di luci, i colori dati anche dal cambio delle stagioni e dal ciclo del riso che trasforma completamente il paesaggio in ogni sua fase, sono caratteristiche che rendono l’Albufera un ambiente unico e ricco di fascino. Il lago è il cuore e i canali per irrigazione sono le arterie e le vene che mantengono in vita l’intero sistema. A secondo della fase di lavorazione del riso, l’acqua si trasforma da silenzioso elemento a riposo a gorgogliante fluido che conferisce movimento a tutto l’ambiente.

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Nell’Albufera gli edifici isolati e immersi nel paesaggio orizzontale di acqua e di terra trasmettono un senso di solitudine ma anche di grande calma dovuta dalla perfetta integrazione con l’ambiente. Il solido e il liquido si integrano e a volte si sovrappongono, la terra si fa acqua e l’acqua si fa terra. La luce qua fa il suo gioco creando riflessi e, fermandosi davanti a un solido, genera ombre. E’ un paesaggio dove la luce muta continuamente, così come cambia anche la policromia della vegetazione. Con poca luce i grigi diventano neri e i bianchi grigi come anche i pieni e i vuoti alternano il passaggio della luce. Il vento genera spostamenti creando forme, ombre e suoni. Le vele delle barche, tese con le loro geometrie, si contrappongono all’orizzontalità del paesaggio. L’acqua e la vegetazione sono le protagoniste di questo paesaggio e gli elementi architettonici che vi si inseriscono non ne devono alterare l’equilibrio. Punto fondamentale da tenere in considerazione in fase di progetto. Gli elementi naturali che escono dall’acqua formando una cortina generando una sopresa alla vista facendo subito nascere la curiosità di scoprire e di sapere che succede dall’altra parte di questa lunga barriera. Limitare uno spazio significa dargli una dimensione, una scala. Data la grande scala ogni essere sembra smarrito all’interno di questa grandezza. La scala è un fattore importante all’interno di questo paesaggio, creare una scala più piccola dove è possibile tenere dei limiti a misura d’uomo ti fa apprezzare ancora di più le grandi scale. E’ proprio quest’ultima che può generare disorientamento. Avere limiti visivi o punti di riferimento potrebbe essere una soluzione a questo stato, ovviamente la difficoltà sta nell’equilibrio tra l’artificiale e il naturale.

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l’Albufera

la laguna la Huerta la Devesa il lago il Palmar Muntanyeta dels Sants Sueca

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il Parco Naturale Il Parco Naturale dell’Albufera, chiamato dai romani Nacarum Stagnum e in alcuni poemi arabi denominato “specchio del sole”, è situato nel settore sud-orientale della Piana di Valencia. La profondità del lago è bassa, con una media di meno di 80 centimetri, anche se in alcuni punti raggiunge i due metri. Il sistema, costituito dal lago dell’Albufera, è diventato Parco Naturale dal decreto 89/1986 dell’8 luglio, della Generalitat Valenciana. Il decreto prevede un programma per la gestione, la protezione e la gestione del Parco e la stesura di un piano speciale e di gestione, indicando le zone di protezione speciale, le previsioni e le norme necessarie per le infrastrutture, le attrezzature, i servizi di cui necessita il Parco Naturale. Nel decreto si trovano inoltre le proposte per la promozione turistica e le misure per ovviare a problemi come l’inquinamento, l’insabbiamento progressivo della risaia, la urbanizzazione ecc. Il Parco Naturale dell’Albufera possiede una grande varietà di habitat, che permette l’esistenza di una tipologia di flora e fauna. In esso si possono distinguere quattro zone: il restringimento o la barriera litorale la palude il lago il monte Il restringimento o barriera litorale è l’ambiente più complesso, ed è anche quello che ha avuto una maggiore degradazione. Si fa riferimento al cordone che percorre il Parco Naturale da nord a sud la cui formazione deriva dai detriti e dalla sabbia portati dalla corrente del Tùria 7. Quest’area è larga massimo un chilometro e lunga trenta. Il tratto settentrionale più interessante è quello in cui troviamo la Devesa 8. Nella parte sud, troviamo un tratto eccessivamente antropizzato, con il Perellonet, il Perellò, le Palmeras, Mareny de Barranquetes e Mareny Blau), tanto per il suo uso turistico nel fronte costiero, come per il suo uso agricolo nella parte interna. Nella parte sud,che si estende, dal Mareny de Sant Llorenc fino a Cullera, un tratto relativamente poco alterato che conserva, come in

7 - Juan Vicente Munoz Raga, Guia de plantas del racò de l’olla parc Natural de l’Albufera, Valencia, 2010, pp.20 8 - Gaviria, M. 1974, pp. 321-322

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la Devesa zona arida bassa vegetazione malladas alta vegetazione risaie il Palmar strada

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origine, la presenza delle dune nel tratto prossimo alla costa. Nella zona del restringimento si possono differenziare quattro sotto ambienti: zona arida, zona bassa vegetazione, “malladas” e zona ad alta vegetazione. La zona arida, che presenta delle caratteristiche abbastanza uniformi lungo tutto il sistema, è costituita da sabbia con tratti formati da ciottoli. La zona a bassa vegetazione caratterizzata da dune e da una vegetazione che resiste a questo tipo di ambiente. Le “malladas” sono degli stagni che si sono formati nella zona delle dune attraverso i dislivelli che di vengono a formare tra una duna e l’altra. L’ultimo ambiente è la parte più interna che è stato totalmente colonizzata da una densa vegetazione di arbusti e pini. L’espansione degli orti sul tratto sabbioso hanno contribuito alla degradazione di questo ambiente. La principale trasformazione di questa area è dovuta ad una elevato turismo in alcune zone e dalla presenza di nuclei di urbanizzazione nella Devesa del Saler. Questi singolari ecosistemi, che troviamo nella zona del restringimento, sono stati molto alterati per motivi di bonifica e per i drenaggi artificiali con l’obiettivo di sanare le zone per una futura urbanizzazione. Il cordone litorale è attraversato in tre punti da canali che comunicano il lago al mare con la funzione di regolare, attraverso delle chiuse, i livelli dell’acqua del lago secondo le necessità della pesca e della coltivazione del riso. La palude è la zona che occupa la maggior superficie del Parco. e circonda il lago dell’Albufera. E’ composta da una zona sabbiosa di limo color grigio e da un’altra più prossima al lago di limo nero. La maggior parte della sua superficie è utilizzata per la coltivazione del riso, anche se, da alcuni anni, si è assistito ad un cambio graduale della coltivazione, trasformatasi da risaie in orto mediante interventi di bonifica e drenaggio, fino a convertirsi in agrumeti, l’irrigazione avviene tramite secchie, canali e le sorgenti d’acqua dette “ullals”9. In questa zona si ha anche la presenza fabbriche, depositi industriali, installazioni sportive e discariche, con un impatto negativo sia dal

9 - Ricardo san Martin Arce, La Albufera y sus hombres, p.12.

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punto ecologico che paesaggistico. Nella parte Paludosa si possono differenziare tre grandi sub ambienti: le risaie, le secchie e le ullas. Le risaie occupano la maggior parte del Parco che si avvicinano a 15.000 ettari. In queste si possono distinguere due tipologie: quella delle risaie prossime al lago, che non utilizzano sistemi meccanici per il riempimento, e quelle più lontane all’Albufera, che vengono inondate con acqua proveniente dai fiumi Tùria e Xùquer o con acqua del lago portata tramite motori. Quest’ultimo è il settore delle risaie più minacciato per la tendenza per essere trasformato in orti e che ha prodotto una modificazione sostanziale della struttura con conseguenze ecologiche estremamente negative. Le secchie e le ullals sono aree di acqua situate nella laguna. Le secchie costituiscono una densa rete di distribuzione dell’acqua nei campi. Uno dei principali problemi di questo luogo è l’elevato grado di contaminazione che ha alterato considerevolmente l’equilibrio ecologico. Infatti la contaminazione dell’acqua del lago ha influenzato la vegetazione diminuendo la sua capacità di rigenerazione. Sulla riva del lago troviamo un tratto di vegetazione palustre che ha una grande importanza per il rifugio della fauna. Esso fa da filtro dell’acqua che arriva dalle risaie e da barriera di schermatura del lago. Sulla riva infatti si ha anche un problema di contaminazione, uniti agli erbicidi che provengono dalle coltivazioni circostanti impediscono lo sviluppo costante della vegetazione Oltre al lago dell’Albufera e al Parco Naturale esiste una piccola laguna, la Bassa de Sant Llorenc, situata nell’estremo meridionale del Parco. La sua origine è dovuta alla chiusura di una piccola zona paludosa alimentata da acqua sotterranea. Negli ultimi anni va sempre diminuendo la superficie dell’ acqua per via della bonifica per dare spazio alla coltivazione di orti. Gli unici spazi, all’interno dell’Albufera, che si trovano a una quota più alta sono a Cullera ( con il Cabeçol e la Muntanya de les Rabosses) e a Sueca (Muntanyeta del Sants). Con questa differenza di ambienti che caratterizzano questo territo-

|10 vista aerea della Muntanyeta del Sants.

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rio, risulta difficile avere una visione unitaria. La grande scala porta a una non facile relazione degli elementi del paesaggio. Ogni elemento fa parte di un insieme che appartiene a un altro insieme e a sua volta ad un altro. Ogni parte di questo racchiude in se delle proprietà differenti, come colori, odori, forme,etc che portano varie percezioni. La luce, i riflessi che si vengono a creare con l’acqua soprattutto nei periodi di inondazione portano a un cambiamento che probabilmente riassume una buona parte di questo territorio.

|11 immagine della laguna

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risorse del territorio: le risaie La Spagna è il secondo produttore europeo di riso, dopo l’Italia. Nel 2010 ne sono state prodotte più di 891.000 tonnellate, il 28% del totale dell’Unione Europea. L’Andalusia è il principale produttore di riso a livello spagnolo, con il 34% del totale nazionale, seguita dall’Estremadura con il 24%, e dalla Catalogna e dalla Comunità Valenciana rispettivamente con il 15%. Il bilancio commerciale è positivo perché la Spagna esporta gran parte della produzione risicola, soprattutto in paesi europei. Le principali coltivazioni risicole in Spagna si trovano in zone agricole di notevole qualità paesaggistica ed ecologica, e in alcuni casi sono inserite in aree naturali protette. L’Albufera fa parte di una di queste aree dove la tipologia del terreno, che si presta a una facile inondazione, e la poca profondità del lago, hanno favorito la coltivazione del riso, pioniera dell’espansione agricola nelle zone umide. Produzione che pertanto ha ridotto progressivamente la superficie del lago, soprattutto a partire dal XVIII secolo. Nel corso della storia nella coltivazione del riso si sono alternati periodi di crisi e di espansione. Alla fine del XIX secolo la produzione ha avuto un forte incremento, ed è stata bonificata una notevole superficie del lago, fino a raggiungere la dimensione attuale. A partire dagli anni quaranta il processo di coltivazione del riso entrò di nuovo in crisi, dovuta da una parte da una migliore redditività delle coltivazioni orticole e dall’altra dalla presenza di macchinari che hanno facilitato il lavoro di trasformazione del terreno, riducendo così gli sforzi per la coltivazioni degli orti rispetto a quelli fatti nelle risaie. Negli ultimi cinquant’anni, le risaie si sono ridotte quasi del 50% nella Comunità Valenciana, ottenendo così un ruolo secondario nella produttività nazionale. Il riso prodotto nel Parco Nazionale in quasi tutta la sua totalità è denominato “redondo” (rotondo), mentre nelle altre risaie nazionali troviamo il riso “largo” (lungo) o “chino”(cino), i più usati in Europa, però di qualità inferiori rispetto al primo. Nonostante la produzione del riso sembri garantita dalla sua commercializzazio-

|12 come venivano coltivati i campi una volta, foto F. Jarque.

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1 preparazione del terreno in inverno. Tramite l’uso di macchinari oggi è possibile muovere la terra e renderla livellata.

2 l’inondazione e poi la semina avvengono in primavera attraverso i canali e le secchie che portano l’acqua ai campi.

3 la crescita delle piante avviene nel periodo estivo, che va da giugno fino a settembre, quando avviene la raccolta attraverso l’utilizzo di macchinari.

4 la bruciatura dei campi per la sterilizzazione del terreno avviene in settembre-ottobre, e ancora una volta tutto viene inondato per ripetere il ciclo.

