LA PROGRESSIVA PRECARIZZAZIONE DEL MERCATO DEL LAVORO DAL PACCHETTO TREU ALLA RIFORMA POLETTI
In Italia, le riforme del mercato del lavoro che si sono succedute a partire dal c.d. “pacchetto Treu” del 1997 fino ad arrivare alla recente riforma Poletti, passando per la legge Biagi del 2003 e per la legge Fornero del 2012, hanno introdotto nel mondo del lavoro una progressiva precarizzazione: i contratti a termine sono diventate le principali forme di contratto attraverso le quali le giovani generazioni si inseriscono nel mercato del lavoro, costrette in tal modo a lunghi periodi di incertezza e precariato. I contratti a tempo indeterminato diventano sempre più un miraggio: le giovani generazioni affrontano problemi sconosciuti alle generazioni precedenti e pertanto si rendono necessarie nuove forme di difesa dei diritti dei nuovi lavoratori, volte a combattere l'eccessiva precarizzazione a cui essi sembrano essere condannati. Ecco un breve excursus storico con i punti più salienti delle riforme del mercato del lavoro a partire dagli anni '90 fino ai nostri giorni.
PACCHETTO TREU
Diventato legge nel 1997 (L.196\1997) sotto il primo governo Prodi, è un provvedimento legislativo che ha di fatto sancito la nascita dell'espressione “lavoro atipico” che indica l'insieme dei rapporti di lavoro diversi da quello del lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato (lavoro tipico). Sono riconducibili al c.d. “pacchetto Treu” forme di contratto atipico quali:
IL CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO
Il “pacchetto Treu” prevede che il contratto a termine possa essere prorogato una sola una volta, per un periodo non superiore alla durata del primo contratto. Se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del contratto a termine (o della proroga) per altri 20 giorni (se il contratto è inferiore a 6 mesi) oppure per altri 30 giorni (se il contratto è superiore a 6 mesi) è prevista una maggiorazione retributiva del 20% per i primi 10 giorni e del 40% per i giorni successivi. Se il contratto di lavoro prosegue entro questo periodo non scatta quindi la trasformazione automatica del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato;
IL LAVORO INTERINALE
viene introdotto dal “pacchetto Treu”. Si tratta di una forma di rapporto di lavoro che ha durata temporanea (dal latino interim, cioè “provvisorio”) e che coinvolge tre figure: il lavoratore, il datore di lavoro e l'utilizzatore della prestazione lavorativa. Prevede la stipulazione di un contratto mediante il quale un’impresa di fornitura di lavoro temporaneo (impresa fornitrice) mette a disposizione di un’impresa (impresa utilizzatrice) lavoratori (prestatori di lavoro temporaneo) assunti dall'impresa fornitrice a tempo determinato o indeterminato, per il soddisfacimento di esigenze di carattere temporaneo per l'impresa utilizzatrice;
IL CO.CO.CO
la sigla sta per “contratto di collaborazione coordinata e continuativa” . Si tratta di un rapporto di lavoro che si colloca a metà tra il lavoro dipendente e quello autonomo, per questa ragione è stato definito dagli esperti come un contratto di tipo semiautonomo o parasubordinato. In pratica il prestatore d’opera è chiamato dal committente a svolgere una prestazione di lavoro continuata nel tempo, ma non sottoposta ai vincoli di subordinazione. Il prestatore d’opera, perciò, non è sottoposto al potere direttivo del committente, anche se è tenuto a coordinarsi con esso, anche attraverso la definizione di un orario di lavoro. Il “pacchetto Treu” disciplina inoltre:
L'APPRENDISTATO
È un contratto destinato ai giovani di età compresa tra i 16 e i 24/26 anni. Si tratta di un contratto a causa mista (formazione-lavoro) che ha una durata minima di 18 mesi e una massima di 4 anni. È previsto per l'azienda un obbligo formativo per l'apprendista di almeno 120 ore, tramite la frequenza di corsi di formazione extra aziendale.
TIROCINI E STAGES
Di fatto il “pacchetto Treu” introduce la possibilità di effettuare stages anche non retribuiti. Lo stage, infatti, non è considerato come un contratto di lavoro in quanto la sua casa è di natura esclusivamente formativa. È rivolto ai soggetti che hanno assolto l'obbligo scolastico ed ha una durata massima di 12 mesi.
