San Giorgio Megalomartire Patrono di Reggio Calabria Tradizione e Storia di un Culto millenario di Nicola Ferrante il Santo e Francesco Arillotta il Patrono codice ISBN 978-88-88867-10-6
Progetto grafico e videoimpaginazione Kaleidon Copertina Massimo Monorchio Foto copertina Paola Kayzar Stampa Grafiche Femia
Vive espressioni di grazie gli Autori rivolgono a tutte quelle persone che, con grande disponibilità, hanno consentito l’acquisizione di tanto materiale documentale, e in particolare:
Dr. Angelo Pesenti, Treviolo (BG) Dott. don Enrico Peverada, Archivio Arcivescovile, Ferrara Padre Andrea Notelaers, Basilica di San Giorgio al Velabro, Roma Dr. Renzo Durandetto, presidente della Proloco, S. Giorio di Susa (TO) Comm. Maurizio Brignoli, Priore del Tempio Sacrario della Cavalleria Italiana, Voghera (PV) Dr. Domenico Campisi, direttore della Cassa Rurale di Caccamo (PA) Dr. Marcello Favale, Gioia del Colle (BA) Prof. Giuseppe Montanarelli, Terlizzi (BA) Dr.ssa Silvia La Monaca, Roma Parroco di S. Giorgio a Borgo Vico, Como Priore dell’abbazia di S. Giorgio Maggiore, Venezia Direttore della Biblioteca Comunale di Treviolo (BG) Bibliotecario della Camera di Commercio di Alessandria
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Addetti all’Archivio Storico Diocesano di Reggio Calabria I sindaci di Maropati, Martone, S. Giorgio Morgeto, Sinopoli (RC) e di Caccamo (PA) Don Antonio Santoro, parroco di S. Giorgio Intra e don Antonino Pangallo, parroco di San Giorgio Extra di Reggio Calabria Prof. Giuseppe Caridi, Presidente della Deputazione di Storia Patria per la Calabria
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Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dell’editore
Mimmo Furina di Bivongi, Bruno Ienco di Bagnara, Mimmo Fazari di S. Giorgio Morgeto (RC) Stefano Iorfida, Bruno Ferrucci, Claudio Malice, Renato Laganà e Michele Strati di Reggio Calabria
San Giorgio, un Santo nella Storia di Nicola Ferrante
La vita
Nei primi tempi del Cristianesimo, della vita di un Martire, ai Cristiani interessava solo una cosa: ha dato davvero la vita per Gesù? Se è così, basta. Non li interessava altro. Se i Martiri, nella loro vita personale, erano stati dotti o ignoranti, ricchi o poveri, nobili o plebei, non interessava proprio. “Non c’è amore più grande di quello che dà la vita per la persona amata” aveva detto Gesù. Per cui sant ’Ambrogio poteva tagliare corto ad ogni curiosità: “Martirem dixi? Satis praedicavi!”: “Ho detto martire? Ho detto tutto!”. Più tardi, all’ incirca dal secolo ottavo in poi, predicatori e agiografi vari sentirono il bisogno di presentare ai tiepidi Cristiani, lontani dai tempi dei Martiri, i prodigi e le meraviglie operati dal singolo santo martire, perché tutti lo imitassero e vi accendessero un po’ di fuoco spirituale. Da qui nacquero le ‘leggende’ sulle vite dei Martiri. Originariamente, il termine ‘leggenda’ non aveva il significato che le si dà oggi: racconto fantasioso, inconsistente, senza valore. Inizialmente si trattava, invece, di ‘scritti da leggere’, perché basati su fatti storici anche se amplificati, perché utili per la propria edificazione e per ammirare il proprio eroe. Effettivamente, attorno al nucleo storico dell’esistenza e del martirio di S. Giorgio, col tempo, si aggiunsero molte leggende. Così avvenne anche per la sua iconografia: prima fu raffigurato
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1. icona russa
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come un giovane soldato; in seguito, un po’ alla volta, appare prima il cavallo (bianco), poi la lancia che trafigge il drago, infine la fanciulla liberata dal drago. Dicono che fu l’imperatore Costantino a volere che, ai piedi del Martire, fosse dipinto un drago trafitto da un dardo. In Egitto, dove molte chiese e monasteri sono dedicati a s. Giorgio, la leggenda venne affiancata a quella del dio
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2. quadro di fattura etiope (da A. Pesenti, “San Giorgio Martire”)
3. quadro di Paolo Uccello con San Giorgio, la principessa, e il drago legato alla catena
Oro, cavaliere dalla testa di falco e purificatore del Nilo, in uniforme romana, in atto di trafiggere un coccodrillo (drago) fra le zampe di un cavallo. Tutto ciò che noi conosciamo deriva dalla Passio Georgii, biografia scritta agli inizi del V secolo e già classificata apocrifa dal Decretum Gelasianum del 496, e dalle successive rielaborazioni e integrazioni, codificate nel XIII secolo nella famosa Legenda aurea scritta dal domenicano, e vescovo di Genova, Iacopo da Varagine o Varazze, morto nel 1298. L’antica leggenda narra, dunque, della lotta di s. Giorgio col drago. Siamo in Libia, nella città di Silena, non lontano da un lago. In quel tempo, vi viveva un terribile e pestilenziale drago. Per tenerlo buono, bisognava ogni mattina fargli trovare sulla sponda del lago un animale, che il drago avrebbe divorato. Terminati gli animali, toccò agli esseri umani. E un giorno la sorte cadde sulla figlia del re; il che gettò tutta la città nella desolazione. Per sua fortuna, un giovane cavaliere, di nome Giorgio, si trovava a passare da quelle parti e conosciuto il motivo di tanta tristezza, salì sul cavallo, inforcò la lancia e, appena apparve il drago, lo affrontò e gli legò la testa con una