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ne, il mantenimento di questa cultura è necessario per un’importanza ecologica avente anche valori paesaggistici. E’ interesante evidenziare la ricchezza di sfumature che mostrano i campi di riso lungo il processo della coltivazione. Nel periodo invernale, quando avviene l’inondazione dei campi, la superficie del lago si moltiplica per cinque volte e l’elemento acqua diventa predominante. Nella seconda fase i campi vengono prosciugati per poi essere arati e concimati; dopodichè vengono inondati per dar seguito alla semina. Nel mese di settembre dopo aver prosciugato i campi inizia la racconta. Prima dell’inizio del nuovo ciclo, dopo la trebbiatura, i campi vengono bruciati per fertilizzare il terreno, conferendo al paesaggio un aspetto cromatico che va dal giallo al nero. Secondo la posizione delle risaie rispetto al lago si hanno due tipi di terreno. Le risaie poste in prossimità del lago sono di più facile inondazione però impossibili da prosciugare naturalmente, per cui si ricorre a sistemi meccanici per il prelievo dell’acqua. Dall’altra parte, le terre dette alte vengono irrigate mediante altri sistemi (sorgenti, pozzi, e per i fiumi Xùquer e Tùria) o per mezzo dell’acqua del lago trasportata tramite motori. In questi terreni il prosciugamento si verifica in modo naturale. I “tancats” sono un insieme di campi tra i 200 e 600 “hanegadas” che a Valencia è una misura agraria di superfice di più o meno 831 m2. Questi sono circondati da piccoli muri di “motas” (terra) nei quali avviene l’irrigazione e il drenaggio. L’inondazione invernale viene fatta per la preparazione del terreno e avviene attraverso la chiusura della gola del lago e fa sì che il livello dell’acqua del lago e dei canali salga ed entri nei campi attraverso le bocchette d’irrigazione. Mentre il drenaggio viene fatto con l’aiuto di motori l’irrigazione avviene in modo collettivo, escludendo qualsiasi intervento particolare. L’uso di pesticidi nelle risaie infetta, in una certa maniera, la qualità dell’acqua nonostante gli effetti sono molto minori a quelli dei pesticidi e fertilizzanti utilizzati negli orti nell’intorno del Parco Naturale, dove il loro uso è più intenso. Un ciclo che si ripete ogni anno e che porta dentro una grande ricchezza di colori, odori, rumori e sensazioni che lo rendono unico. Il

|13 Settembre- Maggio campi secchi

|14 Maggio- Settembre inondazione

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territorio si presenta come un enorme pianura, la cui immagine a secondo del periodo, subisce delle trasformazioni non solo cromatiche ma anche negli elementi. Questi cambiamenti, legati alle fasi della lavorazione del riso, conferiscono a ogni momento del processo caratteristiche paesaggistiche peculiari. In inverno l’inondazione crea enormi specchi d’acqua scintillanti che riflettono il cielo e danno luce alla terra, mentre in estate i campi diventano verdeggianti e aridi e secchi in autunno. Questo processo è necessario per la coltivazione del riso e il controllo dell’uomo è fondamentale. L’assetto dei campi costituisce il risultato di un continuo lavoro metodico che conferisce al paesaggio un aspetto regolare e di una geometria ritmica dato della partizione colturale come è ben visibile dalle fotografie aeree. Una trama di appezzamenti che formano enormi scacchiere. Questa coltura agricola segna una delle operazioni di “addomesticamento” di uno dei luoghi più ostili all’uomo: la palude. L’adduzione dell’acqua in questi campi avviene grazie a una complicata rete di dighe e secchie che danno forma a delle vasche ognuna con dimensione diversa creando così un disegno nel campo. L’acqua che entra nei campi rende il posto ancora più magico offrendo al silenzio un suono. Ogni elemento del posto sembra essere minuziosamente in equilibrio e il silenzio rende possibile apprezzarne la bellezza. Si ha un continuo scambio tra terra e acqua, dove i dislivelli del terreno giocano un ruolo fondamentale per il passaggio dell’acqua da una camera all’altra. Il paesaggio trova nell’elemento liquido un principio ordinatore dando un indirizzo estetico e visuale. Al tempo stesso è proprio questo che permette una stabilità produttiva. Il paesaggio presenta alcuni elementi e caratteristiche strutturali di fondo come l’orizzontalità degli scenari di coltivazione rotta armoniosamente dalle reti fisse posizionate nell’acqua e da qualche edificio rurale, come segni all’interno di un insieme organico di segni.

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la pesca La pesca nel lago fu riconosciuta legalmente nel 1250, quando un gruppo di abitanti di Valencia (dalla zona che attualmente viene chiamata “Barrio de Ruzafa”) si installò nell’area, che al giorno d’oggi corrisponde al paese “El Palmar”, per esercitarla. Si dice che l’esercizio della pesca in questa zona veniva concessa dall’Imperatore a condizione che venisse pagato la quinta parte del pescato. Dopo il 1671, l’Albufera vide proibita l’entrata a chiunque, per conservare e mantenere la fauna e la flora che possedeva. Divieto che venne tolto il secolo successivo da Carlos III che permise, in questa zona, anche la caccia. Nel lago come nella laguna si trovano specie di acqua dolce. Anche se la varietà ittica è abbondante, la pesca è limitata solo a quelle specie più pregiate dal punto de vista economico come le anguille, i cefali che vengono pescati nell’Albufera nel periodo tra ottobre e marzo. L’inquinamento delle acque del lago ha portato ad una significativa riduzione delle diversità delle specie commestibili, insieme a una riduzione delle specie più pregiate. L’attività ittica viene eseguita principalmente da tre Comunità di pescatori: Il Palmar, Catarroja e Silla, costituita giuridicamente nell’anno 1858, fra queste la più importante è la comunità de El Palmar. La pesca viene fatta in “companyas”11 dove un gruppo di pescatori si dirigge attraveso i canali nelle varie postazioni del lago. Oltre a questo troviamo il “redolins” 12, tradizione che conta più di cinquecento anni e che viene praticata attraverso un sorteggio. Per la comunità di pescatori de El Palmar si pratica da ottobre a marzo mediante l’utilizzo di sistemi a “nasa” (nasse). Infine un altro metodo cioè quello “involant” (ambulante). Questi tre sistemi non sono gli unici ma sicuramente i più comuni. Gli ultimi due sono quelli che si basano sul movimento notturno dei pesci. L’allevamento ittico all’interno de El Palmar assume una funzione importante poichè cerca di salvaguardare alcune specie a rischio.

|15 preparazione delle reti.

|16 immagine delle reti fisse i <<redolì>>.

11 - Ricardo san Martin Arce, La Albufera y sus hombres, pp.20. 12 - Francisca Ramòn Fernàndez, El ingreso en la Comunidad de Pescadores de El Palmar y la trasmisiòn hereditaria del << redolì>>.

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la caccia La tradizione cinegetica dell’Albufera di Valencia risale al periodo dell’occupazione moresca. La rigogliosa vegetazione e la presenza di specie come (cervi, cinghiali, lepri, conigli, uccelli acquatici, lontre etc.), trasformarono questo luogo in qualcosa di eccezionale; ragione per cui il re Jaime I, dettò una serie di leggi e ordinanze garantendo così il corretto utilizzo e la conservazione del lago e la Devesa 13 . Allo stesso modo, le ordinanze emesse da Carlo III nel 1761, contengono sei capitoli relativi alla caccia nel lago e dei suoi limiti. La caccia si continuò a praticare per molti anni, fino a quando il comune di Valencia la proibì definitivamente sia nel lago che nelle piccole isole di terra nel 1987. Questo è dovuto all’impatto che ha sulle specie protette del Parco Naturale. Oltre a queste zone la caccia è proibita anche nelle Devesa e anche nelle aree di riserva come los Tancats de la Ratlla e la Pipa, La Bassa de Sant Llorenç, Ullas de Na Molins, etc. Attualmente la caccia si pratica in gran parte della superficie della palude come anche a Silla, Cullera, Sueca. Qua troviamo le vaste coltivazioni di riso e la pratica avviene dall’ultima domenica di settembre fino alla prima settimana di febbraio. La caccia avviene in zone interne ai campi, lontane dalle strade e dove è possibile trovare più specie di uccelli. Era praticata appostandosi dentro i barili detti “bocois” nell’acqua, circondati da canne per mimetizzarsi.

|17 cacciatore dentro un “bocoi” un barile anni ‘50.

13 - Francisco de P. Momblach y Gonzalbez, Historia de la Albufera de Valencia, 1960. pp 189.

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la vegetazione La varietà di vegetazione che troviamo all’interno del Parco naturale dell’Albufera dipende anche dalla diversità degli ambienti. Nella zona della Dehesa dell’Albufera, che costituisce il cordone di separazione dunale tra l’Albufera e il mare, troviamo le dune mobili con un tipo di vegetazione e fauna specifica. Si tratta di una vegetazione molto particolare che è condizionata dal movimento delle sabbia dunale. In questa zona si viene a creare una sorta di banda vegetale molto bassa. Questa quantità cambia a secondo se ci avviciniamo al mare o al lago. Il suolo dove cresce questo tipo di vegetazione ha una elevata proporzione di composto ionico. Nella parte più vicina al mare troviamo specie che resistono alla salsedine. Avvicinandoci alle dune grazie alla presenza di stagni troviamo anche alcune piante d’acqua. Entrando in direzione del lago la vegetazione diventa sempre più fitta formata da arbusti e pini che creano una barriera alla salsedine favorendo così la coltivazione nelle risaie e la presenza di specie differenti. Accanto alla riva del lago troviamo una densa vegetazione, tipicamente paludosa, formando “matas”14, o piccoli isolotti. Le specie vegetali che troviamo servono soprattutto da rifugio per la fauna del luogo. Nella vegetazione tipica della laguna crescono piante d’acqua dolce e altre che riescono a resistere anche all’acqua salata. L’intervento dell’uomo insieme alla contaminazione provocata dai residui domestici e industriali hanno contribuito alla degradazione di questo spazio naturale. Importante è lo studio naturalistico di questo posto la valorizzazione e conservazione delle specie che pian piano sono sempre in via di estinzione. La vegetazione è uno degli elementi principali di questo paesaggio che permette di creare una enorme diversità di colori, odori, forme etc.,che uniti all’ambiente che li circonda generano stati sensoriali differenti.

|18 vista aerea della Devesa con a sinistra il mare e a destra il lago.

|19 vista aerea della gola del Pujol.

14 - la matas è un arbusto di poca altezza diffuso in questa zona lagunare.

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Calike maritma

Euphorbia paralias

Echinophora spinosa.

Salsola kali

è una pianta della famiglia delle Brassicaceae. Chiamato anche ravastrello è grassa con foglie che possono essere o non divise o divise in due.

euforbia marittima è una pianta appartenente alla famiglia delle Euphorbiaceae, diffusa nelle aree costiere sabbiose del bacino del mar Mediterraneo. Stelo legnoso, glaba e carnosa dimensioni media 3060 cm.

finocchio spinoso appartiene alla famiglie delle Apiaceae. Alta sino a 60-70 cm, tipica dell’ambiente marino, la cui parte aerea muore d’inverno. Le foglie si presentano rade e rigide.

Salsola è un genere di piante erbacee e arbustacee appartenenti alla famiglia delle Chenopodiaceae. Non raggiunge un metro di altezza, i fiori sono solitari e le foglie sono cilindriche.

Calystegia soldanella

Halimium halimifolium

Teucrium belion

Anthyllis cytisoides

pianta erbacea perenne con un lungo rizoma stolonifero immerso profondamente nella sabbia per ricercare tracce di umidità.

è una specie della famiglia Cistaceae. Si tratta di un arbusto con molti rami, fino a 1,5 m di altezza eretta. Fiori giallo dorato, con macchie scure alla base, larga 3-4 cm, 5 sepali , all’interno di 3-10.

Teucrium dunense è una specie di pianta della famiglia Lamiaceae , originario della regione del Mediterraneo, dove si trova in sabbiosi litorali. Il steli sono spesse, ascendente, dritto, molto ramificato, grigio-biancastro.

è un semi-arbusto della famiglia delle Fabaceae Si tratta di un semi-arbusto che può misurare alto fino a 90 cm, con numerosi rami di un tono di grigio. I fiori sono raggruppati lungo i rami e sono di colore giallo pallido.

Lonicera implexa

Rhamnus alaternus

Helichrysum stoechas

Rhamnus oleoides

il caprifoglio mediterraneo è una pianta della famiglia delle Caprifoliaceae. Si presenta in forma di arbusto rampicante sempreverde, con rami volubili. Le foglie glabre, sono opposte e sessili, coriacee con lamina ovata.

è un arbusto sempreverde alto fino a 5 m, della famiglia delle Rhamnaceae fusti con la corteccia rossastra, e rami giovani pubescenti; chioma compatta e tondeggiante, con foglie alterne, di 2-5 cm, i fiori piccoli di colore giallo-verdastro.

è una pianta erbacea aromatica, perenne, appartenente alla famiglia delle Asteracee. I fiori sono disposti in infiorescenze a capolino emisferiche di 4–6 mm di diametro. Le foglie sono lineari, lunghe 10–35 mm.

è comunemente chiamati biancospino nero, è una specie del genere Rhamnus. Arbusto arbusto molto intricato, con rami grigi si spacchi steli con le spine. I fiori di colore giallo e disposti in gruppi e sono molto piccoli.

