Scelta Civica è nata dall’unione di mondi associativi diversi che condividono una visione di società aperta, libera e solidale, capace di unire crescita e solidarietà. Una visione basata sulla convinzione che la spinta alla crescita economica non può che venire dalla creatività dei cittadini, dal loro impegno, dal loro talento, dalla loro libera iniziativa. Ma anche sulla consapevolezza che per mettere tutti i cittadini in condizione di misurarsi con queste sfide occorre uno Stato in grado di definire e far rispettare alcune regole fondamentali, e dare accesso ad una rete di servizi essenziali efficace e funzionale. E’ necessario uno Stato meno invasivo nelle questioni economiche, ma più funzionale laddove il suo ruolo è necessario: legalità, giustizia, sicurezza, istruzione, sanità. Purtroppo in Italia lo Stato ha finito per svolgere il ruolo opposto: onnipresente nella gestione o produzione di beni e servizi anche quando questi potevano essere affidati al mercato (oggi abbiamo persino villaggi turistici di proprietà e gestione statale!), sempre pronto a riempire consigli di amministrazione e altre poltrone con politici di dubbia competenza, ma assente o inefficiente nei servizi essenziali, incapace di dare risposte a problemi fondamentali come la sicurezza del territorio, l’assistenza ai più deboli, l’istruzione di qualità, i servizi all’infanzia e per gli anziani. Per compensare queste incapacità lo Stato per decenni ha dispensato trasferimenti monetari e altre forme assistenziali che non hanno alleviato il disagio sociale, ma hanno fatto lievitare la spesa pubblica, il debito e, inevitabilmente, la pressione fiscale. Peraltro nelle pieghe di questo Stato sociale così male strutturato si sono annidati clientelismi e corruttele a tutti i livelli. Un circolo vizioso che i partiti tradizionali non sono stati in grado di spezzare, incapaci di portare avanti riforme profonde per timore di perdere consenso, e incapaci di affrontare la situazione drammatica in cui l’Italia si è trovata nel Novembre 2011.
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Tanto da doversi affidare a Mario Monti per la formazione di un Governo tecnico che potesse evitare il peggio per il Paese e avviare quelle riforme fondamentali per farlo ripartire. Scelta Civica è nata per dare continuità a quel processo di riforme, e creare un soggetto in grado di superare i vecchi partiti, paralizzati dai conservatorismi e da quella perenne ansia elettorale che impedisce loro di compiere scelte coraggiose e lungimiranti. Un soggetto politico nuovo, profondamente riformatore, moderno ed europeista, in grado di valorizzare l’impegno civico di migliaia di cittadini desiderosi di dare un contributo alla rinascita del proprio Paese.
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Le elezioni politiche del 2013 hanno visto realizzarsi un forte indebolimento dei partiti tradizionali, nessuno dei quali è riuscito da solo ad ottenere il consenso necessario per formare un governo politico. Parallelamente sono cresciute forze legate all’antipolitica, mentre l’obiettivo di Scelta Civica di creare un polo riformatore, capace di guidare una nuova fase di riforme, appariva sfumato. Lo scenario politico tuttavia è nuovamente cambiato con la formazione del nuovo Governo Renzi e con l’affermazione del Partito Democratico alle elezioni europee del 2014 che, seppur indirettamente, ha dato a tale governo una grande legittimazione politica. Il partito democratico a trazione renziana ha impresso subito un cambio di passo all’azione di governo, appropriandosi di temi e riforme che erano state al centro del programma elettorale di Scelta Civica, così come si è appropriato di temi chiave di altri partiti, dal Movimento 5 Stelle a Forza Italia. La sua velocità di azione, la sua lontananza dalle simbologie e ideologie della politica tradizionale, ha inevitabilmente eroso una parte dello spazio politico originario di SC. A tal punto che alcuni si sono chiesti se avesse ancora un senso portare avanti in forma autonoma il progetto politico di SC. L’evoluzione di questi mesi dimostra tuttavia che ancora c’è bisogno di un soggetto riformatore separato e autonomo dai partiti tradizionali. La volatilità del quadro politico è ancora altissima, ed il Partito Democratico non ha ancora risolto le sue contraddizioni interne, non ha annullato le sue spinte più conservatrici. L’impronta moderna e liberal-democratica che avrebbe dovuto emergere dopo il cambio di leadership si manifesta in modo discontinuo e conflittuale. Proprio a causa di queste tensioni interne al PD, molte delle riforme fondamentali per rimettere in moto questo Paese stentano ad affermarsi e farsi strada.