LEGGE BIAGI La legge 30/2003 (delega al governo in materia di occupazione e mercato del lavoro) comunemente chiamata “Legge Biagi” risale al 2003, durante la legislatura Berlusconi II. La legge ha modificato alcuni punti del precedente “pacchetto Treu”, nonché introdotto alcune novità, tra le quali:
IL CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO
Sostituisce la tipologia di lavoro interinale precedentemente introdotto dal “pacchetto Treu”. Per realizzare la somministrazione di lavoro si rende necessaria la stipulazione di due distinti rapporti contrattuali: da un lato il contratto di somministrazione tra il somministratore, cioè un'Agenzia per il Lavoro, autorizzata dal Ministero del Lavoro, e l'utilizzatore (un'azienda, un ente, ecc.); dall'altro il contratto di lavoro tra somministratore e lavoratore: quindi i lavoratori sono a tutti gli effetti dipendenti dell'Agenzia per il Lavoro. La vera novità introdotta dal decreto Biagi a questa tipologia contrattuale è il cosiddetto staff leasing, ovvero la possibilità di far ricorso al lavoro somministrato a tempo indeterminato.
CO.CO.PRO.
Il cotratto a progetto, inserisce al vecchio contratto di collaborazione coordinata e continuativa l’obbligo per il datore di lavoro di giustificare il contratto attraverso uno specifico programma, progetto o fase di esso. Il contratto si conclude alla scadenza prefissata oppure al momento della realizzazione del progetto;
APPRENDISTATO
La norma sull'apprendistato prevede l'innalzamento del limite d'età entro il quale è possibile assumere un apprendista. Il contratto di apprendistato può durare fino a un massimo di 6 anni e deve avere una durata minima di due anni. Il periodo di formazione, sempre di almeno 120 ore, può essere svolto o all'interno o all'esterno dell'azienda. Il trattamento normativo e retributivo dell’apprendista è regolato dall’art. 53, comma 1 che recita: “Durante il rapporto di apprendistato, la categoria di inquadramento del lavoratore non potrà essere inferiore, per più di due livelli, alla categoria spettante, in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è finalizzato il contratto”.
IL TESTO UNICO SULL'APPRENDISTATO
la legge n. 167 del 2011 ha riformato la normativa sull'apprendistato. L'art. 1 del testo definisce l'apprendistato come un contratto di lavoro subordinato, a tempo indeterminato, finalizzato alla formazione ed all'occupazione dei giovani. In realtà questo tipo di rapporto di lavoro presenta la peculiarità di poter essere interrotto da entrambe le parti al termine del periodo di formazione. Viene stabilita la necessità di elaborare un piano formativo individuale, cioè un documento dove vengono indicati, alla luce degli obiettivi che si intende raggiungere, il percorso formativo e la ripartizione tra formazione interna e formazione esterna rispetto all'azienda che assume l'apprendista. Tale documento deve essere elaborato entro trenta giorni dalla stipula del contratto di apprendistato. Viene ribadita la possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto a quello finale oppure, in alternativa, di stabilire la retribuzione in misura percentuale rispetto all'anzianità di servizio.
