Palazzo delle Poste - Adalberto Libera

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RESTAURO ARCHITETTONICO

Tecniche e Analisi : Ufficio Postale di via Marmorata, Roma

Prof. : Francesca Romana Stabile Stud. : Jessica Tozzi


L’italia all’insegna del modernismo “...nei nuovi solchi si gettano gli antichi semi delle piante nostrane…” Scrive Roberto Papini su Architettura e Arti Decorative nel Nov. 1924. L'architettura degli anni ’20 Attinge al passato rifacendosi a locali modelli sei - settecenteschi, rivalutandone però non solo il “monumentale”, ma anche forme minori, rustiche e popolari. La stagione della ricerca razionale è, all’interno dello scenario italiano, una delle fasi più interessanti e feconde del periodo modernista . L’introduzione di un impianto teorico nuovo i cui riferimenti tentavano di cancellare e distaccarsi dal panorama classico pur cogliendo aspetti formali e tipologici del passato, permise la realizzazione di una serie di opere che, ancora oggi, si distinguono all’interno del panorama della produzione del XX sec. La particolarità della posizione italiana, impegnata in una continua rielaborazione della lezione della Storia, aveva provocato un progressivo allontanamento dalle correnti di rinnovamento linguistico che già dall’ottocento si affermavano in Europa.

Gli architetti di questo periodo dialogano continuamente con il passato conferendogli un ruolo fondamentale nel processo progettuale. La presenza della Storia imponeva la definizione di un programma operativo e un lessico espressivo capace di rileggere il passato in modo nuovo, facendolo dialogare con le rivoluzioni della sperimentazione. I giovani progettisti costruirono un linguaggio moderno fuori dai toni del resto della produzione europea interessata al rigore geometrico e alla dichiarazione della funzione. In Italia l’interesse per la macchina e l’attenzione verso la funzionalità si manifestarono la loro presenza attraverso una diversa tensione espressiva. I nuovi termini della ricerca si rivolsero al passato per dare all’edificio quel senso d’appartenenza al luogo, trattandosi dell’Italia fortemente caratterizzata e stratificata. Definirono delle regole destinate ad aprire la cultura moderna a un'integrazione sintattica con il passato.

L’obiettivo di Terragni, Libera, Gigini & Pollini, Moretti non era quello di fondare un movimento rivoluzionario, ma di creare un linguaggio progettuale pronto a superare la ridondanza, l’accademismo e il formalismo che avevano costituito l’immagine delle città capitali. I modelli riutilizzati della colonna, dell’’arco della parete come scriveva il Gruppo sette, dovevano abbandonare il riferimento formale ed entrare all’interno della composizione come “pur” richiamo scientifico. [...] è nato uno “ spirito nuovo” […] basato su una conoscenza del passato, non è fondato sul vuoto. La corrente di pensiero razionalista a come assoluta necessità del nuovoil nuovo. Nello studiare il passato, i giovani non si sono accontentati di interrogare la sola architettura costruita, ma hanno indagato le forme d’arte nel loro spirito più nascosto.

Manifesto esposizione italiana architettura razionalista, Roma 1928

Casa del Fascio

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Il fascino esercitato dalla nuova direzione dell’architettura, la voglia di misurarsi con un nuovo partito d’idee e di forme porta questi giovani architetti ad avvicinarsi al dibattito secondo un principio di emulazione e non di fondazione. La tenacia e l’impegno mostrati dal Gruppo 7, dal MIAR e da tutti quegli architetti che con il loro lavoro permisero l’assorbimento e il superamento dei termini della ricerca originaria, diedero alla nuova corrente un aspetto variegato ma nel complesso compiuto e convincente che ad oggi sembra fragile e fatto “a regola d’arte”. Primo elemento di distinzione fu una diversa considerazione del ruolo del materiale. Gli edifici italiani mostrano un interesse per la considerazione della materia che entra all’interno del progetto denunciando una sorta d’interesse per la tettonica sconosciuto al resto della produzione europea. La scelta dei materiali diventa un elemento linguistico destinato a dare corpo e carattere all’evoluzione della composizione geometrica e non solo rilevare il rapporto funzione/tecnica. Il materiale ha uno specifico significato simbolico. Nei vari progetti vediamo come il materiale è capace di produrre vibrazioni che per certi aspetti superano il modello europeo e ne

Due linee guidano i cantieri moderni: 1. Continuità: il modo di costruire resta basato sull’opera muraria realizzata nel piccolo cantiere artigianale, con impiego generalizzato dal cemento armato, razionalizzazione dell’industria dei laterizi, ampia utilizzazione di marmi nazionali. 2. Rinnovamento: rilevante presenza dell’industria nell’edilizia, propagandata con grande enfasi ma in realtà limitata all’immissione nel settore dei “materiali nuovi”, prospettati come prodotti autarchici dell’industria italiana.

Analisi e progetto per la conservazione dell’edifci moderno; di Pier Giovanni Bardelli “Ci troviamo ad operare su edifici con singolari caratteristiche che possono suscitare interessanti problemi nell’impostazione teorica dell’intervento. Ci accostiamo a edific non selezionati dalla falce del tempo; sopravvissuti anche o soltanto nelle repliche di loro stessi; edific che sono diventati cavie per sperimentazioni anche nelle repliche di loro stessi; edific che sono diventati cavie per sperimentazioni non programmate e che il tempo anche da solo si occupa di sollecitare; edific che sono diventati dei “fuori scala”, se osservati con le nostre attuali categorie nei confornti dei tessuti storici minori e del territorio; edific che sono stati fagocitati dalla espansione urbana che, non avendone campito il valore, il significato e tanto meno l’importanza, li ha resi caricature di se stessi, reliquato e non reliquie di un movimento architettonico in molti casi non ancora ben conosciuto; edific nati per ospitare una determinata funzione e che solo su quella sono stati modellati e della quale oggi sono stati privati; edifici che si trovano ad essere inadeguati alla evoluzione delle esigenzenormative legate alle destinazioni d’usoper la quale erano stati concepiti.”