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La dismissione delle società partecipate locali e nazionali, i processi di liberalizzazione che consentirebbero di attivare nuove energie imprenditoriali, il taglio netto delle agevolazioni statali alle imprese elargite senza criteri chiari e oggettivi, l’eliminazione delle centinaia di enti inutili, la ristrutturazione di tutte quelle politiche sociali ed industriali basate sulla mera logica del sussidio: sono tutte misure fondamentali su cui si registrano ritardi ed esitazioni. Insomma: tutte quelle riforme che richiederebbero un passo indietro della lobby piÚ potente, quella dei politici stessi, sembrano latitare o assumere contorni fumosi e confusionari. Altri temi importanti, come gli investimenti in innovazione, ricerca, lo sviluppo di nuovi settori produttivi ad alto potenziale, restano, al momento, parimenti nell’ombra. Questo lascia un ruolo ed uno spazio importante ad una forza politica come Scelta Civica, libera dalle ideologie e da quelle incrostazioni del potere, presenti a tutti i livelli, che frenano i partiti tradizionali e li costringono a compromessi al ribasso.
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Questo il ruolo di Scelta Civica: supportare ed incalzare le riforme con un contributo di proposte forte e visibile, aggregando le forze riformatrici del Paese e lavorando su temi concreti con competenza e serietà. Una forza politica che non rappresenti altro interesse se non quello della parte più attiva ed innovativa del Paese, quella che non ha paura di cambiare e misurarsi con le sfide più difficili. Una forza politica che dia voce a tutte le energie migliori del Paese, proponendo, spingendo perché certe riforme non vengano solo annunciate o fatte a metà, ma portate a termine nei tempi e nei modi migliori. Perché cinque mezze riforme non ne valgono una fatta bene e fino in fondo. Per far questo è necessario il contributo di tutti, non solo dei politici, ma anche di associazioni, movimenti, e le tante eccellenze diffuse nella società civile. Scelta Civica può e deve quindi proporsi come: Catalizzatore dei numerosi soggetti riformatori oggi dispersi in un’area molto frammentata; Piattaforma di elaborazione e proposta per il cambiamento del Paese: il cambiamento non si improvvisa, ha bisogno di serietà, competenze e proposte; Veicolo di partecipazione dei cittadini e di valorizzazione del civismo a tutti i livelli, ispirato al principio della competenze e del merito contrapposto a quello della fedeltà politica che, purtroppo, regola ancora la vita (e gli incarichi) dei partiti. La politica ha visto la rivoluzione post-ideologica, quella del ricambio generazionale, dello stile informale, della comunicazione veloce, ma la rivoluzione del merito stenta a venire. Per questo occorre un soggetto che incalzi su questo fronte.