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4. Turchia, panorama di Kayseri
corda, che fissò alla cintura della fanciulla, come un docile cane. A tale vista, il re e tutti i cittadini chiesero a Giorgio il battesimo. Dopo di che Giorgio uccise il drago. Secondo un’altra leggenda, più accreditata e seguita, invece, Giorgio infilzò subito il drago con la sua lancia, non appena tentò di assalire la fanciulla. Bisogna, quindi, distinguere l’esistenza storicamente certa dalle leggende che lungo i secoli si sono moltiplicate. Per san Giorgio numerosi erano i devoti? varie e numerose furono le leggende. Ma pure esse possono contenere qualche frammento di verità storica. Secondo questi racconti, Giorgio sarebbe nato a Kesarea (oggi Kayseri) nella Cappadocia, dal persiano Geronzio e dalla cappadoce Policrònia, che lo educarono alla fede cristiana, fino alla sua entrata nell’esercito. Il martirio avviene sotto Diocleziano (che qualcuno confonde con Daciano, re dei Persiani). Giorgio, chiamato a rendere conto della propria fede davanti ai giudici imperiali, distribuisce i suoi beni ai poveri e si dichiara cristiano, rifiutando di offrire sacrifici agli idoli. Allora viene carcerato, flagellato, sospeso, lacerato. Ha una visione del Signore, che gli predice sette anni di sofferenze; ha la meglio sul mago Atanasio, che si converte e muore martire; converte l’ufficiale Anatolio con i suoi soldati, che muoiono martiri. Il re Tranquillino gli chiede di risuscitare centinaia di persone morte già da alcuni secoli, cosa che Giorgio fa, per cui l’ imperatrice Alessandra si converte e viene martirizzata. Operando ancora altri miracoli, promette di proteggere chi onorerà le sue reliquie, e infine viene decapitato. Sul suo sepolcro, a Lui e ai suoi compagni martiri, fu eretta una basilica; ciò avvenne certamente prima del 368, come fa fede un’epigrafe greca, rinvenuta presso Batanea e datata dagli storici appunto a quell’anno, in cui si fa riferimento ad una ‘casa dei santi e trionfanti martiri Giorgio e compagni ’, cioè a una chiesa dedicata al Santo, già qualche decennio dopo il martirio.
Nel 494, san Gelasio papa ne approva il culto, fissando al 23 aprile, ritenuta la data del suo martirio, la ricorrenza celebrativa; come conferma il calendario compilato nel X secolo dal monaco scriba georgiano Zosimo. A Lidda, sono visibili pochi ruderi di una basilica cemeteriale, che taluni studiosi datano all’epoca costantiniana; e Teodosio Perigeta, che scrive attorno al 530, ci fa sapere che, all’epoca, lì era venerato il sepolcro di Giorgio. Verso l’anno 560, un viaggiatore di nome Antonino, insieme con Giovanni e altri pellegrini, lascia Piacenza, la sua città, e si dirige in Terrasanta. Nel suo noto Itinerarium, Antonino non manca di annotare che a Diospolis, detta anche Lidda, si trova il sepolcro contenente i resti mortali di s. Giorgio martire. Circa il 670, il santo abate irlandese Adamnano, nel suo De locis sanctis, relazione del pellegrinaggio di Arculfo, vescovo franco, in Terrasanta, parla del sepolcro di s. Giorgio a Diospolis, e dei miracoli che lì avvenivano. Verso l’anno 865, il monaco Bernardo scrive: “Andammo a Ramula (nome arabo della città di Lidda) presso il monastero del beato Giorgio martire, ove egli riposa”. Poi ci sono le passiones che, come si può immaginare, sono numerose. Francois Halkin riporta un elenco di circa settanta documenti vari in lingua greca su san Giorgio: dalle passiones alle vitae et martiria, dalle epitomae alle laudationes, dalle recensiones ai miracula, e così via. E, nel tempo delle Crociate, numerose anche le testimonianze latine: omelie, inni, discorsi, ricordi di miracoli. Un criterio sicuro, sulla certezza storica di un Santo, ci viene dai Bollandisti, secondo i quali, quando esistono le ‘coordinate agiografiche’: sepolcro e giorno della celebrazione liturgica, non si può dubitare della sua esistenza. Ora, per san Giorgio, le due coordinate agiografiche ci sono e sono certe, per cui assolutamente può dirsi sicura la sua esistenza storica: il sepolcro, venerato a Lidda, su cui venne innalzata una grande basilica; il giorno della memoria liturgica, il 23 aprile, fissato da una ricca serie di antichi calendari, fra i quali il sacramentario leonino del V secolo, che contiene i testi della Messa di san Giorgio Martire.