LEGGE FORNERO Si tratta della legge n. 92 del 28 giugno 2012, emanata sotto il governo Monti. Alcune delle novità introdotte dalla “Legge Fornero” sono:
CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO
è possibile per l'azienda stipulare con il lavoratore un contratto a tempo determinato “acasuale” cioè senza l'obbligo di aggiungere la motivazione per cui si è scelto di ricorrere ad un contratto a termine, il quale non può avere una durata superiore ai 12 mesi. La Riforma Fornero prevedeva che il contratto a termine stipulato senza giustificazione non potesse essere prorogato, mentre con il successivo Decreto Lavoro emanato sotto il governo Letta (Decreto Legge n. 76 del 2013) il contratto a termine senza giustificazione è tornato ad essere prorogabile, ma non può comunque avere una durata superiore ai 12 mesi (comprensivi di proroga). Se la Riforma Fornero aveva aumentato gli intervalli obbligatori da rispettare in caso di successive assunzioni a termine portandoli da 10 a
60 giorni per le fattispecie contrattuali
con durata inferiore a 6 mesi e da 20 a 90 giorni per le fattispecie contrattuali con durata superiore a 6 mesi, con il Decreto Lavoro del governo Letta le pause sono tornate ai livelli pre-riforma (10 o 20 giorni a secondo che il contratto duri o meno più di sei mesi). Il mancato rispetto degli intervalli fa sì che il secondo contratto si consideri a tempo indeterminato. La Riforma Fornero ha introdotto, inoltre, la disposizione secondo la quale il rapporto di lavoro nato con contratto a tempo determinato si converte automaticamente a tempo
indeterminato se il lavoratore abbia svolto mansioni equivalenti con lo stesso datore di lavoro per una durata complessiva maggiore di 36 mesi, compresi proroghe o rinnovi; questo vuol dire che il periodo di lavoro a tempo determinato non può superare il 36 mesi, superati i quali si trasforma in lavoro a tempo indeterminato.
CONTRATTO A PROGETTO
La riforma prevede una definizione più rigorosa del progetto: non è infatti possibile individuarlo in un programma o in una semplice fase di lavoro. È inoltre necessario che venga indicato nel contratto il risultato finale che ci si attende dalla prestazione. Viene inoltre chiarito che la mancata individuazione del progetto determinerà la trasformazione del “rapporto di collaborazione” in rapporto di lavoro subordinato vero e proprio.
APPRENDISTATO
Secondo la “Riforma Fornero” il contratto di apprendistato, che non può avere durata inferiore a 6 mesi, dovrebbe diventare il canale privilegiato per l'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro. Proprio per questo viene stabilito che il rapporto di lavoro prosegua come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, se nessuna delle parti esercita la facoltà di recesso al termine del periodo di formazione. La legge modifica inoltre il rapporto tra apprendisti e lavoratori dipendenti, infatti, mentre nel testo Unico del 2011 era previsto un rapporto massimo di 1 a 1 tra apprendisti e maestranze specializzate, con la necessaria presenza di un tutor per ogni apprendista, la legge prevede che aumenti il numero di apprendisti assumibili stabilendo un
rapporto di 3 apprendisti ogni 2 dipendenti qualificati per le imprese con un numero di dipendenti pari o superiore a 10, mentre per le piccole imprese, rimane la necessità di un rapporto 1 a 1. Infine, viene introdotta la condizione secondo la quale per poter assumere nuovi apprendisti almeno il 50% (30% nei primi tre anni di attuazione della legge) degli apprendisti alle dipendenze di un datore di lavoro debba proseguire il rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato (tale norma si applica solo ai datori di lavoro con 10 o più dipendenti). Mentre la legge prevede che gli apprendisti assunti in violazione dei limiti sopra descritti vengano considerati lavoratori subordinati a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto di lavoro.
STAGE E TIROCINI
Le linee guida della riforma su stage e tirocini stabiliscono la cosiddetta «congrua indennità», fissata con un compenso minimo di 400 euro al mese per gli stagisti, e che la durata dello stage non potrà superare i sei mesi per gli stage formativi e di orientamento e un anno per quelli di inserimento. Ma devono poi essere le singole Regioni a tradurre in legge tali linee guida (ogni Regione stabilisce la retribuzione minima mensile per gli stagisti).