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“Fare il bagno nella vasca è di destra, far la doccia invece è di sinistra, un pacchetto di Marlboro è di destra, di contrabbando è di sinistra...” così cantava Giorgio Gaber anni fa, ironizzando su come ormai la distinzione fosse più basata sulle simbologie che sulle ideologie. A distanza di quasi venti anni etichettarsi di destra o di sinistra sembra avere ancora meno senso, soprattutto per una forza politica come Scelta Civica nata con l’obiettivo di superare tale distinzione in favore della dicotomia “innovatori-conservatori”. Ma in particolare ha poco senso se pensiamo che alle ultime elezioni europee quasi mezzo milione di elettori di Forza Italia, un partito di originaria ispirazione liberal-popolare, ha votato Partito Democratico, ovvero un partito saldamente inserito nel quadro del socialismo europeo. L’elettorato è sempre meno attratto da etichettature del secolo scorso. In quest’ottica anche le nozioni di “liberale” o “popolare”, hanno ben poco appeal per la maggior parte dei cittadini, che valutano l’offerta politica sulla base della sua capacità di cambiare e riformare il Paese. Per valutare un movimento e decidere a chi affidare il proprio consenso, la bussola è sempre meno affidata alle ideologie e sempre più basata su tre elementi: Contenuti e messaggi chiave, (messaggi di rottura contro messaggi di conservazione, di speranza o di paura, di apertura o di chiusura); Lo stile comunicativo (affidato a slogan o più ragionato, aggressivo o conciliante); Le persone e la loro credibilità: le persone incarnano i messaggi e lo stile, se non c’è coerenza tra questi elementi si perde credibilità. Più che l’ansia di collocarsi a destra o a sinistra Scelta Civica dovrebbe sentire l’urgenza di ridefinire i suoi messaggi chiave, il suo stile comunicativo, le persone che lo incarnano per poter rafforzare il suo ruolo di piattaforma di elaborazione, di strumento di civismo e partecipazione a supporto delle riforme e del cambiamento.
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Dovendosi comunque muovere in un quadro di alleanze, è evidente che Scelta Civica non potrà che essere a fianco di chi maggiormente si caratterizza per spinta riformatrice. Nello scenario politico di oggi, in cui il centro destra italiano appare sempre piÚ pervaso da populismi e spinte antieuropeiste in stile leghista-lepenista, Scelta Civica non può che essere un alleato del Governo attuale: alleato leale ma non subalterno, capace di incalzare con idee e contenuti di forte innovazione su tutti i fronti, dagli investimenti al lavoro, dalla giustizia al welfare.
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Nonostante sia nata con l’obiettivo di avviare riforme ambiziose in molti ambiti, dal welfare alla sanità, dalla ricerca scientifica al mercato del lavoro, dalla giustizia al turismo, Scelta Civica ha finito tuttavia per essere identificata e schiacciata su temi macroeconomici legati al risanamento economico-finanziario. Questo ci ha allontanati da parti importanti del nostro elettorato e dai problemi quotidiani dei cittadini. Dobbiamo riappropriarci di quei temi che ci appartenevano e su cui abbiamo una visione e delle proposte importanti ed innovative, arricchendoli di nuovi contenuti, facendo evolvere la nostra proposta economica e sociale assieme all’evoluzione del contesto e dei problemi dei cittadini. Non possiamo pensare che l’Agenda Monti, attorno alla quale si sono aggregate le forze che hanno dato vita a Scelta Civica, resti un documento immutato ed immutabile. La politica si fa misurandosi con le sfide ed i problemi di ogni giorno, ispirandoci ai principi fondamentali che motivano il nostro impegno, ma sapendo dare di volta in volta risposte nuove e adeguate alle situazioni contingenti. Non solo rigore dei conti, patti europei ed economia, ma ambiente, cultura, turismo, servizi per l’infanzia, per gli anziani, diritti civili, tutela del territorio. Scelta Civica dovrà essere più presente nei temi che segnano la vita del nostro Paese, facendo leva sulle tante e variegate eccellenze che la compongono. Tra i numerosi temi su cui dovremo affermare la nostra presenza, dovremo in modo particolare focalizzarci su cinque aree principali, sulle quali il lavoro e la proposta politica di Scelta Civica dovrà essere particolarmente forte e visibile:
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I temi dell’impresa e del lavoro fanno parte del nostro “DNA” ed è uno dei pochi fronti su cui siamo stati effettivamente in grado di plasmare il dibattito pubblico e alcuni provvedimenti importanti del Governo: dalla eliminazione del monte salari dall’imponibile IRAP (già presente nel nostro programma elettorale) alla riforma del mercato del lavoro con il contratto a tutele crescenti ed il codice semplificato del lavoro (tutte proposte depositate in Parlamento sin dall’inizio della legislatura che vedranno la luce all’interno del Jobs Act nei prossimi mesi). Questi provvedimenti testimoniano una visione di crescita che passa attraverso la creazione d’impresa e le condizioni essenziali per la sua crescita. Dobbiamo adesso continuare ad affermare questa visione con nuove battaglie: da quella per il rifinanziamento delle agevolazioni per gli investimenti (cosiddetta legge Sabatini), a quella per il finanziamento di un grande piano per l’Export. Non possiamo pensare che la ripresa della nostra economia e delle nostre aziende dipenda solo dalla ripresa della domanda interna. Esiste un mondo fuori dai nostri confini con molti Paesi che stanno crescendo, mercati in forte espansione che potrebbero dare spazio e ossigeno alle nostre imprese. Il nostro tessuto produttivo è un grande tesoro e dobbiamo creare le condizioni perché possa rinnovarsi, crescere, ed essere competitivo in Europa e nel mondo. Le politiche portate avanti fino ad oggi, basate su miliardi di incentivi dati in modo opaco a poche aziende senza chiari piani economici ed industriali, non hanno portato risultati. Dobbiamo chiedere con determinazione un taglio netto a queste agevolazioni per finanziare azioni meno distorsive di cui possano beneficiare tutte le aziende, come per esempio ulteriori tagli dell’IRAP fino ad una sua completa abolizione. Dobbiamo infine insistere sulla necessità di riprendere un vero, ampio programma di liberalizzazioni e di rafforzamento del ruolo delle authorities per aprire e difendere la concorrenza in tutti quei settori dove ancora oggi è umiliata da cartelli e da ingerenze della politica. Liberare i mercati significa creare spazi per l’imprenditorialità, opportunità per i giovani e per le nuove aziende di misurarsi e crescere, investire, introdurre innovazioni e migliorare le condizioni dei consumatori.
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Si fa un gran parlare di crescita e posti di lavoro, ma incredibilmente si continuano a cercare nuove opportunità in settori ormai molto maturi e incapaci di espansione, prevalentemente incentrati sul manifatturiero tradizionale. Quasi nessuno sembra prestare attenzione a quei settori che negli ultimi anni hanno saputo creare molte più opportunità di lavoro e spazi di altri: quelli basati sulle innovazioni tecnologiche, o quelli legati alle professioni, ai servizi del terziario avanzato (dallo sviluppo di software, al design, all’architettura o all’ingegneria), così come alle industrie creative e all’intrattenimento. Difendere il manifatturiero e l’anima industriale del nostro Made in Italy è fondamentale: ci aiuterà a recuperare competitività ed elevare il tasso di produttività ed il valore aggiunto prodotto nel Paese. Ma dobbiamo essere consapevoli che questa riorganizzazione non porterà milioni di posti di lavoro, che potranno arrivare solo dai nuovi settori ad alto potenziale di crescita. Basta guardare anche alle esperienze straniere. Nei paesi anglosassoni e nel nord Europa i servizi professionali si sono sviluppati con delle vere logiche imprenditoriali, con investimenti, export crescente e milioni di posti di lavoro creati. Da noi, nonostante le prime liberalizzazioni del Governo Monti, si fa ancora fatica ad aprire il settore e renderlo una leva di sviluppo. Dovremmo rafforzare le politiche di liberalizzazione delle professioni e dei servizi avanzati, così come ci chiede anche l’Unione Europea che ormai considera questi settori alla stregua di ogni altro settore imprenditoriale. Sul fronte ricerca e innovazione, dovremmo almeno raddoppiare il credito di imposta per le imprese che fanno ricerca. I finanziamenti stanziati nella legge di stabilità 2014 ammontano ad appena 220 milioni, meno dei 250 elargiti agli autotrasportatori. Bisogna inoltre rendere tali misure strutturali. Non si può investire in ricerca con orizzonti brevi e senza avere certezza della normativa.