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5. Lidda, l’ingresso della basilica di San Giorgio (foto La Monaca)
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Alcune testimonianze del culto a San Giorgio in Italia… v a Como, c’è la basilica di San Giorgio al Borgo Vico, nella quale nel 1793 furono
trasferite, da Pavia, dove le avevano portate i Longobardi, importanti reliquie del Santo; grandioso affresco secentesco di san Giorgio e il drago, opera dell’artista Giampaolo Recchi; statua lignea di epoca moderna del Santo v a Padova, l’Oratorio di San Giorgio è impreziosito dagli affreschi trecenteschi dell’Avanzo e dell’Altichiero (di cui, nel 2003, è stato riprodotto dalle Poste italiane quello della ‘decapitazione di San Giorgio’, in un francobollo, in occasione della ricorrenza del 1300° del Suo martirio); nella contigua Basilica del Santo, si ammira la sontuosa cappella a Lui dedicata v a Napoli: chiesa di San Giorgio Maggiore, nel rione Spaccanapoli, la cui fondazione risale a San Severo, vescovo nel V secolo; nell’edificio odierno, seicentesco, affresco d’epoca di Aniello Falcone e imponente quadro settecentesco di Alessio d’Elia datato 1757; chiesa di San Giorgio dei Genovesi, costruita una prima volta nel 1525, rifatta più ampia nel 1626 su disegno di Bartolomeo Picchiatti, con grande tavola del cinquecentesco Andrea Sabatini da Salerno v a Ferrara, di cui San Giorgio è patrono, nella Cattedrale è conservata una reliquia del cranio, donata da Papa Clemente VIII alla città nell’anno 1600, in occasione del Giubileo; nel museo della cattedrale è inoltre conservato il reliquario contenente il braccio del Santo. Vi si svolge annualmente la Fiera di San Giorgio, importante manifestazione socio-economica della Città v a Treviolo, grosso centro del Bergamasco, di fondazione medievale, anche la devozione a san Giorgio risale a quell’epoca. E del culto al santo – suo protettore – si è giustamente fatto la nota di base della vita comunitaria, con una promozione culturale di altissimo livello, realizzata attraverso studi e ricerche travasati in qualificanti e molto 18. apprezzate pubblicazioni
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18. Napoli, chiesa di San Giorgio dei Genovesi, quadro di Andrea Sabatini
v a Caccamo (PA), centro normanno della Sicilia
occidentale, con un superbo castello, dominante la vallata, la chiesa madre, anch’essa di costruzione normanna, è dedicata a san Giorgio. In questo splendido edificio sacro, sono ospitate insigni opere di Domenico Gagini e di pittori fiamminghi del XVII secolo v a Voghera (PV), c’è la chiesa di sant’Ilario e san Giorgio o “Chiesa rossa”, dal 1952 Tempio Sacrario della Cavalleria Italiana di cui San Giorgio è Protettore; ornata dai trentuno stemmi dei Reggimenti di Cavalleria italiani, è gestita da un apposito Priorato v a Venezia, nella basilica di San Giorgio Maggiore, costruita nel 1565 da Andrea il Palladio sull’isola omonima, è conservato un braccio di San Giorgio; ben nota la pala d’altare con San Giorgio che uccide il drago, opera di Vittore Carpaccio, variante della famosa tela esistente a S. Giorgio degli Schiavoni v a Roma, nel 749, papa Zaccaria estrasse dal Patriarcato del Laterano la reliquia del cranio di san Giorgio e la depositò presso la chiesa di san Sebastiano al Velabro, che da allora assunse l’attuale denominazione. La Basilica è affidata ai Padri Crociferi v San Giorgio in Alga è chiamata una piccola isola della Laguna Veneta
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20. Voghera, la chiesa ‘rossa’, Sacrario della Cavalleria Italiana
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19. da “Immagini di Caccamo”: statua di San Giorgio in alabastro del XVIII secolo
v a Milano, dove si ricorda quella di San
Giorgio a Palazzo, costruita attorno al 749 dal vescovo Natale e dal re longobardo Rachis, sul posto indicato dalla tradizione come la sede del palazzo imperiale nel quale Costantino il Grande nel 313 firmò l’editto che liberalizzava il culto cristiano v a Verona, c’è la chiesa di San Giorgio in Braida, con tele di pittori rinascimentali e la chiesa di S. Anastasia che conserva il famoso affresco del Pisanello nella cappella Pellegrini v a Piana degli Albanesi (PA): chiesa cinquecentesca di San Giorgio, restaurata nel XVIII secolo v a Ragusa: basilica con una imponente facciata in stile barocco, realizzata dall’architetto Rosario Gagliardi fra il 1738 e il 1775 v a Modica Alta (RG), altra chiesa barocca di San Giorgio, con cinque portali e slanciata torre centrale v a Bari troviamo una significativa ‘via San Giorgio’ e una frazione denominata San Giorgio v a Matera, San Giorgio è effigiato in un bassorilievo posto sulla facciata della chiesa
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v a Portofino (GE), il 23 aprile si