LEGGE POLETTI La legge n. 78/2014 è stata recentemente emanata sotto il governo Renzi. Essa prevede alcune significative novità:
IL CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO E SOMMINISTRAZIONE A TEMPO DETERMINATO In entrambi i casi, la legge sancisce la cosiddetta “a-‐‑causalità”: le aziende, quindi, non hanno più l’obbligo di specificare il motivo per cui viene posto un limite temporale al contratto di lavoro. Se prima il contratto “a-casuale” poteva essere ammesso solo per i primi 12 mesi, adesso è possibile farne ricorso anche dopo i 12 mesi. Vengono ridefiniti i limiti al numero di volte in cui un contratto a tempo determinato o in somministrazione può essere prorogato nell’arco di una durata massima di 36 mesi: nel primo caso, sono possibili fino
a 5 proroghe, purché riguardino sempre la stessa mansione per la quale è stato stipulato il contratto iniziale; nel secondo, il numero massimo di proroghe è 6. È stato chiarito che il lavoratore assunto con contratto a tempo determinato ha diritto ad essere stabilmente inserito all’interno dell’organizzazione aziendale, quando la somma dei contratti a tempo determinato, inclusi eventuali periodi di somministrazione, superi i 36 mesi (ma l'azienda non è comunque obbligata a
inquadrare il lavoratore in maniera stabile). Viene abolita la pausa imposta tra un contratto a tempo determinato e l’altro, che era stata fissata a 10 giorni per i contratti inferiori a sei mesi e a 20 giorni per quelli di durata superiore. Se il datore di lavoro non rispetta il tetto del 20% e assume con un contratto a termine un numero maggiore di dipendenti, dovrà pagare una sanzione in denaro (ma non sarà obbligato ad assumere stabilmente i lavoratori inquadrati in maniera irregolare, quindi non vi sarà più la conversione automatica dei contratti a termine in rapporti a tempo indeterminato). Se il numero degli addetti a tempo determinato supera il 20% ma resta entro il 21% dell'organico, la “multa” a carico dell'impresa sarà pari al 20% dello stipendio dei dipendenti in eccesso. In caso di sforamento oltre il 21%, la sanzione salirà al 50% delle retribuzioni. È importante sottolineare come alcuni giuslavoristi abbiano dichiarato come la neo-legge Poletti possa contenere delle violazioni alla direttiva europea n. 70 del 1999 sul contratto a termine.
APPRENDISTATO
Bisogna ricordare che l'impresa che utilizza l'apprendistato possiede già molti vantaggi: anzitutto, per quanto riguarda le agevolazioni contributive, l'azienda paga sulla retribuzione del giovane dipendente una quota di contributi molto ridotta, cioè pari a circa la metà di quella ordinaria, che può annullarsi quasi completamente se la società ha meno di 9 dipendenti. Con la c.d. legge “Poletti” i vantaggi per le aziende si intensificano ulteriormente, in quanto è previsto un notevole snellimento degli adempimenti burocratici a carico dell'azienda: in futuro, infatti, il datore di lavoro non dovrà più redigere per iscritto il piano formativo individuale previsto per l'apprendista (la forma scritta resta obbligatoria soltanto per il contratto di assunzione vera e propria). Con questa nuova legge le aziende dovranno sottostare a molti meno vincoli: in precedenza, infatti, la formazione degli apprendisti all'interno dell'azienda doveva essere integrata con dei piani formativi pubblici, curati dalle Regioni, per un massimo di 120 ore all'anno, quindi era obbligatoria anche la formazione esterna all'azienda. Con la legge quest'obbligo decadrà del tutto, infatti le imprese potranno collaborare con gli enti regionali soltanto in via facoltativa. Un'altra novità viene introdotta per quanto riguarda i contratti di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, cioè quelli che coinvolgono i giovani tra i 15 e 25 anni: attraverso queste forme di assunzione, le aziende possono assumere giovani che iniziano la carriera professionale ma, contemporaneamente, completano il ciclo di studi. La legge Poletti stabilisce che le ore dedicate alla formazione dell'apprendista-studente saranno pagate dall'azienda con una retribuzione ridotta, pari al 35% di quella ordinaria. Infine, per le aziende le assunzioni degli apprendisti saranno facoltative, infatti per poter