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la fauna Il Parco Naturale dell’Albufera possiede nella componente zoologica uno degli aspetti più validi grazie anche all’abbondanza delle diversità di specie, tanto invertebrati come vertebrati. Le comunità pescicole sono quelle che più sono state affette dalla contaminazione come da altri fattori come l’eccessiva pesca ( troppo sfruttamento) o l’introduzione di specie aliene. Tutto questo ha prodotto un importante riduzione tanto nella qualità come nella quantità, favorendo a quelle specie che si adattano con facilità a questo tipo di acque, come il mugi cephalus o il cyprinus carpio che sono aumentati di numero a difetto di altre specie, economiche e ecologicamente più valide come le anguille, il cefalo, Chondrostoma asigaris, melanopsis dufourii, rana perezi etc.. Anche i mammiferi hanno sofferto una drastica riduzione della loro diversità a causa delle distorsioni ambientali. Si è registrato un notevole incremento delle specie cosmopolite come i ratti (Ratus ratus) così come i toporagni. La presenza dell’uomo nella Devesa hanno favorito lo sviluppo di specie come topi, che si alimentano degli scarti alimentari che vengono buttati. Sono più di 250 le specie ornicole che utilizzano regolarmente o eccezionalmente questo ecosistema e circa 90 sono quelle che si riproducono in questo ecosistema. Il gruppo di uccelli più numeroso durante l’inverno sono le anatidae, che arrivano a concentrarsi tra 40.000 e i 60.000 esemplari. Queste specie abitano, fondamentalmente nel lago e nelle risaie, il lago ha una grande importanza non solo per il rifugio di queste specie ma anche perché questo è il luogo dove nascono la maggioranza del cibo per questi uccelli. L’importanza che ha la risaia inondata in inverno per queste specie è fondamentale e per l’equilibrio di tutto il Parco Naturale. Durante l’epoca di annidamento del Parco Naturale dell’Albufera si ha un interesse maggiore nell’ospitare un gran numero di specie, alcune delle quali sono in pericolo di estinzione. L’importanza di queste specie è fondamentale per questo equilibrio anche qui la loro diversità i loro colori e rumori regalano a questo habitat qualcosa in più a quelle caratteristiche che già lo rendono unico.

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Anas clypeata

Aix galericulata

Aythya ferina

Anas platyrhynchos

è un’anatra comune diffusa in Europa e Asia e nella maggior parte del Nordamerica. Questa specie è inconfondibile nell’emisfero settentrionale a causa del suo grande becco a forma di spatola. e i fianchi castano-rosicci.

appartiene alla numerosa famiglia degli Anatidi ed è una delle più famose anatre esistenti. La femmina presenta una livrea grigio bruna, con una linea bianca sotto la gola e in prossimità dell’occhio.

è un uccello anseriforme appartenente alla famiglia degli Anatidi. Ha un notevole istinto gregario, potendo riunirsi in branchi numerosi non solo con individui della sua specie ma anche di altri uccelli acquatici.

è un uccello della famiglia degli Anatidae, di gradevole aspetto e noto in Italia anche come capoverde. il capo e la parte superiore del collo sono di color verde iridescente, uno stretto collare bianco a metà del collo lo separa dal petto.

Nycticorax nycticorax

Sterna hirundo

Ardea cinerea

Larus cachinnans

è un uccello appartenente alla famiglia degli Ardeidi. È un airone di medie dimensioni di colore bianco, caratterizzato da un collo corto. Il dorso è grigio così come la testa. Le ali sono grigiastre, più chiare rispetto al dorso.

è un uccello della sottofamiglia Sterninae nella famiglia Laridae. Lunga 34–37 cm con un’apertura alare di 73–81 cm e un peso di 100150 gr. Il becco è sottile e appuntito di colore rosso corallo e con la punta nera.

è un uccello appartenente alla famiglia Ardeidae. Airone di notevoli dimensioni, raggiunge da adulto una statura di 90-98 centimetri. Il piumaggio è di colore grigio sulla parte superiore e bianco in quella inferiore.

è un uccello caradriiforme appartenente alla famiglia Laridae. Ha un aspetto più allungato e snello, testa più piccola e becco un po’ più sottile. È un gabbiano di taglia grande, con lunghezza compresa tra 59 e 67 cm.

G. aculeatus

Valencia hispanica

Anguilla anguilla

Lepomis gibbosus

conosciuto comunemente come Spinarello, è un pesce appartenente alla famiglia Gasterosteidae. Il colore è brunastro sul dorso ed argentato. La livrea nuziale del maschio è inoltre caratterizzata da gola e ventre rosso.

è un pesce d’acqua dolce della famiglia Valenciidae. Il colore è bluatro o grigiastro con numerose linee verticali scure, più evidenti nella metà posteriore, la pinna caudale è gialla o arancione con bordo scuro.

è conosciuta comunemente come anguilla europea, è un pesce teleosteo della famiglia Anguillidae. Viene chiamata capitone mentre il giovanile, sottile e trasparente (40–60 mm), prende il nome di ceca.

persico sole, gobbetto o gobbo, è un pesce d’acqua dolce, appartenente alla famiglia Centrarchidae. Una colorazione di fondo verde bronzea metallica, con pinne gialle screziate di bruno rosso, testa verde-azzurra con strisce azzurro.

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la vela latina L’imbarcazioni acquisiscono un significato molto importante all’interno di questo contesto. La barca da sempre ha svolto una funzione molto importante per il commercio per la pesca e il trasporto. Le prime imbarcazioni a remi sorgono nelle acque dei fiumi e delle lagune. Le caratteristiche diverse dei venti, la loro forza danno luogo a differenti tipi di vele, costruite secondo principi di funzionalità ed economicità. Le prime vele le troviamo in Egitto a forma quadrata posizionate sulla poppa, e attraverso un remo che gli permetteva di manovrarle con maggiore facilità. La vela latina invece permetteva che questo avvenisse anche senza l’uso dei remi. L’origine del nome è confuso, per alcuni era il nome dato per i marinai del nord e centro Europa a la vela che predominava nel mediterraneo nell’epoca medioevale. Per altri invece è il nome era in origine “la Trina”, (il triangolo), che successivamente si trasformò in latina. Nasce intorno al II sec. a.c. Appare in un bassorilievo di una lapide funeraria, in una necropoli greca. Troviamo diversi tipi di imbarcazioni all’interno dell’Albufera di Valencia. Bisogna distinguere innanzitutto la differenza che si hanno fra le imbarcazioni di mare e quella del lago. Continuarono ad avere un’evoluzione separata, quella dell’acqua dolce e quella salata, apportando ad ognuna risultati differenti. Con il passare del tempo i differenti usi e la specializzazione per ogni lavoro hanno portato a risultati differenti con lo sviluppo di varie tipologie. Nella zona lacustre dove tutto il lavoro è svolto attraverso delle imbarcazioni, qualsiasi attività svolta ha bisogno di una imbarcazione adecuata per l’attività che bisognava svolgere. Per questo rispetto all’uso che ne viene fatto ci sono vari tipi di barca. Rispetto all’imbarcazioni della vela latina tradizionale possiamo parlare di tre grandi famiglie. “Los barquets y barquetots”, con angoli retti e “las barcas” con sezione rotondeggiante. In ognuna di queste famiglie troviamo una differenzazione di soluzioni che dipendono dal lavoro che ne veniva fatto. Le imbarcazioni erano concepite secondo le necessità personali del proprietario, ed

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è per questo che si da un amplia varietà di dimensioni e di forma. Ad esempio “Els barquets” si costruirono da 16 a 18 fino a 22 palmi, dove un palmo corrisponde a 22, 7 cm. Alcune barche si costruirono in relazione al carico di riso che dovevano portare. “Els barquets” sono molto caratteristiche nella zona lagunare, il suo disegno è stato modificato e perfezionato durante i secoli. La sua struttura simmetrica permette di muoversi in maniera più semplice. Queste barche vengono anche utilizzate dai pescatori e cacciatori. Questo tipo di barche vengono utilizzate tramite dei remi che toccano il fondo del canale o del lago visto la bassa profondità dell’acqua e così permettono lo spostamento. Un’altra tipologia sempre di questo tipo di barche è quella chiamata “barquet de cargo”. Viene utilizzata principalmente per riempire i campi di terra per sistemare parti di terreno e svolgere parte del lavoro nelle risaie. Un’altra tipologia è quella delle “Barquetots”. Sono più grandi rispetto alle barquets e venivano utilizzate per rastrare il fondo. La più piccola di questa tipologia riusciva a caricare 24 sacchi di riso, mentre la più grande fino a 56 sacchi. Il “Marimatxo” è un altro tipo di barca di cui si fabbricarono poche unità. Si tratta di una imbarcazione mista. La capacità di carico oscillava dai 40 ai 50 sacchi di riso. La barqueta dai 25 ai 32 palmi, utilizzata per la pesca per un solo pescatore. “La barca pescadora” approssimatamente dai 7 ai 7.50 m, molto leggera e da una forma fine. Non è una barca da carico però in caso di necessità può caricare 25 sacchi. Oggi esistono delle associazioni ne El Palmar dove l’utilizzo della barca è fondamentale. Infatti questi gruppi di persone hanno come obiettivo la salvaguardia delle tradizioni. Questa gente è dotata di una serie di valori riflessi nel conoscimento delle tipologie di imbarcazioni utilizzate in questo intorno, e attività su come rigenerare e mantenere la vegetazione. Inoltre nel lago dell’Albufera vengono organizzate delle regate con la vela latina che fanno che in un certo senso incrementano il turismo.

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Il Palmar

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La naturaleza del ambiente fisico influye sobre los materiales y modo de subsistencia de cualquier pueblo. Estos, a su vez, estĂĄn intĂŹmamente relacionados con los modos en que se organiza y se expresa la familia y el parentesco, la estructura politica y los intereses religiosos y ceremoniales. El ambiente fisico no determina directamente que serĂ la cultura de un pueblo, pero evidentemente limita su naturaleza. Haebel, E.A. , 1973.

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piano 1929 1_ trilladora del tocaio 2_ baracche 3_ pollaio 4_ poste 5_ cinema 6_ mattatoio 7_ fontana 8_ chiesa 9_ lavatoio pubblico 10_risaie 10 1 3 2

4 5

3

6

8 7 9

10

2

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un luogo modificato El Palmar è situato nella parte sud-est del lago. L’accesso avviene attraverso un ponte a nord. In origine cominciò essendo una zona peschereccia, dove i pescatori costruirono alcune baracche con l’unico fine quello di depositare gli attrezzi utili per la pesca. Alla seconda metà del secolo XVIII questi incominciarono a trasferirsi con le famiglie in quest’isola. Fino alla seconda metà del XX secolo, l’attività de El Palmar si concentra essenzialmente nella pesca e la coltivazione di riso. L’urbanizzazione segue i due assi principali delle strade che vanno da nord a sud. L’edificato è posto uno accanto all’altro seguendo la conformazione del territorio. Lo sviluppo urbano in questo caso si sviluppa in questo territorio proprio per la presenza di questi canali che abbracciano questa lingua di terra. Al centro sulla strada principale troviamo la piazza principale con la chiesa parrocchiale e attorno a questa vi si insediarono i primi edifici. Questa è la parte dove si centra la vita del paese, dove avveniva l’inizio e la fine delle processioni. Oltre al barrio “de la plaza”15 il resto del paese era ripartito in altre due zone. A sud del lavatoio pubblico fino all’estremo sud troviamo il barrio del Flarete e dall’entrata del paese fino alla piazza la zona el Cargarritar. Questa suddivisione in quartieri rispecchiava anche il ceto sociale, infatti corrispondeva andando da nord a sud a differenti aree. A nord stavano le case più piccole per un ceto più basso mentre a sud quelle più ampie per famiglie più agiate. Ogni quartiere fino agli anni ‘50 festeggiava feste popolari con musica, vino e dolci. L’attività turistica e il processo di urbanizzazione iniziò negli anni ‘70, dando luogo a numerose edificazioni, e a un deterioramento generale dell’intorno. Oggi El Palmar si è convertito in un centro di attività per il turismo dentro del Parco Naturale dell’Albufera. La grande offerta gastronomica, gli spazi di grande valore ambientale e visuale, il patrimonio culturale in forma di baracca, masserie, secchie, coltivazioni, e la vicinanza con Valencia ha fatto si che questo si è convertito in un posto molto attrattivo. L’accesso principale avviene dalla strada che parte dall’autostrada

strada principale strada secondaria

15 - Ricardo san Martin Arce, La Albufera y sus hombres, pp.17.