accende un grande fuoco sulle pendici della collina su cui sorge la parrocchiale dei Santi Martino e Giorgio v a Ruinas (OR), il giorno della festa, si celebra nella chiesa parrocchiale la ‘missa manna’ e subito dopo si effettua una partecipata processione, con i giovani a cavallo, che sventolano stendardi e bandiere v a San Giòrio di Susa (TO), il giorno di San Giorgio si svolge la caratteristica manifestazione degli spadonari, allorquando, dopo la solenne processione della statua lignea di san Giorgio, aperta dal gonfaloniere della città, che regge il ‘drapeu’, i teatranti, in maschera e sgargianti costumi medievali, girano per il paese ballando e agitando grandi spade, con recita finale, sulla spianata del castello, per ricordare la rivolta popolare che portò a “la soppressione del feudatario”; il tutto gestito ottimamente dalla locale Pro Loco v ad Alessandria, il lillà è considerato il fiore di San Giorgio e nel giorno del Santo si svolge un’antichissima fiera del cavallo da guerra, allevato nelle lande del Monferrato. Si celebra, anche, il Palio più antico d’Italia v a Mola (BA), nel giorno del Santo, si svolge la solenne cerimonia della consegna della lancia d’argento dal sindaco al Priore della Collegiata v ad Aosta, i cittadini oriundi di S. Giorgio Morgeto (RC) organizzano ogni anno in luglio una frequentatissima festa in onore del Santo
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e nel mondo… v in Francia, fra tutte le testimonianze
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esistenti, ricordiamo la vetrata nella Cattedrale di Chartres del XIII sec. v in Germania, chiesa a Limburg (Assia) e basilica a Magonza (Renania Palatinato) v in Croazia, chiesa di Sv. Jurja a Lovran, roccaforte contro l’invasione degli Uscocchi (XVI sec.) v in Grecia, chiese a Livadia in Beozia e a Paliakora in Egina, isola di fronte il Pireo v in Russia: incluso nuovamente nello stemma della Nazione con decreto di Eltsin – sala reale dell’Ermitage a San Pietroburgo, decorata con un bassorilievo che Lo rappresenta – è il patrono di Mosca – a Novgorod, a Lui è intitolata la cattedrale del monastero di Jur’ev, costruita nel 1119 dal Maestro Pietro v in Ucraina, il culto di San Giorgio si sviluppò in particolar modo nella capitale Kiev, nella prima metà dell’XI secolo, all’epoca del regno del principe Jaroslav il Saggio v in Romania, museo interamente dedicato ad opere che lo raffigurano, nella città di Oradea; nella Bucovina romena, monasteri di Sucevitza del 1582 e di Staro Magorincino v a Victoria di Gozo, in Malta, basilica di San Gorg, con il santo raffigurato a piedi, segno dell’antichità del culto, introdotto dai Bizantini di Belisario v a Praga, basilica romanica di Svatèho Jirì nel klaster (castello) della città. Nel castello boemo di Konopiˇst e˘ , c’è un Museo che contiene la ricchissima collezione di opere d’arte ispirate a San Giorgio, raccolta dall’arciduca Francesco Ferdinando II d’Austria-Este, quello assassinato a Sarajevo v in Georgia, festa il 14 gennaio; culto nel Santuario della Croce di Santa Nino a Mtzcheta (capitale della Georgia fra il II e il V sec.) costruito fra il 590 e il 604 v in Inghilterra: Londra: St. George’s Chapel of Windsor v in Lituania: a Kaunas, sul fiume Niemen, chiesa della seconda metà del XIV secolo
v in Bulgaria: Gergiovden è il protettore
dell’esercito bulgaro e il 6 maggio, giorno della festa in suo onore, si effettua una grande parata militare in piazza Principe Alexander Battenberg, a Sofia; è tradizione del Paese sacrificare un agnello in ricordo del Santo v il Saint George’s Channel mette in comunicazione il Mare d’Irlanda con l’Atlantico v a Barcellona è intitolato a San Giorgio il Palau de la Generalitat con la Capella Reial de Santo Jordi v c’è anche un’isola São Jorge, al centro dell’arcipelago delle Azzorre v c’è un cratere San Giorgio sulla Luna v in Egitto: venerato dai fedeli copti soprattutto a Madinat al-Fayyum e ad Asyut, storica capitale dell’Alto Egitto v in Etiopia è intitolata a San Giorgio addirittura la Cattedrale di rito cristiano-copto della capitale Addis Abeba v in Medio Oriente: chiese, tra le altre, a Gerusalemme, Gerico, Troconide e Beyrut
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Nelle pagine precedenti e in quelle che seguono, qualcuna delle migliaia di rappresentazioni artistiche di San Giorgio esistenti in tutto il mondo
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Per quanto precede, Reggio Calabria sarebbe stata una delle non molte città d’Europa a conservare una reliquia autentica del Corpo di San Giorgio. Dico ‘sarebbe stata’ perché, purtroppo, invece, la reliquia della tibia, con tutto il prezioso reliquario, andò perduta in seguito al terremoto del 5 febbraio 1783, che praticamente demolì la chiesa ‘de Golferio’.