Luigi Moretti, GIL a Trastevere, Roma1933-1937

CiƩà Universitaria –

Marco Piacentini, Città universitaria, “La Sapienza” Roma 1932

LINGUAGGIO - 2


Adalberto Libera (1903-’63) Libera è tra i protagonisti dell’enunciazione e della divulgazione del programma razionalista architettonico italiano attraverso l’adesione al Gruppo 7. Come architetto del regime incarna in maniera chiara sia culturalmente sia professionalmente, il momento di conflitto presente all’interno di questa stagione dell’architettura italiana. Ed è, alla fine del 1928, uno dei fondatori e il segretario del MIAR (movimento Italiano per l’Architettura Razionale). I suoi edifici forse meno radicali di quelli del contemporaneo Terragni, sono la testimonianza della difficoltà e delle mediazioni vissute dai sostenitori della cultura moderna, per dare concretezza a un nuovo ciclo operativo dell’arch. Italiana. Nel 1928 con G. Minnucci allestisce, a Roma, presso il palazzo delle esposizioni la I Esposizione Italiana di Architettura Razionale. Alla scusa di Architettura di Roma il giovane architetto entra in contatto con la brillante personalità di Mario Ridolfi con cui collaborerà negli anni poseriori alla laurea. Analizzando le sue opere e interpretando il percorso della sua attività professionale, si nota come l’impiego ideologico espresso da Libera nella prima fase della sua attività progettuale segua un andamento tortuoso. Dopo una fase iniziale caratterizzata dall’entusiasmo di partecipare in maniera attiva alla fase formativa dell’architettura razionale, la sua ricerca s’indirizza verso la costruzione di un processo di sperimentazione personale destinata a portarlo a un progressivo allontanamento delle posizioni del Gruppo 7 e del MIAR. La sua architettura, come mostrano i progetti e le realizzazioni fra la fine del 1929 e l’inizio de 1949, s’indirizza a una rivalutazione paradigmatica del passato, che nulla aveva in comune con il processo di recupero filologico della Storia operata da Terragni e dagli altri membri del Gruppo 7. Libera mostra con i suoi primi edifici una lenta ma costante deviazione dai temi canonici dell’architettura razionale, impostando un sistema di montaggio degli elementi costitutivi dell’architettura, una coniugazione differente del linguaggio del moderno. Sciolto il MIAR, nel 1931, si videro gli effetti della riconciliazionetra accademici e razionalisti, in occasione della realizzazione della 1 città Universitaria di Roma.

foto. Adalberto Libera in basso: foto casa del Littorio

Adalberto Libera e Mario De Renzi , leader rispettivamente del MIAR e del RAMI, furono curiosamente esclusi dagli incarichi della città universitaria ma viene affidato a loro la responsabilità di allestire la Mostra del Decennale della Rivoluzione Fascista. Inizia così la stretta collaborazione tra Libera e De Renzi che durerà fino al 1940. Prima di lavorare con Adalberto, De Renzi ha accumulato a Roma un notevole bagaglio di realizzazioni tra cui: ICP in Piazza Perin del Vaga (1925-27), un gruppo di palzzine in Via Panama (1925-26), due villini alla Garbatella ecc. Si tratta di opere che denunciano una impostazione pettamente eclettica presto influenzata dai futuristi e dalle collaborazioni svolte con Pietro Aschieri. Indubbiamente tra i due c’è stata una notevole stima più che una vera e propria amicizia. I due si distinguevano per carattere e impostazione; Infatti Libera risluta essere pittosto vincolato da un eccesso di vincoli matematici.Il perfezionismo va comunque fatto rientrare nella sua esigenza morale di trovare una conferma assoluta e inoppugnabile riguardo alle scelte costituenti il progetto architettonico. La semplicità della costruzione geometrica e la chiarezza dell’impianto planimetrico si associano a un simbolismo destinato a caricare l’architettura di metafore e significati sottintesi, con gli obiettivi di semplicità e funzionalità proprie delle esperienze nordeuropee prese come riferimento. Come dimostra il palazzo delle poste di Via Marmorata e il palazzo dei congressi dell’E42, la sua architettura, pur mentendo una chiara matrice funzionalista, si mescola con la Storia generando uno stile ibrido dominato da un’atmosfera metafisica di restaurazione del passato. Dopo prime esperienze progettuali Libera arriva alla definizione di un lessico progettuale diverso. La volta dell’architetto di stampo neoclassico, schiava dei modelli di riferimento e poco incline a ottenere quell’affrancamento definitivo dal passato cui aspirava lo spirito moderno.

Archivio Centrale dello Stato Roma Archivo palazzo dei congressi , busta piante e sezioni

BIOGRAFIA - 3


Concorso pubblico per uffici postali Nel 1932 viene bandito il concorso per la realizzazione di quattro uffici postali da inserire in aree di espansione individuate dal Nuovo Piano Regolatore del 1931. Secondo il bando di concorso ad ogni gara poteva partecipare un solo progettista. E’ per questo motivo che al concorso per l’ufficio postale all’Aventino risulta solo il nominativo di Libera. Nella commissione, presieduta da Pession, direttore generale delle poste, erano presenti degli architetti come Pagano e Vaccaro, e uno schieramento di conservatori, come Broggi, Calza Bini, Del Debbio e Giovannoni, alcuni dei quali piuttosto disponibili ad avere attenzione per la nuova architettura moderna. I progetti che nel 1933 vennero dichiarati vincitori furono: per il quartiere Appio il progetto di Giuseppe Samonà, per il quartiere Aventino il progetto di Mario De Renzi e A. Libera, per piazza Bologna il progetto di Mario Ridolfi e per il quartiere Prati il progetto di Armando Titta. Si trattò, a meno del progetto dell’ufficio postale per il quartiere Prati, di un vero trionfo dell’architettura dei giovani razionalisti che , se si tiene presente il successo del gruppo Michelucci per il concorso della nuova stazione ferroviaria di Firenze del’anno precedente, faceva ben sperare per un’affermazione generalizzata del razzionalismo Italiano. E’ abbastanza impegnativo, nell’ambito della collaborazione tra Libera e De Renzi, individuare i singoli contributi. Aquesto riguardo è stato scritto : “La collaborazione ta Libera e De Renzi, che proseguì nel palzzzo postale dell’Aventino (...), è uno dei problemi critici di più difficile soluzione, nella pratica impossibilità di distinguere esattamente gli apporti dell’uno da quelli dell’altro”.

Dislocazione degli uffici postali

Ufficio postale via Marmorata, Roma, A. Libera, M. De Renzi.

Ufficio postale via Taranto, Roma, G. Samonà.

Ufficio postale piazza Bologna, Roma, M. Ridolfi.

Giuseppe Samonà si trovò di fronte ad un lotto abbstanza costretto ed irregolare, tra Via La Spezia, Via Taranto e Via Pozzuoli, e risolse il tema con caratteristiche formali che rispettano quella che era la forma storica dell’isolato stesso. Infatti, con le rispettive facciate di Via La Spezia, Via Taranto e Via Pozzuoli viene risolto il rapporto con l’intorno, rompendo solo sull’angolo che apre su Via Taranto e progettando una strada interna con un cortile tipico dei palazzi a corte.

Ridolfi redige un progetto che alcuni amano definire un “razionalismo espressionista”. Quest’edificio postale riesce non solo a risolvere la piazza ma addirittura a identificarsi con essa: infatti, quando si pensa a Piazza Bologna si pensa subito alle Poste come elemento formale molto forte, caratterizzante l’ambiente urbano che lo circonda. Guardando il sito in cui veniva a porsi la costruzione, si vede come Ridolfi abbia impostato il progetto abbracciando il luogo e seguendo in sostanza quelle che erano le caratteristiche del lotto stesso incorporando la curva e immedesimandosi con l’area ricalcandone quasi perfettamente la forma. Le Poste di Piazza Bologna, con il loro sviluppo così fortemente orizzontale, risolvono non solo la piazza ma un contesto urbano molto più vasto.

Rapporto con il contesto L’edificio è impostato su di una linea indirizzata ad ottenere una separazione netta fra progetto e contesto. Libera e De Renzi inseriscono la loro proposta svincolandosi da ogni relazione con il paesaggio urbano che lo circonda, trova nell’imponenza della composizione volumetrica, e nell’articolazione delle citazioni formali il modo di distinguersi ed imporsi all’interno del contesto, raggiungendo il ruolo di terzo polo monumentale dell’area compresa tra l’Aventino e Porta San Paolo, e la Piramide Cestia.