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Bisognerebbe inoltre riorganizzare tutti gli incentivi alla ricerca e all’innovazione, oggi frammentati in centinaia di fondi e programmi, disseminati tra numerosi istituti, agenzie e ministeri diversi. Ogni programma alimenta piccoli orticelli di potere, comitati selezionatori, presidenti e supervisori, che non fanno che aumentare la probabilità di distorsioni e inefficienze nell’assegnazione di tali risorse.
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In un Paese come l’Italia, perennemente in fondo alle classifiche sulla corruzione, con un’evasione fiscale stimata attorno ai 150 miliardi annui e in cui la politica continua, vent’anni dopo tangentopoli, ad essere travolta da scandali di ogni genere non si può eludere il tema della legalità. Il Governo Monti è stato il primo ad introdurre, con la legge Severino, una norma che impedisse ai politici condannati di candidarsi ad incarichi istituzionali o a continuare a fare politica come se nulla fosse, così come accaduto per decenni in Italia. E Scelta Civica è stato l’unico partito che ha applicato ai propri candidati criteri ancora più rigorosi di quelli prescritti dalla legge, escludendo dalle liste chiunque fosse in qualche modo implicato in procedimenti penali. Dobbiamo difendere il principio per cui la politica deve essere garante delle limpidezza ed onorabilità delle istituzioni, applicando a se stessa rigorosi criteri morali senza aspettare che arrivi la magistratura a fare pulizia. Politici e rappresentanti delle istituzioni non sono persone qualunque, devono garantire ai cittadini il diritto ad essere governati da figure libere da procedimenti penali e ancor di più da condanne. Non possiamo consentire che il ritrovato “primato della politica” si trasformi in una ritrovata impunità della politica. Vi sono molte altre cose da fare su questo fronte. Innanzitutto occorre una seria legge sul conflitto di interessi, che riguardi tutti i livelli di governo e non solo quello nazionale. Gestione di appalti e progetti pubblici, fondi comunitari, sussidi e trasferimenti statali: le occasioni di potenziali conflitto e corruzione a livello regionale e locale sono innumerevoli e vanno regolamentate al più presto. Scelta Civica ha una sua proposta seria e rigorosa, confluita in un testo unico di legge in esame alla Camera. La silenziosa reticenza dei partiti tradizionali ne ha ritardato l’esame. Spingeremo perché sia approvato prima possibile. Tutelare la legalità significa anche prevenire ogni situazione di potenziale clientelismo, distorsione nell’allocazione delle risorse, aggiramento delle regole di trasparenza degli enti pubblici. Anche per questo è fondamentale insistere sul “Disbosca Italia”, il provvedimento con cui Scelta Civica propone una drastica riduzione delle partecipate pubbliche locali.
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Oltre ad essere una fonte di risparmi questo provvedimento toglie alla politica potenziali strumenti spartizione di poltrone e di favori.
Difendere la legalità ed il principio di una “politica pulita” non significa essere giustizialisti. Scelta Civica appoggia la riforma della giustizia e l’introduzione di norme disciplinari più stringenti verso quegli amministratori della giustizia che commettano scorrettezze o abusi, perché colpire la libertà personale di una persona in modo scorretto è l’illegalità più grave che ci sia. Semplicemente, Scelta Civica deve essere il partito secondo cui sul fronte delle regole non si fanno sconti a nessuno: né ai politici corrotti o agli evasori, né ai magistrati scorretti o incapaci.
