Kaire 20 anno III

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Il settimanale di informazione della Chiesa di Ischia ANNO 3 | numero 20 | 14 maggio 2016 | E 1,00

“Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – 70% Aut: 1025/ATSUD/NA”

DONARSI AI PIU’ PICCOLI GRATUITAMENTE Una domenica trascorsa presso l’orfanotrofio delle Suore “Discepole di S. Teresa del Bambino Gesù” a Casamicciola. Un momento di affetto e tenerezza per i bambini che vivono nell’orfanotrofio gestito da Suor Edda e dalle altre sorelle. A pag 2 e 3 EDITORIALE DEL DIRETTORE

W il gioco…

ma senza azzardo Di Lorenzo Russo

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on si può far finta della gravità della situazione. L’azzardo piano piano sta mettendo in crisi centinaia di famiglie sulla nostra isola. Da questo giornale abbiamo speso tante ma tante parole per sensibilizzare i nostri amministratori e tutti voi, cari lettori, sul problema, sulla piaga del gioco d’azzardo. Ma di certo non ci fermeremo qui! Sabato 7 maggio sulla nostra isola e in altre 60 piazze italiane c’è stato lo Slot Mob, un momento di festa per premiare i bar - nel nostro caso i tre bar su piazza Antica Reggia al porto d’Ischia – che hanno deciso di non avere nei propri spazi le slot machine. Diamo alcune cifre: nel 2014 sono stati spesi 84 miliardi nel gioco, di cui 25 miliardi per le slot (sono 378mila che legali sul territorio italiano) e 22 miliardi per le macchinette Vlt (sono circa 150mila: ammettono giocate più alte con il miraggio di jackpot milionari). E, in media, ogni singola macchinetta offre ai gestori di bar e tabaccherie un ricavo di circa 1000 euro al mese. Oggi, in Italia, sta spopolando l’azzardo online. Solo nel 2015, per fare un esempio, sono stati spesi 821 milioni di euro nel gioco online. La

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GUERRA ALLE SLOT Basta con l’azzardo, un affare di Stato che rovina intere famiglie. In oltre 60 piazze in Italia gli Slot Mob. Anche ad Ischia in piazza Antica Reggia la festa ai tre bar che hanno aderito all’iniziativa. Sull’isola il primo SPORTELLO D’ASCOLTO per i giocatori anonimi che vogliono uscire dalla piaga del gioco d’azzardo.

POLITICA & SOCIETà

LA STORIA SIAMO NOI

TELETHON TORNA IN PIAZZA

PARROCCHIE

Le unioni civili sono legge dello stato italiano. La scelta del voto di fiducia lascia l’amaro in bocca. Quali le novità?

Il ricordo dei giochi di una volta, quando non esisteva la tecnologia. Giochi che ancora oggi possiamo riscoprire in parrocchia.

Al via la campagna di primavera per raccogliere fondi per la ricerca. Sabato 21 e domenica 22 maggio il banchetto a Piazza degli Eroi.

Il grido che riunisce testaccesi ed argentini: viva san Giorgio! La delegazione da Mar Del Plata sull’isola.


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Primo Piano 14 maggio 2016

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I migliori professionisti? I bambini Una domenica trascorsa presso l’orfanotrofio delle Suore “Discepole di S. Teresa del Bambino Gesù” a Casamicciola. Un momento di affetto e tenerezza per i bambini che vivono nella struttura. Tanta l’allegria grazie alla professionalità degli animatori Abracadabra. Di O. F. S. Ischia, Convento di Sant’Antonio

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adre Teresa di Calcutta si è così espressa nei confronti dei bambini, e lei ne ha avute di esperienze nell’assistere quelli affamati, malati, soli e abbandonati; i bambini sono ottimi professionisti nell’elargire gioia, affetto, sorrisi, talvolta lacrime, sanno attirare l’attenzione e il cuore di coloro che li curano, li fanno sentire importanti, li accolgono con amore, riempiono la loro solitudine, asciugano le loro lacrime. Tanti bambini nel mondo stanno sopportando e soffrendo le terribili conseguenze delle guerre, delle fughe dalla terra di origine, della ricerca di un nuovo paese dove crescere in pace e dove spesso nemmeno riescono ad arrivare. Ha commosso moltissimo il pianto della bambina che si è gettata piangente ai piedi di Papa Francesco, nella visita da lui fatta ad un campo di profughi in Grecia qualche giorno fa: -un viaggio triste- lo ha definito, triste per la grande disperazione, il dolore e le lacrime che ha visto sui volti degli adulti ma soprattutto dei piccoli. Ci siamo mai chiesti “Quanto pesa una lacrima? Dipende: la lacrima di un bambino capriccioso pesa meno del vento, quella di un bambino affamato pesa più di tutta la terra”, ci risponde con sincerità l’autore italiano di racconti, filastrocche e poesie per bambini Gianni Rodari. Domenica 24 aprile, come ogni anno, siamo stati accolti presso le Suore “Discepole di S. Teresa del Bambino Gesù” a Casamicciola, dai bambini “professionisti” della gioia, dei sorrisi, della tenerezza e da qualche lacrimuccia, subito asciugata, dei bambini più piccoli della

Il settimanale di informazione della Chiesa di Ischia Proprietario ed editore COOPERATIVA SOCIALE KAIROS ONLUS

scuola dell’infanzia (un dentino che sta spuntando? o un fastidioso raffreddore?) e dalla sorpresa di quelli più grandi accolti presso la struttura. Come tutti gli anni ci hanno circondato con la loro innocenza e gioia di vivere; ci hanno coinvolto nei loro giochi, aiutati da animatori e maghi, facendoci tornare piccoli come loro; come ottimi padroni di casa ci hanno mostrato le aule dove giocano e studiano, i più piccoli ci hanno teso le braccine per sentire da vicino il calore dell’affetto e farsi coccolare. A tavola poi è stata una grande festa perché essere in tanti davanti a tante cose buone da mangiare non capita sempre. Rimboccarci le maniche e aiutare le attivissime e carissime suore per ri-

Via delle Terme 76/R - 80077 Ischia Codice fiscale e P.Iva: 04243591213 Rea CCIAA 680555 - Prefettura di Napoli nr.11219 del 05/03/2003 Albo Nazionale Società Cooperative Nr.A715936 del 24/03/05 Sezione Cooperative a Mutualità Prevalente Categoria Cooperative Sociali Tel. 0813334228 Fax 081981342 info@kairosonline.it pec: posta.kairos@pec.it Registrazione al Tribunale di Napoli con il n. 8 del 07/02/ 2014

pulire il tutto è stata anche l’occasione di allegre chiacchere: chissà perché lavare i piatti e riordinare nelle nostre case ci pesa tanto… forse perché fare qualcosa per gli altri ridimensiona il nostro egoismo, ci apre il cuore, sapendo che la gioia di quel poco che abbiamo fatto per tutti loro ci torna indietro sotto forma di felicità per aver dato, come amore moltiplicato per cento La stessa sensazione è sicuramente quella provata da chi ha preparato e donato il pranzo speciale della domenica per tutta la comunità, gesto che si ripete da anni e che, fatto con cuore sincero e disinteressato verso i bambini e le pazienti suore che li accolgono avrà riempito anche il loro cuore: i Ristoratori di “Bella

Direttore responsabile: Dott. Lorenzo Russo direttorekaire@chiesaischia.it @russolorenzo Direttore Ufficio Diocesano di Ischia per le Comunicazioni Sociali: Don Carlo Candido direttoreucs@chiesaischia.it Progettazione e impaginazione: Gaetano Patalano per Cooperativa Sociale Kairos Onlus

Napoli” a Forio, “I Ricci” e gli Artigiani della Gelateria Di Maio “F.lli Cavaliere” ad Ischia. Siamo grati alla madre Responsabile Sr. Edda e a Sr. Alice, Sr. Yasinta, Sr. Noeline, Sr. Goretti, Sr. Eva, per l’accoglienza che ci hanno offerto; stare con i loro bambini come sempre ha arricchito noi più di quanto abbiamo dato loro; per un giorno ci siamo sentiti “piccoli” anche noi, ci siamo lasciati guidare dal “bambino” che siamo stati, abbiamo dimenticato le preoccupazioni, i problemi e le ansie quotidiane e “quando un uomo ha grossi problemi dovrebbe rivolgersi ad un bambino; sono loro, in un modo o nell’altro, a possedere il sogno e la libertà”. (Dostoewskij)

Redazione: Via delle Terme 76/R - 80077 Ischia kaire@chiesaischia.it | @chiesaischia facebook.com/chiesaischia @lagnesepietro Tipografia: Centro Offset Meridionale srl Via Nuova Poggioreale nr.7 - 80100 Napoli (NA) Per inserzioni promozionali e contributi: Tel. 0813334228 Fax 081981342 oppure per e-mail: info@kairosonline.it

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Primo Piano

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Donarsi agli altri gratuitamente con il proprio lavoro L’esperienza dell’associazione Abracadabra, che da quindici anni opera sul territorio di Ischia e Procida nel settore dell’animazione per bambini, dedicandosi anche ad esperienze di solidarietà e volontariato. Il racconto degli animatori Irene e Marco che hanno partecipato alla domenica di solidarietà presso l’orfanotrofio di Casamicciola Terme.

Irene: “Da un po’ di anni come associazione di animazione ci impegniamo ad “inserire in agenda” oltre alle feste, anche eventi di volontariato e beneficenza. L’esperienza è sempre quella che si pensa di donare agli altri, ma la logica si stravolge perché torni sempre a casa arricchito e pieno tu di tanti doni quali a volte anche solo un sorriso, un grazie, o l’entusiasmo e la partecipazione di quel bambino che all’inizio stava seduto nell’angolino e non voleva giocare. Anche all’orfanotrofio è stato così. Abbiamo condiviso la mattinata con tanti bambini: tanti colori, tante età ma un solo fine: divertirsi stando insieme. Negli occhi di alcuni bambini si vedevano ferite più grandi, ma con il gioco siamo tutti uguali. Il mago poi ha conquistato tutti con i suoi trucchi di magia ed alcuni bambini con le bocche aperte non riuscivano a spiegarsi il perchè di quel fazzoletto sparito. Grazie alle suore e a chi ha organizzato questo momento che ci ha permesso di sperimentare la gioia nella gratuità e nella semplicità dei bambini”. Marco: “mi sono reso conto che lavorare “non per lavoro”, non è proprio semplice! Fare un’esperienza del genere con dei bambini (con esigenze diverse rispetto agli altri a cui siamo abituati) ti aiuta a uscire completamente da quello che è il tuo punto di vista, sono loro che conducono il gioco... essere lì con loro significava essere pronti a tutto, rispondere alle loro necessità, anche stare con loro un’ora in più del previsto... con enorme piacere però: sentivamo proprio l’esigenza di accompagnarli fino al pranzo”!


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Santi Patroni 14 maggio 2016

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Il clero riunito nella basilica di Santa Restituta Il 10 Maggio la Chiesa di Ischia si ritrova per la celebrazione della Santa Messa a Lacco Ameno presieduta dal nostro vescovo S. Ecc.za. Pietro Lagnese.