CONCORSO PUBBLICO - 4


TECNICHE MODERNE Casseforme:

Cemento armato in Italia: La struttura intelaita di cemento armato è lo strumento che restituisce contemporaneità spaziale, formale e funzionale dell’organismo. L’utilizzo di questo materiale ha segnato lo sviluppo stilistico e tecnologico di questa generazione portando l’utilizzo del cemento armato la soluzione tecnica in grado di garantire la trasformabilità dllo spazio. Le innovazioni tecnico-linguistiche che connotano episodi di continuo dibbatito, in quel momento molto acceso, sui temi dell’autarchia e, più in generale, della modernizzazione del settore edile. Nell’ambito di uno studio sull’evoluzione della tecnologia costruttiva del cemento armato in Italia, nel periodo fra le due guerre mondiali, è di sciuro interesse colgliere le porblematiche emergenti negli anni dell’autarchia. Ad esempio il divieto di utilizzare il ferro per le armature. Materiale che negli anni di inzio secolo, di fermento costruttivo, aveva trovato notevole impiego, infatti si era diffuso come moderno materiale costruttivo. L’impiego del cemento armato era propriamente la linea guida centrale nell’evoluzione delle tecniche costruttive del regime. Sebbene vi era la presenza di restrizioni dettate dal regime in materia autarchica non costituirono un limite reale all’utilizzo di determinate tecniche o materiali ma stimolarno la crescita dell’alttività di sperimentazione sia nel settore produttivo che in quello delle applicazioni tecnologiche.

Le limitazioni all’uso di materie prime a elevato “costo oro” incentivò la ricerca di nuovi materiali e soluzioni tecnologiche alternative. Gli anni dell’autarchia possono essere considerati come un momento cruciale nella storia dell’impiego del cemento armato e dell’evoluzione delle tecniche costruttive in Italia. si approfondisce lo studio sul comportamento statico del cemento armato. Primo tangibile segno di queste nuovo esigenze è il concorso intitolato a Luigi Santarella “ per l’economia del ferro nel conglomerato cementizio ”, bandito nel dicembre del 1935 dalla Siac (Società Incremento applicazioni cemento ), società costituita nel 1929 della Federazione degli industraili del cemento, con l’intento di promuovere studi per il miglior utilizzo dei materiali cementizi e diffondere il consume e le applicazioni. Si studia, la possibilità di sfruttare la resistenza a trazione del cls, eliminado completamente il ferro delle strutture orizzontali. Si propone un limitato e controllato consumo del ferro, del cemento e soprattutto del legname ustilizzato per impalcati e casseri

Posa in opera delle armature metalliche all’interno delle casseforme in un cantiere di inizio secolo

Pubblicità dei solai Sap, Exclesior e Stimip, prodotti della Rdb, Pubblicità su “Domus”. Pubblicità dei solai e coperture Frazzi con esempi di applicazione

Le casseforme fino a i tempi d’oggi sono sempre state realizzate con tavolame in legno. Le casseforme non venivano bagnate adeguatamente )come raccomandato dalle norme, infatti, si potevano verificare fenomeni di prosciugamentp delle superfici e quindi di danneggiamento superficiale dei getti. La realiazzazione di superfici era legata a una adeguata piallatura delle tavole. La deformabilità dei cassseri durante la presa e l’indurimento era un problema, in particolare per i pilastri. L’assenza dei fluidificanti, non favoriva il corretto reiempimento delle forme. Era necessario quindi bagnare i casseri prima del getto al fine di evitare una sottrazione d’acqua al cls e ridurre il gonfiarsi del legno. Le norme contenevano regole precise per la protezione dei getti e per la loro umidificazione, soprattutto nei periodi estivi. Nei lavori eseguiti con poca cura, si possono trovare elementi costruttivi con difetti quali lacune, alveoli, calcestruzzi superficalmente poco compatti, conseguenti a getti mal realizzati, con troppa acqua, mal costipati essicati.

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3 -Manuale operativo per il restauro architettonico. Metodologie di intervento per il restauro e la conservazione del patrimonio storico(a) Autori: Stefania Franceschi, Leonardo Germani.

OPERA DI CONSOLIDAMENTO /RICOSTRUZIONE FASE 1: RIMOZIONE CLS. ammalorato FASE 2: LAVAGGIO e PULITURA DEI FERRI a) Pulitura mediante spazzola metallica allo scopo di asportare polvere e ruggine. b) Lavaggio della superficie di supporto restante (vedi bagnatura del supporto) FASE3: PROTEZIONE DEI FERRI DELL’ARMATURA: FASE4: RIPRISTINO SEZIONE ORGINARIA MEDIANTE SPRUZZO Durante la fase di ripristino l’opera sarà sostenuta da un impalcatura in grado di ostacolare i cedimenti della struttura danneggiata. RICUCITURE E LESIONI a) Eventuale posizionamento di rete elettrosaldata b) Bagnatura del supporto CARATTERISTICHE della malta : legante: cemento (silicato di calcio) inerte: sabbia acqua . [M4 (*) 1 cemento 0.5 calce idraulica 4 sabbia] FASE5: PROTEZIONE FINALE La protezione finale sarà garantita da una pittura protettiva (coprente) anticarbonatazione del calcestruzzo

Esempi di casseri: 1: Casssero per pilastro: consiste in una testa e in un fusto divisibile. 2: Casseri per pilastri dotati di listelli d’angolo a smusso a assicelle che consentivano una notevole seplificazione delle fasi di disarmo, evitando la rottura degli spigoli. 3: Casseri di travi.ale e pertanto venivano utiliazzate come apoggio per l’l’orditura di sostegno dei piani di getto dei solai. Venivano ,infatti, fissati in alto sui listelli degli assi orizzontali dove venivano appoggiati i travetti.

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TECNICHE MODERNE Applicazioni

SPECIFICHE SULLA CARBONATAZIONE:

Le immagini relative agli edifici postali costruti in quegli anni dimostrano le capacità delle maestranze e lo sviluppo di nuove tecniche per grandi edifci pubblici e quindi la relaizzazioni di grandi di telai in cls. L’immagine illustra nel dettaglio le tecniche costruttive utilizzate, così come sono state descritte dallo stesso progettista, l’ing. Eugenio Miozzi, nel volume “Il ponte del Littorio”. Viene qui ripresa la costruzione di un “cassero per l’aggottamento”, costituito da una serie di casseforme, entro cui verrà calato il getto di calcestruzzo per formare le fondamenta. Le casseforme sono composte da paratie in ferro ancorate alla palificazione di due pontoni laterali. Non appena il processo di presa del calcestruzzo verrà completato, si provvederà al prosciugamento dell’acqua (operazione definita, per l’appunto, aggottamento), mediante un sistema di pompe verticali.

