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“REACHING FOR THE STARS”
from Juliet 213
by julietartmag
DA MAURIZIO CATTELAN A LYNETTE YIADOM-BOAKYE
a destra:
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Josh Kline (Filadelfia, 1979, vive a New York)
“Thank you for your years of services (Joann / Lawyer)” 2016, gesso stampato in 3D, inchiostro da stampante, cianoacrilato, schiuma, sacco in polietilene; cm 58,5 x 99 x 71. Photo: Sebastiano Pellion di Persano, courtesy Fondazione Sandretto Re Rebaudengo
A FIRENZE, UNA GRANDE MOSTRA A PALAZZO STROZZI

(CURATA DA ARTURO GALANSINO E CON CHIUSURA PREVISTA PER IL 18 GIUGNO)
Se si pensa alla sterminata produzione creativa degli ultimi decenni nell’ottica di individuare tra le migliaia di artisti in circolazione, ora provenienti in maniera preponderante anche dai cosiddetti Paesi Emergenti, quali passeranno alla storia e per quale motivo, democratizzazione dell’arte dei nostri giorni, a cui hanno contribuito la diffusione dei nuovi media, lo sgretolarsi delle gerarchie di stampo accademico, il pluralismo culturale e l’iper-comunicazione digitale, ha avuto comegressivo venir meno dei punti di riferimento che in precedenza,nitivi, garantivano una griglia strutturale su cui fondare pre-
CELEBRA I TRENTʼANNI DELLA COLLEZIONE
SANDRETTO RE REBAUDENGO lare, in Italia, la cronica carenza di fondi pubblici ha portato a un ulteriore livellamento delle proposte espositive museali che mina alle radici l’intrinseca autorevolezza delle istituzioni, oggi costrette a barcamenarsi tra strategie tour e progetti di ricerca che spesso, per essere fattibili dal punto di vista economico, non riescono a coinvolgere artisti di primo piano, mentre anche la progressione di carriera dei giovani emergenti è in gran parte lasciata al loro individuale spirito d’iniziativa. Chi conta davvero è dunque un elitario manipolo di collezionisti e mega gallerie di taglia globale che, al contrario dei musei, hanno a disposizione budget praticamente illimitati. Come rilevava già nel 2013 un celebre articolo di Jerry Saltz sul New York Magazine, questo predominio di pochi e potentissimi privati ha azzerato il dibattito, perché tali soggetti, invece che implementare la ricerca e analizzarne sopra: Lara
Favaretto (Treviso, 1973, vive a Torino)
“Gummo V” 2012, lastre di ferro, motori, spazzole da autolavaggio, quadro elettrico, cavi elettrici; cm 250 x 500 x 190. Photo Sebastiano Pellion di Persano, courtesy
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo nella pagina a fianco:
Goshka Macuga (Varsavia, 1967, vive a Londra)
“Gonogo” 2023, h 15 m ca, installazione per il cortile di Palazzo Strozzi, in occasione della mostra “Reaching for the Stars”, 4/3-18/6/2023.
Photo Ela
Bialkowska / OKNO studio, courtesy Palazzo Strozzi a destra: Michael
Armitage (Nairobi, 1984, vive tra Nairobi e Londra)