Di Mena Alvi

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l vescovo nell’omelia ha asserito che la parola è rivolta a tutti, compreso il clero presente della nostra diocesi. La prima lettura racconta l’esperienza di Paolo, il vangelo secondo G.v. ci racconta del maestro, Gesù alzando gli occhi al cielo rivolge al Padre una preghiera sacerdotale sottolineando che non c’è cosa più importante che conoscere il Padre ed il Figlio Gesù Cristo e così dare voce a Cristo, l’unico mediatore, colui che prega per noi. E’ giunta l’ora per Gesù, il momen-

to di lasciare i suoi, egli ha sempre saputo qual era la sua missione e ora li affida al Padre. Essi dovranno continuare l’opera di Lui iniziata in modo che essi possano avere la vita eterna. “Questa mattina Gesù - dice sua eccellenza - è tanto buono di affidarci altri fratelli in modo che tutta la diocesi possa accogliere la parola di Dio, l’obiettivo è la santità per tutti”. Una volta, disse il parroco Don Gioacchino, “Siamo candidati per il cielo”. Il testo degli Atti degli Apostoli è definito il testamento di Paolo, egli

sta per tornare a Gerusalemme e sa che la sua corsa sta per finire ed è per questo che da Mileto egli mandò a chiamare ad Efeso gli anziani della chiesa. Paolo racconta che è stato fedele in tutto anche nelle prove e non si è mai tirato indietro, sua eccellenza continua dicendo che Paolo non ha mai agito da mercenario, ha solo testimoniato Gesù ai greci e ai Giudei. “Fratelli, possiamo dire che abbiamo fatto o che faremo come Paolo? L’annuncio del Vangelo ci permette di segnare vie nuove, Paolo va co-

Donne diacono, il Papa: «da studiare» Papa Francesco ha annunciato l’intenzione di istituire una Commissione di studio sul diaconato femminile nella Chiesa primitiva ritenendo che le donne diacone sono “una possibilità per oggi

Roma. Il diaconato è il primo grado dell’ordine sacro, seguito dal sacerdozio e dall’episcopato. I diaconi possono amministrare alcuni sacramenti tra i quali il battesimo e il matrimonio. Al Sinodo si era parlato di questo tema con l’intervento del reverendo Jeremias Schroder, arciabate presidente della Congregazione benedettina di sant’Ottiliain. Il diaconato è il primo grado di consacrazione “ufficiale” che precede l’ammissione al sacerdozio e nelle prime comunità cristiane era aperto anche alle donne. È significativo che Papa Francesco abbia scelto l’incontro del 12 maggio nell’Aula Nervi con circa 900 superiore generali degli istituti religiosi femminili per affrontare questo tema così decisivo. Le religiose gli hanno chiesto, nel corso di una sessione di domande e risposte perchè la Chiesa esclude le donne dal servire come diaconi. E una ha aggiunto:

“Perchè non costruire una commissione ufficiale che potrebbe studiare la domanda?”. Il Papa ha risposto che aveva parlato della questione una volta qualche anno fa con un “buon, saggio professore”, che aveva studiato l’uso delle diaconesse nei primi secoli della Chiesa e gli ha aveva detto che ancora non è del tutto chiaro quale ruolo avessero. E soprattutto se “avevano l’ordinazione o no? “È rimasto un po’ oscuro quale fossero ruolo e statuto delle diaconessae in quel momento”. “Costituire una commissione ufficiale potrebbe studiare la questione?”, si è chiesto il Papa ad alta voce. E poi si è risposto: “Credo di sì. Sarebbe fare il bene della Chiesa di chiarire questo punto. Sono d’accordo. Io parlerò per fare qualcosa di simile. Accetto la proposta. Sembra utile per me avere una Commissione che chiarisca bene”.

stretto dal vangelo a Gerusalemme senza sapere cosa gli accadrà, egli parla come un pastore, non ha fatto altro che insegnare con autorità per dare testimonianza di se stesso”. Il vescovo inoltre ricorda la nostra santa patrona che per disegno di Dio raggiunse l’isola. “Ella seppe testimoniare la sua fede solo dalla forza che deriva dal vangelo di Gesù. Noi possiamo e dobbiamo avere tanta fede come Santa Restituta” ha concluso padre Pietro. Giovan Giuseppe Lubrano

PREGHIERA GIOVANE VENERDì 20 MAGGIO IN CATTEDRALE ALLE ORE 20:30 C’E’ LA CONSUETA PREGHIERA GIOVANE CON IL VESCOVO PIETRO

TANTI AUGURI A Don Vincenzo Fiorentino nato il 15 maggio 1930 Don Raffaele Di Costanzo nato il 18 maggio 1942


Politica & Società

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SÌ DEFINITIVO

Le unioni civili sono legge dello stato italiano Di Stefano De Martis

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a nuova legge regolamenta le unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina le convivenze di fatto. Nel primo caso l’unione viene definita come “specifica formazione sociale” per differenziarla lessicalmente dal matrimonio civile, anche se poi tutta la disciplina è sostanzialmente costruita in analogia con quest’ultimo. Per “conviventi di fatto” si intendono “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile” “Un compromesso al ribasso”. Così il presidente emerito della Corte costituzionale, Cesare Mirabelli, ha definito la nuova legge che regolamenta le unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina le convivenze, come recita il titolo completo del provvedimento, approvato l’11 maggio a Montecitorio con 372 voti a favore, 51 contrari e 99 astenuti. Una normativa che è stata oggetto di critiche, da parte cattolica e non solo, sia per quanto riguarda il contenuto che per il metodo dell’approvazione a colpi di “fiducia”. Numerosi giuristi, di diverso orientamento, hanno colto decine di problemi tecnici che forse si sarebbero potuti evitare con un dibattito più approfondito e meno incalzato dall’urgenza del risultato politico. Vediamo comunque gli aspetti principali della legge, cominciando da quelli relativi alle unioni civili tra persone omosessuali, contenuti nella prima parte del testo. Al punto 1 si definisce l’unione come “specifica formazione sociale” per differenziarla lessicalmente dal matrimonio civile, anche se poi tutta la disciplina è sostanzialmente costruita in analogia con quest’ultimo. A cominciare dal rito, una “dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni”. L’ufficiale dello stato civile provvede a registrare l’atto. Le parti – precisa la legge dopo aver elencato le potenziali cause di nullità – possono stabilire di assumere un cognome comune per la durata dell’unione, scegliendolo tra i loro cognomi, e ciascuna parte può anteporre o posporre anche il proprio cognome a quello comune. Per mettere fine all’unione è sufficiente che le parti, anche disgiuntamente, dichiarino la volontà di scioglimento davanti all’ufficiale di stato civile. Dall’unione civile deriva l’obbli-

La scelta del voto di fiducia lascia l’amaro in bocca.

go reciproco all’assistenza morale e alla coabitazione, non quello della fedeltà che pure compariva in un primo testo. “Entrambe la parti – recita ancora la legge – sono tenute, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni comuni”. Le stesse parti “concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza comune”. Qui il riferimento alla famiglia è esplicito e non a caso si tratta di un altro dei punti più controversi. Salvo diversa decisione, il regime patrimoniale è quello della comunione dei beni. Per altri aspetti economici, come la pensione di reversibilità e la successione, valgono in pratica le

norme previste dal codice civile per il matrimonio. Del resto, al punto 20, si stabilisce che le disposizioni che si riferiscono al matrimonio o in cui compaiono le parole “coniuge”, “coniugi” o equivalenti, si applicano anche a ciascuna delle parti dell’unione civile. E ciò vale per tutti gli atti normativi, dalle leggi ai regolamenti amministrativi e ai contratti collettivi. Viene esclusa la legge sulle adozioni e quindi la cosiddetta stepchild adoption (l’adozione del figlio del partner) anche se resta valida la possibilità che i giudici decidano caso per caso come avviene già ora, ma potendo comunque tener conto del nuovo istituto dell’unione civile nella valuta-

zione delle situazioni particolari. A partire dal punto 26 la legge si occupa dei “conviventi di fatto” intendendo con questa espressione “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile”. Ai conviventi vengono riconosciuti gli stessi diritti del coniuge previsti dall’ordinamento penitenziario, quelli relativi alla malattia o al ricovero e, in caso di morte, alle decisioni relative alla donazione degli organi, al trattamento del corpo e ai funerali. Sempre in caso di morte di uno dei conviventi, se il deceduto era il proprietario della casa di comune di residenza, il superstite ha diritto ad abitare nella stessa casa per due anni o per un periodo superiore pari alla durata della convivenza e comunque non oltre i cinque anni. Nel caso di figli minori o disabili, il diritto di abitazione non può essere inferiore a tre anni. Il convivente superstite ha anche la facoltà di subentrare in un eventuale contratto di locazione. Le coppie di fatto partecipano all’assegnazione di case popolari allo stesso titolo delle coppie coniugate. I due partner di una coppia di fatto possono regolare i rapporti patrimoniali mediante un “contratto di convivenza” in forma scritta, presso un notaio o un avvocato. Tale contratto può contenere l’indicazione della residenza, le modalità di contribuzione alla vita comune, il regime della comunione dei beni. Il suo scioglimento può avvenire per accordo tra i conviventi, per il recesso unilaterale di uno di essi, oppure per matrimonio o unione civile tra i due o di uno con altra persona, oltre che in caso di decesso. In caso di scioglimento, se uno dei conviventi non è in grado di provvedere al proprio mantenimento, il giudice può stabilire che l’altro versi un assegno di mantenimento per un periodo proporzionale alla durata della convivenza.


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Attualità 14 maggio 2016

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SLOTMOB AD ISCHIA Continua da pag. 1 fascia più interessata dal fenomeno è quella tra i 40 e i 50 anni, anche se si sta diffondendo tra i più giovani. Purtroppo siamo un po’ tutti giocatori d’azzardo (chi non ha mai preso un gratta e vinci?) e anche per questo motivo non riteniamo possibile che una persona possa perdere il controllo… Risulta però necessario fornire un’informazione corretta e proporre iniziative per conoscere il fenomeno sommerso e pericoloso. Poi la speranza è che il Parlamento legiferi sulla pubblicità, perché oggi passa in continuazione un messaggio molto edulcorato del gioco d’azzardo. Ecco perché è importante scendere in piazza, sensibilizzare la politica, importare sul nostro territorio esempi, come il comune di Anacapri che ha fortemente voluto dare un regolamento contro l’azzardo. Ma l’evento del 7 maggio ad Ischia non si fermerà qui. Abbiamo segnato una tappa storica, perché 20 associazioni (alcune già raggruppate nel Forum del terzo settore di Ischia e Procida) hanno voluto fare rete, hanno voluto unirsi contro la piaga dell’azzardo. E così finalmente anche sulla nostra isola apre uno sportello d’ascolto per i giocatori che vogliono smettere ma non riescono a farlo da soli. Il progetto nasce proprio dal terzo settore isolano, il mondo dell’associazionismo che va a colmare vuoti amministrativi e politici che non possono o non riescono a raggiungere determinati obiettivi. Lo scopo è quello di percorrere tre piste: la prima riguarda la sensibilizzazione e l’informazione, per aggiornare i cittadini sul problema. La seconda pista agirà in dialogo con la pubblica amministrazione affinché si adottino delle procedure già messe in pratica in Italia nei vari comuni virtuosi (es. Anacapri). La terza pista è rivolta invece a coloro che vogliono uscire dalla piaga dell’azzardo ma non sanno come fare. E così nasce il centro d’ascolto in collaborazione con il gruppo isolano giocatori anonimi. Sarà ubicato ad Ischia Ponte presso la parrocchia di don Carlo Candido che da anni è al fianco di tante persone in difficoltà e ha avviato dialoghi con l’associazione Giocatori anonimi di Napoli. Per maggiori informazioni contattate la redazione Kaire: kaire@chiesaischia.it Lorenzo Russo

L’unione fa la forza! Dalla redazione

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irca sessantacinque città italiane collegate da un unico filo rosso sono riuscite ad unirsi sabato 7 maggio per sensibilizzare ed approfondire il grave problema del gioco d’azzardo compulsivo. I tanti organizzatori che lungo lo stivale si sono raccordati in una rete solidale che portò già nel 2014 alla raccolta di oltre 93 mila firme per una proposta di legge d’iniziativa popolare. Legge ancora al vaglio del Parlamento dopo che il comitato nazionale No Slot consegnò simbolicamente nelle mani della Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, pacchi e pacchi di sottoscrizioni. Questa volta i numerosi volontari, e fra questi anche alcuni membri del gruppo dei Giocatori Anonimi, hanno avuto come obiettivo il sollecitare il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a sensibilizzare le Camere per concretizzare una legge che possa limitare il gioco d’azzardo e prevedere che il gioco stesso non sia lasciato alla gestione sregolata di privati. Il problema della dipendenza da gioco, già divenuto vera e propria emergenza sanitaria, si auspichi rientri presto nell’interesse del Ministero della Salute. Ovviamente la gravità della problematica non lascia immune la nostra isola, e le statistiche da paura dello scorso anno parlano di un chiaro impoverimento di popolazione locale e di quei turisti che da casa, fin sui traghetti, e a volte anche in albergo, vengono accompagnati anche in vacanza da quei suoni e rumori diabolici che caratterizzano una palese dipendenza. Alla luce dell’impegno di diversi volontari già dal 2013 con il primo slotmob isolano ad Ischia Ponte (il 16° in Italia), col Forum delle Associazioni del terzo settore, anche altre sigle di associazioni di promozione sociale, culturale, Fondazioni e il banco alimentare di Ischia hanno voluto fortemente prendere parte alla giornata nazionale prevedendo in Piazza Antica Reggia ad Ischia il secondo slotmob isolano: un pomeriggio di giochi, canti e un vero e proprio flash mob grazie al contributo di una scuola di danza. Coi ballerini ci sono state anche l’alternarsi di giovani e talentuose voci che hanno dato vita ad interpretazioni applauditissime dai passanti che incuriositi si son fermati e di buon grado

“Poco più di trecento lettere provenienti da Ischia si aggiungeranno alle migliaia che invaderanno gli uffici del Quirinale” hanno firmato la lettera indirizzata al Presidente Mattarella. Poco più di trecento lettere provenienti da Ischia si aggiungeranno alle migliaia che invaderanno gli uffici del Quirinale, firmate anche da numerosi turisti che hanno apprezzato lo spirito di partecipazione dei gruppi e associazioni ischitane sensibili alla problematica. E in effetti, seppure in pochi giorni il comitato spontaneo ha visto interagire persone e gruppi in maniera inusuale per l’isola, dove le testimo-

nianze di alcuni giocatori anonimi ischitani hanno formato e motivato gli organizzatori dello slot mob di Ischia inducendoli ad andare avanti per questa strada. Il sasso nello stagno è stato lanciato e i cerci si stanno allargando al punto da arrivare anche a chi ha bisogno di aiuto per uscire dalla piaga della dipendenza da gioco. Bisogna andare avanti e sensibilizzare anche le amministrazioni isolane a garantire buone prassi nei comuni che amministrano.


