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PIERO GILARDI
from Juliet 213
by julietartmag
TRA NATURA E ARTIFICIO di Roberto Vidali
Nella poetica di Piero Gilardi l’idea dei tappeti natura ha preso consistenza nel 1964, come deduzione tratta dal progetto delle “Macchine per il futuro” (mostra realizzata alla galleria l’Immagine di Torino, nel 1963). In seguito, la definizione di “Tappeto natura” verrà usata, per la prima volta nel 1966, nella scheda di presentazione per la sua personale da Gian Enzo Sperone, a Torino. Un breve passo riportato qui di seguito è la testimonianza puntuale del pensiero che sta alla base di queste opere e che diventeranno il marchio indelebile del lavoro di Piero Gilardi: «Spero di poter riunire, un giorno, tutti i tappeti che sto realizzando, in un luogo largo e piano, racchiuso da una cupola opalescente: in quell’ambiente rarefatto l’immagine di ogni tappeto comincerà a dilatarsi e deformarsi secondo un ritmo organico incomprensibile ma accettabile... L’effetto è di una natura artificiale in cui le sorprese e i misteri della natura vera stimolano il cervello ma si flettono elementarmente sotto i piedi». Ecco perché questi tappeti sono il sigillo del suo impegno artistico, etico, ecologico e politico: sono stati il primo tassello del suo sogno di una natura ideale, incontaminata e ricreata attraverso un materiale artificiale come il poliuretano espanso, a cui l’autore
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Piero Gilardi “Massolo” 1968, multiplo di design realizzato per GUFRAM Production, Torino. Foto courtesy Fondazione Centro Studi Piero Gilardi (tipica contraddizione tra la parola ’porfido’ e la leggerezza del poliuretano, ma indica anche un bordeggiare su alcuni aspetti concettuali dell’Arte Povera)
SEPARARE LʼARTE DALLA VITA EQUIVALE A FONDERLE. È QUESTO LʼASSUNTO DI PIERO GILARDI E CHE POSSIAMO PORTARE INCASTONATO NEL NOSTRO CUORE COME UN SIGILLO SINTETICO DEL SUO PENSIERO dà forma mediante la tecnica dell’intaglio. La leggerezza del poliuretano contro la pesantezza del marmo, della creta, del legno, fa la sostanziale differenza e di certo dà a queste opere anche tratti a volte ironici e allegri. L’intento dell’artista all’epoca era quello di realizzare dei veri «oggetti estetici fruibili» che potessero superare la cesura tra arte e tecnologia, natura e artificio, corpo e mondo: soffici tappeti dove fosse possibile camminare e coricarsi, per riuscire a vivere un’esperienza multisensoriale. La realizzazione di quell’intento ideale spetta ora a chi vorrà sostenere la sua memoria, poiché Piero Gilardi purtroppo è morto il 5 marzo 2023, all’età di 80 anni. Certo, di progetti questo grande idealista ne ha realizzati e sostenuti tanti altri, sviluppando la sua vita non solo nel cono radioso dei suoi principi estetici, ma anche nel credo di comportamenti etici a sostegno di battaglie sia politiche e sia civili, come la partecipazione alla campagna “No TAV” e il rifiuto di qualsiasi dogmatismo o chiusura dottrinaria. L’apice di questo percorso è stato raggiunto infine con l’apertura del PAV (Parco Arte Vivente), a Torino nel 2008, ma la cui idea
Manifestazione “No Tav” dell’8 dic 2005 a Venaus. La partecipazione di Piero Gilardi si concretizza con il GolemBruco che si vede a sinistra. Foto courtesy Fondazione Centro Studi Piero Gilardi (questa immagine è la concreta testimonianza di una delle tante partecipazioni di Piero Gilardi alla prassi politica per mezzo di un credo estetico) primigenia aveva preso corpo già nel 2002. Tuttavia, va sottolineato che questa struttura non è stata progettata per essere un mero contenitore d’arte ma per crescere come un ambiente ibrido e organico, nel quale gli spazi, gli oggetti e i processi artistici si armonizzano in modo naturale . Nelle parole del suo ideatore, Piero Gilardi, il PAV è stato definito «un parco d’ecologia ambientale, sociale e mentale, capace di coinvolgere gli artisti contemporanei attraverso il suo funzionamento e il sostegno alle loro ricerche di forme innovative, in tutti i campi: un modello di sviluppo sostenibile e durevole». Ecco perché la cifra stilistica dei “Tappeti natura”, questa sorta di natura idealizzata e riquadrata, non è un semplice elemento formale, ma è un eterno ritorno e un substrato filosofico, quasi in uno stream of consciuosness di stampo etico posto su ogni scelta o comportamento della sua vita e di cui il PAV ne è il coronamento. Dall’idea esplicitata con l’intuizione dell’uso di un materiale innovativo e antitradizionale, si arriva alla convinzione che quella natura edenica, quel mondo trasognato, quasi edulcorato e idealizzato, va poi a scontrarsi con la deriva di un sistema che non accoglie la vita, ma la ostacola, la sconfigge, la sottomette. Il compito immane è superare non solo la presuntuosa concezione dell’uomo come centro dell’universo, ma anche come essere separato dal bios complessivo, in modo da poter accettare la pluralità e la diversità.