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La crisi degli ultimi anni ha trasposto verso il basso i redditi di tutte le categorie sociali, facendo sì che nel 2013 siano cadute sotto la soglia di povertà quasi tre milioni di persone in più rispetto all’anno precedente. Sono aumentati i disoccupati e le persone non coperte da alcuna forma di ammortizzatore sociale né supportate da servizi efficaci. E purtroppo il bonus degli ottanta euro non va ad alleviare queste situazioni di povertà, in quanto direzionato a chi, comunque, un lavoro e un reddito già ce l’ha. In questo quadro una profonda revisione del welfare non è più rinviabile. Il welfare italiano è in larga parte costoso ed inefficiente. Fortemente sbilanciato su misure di natura monetaria e assistenzialista che sono oltretutto mal distribuite e che non aiutano le persone a riattivarsi e recuperare autonomia economica. Spediamo circa dieci miliardi l’anno tra assegni familiari, maternità e altre politiche per la famiglia, ma le famiglie con figli piccoli sono ancora i soggetti più fragili e a maggior rischio povertà. Uno studio di alcuni anni fa stimava che oltre un milione e mezzo di famiglie riceveva assegni familiari pur non avendo figli minori. Il bonus bebè introdotto nella legge di stabilità andrà ad aggiungersi alle misure di sgravi e aiuti che si sono stratificate negli anni, ma non andrà a migliorare i servizi a disposizione delle famiglie per l’assistenza all’infanzia, agli anziani, ai disabili. Abbiamo una delle spese più alte per invalidità, tra pensioni ed assegni di accompagnamento, ma il 58% degli assegni va al 50% dei più ricchi, perché tali assegni non sono legati al reddito. Ogni anni spendiamo circa 24 miliardi per ammortizzatori sociali che sostengono il reddito dei lavoratori ma non sono legati ad alcuna attività di formazione, riqualificazione e neppure ad alcuna condizionalità sulla ricerca di lavoro. In questo modo le competenze e l’occupabilità di questi lavoratori si deteriorano di mese in mese e sarà sempre più difficile per loro ritrovare lavoro, restando dipendenti da sussidi e altre forme di aiuto. Questi sono solo alcuni esempi che danno la misura di quanto ci sia da fare in termini di riorganizzazione del welfare e dei servizi di supporto alla vita attiva nel nostro Paese.
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La legge delega sul lavoro (Jobs Act) contiene importanti linee guida volte a migliorare l’erogazione degli ammortizzatori sociali e a condizionarli ad effettiva ricerca di lavoro, formazione e riqualificazione. Scelta Civica dovrà vigilare con attenzione affinché i decreti delegati siano incisivi ed operino una profonda ristrutturazione sia degli ammortizzatori che dei servizi per l’impiego. Scelta Civica si è già fatta promotrice di vari interventi per correggere alcune delle principali storture del welfare italiano: dalla costituzione di un Fondo per le Politiche Attive istituito (legge di stabilità 2014) alla definizione del contratto di ricollocazione per chi ha perso un lavoro; da una proposta di legge per la revisione delle pensioni di reversibilità che ne riveda i criteri assegnazione in chiave più equa, agli emendamenti per rafforzare l’offerta di servizi all’infanzia; dalla proposta di ricalcolo per le pensioni d’importo elevato alle proposte sul taglio ai vitalizi. Altre iniziative dovranno essere messe a punto su questo fronte, a partire da una proposta seria e concreta che riorganizzi i 24 miliardi di sussidi al reddito e li trasformi in un ammortizzatore universale condizionato a politiche di ingresso nel mercato del lavoro: unico vero strumento di lotta alla povertà.