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del Saler. Nella parte sud è collegato da una strada più piccola che arriva a Sollana. Questa strada passa all’interno dei campi di riso e si può arrivare alla Muntanyeta dels Sants. All’interno del paese è possibile trovare ancora qualche abitazione tipica di questa zona la baracca (2000), costruzione tradizionale valenziana. Negli ultimi decenni, quella che fu una zona prevalentemente rurale, si è convertita in una delle aree di maggiore affluenza turistica relazionata con la conservazione di questo spazio naturale, dando al posto una trasformazione del paesaggio e del suo intorno. Dall’altra parte i nuclei circostanti al lago hanno sperimentato una grande crescita, conseguenza dello sviluppo agrario e industriale aumentando così la pressione urbanistica e incrementando la contaminazione di questo spazio naturale, formato principalmente da acqua. Attraverso un attenta lettura delle mappe storiche è possibile ricostruire un percorso degli insediamenti che vanno dal ‘29 al ‘83. La lettura tipologica ci permette di capire la direzione che ha preso nel corso del tempo questo tipo di espansione. Il percorso di trasformazione è molto chiaro si parte dalle costruzioni che seguono gli assi principali del paese creando uno spazio libero al centro per dar vita alla piazza. Come si è detto durante l’urbanizzazione degli anni 70 avviene un processo di espansione che non modifica gli assi principali ma ha l’obiettivo il completamento delle parcelle verso i due canali laterali. Quelli che prima erano semplici locali divisi all’interno della stessa parcella vengono completati per creare ambienti più grandi. Inoltre l’accesso avviene principalmente sul lato stradale che da alle due strade interne mentre il retro viene utilizzato per magazzini, depositi ,seccatoi, patii, etc. Il motivo principare di tutto ciò si basa sul fatto che i canali erano i punti d’accesso alla parcella quindi i retri dovevano lasciare spazio alle imbarcazioni. Da questa lettura si evince grazie all’addossamento degli edifici sulla strada principale di sinistra la maggiore importanza che si vuole dare a questo asse rispetto a quello di destra. Inoltre la morfologia del territorio e i canali sinistro e destro creano dei limiti molto netti tra l’edificato e i campi di riso. Gli edifici a nord tendono a seguire l’asse principale però rompono l’orientazione nord-sud del resto dell’urba-

urbanizzazione 1929 urbanizzazione 1983

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nizzazione seguendo un orientamento est-ovest. Al lato opposto al canale di sinistra avviene un tipo di urbanizzazione definita come una zona ecologica, o sia uno spazio caratterizzato da un’alta singolarità paesaggistica. In questi spazi risulta imprescindibile limitare la realizzazione di attività costruttive a eccezione di quelle strettamente necessarie per il mantenimento dello sfruttamento della produzione del riso. La protezione dei terreni paludosi hanno provocato una netta visibilità dei bordi urbani. Si ha una netta differenza fra l’addensato urbano e il paesaggio che ha alterato la natura orizzontale del luogo. Gli spazi naturali sono rappresentati dalla palude e dai canali che portano al lago dell’Albufera. Questo posto possiede un gran valore paesaggistico che deve essere valorizzato. La maggior parte di questi edifici sono abitazioni della gente del posto che per vivere apre un’attività di ristorazione o si dedica alla pesca. La maggior parte della vita avviene soprattutto nei fine settimana dove l’attività dei barcaioli e dei ristoratori diventa più intensa. Manca la presenza di edifici pubblici e servizi che in qualche modo migliorino la qualità della vita delle persone che vi ci abita. Le problematiche che scaturiscono visitando questo posto, oltre al rapporto tra edificato e non edificato sono molte. Il paese sembra avere viste introspettive, più che aprirsi ai due lati del paesaggio. Le viste più interessanti che si hanno verso il paesaggio sono sul lato destro dove non si ha presenza di nessuna edificazione. Per il resto molte visuali vengono rotte da elementi o infrastrutture. Percorrendo il paese e precisamente la strada principale si ha la percezione che manchi uno spazio d’attesa come una piazza. La parte centrale che da alla chiesa è una strada e non è possibile viverla vista una mancanza di mobiliario urbano. La maggior frequenza di gente avviene durante i fine settimana ed è proprio quando il lavoro della gente del posto diventa più intenso. Questi temi stanno alla base per la ricerca di punti di riferimento per gli abitanti del luogo e per i turisti, che in maniera disordinata si muovono all’interno di questo caos. La valorizzazione del posto parte da una ricerca approfondita dei punti forti che permettono di mettere in luce alcune parti coprendone altre.

2

1

limiti 1

2

zona non urbanizzabile zona urbanizzabile zona ricreativa zona ecologica

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tipologie costruttive Il riconoscimento delle tipologie costruttive predominanti nello studio inizia attraverso una lettura della cartografia storica la relazione dell’edificato con il paesaggio, il raggruppamento e soprattutto una analisi del cambiamento nel corso del tempo. Come si è detto l’insediamento in questo paese avviene in maniera graduale. Inizialmente comprendeva poche baracche che servivano principalmente come deposito per gli utensili dei pescatori. Grazie alle fonti del 1849 16 il Palmar comprendeva 400 baracche distribuite secondo gli assi viari pricipali. Nel 1885 fu l’anno in cui un incendio distrusse quasi la metà del paese 17. L’uso della baracca fu particolarmente diffuso fino al XX secolo in tutta la zona costiera del centro e del nord di Valencia. Questa tipologia nel corso del tempo ha vissuto un processo di trasformazione e evoluzione che ci ha permesso arrivare a una configurazione attuale. La sua origine si relaziona alle capanne primitive che inizialmente avevano una forma ellittica o leggermente rotondeggiata e posteriormente si vanno trasformando nella cultura iberica con forme rettangolari in pianta. Nel El Palmar la baracca era formata da una pianta rettangolare con uno dei lati più corti curvo come è possibile vedere nelle immagine a fianco. Questo aspetto della baracca ha un riferimento secondo W.Giese 18 alla forma delle capanne primitive. L’orientazione è est-ovest e la culata serve proprio per rompere i venti di ponente, lasciando le aperture sul lato di levante dove i venti sono più freschi. Nel 1957 ne sono rimaste solo tre di questo tipo. Oggi ne restano solo sette nessuna con culata. Secondo Miguel del Rey 19 la pianta parallelepipeda della baracca era prossima alla proporzione 1/2 fra i muri frontali e laterali, formata dalle due pareti più larghe portanti in laterizio dalle quali si innalza una copertura di una gran inclinazione vegetale rivestita con “borrò” 20, formando un angolo acuto con un colmo molto obliquo, chiudendo la facciata anteriore e posteriore con elementi non portanti. La distribuzione interna può essere fatta secondo un passaggio laterale con una porta principale in facciata che permette di posizionare in uno dei due lati più lunghi i servizi.

|20 Pianta di un edificio simile alla baracca secondo W.Giese.

|21 Pianta baracca con culata secondo una immagine di J.M.Casas Torres nel libro Les nostres barraques, Mislata 1976.

16 - Diccionario geografico estadistico històrico de España, Madrid, 1849, pp. 610. 17 - Ricardo san Martin Arce, La Albufera y sus hombres, 1982, pp.14. 18 - Giese,W., Tipos de casas en la Peninsula Iberica” en la revista de dialectologia , T.P., Madrid, 1951, pp.563-599. 19 - Miguel del Rey, Arquitectura rural Valenciana, tipos de casas y análisis de su arquitectura, 1998, pp. 151-152 20 - il borrò è una pianta tipica della zona dell’Albufera di Valencia.

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Un’altra tipologia è formata da uno spazio più aperto nella prima metà con la seconda metà occupata dai servizi. Oppure infine la possibilità di avere uno spazio completamente diafano. E’ una tipica costruzione che si è convertita nel simbolo della casa della Huerta di Valencia. La disposizione delle baracche può essere fatta in aggruppati o singolarmente. Le sue parcelle sono servite successivamente per le altre case rurali che sono state particolamente influenzate da questo tipo di architettura. Oltre a questo tipo di baracca fino ad ora descritta troviamo un altro tipo che mantiene la pianta totalmente rettangolare. Attualmente diciamo che sono rimasti pochi esempi di baracca e praticamente quasi nessuno viene utilizzato come abitazione. Generalmente abbiamo incontrato questo tipo di baracche addossate a una casa, e unita a questa attraverso un portico di fronte alla facciata. Gli spazi sono differenziati e uniti tra loro da un potente porticato. Max Thede 21 fa un analisi descrittiva dello spazio interno il quale era costituito in origine da un unico spazio con al centro il focolare. Più tardi si incominciò a differenziare i vari ambienti mantenendo sempre le porte ai lati più corti della casa. Oggi questo tipo di costruzioni hanno un valore patrimoniale indiscutibile e gli interventi che devono essere fatti mirano soprattutto a una rigorosa riabilitazione unita a un cambio di uso che permetta una conservazione di questo patrimonio. E’ importante sottolineare l’incapacità di evoluzione della forma della baracca derivata soprattutto dalla normativa che ne impediva la costruzione e il loro restauro, conseguenza di una società che attraverso una grande trasformazione sostituì 22 la tipologia della baracca. La prima tappa di questa trasformazione tipologica si ha nei primi anni del XX secolo. Si utilizza come supporto spaziale uno schema molto conosciuto per la società agraria valenciana, la porxada (il portico). Tipo costruttivo supportato da una struttura porticata , più o meno diàfana, utilizzato per magazzino, assiccatoio etc. La struttura porticata si chiude e il suo spazio si rende vivibile utilizzando la sintassi dello spazio della baracca. Avviene anche un cambio di tipo

|22 immagine di una processione nel Palmar

|23 Pianta di una baracca secondo V. Gosalvez nel suo studio construttivo della baracca della Vega Valenciana. Valencia 1915.

21 - Thede, M. “Die Albufera de Valencia” en Volhustum und Kultur der Romanen, Hamburgo 1933. 22 - Casas Torres, J.M. La vivienda y núcleos de poblaciòn de la Vega de Valencia, Madrid 1944, Cap. III, pp. 175-191

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strutturale della copertura, il quale influirà nel nuovo tipo costruttivo. Si abbandona la struttura triangolare della copertura per arrivare ad una copertura orizzontale o inclinata che lavora a meglio a flessione, permettendo in questo modo una migliore versatilità. Questo cambio strutturale, fa si che la casa non solo ha la possibilità di crescere longitudinalmente o di ripetersi duplicando il modulo come nella baracca se no che avvenga un processo di trasformazione evolutiva. Generalmente, la nuova struttura che sostituisce la baracca si costruisce con uno schema in profondità che in un primo momento d’uso simile al portico che poi si è convertito in uno schema costruttivo simile alla casa. Questa nuova struttura si posiziona nei lotti delle baracche e conserva però la struttura spaziale del corridoio laterale della baracca, e strutturata in lunghezza. Questo tipo di casa viene definita come “cases a una mà”23, comuni alle parcelle che sostituiranno le baracche come anche alle antiche parcelle di origine tardo-medioevale. Nei primi decenni del XX secolo si produssero il maggior numero di cambiamenti dalle baracche per altri tipi di case. Bisogna tenere in considerazione in questo cambio l’adattamento al mondo preindustriale che viene fatto nella zone limitrofe della città di Valencia negli ultimi anni del s. XIX. Come ci spiega bene M. del Rey 24 è importante capire l’architettura rurale e quella urbana. Sono episodi complementari della stessa storia, una storia che deve essere letta con la sua ricchezza e complessità, per comprendere bene i segni che ha lasciato nel tempo, avvicinarci a comprendere la sua evoluzione per poi essere capaci di poter pianificare una proposta di progetto. Possibilmente questa foto sola non descrive chiaramente la posizione e le distanze tra gli edifici e la sensazione che si poteva avere all’interno di questo paese quando ancora l’edificazioni erano principalmente baracche. Probabilmente le distanze tra gli edifici permettevano una maggiore vista al paesaggio e ogni edificio posizionato singolarmente in questo territorio non generava compattezza. L’unione in questo caso non era generata dalla vicinanza di un edificio all’altro ma attraverso una esasperata omogeneità dell’insieme.

|24 baracche con culata nel Palmar secondo l’immagine di J. Escrivà nel libro Les nostres barraques, Mislata, 1976.

|25 una delle poche baracche rimaste integre all’interno del Palmar.

23 - è un termine utilizzato per denominare un tipo struttura portante parallela costruita con muri di laterizio. 24 - Miguel del Rey, Arquitectura rural Valenciana, tipos de casas y análisis de su arquitectura, 1998, pp. 168.

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L’utilizzo degli stessi materiali, degli stessi colori e perfino delle stesse forme trovava in quest’area un linguaggio comune. La semplicità di queste costruzioni e certamente l’utilizzo di questo tipo di materiali dialogava con questo paesaggio. L’assetto delle strade era generato principalmente come si è visto da i due assi principali e le case si posizionavano accanto generando una sequenzialità di elementi. Osservando il paese dopo un veloce processo di cambiamento tipologico è possibile oggi osservare solo su due o tre esempi di questo tipo di architettura. La discordanza che si viene a creare intorno a questa non genera nessun tipo di relazione. Separandosi leggermente dalla costruzione accanto è possibile fare alcune osservazioni. L’utilizzo del verde nella facciata laterale ha forse l’intenzione, con un minimo di consapevolezza, di dover concedere uno sfondo verde a questa rimanenza. Queste decisioni non fanno altro che mettere in ridicolo una struttura che ormai sola riesce a resistere al degrado. Il resto del contesto urbano presenta elementi che durante gli anni si sono modificati come in altezza e in lunghezza senza seguire nessun tipo di logica. Questo cambiamento anche nell’uso di differenti tipi di colore e materiale hanno contribuito ad aumentare questa caotica eterogeneità dell’insieme.Questo contrasto tra l’omogeneità e etereogeneità, chenon è più percettibile ovviamente, obbliga a ragionare su che tipo di architettura occorre avvicinarsi in un tipo di contesto ormai etereogeneo.