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Attualità

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Slot Mob scrive a Mattarella Il movimento che vuole togliere alle multinazionali l’affare dell’azzardo, nel nome della Costituzione. No ad un’economia senza volto. Il senso delle manifestazioni del 7 maggio in Italia.

Di Carlo Cefaloni

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er il 7 maggio si sono visti in Italia 65 Slot Mob in contemporanea. Alla base non c’è una grande organizzazione ma la libera iniziativa di associazioni e cittadini che decidono di premiare pubblicamente i baristi che hanno rifiutato di vendere i prodotti dell’azzardo (non solo le slot ovviamente). Può essere un gesto effimero e insignificante, come i tanti “flash mob” creati nell’era del declino delle manifestazioni di massa, oppure il segnale del risveglio di una coscienza civile che si ribella all’idolatria del denaro. Semplici lavoratori e piccoli imprenditori che dimostrano di avere più dignità e coraggio di uno Stato che ha incentivato, negli ultimi 20 anni, la diffusione del consumo di azzardo proprio nel momento in cui è esplosa la più grave crisi, non solo economica, del Dopoguerra. Il 12 aprile 2016, nella conferenza stampa di presentazione a Palazzo Montecitorio, Slot Mob si è definito come «movimento di democrazia economica per la giustizia sociale» esprimendo, senza equivoci e tentennamenti, l’intenzione di voler rimettere in discussione la concessione del settore dell’azzardo legale alle concessionarie private. Stiamo parlando di società multinazionali orientate al profitto e perciò fisiologicamente predisposte a far crescere un segmento di mercato dove circola un flusso di denaro pari a 85 miliardi di euro nel 2015 (erano “solo” 12 miliardi nel 2002). Non si tratta degli effetti di un virus sconosciuto ma del “successo” di una classe politica, maggioritaria e trasversale, che ha promosso que-

sta espansione anomala dell’offerta “legale” dell’azzardo. L’opera di un «apprendista stregone», secondo l’espressione usata nel “manifesto di democrazia economica” di Slot Mob. Come ha detto il 12 aprile a palazzo Montecitorio, nella conferenza stampa di Slot Mob, don Enrico Feroci, direttore della Caritas di Roma: «La nostra città sta diventando la capitale europea del gioco d’azzardo. Ci sono 27 mila slot machine. Una sala giochi, in particolare, ne ha ben 900. È in corso uno sciacallaggio spaventoso sulla pelle dei poveri. Nei nostri centri di ascolto parrocchiali ogni giorno incontriamo persone ridotte al lastrico» per il ricorso all’azzardo. Ischia purtroppo conosce molto bene questa drammatica situazione. Dalla metropoli di Mafia Capitale, con le cronache giudiziarie che confermano il legame tra le slot town e la malavita organizzata, alla nordica Pavia da dove è arrivato l’incoraggiamento di Mauro Vanetti del “Collettivo senza slot”: «Forse qualcuno sperava che l’opposizione popolare all’azzardo liberalizzato di massa si rivelasse un fuoco di paglia: qualche aperitivo in bar senza macchinette, qualche inefficace ordinanza comunale, qualche legge regionale da lasciare inapplicata, un paio di libri scandalizzati sul tema e poi, passata la tempesta, gli affari sporchi delle multinazionali in combutta con lo Stato che continuano indisturbati. Slot Mob è la prova che non sta andando così». Il cuore della proposta politica lo ha ripreso e documentato molto bene Valerio Curcio sulla rubrica

“Io gioco pulito” de Il Fatto quotidiano (“Il movimento che vuole fermare le multinazionali dell’azzardo”) oltre naturalmente a Toni Mira sulla prima pagina di Avvenire che dovrebbe ricevere un premio speciale nel Paese che occupa il 76° posto nella classifica mondiale della libertà di stampa. Grande attenzione da Vita con un’intervista curata da un maestro come Marco Dotti. Non ne ha parlato finora il colosso la Repubblica, nella nuova versione dell’accordo con La Stampa, un quotidiano «così ricco di informazioni che solo un ergastolano può leggere per intero», come ha detto il neodirettore Mario Calabresi in un’affollata assemblea di redazione. Ma solo “irregolari” come i preti di strada o i militanti dei collettivi possono comprendere la proposta di Slot Mob? Non è invece un’espressione del pensiero originale dell’economia civile che è nel nostro Dna di esseri umani non ridotti a merce o a “idioti sociali” interessati solo al proprio interesse privato? E l’impianto della nostra Costituzione non pone un limite alla libertà di impresa che «non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana» (articolo 41)? Proprio facendo appello alla Carta fondamentale che fonda la nostra Repubblica, il movimento Slot Mob propone di indirizzare una lettera personale al presidente Sergio Mattarella come garante e custode della Costituzione più volte oltraggiata e tradita. Come ha spiegato il 12 aprile il prof. di economia Luigino Bruni, le nostre

Carte non descrivono un fatto acquisito ma una tensione continua verso quell’obiettivo. Si scrivono dichiarazioni di diritti per arrivare a compierli, così come la scritta nei tribunali della “legge uguale per tutti” non è la descrizione di una realtà spesso tragicamente diseguale, come testimoniano le nostre carceri, ma il fine del nostro agire che sarebbe altrimenti inutile e perdente. La lettera al presidente della Repubblica, da inviare con posta ordinaria al Palazzo del Quirinale, non è stata pensata per un capo di governo che non vuole toccare le entrate sicure ma devastanti dell’azzardo. Non può nemmeno rivolgersi ai parlamentari che, nella loro maggioranza, non riescono a votare il divieto assoluto di pubblicità dell’azzardo. La lettera a Mattarella è un appello alla coscienza della Repubblica perché non ceda definitivamente al potere pervasivo della finanza. È l’espressione del “principio di resistenza” che non è stato introdotto, a differenza di altre Carte, in Costituzione, perché considerato implicito e fondativo della convivenza. Lo ha capito molto bene il papa argentino che ha ascoltato la storia di Slot Mob domenica 24 aprile al galoppatoio di Villa Borghese a Roma durante la Mariapoli del Movimento dei Focolari. Il movimento Slot Mob si palesa come una risposta fragile e iniziale alla «dittatura di una economia senza volto e senza uno scopo veramente umano» che è la «nuova e spietata versione nel feticismo del denaro» dell’«adorazione dell’antico vitello d’oro» (queste sono citazioni dal paragrafo 55 dell’esortazione Evangelii Gaudium).


Attualità 14 maggio 2016

LA STORIA

Chi è riuscito a “vincere” dalla dipendenza Pubblichiamo la storia di un ischitano che è riuscito a smettere con l’aiuto di altri. Una storia raccontata nel Kaire di gennaio 2014 ma che, leggendola, potrebbe aiutare qualche altra persona in difficoltà.

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i chiamo Stefano (nome a caso) frequento l’associazione di Giocatori Anonimi di Napoli da due anni e nove mesi, l’unico requisito per farne parte è il solo desiderio di smettere di giocare. Non si pagano quote o tasse perché siamo autonomi mediante i nostri piccoli contributi. La maggior parte di noi giocatori non era disposta ad ammettere di avere un problema reale con il gioco. Mia moglie, tante volte mi diceva che ero malato ma io le rispondevo che la malata era lei. L’idea che in qualche modo o in qualche giorno potevo controllare il gioco era la grande mia ossessione. Il persistere di questa illusione è stupefacente. Io l’ho inseguita fino alle soglie della prigione, della pazzia e della morte. Ho imparato e mi sono convinto fin nel più profondo di me stesso che sono un giocatore compulsivo. Questo è stato il primo passo del mio recupero. L’illusione di essere simile agli altri giocatori o che presto lo sarei diventato, l’ho stroncata.

Ho perso la capacità di controllare il mio gioco. So di certo che nessun vero giocatore compulsivo riacquista il controllo da solo. Ora lo so e l’ho capito grazie all’assidua frequenza all’associazione Giocatori Anonimi. Ho ascoltato le tante

tevo dire tutto liberamente, potevo piangere e potevo anche stare zitto, nessuno mi ha mai giudicato. Mi sono convinto che ero in una morsa di una malattia progressiva. Lungo un considerevole periodo di tempo stavo sempre peggio,

esperienze concrete di altri giocatori che hanno perso a causa del gioco case, figli, mogli e danaro. Le tragedie che si ascoltano attraverso le tante esperienze vissute realmente e non a chiacchiere non possono lasciarti indifferente, la mia esperienza era nulla a confronto e li in quella stanza mi sono sentito uno schifo ma nello stesso tempo po-

mai meglio. Elencare quello che ho combinato nella mia malattia mi fa male, dico solo che essere giudicati dai propri figli non più come padre ma come un estraneo è la cosa più squallida che possa capitarti, io questo squallore l’ho vissuto e solo oggi mi rendo conto di quanto sia meraviglioso che i propri figli ti fanno partecipe dei loro problemi.

Ho una moglie meravigliosa che non mi ha abbandonato, anzi per portarmi in questa associazione ha avuto tanta, tanta pazienza perché io non ammettevo di essere malato ed ero molto restìo ad andare due giorni a settimana a Napoli. Ho avuto la fortuna che il nostro matrimonio avesse come fulcro Gesù, dove mia moglie si è aggrappata schiodandolo dalla croce pregando. In quell’immagine di sofferenza mia moglie ha trovato la forza, sola e senza potersi confidare con nessuno è riuscita a trovare uno spiraglio di salvezza. Oggi, vivo la mia famiglia, oggi vivo la parola di Dio, apprezzo il sole, la luna e le cose belle che ha creato Dio nella consapevolezza che Dio mi ama così come sono anche quando commettevo le cose più schifose. Sono e resterò un giocatore compulsivo, ma oggi tengo a bada il gioco grazie alla cura dell’associazione Giocatori Anonimi e ho scoperto concretamente la parola di Dio.

Medmar, nuove corse da e per Ischia Dal 15 maggio Medmar amplia la sua offerta di corse da e per l’isola d’Ischia per la domenica, la giornata più impegnativa – nel periodo estivo – dal punta di vista dei collegamenti marittimi, il giorno in cui si concentrano il maggior numero di partenze ed arrivi sull’isola. Da questa domenica infatti sarà effettuato un collegamento alle 18.40 da Ischia Porto per Pozzuoli mentre dall’approdo flegreo partirà la corsa delle 20.30. Entrambi le corse saranno con scalo a Procida, costituen-

do in tal modo una opportunità in più anche per turisti e procidani, nelle convulse domeniche estive. Da Procida le partenze saranno alle 19.20 per Pozzuoli ed alle 21.20 per Ischia Porto. Le nuove corse sono state programmate anche per giovedì 2 giugno, di concerto con Federalberghi Ischia e con gli operatori turistici delle due isole, in considerazione dei prevedibili afflussi di ospiti per il ponte festivo. Questi collegamenti sono già prenotabili alle biglietterie di scalo della compagnia, on line su www.medmarnavi.it oppure attraverso il call center della compagnia, che risponde allo 081/333.44.11


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Attualità

14 maggio 2016

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Punti di vista Di Franco Iacono

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La presentazione del libro “I miei primi giorni da Sindaco”, a cura di Lucia Valenzi, è stata la occasione per sancire, se mai ve ne fosse bisogno, che cosa si intenda veramente per politica. Lo sfascio di questi tempi, acuito da una dose insopportabile di volgarità e violenza anche dalle sedi istituzionali più rappresentative, evidenzia in maniera plastica il baratro in cui quell’autentico valore è stato trascinato. Il singolare “diario”, tenuto da Maurizio Valenzi, che incideva le sue impressioni di quei primi giorni, utilizzando un registratore, è venuto alla luce, perché la paziente Lucia ha sbobinato quei nastri ed ha fatto a tutti noi un autentico regalo. La bella atmosfera della conversazione, non è stata guastata dalla “distonia” del Sindaco di Napoli rispetto alle inaccettabili sue recenti esternazioni, nitida è balzata, anche attraverso emozionate testimonianze, a cominciare da quella dell’usciere capo del Comune, nitida la figura di Maurizio e la sua statura di politico, di comunista, di uomo di cultura, di persona dalle grandi sensibilità. La iniziativa era dedicata a Valenzi e le dolenze di chi, pur protagonista di quel tempo, non è stato coinvolto non hanno ragione anche se a me piace ricordare, e non solo come socialista, Gigetto