assumere nuovi apprendisti, le aziende non dovranno più rispettare l'obbligo di assumere, al termine del periodo di formazione, almeno il 30% dei giovani reclutati con il contratto di apprendistato. Se a questo desolante quadro di contratti, contrattini e forme che tutto sono, tranne che vero lavoro, ci aggiungiamo i dati sulla disoccupazione, che raggiungono il tasso del 13,6% su tutta la popolazione, e toccano il drammatico punteggio del 46% fra gli under 32, pensando che nel sud Italia si vola a cifre del 21,7% e del 61% fra i giovani . E preoccupante è anche il tasto di inattività che si attesta al 36,5%. Se poi contiamo che secondo l'Ocse dei giovani che lavorano quasi il 53% hanno un lavoro precario il quadro diventa non solo preoccupante ma addirittura angosciante, visto che potremmo continuare a snocciolare numeri e cifre sempre più buie per il futuro delle nuove generazioni, come la cifra dei 18-30enni che vive ancora a casa coi genitori che si attesta sul 60% . C'è chi dice “bamboccioni” o chi ancora usa parole inglesi per fare bella figura, ma non cambia il fatto che chi ha distrutto il lavoro e le possibilità economiche delle nuove generazioni in questi anni è stato proprio chi quelle parole le pronuncia con tanta superficialità. 1
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LE NOSTRE PROPOSTE Per cambiare rotta cominciamo ad avanzare alcune proposte concrete: • stabilizzazioni e assunzioni di lavoratrici e lavoratori nel settore pubblico; • stabilizzazione dei lavoratori della scuola; • istituzione del reddito minimo per disoccupate e disoccupati, le inoccupate e gli inoccupati che siano iscritti presso le liste di collocamento dei centri per l'impiego. Il reddito minimo deve essere corrisposto anche ai lavoratori a tempo parziale o autonomi che abbiano determinati requisiti di reddito e patrimonio; • nazionalizzazione delle principali aziende e dei settori strategici; • politiche di sostegno della piccola impresa agricola a partire dal credito e dalle iniziative di integrazione del reddito da agricoltura a valenza turistica, agrituristica e ambientale; • sostegno ai vari settori della produzione e autoproduzione culturale; • appoggio ai percorsi di autoimprenditorialità collettiva ai fini della salvaguardia degli insediamenti produttivi e dell'occupazione.
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Sostegno con contributi a fondo perduto ai lavoratori riuniti in cooperativa; riduzione dell'orario lavorativo a 32 ore settimanali al fine di incrementare l'occupazione; rideterminazione dell'età pensionabile considerando l'accesso alla pensione a 60 anni, le differenza tra donne e uomini, rimodulando l'accesso in relazione al tipo di attività svolta (lavori usuranti), reintroduzione della pensione di anzianità con 40 anni di contributi versati; indicazione del contratto di lavoro a tempo indeterminato come modalità primaria di assunzione del personale da utilizzare in misura non inferiore al 70% del totale del personale impiegato (misura non inferiore al 70% del totale del personale impiegato); maggiore pianificazione del settore industriale e dell'economia con l'obiettivo della riconversione ecologica della produzione: valorizzazione dell'occupazione femminile e delle persone in condizione di svantaggio sociale.
La domanda che sorge spontanea è: dove prendereste i soldi per attuare tutto questo? I finanziamenti devono arrivare dalla tassazione delle rendite finanziare, dal taglio alle inutili spese per altrettanto inutili e dannose grandi opere come Tav e l'acquisto dei cacciabombardieri F35, incentivazione della lotta all'evasione e all'elusione fiscale, istituzione di un'imposta sui nuclei familiari la cui ricchezza netta, costituita dalla somma delle attività reali e finanziare, al netto delle passività finanziarie, sia superiore ai 700000 euro. Riteniamo che tutte queste proposte non siano la soluzione definitiva ai problemi lavorativi ed economici del nostro paese ma possono essere un punto di reale svolta in antitesi alle politiche liberiste e di austerità che fin'ora ci hanno condotto ad un veloce arretramento delle condizioni economiche, sociali, culturali e ambientali. Riteniamo inoltre che anche altre iniziative potrebbero essere compiute per aiutare il mondo del lavoro, così come per aiutare le nuove generazioni, come la progressiva dismissione delle strutture militari da destinarsi ad alloggi per le nuove coppie. Rimane però la convinzione che non possiamo rimanere fermi mentre tutto intorno a noi si muove, abbiamo il dovere morale di far sentire forte la nostra voce, di far sentire l'altro lato delle cose, di dire fermamente che la direzione che è stata intrapresa non è la nostra è non la riconosciamo e che le nostre gambe cammineranno su altri sentieri. Il lavoro fisso non può essere considerato noioso, la volontà di crescere come persone e di costruirsi famiglie non è dell'altro secolo.
Crediamo in altri valori.