|26 vista del Palmar dal lato est

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Allontanandoci dall’addensato urbano del Palmar tra le linee delle secchie e le enormi superfici delle risaie è possibile individuare alcuni edifici che alla fine del XIX inizi del XX hanno caratterizzato questo paesaggio. La necessità di tenere un luogo dove collocare il raccolto delle risaie e tutti i meccanismi che servivano e tutt’ora servono per il riempimento e lo svuotamento di queste grandi estensioni di terra hanno portato alla fabbricazione di queste strutture. Analizzando attentamente ognuna di esse è possibile trovare un denominatore comune che ci permette di capire quali erano le necessità e come avveniva questo processo. Queste esigenze hanno portato a dover costruire quasi sempre accanto a un canale e ritagliando così piccoli appezzamenti di terra sopraelevata rispetto alla risaia. Gli edifici sono formati da un volume molto semplice dove nel corso del tempo si sono aggiunti altri corpi annessi. Questo è affiancato da uno spazio libero pavimentato in laterizio dove avveniva l’essiccazione del riso. Secondo la descrizione di V.Rossello 25, il processo per l’inondazione e essiccazione dei campi avveniva inizialmente a mano con l’utilizzo di secchi oppure con delle casse roteate che venivano spostate da due uomini come avveniva in oriente. Successivamente questo processo viene sostituito dall’utilizzo di una noria in legno che attraverso delle pale girava immettendo l’acqua dal canale alla risaia o viceversa. In seguito vennero utilizzate le macchine a vapore utilizzando come carburante il legno o il carbone. Infine si utilizzò l’energia elettrica. Adesso in seguito alle innovazioni tecnologiche si hanno dei sistemi di boe con dei sensori che controllano il livello dell’acqua, attivando così un congegno che mantiene costante l’acqua nei canali o allo stesso modo un controllo costante sui campi. Osservando le foto è possibile farsi un idea su la semplicità di questi corpi di fabbrica. Il loro volume con intonaco bianco formato da una copertura a due falde. A questo viene annesso internamente o leggermente distaccato il corpo della ciminiera in media alta dagli 8 ai 15 metri, formata da un corpo basamentale prismatico quadrangolare alla quale si eleva l’inizio quadrangolare del fusto che si converte in un ottagono. Costruito in laterizio la parte basamentale viene ricoperta con uno strato di intonaco mentre la parte superiore man-

25 - L ́ Albufera de València. V. Rossello, Barcelona 1995. Estudio de Campo del Dep. de Geografía de la U. de Valencia, a cargo del Prof. Hermosilla

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tiene il laterizio a vista. Come si può osservare alcuni di questi volumi presentano delle torri che vennero aggiunti in secondo momento per l’utilizzo dell’energia elettrica. All’interno di questo paesaggio questi corpi di fabbrica restano desolati creando un contrasto tra il naturale e l’artificiale. Questo ambiente è il risultato di azioni della natura dell’uomo e del tempo. L’insieme di tutti questi edifici crea un immagine omogenea che torna alla mente quando si pensa a questo luogo. La sua composizione così semplice fatta di pochi materiali non entra in contrasto con l’ambiente che lo circando ma ne fà ormai parte. Come le palme nei campi le ciminiere sono dei riferimenti importanti per questo tipo di paesaggio. Per questo motivo è importante capire la scala a cui si fa riferimento e la composizione degli elementi che ne fanno parte per poter tener presente la posizione e la scala dell’edificio di progetto rispetto agli edifici che lo circondano. L’importanza di queste isole di terra si incrementa all’aumentare dell’acqua che li circonda, emerge l’evidenzia del solido rispetto al liquido. Questo genera un contrasto tra il cambio del liquido e la permanenza del solido.

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piano attuale 1_ trebbiatrice del Tocaio 2_ allevamento ittico 3_ motori 4_ ristoranti 5_ risaia 6_ piazza 7_ orti

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sito di progetto Lo studio di tesi avviene in una particella molto singolare posizionata sul lato ovest del Palmar. Quest’area soprattutto nei fine settimana, è molto frequentata dai turisti, per la vicinanza al canale che porta al lago dell’Albufera e all’imbarcadero dove partono le barche per le gite al lago. Questa zona è al limite tra l’urbanizzato e le risaie e funge da connessione tra i due ambienti. Il lotto, essendo in parte occupato da un campo di riso, è uno dei pochi punti in cui la cortina di case, che fa da barriera visiva che impedisce la vista del canale e dell’ambiente naturalistico, viene interrotto. L’area è delimitata a nor e sud da due piccoli canali, quello a nord serve principlamente per portare l’acqua alla risaia del lotto, oltre alla presenza di verde date dalle coltivazioni di riso e da altr mentre l’altroè utilizzato per l’uscita delle barche dei pescatori. Ad ovest confina col canale più grande che conduce al lago, e ad est con la strade e con la zona abitata. L’area, è occupata, oltre che dalla risaia, anche dal Tocaio, una struttura adibita alla prima fase della lavorazione del riso. Ancora è presente, nello spiazzo antistante, una parte della pavimentazione in laterizio dove veniva messo il riso a seccare. L’area èe fiancheggiata da due percorsi che finiscono nel canale grande: il primo, affianca i locali dei motori di pompaggio dell’acqua e poi costeggia il canale a nord, il secondo, frontale a una struttura che veniva utilizzata precedentemente come piccolo imbarcadero. Quest’ultimo conduce al molo degli imbarcadero e attraverso un ponte, ai locali di un allevamento ittico. Proseguendo il percorso verso destra si attraversa un piccolo ponte in legno fino ad arrivare a una struttura che serve da deposito per i pescatori. Arrivati in quest’area si ha un cambiamento di visuale poichè si oltrepassa la barriera vegetale addossata al canale e si può osservare un’ampia zona di campi di riso. Vi è allo stato di fatto un ingresso carrabile, sul lato est che serve da acceso per il Tocaio.

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stato di fatto

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Como si è detto, l’unica struttura presente nel lotto è la trebbiatrice del Tocaio che si trova al limite tra l’addensato urbano e il paesaggio. Queste struttura insieme a molte altre all’interno del Parco Naturale dell’Albufera appartiene a quelle costruzioni tradizionalmente legate alle attività agricole per la lavorazione del riso. Infatti il riso una volta racolto veniva assiccato all’esterno di queste strutture su una pavimentazione in laterizio e poi avveniva la separazione del riso dalle parti tegumentali, le glume e le glumelle, bruciandolo. L’edificio, presenta una ciminiera ottagonale di sei metri poggiata su un possente basamento. Caratteristica è la decorazione elicoidale in laterizio nel fusto della ciminiera. La struttura dell’edificio è in muratura portante. Il lato ovest, che si affaccia sul canale originariamente era composto da arcate che formavano un portico e che successivamente sono state tamponate. All’interno si trovano ancora i macchinari che servivano per la lavorazione del riso. Originariamente la struttura comprende due volumi e la ciminiera. Un locale ospitava le macchine mentre l’altro serviva da magazzino. Inizialmente questo edificio era circondato da risaie formando nel periodo di inondazione un isola di terra staccata da El Palmar e collegata solamente da un cammino situato tra la risaia e il canale. Successivamente fu edificato sul lato a est un terzo volume. In tempi più recenti è stata realizzata una sopraelevazione nella parte centrale e la chiusura, como si è detto, del lato ovest, eliminando così la connessione diretta tra l’edificio e il molo. I cambiamenti sono la conseguenza nella lavorazione del riso, con l’apparizione delle macchine trebbiatrici del campo e la macchina che permetteva l’essicazione del riso all’interno dell’edificio. L’elevazione del volume centrale servi per poter contenere la macchina per essiccare il riso. Dopo l’analisi degli elementi che compongono l’area d’intervento, bisogna fare alcune considerazioni per potere individuare le strutture preesistenti da inserire nella proposta progettuale.

|25 trebbiatrice del Tocaio

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|27 le tre fasi dell’evoluzione della trebbiatrice del Tocaio

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urbanizzazione 1 trebbiatrice del Tocaio Questo edificio all’interno del lotto di progetto assume un valore importante per gli abitanti. Oltre ad avere un valore all’interno del patrimonio, viene riconosciuto come simbolo poichè nonostante i pochi cambiamenti abbiano aggiunto alcune delle sue parti, è rimasto invariato rispetto al resto degli edifici del paese. Occorre perciò mettere in risalto i suoi elementi e l’area attorno ad esso. 2 motore de l’Estabiliment Questo edificio serve per muovere l’acqua all’interno e fuori dai campi. Era costruita con casse di legno su una struttura anch’essa in legno chiamata “baci”. Questo strumento veniva utilizzato prendendo l’acqua dei campi passandola alla secchia. Possiede un valore patrimoniale che deve essere messo in luce per poter essere volorizzato. 3 imbarcadero Il barcadero è posizionato accanto alla secchia che costeggia il lato est de El Palmar. La secchia è costituita da dei muri di cemento altri più o meno 65 cm. Aperto nei quattro lati è formato da una copertura a due falde. Le barche entrano dentro è si ormeggiano ai due lati del barcadero. La prospettiva di questo non è visibile a causa del ponte che sta di fronte. 4 baracca Una delle poche costruzioni di baracche rimaste all’interno de El Palmar. La sostituzione delle baracche antiche è avvenuto nella seconda metà del XX secolo. Struttura muraria in laterizio con copertura vegetale con “barro”. Le altre baracche rimaste all’interno del paese hanno modificato la copertura con una metallica. Fontamentale l’importanza di questa struttura e il contrasto con il constesto in cui è inserita.

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Attorno al sito di progetto è possibile percepire un tipo di urbanizzazione che mette disordine alla linearità del paesaggio.


percorsi 1 vista del imbarcadero Da questo punto è possibile osservare il barcadero. Come si vede nella foto al momento viene utilizzato come parcheggio per le macchine. Di fronte a questo troviamo il ponte che collega al lato opposto della strada. La vista al canale da questo punto è ostacolata da questi elementi. Occorre ordinare questi elementi per aumentare la loro importanza. 2 percorso entrata nord Dal lato nord si trova questo cammino a una quota più alta rispetto al canale a destra e la risaia a sinistra. Questa è una seconda entrata al lotto e costeggia per intero il canale nord fino ad arrivare al canale grande. E’ possibile riprendere gli antichi assi viari che creano un recinto alla risaia.

3 molo Il molo si trova di fronte alla trebbiatrice. La struttura fatta in acciaio con listoni di legno si immettono sul canale grande rendendo più semplice l’ormeggio delle barche. I turisti infatti, soprattutto nei fine settimana si dirigono in questa zona per poter fare un giro in barca sul lago. Questo elemento manca di una struttura che lo accompagna. 4 percorso entrata sud Questo percorso è una delle due entrate al molo. Costeggia il piccolo canale a sud della tribbriatrice del Tocaio. L’entrata è aperta ai turisti per accedere al molo. Anche questa come l’altro accesso delimita due zone. Fa parte di un asse importante che insieme all’altro percorso crea un recinto all’area.

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Alcuni punti del percorso che creano delle prospettive al paesaggio e a delle strutture importanti.


acqua 1 canale grande Dal ponte che porta all’allevamento ittico è possibile avere una visuale prospettica verso il canale grande. Proseguendo il canale troviamo l’uscita al lago. Questa sia sul lato destro che sinistro è affiancato dal molo. La vista prospettica del canale ti avvicina ancora di più a l’acqua facendoti sentire come parte di essa.

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2 canale nord Questo canale serve principalmente per l’entrata dell’acqua al campo di riso. L’acqua inoltre si immette all’interno del motore per essere immessa nei campi che si trovano nella parte est de El Palmar. Nella parte più vicina al canale grande troviamo una barriera che limita l’entrata dell’acqua. L’acqua stagnante in questa zona trasmette abbandono. 3 canale sud Questo canale costeggia il lato ovest de El Palmar. Un muro in cemento di 65 cm lo divide dalla strada ai due lati. E’ una delle uscite principali dal paese al lago. L’acqua a differenza del canale nord e meno stagnante. La presenza di barche fa intendere il suo permanente utilizzo.

4 allevamento ittico Questo allevamento svolge una funzione molto importante all’interno de El Palmar e di tutta l’Albufera. Grazie a delle vasche ha prodotto circa 500.000 esemplari di pesci di acqua dolce più minacciate. Al di là della struttura che non presenta nessun interesse architettonico.

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Il canale grande si collega al lago e serve da elemento di trasporto insieme al piccolo canale a sud.


limiti visivi 1 ristorante Questa costruzione è un ristorante ed è uno degli edifici che stanno ai due lati del lotto di studio e il loro non interesse architettonico influenzerà molto il progetto. Presenta un entrata sul lato stradale con un parcheggio. Il volume alto 5 metri ha un impatto molto forte sul paesaggio.

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2 ristorante Sul lato sud al di là del canale piccolo troviamo questo ristonte che sia in altezza che in lunghezza ha un impatto visivo creando così un limite a sud del lotto. Presenta di fronte accanto al canale una striscia di vegetazione che aiuta ad avere un minor impatto visivo sul territorio.

3 vegetazione Di fronte alla trebbiatrice sul lato del molo troviamo una barriera vegetale che costeggia il canale grande creando un limite visivo ai campi di riso. Questo tipo di vegetazione è presente su tutto il lago dell’Albufera, limitando l’orizzontalità di questo paesaggio

4 profilo urbano All’interno del lotto sul lato est è possibile vedere gli edifici che su varie altezze costeggiano la strada. A sinistra troviamo il motore che porta acqua ai campi e a destra il barcadero. Molti di questi edifici presentano al piano terra ristoranti. La loro etereogeneità data dalle varie altezze e dalla policromia della textura creano disordine all’interno di questo paesaggio.

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Il sito di progetto sta circondato da dei limiti visivi che impediscono la vista al paesaggio.