Buccico, autentico “apostolo” della Metropolitana di Napoli, della quale, da assessore ai trasporti con Valenzi, pose la prima pietra. Così come mi piace ricordare la sua splendida intuizione, realizzata magistralmente da Maurizio Scaparro, delle due Maschere, Arlecchino e Pulcinella: quel Carnevale del 1982 segnò un trionfo, a Venezia, della cultura e del teatro napoletano e dei suoi protagonisti, Roberto De Simone in testa. Con Mariano Rigillo, che, insieme ad Anna Teresa Rossini, ha letto brani di quel “diario”, abbiamo ricordato quell’evento, che lo vide, tra gli altri, splendido interprete dei Pescatori di Viviani. La Provincia di Napoli, su mia iniziativa, “indotto” proprio da Valenzi aveva sostenuto concretamente quel progetto: da giovane assessore provinciale ebbe la ventura di trascorrere a Venezia. Giornate intense, con Maurizio Valenzi, che rappresenta, al meglio, una città dolente e ferita dal terremoto ma determinata sotto la sua guida, a risalire la china. Una esperienza indimenticabile. Avevo conosciuto Maurizio Valenzi, senatore, capolista del PCI alle elezioni comunali di Forio del 1964: casualmente ascoltai il primo comizio0 contro il potere imperante di quel tempo. Fu consigliere comunale, assiduo, di Forio dal 1964 al 1970. Quando ne fui Sindaco nel 1990 lo volli cittadino onorario. Recuperare le radici di una comunità, attraverso il ricordo dei suoi uomini migliori,

aiuta anche a non disperdere identità e storia, anche se col grande sfascio di questo tempo, tutto appare inutile ed ininfluente. Purtuttavia la frequente testimonianza di personalità come Maurizio incoraggia le speranze che uomini forti ne possano prendere, scacciate queste nubi oscure e minacciose, il testimone. 2. Il nove di maggio rappresenta una sorta di Festa dell’Europa: è la data della famosa dichiarazione di Robert Schumann, allora Ministro degli Esteri francese, che propose, in primis, alla Germania, vinta ma ricca, un piano di condivisione delle due risorse fondamentali per lo sviluppo economico del tempo, il carbone e l’acciaio. Era il 1950, da quella intuizione, rivolta alla Germania, ma anche “a tutti i Paesi che vorranno aderirvi” nasce la CECA, Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, che sarà l’antesignana della Unione Europea. Vi aderiscono subito, con la Francia, Germania, Belgio, Lussemburgo, Olanda ed Italia, con a capo del Governo Alcide De Gasperi, europeista convinto. Sugli ideali di Altiero Spinelli e del suo “Manifesto di Ventotene” si concretizza il primo ”nucleo” di quella che sarà l’Unione Europea. Schumann, De Gasperi, Adenauer capirono che, a differenza di quanto era accaduto dopo la prima Guerra Mondiale non era il tempo della umiliazione contro i vinti della seconda Guerra Mondiale, la Germania e l’Italia, né tempo di

revanscismo e di vendetta contro la Francia ed i Paesi vittoriosi. La pace, bene supremo per un continente, che aveva scatenato due guerre mondiali in meno di trenta anni con milioni di morti e con il sacrificio degli Ebrei nei campi di concentramento e nei forni crematori, andava costruito su altri valori: solidarietà, sviluppo, progresso, uguaglianza, liberà dal bisogno. Quello che accade in questo tempo sembra rovesciare quelle lungimiranti “intuizioni”: si distruggono i ponti, si innalzano muri e barriere, con buona pace di Rober Schumann che parlava addirittura di “sviluppo del continente africano”. 3. Gli appassionati appelli di Papa Francesco di recente insignito, come Giovanni Paolo II, del premio “Carlo Magno”, per la sua testimonianza tenace in favore della “integrazione, della unità e della pace in Europa”, sembrano cadere nel vuoto o nel terreno avvelenato dei populismi e dei nazionalismi esasperati, che partono, come nel passato, alle tragiche conseguenze della guerra. Questo Papa si sta mettendo sulle spalle compiti e ruoli anche non suoi, consapevole che il ruolo suo e quello di Santa Madre Chiesa è quello di “aiutare” l’uomo a vincere anche i propri limiti, di cui ad egoismi e violenze, lavorando per il valore inestimabile della pace, già magistralmente “disegnato” da un altro grande Papa Giovanni XXIII, nella sua fondamentale Enciclica “Pacem in terris”.



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…dacci oggi il nostro pane quotidiano Di Francesco Mattera

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i sembrerà una cosa di poca importanza. Che non ha riflessi decisivi sull’umanità. Ma non è così! Voglio però partire nel ragionamento dalla vita quotidiana di una famiglia comune, una famiglia tipo italiana, mettiamo pure ischitana, più vicina alla nostra realtà. La cosa più normale è che la donna di casa che fa la spesa, dovendo barcamenarsi tra mille faccende, acquisti il pane laddove acquista tutte le altre cose: il super o il mini market più vicino casa. O che, districandosi nelle offerte, acquisti il pane laddove quelle, le offerte, sono più vantaggiose. Il pane è forse l’ultima cosa che si acquista. E spesso se non sempre si acquista a casaccio, quello che offre la ditta. Poi ritorna a casa, ed è li che si ha l’impatto con il consumo. Le situazioni più comuni sono due: il pane è ottimo già nell’aspetto esteriore, di buon sapore, di giusta cottura, fragrante. In questo caso è molto probabile che si consumi rapidamente e totalmente. Al contrario, il pane non ha un aspetto invitante, bruciato sotto e crudo sopra, insipido (e sarebbe il male minore) o salato, che nemmeno esala un buon profumo, con una crosta che occorre il flex per tagliarla, o flaccido e gommoso. Tutti lo mordicchiano e poi lo lasciano. Non si consuma per niente! Ritorniamo al discorso della sovrabbondanza alimentare. Alla non fame, grazie a Dio che oggi, a noi, ce la risparmia. In altri contesti di fame fame, quel pessimo pane verrebbe divorato, conteso anche aspramente da chi conosce la disperazione di non poterlo avere giorno per giorno. E’ probabile che a meno di una levata di scudi di uno o più componenti il nucleo familiare, la brava massaia continui giorno dopo giorno a comprare quel pane non gradito, non buono, non consumato e quindi buttato via nei rifiuti. Ed il commerciante continuerà ad ordinare al fornaio quel pane. Ed il fornaio penserà che il suo sia un ottimo pane e non si industrierà per migliorarlo. E ordinerà farina per fare nuovo pane, che poi si butterà ancora, e cosi via in una perversione

Pane che piace, pane quanto basta, pane per tutti! Una scia lunga quanto l’economia globale.

senza fine. Uniamo questo scenario a quello della pancia piena di tanti di noi, che acquistano pane non calibrandolo alle reali necessità della famiglia. Ne uscirà una moltiplicazione di pani inutili e non necessari da una parte, con il sovrappiù del non consumo per non gradimento, non appetibilità dall’altra. Ne esce fuori un paradosso economico non trascurabile: Una domanda di pane insulsa e ingiustificata da un lato, un’offerta che qualitativamente non stimola un consumo pieno e totale. Cosa possiamo fare noi consumatori per rendere meno pesante questa situazione? Innanzitutto pretendere che il pane sia buono! Quindi

non acquistare quello cattivo, e farlo presente al commerciante. Questi richiederà meno pane al fornaio, dicendogli che i consumatori non lo gradiscono. A sua volta il fornaio ridurrà l’acquisto di farina e, se non migliora il suo pane, probabilmente chiuderà bottega. Uniamo questo discorso al dato psicologico ormai acquisito che si compra più pane del necessario. Occorre che in ogni famiglia vi sia un esame di coscienza collettivo, per riportare le cose nel loro giusto grado: se il pane non si consuma, allora meglio, molto meglio acquistarne meno, o meglio, acquistare la quantità giusta. Sforzarsi di farlo a livello di nucleo familiare. Trasmet-

tere questo messaggio ad altre famiglie, anche se non soprattutto! Il livello successivo possibile, potrebbe essere il seguente. Risparmiare pane, per dare pane a chi non ne ha. Agli affamati del mondo. Se Maria, Giovanna, Rachele, Giuseppina, Francesca, Nicoletta, e tante donne delle nostre famiglie, donne che giorno per giorno fanno la spesa, riescono a risparmiare anche pochi centesimi al giorno sull’acquisto del pane, possono benissimo mettere questo risparmio da parte e destinarlo ad opere di bene. Raccogliere e rispondere a quel grido di dolore che viene da tanta parte del mondo e che non si riesce a lenire mai del tutto. Una goccia, si dirà! Si, ma anche il mare è fatto di gocce, e se tante famiglie, insieme, facessero un mare di solidarietà verso gli ultimi? Le cose bisogna sperimentarle! E questo sicuramente è un bellissimo esperimento che non può che dare gioia in caso di successo. Occorre che ognuno di noi lo faccia materialmente. Facendo il conticino del risparmio fatto e mettendo materialmente da parte, in un cantuccio, i soldini via via salvati dal non consumo del pane. Fare poi il passo più importante: Destinare quei soldini a chi è impegnato a dare il pane, fino all’ultima mollica, agli ultimi della terra. E non è difficile trovarli, credetemi. La gioia della materializzazione concreta del bene fatto, siatene certi care lettrici e lettori di questo Kaire, avrà il sapore dolcissimo del pane più buono e appetitoso del mondo. Del resto la nostra invocazione contenuta nel Pater dice: “.. DACCI OGGI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO ..! Quindi dai a noi tutti e nessuno escluso, il necessario per vivere. La preghiera all’Altissimo non può giammai contenere un nocciolo di egoismo. Bene, prima di salutarvi, vi informo che resterò ancora sul tema del pane quotidiano. Vi porterò su altre tracce di spreco di questo prezioso alimento: le mense degli ospedali, quelle scolastiche, le mense dei poveri, i ristoranti, e… vorrei risparmiarmi questo eccetera, ma proprio non ci riesco. Mi raccomando, incominciamo subito e tutti insieme il nostro esperimento!


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Le foto di sabato 7 maggio dello S porto d’Ischia, per festeggiare i tre non mettere le slot machine per il b

A Ischia contin contro il gioc

Comitato Slot Mob Isola d’Ischia


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Slot Mob in piazza Antica Reggia al bar che hanno deciso di togliere o bene dei propri clienti.

nua l’impegno co d’azzardo

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IL FAMOSO GIOCO DEL CAVALLO NTUOSTO

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LO SCHIAFFO DELLA BAMBINE

RAGAZZI COL MONOPATTINO E RUOTA DI GOMMA

L’isola rimpiange il tempo dei suoi giochi innocenti La “campana” per le ragazze e lo “strummolo” per i giovanotti. I ragazzi di una volta si dilettavano nel loro tempo libero in giochi semplici che non richiedevano attrezzature particolari o costose, ma impegnavano piuttosto la creatività e la fantasia. Erano giochi di gruppo, manuali, fortemente socializzanti, e si svolgevano per la maggior parte in strada, all’aria aperta.