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dalla medesima Visita: “… sacra et insigne reliquia eius de gloriosi martiris in tabernacolo magno ligneo elaborato. Satis decenter constructo et bene sculpito et deaurato in pixide magna deaurata, super altare ubi magna cum veneratione conservata est…”
San Giorgio e Reggio nei secoli
Al tempo dei Bizantini
Nel 536, il generale bizantino Belisario sbarcava con le sue truppe a Reggio. Le schiere imperiali marciavano all’ombra delle icone alzate come bandiere verso l’alto. Così, nel cielo dello Stretto, portate dalla truppa lungo le vie della Città, splendevano sullo sfondo d’oro le immagini di Maria la Theotokos, S. Michele Arcangelo, S. Giorgio, S. Demetrio, S. Teodoro. Per questo, siamo indotti a pensare che il culto di s. Giorgio fu introdotto nella nostra terra proprio con le truppe bizantine. Nel successivo periodo, infatti, numerose erano le persone e anche le località, i monasteri, le chiese, i “kastra”, che portavano il nome del Santo di Cappadocia. Anche lo storico reggino Antonio De Lorenzo, nel XIX secolo, pur non avendo in mano i documenti che abbiamo oggi, l’aveva intuito: “Incliniamo a credere che fin dai più remoti tempi dell’evo medio avesse cominciato la nostra Reggio ad onorarlo di culto speciale”; e ricordava la credenza popolare secondo la quale nella notte del 23 Aprile si sentivano, come segno di protezione, gli zoccoli del cavallo di San Giorgio passare sui tetti della città.
Al tempo dei Normanni Nel 1060, a Reggio vengono i Normanni, e pure con loro San Giorgio è ancora presente, come ci fa sapere il loro storico, Goffredo Malaterra. Egli racconta che il conte Ruggero, alla testa dei suoi coraggiosi cavalieri, sperimentò la protezione di San Giorgio nella decisiva battaglia di Cerami, in Sicilia, combattuta nel 1063.
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29. il nuovo quadro di San Giorgio nella parrocchiale di San Giorgio Extra
Sorse così l’Opera Interdiocesana per la ricostruzione delle chiese, sotto la direzione tecnica del carmelitano Carmelo Angiolini, ingegnere e confratello dell’arcivescovo Rousset. L’ ing. Ettore Baldanzi fu incaricato di redigere il progetto della nuova chiesa di San Giorgio Extra, le cui dimensioni erano: lunghezza mt. 27, larghezza mt. 8. E il 25 aprile 1926, una domenica, alla presenza delle autorità religiose e civili, poteva essere posta la prima pietra. In quei tempi, non si coltivavano grandi progetti pastorali, per cui, oltre che della sola chiesa, ci si accontentò di costruire solo un piccolo spazio per la sacrestia, con accanto i servizi igienici. Dopo venti mesi di lavoro, l’11 dicembre 1927, domenica seconda di Avvento, la chiesa, pur costituita praticamente dai soli muri perimetrali, veniva comunque solennemente benedetta e aperta al culto. Era la prima chiesa costruita dopo il terremoto, e nel deserto delle rovine sembrò appagante per tutti. Era giunto da poco in Diocesi il settantacinquenne arcivescovo Carmelo Puija. Quando arrivò a San Giorgio Extra per la benedizione della nuova chiesa, fu accolto da circa cento seminaristi, che cantarono un inno d’inaugurazione scritto per l’occasione dal can. Giorgio Calabrò e musicato dal maestro Pasquale Benintende. “O san Giorgio, o celeste Patrono, dei Reggini ognor vindice e vanto, a te pure si leva il bel canto, che prorompe dall’ imo del cuore”, cantarono i seminaristi in quel giorno. Erano anni di fervore e di fede, nella nuova città che risorgeva dalle proprie, immense rovine. Ma quegli entusiasmi sprofondarono nella tragedia della Seconda Guerra Mondiale. Quanto alla condizione ambientale dell’area, dal 1945 in poi tutti i vasti giardini delle Sbarre, profumati di zagara, si sono lentamente trasformati in palazzi di cemento armato.