La trebbiatrice del Tocaio, come si è visto, è un edificio che pur modificando nel corso degli anni il suo uso originale, ha mantenuto, in linea di massima, il suo aspetto continuando ad essere un riferimento paesaggistico importante sia per il suoi valore di testimone storico che per il modo equilibrato e rispettoso con cui si relaziona con la natura. Inoltre, à differenza di edifici con le stesse caratteristiche ubicati in posizioni isolate, il Tocaio è inserito in un tessuto urbano e quindi non solo più accesible ma anche elemento di testimonianza tra la storia e la contemporaneità. Il Tocaio, inoltre, pur trovandosi in una zona centrale del Palmar, oltre di essere di facile raggiungimento fa anche da cerniera tra la zona urbana e il contesto naturale. Altra struttura è quella del motore dell’Establiment. Si tratta di un edificio che contiene i motori che servono ad attivare la struttura per poter portare l’acqua dai campi alla parte opposta del paese. All’interno di esso si trova una antica ruota in legno a pale per il sollevamento delle acque, interessante esemplare di archeologia industriale che va preservata e valorizzata. Attualmente tali spazi non sono accessibili ai non addetti ai lavori. Altra interessante testimonianza storica e merita di essere riqualificata è il vecchio imbarcadero, composto da uno spazio coperto dove un tempo arrivavano le barche, ora non è più agibile. Una delle finalità del progetto è quella di evidenziare o di creare scorci visivi che permettono la vista del canale e della vegetazione lacustre, in modo da integrare il paesaggio urbano con quello naturale. L’acqua, elemento sempre presente, secondo delle stagioni e delle fasi di lavorazione del riso assume un ruolo più o meno di protagonista. Uno degli obiettivi è quello di valorizzare questa sua presenza e il paesaggio che nel corso dell’anno si trasforma dominando ora l’acqua ora la terra coltivata a riso. Il confine tra l’acqua del canale e la risaia, quando questa è inondata, si anulla, per ritornare netto quando viene prosciugata, questo permette di avere una definizione dello spazio in continuo cambiamento. L’acqua inoltre conferisce, con i suoi riflessi una luce particolare ad

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ogni cosa ed ha la capacità di raddoppiarne l’immagine. Altro punto è l’afflusso turistico nei fine de settimana che comporta un incremento del traffico veicolare e sollecita a livello urbano la progettazione di nuovi percorsi ed accesi. All’interno del lotto di progetto si avverte la necessità di allargare i limiti visivi dati dalle costruzioni ai due lati dell’area e dalle barriere vegetali sulla sponda opposta del canale grande,impedendo la visuale alla profondità dei campi. Per tale motivo il progetto tenterà a ristabilire un ordine relazionando il contesto urbano con il paesaggio. Per quanto riguarda gli spazi tra la trebbiatrice e l’agglomerato urbano, occorrerà in qualche modo suddividere le varie zone al fine di creare diversi ambienti che riducano la visione percettiva della scala. L’edificazione veloce e speculativa del Palmar ha fatto sì che non si è creato un luogo che si potesse identificare come il centro del nucleo urbano, la piazza,l’agorà. Questo è dovuto anche dal fatto che il Palmar viene identificato come un luogo che esiste solo in funzione dei suoi ristoranti che si riempie solo nei fine settimana da un turismo letteralmente “mordi e fuggi”. La sua altra, e sicuramente più profonda vocazione, quella di essere il cuore di un area di grande valore naturalistico paesaggistico non è stata, fino a non molto tempo fa, considerata. Il progetto cercherà di assolvere tale ruolo sia centro dedicato alle attività di informazione e di educazione sulle problematiche naturali, ambientali , sociali ed economiche del territorio, e nello stesso tempo di creare un luogo di identificazione e di riferimento urbanistico de El Palmar. All’interno di tale luogo potrà essere possibile acquisire, attraverso vari tipi di media, foto, disegni video, ecc. quelle informazioni che portano ad un approfondimento di tipo storico e naturalistico, quali la comprensione della formazione del lago, conoscerne la sua fauna, la flora e le attività ad esso connesse come la coltivazione e la lavorazione del riso. Il progetto quindi è finalizzato alla realizzazione di un centro dotato di una sala espositiva e di un barcadero, gestito dagli stessi pescatori del Palmar, per la visita del lago. Inoltre il progetto si propone di qualificare alcuni spazi, come il molo, rendendolo più accessibile al pubblico e la ruota di legno per l’elevazione dell’acqua, inglobandola in nuovi spazi.

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La ricerca

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“Gli architetti devono pensare alla loro responsabilità per creare qualcosa che sia sempre fedele alla natura dell’ uomo e alle leggi della natura, che tenga coscienza dell’acqua, dell’aria, della luce, del mondo animale e vegetale” 26 L.I. Kahn

28 - Kahn, Louis I. “The nature of nature”, Alexandra, cit. pp 160 26- Kahn, Louis I.

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la forma Si è parlato già del processo della coltivazione del riso e di come cambia il paesaggio in relazione a questa necessità. Vorrei fare delle osservazioni per quanto riguarda l’importanza delle risaie e come i suoi elementi hanno in qualche modo influenzato la scelta di progetto. Lo studio è vedere come queste risaie possano cambiare rispetto al tipo di terreno nel quale vengono coltivate. Per la coltivazione del riso è necessario avere un terreno pianeggiante in modo che l’acqua arrivi in maniera omogenea su tutte le parti senza che si vengano a creare zone con più o meno acqua. Questo è un concetto molto importante per capire anche come nel corso dei secoli sono stati e vengono tutt’ora coltivati i campi e in che tipo di terreno avviene tutto ciò. A Bali come si vede nell’immagine a fianco la necessità di ottenere questo prodotto hanno portato alla creazione di terrazzamenti. Ovviamente le complicazioni che si vengono a creare per quanto riguarda raccolta,inondazione, mantenimento aumentano spropositamente rispetto a un territorio completamentamente pianeggiante. L’obiettivo però è quello di creare pianura. Una pianura artificiale ma necessaria per questo processo. Questi terreni vengono adattati e la loro forma nasce dalle curve del terreno creando infatti forme sinuose che rispettano tutte uno stesso livello. La mano dell’uomo in questo territorio è più evidente rispetto alle risaie dell’Albufera. Le enormi estenzioni di terra di quest’ultimo generano continuità e una forte orizzontalità. Le risaie di Bali ovviamente non danno la stessa sensazione però tra questi due territori si viene a generare una connessione che è data dalle geometrie che li compongono. Ovviamente visitando o guardando le foto delle risaie di Bali è possibile grazie alla conformazione del territorio rendersi conto delle geometrie che ti circondano, cosa che non è possibile fare nelle risaie dell’Albufera se non attraverso delle foto aeree. La risaia come si è visto appartiene non solo al paesaggio che cir-

|26 risaia a Bali

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conda il sito di progetto ma comprende una grande zona al suo interno. Un elemento importante in questo tipo di paesaggio è il cambiamento e dalla relazione che hanno tutti gli elementi che lo compongo come acqua e la terra sono in continuo scambio tra loro. Questi elementi mi hanno portato a riflettere su alcuni concetti che hanno determinato alcune scelte nel progetto. Un altro tema importante in questo tipo di paesaggio è il riflesso. Tutti i riflessi che si vengono a generare in questo paesaggio regalano un colore all’acqua specchiando così il cielo. La staticità dell’acqua nei campi genera un riflesso netto e definito. Si viene a creare uno specchio del cielo e dei colori che gli appartengono. Partendo dalle problematiche che si vengono a creare nell’area e la relazione che si viene a creare con l’edificato occorre risolvere alcuni problemi fondamentali. Da questo sorgono alcune domande: Che valore si vuole dare a queste risaie?, Che rapporto si vuole avere con queste? Che cosa vogliamo che gli abitanti guardino quando osservano l’area di progetto?. Le risposte a queste domande hanno di certo influenzato molte delle scelte progettuali e dato importanza principalemente al valore naturalistico. L’immagine che si vuole dare a questo paesaggio non è quella di creare un ulteriore limite visivo, ma al contrario si cerca di avvicinare la natura al paese.

|25 trebbiatrice del Tocaio

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architettura e acqua “L’acqua è il conduttore della natura” Leonardo da Vinci. La concezione di questo paesaggio e degli elementi che ne fanno parte è stato uno dei punti di partenza del progetto. L’elemento acqua fa parte di questa realtà e con la sua grandezza modifica il paesaggio rendendolo unico. Guardando il sito di progetto si vede come l’orizzontalità del territorio sia data proprio da questo elemento. Secondo le condizioni in cui va in contro modifica o si ferma davanti alla materia. Per molti secoli l’uomo non ha fatto altro che governarla e controllarla, dove è stato possibile, per ottenere dei risultati ben precisi. Il Palmar non a caso fa parte di uno di quegli esempi dove l’uomo tiene un controllo su questo elemento e attraverso dei meccanismi può decidere se ottenerlo o no. Il paesaggio della laguna dell’Albufera come la laguna veneta presenta molte similitudini. Sono entrambi il risultato della forza della natura che coinfluiscono in un posto. La contrapposizione tra il solido e il liquido sono state da sempre parte di questi luoghi, dove il liquido ha sempre cercato di appropriarsi delle forme degli spazi generati dall’uomo. Facendo una analisi su questi due luoghi una delle principali differenze a mio parere è il movimento. Per quanto possano essere controllati i luoghi della laguna veneziana sono quasi sempre movimentati dalle barche che passano dai canali, dalle correnti marine e dai venti. Al contrario il paesaggio dell’Albufera è un paesaggio dove l’acqua dei campi inondati è una acqua tranquilla e quasi sempre ferma. Osservando queste due realtà è possibile fare un confronto e capire che sono nate entrambe da delle necessità. Importante per il progetto è capire che valore si vuole dare all’acqua e come la si vuole presentare agli abitanti di questo paese. Credo sia importante prima di iniziare fare un analisi su alcune ar-

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chitetture che si relazionano in modo diverso con l’acqua e dove l’acqua si relaziona in maniera diversa con l’architettura. Uno di questi esempi è dato dalla Fondazione Querini Stampalia di Carlo Scarpa. Il progetto infatti è un manifesto del modo di concepire lo spazio da parte dell’architetto. Il fatto di trovarsi a Venezia e trattarsi di una restaurazione di un edificio presistente fà si che l’edificio dialoghi con la storia della città, il tempo e l’acqua. Secondo le descrizioni di Giuseppe Mazzariol 27, il progetto si articolò intorno a quattro elementi fondamentali; far si che il palazzo sia accessibile dalla piccola piazza di fronte mediante un ponte, una entrata con un dislivello per far fronte all’acqua alta, il vestibolo del portico e il giardino. La scelta principale di questo progetto è lasciare che l’acqua entri nell’edificio. In una conversazione con il cliente dove si intende profondamente la sua volontà di lasciare l’acqua alta fuori dall’edificio, Scarpa risponde: “dentro dentro l’acqua alta, dentro come in tutta la città. Si tratta solo di governarla , di contenerla, di usarla come un materiale luminoso e riflettente ...”. 28. L’acqua all’interno dell’edificio è in piena relazione con l’acqua del canale. Le differenze di movimento tra l’acqua interna è esterna cambiano non solo i riflessi ma anche i colori che si vengono a generare nell’ambiente. Questa scelta di lasciare che l’acqua entri mette in relazione l’interno con l’esterno evidenzia come l’architetto abbia un pieno controllo su questo elemento.

29 - Del Corral del Campo, Francisco. Agua, esencia del espacio en la obra de Carlo Scarpa, 2012. p 65. 30 - idem p.67.

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Alberto Campo Baeza centro di interpretazione della natura, Lanzarote, 2014 L’edificio del centro di interpretazione si trova in un paesaggio prevalentemente roccioso, accostandosi alla zona inferiore delle saline. La relazione con il paesaggio non è un inserimento morfologico, al contrario, si tratta di un piano orizzontale che si appoggia su una collina, come un grande mirador. L’accesso all’edificio avviene mediante fessure in copertura. La volumetria è semplice come anche la pianta dell’edificio che si articola mediante un asse parallelo alla facciata sul paesaggio, e due assi perpendicolari, che prolungano l’accesso fino al balcone inferiore.

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Alvaro Siza Vieira, piscine a Leça de Palmeira, Matosinhos. Un progetto che si estende in parallelo alla costa, a un piano più basso del passeggio marittimo del paese. I muri in cemento armato slittano tra di loro, creando così gli spazi di circolazione e di connessione tra le due differenti quote. Queste spazi di circolazione però non sono soltanto a livello funzionale, ma si adattano al contempo al tipo di paesaggio roccioso della zona della costa e al contempo creano le piscine artificiali. L’edificio costituisce una linea orizzontale di riferimento sul paesaggio naturale complementato da ombre e luci; con una materialità schematica che parla di semplicità in un ricco spazio architettonico.