“Processo chimico di formazione di un carbonato per azione dell’anidride carbonica. Si svolge in natura quando le acque piovane, contenenti anidride carbonica e quindi aventi reazione acida, intaccano le rocce e le disgregano chimicamente;” (Def. Enciclopedia Treccani)

Dall’alto: G. Terragni, Casa del Fascio, Como. A.Libera e M. De Renzi. Ufficio postale, via Marmorata. M. Ridolfi. Ufficio postale in Piazza Bologna, Roma. Roma. G. Vaccaro. Ufficio postale, Napoli

Esempi di carbonatazione nell’architetture razionaliste:

La carbonatazione del calcestruzzo può interessare sia l'edilizia abitativa che quella pubblica che le infrastrutture. Essa porta alla corrosione delle armature con conseguente diminuzione dei parametri di sicurezza e ne sono colpite in particolar modo le strutture con facciata a vista. I fattori che generano il fenomeno della carbonatazione sono sia fattori ambientali che fattori inerenti il calcestruzzo e le sue caratteristiche.

Dall’alto: Gaetano Minnucci, La Casa della GiIL Montesacro, Roma. G. Terragni, Asilo Sant’Elia, Como; Particolare della scala di accesso in cui è possibile notare il processo di carbonatazione e l’espulsione di materiale in atto;

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Ufficio postale di via Marmorata Descrizione Nel 1934 l’edifico viene ultimato con delle variazioni molto limitate; questo prova la notevole correttezza del progetto, in grado di superare quasi indenne la revisione del Ministero delle Poste. Le modifche vertono sui prospetti e sono sostanzialmente due. La prima riguarda l’introduzione peggiroativa di due accessi, oggi non utilizzati, su entrambe i prospetti laterali dove i bei finestroni nastriformi del piano terra sono stati spezzati in due. La seconda riguarda la diminuzione migliorativa del numero delle finestre sul prospetto posteriore. Il palazzo dell Poste all’Aventino di Via Marmorata copre una superficie di un rettangolo costituito dal modulo di due quadrati. La dilocazione e il rapporto dei vari elementi volumetrici ricorda il progetto vincitore nel 1926, del concorso per il palazzo delle Corporazioni a Via Veneto, del quale Aschieri era il capogruppo e De Renzi uno dei collaboratori. Nel palazzo postale un corpo a “C” alto tre Piani, perimetra l’ambiente del piano terreno sorrmontato da un lucernario tondeggiante. Sulla facciata principale, verso Via Marmorata, vi è un portico, alto solo un piano, che va a giustapporsi alle testate del corpo a “C” e all’ambiente coperto dal lucernario. Il pubblico accede una volta attraverso il protico, nel salone centrale dove sono ubicati gli sportelli. L’ingresso agli uffici è sempre mediato dal portico e avviene in corrispondenza delle testate della “C” dove si snodano i corpi scala.

Foto dell’epoca

In alto: plan. In basso: vista assonometrica.

All’interno, vi è un singolare ambiente a doppia altezza, dove avviene lo smistamento della posta. Nel salone del pubblico trova posto un pregevole bancone, ralizzato con tubolari lucidi di metallo che fasciano orizzontalmente, con un chiaro andamento sinuoso, il bancone stesso. Il salone del pubblico è illuminato, oltre che sul fianco di accesso verso via Marmorata, anche dall’alto mediante un lucernario che ricorda il progetto di Libera di un alberghetto a mezza montagna. Gli alzati sono molto diversi tra loro. Elemento unificatore primario è il rivestimento in travertino; a questo si aggiunge la tipica semplicità razionalista dell’elemento finestra che viene elaborato però in ben cinque versioni. Il prospetto su Via Marmorata presenta: il portico, le testate della “C”, il fronte contenuto all’interno del corpo a “C” e il lucernario. Il portico, di fattezza snella, è una chiara riproposizione del portico-pronao ralizzato dai due architetti in occasione dell’allestimento della facciata pe rla Mostra Decennale della Rivoluzione fascista. In origine il protico era rivestito con del marmo nero lucido che, una volta terminata la guerra mondiale, fu smontato e trasportato al Ministero delle Postedove fu utilizzato per la pavimentazione di ambienti di rappresentanza. Sono rimasti elementi di questo marmo nero nei montanti dei finestroni al piano terreno dei prospetti laterali e posteriore. Oggi il portico è rivestito da travertino e peperino mentre il soffitto conserva ancora il rivestimento originale in lucide tessere di mosaico bianco.

Plastico concorso

Foto dell’epoca

Disegni catasto VIA MARMORATA - 7


Indubbiamnete il portico nero lucido era un elemento di grande eleganza che, riusciva ad assolvere il ruolo di un elemento visivo basamentale, al disorpa del quale sono poggiati una serie molto variegata di componenti architettoniche di facciata. Nello stesso tempo, la fascia orizzontale del portico, è in grado di collegare, con un effetto “cinghiatura”, elementi diversi come le due testate del corpo a “C” e lucernario della sala al pubblico. I prospetti delle testate della “C” denunciano, con un sistema di fascioni inclinati, le scale. Risulta, così evidenziato che il corpo di fabbrica a “C” altro non è che un “semi-palazzo” a pianta centrale, che è stato sezionato in due lungo uno degli assi di simmetria dove, “classicamente”, sono ubicati i corpi scala. Da notare, inoltre, che l’immaginario segno di sezione, di un “palazzo” a pianta quadrata, è accentuato proprio dal fatto che in prossimità delle testate della “C” vi è un uncio rapporto dinamico e trasparentetra interno ed esterno. Il disegno a fasce inclinate è certaemnte uno stilema di A. Libera. Il fronte contenuto all’interno del corpo di fabbrica a “C”, h una serie di bucature quadrate di dimensioni piuttosto piccole. Quest’ultimo fattore dimensionale consente di inserire la novità compositiva di due file di finestre per piano.

Il prospetto con la doppia finestratura del palzzo Postale presenta un curioso fuori modulo del pieno all’estremità, probabilmente dovuto all’inserimento delle bucature nella chiara e rigida maglia strutturale a travi e pilastri. In ogni caso il raddoppio della finestratura può essere posto in stertta relazione con l’originale prospetto è posteriore, costituito da un fitto sistema di regolari minibucature. Il lucernaio che trova posto al di sopra della sala per il pubblico, come è già stato detto, è palesemente una riproposta dello stesso architetto. I prospetti laterali sono perfettamente simmetrici a meno dei fianchi dell’elemento portico, che risulta leggermente staccato dal corpo principale, in modo da evidenziare il ruolo di elemento “giustapposto”. Sul fronte posteriore domina un singolare muro traforato. Si tratta di una sorta di brise-soleil che va a schermare una parete di vetro e che inquadra e denuncia all’esterno la sala a doppia altezza dello smistamentod ella posta. Nel complesso i quattro prospetti dell’Ufficio Postale risultano slegati tra loro: il criterio-guida generale è quello che ogni elemento funzionale ha un aspetto morfologico simmetrico, ben distinto e riconoscibile.