Di Antonio Lubrano

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rima che arrivassero i prodotti tecnologici moderni come il pc, il tablet, la playstation, gli smartphone e quant’altro ancora, con i bambini di oggi che già a 6-7 anni si ritrovano schiavi di un televisore o di un telefonino, di giochi industriali che ammazzano la loro creatività ma soprattutto il senso di socializzazione, era tutto un altro vivere nello svago spensierato e nella maniera facile di stare insieme, per cui, un raffronto con il passato, può chiarirci tante cose. Un tempo, i nostri nonni e padri e noi che scriviamo, tra i 6 e i 18 anni, bastava davvero poco per divertirsi, per sconfiggere la noia. Bastava semplicemente che si scendesse in strada, trovare i propri compagni di gioco, e da lì via alla fantasia. Quanti giochi, quanti sorrisi, quante ginocchia sbucciate, quanti pantaloni strappati, quanti capelli tirati (le ragazze). Ma era così bello, era tutto così straordinariamente reale. Pertanto ci piace fare un passo indietro nel tempo, a quegli anni ‘40 e ‘50 che hanno caratterizzato la nostra fanciullezza e gioventù e ricordarci di tutti quei meravigliosi giochi che riempivano le nostre giornate, i nostri pomeriggi. Quante risate, quante corse per

gridare quel “libero” che ci avrebbe poi salvati dalla conta, così odiata da tutti. Era il gioco de “Il Nascondino” o il “Trentuno”che lo praticavamo, maschietti e femminucce, fra i 6 e gli 8 anni di età. Si tira a sorte per stabilire chi dovrà essere il primo giocatore che dovrà contare e mentre lui conta, gli altri giocatori trovano dei luoghi adatti per nascondersi. Generalmente, il giocatore deve appoggiare la testa con gli occhi chiusi ad un muro (o altra superficie verticale) in un punto prescelto e contare ad alta voce fino a 31 e quando finisce di contare deve andare a cercare gli altri e tornare per primo al luogo in cui contava toccando il muro con la mano e urlando “fàttë” (catturato) e il nome di colui o coloro che ha scovato, che vengono squalificati. Al successivo turno di gioco, in genere, conterà il primo giocatore che è stato catturato. Se un giocatore individuato riesce a toccare con la mano il muro prima del giocatore che contava, può dichiararsi “mi salvo”, sfuggendo in questo modo alla cattura. Se a raggiungere la tana è l’ultimo giocatore rimasto in gioco, può anche dichiarare “salvo tutti”. In questo caso, i giocatori precedentemente catturati sono liberati e il giocatore che è stato sotto dovrà contare anche nel turno di gioco successivo. Un gioco similare era “La chiesa”

con due gruppi di ragazzi, quello di sotto e quello di sopra, ossia il primo destinato ad essere scovato ed acchiappato nei vari luoghi dove ci si nascondeva ed il secondo col mandato di comandare il gioco col rischio di passare sotto se non si riusciva a scoprire tutti i ragazzi del gruppo che per regolamento era composto da 5 membri. Poi c’era l’indimenticabile “campana”. Col gesso bianco o addirittura colorato, bisognava tracciare per terra, spesso nella strada pubblica senza traffico, 10 caselle e numerarle, lanciare un sassolino e saltellare nell’apposito quadrato con un solo piede, senza mai toccare le altre caselle, fino ad arrivare al numero 10, ovviamente. Non era affatto facile mantenere l’equilibrio! In questo gioco bello ed innocente si distinguevano le bambine tra i 6 e gli 11-13 anni. Le ragazzine più grandicelle si facevano ammirare per le trecce e le gonne affiorate. A volte ci scappava anche qualche allegra litigarella fra quelle ragazzine più vispe. E come scordare “Lo Strummolo?” Così affascinante vederlo affusolato, girare velocemente. Scopo del gioco era proprio quello di farlo girare più a lungo possibile, dopo averlo lanciato con lo spago avvolto. “Lo strummolo” più capace era quello che con la propria punta acuminata riusciva a “ronzare”, grazie anche all’abilità di chi lo lanciava ad arte.

E ancora il gioco delle “figurine dei giocatori” impegnava i ragazzi nelle ore pomeridiane sugli scalini dei sagrati delle chiese dell’isola. Si batteva forte sul marmo la propria mano leggermente concavata al lato del mucchietto delle figurine per farlo capovolgere. Se ciò avveniva, il battitore prendeva tutte le figurine capovolte. Ritrovarsi e scambiare poi le figurine vinte, è stato per noi ragazzi dell’epoca sicuramente uno dei passatempi preferiti. Che soddisfazione quando si finiva il proprio album prima degli altri! Ricordate poi il gioco del Cerchio per le strade senza traffico di Ischia. Quasi tutti i bambini avevano il loro cerchio che era costituito da un tondino di ferro circolare o da un cerchione di bicicletta e veniva guidato da un un’asta di metallo appositamente modellata a forma di U. La bravura dei bambini consisteva nel saper guidare bene il loro cerchio, anche ad una certa velocità, facendo a gara fra di loro. Poi arrivarono i primi Hula Hop che conquistarono letteralmente bambine e ragazze. Quanta felicità e spensieratezza, quanta nostalgia per quegli anni nel sapere che i bambini di adesso non conoscono e forse non conosceranno mai tutto questo e resteranno chiusi nelle loro camerette con un joypad in mano o un telefono cellulare. antoniolubrano1941@gmail.com


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La Storia siamo Noi

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IL PUNTO

IL GIOCO DELLO SCHIAFFO

MOSCA CIECA

IL SALTO DELLA CORDA

Ricordi dei giochi antichi Lo schiaffo, le Carrettelle e Cavallo ntuosto e tienete tuosto… Quando le ragazze ischitane giocando cantavano il verso “furtunatina paga le pene, paga le pene per cento catene…”

IL GIOCO DELLA BAMBINO GIRO GIRO TONDO...

Di Michele Lubrano

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ra i tanti giochi innocenti e divertenti che i ragazzi dell’isola d’Ischia praticavano negli anni ‘40 e ‘50, ricordiamo alcuni che sono rimasti nei ricordi più degli altri: il gioco dello schiaffo, quello delle carrettelle, del monopattino, il gioco di “Cavallo ntuosto e tienete tuosto… dinterrè” e infine “a barracca” che si giocava con le vecchie monetine della lire lanciate verso una riga tracciata per terra. La monetina lanciata più vicina alla riga o nel suo solco, prendeva tutte le monetine lanciate dai giocatori. Un gioco insomma in cui, chi era bravo, racimolava i soldi per il cinema. Location molto frequentato per questo tipo di gioco era Largo Convento a Ischia Ponte di fronte alla chiesa dello Spirito Santo. Il gioco dello Schiaffo invece era praticato sia dai maschi che dalle femmine e consiste nel far girare una persona o comunque nel coprirle la visuale, mentre una persona scelta tra il gruppo le colpisce una mano piegata dietro alla schiena: chi “sta sotto” deve poi indovinare chi ha tirato lo schiaffo: se indovina, scambia il posto con chi è stato scoperto, altrimenti deve stare sotto un altro turno. Mentre la vittima cerca di indovinare chi lo ha colpito, tutti gli altri di solito fanno roteare un dito in aria. Di seguito un elenco di alcuni giochi che i ragazzi e le ragazze delle passate generazione ischitane praticavo per strada, sulla spiaggia, in casa, nei propri cortili e nelle parrocchie. GIOCHI CON OGGETTI: “La Carrettella”, “Il “Chirchio”, “Il Monopattino”, “ Le Nocelle”, “gioco delle Pastore”, “A fossetella”, Il “Castelletto”, “Mazza e piuzo”, “ A Lumini”, “A Barracca”, “Io Tocco la Terra…”, Il “Salto con la fune”, “Mosca Cieca”, “Ali Uno, Ali Uno…”, “O’ Strummolo”. “Le figurine dei giocatori”, “U’ sottamuro”. GIOCHI SENZA OGGETTI: “E Viecchie e Nuove la bona Caurarella”, “Furtunatina paga le pene, paga le pene per cento catene…”, “ ’A Murena n’ é da mia, è di zi preute”, “Cavalli mbelli mbelli e scendete la pecorella”, “Cavallo tuosto e tienete tuosto…dinterrè!”, “Sacco, va all’inferno”, “A Prigione”, “’U Schiaffo”, “E’ Mistere”, “A cova a sceglie cumpagno”, “A cova a nasconne”, “ O’ Setillo”, “A’ Campana”. “La chiesa”. GIOCHI CANTATI: “Giro giro tondo, cavallo impero tondo…”, Ho che mamma dormigliona, vado girando intorno intorno per vedere se mamma dorme…”, “Ho che bel castello e tollerino e tollerà”, “O Maria Luigia, quando sei venuta…”, “O’ Piè Maria Luigia…”, “Rosa Rosella, la rosa è fiorita…”, “Pigliatavella ch’è roba vosta e cogì, cogià”.

GIOCO AL NASCONDINO O AL TRENTUNO

RAGAZZE CHE GIOCANO ALLA CAMPANA

LE STORICHE CARRETTELLE ISCHITANE CON LE RUOTE A PALLINI

IL PRIMO HULA HOOP


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La Storia siamo Noi 14 maggio 2016

Di prof. Nunzio Albanelli

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ra le tante benemerenze dei Borbone nei confronti degli abitanti di Villa dei Bagni d’Ischia va ricordato il prezioso dono del Tempio di Portosalvo. Ancora una volta il sovrano Ferdinando II, possessore ormai della maestosa villa già del medico Francesco Buonocore, dopo la solenne apertura del porto nel 1854, diede ascolto alla petizione della Regina Teresa di edificare quanto prima una chiesa. Egli in pratica non solo mirava a soddisfare i bisogni spirituali dei borgatari, ma anche collegare la chiesa alla Casina Reale. Perciò volle porre la prima pietra appena nove giorni dopo l’inaugurazione del porto. Da una parte il sovrano, sensibile alle attese della popolazione, si era reso conto degli inconvenienti che derivavano dal fatto che, ogniqualvolta era necessario portare il viatico ad un moribondo, bisognava organizzare una vera e propria processione, che finiva con il paralizzare la vita della borgata, soprattutto quando dalla Chiesa del Purgatorio, l’attuale S. Maria delle Grazie in S. Pietro, occorreva raggiungere la collina di S. Alessandro. Si spiega così la decisione del sovrano, motivata anche dall’intento di impedire litigi tra il parroco di S. Vito e il rettore di Portosalvo, che “quella chiesa, in caso di morte, doveva apprestare i sacramenti agli infermi che si trovano al lato di Santo Alessandro”. Dall’altra, realizzò il proposito di tenere a disposizione la chiesa per le esigenze della Casina Reale. Tuttavia a favorire il progetto, di cui fu incaricato il noto ing. Quaranta, contribuì uno spiacevole incidente, fortunatamente senza gravi conseguenze, provocato dalla caduta di alcune pietre dal muro a secco, che delimitava l’angolo che dava sulla strada del Pianoro detto della Peschera: ne venne travolto il piccolo Nicola, che insieme con la sorella Angelina, si era affacciato sulla strada, per vedere il Re che passava. Intervenne sollecita la Regina, che colse subito l’occasione per avanzare la proposta del tempio al sovrano. Riporto volentieri l’episodio, ricordato con simpatia da Onofrio Buonocore – di cui la citata Angelina era la madre – che non esitò poi ad offrire al Re proprio l’angolo dell’incidente, un riquadro accanto all’altare di S. Francesco di Paola in cui prendeva posto abitualmente. Tre anni dopo, il 19 luglio 1857, il Vescovo Mons. Felice Romano benedisse il nuovo tempio dedicato a S. Maria di Portosalvo e consacrò i tre altari innalzati nelle tre navate in cui si articola il

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Il tempio di Portosalvo sul porto d’Ischia

monumentale edificio. Le sontuose pale che ornano gli altari sono di pregevole fattura e presentano l’effigie della Madonna di Portosalvo, del

pittore Vincenzo De Angelis, autore anche di quella che raffigura S. Giuda Taddei, mentre la terza, che rappresenta S. Francesco di Paola che

insieme con altri monaci cammina sulle acque del Canale di Messina, ci riserva in un angolo anche la sorpresa del ritratto di Francesco II, noto come Francischiello, ultimo Re di Napoli. È superfluo sottolineare che si tratta di un tempio maestoso, a croce latina, piuttosto sobrio nell’arredamento, senza dubbio monumentale soprattutto per quel peristilio in stile greco, sostenuto da quattro colonne gigantesche di stile ionico. Vale senz’altro la pena di volgere lo sguardo all’intera facciata non limitandosi ad osservare solo l’ampio porticato: solo in tal modo è possibile coglierne la “singolare maestosità” su cui insiste Onofrio Buonocore. Non ritengo opportuno inoltre accennare ai fini stucchi, ai marmi preziosi dei tre altari, alla cattedra tondeggiante del pulpito, ai grandiosi arredi della sacrestia, alla porta che si apre sui giardini reali, all’ampiezza della canonica e degli altri ambienti, che rendono la Chiesa signorilmente fina. Mi piace, dopo aver precisato che la consacrazione del tempio si tenne il 22 novembre 1959, ufficiata dal Vescovo Antonio Cece, riferire le profetiche ed attuali parole del compianto Vescovo Mons. Filippo Strofaldi, pronunciate nella Chiesa di Portosalvo il 18 settembre 2004: « Il nostro porto è per noi tutti un simbolo, un’icona, perché accoglie naviganti, turisti, ospiti e nello stesso tempo dal porto si parte, si prende il largo, per toccare altri lidi e aprirsi al mondo. Di queste due dimensioni noi dobbiamo far sintesi, perché sono i due aspetti essenziali della nostra vita cristiana: l’accoglienza e la missione… “Dio sorride” - dice un antico proverbio ebraico – se apri una porta, me è triste se alzi un muro. Dio è triste, se chiudi a chiave la tua stanza. Così, se chiudi la mano, ti resterà chiusa come un pugno; ma, se apri le tue mani, donerai le tue ricchezze al prossimo. La frase rabbinica è un monito non solo per chi innalza muri materiali tra i popoli… anziché gettare ponti o aprire porte, ma è un monito anche per noi che preferiamo isolarci nei nostri spazi protetti, temendo tutto ciò che viene da fuori o tenendolo a debita distanza… Forse non abbiamo chiuso il porto se non per qualche ora…, ma sicuramente chiudiamo la porta del cuore nel nostro egoismo… Invece il Signore, che … è salito sulla barca della nostra vita come sulla barca di Pietro…, ci invita a prendere il largo per uscire dalla mentalità egoistica che ci inchioda allo scoglio della nostra sicurezza. Egli ci esorta a rompere gli ormeggi di antiche e nuove schiavitù…»