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30. l’entrata di San Giorgio Extra
31. la grande vetrata della chiesa di San Giorgio Extra
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Brevi considerazioni
Dai Normanni in poi – circa dal secolo XI al secolo XVII – Reggio si trovò nel vortice di tante calamità: guerra angioina, feudalesimo, dominazione spagnola. Allora, la forza di lottare e sopravvivere venne alle nostre popolazioni dalla fede cristiana. Negli ultimi cinque secoli, il punto di riferimento è la Madonna della Consolazione; nei secoli precedenti era San Giorgio. San Giorgio è il Megalomartire, cioè colui che, assomigliando a Cristo, testimonia in modo radicale la santità di Dio e la dignità dell’Uomo. Cristo con la sua morte, alla quale è unito il martirio di Giorgio, realizza la vittoria definitiva del bene sul male, dell’eternità beata sul tempo insicuro e tormentato. Tutto questo intuirono i Reggini, scegliendo San Giorgio come protettore del loro vivere comune, e volendo la sua immagine sul gonfalone della loro Città. ≠
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32 a/b/c. ‘immaginette’ del culto a San Giorgio
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San Giorgio, Reggio Calabria e il mondo di Francesco Arillotta
Una tradizione religiosa accomuna Reggio Calabria con tante altre Città italiane e tante Nazioni d’Europa. Anzi, più che di tradizione, si tratta di una devozione: la devozione al Santo Megalomartire, al Santo Soldato per antonomasia: San Giorgio di Cappadocia, il Vittorioso, il Trionfatore, il Liberatore dei prigionieri, il Difensore dei poveri, il Sostegno dei Re, protettore degli arcieri, degli alabardieri, dei sellai, degli armaioli, eccetera. Pochi altri santi sono altrettanto venerati in Oriente e in Occidente, con chiese, basiliche, conventi e monasteri dappertutto. Non sarebbe possibile elencare o riprodurre tutte le testimonianze del Suo culto; migliaia di chiese lo onorano, con quadri, affreschi e statue; decine e decine di artisti l’ hanno rappresentato; interi musei accolgono centinaia e centinaia di Sue raffigurazioni. Ci siamo limitati a qualche accenno, e non abbiamo esteso la ricerca alle Americhe e all’Australia. A Costantinopoli, capitale dell’ Impero d’Oriente, lo stretto di mare fra la Punta del Serraglio e la costa asiatica, per la vicinanza con la famosa chiesa di San Giorgio dei Mangani, che ne conservava insigni reliquie, era chiamato ‘Braccio di San Giorgio’. Con San Teodoro, San Demetrio e San Michele Arcangelo, Egli proteggeva le milizie bizantine. È il Patrono di grandi Stati come il Portogallo, la Germania, la Lituania, la Russia (che lo effigia nel suo stemma nazionale ‘in
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33. la statua di San Giorgio scolpita da Donatello, su commissione dell’Arte dei Corazzai di Firenze, nel 1416
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Alcune zecche italiane che hanno coniato monete con l’effigie di San Giorgio Desana (VC): Ludovico Tizzoni, vicario imperiale nel 1413, conia San Giorgio andante a dx con vessillo, senza drago e fanciulla Casale Monferrato (AL): il primo tipo è di Vincenzo I Gonzaga, del 1588, con San Giorgio a sx, con drago e la legenda PROTECTOR NOSTER ASPICE Mantova: ducato d’oro di Ludovico III (II) del 1444, con al r/ San Giorgio a sx che trafigge il drago Ferrara: grossetto d’argento (moneta pari al mezzo grosso, peso 1,44, con 0,948 di fino), coniato da Borso d’ Este (1413-1471) duca nel 1471; al d/ San Giorgio a sx stante, con i piedi sul drago, porge l’asta, conficcata nella bocca del drago, al duca, in abito talare volto a sx che la prende con le due mani, la banderuola dell’asta è a dx; Ercole d’ Este (1431-1505) batte un grossone d’argento simile, però con San Giorgio a cavallo a dx che trafigge il drago; il tipo è frequente anche successivamente
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la sterlina inglese fu coniata per la prima volta in oro nel 1816, e portava: sul diritto la testa del sovrano e sul rovescio san Giorgio. Da allora cambia solo l’immagine del Re
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Giorgio, il contadino-soldato della Cappadocia
Il Giorgio che diventerà tanto famoso e venerato, il cui nome sarà portato da sovrani e principi, nacque quasi certamente nella Cappadocia, da padre persiano e madre cappadoce. Il nome Gheorgheos significa ‘contadino’, e potrebbe essere una specie di soprannome, quale: ‘quello che viene dalla campagna’. Secondo la tradizione più accreditata, Giorgio, arruolatosi nell’esercito romano, sarebbe morto martire in Palestina nel 303, al tempo dell’editto di Nicomedia emesso da Diocleziano, dopo essere stato a lungo sottoposto ad ogni sorta di tormenti, fino alla decapitazione. Dalle ossa conservate nella basilica di San Giorgio a Borgo Vico in Como, ed esaminate nel 1978 dall’ Istituto di Antropologia dell’ Università di Bologna, si è ricavato che, al momento della morte, Egli doveva avere attorno ai venti anni. Fu sepolto a Lydd o Diospolis – Città di Giove –, chiamata nel VII secolo addirittura Agiogeorgioupolis: Città di San Giorgio. Oggi Lidda, – denominata anche Lod – è una città israeliana, a poca distanza da Tel Aviv, a nord-ovest di Gerusalemme; ed è forse quella Emmaus citata dai Vangeli per l’ incontro di Gesù risorto con i discepoli, e dove, secondo gli Atti degli Apostoli, Pietro guarì Enea, il paralitico. Incendiata da Vespasiano nel 68 d.C., e ricostruita, nel 325 divenne sede vescovile. Contesa da Crociati e Saraceni, fu ancora distrutta dai Mongoli nel 1221. Si fregia degli insigni resti di una cattedrale intitolata appunto a San Giorgio, datata al XII sec., ma costruita – secondo la tradizione – dai Crociati su una preesistente struttura di età costantiniana, dopo che essi ebbero conquistato Antiochia, nel 1098, con l’aiuto determinante del Santo, rappresentato, nel frattempo, come soldato a cavallo.