La consulenza è stata affidata ad un gruppo di studio composto dai professore Sergio Poretti e Il restauro si pone come obbiettivo il ripristino dei Silvano Stucchi, dall’ingegnere Rinaldo Capomolla, dagli architetti Stefania Mornati e e caratteri architettonici originari evitando di Rosalia Vittorini. Furnono analizzate le modalità riprodurre le eccessive fragilità delle soluzioni iniziali e il conseguente innesco di nuovi processi d’intervento su alcuni elementi architettonci che presentavano delicati problemi tecnici.; tra di degrado. questi: i rivestimenti di pietra e i serramenti, il Le parti che rappresentavano i prodotti più salone al pubblico col lucernario, gli scaloni, il originali dello sperimentalismo architettonico portico e le rampe esterne, alcune sistemazioni avevano subito un rilevante e accelerato interne. processo di degrado dovuto non solo Nella stesura del progetto gli architetti hanno all’invecchiamento naturale, ma anche alla congenita fragilità causata dall’applicazione di avuto cura di conservare e risanare ogni elemento originale, di eliminare quanto più soluzioni tecniche immature. possibile le aggiunte incongrue, di integrare le La cronca del cantiere riporta la continua parti dove la materia e l’immagine erano state revisione dei progetto inziale. Le variazioni, mutilate, di moderare l’impatto con le prospettate come inevitabili, sono state elaborate dallo stesso gruppo di progettazione indispensabili attrezzature tecnologiche, di accordare i rifacimenti degli elementi non e si è potuto arrivare a soluzioni ritenute meno originali con i caratteri propri del progetto. pure e rigorose rispetto a quelle inzialmente In particolare vengono esaminate tre parti studiate. Il primo progetto di restauro fu redatto nei primi dell’edificio il cui studio ha richiesto particolari accortezze e cautele: il portico, il lucernario, il anni novanta dall’ufficio tecnico a cura degli salone al pubblico. architetti Mirella Duca e Filippo Murgia. L’obiettivi del Restauro di Poretti

Giuseppe Saponaro, Adalberto Libera. I grandi concorsi pubblici romani degli anni ‘30 e la collaborazione con Mario De Renzi, Edizioni Clear 1999. pp.21-26.

VIA MARMORATA - 8


Salone pubblico

Pianta piano terra, Salone del pubblico

Descrizione

Restauro moderno di Poretti

Il salone al pubblico del palazzo delle poste in via Marmorata rappresenta uno degli interni più esemplari nel panorama dell’archittettura degli anni trenta sia dal punto di vista compositivo-formale che dalle soluzioni tecnologiche adottate. Nei primi anni settanta è stato effettuato un intervento improprio che ha alterato tutti gli elementi, cotitutivi e di arredo che configuravano lo spazio originale progettato da A. Libera,“elegante e fluido”. L’insieme degli elementi cositutivi di questo interno esprimono il significato del nuovo “fare architettura” e di conseguenza un esempio qualitativo per la tecnica di esecuzione e per la giustapposizione di materiali nuovi dell’edilizia Italiana. Come è stato definito da R. Capomolla Libera aveva messo in atto “ una vera e propria opera di spiazzamento del linguaggio architettonico convenzionale.” Lamiera di acciaio per la ‘camicia’ che deve avvolgere le colonne, vetrate a telai di ferro, marmi e graniti italiani per rivestire pavimento e pareti. Il salone si apre verso il portico di acesso attraverso un lungo contnuo diaframma vetrato.

L’obiettivo del progetto di restauro di Poretti è stato quello di restituire al Salone la spazialità, compromessa durante gli anni, con interventi volti a ripristinarne la condizione iniziale recuperando tutti gli elementi architettonici e di arredo originale. La prima fase dei lavori si è concentrata su la rimozione delle aggiunte improprie, tra cui la sportelleria. Il progetto di restauro comprendeva anche interventi sulle parti decratate usurate: pavimenti, serramenti ed altri elementi di arredo.

Il salone del pubblico nel 1938 e nel 1988.

Rivestimenti Conservazione e pulitura delle superfici marmoree esistenti, rimozione e sostituzione con lastre dello stesso materiale per le superfici danneggiate. Danneggiamenti dovuti all’infiltrazioni d’acqua dalla copertura del portico hanno provocato danni sulle lastre e sulla parete retrostante. Si è previsto lo smontaggio delle lastre recuperabili per consentire il risanamento delle parti in calcestruzzo ammalorate. Illuminazione Nel progetto sono stati proposti nuovi corpi illuminanti: globi di vetro opalino, per la navata centrale, lampade di produzione corrente, per la navata verso l’ingresso, e un sistema di barre illuminanti per la retrosportelleria.

Prima dei restauri

Serramenti I serramenti delle vetrate d’ingresso presentavano un discreto stato di conservazione. Sono state risanate revisionando i meccanismi di movimento e sostituendo le lastre di vetro con lastre di vetro camera.

SALONE PUBBLICO - 9


Tecniche moderne Anticorodal (Manualistica di F. Dal falco, V. Bernardini)

Caratteristiche del materiale

L’alluminio e le sue leghe vengono presentati in quegli anni come simbolo della modernità e l’uso generalizzato che se ne fa va dal serramento agli oggetti di design. L’impiego di materiali bianchi è strettamente legato al nuovo linguaggio architettonico, diviene una costante delle architetture razionaliste. In breve avviene la diffusione dell’ Anticorodal , dell’Aluman, il cromalluminio ed altre leghe usate sia nell’edilizia che negli elementi di arredo. L’Anticorodal è considerata la lega italiana per ecellenza.

Si ottiene aggiungendo all’alluminio piccole quantità di silicio magnesio che aumentano la resistenza meccanica e aumentano il livello alla corrosione. Appartiene alla categoria delle leghe leggere da fonderia cosi denominata perchè i prezzi sono ottenuti per colata in sabbia o in conchiglia. L’ anticorodal era prodotto dalla L.L.L. (Lavorazione Leghe Leggere di Mialno). In edilizia questa lega si trova impiegata in elementi esterni all’edifico (pluviali, scossaline) e per finiture di interno,

Dettaglio bancone Salone del Pubblico

Leghe anticorodal Locandine pubblicitare Anticorodal

TECNICHE MODERNE - 10


Applicazioni - Il parapetto della scala con tubo d’acciao, fasce Anticodal e corrimano in rovere e il rivestimento interno del lucernario dell’atrio con lastre di vetro opalino e fasce fermavento da Sntocrodal nel Palazzo postale di A. Libera e De Renzi) - Il bacone e le cassettiere con struttura in tubo di anticorodal e piani di faggio verniciato grigio nel salone pubblico del Palazzo Postale di Mario Ridolfi in Piazza Bologna, - Il parapetto della scala in tubo d’acciao e fasce di Anticordosal e divisorio dello scrivimpiedi in Anticordodal del Palazzo Postale di G. Samonà; - Le maniglie e le cerniere delle porte in legno in Anticorodal e il tavolo della Sala delle riunioni del Direttorio ( 1, 40 per 7,900) una struttura in alpacca cromata irrigidita in Anticordoal con piano in palissandro coperto da un’unica lastra di cristallo di spessore 10 mm dela Casa

Atrio biglietteria della Stazione di Santa Maria Novella a Firenze (arch. G.iovanni michelucci), con sistema di illuminazione in vetro “Cordonato” di Venini (a stampo), realizzato sotto la direzione artistica di Carlo Scarpa, e brevettato il 23 giugno 1934, il 30 ott. 1935. Foto da “Architettura”, aprile del 1936 Dall’alto: Casa del Fascio, Como, Terragni.