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L’Istruzione è il più potente strumento di crescita personale, sociale ed economica. Purtroppo in alcuni casi, in Italia, il ruolo di ascensore sociale della scuola e dell’Università si è indebolito. Nel nostro Paese infatti il figlio di un laureato ha una probabilità di ottenere la laurea 25 volte maggiore del figlio di un non-laureato. E l’influenza della famiglia di origine non agisce solo sull’iscrizione all’Università ma anche sui test di apprendimento condotti dall’OCSE sui quindicenni e sui loro percorsi successivi. Ci sono aree e quartieri disagiati in cui la povertà e l’ignoranza sono una trappola mortale per centinaia di migliaia di giovani e dove purtroppo anche la scuola non è in grado di assolvere appieno le sue funzioni di recupero delle situazioni di disagio e appianamento delle divergenze sociali. Non è facile affrontare queste problematiche, ma è un imperativo provarci. I due elementi chiave sono, da un lato l’innalzamento qualitativo dell’offerta scolastica, dall’altro la realizzazione di misure che agevolino l’accesso agli studi universitari anche ai meno abbienti. Due elementi che richiedono inevitabilmente un forte rafforzamento del merito, della valutazione e dell’autonomia scolastica. Il Programma della “Buona Scuola” realizzato dal Ministro di Scelta Civica Stefania Giannini contiene elementi innovativi su entrambi i fronti, ma ci sono altre importanti iniziative su cui Scelta Civica dovrà avanzare proposte e dare battaglia. Come, per esempio, la creazione in via sperimentale e graduale di scuole autonome sul modello delle Charter Schools americane o delle Grant Mantained Schools inglesi (oggi School Academies). Due esperienze internazionali che prevedono una maggiore autonomia delle singole scuole e hanno ottenuto risultati incoraggianti sia in termini di efficienza sia di equità. E anche la battaglia per l’introduzione di “income contingent loans” ovvero di prestiti d’onore che le università, a fronte di una maggiore autonomia sui programmi e sulla possibilità di elevare le tasse di iscrizione per i più abbienti, erogheranno agli studenti meritevoli (che dovranno restituirli solo quando avranno un lavoro e flussi di reddito oltre un certo livello).
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Assemblea degli associati, direzione nazionale, direttivo e comitato di presidenza, oltre a ventidue coordinamenti regionali e più di cento coordinamenti provinciali: Scelta Civica si è dotata di una struttura da partito tradizionale, pesante e complessa, paragonabile ad un castello con più stanze e corridoi che residenti. Richiede più tempo per la manutenzione che per il suo godimento. Dobbiamo snellire, velocizzare i processi decisionali, lasciare più spazio alle attività spontanee di militanti e simpatizzanti. Dobbiamo inoltre incentivare e premiare di più l’impegno e la partecipazione non solo degli iscritti e dei simpatizzanti ma anche dei parlamentari, per rafforzare il loro rapporto con l’elettorato ed il territorio. A livello Nazionale dovremmo eliminare molti organismi pletorici che hanno solo rallentato il coordinamento. Gli organi primari dovrebbero essere una Segreteria e una Direzione Nazionale chiamata a discutere e votare le decisioni più critiche con maggiore frequenza di quanto fatto finora. Dobbiamo introdurre norme più chiare e stringenti sulle incompatibilità tra ruoli e una rigorosa valutazione delle attività e della produttività del parlamentare (da parte di un comitato esterno), al fine di valutare l’opportunità della ricandidatura dopo il primo mandato. La meritocrazia non può essere una parola vuota o che vale solo per gli altri. Dobbiamo innanzitutto applicarla a noi stessi. Formalizzazione di un codice etico dei candidati, che impedisca la candidatura di persone soggette a procedimenti penali, nonché un codice etico dei parlamentari, dei membri del Governo, degli enti regionali o locali che impegni alle immediate dimissioni in caso di condanna anche in primo grado per reati contro la pubblica amministrazione o altri reati gravi. Anche sui territori il partito dovrà dotarsi di una struttura più snella, che da un lato lasci più spazio all’iniziativa spontanea di iscritti e simpatizzanti, ma che dall’altro garantisca un coordinamento più efficace.