Nel pensiero dell’autore la coscienza vigile segna la differenza tra il prima e il dopo, tra un mondo antropocentrico e una realtà dialogante, tra una forma statica e una interattiva. A tale proposito è bene ricordare Inverosimile , la vigna interattiva e profumata, corredata da effetti sono/visivi, proposta nel 1990 a Volpaia e nel 1991 da Sperone-Westwater, a New York. Tuttavia, già nella versione del 1989 del progetto “Ixiana” prevedeva già una postazione di realtà virtuale, mentre nell’opera “Banano danzante”, dello stesso anno ed esposto, a Milano, da Franco Toselli, la soluzione tecnica era ancora sviluppata con parti meccanico/elettroniche. Il tutto a testimonianza di un flusso lento e progressivo di un progetto che via via diviene sempre più coinvolgente e avvolgente: la pelle dell’opera rimane quella del poliuretano ma la tecnica vi entra di prepotenza, con il fine di trasformare una situazione statica in azione dinamica. L’interattività è data dal dialogo tra le parti in causa: un’arte del pensiero e dell’accoglienza, biologia e dell’informatica. A questo punto possiamo affermare che Gilardi ha praticato i principi dell’arte relazionale (una filosofia estetica teorizzata da Nicolas Bourriaud), sebbene si debbano cercare le radici più profonde del suo agire nel situazionismo del secondo dopoguerra o, più in generale, nella fusione di arte e vita, teorizzata anche nel suo libro “Dall’arte alla vita dalla vita all’arte” (Prints Etc., 1982). Nel libro si riprende uno slogan che faceva riferimento a un preciso impegno politico e da un grande idealismo estetico proprio degli anni Sessanta, quasi che l’arte di Piero fosse destinata a divenire negli anni futuri una “Sforzinda” idealizzata, un immenso “Tappeto natura” oppure un PAV amplificato ben oltre i confini segnati dal territorio di appartenenza.

Piero Gilardi “Ambiente di montagna” 1969, environment realizzato nell’Hotel 5 etoile di La Flaine, in collaborazione con Marcel Breuer. Foto courtesy Fondazione Centro Studi Piero Gilardi (esempio tipico di un “Tappeto natura” portato a estensione ambientale)
Piero Gilardi “Visibileinvisibile”
6 set 2008, installazione open air, “Transbionica 08, VSL - Verein Symposion Lindabrunn, sagoma di un aereo Stealth, tronchi secchi, bruciatura del perimetro, piante rampicanti, courtesy Fondazione Centro Studi Piero Gilardi. (in questo caso il contrasto è non solo cromatico, ma anche dicotomico: morte e rinascita, nero e verde)
“Out of Hollwness” 2017, elementi vari tra cui tartaruga in resina, armatura di acciaio, maschera in legno polinesiano, piume, filo, lino, seta, gocce d’ambra, cipree, perline e perle, cm 323 x 473 x 90, Art Basel 2018, stand Galerie Nathalie Obadia, Parigi/Bruxelles. Foto di Luciano Marucci, courtesy l’Artista e Nathalie Obadia