Dall’alto: Palazzo delle poste via Taranto, Samonà. Palazzo delle poste , Napoli, Vaccaro.

TECNICHE MODERNE - 11


Portico Descrizione

Tecniche Moderne

Il portico rappresenta la parte autonoma della composizione di Libera e De Renzi, infatti, contrasta geometricamente, cromaticamente e matericamente con il corpo retrostante principale, cui è collegato solo per un breve segmento centrale. Attraverso le tre cordonate pavimentate con lastre di porfido del Trentino si accede al portico d’ingresso, rivestito di una pietra scurissima, il porfido violaceo Predazzo. Il portico ha una forma elementare: due lunghissime telai (oltre 78 mt), nei quali si ripetono nove campate identiche (interasse 8,60 mt), sono accoppiati da una soletta piana trasversale. Si tratta di una geometria pura regolata da proporzioni geometriche semplici: la campata è larga il doppio della sua altezza. Difatti, il pilastro e l’architrave sono entrambi larghi e alti un metro. Il portico è interamente rivestito da lastre lucide di pietra di spessore 3 cm; la stessa pavimentazione è di porfido ma qui gli elementi sono più spessi e tagliati “a piano di cava”.

Il rivestimento è stato montato a secco collegandolo alla struttura in c.a. mediante grappe e olivelle completamente invisibili. Nei pilastri le lastre poggiano una sull’altra e tondini di ferro zincato, di 5 mm di diametro, piegati ad unicino e murati per impedirne il ribaltamento. Le olivelle servono ad ancorare il rivestimento verticale degli architravi: le lastre, infatti, sono dotate di puntoni metallici che consentono di appendere la pietra alla struttura. La sperimentazione di quegli anni riguardo alla tecnica di fissaggio dei rivestimenti risultò con il tempo poco efficace sia per la durabilita che per la stabilità finale dell’opera. Poco dopo la fine dei lavori si verificarono dei distaccamenti del rivestimento.

Lavorazioni, Asemblaggio, Posa in opera dei rivestimenti:

Veduta dei distaccamenti delle lastre prima dei restauri del 1966

Vedute del portico dopo i lavori di sostiuzione del rivestimento originario, 1986.

Adalberto Libera impone una stuccatura a cemento bianco del travertino che riveste la facciata, per ridurne la porosità. Queste opere richiedono per la maggior parte superfici lisce che prevedono lavorazioni di Spuntatura, Gradinatura Bocciardatura, e Martellinatura. Le pietre venivano disposte secondo un criterio artistico e non messe insieme casualmente. La rassegna di architettura del 1939 in merito al distacco dei rivestimenti lapidei chiarisce che venivano adottate lastre di dimensioni superficiali notevoli e rigorosamente tagliate sottili. L’evoluzione delle tecniche riguardanti il fissagio delle lastre lapidee hanno occupto la maggiorparte degli architetti del XX secolo. Dopo il susseguirsi di fenomeni di distaccamento ci fu un lungo proesso di riformulazione della consocenza tecnica consolidata fino a quel momento. Gia nel 1943 l’architteto, sollecitato dal Ministero delle Comunicazioni, suggeriva soluzioni alternative. L’incuria e la condizione italiana del dopoguerra portò a un progressivo peggioramento dei fenomeni e alla rimozione integrale del rivestimento del portico. Tra il 1966 e il 1971 la struttura fu interamente messa a nudo e rivestita di travertino di Tivoli, cambiandone completamente il gioco cromatico voluto.

Disposizone geometrica delle lastre di marmo. Sala dei congressi; Palazzo dei Ricvemienti e dei Congressi, Roma, E42, A. Libera

Cantiere durante i lavori di restauro Pianta piano terra, Portico

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Rivestimenti

Sistema di fissaggio dei Rivestimenti lapidei. C. Formenti, 1933.

...a proposito dei rivestimenti

Tecninca moderna

Appllicazioni

il rivestimento lapideo per gli edifici residenziali e pubblici assume un’ importanza nell’ impiego e nel mercato dei marmi italiani. Il protezionismo guida il processo di modernizzazione, impone il rilancio dell’industria dei marmi. La prescrizone risulta decisiva per lanciare lo sviluppo di quella tecnologia legata ai rivestimenti sottili negli edifici con struttura in cemento armato. Pagano scrive nel 1932 : “una lucida lastra di marmo ben ampia e ben tagliata, una tersa impallicciatura di radica preziosa... danno a noi vere e proprie emozioni estetiche” . Verranno così impiegata in quei anni lastre sottili e leggere che spesso a contatto con strutture in c.a. produrranno esiti costruttivi complessi dovuti all’incopatibilità dei materiali. Il rivestimento in pietra veniva considerato come un "impiallacciatura": lastre sottili, arrangiamenti geometriche complesse, giunti lisci e raccordi invisibili. Questo è stato un approccio completamente nuovo ad affrontare il’esecuzione dei lavori, portando la sperimentazione ha non fornire risposte immediate. La questione dei rivestimenti e delle tecniche utilizzate emerge sin da subito nella Casa del Fascio, dove Terragni fu molto rigido nella scelta di particolari di carpenteria e nel inadatto utilizzo del calcare di Botticino, che oltre la metà dei pezzi s vennero scartati a causa di inevitabili imperfezioni, provocando un contenzioso con il IMV che si trascinò fino al 1937 - non fu affatto un caso isolato. Anche per l'ufficio postale a Napoli e l’uffico di Libera a Roma, erano emersi delle incongruenze nelle tecniche adoperate. I problemi relativi ai rivestimenti erano legati al sistema di fissaggio.

Le lastre vengono messe in opera con collegamenti e giunti invisibili: il paramento è infatti concepito non come imitazione della tessitura muraria a conci, ma come levigato intonaco prezioso per creare superfici lisce e uniformi. Ciò che impone di rinunciare a tutti gli accorgimenti - scuretti, smussi, bissellature, giunti “a battuta”, “a becco di civetta”. Inizialmente, venne utilizzato un sistema tradizionale, con lastre sovrapposte fissate al muro da una malta di riempimento dei giunti o tiranti. Questo sistema ora è stato considerato inadatto per un rivestimento, progettato come una sottile patina e legato alla muratura e struttura in cemento armato. E’ stato particolarmente difficile perfezionare un nuovo metodo per applicare uno strato sottile di pietra. Prova di ciò è il fatto che dopo varie dificoltà in fase di progettazione e in loco, le lastre continuavano a distaccarsi non molto tempo dopo che gli edifici erano stati aperti.