“Mangroves Dip” 2015, olio su tela lubugo; cm 221 x 170,2. Ph courtesy
Fondazione
Sandretto Re Rebaudengo dal punto di vista storico-critico i risultati come dovrebbero fare i musei, decretano l’iperbolico successo di artisti che raramente vengono seguiti altre gallerie quando sono già nel pieno della loro carriera. In questo panorama confuso e poco ras -
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, che celebra i suoi trent’anni di attività con una grande mostra a Palazzo Strozzi, curata da Arturo Galansino, - tina. Reaching for the Stars. Da Maurizio Cattelan a Lynette Yiadom-Boakye è una spettacolare mostra collettiva che ripercorre l’avventura collezionistica la linea di continuità tra l’operato dei fondatori, Patrizia Sandretto Re Rebaudengo e il marito - volti nello sviluppo del progetto. L’attività della Fondazione è esemplare non solo per la qualità del collezionismo che rappresenta, ma soprattutto per il suo illuminato mecenatismo nel commissionare opere agli artisti emergenti su cui scommette, per l’impegno nel formare giovani curatori e per la volontà di condividere con il pubblico gli esiti di questi investimenti. La collezione, nata negli anni di approfondire le istanze della contemporaneità attraverso l’arte ed è cresciuta nel tempo mediante un costante dialogo con artisti, galleristi e altri collezionisti, privilegiando il rapporto con inter - al presente ha portato sempre più la Fondazione a ricoprire un ruolo pubblico, per l’incisivo contributo nel provare a mettere le basi per strutturare un sistema dell’arte che è attualmente ancora molto debole in Italia. La mostra ripercorre le tappe del percorso di collaborazioni e di legami che hanno formato la collezione attraverso nove sezioni crono-tematiche, in cui settanta opere dei più importanti artisti contemporanei italiani e internazionali (in bilanciata presenza tra pittura, scultura, installazione, fotografia, video e performance) tità culturale, ecologia, decolonizzazione, disagio digitale, corpo, narrazione critica della storia, per nominarne alcune. L’impegno a continuare a orientare la collezione verso obiettivi ampi viene in quest’occasione sancito dalla commissione a Goshka Macuga del monumentale razzo che, posizionato nel cortile di Palazzo Strozzi, troverà la sua colloca-

Fondazione Re Rebaudengo dopo Torino e Guarene. Le stelle verso cui sembra in attesa di venir lanciato il missile, pur nella sua elusiva modo di incontrare all’interno, che vengono a questo modo proposti come punti fermi del panorama presente e futuro. Questi sono i nomi, che vale la pena citare estesamente per sottolineare l’ipotesi di sistematizzazione storico-critica sottesa alla presentazione di tale selezione. In ordine (quasi) di apparizione: Ian Cheng, Damien Hirst, Anish Kapoor, Glenn Brown, Rosemarie Trockel, Katharina Fritsch, Isa Genzken, Cerith Wyn Evans, David Medalla, Rudolf Stingel, Maurizio Cattelan, Vanessa Beecroft, Paola Pivi, Lara Favaretto, Cindy Sherman, Pawel Althamer, Shirin Neshat, Sherrie Levine, Barbara Kruger, Josh Kline, Jeff Wall, Thomas Ruff, Thomas Struth, Andreas Gursky, Charles Ray, Sarah Lucas, Lynette Yiadom-Boakye, Rojas, Giulia Cenci, Albert Oehlen, Tauba Auerbach, Wade Guyton, Sanya Kantarovsky, Thomas Schütte, Wolfgang Tillmans, Cecily Brown, Douglas Gordon & Philippe Parreno, Cady Noland, Fiona Tan, Ragnar Kjartansson, William Kentridge, Wael Shawky, Doug Aitken, quasi tutti i casi di opere importanti, eloquenti anche come pezzo l’origine, cosa che non è scontato riscontrare con la stessa omogeneità qualitativa, soprattutto per certe tipologie di media, nemmeno nelle grandi esposizioni museali. Il suggerimento per la visita è quello di prendersi tempi lenti, pausati come quelli suggeriti dalla successione innescate con la stessa passione con cui sono state scelte e in alcuni casi commissionate. Da un punto di vista più strettamente documentativo, inoltre, la mostra offre anche a un pubblico più allargato la possibilità di intuire direzioni e gerarchie dell’arte contemporanea degli ultimi decenni, facendo il punto su quello che a una certa unanimità si candida per entrare a pieno titolo nella storia dell’arte. Sarà interessante, a distanza di anni, scoprire quali e quante di queste intuizioni raggiungeranno quest’obiettivo, ma senza dubbio la rassegna mette a disposizione una ragionata panoramica (che ovviamente non ha la pretesa di essere che ha rilievo ora nella scena dell’arte. Con l’auspicio che sempre più il collezionismo esca dalla dimensione privata e segreta dei depositi inaccessibili per aprirsi all’interazione con l’esterno, si tratta sicuramente di una mostra da vedere e su cui ragionare a più livelli.