“ I reperti esaminati sono da riferirsi con ogni probabilità a un solo individuo e possono essere attribuiti a soggetto di sesso maschile e di età giovanile (18-20 anni) con una statura intorno ai 165 cm.”
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45. monete medievali con San Giorgio 46 a/b/c. francobolli italiani con San Giorgio
47. San Giorgio uccide il “nemico”
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Regesto vaticano n. 17567: 15 ottobre 1535: “Antonio Angilella e Jo Thomasio Dionisii, canonicis ecclesiae Rheginen. Confratribus confraternitatis S. Georgii, Rheginen. Datur licentia concedendi in emphiteusim nonnulla bona, ad ipsam confraternitam spectantia.”
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di Santa Barbara di Rovito, Cosenza, all’epoca era governata da sei rettori per sei porzioni; di una di queste porzioni era titolare Antonio Nasano, parroco di ‘San Giorgio Maggiore’ nella città di Reggio, che essendo defunto va sostituito. La notizia è importante anche perché lascia presumere la presenza in Reggio pure di un ‘San Giorgio Minore’. Sempre dai Regesti Vaticani, ricaviamo che, il 28 marzo 1534, il sacerdote reggino Giovan Pietro Campolo viene provvisto di una parrocchia dalla improbabile intitolazione: San Giorgio de Taci alias de Trapeto, oltre che delle altrettante incerte, nella lettura e nella collocazione, chiese di Santa Maria de Lumb(r)one, San Teodoro di Sebaste e San Giovanni la Carca alias Sorlaci (Borraci?), vicino le mura di Reggio, vacanti per la morte del prete Bernardino Bosurgi. Nel 1535, dal Vaticano è data licenza ai confrati ‘confraternitatis s. georgii’, di concedere in enfiteusi alcuni beni di proprietà della Confraternita stessa. Secondo, poi, quanto trascritto negli atti delle Visite Pastorali, condotte nella Diocesi dall’arcivescovo Annibale d’Afflitto tra il 1594 e il 1638, alla fine del XVI secolo c’erano diverse chiese intitolate a San Giorgio: 1) San Giorgio della Giudecca, nell’ambito della chiesa parrocchiale di Santa Maria degli Angeli o dei Romei, al limite con quella parte della città, bassa, centrale, occupata fino al 1511 dal quartiere ebraico. La sua titolazione completa era, infatti, ‘San Giorgio de Sartiano in la Giudeca’. 2) San Giorgio de lagonia – scritto anche della gunia o della gonia e che molto probabilmente va inteso ‘dell’agonia’ – o lu greco, di non modeste dimensioni: plm 73x22 = mt. 19x6 circa, posta nei confini della parrocchia di San Nicola de Blanchis, olim prope ecclesia s. Maria de Candelora, in regione Battagliola, cioè nella parte nord-est della città. D’Afflitto annota che queste due chiese sono, purtroppo, penitus dirutae per le devastazioni provocate in città dalle ripetute incur-
58. la Città prima del terremoto del 1783; l’elaborazione indica anche l’andamento est-ovest del ‘muro vecchio’, che potrebbe essere il muro meridionale della polis magnogreca
59. pagina 62 la città di Reggio dopo il saccheggio operato dai Turchi nel 1543
60. pagina 62 ritratto dell’ammiraglio ottomano Khäyr-ed-din, opera del veneziano Agostino Musi, datato 1535
il Patrono
58.
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S. Giorgio degli Armeni
S. Giorgio dell’Agonia
3
12
u
17
S. Georgello il Tocco Piccolo la Casa di Città
6 7
S. Giorgio de Sartiano alla Giudecca
i
5
4
G
A - Torrione della Battagliola o dei Tre Montoni B - Forte di San Francesco C - Forte del Trabucco o di Lemos D - Castello
i quattro quartieri della Città:
A/ B/ C/ D
S. Giorgio de Gulferio
2
a
1
B
l
Porta Mesa
A 2
Porta Dogana
11
S. Maria Pedoglioso S. Giorgio intra
Porta Amalfitana
12
il Tocco Grande
9 10
c
S. Nicolò degli Strozzi
e
6
8
d
san Domenico
3
c
5
15
10
Platea delli Buttari
de’ Romeo - S. Barbara
S. Maria degli Angeli o
e la Meschita
S. Pietro de Sartiano
a
13
14
il muro vecchio della Città
15
14
13
4
1
18
17
16
7
8
Porta San Filippo
S. Pietro de Capua
‘a Menza Porta
16
castello
11
duomo
9
18
confini della parrocchia di San Giorgio de Gulferio nel 1599
D
C
ORFANOTROFIO
70.