Nelle poste di Libera e de Renzi , il colonnato frontale è stato interamente rivestito in violaceo Predazzo porfido, le grandi lastre ripetutamente venivano via dal tessuto del portico. Già nel 1940 numerose lastre di botticino sulla facciata della Casa del Fascio di Como sono dovutoe essere sostituite e rafforzate. Il Rivestimento sottile è così diventato una questione nazionale vera e propria. Il Professor Parvopassu della Regia Scuola di Ingegneria a Padova ha mostrato come, a causa delle differenze di dilatazione termica tra il rivestimento, la malta cementizia e il marmo, c'era una perdita di aderenza risultante dall'effetto di alternanza tra caldo e freddo. Anche se queste non sono state considerate le cause del distacco, vero e proprio, poiché le condizioni del materiale di rivestimento erano state assicurate sia dal inizio dai giunti. L 'esperimento ha consentito all’ ingegnere Antonio Consiglio di dedurre che una simile differenza di espansione termica deve essere è verificata tra la struttura in cemento armato nel suo complesso e il rivestimento in pietra applicato ad esso, e che questa differenza ha portato stress alll'attaccamento tra i tiranti di collegamento delle lastre alla parete. Quando questi effetti si moltiplicarono, lo stress era sufficiente per far distaccare le lastre. Bosisio ha perfezionato e brevettato un nuovo sistema di ancoraggio che è stato utilizzato su Palazzo Montecatini, Disegnato da Giò Ponti e costruito tra il 1937 -1939. Il sistema era basato su due principi fondamentali: ogni lastra è fissata alla struttura indipendente utilizzando fascette in grado di sopportare il peso, e un giunto di dilatazione posto tra le lastre.

Comportamento del rivestimento esterno sottoposto a sbalzi termici. A.Consiglio, “la stabilità dei rivestimenti lapidei in lastre”, L’ingegnere, 10-15, Ottobre 1938.

Dettaglio rivestimento lapideo, Ufficio potale Montecatini, Milano, Colonna , 1, 1942.

Palazzo dei Ricvemienti e dei Congressi, Roma, E42, A. Libera

Portico, Ufficio Postale via Marmorata Roma, A. Libera , M. De Renzi

PORTICO - 13


Portico Restauro moderno di Poretti Il restauro del portico è stato nel complesso l’interventomaggiormente problematico. Difatto il portico aveva subito durante gli anni una trasformazione totale dell’aspetto originale. Come prima cosa si è scelto di rimuovere il rvestimento danneggiato e sconnesso, per consolidare la struttura in cemento armato e in particolare per bloccare l’avviata corrosione delle armature dovuta alle infiltrazione d’acuqa dalla copertura. La scelta di eliminare e sostituire il rivestimento con quello originale è stata necessaria per garantire dei nuovi ancoraggi delle lastre.

Viene progettato un sistema di profili in acciaio inossidabile, continui e disocntinui, fissati alle travi e ai pilastri con tasselli a doppia espansione, per sostenere e ritenere le singole lastre autonomamente e distanziarle alla struttura. Il vuoto tra la pietra, ove erano disposti i giunti, andava a compensare l’originaria imbottitura di mlata di cemento. Prima di procedere con il montaggio del nuovo rivestimento è stato rimosso il calcestruzzo ammalorato, spazzolati i ferri di armatura e protetti da un trattamento passivante.

Il montaggio è stato semplificanto rinunciando alla battuta. Più arduo è stato rintracciare una soluzione per l’intradosso dove è stato scelto di di fissare le lastre per punti, mediante profili vincolati a soffitto. Nell’estradosso è stata disegnata una nuova pendenza e inserita unan canalina che portasse l’acuqa piovana ai due discendenti laterali. Le nuove lastre non sono del tutto identiche alle originarie nella lavorazione superficiale infatti sono tagliate a sega con un trattamento a fiammatura e non “a piano di cava” come le originali.

Rivestimenti Applicazioni a confronto dei rivestimenti a terra: Portico, Ufficio Postale via Marmorata Roma, A. Libera , M. De Renzi

Portico, Palazzo dei Ricvemienti e dei Congressi, Roma, E42, A. Libera

PORTICO - 14


Rivestimenti murari

Applicazioni a confronto dei marmi italiani: Facciata, Ufficio Postale via Marmorata Roma, A. Libera , M. De Renzi

Facciata, Palazzo dei Ricvemienti e dei Congressi, Roma, E42, A. Libera

prospetto

PORTICO - 15


Abaco dei materiali confronti nell’uso dei marmi italiani:

Ufficio Postale Via Marmorata, Roma, A. Libera, M. De Renzi

RIVESTIMENTI INTERNI

RIVESTIMENTI ESTERNI

1

3

2

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4

6

1. Rivestimento interno Marmo Verde di Issorie 2. Rivestimento interno Marmo di Calacatta di Vagli 3. Rivestimento esterno Porfido del Trentino Grigio 4. Rivestimento esterno Travertino di Tivoli 5. Rivestimento esterno Porfido di Predazzo lucido 6. Rivestimento esterno del portico Porfido del Trentino

Palazzo dei Ricvemienti e dei Congressi, Roma, E42, A. Libera

RIVESTIMENTI INTERNI

1

RIVESTIMENTI ESTERNI

2

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4

5

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7

1. Rivestimento interno-esterno provenienza Carrara 2. Rivestimento interno - marmo rodato provenienza Carrera 3. Rivestimento colonne del portico 4. Rivestimento interno pilastri e 5pavimentazione - Verde d’Alpi 5. Pavimentazione chiara del portico - scalinata bassa 6. Pavimentazione scura del portico - scalinata alta 7. Pavimentazione esterna PORTICO - 16


Lucernario

Tecniche moderne

Descrzione:

Vetrocemento armato:

Il lucernario è stato uno degli elementi che ha subito maggiori modifiche nel tempo. Si tratta del volume cilindrico che sovrasta il parallelepipedo del salone al pubblico. Inizialmente il lucernario doveva essere una sottile lastra traforata di cacestruzzo ed avere una finitura omogenea alle altre pareti. Rivestito con lastre di travertino avrebbe finito per somigliare alla “superficie alveolare di pietra cemento” del retrostante salone. Infine fu trasformato in un minuto graticcio di profilati di acciaio e vetri opalini, assumendo un carattere autonomo in contrasto visivo e tecnologico con il palazzo di pietra. La vetrata esterna venne duplicata da un interna composta di tre corsie di “vetro diffusore bianco”, ognuna costituita da una successione di lastre fermate a vivo tra correnti rifiniti da fasce di anticorodal. Il graticcio venne in un primo momento pitturato di un colore azzuro e poi successivamente ricoperto con una vernice nitrocellulosa color piombeggiante.

Durante il ventennio si è rapidamente diffusa, per la costruzione di tetti, lucernari, pavimenti, cupole e pareti, la tecnica del vetrocemnto armato, che consiste nell’incorporare nella struttura del cemento armato degli elementi di vetro. Questo sistema viene largamente diffuso dalla Fabbrica Pisana Saint- Gobain e dal 1924 ha assunto un importanaza di primo piano nel campo costruttivo. I prodotti diffusi in commercio forniti dalla fabbrica si possono ragruppare in :

Foto prima dei restauri.

-DIFFUSORI: venivano utilizzatiper nervature non sporgenti. -DIFFUSORI PIATTI: venivano utilizzati per nervature sporgenti.