Cultura

17 14 maggio 2016

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Mia sciagurata follia Di Enzo D’Acunto

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alvolta i libri sono scelti a caso, altre volte perché cercati, voluti, desiderati e altre volte ancora, invece, per ragioni che non possono essere spiegate con il solo raziocinio. Quest’ultimo, è il caso del libro di cui parlerò oggi: un libricino rosso simile ad un taccuino, con poesie di Alda Merini edito dal Corriere della sera. Una plaquette quindi, ossia, l’estratto di poesie di un’autrice che, tra l’altro, non ho mai amato particolarmente. Eppure un libro che, forse per il colore della copertina, forse per il misterioso simbolo ivi ritratto o forse ancora per la natura tascabile adatta ad un’epoca che per la sua caotica consistenza/ inconsistenza – lo sapeva perfettamente Italo Calvino – non permette più letture poderose ma solo fugaci avventure, ove concesso, di estro e leggerezza, ha attirato la mia attenzione nel mentre all’incrocio tra via Medina e via Guglielmo Sanfelice a Napoli, mi affrettavo cercando riparo dal torpore postprandiale. La poesia di Alda Merini, che ripeto, non è mai stata tra le mie predilette, costituisce in ogni caso un motivo di stimolante analisi di quello che in fondo è anche il significato della poesia, ovvero, la fuga più o meno coscienziosa dalla realtà. Poesia quindi come luogo di riparo, e quindi, di rifugio. Ma non solo questo, perché in essa collima molto altro: sogni, desideri, angosce, timori, paure; in un intreccio che talvolta si compone di puro raziocinio, altre volte, di malinconici accordi di follia. E proprio quest’ultima, come del resto già detto e ripetuto, sarà la nota costante della Merini. Premesso che alla follia si è sempre tentato di attribuire un’accezione positiva, tanto che già Platone nel suo Fedro la trattava come un dono divino, mezzo per cui all’uomo è dato spingersi oltre, o altrimenti, distinguersi, come pensava e scriveva nei primi del Cinquecento Erasmo da Rotterdam, che in essa, aveva riconosciuto il potenziale rimedio smascheratore di un mondo assurdo. È pur vero, tuttavia, che la vera follia, talvolta, consiste proprio nel leggere la realtà per quello che è, e quindi nella sua integrità, un po’ come il bambino che, nella favola di Hans Christian Andersen, smaschera l’imperatore convinto di andare in giro con le vesti più pregiate. Follia e in-

tegrità, quindi, quanto mai vicine tra loro. Eppure talvolta accade che quel confine delicatissimo finisca in frantumi. Del resto, l’equilibrio è quanto mai precario. Ma in ogni caso, la follia si impone ancora oggi come corda essenziale della coscienza occidentale

che assai di frequente ha visto nella stessa uno strumento di battaglia, di rivoluzione, di protesta e di distinguo. In un mondo appiattito dove le differenze – eccetto quelle economiche – hanno sempre minore importanza, la follia sembra essere una stimolante

CHIESA DI S. FRANCESCO D’ASSISI, FORIO DI ISCHIA MOVIMENTO SACERDOTALE MARIANO CENACOLO REGIONALE DELLA CAMPANIA

Giovedì 26 maggio Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei Il cenacolo sarà presieduto dal Responsabile internazionale del movimento, Don Laurent Larroque, ed avrà il seguente programma: ore 7,10 partenza con aliscafo Alilauro da Ischia. A Napoli, Pullman dal Molo Beverello per il Santuario; ore: 10.30: S. Rosario meditato, con Adorazione eucaristica e meditazione; ore 12,00: concelebrazione eucaristica seguita dalla Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria; segue colazione a sacco; ore 14,30 ritornare al porto di Napoli per prendere aliscafo delle ore 15:30 per Ischia Quota di Partecipazione: 10 euro. PRENOTAZIONE: rivolgersi a P. Nunzio Ammirati, 3335854801

SABATO 28 MAGGIO Pellegrinaggio a piedi Napoli – Pompei PROGRAMMA: ore 7,10 partenza con aliscafo Alilauro da Ischia. E’ previsto l’arrivo a Pompei per le ore 16,00. Partecipazione alla Santa Messa. Un Rosario di circa 15 metri, dal peso di 20 Kg porteremo in dono alla Madonna! Sarà la catena dolce che unirà i nostri cuori per elevare a Dio una preghiera per la pace! La quota di partecipazione, che comprende la spesa del Pullman per il ritorno da Pompei a Napoli e un segno distintivo per il gruppo, è di 10 euro. Per le iscrizioni rivolgersi a P. Nunzio Ammirati 3335854801

possibilità per rompere gli schemi. È chiaro che questa logica sia autenticamente donchisciottesca, e quindi, indicativa di un modo di approcciare alla vita tragicomico, ma non solo questo, perché essa favorisce altresì, sentimenti pervasi di dolore ed esasperato irrazionalismo. Sentimenti, questi ultimi, quanto mai diffusi nel mondo della grande poesia: Kleist, Baudelaire, Campana, sono solo alcuni dei tanti esempi possibili. E lungo questa direzione, ovviamente, Alda Merini, le cui poesie celebrate già negli anni sessanta – appunto, perché in linea con quel senso progressivo di sovvertimento che certo tanto ha dato, ma che oggi sembra annientarsi a fronte di un processo che in molti campi ha tanto di banale e reazionario – godono ancora oggi di notevole fortuna, forse anche per la mediaticità della sua autrice, o forse per la terribile vita che tanto le ha tolto, privandola delle sue figlie: “O figli miei / sparsi come erba pulita / siamo stati quattro fiumi con cinque affluenti / e un grande inno d’amore”; e trasformandola in una donna che, avvertendo in un celebre verso il suo potenziale amante, confessa: “se tu dovessi fare l’amore con me entreresti nella mia setta del dubbio”. Eppure, personalmente, non ho mai apprezzato particolarmente le sue note e i suoi accordi, forse per quel mio particolare astio verso ciò che in letteratura si caratterizza per estrema convinzione, sia in un senso che nell’altro. Un senso che nella poesia della Merini si è spesso limitato in una cinica dogmatica del nulla, che tuttavia nell’amore ha saputo riconoscere l’unico possibile rimedio: “Io sono folle, folle, folle d'amore per te. / Io gemo di tenerezza perché sono folle, folle, folle / perché ti ho perduto”; recita il suo verso più famoso. Ma al di là di questa mia personale sensazione percettiva, non potrà in nessun caso negarsi il tocco leggero, incantato e fatato con cui la Merini ha saputo denunciare meglio di altri il torbido mondo che ci appartiene. Ragion per cui, non ho mai cessato di leggerla e mai lo farò, riconoscendo nella stessa un dono naturale, generato in ogni caso per volontà divina e preda “di mani che rovistano nella carne, che cercano l’anima” di una donna per sempre ignara, del resto, “che nascere folle, / aprire le zolle / potesse scatenar tempesta”.


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Società 14 maggio 2016

Il 21 e il 22 maggio Telethon torna a Piazza degli Eroi con i cuori di biscotto La Fondazione Telethon promuove la campagna di primavera per informare e raccogliere fondi per la ricerca scientifica sulle malattie genetiche rare. Sabato 21 e domenica 22 maggio i volontari Telethon saranno presenti nelle principali piazze italiane con i “Cuori di biscotto”. Ad Ischia ci sarà il banchetto a Piazza degli Eroi.

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abato 21 e domenica 22 maggio, nelle più importanti piazze italiane sarà possibile, con una donazione minima di 10 euro, ricevere i “Cuori di biscotto” e sostenere così la ricerca scientifica sulle malattie genetiche rare, finanziata e sviluppata dalla Fondazione Telethon. L’iniziativa, inserita nell’ambito della campagna di primavera Telethon, ha l’obiettivo da una parte di continuare a sensibilizzare sull’importanza del sostegno alla ricerca scientifica per la cura delle malattie genetiche rare e dall’altra di ricordare l’impegno della Fondazione Telethon durante tutto l’anno. Grazie a questo sostegno la Fondazione Telethon lavora ogni giorno per continuare a fare importanti passi avanti nella cura e nel miglioramento della qualità della vita dei pazienti che sono al centro della sua missione. I “Cuori di biscotto” I “Cuori di biscotto” sono prodotti da Grondona pasticceria genovese, un’azienda familiare che da più di cento anni propone specialità di pasticceria e biscotti della tradizione ligure. Ogni scatola contiene 18 canestrelli di pastafrolla al burro a forma di cuore e una bustina di zucchero a velo, per un peso complessivo di 300g. Ogni prodotto è realizzato senza aggiunta di conservanti, aromi o coloranti. I biscotti sono racchiusi in una scatola di latta, decorata dall’illustratrice Annalisa Beghelli, pensata per essere riutilizzata e per poter continuare a vivere nelle case come elegante contenitore. senza risposta.

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Gli istituti di ricerca Telethon La Fondazione Telethon ha fondato tre istituti di ricerca: l’Istituto Telethon di Genetica e Medicina (Tigem) di Napoli, l’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica di Milano (Tiget), l’Istituto Dulbecco Telethon (DTI). L’Istituto Dulbecco Telethon (DTI) non ha una sede precisa in quanto consiste in un programma finalizzato a fornire a un gruppo selezionato di ricercatori la possibilità di condurre le loro attività in istituti di ricerca italiani di loro scelta. Il finanziamento della ricerca svolta all’interno degli istituti Telethon è soggetto a una valutazione rigorosa. Per i ricercatori che fanno parte dell’Istituto Telethon Dulbecco (DTI), il “programma carriere” di Telethon, esiste poi un bando di concorso specifico. Superata la selezione, la Fondazione assicura ai ricercatori del DTI stipendio e fondi di ricerca per 5 anni, al termine dei quali devono superare un rigoroso processo di valutazione per rinnovare il finanziamento. Complessivamente in questi istituti lavorano tra personale scientifico, che rappresenta la maggior parte delle risorse umane impiegate, e amministrativo, oltre 350 persone. Ad oggi Telethon ha investito in questi centri oltre 168 milioni di euro. L’Istituto Telethon di Genetica e Medicina (Tigem) di Pozzuoli (Napoli) Il primo istituto creato da Telethon è nato nel 1994. Dal 2014 ha una nuova sede all’interno dell’ex “area Olivetti” di Pozzuoli in una struttura di oltre 4.500 metri quadrati, riconvertita e ristrutturata grazie a un investimento di circa 10 milioni di euro provenienti dal Programma operativo nazionale “Ricerca e Competitività” 2007-2013, che ha consentito di usufruire di fondi dell’Unione Europea. La nuova sede comprende quattro grandi laboratori di ricerca “open space”, uffici, un auditorium e aree ricreative, ed è stata dedicata alla memoria di Susanna Agnelli, indimenticabile presidente di Telethon dalla fondazione, nel 1990, al 2009 anno in cui è mancata. All’Istituto Telethon di Pozzuoli, sotto la guida di Andrea Ballabio, lavorano 16 gruppi di ricerca, per un totale di 170 persone. L’Istituto riceve un finanziamento annuale da Telethon, concesso sulla base di una rigorosa valutazione periodica effettuata ogni cinque anni dalla Commissione medico-scientifica (con un aggiornamento a metà del ciclo di finanziamento). zL’Istituto Telethon di Pozzuoli concentra la propria missione sulla comprensione dei meccanismi alla base delle malattie genetiche, per poi sviluppare strategie preventive e terapeutiche. Il lavoro di ricerca segue tre programmi strategici: biologia cellulare delle malattie genetiche, biologia dei sistemi e della genomica funzionale e terapia molecolare. La ricerca si focalizza in particolare su malattie come le degenerazioni retiniche, disturbi del traffico intracellulare, malattie da accumulo lisosomiale, metabolismo epatico e ciliopatie. I metodi utilizzati prevedono approcci di ricerca che includono anche genetica molecolare, biologia cellulare, biochimica delle proteine, bioinformatica, genomica funzionale, biologia dei sistemi e terapia genica. L’Istituto ha attivato collaborazioni con enti e centri di ricerca italiani ed esteri tra cui l’Università di Napoli Federico II (Dipartimento di pediatria e di informatica e sistemistica) e la Seconda Università di Napoli (Dipartimento di patologia generale e di oftalmologia). Inoltre, per volontà di un’associazione americana di pazienti, la Batten Disease Foundation, è nato un laboratorio “Tigem” presso il Texas Children’s Hospital di Houston, dedicato allo studio di malattie neurologiche dei bambini. L’eccellenza della ricerca svolta all’Istituto Telethon di Pozzuoli è confermata anche dalla capacità dell’istituto di attrarre finanziamenti da prestigiosi enti internazionali come l›Unione Europea, i National Institutes of Health, la Fondazione europea di biologia molecolare (EMBO), il Wellcome Trust e l’European Research Council. Telethon ha investito in questo istituto quasi 62 milioni di euro.