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Guillermo Vazquez Consuegra centro per visitatori di Baelo Claudia Un edificio che è una parte del percorso fino ai resti archeologici. Così si presenta questo volume longitudinale, alternato da patii con differenti caratteristiche. La divisione del programma funzionale si dispone su tutto il percorso. E’ una architettura compatta, dove i vuoti dei patii sono sottrazione di un volume iniziale. Il riferimento sta in un percorso architettonico che permette la comprensione dell’essenza di un territorio e del suo paesaggio. I vuoti di illuminazione e di ventilazione si nascondono attraverso i patii, permettendo una maggiore astrazione nell’immagine dell’edificio. Materialità data dal calore del materiale e l’eschematismo della sua volumetria.

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Nieto y Sobejano. centro visitatori del complesso archeologico di Madinat-al-Zahra. Cordoba. La scelta della posizione dell’edificio, fuori dall’ampio recinto archeologico, costituisce il primo passo per la sua comprensione. La mimetizazione con il paesaggio e la pianura attraverso i colori dei materiali è intendibile da una visione sul fronte delle rovine dell’antico palazzo musulmano. In una distanza più approssimata, i riferimenti con l’architettura islamica senza cadere in nessun caso nella imitazione stilistica. I materiali, cemento bianco e acciaio corten sono i materiali utilizzati in questa architettura, che rafforza il valore degli spazi e dei suoi chiaroscuro.

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Il progetto

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dinamiche dell’area L’intervento sul settore scelto affetta a tutto lo spazio fisico che comprende i tre canali che lo delimitano, insieme a la strada che comunica con il paese de El Palmar. L’organizzazione della parcella si struttura in modo che, conservando i volumi che hanno dato all’area una propria identità, la trebbiatrice e il motore, permettono realizzare una lettura sintetica di questo singolare paesaggio. Al centro troviamo l’acqua, che forma un piccolo imbarcadero come nodo dell’intervento, più visibile e accessibile di quello attuale. Lo spazio della coltivazione di riso occupa parte dell’attuale e permette approssimare la visione dello sfruttamento agricolo al visitante, considerando l’interesse del cambiamento del paesaggio vincolato alle stagioni. Conservando gli elementi che formano lo spazio, si propone un riordino, facendo entrare l’acqua del canale principale fino alla parte centrale del lotto, dando così all’imbarcadero un ruolo centrale all’attività ludica e culturale che si vuole attribuire a questo intervento. In questo modo, lo spazio centrale viene occupato dall’acqua, componente principale del paesaggio, lasciando la parte compresa tra il il nuovo imbarcadero e la strada come zona per la coltivazione del riso, riferimento visuale e agricolo della zona, mentre si recupera la zona pavimentata assieme all’edificio della trebbiatrice del Tocaio, come segno principale di un processo di antropizzazione. L’importanza della trebbiatrice come riferimento visivo, oltre a essere un riferimento di tipo agricolo, come spazio per l’esposizione delle macchine utilizzate per la lavorazione del riso e un spazio che serve per ospitare piccoli gruppi per l’investigazione e il conoscimento del paesaggio dell’Albufera. Lo spazio della parte pavimentata che affianca la trebbiatrice sarà uno spazio centro per attività collettive, concerti, cinema all’aperto e una serie di attività di tipo culturale. Lo spazio che attualmente contiene i motori e la noria, per il passaggio dell’acqua ai canali dell’altro lato del paese, vengono demoliti per il loro poco interesse architettonico. Pertanto vengono conservati i motori e integrati in un nuovo edificio.

disordine della città

ordine del paesaggio

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La proposta dell’edificio, contiene un programma ludico-culturale che in qualche modo cerca di dare una risposta alla carenza di attività che in questo momento esistono nel El Palmar, come dal punto di vista turistico che degli stessi abitanti. Questo attraverso l’installazione di alcuni servizi come sala espositiva, sala proiezioni, aula per taller, un area per la gestione, bagni etc. Oltre a questo fa parte del programma una zona dedicata alle riunioni dei pescatori del El Palmar ( per il sorteggio dei posti per la pesca “redolì”), così come le installazioni per il controllo dell’irrigazione per la coltivazione del riso. Il volume occuperà la parte nord al limite con il lotto, consentendo così una barriera visiva delle costruzioni prossime alla zona interessata, sia come chiusura dell’area fin ora descritta, cedendo così un certo protagonismo all’acqua, alla terra e alla pavimentazione in laterizio dell’antica trebbiatrice. L’edificio del centro visitatori e la trebbiatrice, stabiliscono una relazione geometrica e funzionale complementaria; il nuovo volume si estende lungo la zona di terra con un profilo nettamente orizzontale, mentre la trebbiatrice al contrario si sviluppa in modo verticale. Dal punto di vista funzionale la sala espositiva del centro visitatori ospiterà esposizioni di elementi fondamentalmente grafici ( fotografie, piante, pannelli che spiegano la flora, la fauna e la vita nel Palmar), cosi come sposizioni temporanee. Nella trebbiatrice si trova il materiale di agricolura, caccia, pesca, di maggior volume. Tenendo in conto delle caratteristiche del terreno, dove saltuariamente possono avvenire inondazioni per l’aumento del livello dell’acqua del lago, l’edificio si innalza rispetto ad esso, lasciando lo spazio per il suo deflusso. Questo modo poco irruente di relazionarsi con il territorio corrisponde a una premessa generale del progetto che come punto di partenza cerca di valorizzarlo. La quota così definita si mantiene in tutto l’edificio.

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stato di fatto

formazione del molo e avvicinamento della risaia

formazione del limite visivo nord

messa in valore degli elementi che costituiscono una memoria per gli abitanti

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7

80

6


pianta copertura

2

4

3

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1_antico barcadero 2_accesso 3_risaia 4_barcadero 5_piazza 6_scenario 7_trebbiatrice

1

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20 m 15


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prospetto nord

prospetto sud

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n

n’

s

s’


condizioni architettoniche

circolazione

geometria L’immagine antropizzata del territorio disegna delle geometrie e l’edificio si adatta alle sue linee , molte volte rigide però sempre addolcite dal cammino dell’acqua. Questo concetto vale anche per la piazza, creata dall’antico pavimento della trebbiatrice, che costituisce un ambito di carattere complementare rispetto all’acqua dell’imbarcadero e al terreno coltivato nella parte centrale del lotto. Il centro visitatori occupa la parte a nord della zona, limitato a nord dal canale. Il posizionamento del volume fa da barriera visiva di alcune costruzioni dell’intorno immediato, come cortina che delimita la parte centrale dell’area, dando protagonismo allo scorrimento dell’acqua, alla risaia e alla pavimentazione cotto, dell’antica trebbiatrice e fa anche da fondo di prospettive che si vengono a creare sul lato ovest del paese. Sul lato nord i muri continui in pisè danno un immagine più ermetica, con prospettive fortemente focalizzate verso il canale grande, mentre Il progetto si apre verso il lato sud dell’area con un ampio portico d’accesso. Lo schema organizzativo è formato da un blocco lineare che contiene la maggior parte dell’area espositiva delle installazioni e servizi, definito da due percorsi: uno interno al corpo di fabbrica e l’altro che si apre sul molo. Sul lato più vicino al paese, un volume obliquo, che ospita i motori delle pompe che portano acqua ai canali, conduce all’accesso del centro con la caffetteria e la sala riunioni per i pescatori. Il confine tra l’ imbarcadero e la risaia è definito da un molo longitudinale da cui partono i moli trasversali. Inoltre, nelle scelte progettuali riguardo la distribuzione dello spazio e la sua fruizione, si è tenuto in considerazione il rapporto tra il nuovo intervento e il preesistente. l nuovo edificio è stato studiato in modo da avere una funzione di supporto e di valorizzazione rispetto al contesto in cui è inserito.

viste preferenziali

programma

caffetteria servizi bookshop guardaroba uffici laboratorio didattico magazzino sala conferenze sala espositiva sala conferenze dei pescatori

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generale

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14

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24 23

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pianta piano terra

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2

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5

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1_accesso 2_noria 3_caffetteria 4_cucina 5_servizi 6_atrio 7_bookshop 8_entrata 9_uffici 10_servizi 11_magazzino 12_laboratorio didattico 13_sala proiezioni 14_sala espositiva 15_terrazza 16_barcadero 17_risaia 18_piazza 19_scenario 20_sala riunioni 21_cucina 22_servizi 23_laboratori 24_magazzino 25_sala macchine 26_uffici 27_sala esposizioni 28_portico

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3 0

10 5

20 m 15


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sezione longitudinale a-a’

sezione trasversale b-b’

b a

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b’

a’ b’


Esso, oltre da fare da cortina che delimita lo spazio antistante il Tocaio, è anche percorso per accedere a quest’ultimo che acquista così una funzione di maggiore protagonismo. Il nuovo intervento dichiara altresì la sua funzione di supporto facendo da contenitore della Noria, valorizzandola. Sempre con la finalità di dare maggiore enfasi al recupero della preesistenza, è stata fatta la scelta progettuale di trasformare il terrapieno, tra la vecchia pavimentazione e la strada, in risaia, così com’era in precedenza, in modo che, nei periodi di inondazione del campo, Il Tocaio diventa un’isola, aumentandone il fascino e forza nel contesto paesaggistico.

muro dell’entrata

rotazione del muro

luce e ombra Si propone l’edificio come uno spazio ombreggiato di fronte alla forte e frequente insolazione della zona. Si realizza una copertura che offre una grande zona di ombra, dove la luce si converte in un elemento di focalizzazione visuale e suggestione sensoriale. La luce si canalizzerà attraverso degli elementi di poca altezza ma con una lunghezza significativa , delimitando i volumi che definiscono i distinti corpi dell’edificio. La luce che bagna in modo radente il soffitto, non arriva diretta all’interno dell’edificio. E’ luce anche quella che arriva sull’acqua degli spazi interni, sulla noria e sulle secchie e brillando fa sì che lo spazio interno dell’edificio si converte in uno spettacolo visivo.

vista del ristorante

acqua

soluzione

Protagonista indiscutibile di tutto quello che succede nell’intorno dell’Albufera e del Palmar, si lascia scorrere dentro l’edificio formando un punto di riferimento visivo a partire dalla modestia degli elementi che essa bagna, come una noria e una secchia. L’acqua scorre sotto l’edificio durante il periodo d’inondazione per la coltivazione del riso. Lo specchio d’acqua aumenta di dimensione creando il

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accesso

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prospetto est

prospetto ovest

o o’

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e

b’

e’


piccolo imbarcadero turistico, dove vengono collocate le barche per il giro nel lago , e uno spazio all’aperto definito dal corpo di fabbrica di progetto. L’acqua è un elemento in movimento nel grande canale mentre quasi statico nei canali piccoli che delimitano due lati dell’area d’intervento.

suono dell’acqua basso

materia Il corpo di fabbrica prende come riferimento i materiali che compongono l’intorno. I due materiali, terra battuta e cemento armato, hanno una componente in comune, la cassaforma, che permette di ottenere un risultato estetico di una certa omogeneità. Assieme al vetro e al legno questi costituiscono fondamentalmente i materiali utilizzati nel progetto. Le superfici di vetro si aprono su spazi protetti dal sole, come nell’atrio d’accesso o nel lato a sud dell’edificio che si affaccia sul molo. Il rivestimento in pannelli di legno sono utilizzati nei controsoffitti e nelle pareti interne delle sale, per migliorarne l’acustica e rendere gli ambienti più accoglienti. Per la copertura dell’edificio viene utilizzata uno strato di ghiaia pulita sul tono del grigio , simile al terreno, in modo da ridurre l’impatto visivo dall’alto. Il sistema di scolo delle acque della copertura, tenendo in considerazione i canali perimetrali, si realizza mediante dei doccioni che scaricano direttamente sul canale.

suono dell’acqua alto

volume senza aperture

vegetazione volume con aperture in copertura

Crea limiti incerti tra la terra e l’acqua. Costituisce una barriera visiva opportuna in alcuni punti e anche strumento musicale del vento. Sempre elemento grato per addolcire l’immagine del territorio, particolarmente nei mesi in cui il riso è germogliato.