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Una ipotesi di lavoro potrebbe essere una struttura matriciale organizzata per aree tematiche (“Laboratori Civici”) e per regioni. All’interno di queste macro-aree sarà possibile attivare gruppi di lavoro, comitati tematici o territoriali, che si interfacceranno direttamente con i responsabili tematici nazionali e quelli regionali, in modo che questi possano realizzare un coordinamento rapido ed efficace. Una struttura di questo genere aumenterebbe le opportunità di coinvolgimento, offrendo modalità diverse che possano rispondere meglio agli interessi e ai bisogni dei simpatizzanti. Sia i responsabili tematici che quelli regionali saranno eletti e non nominati, e anche per loro si applicherà la valutazione di risultato applicata ai parlamentari. E’ importante comunque che qualsiasi riorganizzazione avvenga con il coinvolgimento degli aderenti al partito: nessuna struttura calata dall’alto potrà essere implementata in modo efficace.
A prescindere dalla struttura dovranno essere rafforzate le attività online: seminari, live chat, forum, scambio di documenti e raccolta di idee, tutte queste attività possono essere efficacemente condotte attraverso internet.
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Dare maggior spazio per attività tematiche e all’utilizzo di internet servirà anche per raggiungere e coinvolgere le comunità di italiani all’estero. Scelta Civica è stato il secondo partito più votato all’estero, eppure dopo le elezioni nessuno si è preoccupato di coinvolgere quella parte di elettorato. Dovremmo infine abbandonare il sistema delle tessere: come possiamo diventare un movimento aggregatore, aperto, moderno, se poi pretendiamo di ingabbiare le persone col vecchio sistema delle tessere? Dovremmo ispirarci a logiche non soltanto più vicine alla natura civica e associativa che ha accompagnato il nostro impegno, ma più vicine alla realtà e al modo di vivere la politica dei cittadini di oggi. Nemmeno i partiti con il 40% riescono più a “tesserare”. Le persone si attraggono con i contenuti, le idee, con persone oneste, competenti e comunicative, con una mobilitazione aperta e spontanea.
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La politica è elaborazione ma anche comunicazione. E su questo fronte Scelta Civica ha mostrato più di una debolezza. Certamente è stata penalizzata dai risultati elettorali e dalle scelte editoriali di giornali e trasmissioni televisive, ma anche da suoi errori. Occorre potenziare la presenza su una maggior varietà di temi e di media – sia nazionali che locali, su cui siamo quasi assenti. La maggiore attenzione alle attività tematiche potrà aiutare a sollevare problematiche concrete anche livello territoriale, mobilitando di più l’attenzione pubblica e dei media nei territori. Maggior coordinamento su posizioni tematiche e comunicati. Il sovrapporsi di posizioni individuali non sempre armoniche ha finito per indebolire il nostro messaggio e rendere le nostre posizioni confuse agli occhi di elettori e giornalisti. Occorre riorganizzare la comunicazione centrale, per una maggiore unificazione ed incisività dei nostri messaggi. E’ necessaria inoltre l’elaborazione di una «narrazione» coerente e costante, che caratterizzi e accompagni ogni nostra apparizione e intervento. Una narrazione che racchiuda la nostra storia, la nostra essenza di forza “civica” e i valori che sottendono il nostro impegno politico: la serietà, la competenza, la politica intesa come servizio e non come mestiere. Scelta Civica dovrà caratterizzarsi anche per lo stile della sua comunicazione: uno stile semplice, diretto, senza le formule del vecchio politichese, ma che rifugge volgarità e populismi, e preferisce la testa alla pancia, la preparazione all’improvvisazione. Fondamentale una continua attività di scouting e valorizzazione di persone nuove che incarnino il messaggio stesso della narrazione. La Scelta Civica che vorrei è un movimento che dia spazio ed opportunità a persone nuove che per la prima volta si affacciano alla politica nazionale, così come è stato per molti attuali parlamentari. Servirà non solo per un salutare ricambio, ma per tenere vivo lo spirito civico del progetto politico di SC.
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