Appelli

19 14 maggio 2016

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ACQUA

Tradimento di stato Riceviamo e pubblichiamo l’appello di Padre Alex Zanotelli in difesa dell’acqua pubblica. Di Padre Alex Zanotelli

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uello che è avvenuto il 21 aprile alla Camera dei Deputati è un insulto alla democrazia. Quel giorno i rappresentanti del popolo italiano hanno rinnegato quello che 26 milioni di italiani avevano deciso nel Referendum del 12-13 giugno 2011 e cioè che l’acqua deve uscire dal mercato e che non si può fare profitto su questo bene. I Deputati invece hanno deciso che il servizio idrico deve rientrare nel mercato, dato che è un bene di “interesse economico”, da cui ricavarne profitto. Per arrivare a questa decisione (beffa delle beffe!), i rappresentanti del popolo hanno dovuto snaturare la Legge d’Iniziativa Popolare (2007) che i Comitati dell’acqua erano finalmente riusciti a far discutere in Parlamento. Legge che solo lo scorso anno (con enorme sforzo dei comitati) era approdata alla Commissione Ambiente della Camera, dove aveva subito gravi modifiche, grazie agli interventi di Renzi-Madia. Il testo approvato alla Camera obbliga i Comuni a consegnare l’acqua ai privati. Ben 243 deputati (Partito Democratico e Destra) lo hanno votato, mentre 129 (Movimento Cinque Stelle e Sinistra Italiana) hanno votato contro. A nulla è valsa la rumorosa protesta in aula dei Pentastellati. Ora il Popolo italiano sa con chiarezza sia quali sono i partiti che vogliono privatizzare l’acqua, ma anche che il governo Renzi è tutto proteso a regalare l’acqua ai privati. “L’obiettivo del governo Renzi -afferma giustamente R. Petrella - è il consolidamento di un sistema idrico europeo, basato su un gruppo di multiutilities su scala interregionale e internazionale, aperte alla concorrenza sui mercati europei e mondiali, di preferenza quotate in borsa , e attive in reti di partenariato pubblico-privato.” Sappiamo infatti che Renzi vuole affidare l’acqua a quattro multiutilities italiane: Iren, A2A, Hera e Acea. Infatti sta procedendo a passo spedito l’iter del decreto Madia (Testo unico sui servizi pubblici locali) che prevede l’obbligo di gestire i servizi a rete (acqua compresa) tramite società per azioni e reintroduce in tariffa “l’adeguatezza

della rimunerazione del capitale investito.” (la dicitura che il Referendum aveva abrogato!) Tutto questo è di una gravità estrema, non solo perché si fa beffe della democrazia, ma soprattutto perché è un attentato alla vita. E’ infatti Papa Francesco che parla dell’acqua come “diritto alla Vita” (un termine usato in campo cattolico per l’aborto e l’eutanasia). L’acqua è Vita, è la Madre di tutta la Vita sul pianeta. Privatizzarla equivale a vendere la propria madre! Ed è una bestemmia! Per cui mi appello a tutti in Italia, credenti e non, ma soprattutto alle comunità cristiane perché ci mobilitiamo facendo pressione sul Senato dove ora la legge sull’acqua è passata perché lo sgorbio fatto dai deputati venga modificato. Inoltre mi appello: Al Presidente della Repubblica, perché ricordi ufficialmente al Parlamento di rispettare il Referendum; Alla Corte Costituzionale, perché intervenga a far rispettare il voto del Popolo italiano; Alla Conferenza Episcopale Italiana (CEI), perché si pronunci ,sulla scia dell’enciclica Laudato Si’, sulla gestione pubblica dell’acqua; Ai parroci e ai sacerdoti, perché nelle omelie e nelle catechesi, sensibilizzino i fedeli sull’acqua come “diritto essenziale, fondamentale, universale” (Papa Francesco) Ai Comuni e alle città, perché ritrovino la volontà politica di ripubblicizzare i servizi idrici come Napoli (Penso a città come Trento, Messina, Palermo, Reggio Emilia..). Il problema della gestione dell’acqua è oggi fondamentale: è una questione di vita o di morte per noi, ma soprattutto per gli impoveriti del pianeta, per i quali, grazie al surriscaldamento del pianeta, l’acqua sarà sempre più scarsa. Se permetteremo alle multinazionali di mettere le mani sull’acqua, avremo milioni e milioni di morti di sete. Per questo la gestione dell’acqua deve essere pubblica, fuori dal mercato e senza profitto, come sta avvenendo a Napoli, unica grande città italiana ad aver obbedito al Referendum. Diamoci tutti da fare perché vinca la Madre, perché vinca la Vita: l’Acqua.


Liturgia

20 14 maggio 2016

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Commento al Vangelo

Domenica 15 maggio 2016

È giunto il momento! Di Don Cristian Solmonese

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arissimi lettori, il giorno di Pentecoste è del tutto particolare per noi cristiani. Per gli Ebrei dell’antichità era un giorno speciale che ricordava il giorno in cui Mosè aveva ricevuto le tavole della Legge e corrispondeva anche al cinquantesimo giorno dalla raccolta delle prime spighe di grano. Dopo quattro settimane dal primo covone, si concludeva la mietitura e venivano offerte al tempio di Gerusalemme le primizie del raccolto. Da qui anche il significato del termine: Pentecoste significa cinquantesimo giorno. La nostra solennità di Pentecoste celebra anch’essa un cinquantesimo giorno: quello che segue alle quattro settimane dalla Risurrezione di Gesù. In tale giorno Dio Padre (e anche Cristo stesso Figlio di Dio) comunica il dono dello Spirito Santo a tutti i suoi figli e questo è motivo di grande gioia e di esultanza. Accanto a quello del proprio Figlio, quello dello Spirito è infatti il dono più grande con cui Dio Padre possa raggiungere l’uomo, poiché senza lo Spirito Santo non c’è orientamento e ci si abbandona al caso e alla fatalità. Senza questo

dono si perde la coscienza di aver ricevuto altri doni divini e altri privilegi, che di conseguenza non si esercitano più; senza il dono dello Spirito si perde il vigore, la forza e si smorza l’entusiasmo della nostra fede. Ecco perché Pentecoste è un evento gioioso che ha il suo precedente solo nell’Incarnazione del Verbo. Il Vangelo di questa domenica (Gv 14,15-16.23-26) descrive lo Spirito Santo prima chiamando Paraclito e poi indicando tre verbi che richiamano la sua azione. Lo Spirito è Paràclito, nome che significa “Colui che è chiamato accanto”, “Uno accanto a noi”, a nostro favore, non contro di noi; Egli quando anche il cuore ci accusa, è più grande del nostro cuore, è nostro Difensore. Quando siamo sterili e tristi, Egli è accanto come vento che porta pollini di primavera, come fuoco che illumina la notte: Creatore e Consolatore. Quando siamo soli, quando tocchiamo la solitudine nemica, Egli riempie la casa; è il Dio vicino, che avvolge, penetra, fa volare ad altezze nuove i pensieri, dà slancio a gesti e parole, sulla misura di quelli di Cristo. L’azione dello Spirito è indicata attraverso tre verbi: «rimanere, insegnare e ricordare». Rimarrà con voi per sempre, vi insegnerà ogni cosa, vi ricorderà tutto quello che vi ho detto. Egli rimane con me. Lo Spirito è già qui, ha riempito la casa. Se anche io non sono con Lui, Lui rimane con me. Se anche lo dimenticassi, Lui non mi dimenticherà. Nessuno è solo, in nessuno dei giorni. Vi insegnerà ogni cosa: lo Spirito ama insegnare, accompagnare oltre, verso paesaggi inesplorati, dentro pensieri e conoscenze nuovi; sospingere avanti e insieme: con lui la verità diventa comunitaria, non individuale. Vi ricorderà tutto: vi riporterà al cuore gesti e parole di Gesù, come quando passava e guariva la vita e diceva parole che facevano rinascere il cuore. Pentecoste è una festa rivoluzionaria di cui non abbiamo ancora colto appieno la portata. Lasciamoci toccare da questo evento, chiediamo più fede verso lo Spirito Santo e lasciamoci modellare da questo artista meraviglioso. Buona Domenica!


Ecclesia

21 14 maggio 2016

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San Francesco, il buon pastore dell’ordine Di Ordine francescano secolare di Forio

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apa Francesco ha incentrato la catechesi del 4 maggio scorso sulla parabola della pecorella smarrita, dove il Signore è il Buon Pastore che va in cerca dell’unica pecorella persa, lasciando le altre novantanove nel deserto, rischiando di perdere anche quelle ma fiducioso di riunirle tutte e cento: “Dovremmo riflettere spesso su questa parabola, perché nella comunità cristiana c’è sempre qualcuno che manca e se ne è andato lasciando il posto vuoto. A volte questo è scoraggiante e ci porta a credere che sia una perdita inevitabile, una malattia senza rimedio. E’ allora che corriamo il pericolo di rinchiuderci dentro un ovile, dove non ci sarà l’odore delle pecore, ma puzza di chiuso! E i cristiani? Non dobbiamo essere chiusi, perché avremo la puzza delle cose chiuse. Mai! Bisogna uscire e non chiudersi in sé stessi, nelle piccole comunità, nella parrocchia, ritenendosi i giusti. Questo succede quando manca lo slancio missionario che ci porta ad incontrare gli altri. Nella visione di Gesù non ci sono pecore definitivamente perdute, ma solo pecore che vanno ritrovate. Questo dobbiamo capirlo bene: per Dio nessuno è definitivamente perduto. Mai! Fino all’ultimo momento, Dio ci cerca”. Nella sua vita san Francesco d’Assisi, quando viveva nei peccati, fece esperienza di essere ritrovato da Gesù Buon Pastore, divenendo la pecorella più fedele rispetto a tante altre. Da pecorella è poi divenuto a sua volta il buon pastore dei suoi frati, soffrendo terribilmente quando qualcuno di essi si perdeva: « Cercava la salvezza delle anime con

pietà appassionata, con zelo e fervida gelosia e, perciò, diceva che si sentiva riempire di profumi dolcissimi e, per così dire, cospargere di unguento prezioso, quando veniva a sapere che i suoi frati sparsi per il mondo, col profumo soave della loro santità, inducevano molti a tornare sulla retta via. All’udire simili notizie, esultava nello spirito e ricolmava di invidiabilissime benedizioni quei frati che, con la parola e con le opere, trascinavano i peccatori all’amore di Cristo. … Una volta, turbato per i cattivi esempi, con grande ansietà di spirito, pregava per i suoi figli il Padre misericordioso; ma si ebbe dal Signore questa risposta: “Perché ti turbi, tu, povero omuncolo? Forse che io ti ho

costituito pastore della mia Religione, senza farti sapere che il responsabile principale sono io? Ho scelto te, uomo semplice, proprio per questo: perché le opere che io compirò siano attribuite non a capacità umane, ma alla grazia celeste. Io ho chiamato, io conserverò e io pascerò e, al posto di quelli che si perdono, altri ne farò crescere. E se non ne nasceranno, li farò nascere io; e per quanto gravi possono essere le procelle da cui questa Religione poverella sarà sbattuta, essa, col mio sostegno sarà sempre salva”» (FF 1138). Ci aiuti san Francesco con il suo esempio e la sua intercessione ad essere sempre fedeli alla Chiesa di Cristo.