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noria

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8

7

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6

12 13

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pianta piano primo

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2

5 4

3

6

9

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1_accesso 2_noria 3_sala conferenze dei pescatori 4_magazzino 5_impianti 6_servizi 7_sala esposizioni 8_mirador 9_barcadero 10_risaia 11_piazza 12_scenario 13_dormitorio 14_sala macchine

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3 0

10 5

20 m 15


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sezione longitudinale c-c’

sezione trasversale d-d’

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c

d

c’

d’

b’


l’edificio ventilazione

Il corpo principale del centro visitatori, è un volume che, telescopicamente, definisce prospettive verso ponente, cercando viste paesaggistiche più profonde. L’accesso all’area d’intervento è marcata da un muro obliquo in pisè in direzione est-ovest in, che si affaccia e riflette sul canale nord. L’entrata avviene attraverso un ponte che attraversa obliquamente la secchia e conduce ad uno spazio in ombra aperto nell’area centrale del lotto. Nella parte laterale dell’accesso, il volume obliquo che definisce l’entrata è polifunzionale. Esso ospita i motori e l’antica noria la cui forma è esaltata da un lucernario che la illumina dall’alto in uno spazio in penombra. La luce oltre al suono dell’acqua e al movimento della ruota creano uno spazio fondamentalmente sensoriale che introduce allo spettatore nella percezione di alcune delle caratteristiche più singolari del paesaggio e della vita di una zona lacustre. Il volume annesso ospita al piano terra la caffetteria, la cucina e i servizi, mentre il piano superiore è destinata a sala riunioni della comunità dei pescatori. Oltre alla rampa di scala l’accesso al primo livello puó avvenire attraverso l’ascensore ubicato nella parte retrostante del blocco servizi. Abbandonando questa prima parte del percorso, di viste generali e spazi di contemplazione, inizia il percorso della zona di recezione, presentandosi con le fughe visuali tra i muri paralleli di terra battuta, che chiudono la vista sul fronte nord, ma mantengono la vista al canale. Sul lato nord si trova il bookshop che con delle ampie vetrate si apre sull’atrio d’accesso, vicino alla reception, agli uffici e al blocco dei servizi. Il secondo corpo contiene l’aula laboratori e la sala proiezioni, che anticipano l’arrivo alla sala espositiva. Il primo spazio si presenta come uno spazio luminoso e aperto all’imbarcadero e all’ombra del percorso a nord. Il secondo è uno spazio compatto che al contrario si chiude per ottenere spazi che necessitano un maggior controllo della luce, come la sala proiezio-

sistema pluviale

pavimento radiante

inerzia termica

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sala espositiva

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inverno/ autunno

ni e la sala espositiva. Quest’ultima, con una sezione variabile sia in altezza che in larghezza, definisce un primo corpo di maggior larghezza con piccole aperture che si aprono verso l‘imbarcadero, permettendo la vista sul canale. Il secondo settore della sala espositiva, con una sezione più ridotta in larghezza, termina con un belvedere che permette la visuale alle risaie ed è formata da una gelosia in legno intrecciato, con riferimento formale alla vegetazione lacustre. Prima di accedere al belvedere, si apre, alla sinistra della sala, una terrazza con vista della trebbiatrice, un po’ come anticipare la presentazione di questo secondo volume al visitatore. Il percorso continua attraverso un molo in legno che si affaccia sull’imbarcadero. Percorso alternativo che permette la protezione dal sole grazie all’aggetto della copertura. Da qui si può ritornare all’area della reception, chiudendo così il percorso. Il molo, che va da nord a sud, mette in comunicazione lo spazio dell’entrata con la zona pavimentata dell’antico essiccatoio della trebbiatrice. Il pavimento in cotto che viene recuperato con un trattamento naturalizzato. La riabilitazione dell’edificio della trebbiatrice ha come obiettivo quello di completare il percorso del centro visitatori. Si conservano, ristrutturandoli, tre volumi principali: spazio di presentazione e esibizione dei prodotti, locale delle macchine per la lavorazione del riso e antica abitazione del custode che fungerà da foresteria. Mentre il corpo della sala espositiva della trebbiatrice mantiene la stessa configurazione, la sala macchine viene rimodellata per dare una visione d’insieme delle macchine e del volume. A tal scopo viene eliminato il solaio tra il piano terra e il primo piano e viene creato un nuovo percorso mediante una struttura metallica con panelli di orsogril per dare maggiore trasparenza e spazialità al locale. Questo percorso termina con una piattaforma belvedere, che emerge leggermente dalla copertura e permette una visione a 360° dell’area. Lo spazio del lato dell’abitazioni temporanee abilitano l’antico appartamento, un locale sul lato nord per riunioni, mentre al piano superiore c’è la zona notte con servizio.

primavera

estate

inverno

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imbarcadero

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esploso assonometrico

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atrio

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la struttura La base è formata da una piattaforma in pannelli prefabbicati in cemento, soletta e travi in cemento armato, sostenute da muri dello stesso materiale, disposti trasversalmente al canale nord con fondazioni a pali, sui quali si innalzano muri in terra battuta che grazie alla loro inerzia térmica, migliorano l’efficienza energetica della costruzione, riducendo così i costi di condizionamento. La struttura dei solai è composta da elementi prefabbricati in cemento, con parti in soletta di cemento armato gettato in opera, che si appoggiano su delle travi in cemento armato e definiscono un ritmo costante in tutto l’edificio, con una rilevante presenza formale. Se il cemento armato costruisce la piattaforma della base e il solaio della copertura, sia in pilastri, travi o soletta, il pisè costituisce fondamentalmente le chiusure dell’edificio. L’appoggio della struttura in cemento armato sulla struttura in pisè avviene attraverso dei fungi in cemento armato, che aiutano a distribuire i carichi. Il sistema generale di solai si propone con pannelli in cemento armato prefabbricato, in proporzione alla luce che deve coprire. Pertanto nella zona in cui è necessario creare degli aggetti, si progettano attraverso delle solette in cemento armato. Solo nella zona esterna relazionata direttamente con l’acqua, belvedere e molo dell’edificio sull’imbarcadero, si realizzano gli elementi strutturali in legno, materiale ottimo per questa speciale condizione dell’intorno.

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particolari costruttivi volume sala espositiva sezione trasversale 1_ solaio pannelli prefabbricati in calcestruzzo precompresso massetto doppia barriera impermeabilizzante isolamento termico pannello radiante massetto cemento colorato pulito

16 cm

2_ trave in cemento armato lame in legno di faggio listoni in legno di faggio solaio pannelli prefabbricati in calcestruzzo precompresso massetto barriera al vapore isolamento termico massetto alleggerito pendenza 3% impermeabilizzante protezione copertura in ghiaia pulita scossalina in rame

100 cm 6x3 cm 6x3/60 cm 16 cm

3_ solaio in cemento armato barriera al vapore massetto alleggerito pendenza 3% lamiera in rame

20 cm 0.5 cm 10 cm e/ 0.3 cm

4_ trave in legno lamellare pavimento in legno teak 5_ muro in pisè cordolo in cemento armato infissi in corten 6_ cordolo in cemento armato grondaia e doccione in rame scossalina in rame 7_ trave in cemento armato muro in pisè profilo a C in corten

6

4 cm 1 cm 3 cm

2

5

4 cm 2 cm

3

4 cm 0.5 cm 3 cm 10 cm 0.5 cm e/ 10cm e/ 0.3cm

25x15 cm e/ 4 cm e/ 60 cm 20 cm 20 cm

4

7

1

e/ 60 cm 5 cm

sezione orizzontale corrispondente

1_ porta con vetro camera 12/4/6 mm infissi in acciaio corten. pavimento in legno teak cemento colorato pulito

e/ 4 cm 2 cm

2_ muro in pisè

e/ 60 cm

1

25 0

50 cm

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2


sezione longitudinale 1_ solaio in cemento armato doppia barriera impermeabilizzante isolamento termico pannello radiante massetto cemento colorato pulito

20 cm 1 cm 3 cm

2_ solaio pannelli prefabbricati in calcestruzzo precompresso massetto doppia barriera impermeabilizzante isolamento termico pannello radiante massetto cemento colorato pulito

16 cm

3_ solaio in cemento armato barriera al vapore isolamento termico massetto alleggerito pendenza 3% impermeabilizzante sostegno in corten lucernaio in vetro

20 cm 0.5 cm 5 cm

5

4 cm 1 cm 3 cm 4 cm 2 cm

3

0.5 cm 4

e/ 12 mm

4_ solaio in cemento armato 5_ trave in cemento armato lame in legno di faggio listoni in legno di faggio solaio pannelli prefabbricati in calcestruzzo precompresso massetto barriera al vapore isolamento termico massetto alleggerito pendenza 3% impermeabilizzante protezione copertura in ghiaia pulita scossalina in rame

6

4 cm 2 cm

20 cm 100 cm 6x3 cm 6x3/60 cm 16 cm

6_ muro in cemento armato realizzato con cassaforma metallica isolamento termico

4 cm 0.5 cm 5 cm 2

0.5 cm e/ 10cm

1

30 cm 5 cm

sezione orizzontale corrispondente 1_ cemento colorato pulito vetrata fissa con doppio vetro infissi in corten pavimento per esterni in legno teak

6 cm 2 1

2_ scala in c.a. incastrata nel muro in pisè muro in pisè

60 cm

3_ vetrata fissa con vetro camera 12/4/6 mm infissi in acciaio corten. listelli in corten gelosia in legno di pioppo

25 0

50 cm

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3


particolari costruttivi volume della noria 7

sezione longitudinale 1_ solaio pannelli prefabbricati in calcestruzzo precompresso massetto doppia membrana impermeabilizzante massetto cemento colorato pulito 2_ soletta rampante in cemento armato gettato in opera 3_ soletta in cemento armato gettato in opera cordolo in cemento armato muro in pisè 4_ solaio pannelli prefabbricati in calcestruzzo precompresso massetto impermeabilizzante strato di protezione in ghiaia lavata

5

16 cm

6

4 cm 1 cm 4 cm 2 cm e/ 10cm

3

20 cm 20 cm e/ 60 cm

8

16 cm 2

4 cm 0.5 cm e/ 10cm

5_ cemento armato impermeabilizzante lamiera in rame

e/ 10cm 0.5 cm

6_ cemento armato impermeabilizzante strato di protezione in ghiaia lavata

e/ 10cm 0.5 cm e/ 10cm

7_ cemento armato impermeabilizzante lamiera in rame

e/ 30cm 0.5 cm

8_ solaio pannelli prefabbricati in calcestruzzo precompresso massetto impermeabilizzante strato di protezione in ghiaia lavata

4

16 cm

1

4 cm 0.5 cm e/ 10cm

sezione orizzontale corrispondente 1_ porta con vetro camera 12/4/6 mm infissi in acciaio corten.

1

25 0

50 cm

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sezione trasversale 1_ solaio pannelli prefabbricati in calcestruzzo precompresso massetto doppia membrana impermeabilizzante isolamento termico pannello radiante massetto cemento colorato pulito 2_ porta scorrevole con vetro camera 12/4/6 infissi in acciaio corten brise-solai prefabbricati in cls precompresso 3_ trave in cemento armato lame in legno di faggio listoni in legno di faggio solaio pannelli prefabbricati in calcestruzzo precompresso massetto isolamento termico massetto alleggerito pendenza 3% impermeabilizzante strato di protezione in ghiaia lavata scossalina in rame 4_ solaio in cemento armato impermeabilizzante lamiera in rame 5_ trave in cemento armato isolante pannello in cemento prefabbricato canaletta in rame

4

16 cm 4 cm 0.5 cm 3 cm 4 cm 2 cm

4x30cm

3

30 cm 6x3 cm 6x3/60 cm 16 cm

2

4 cm 3 cm 10 cm 1 cm e/ 10cm 10 cm 1 cm e/ 20 cm 3 cm 8 cm 1

sezione orizzontale corrispondente 1_ porta scorrevole con vetro camera 12/4/6 mm infissi in acciaio corten. brise-solai prefabbricati in cls precompresso 4x30cm 2_ muro in cemento armato isolamento termico

30 cm 5 cm

1

25 0

50 cm

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2

5


bibliografia

_Arazo, M.Angeles; Jarque, Francesc. L’Albufera.l984 _Del Corral del Campo, Francisco. Agua, esencia del espacio en la obra de Carlo Scarpa, 2012. _Del Rey Aynat, J.Miguel. Arquitectura rural valenciana.Tipos de casas y an·lisis de su arquitectura.1998 _Eugenio Turri, Il paesaggio e il Silenzio, 2010. _G.Scudo, B.Narici, C.Talamo, Costruire con la terra.2001 _Giese, W. Tipos de casas en la Penìnsula Ibèrica.1954 _Kahn, Louis. The nature of nature.1998 _Moliner J.M.;Alonso J.J.;Rosellò J.;Samo A.J. e altri. Jornadas sobre la problemàtica de la Albufera. _Momblanch y Gonzalbez, Fco. de Paula. Historia de la Albufera de Valencia. 1960 _Muñoz Raga, Juan Vicente. Guía de plantas del Racó de l’Olla: Parc Natural de l’Albufera, Conselleria de Infraestructuras, 2001. _Piera, Emili. El cas de l’Albufera, Generalitat Valenciana,1988. _Ramòn Fernandez, Francisca. El ingreso en la Comunidad de Pescado-

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ringraziamenti

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Per le informazioni raccolte ringrazio l’associazione Assut, la Conselleria di Valencia, il presidente del Parco Naturale dell’Albufera Josè Segarra Fernando e il personale dell’allevamento ittico de El Palmar ,Conselleria del Medio Ambiente. Per i consigli progettuali e tecnologici ringrazio la professoressa Maria De Santis. Per il gran sostegno e la grandezza dei suoi insegnamenti ringrazio il mio maestro il prof. Carlos Campos González.

Per il sacrificio e per il continuo sostegno ringrazio la mia famiglia Per l’aiuto reciproco e la grande amicizia di tutti questi anni ringrazio: Andrea, Antonio, Flavia, Giovanni, Giuseppe, Joan, e Stefano. Per l’aiuto e per i consigli ringrazio , Julio e Alex Per la forza dell’unione e la condivisione di idee ringrazio BAQ (Alessio, Antonio ,Filippo ,Francesco, Francesco,Giacomo, Giacomo, Giovanni)

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Menzione nella categoria Tesi di Laurea Simonetta Bastelli terza edizione Architettura e natura

“Si sottolinea la raffinatezza del progetto e della “spazialità” proposta che integra architettura e acqua con finalità dimostrative e didattiche.”


universitĂ degli Studi di Firenze


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