Trasformazioni: Tecniche moderne Come voleva l’architettura razionale il lucernario venne lasciato a un’assoluta pulizia formale, quindi, privo di sporegnze, di grondaie e di gocciolatoi. Questa mancanza provocò subito numerosi inconvenienti causando la sin da subito infiltrazioni d’acqua dalla copertura. Si aggiunsero le rotture dei vetri per stress termico o per atti di vandalismo e il cedimento del manto impermeabilie di asfalto colato, rifatto già nel 1945. Intervento degli anni sessanta: applicazione di un’altra guaina impermeabilie protetta da lastre ondulate spioventi in un canale di gronda; la predisposiazione di un intelaiatura di acciaio a sostegno di un schermo di vetro retinato a protezione del lucernario; nella rimozione della vetrata interna; nella realizzazione di un nuovo controsoffitto in pannelli di polistirolo.

Esempi di applicazioni:

-MATTONI PIASTRELLA: usati come mattoni per la costruzione di pareti, finestroni, fissi, ecc. Servono a determinare nella parete un senso di estrema leggerezza e trasparenza. -PIASTRELLE PER VETROCEMNTO ARMATO: utilizzate per pareti di maggiore spessore per la protezione di locali ove è necessaria una massima luminosità e una minima dispersione di calore. -MATTONI COIBENTATI DI VETRO: elementi costruttivi per le pareti translucide, devono rispondere a requisiti di resistenza (grandi pareti), isolamento termico, anticondensa e di larghezza razionali all’utilizzo moderno.

LUCERNARIO - 18


Lucernario La posa in opera dei lucerari piani:

Restauro di Poretti:

Predisposto un tavolato a superficie regolare si applica un leggiero strato di gesso lisciato. Al di sopra di questa superficie si tracciano delle linee dirette, formanti una quadratura, dove vanno posizionati i diffusori. Questi si dispongono in seguito ad uno a uno nei vari quadrati, avendo cura che risultino perfettamente allineati ed equidistanti. Il diametro delle sbarre di ferro è determinato dalla portata e dallo spessore della soletta. Vengono disposti i ferri in mezzo allo spazio tra i diffusori. In fine si eseguisce la gettata di cls, avendo cura che i ferri abbiano in ogni parte un involucro di cemento di almeno 5 mm di spessore. Nei lucernari a nervature sporgenti si ricorre a forme in lamiera nelle quali si cola la malta di cemento e sabbia che dal luogo alla nervatura spogente. Le stesse forme hanno anche la funzione di supporto del diffusore piatto durante la presa del cemento. Per togliere le forme si deve attendere che il cemento sia sufficientemente indurito per poter sostenere la struttura. Le applicazioni del vetrocemento si sono estese anche alla costruzione di pannelli e di intere pareti verticali. Queste pareti hanno i seguenti requisti: elevata translucidità, attitudine ad impedire la visibilità; buone qualità di resistenza ed isolamento termo-acustico; attitudine a dar luogo a una buona diffusione della luce. Img. dall’alto: Dal manuali Griffini:

Il progetto di Poretti ha l’obbiettivo di riportare il lucernario a quella astrattezza formale originaria. Gli inefficaci interventi che avevano interessato il lucernario erano sempre stati finalizzati a porre ripari d’urgenza, ad eliminare le infiltrazioni di acqua meteorica e a mitigare le conseguenze dell’effetto serra interno, compromettendo l’originario aspetto sia all’interno che all’esterno. Durante il restauro è stato possibile recuperare le membrature strutturali originarie, non ammalorate, limitando le sostituzionia agli elementi di completamento. L’attenzione si è rivolta maggiormente nelle zone critiche, in corrispondeza delle linee di giunto tra la parete del lucernario e le solette superiori e inferiori. E’ stato previsto un sistema di smaltimento dell’acqua piovana e delle correlazioni con gli altri elementi costruttivi interessanti. -Prima fase ha interessato la rimozione della lamiera ondulata e la sostituzione con una guaina autoprotetta in lamiera di rame; -La seconda fase si è interessatadi inserire nuovi canali di gronda, previsti dietro il graticcio. Inoltre, è stata prevista la rimozione dell’intelaiatura di tubloari di ferro e la sostituzione delle specchiature di vetro opalino del graticcio, con vetri di sicurezza lattescenti. Più cmplesso è stato il risanamento dall’interno che ha previsto lo smontaggio dei pannelli di graticcio e la successiva zincatura a caldo ed il loro rimontaggio slittato di 6 cm per consentire l’occlutamento del canale di gronda retrostante. Questo avrebbe consentito di prolungare la nuova guaina che avrebbe assicurato la protezione rispetto ad eventuali infiltrazioni o perdite di acqua entro l’intercapedine. Successivamente è stato inserito un nuovo controsoffitto e il ripristino dell parete originale: ripartita in tre fasce orizzontali di vetro di sicurezza lattescente.

Costruzione della parete in vetrocemento: 1-Posa dei mattoni-piastrelle. 2-sigillatura dei giunti con gesso. 3-colata della malta di cemento. Costruzione di una soletta in vetrocemento 1-Posa delle sbarre di ferro. 2-LA soletta ultimata con il getto della malta di cemento.

Dsiegni e foto del progetto di restauro effettuati da S. Poretti.

PORTICO - 19


Lucernario Il restauro della Casa del Fascio L’edificio fu realizzato neglli anni 1932-36 dall’architetto G. Terragni, è considerato un vero e proprio manifesto per l’architettura dell’epoca sia per la sua concezione tipologica sia per il suo significato idologico. Si è scelto infatti di utlizzare larghe superfici vetrate, che richiamavano la “trasparenza” del partito fascista. Anche qui come nel Palazzo delle Poste a Roma le scelte progettuali non ancora sperimentatehanno portato a fenomeni di inadeguatezza tecnica. I necessari restauri svolti dalla Sopraintendenza di Milano negli ultimi decenni hanno prodotto un accelerarsi del degrado ad eccezione dei rivestimenti. I restauri si sono concentrati sugli aspetti significativi dell’opera e del suo riuso funzionale: superfici in vetrocemento, avvolgibili, facciate marmoree, bagni. In particolare: Nei manufatti vetrocemntizi del loggiato si sono verificate delle gravi manchevolezza esecutive: - Ossideazione dei ferri e conseguente espulsione del cls. : mancanza di uno scalino che impedisse che la parete verticale fosse ha diretto contatto con l’acqua piovana della copertura. - I serramenti in ferro si sono frantumati in gran parte a causa delle dilatazione dovuti alle ossidazioni e alla escursioni termiche. - Infiltrazioni d’acqua all’interno dei rivestimenti per mancanza di una scossalina per l’acqua.

C Esploso assonometrico. Copertura in vetrocemento, struttura portante.

1933-1936. Casa del Fascio di Como. Salone delle Adunate, al pianterreno. Affresco a sbalzo su lastra di cemento armato. Pianta; viste interne; vista esterna.

LUCERNARIO - 20


Restauro dei Rivestimenti Ufficio Postale di Napoli, G. Vaccaro Foto dell’epoca.

Img. dopo il restauro conservativo

Marmo di Vallestrona

Diorite di Anzola

Consiglio sulla questione dei rivestimenti lapidei. Individuazione dell cause di dissesto delle lastre. Foto prima dei restauri .Distaccamento delle lastre

PORTICO - 17


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