Lo Spirito Santo in aiuto alla nostra debolezza Di Antonio Magaldi

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ella vita di S. Angela da Foligno, grande mistica, vissuta tra il 1248 e il 1309, si legge come un giorno trovandosi la Santa a pregare sulla tomba di S. Francesco d’Assisi, udì una voce che le disse: “Tu hai fatto ricorso al mio servo Francesco, ma ti farò ora conoscere un altro appoggio. Io sono lo Spirito Santo che sono venuto a te e voglio darti una gioia che ancora non hai gustata. Io ti accompagnerò, sarò presente in te, ti parlerò sempre, e se tu mi ami non ti abbandonerò mai”. Angela, ritenendosi grande peccatrice, si credeva indegna di tale privilegio, ma la voce le sussurra ancora: “Io sono lo Spirito Santo che vive interiormente in te”. Ciò che lo Spirito Santo rivela alla Santa, la Chiesa lo insegna a tutti i cristiani da sempre. È confortante per ognuno di noi, pensare a questo insegnamento della Chiesa, particolarmente nel giorno celebrativo della Solenne Liturgia. C’è una singolare e suggestiva scenografia, che è alimentata dal racconto Evangelico; prima di lasciare i suoi discepoli, Gesù aveva detto loro di non allontanarsi da Gerusalemme, promettendo che: “… avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria fino agli estremi confini della terra” (At 1,8). Dopo aver ricevuto lo Spirito Santo, gli Apostoli

furono animati da una forza straordinaria, specialmente il debole e pauroso Pietro (che tremò difronte ad una serva, tanto da arrivare a dire che non conosceva il Maestro), parlò sulla piazza di Gerusalemme e rimproverò pubblicamente ai Giudei di aver condannato a morte in croce Gesù l’autore della vita. “Oggi Pentecoste – disse il Beato Paolo VI al “Regina Coeli” del 2 giugno 1974 (Domenica di Pentecoste) – La Chiesa celebra la sua nascita, cioè quella animazione che fa vivere della grazia, vivere di amore divino, vivere di carità il corpo mistico di Cristo, che è appunto la Chiesa”. Chiediamo a Dio l’abbondanza del dono dello

Spirito Santo, affinché possiamo trasformarci nella santità, come accadde per gli Apostoli e per i primi Cristiani. È Gesù che ha reso possibile la venuta in pienezza dello Spirito Santo; ha reso l’uomo in grado di divenire “pneumatoforo”. Dobbiamo chiuderci decisamente allo spirito del mondo: - Voi siete nel mondo ma non del mondo – (Gv 17-15-16). Per questo dobbiamo fare dei tagli in tanti nostri rapporti e abitudini mondane, considerandole spazzatura di fronte all’opera dello Spirito. Gesù vuol farci partecipi della sua gioia piena. Prepariamoci dunque alla venuta dello Spirito Santo con la preghiera e il sacrificio e vedremo che cosa ci dona Dio in cambio del niente che perdiamo: sentiremo Dio con noi. «Quando accogliamo lo Spirito Santo nel nostro cuore e lo lasciamo agire, Cristo stesso si rende presente in noi e prende forma nella nostra vita; attraverso di noi, sarà Lui, lo stesso Cristo a pregare, a perdonare, a infondere speranza e consolazione, a servire i fratelli, a farsi vicino ai bisognosi e agli ultimo, a creare comunione, a seminare pace. Pensate quanto è importante questo: per mezzo dello Spirito Santo, Cristo stesso viene a fare tutto questo in mezzo a noi e per noi» (Papa Francesco - Udienza Gen. 29/01/2014)


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Parrocchie 14 maggio 2016

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Il grido che riunisce Testaccesi ed argentini: viva San Giorgio! Di Maria Mattera

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i avvicina il 23 aprile, e i cuori di tutto il popolo testaccese, anche i più assopiti, si risvegliano dal letargo invernale per il consueto appuntamento con il Santo Patrono Giorgio. La chiesa indossa il suo vestito più bello, rosso e oro, e le strade si colorano di archi luminosi e si popolano di bancarelle: si respira un’aria diversa, impregnata del profumo di una fede antica eppure sempre attuale e viva; mentre la primavera, come sempre, si prende una pausa. Il paese e la parrocchia sono in fermento ancor più del solito poiché quest’anno è previsto l’arrivo di una delegazione di fedeli argentini, provenienti da Mar del Plata. Che uragano! La loro devozione e la loro fede genuina, l’amore per le tradizioni e per il paese che ha visto nascere loro o i loro parenti travolgono e contagiano l’intera comunità testaccese seminando ovunque sorrisi e buon umore, soprattutto al grido che hanno sempre sulle labbra “Viva San Jorge!!”, che immancabilmente viene seguito a ruota dal nostro vivo e forte più che mai “Viva San Giorgio!” e dall’inno cantato all’unisono. Nel contesto dei festeggiamenti, come ogni anno il Santo viene portato a spalla dai fedeli lungo tutte le strade del nostro paese, scortato anche dalla banda e dalle autorità locali. Tutto il giorno nuvole e pioggia non avevano lasciato spiragli in cielo, e tutti erano un po’ perplessi circa la possibilità di uscire in processione, eppure, poche ore prima dell’orario prefissato, il cielo si libera completamente, ricordando a tutti di continuare sempre ad aver fede e sperare. Le strade si cospargono di piccole lanterne rosse, echeggia in tutto il paese la recita del Santo Rosario, e i fuochi d’artificio accendono la notte di infiniti colori, in ringraziamento al Santo per la sua costante protezione. Il 24 aprile la chiesa rossa e oro ospita poi il Vescovo Pietro, e quattro dei nostri giovani, attraverso la cresima, si uniscono all’esercito di testimoni di Cristo. La stessa sera, uno dei nostri fedeli accoglie in casa sua i nostri amici argentini e una

rappresentanza del popolo testaccese per una cena in allegria animata da canti, risate, applausi e, non ce lo dimentichiamo, gli infiniti “Viva San Giorgio!”. Qualche giorno dopo, in occasione della chiusura dei festeggiamenti e del saluto al Santo prima che venga riposto nella sua nicchia, il mezzo busto di San Giorgio viene accompagnato da una folta processione fino alla piazzetta dei Maronti. La banda e la recita del rosario riempio-

no la sera e alleggeriscono il cammino fino all’arrivo in piazzetta, dove il Santo e i fedeli sono accolti dal canto dell’inno. Durante la celebrazione della Santa Messa, però, il tempo cessa di essere clemente come lo era stato fino a quel momento, e la gente e il Santo vengono colti alla sprovvista da una lieve pioggerella che costringe il parroco a saltare l’omelia. Terminata l’Eucaristia, mentre ancora una volta viene cantato l’inno che esorta “Alza o Testaccio

il capo”, l’attenzione di tutti si rivolge al mare. Il mare che ha sfamato ed ha permesso la sopravvivenza a tanti testaccesi e a tanti marplatensi, ma che ha anche ingoiato per sempre tanti di loro, viene benedetto, e in ricordo dei nostri marittimi morti in mare, al suono degli inni italiano e argentino, viene salutato nella commozione generale dal lancio di due corone di fiori contraddistinte da grossi fiocchi coi colori italiani e argentini. E mentre il popolo per un attimo fa silenzio, esplodono in acqua mille fuochi d’artificio lasciando tutti a bocca aperta. La banda a quel punto comincia ad intonare il motivo di canti napoletani tenendo tutti in allegria, e in un lampo anche il delizioso buffet offerto in piazza sparisce. Il cielo si colora di nuovo di fuochi d’artificio, ed in breve si è tutti pronti per riaccompagnare il Santo in Parrocchia. La salita è tutt’altra cosa rispetto all’andata, le pance piene e le gambe stanche, però, non impediscono ai nostri fedeli di seguire San Giorgio in processione. I canti, la banda ed il rosario recitato insieme in spagnolo e italiano scandiscono i passi del corteo fedele, fin quando la lieve pioggerella si trasforma in una vera e propria pioggia a catinelle. Impossibile a quel punto fermarsi, impossibile dare il cambio ai ragazzi e alle ragazze che portano in spalla il Santo. Il passo incalza, il canto è affannoso, pochi gli ombrelli, ma nessuno si scoraggia, anzi sorridono tutti! Il Santo raggiunge la parrocchia, inzuppato anch’esso come i fedeli che lo hanno seguito senza demordere e che continuano imperterriti ad intonare l’inno con vigore ed orgoglio, pur col fiatone e senza voce. La festa in onore del nostro Santo volge al termine, è tempo di salutare i nostri fratelli argentini scambiando con essi dei doni, simbolo dell’affetto reciproco che non si esaurisce e, con la promessa e l’invito a rivederci il prossimo anno, ricordando i momenti che abbiamo vissuto insieme grazie alla fede comune e alla devozione per il Santo cavaliere, col sorriso sulle labbra tutti insieme accompagniamo San Giorgio nella sua nicchia. Ciao San Giorgio! La tua festa è finita, ma come sempre: a domani.


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Televisione

14 maggio 2016

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SEGNALAZIONI SETTIMANALI LUNEDI’ 16 MAGGIO Serie “La famiglia Bradford”- ore 12.20 In onda dal lunedì al venerdì, a partire dal 16 maggio, la serie statunitense anni ‘70 racconta le vicissitudini di Tom Bradford, giornalista del “Register” di Sacramento, in California, che resta vedovo e con ben 8 figli, di età compresa tra gli 8 e i 23 anni. Serie “I promessi sposi” – ore 21.50 Ogni lunedì, in seconda serata, una puntata dello sceneggiato del 1989 tratto dall’omonimo romanzo di Alessandro Manzoni. Diretto da Salvatore Nocita con Danny Quinn (Renzo Tramaglino), Delphine Forest (Lucia Mondella), Alberto Sordi (don Abbondio) e Franco Nero (fra Cristoforo). MARTEDI’ 17 MAGGIO Film – “The constant gardener” - ore 21.00 In una remota area del Kenya, viene ritrovata l’attivista politica Tessa Quayle, vittima di un brutale omicidio. All’apparenza il movente del crimine sembra quello passionale, ma Justin Quayle, il marito, non crede che la moglie possa averlo tradito e decide di fare delle indagini per conto suo. Ma quando si avvicina alla verità, anche la sua stessa vita è in pericolo. Tratto dall’omonimo best seller di John Le Carrè. Di Fernando Meirelles con R. Fiennes, R. Weisz, P. Postlethwaite, B. Nighy, H. Koundé MERCOLEDI’ 18 MAGGIO Attualità “ Laudato si’ ” – ore 21.15 Appuntamento settimanale, condotto da Alessandro Sortino, che porta in televisione l’enciclica “Laudato si’” di Papa Francesco sull’ambiente e la cura della “Casa comune”. Al centro della puntata intitolata “Pane ed acqua” la presa di coscienza che il cibo è l’elemento che relaziona direttamente l’uomo con l’ambiente. GIOVEDI’ 19 MAGGIO Film – “Arsenico e vecchi merletti” – ore 21.00 Mortimer Brewster, critico teatrale, va a trovare due anziane e amabili ziette e scopre un cadavere nella loro cassapanca. Le due signorine gli confessano senza difficoltà di aver già ucciso una dozzina di vecchietti e di averli sepolti in cantina con la collaborazione di Teddy, il nipote malato di mente. Un classico della commedia nera tratto dall’omonima commedia di Joseph Kesselring. Di F. Capra con R. Massey, J. Carson, C. Grant, P. Lane, E. Horton.

ABBONAMENTO POSTALE VENERDI’ 20 MAGGIO Film – “Orizzonti di gloria” – ore 21.00 Durante la Prima Guerra Mondiale, per uno stupido puntiglio, un generale francese ordina un attacco a una postazione tedesca inespugnabile. Il colonnello Dax, ufficiale coraggioso e onesto, capisce la follia dell’ordine e cerca di evitare la carneficina, ma, di fronte all’ottusità dei suoi superiori, è costretto a eseguire i comandi. L’assalto, naturalmente, fallisce, ma non è tutto: il tronfio generale fa fucilare tre soldati per vigliaccheria. Di S. Kubrick con R. Meeker, A. Menjou, W. Morris, K. Douglas, G. MacReady SABATO 21 MAGGIO “Nero Wolfe” – ore 21.00 Come ogni sabato sera, appuntamento con una puntata delle sceneggiato dedicato a Nero Wolfe, il personaggio letterario nato dalla penna dello scrittore Rex Stout. Insieme a Tino Buazzelli, nei panni dell’investigatore di origine montenegrina, Paolo Ferrari, in quelli dell’assistente Archie Goodwin, e Pupo De Luca, come Fritz Brenner, cuoco di casa Wolfe. Regia di Giuliana Berlinguer. DOMENICA 22 MAGGIO Viaggi - “Il mondo insieme” di Licia Colò – ore 15.15 In viaggio con Licia Colò alla scoperta delle località più belle e suggestive del pianeta. Tanti gli ospiti in studio che condivideranno con il pubblico insoliti quanto avvincenti itinerari di viaggio. Film “Rita da Cascia” – ore 21.00 È la storia di Rita Lotti, più conosciuta come Santa Rita da Cascia. Fu figlia, sposa, madre e monaca ed ebbe il coraggio di spezzare con un il perdono una violenta spirale di vendetta. Santificata nel 1900 da Papa Leone XIII. Regia di G. Capitani con V. Belvedere, M. Crewes, S. Ascani.

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CONVENTO S. ANTONIO ISCHIA PONTE

IL SABATO DI MARIA Ogni sabato del mese di maggio nella Chiesa del Convento S. ANTONIO (lato parcheggio) ore 21.00 recita del S. Rosario, canto delle Litanie e Consacrazione a Maria

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Comune di Ischia Edicola di Piazza degli Eroi; Edicola di Ischia Ponte; Edicola al Bar La Violetta; Edicola di San Michele da Odilia; Edicola di Portosalvo Comune di Lacco Ameno Edicola al Bar Triangolo Edicola Minopoli sul corso Comune di Casamicicola T. Edicola di Piazza Bagni; Edicola di Piazza Marina; Comune di Forio Edicola del Porto; Edicola di Monterone



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