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70. planimetria della chiesa di San Giorgio Intra prima del 1908
La chiesa ‘Intra’ dalle carte d’archivio
Da carte d’archivio sappiamo che la chiesa di Santa Maria di Pedoglioso, diventata San Giorgio Intra, nel 1825 è un vecchio edificio – quasi certamente almeno cinquecentesco – modesto, cadente, molto danneggiato dal terremoto, con l’acqua che entra dalla porta e dal tetto, le mura squilibrate, fuori linea rispetto allo ‘stradone’ voluto dal nuovo piano regolatore Mori, ed anche parecchio più basso di livello, per cui vi si accede con una rampa che ha un pendio di plm. sei, vale a dire di oltre un metro e mezzo. Da una relazione tecnica redatta nel 1844, apprendiamo che ha una volta di mattoni a sesto acuto, pianta quadrata, di palmi 21 di lato, cioè quasi cinque metri e mezzo, i muri spessi 1 metro e 80 cm. circa, alta oltre cinque metri, lesionata e che ha lesionato e strapiombato i muri sottostanti. La soffittatura è in tavole d’abete e l’ ‘astraco’ andrebbe sostituito con tetto in tegole; un solaio di legno sostiene coro e orchestra. E ciò malgrado, resta sempre ‘ la più frequentata dal popolo reggino’. Il sindaco del tempo, Felice Musitano, ne propone la demolizione, ma per la sua ricostruzione il Comune dovrebbe impegnare una spesa di 1530 ducati, ed allora si propone di trasferire la parrocchia nell’ex Collegio degli espulsi Gesuiti o nella chiesa dell’Oratorio dei Padri Filippini o ancora nell’edificio di Santa Maria di Porto Salvo, sede della Confraternita dei marinai. Questi ultimi, però, si rifiutano di consegnare le chiavi della loro chiesa. Nel 1888 – sono passati più di cento anni! –, vista l’ inerzia generale e addirittura la minaccia che la chiesa venga chiusa al culto, il parroco, don Vincenzo Maria Salazaro, provvede direttamente, impegnando il proprio patrimonio, per il riattamento della ‘indecente’ chiesa, praticamente demolendola e rifacendola ex novo, comprese le decorazioni dell’ interno con marmi e pitture.
71.
71. la facciata ottocentesca della chiesa di San Giorgio Intra (da “le Cento Città”)
il Patrono
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81.
82 a.
82 b.
83.
81. la statua seicentesca dell’Angelo Tutelare, sulla piazzetta antistante San Giorgio Intra
82 a/b. le lapidi a corredo del monumento
83. particolare dello stemma sullo scudo della statua
il Patrono
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92.
Le “procedure elettorali” settecentesche
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dagli atti del notaio Stefano Ansalone, libro del Regimento, si ricava che il 15 luglio 1742, nella casa pubblica della Città, si riuniscono il Maresciallo degli Eserciti e Cavaliere Gerosolimitano Ignazio Termini, governatore politico e militare e comandante della piazza di Reggio, ed i sindaci Giuseppe Genoese fu Consalvo, Antonino Melissari e Domenico Milea. “Atteso per aversi nei giorni 12 e 13 detto luglio fatta, nel palazzo di esso Ill.mo Sig. Governatore, giusta il solito, la retroscritta ascrizzione dei quattro ceti, come sono nobili, cittadini, mastri e massari, per farsi in continuazione di essi atti la dovuta chiamata e piegatura delli cartelli, dove furono uno per uno annotati ed ascritti tutti li nomi e cognomi delle persone dei quattro ceti, cioè nobili, cittadini, mastri e massari, concorrenti alla voce attiva per dare i voti alle persone nobili e cittadini concorrenti al sindicato, come in effetto in presenza delli prenominati Ill.mi Sigg. Governatore e Sindici, dei SS.i Gio Batta Plutino, Domenico Potamia, Giacomo Laboccetta e Giuseppe Ferrante, deputati dei nobili e dei sigg. Giorgio De Caro e Paolo Riitano, deputati dei civili eletti, al di fora della prima stanza di essa casa pubblica della Città, e di me infr.tto notaio cancellero, furono oggi sud.o giorno prima dell’ora di pranzo, dall’ordinario trombetta Domenico Noto, al sono di tromba e ad alta ed intelligibile voce, una per una chiamate le persone di essi quattro ceti; e detti governatore, sindaci, e deputati nobili e cittadini hanno piegati e riposti li cennati cartellini dentro quattro diversi pignati, procedendo prima quelli dei ss.ri nobili, secondo dei ss.ri cittadini, terzo degli artisti mastri e ultimo dei massari agricoltori. Quale funzione finita, furono detti quattro pignati ben serrati al disopra e riposti dentro la seconda stanza di detta casa pubblica della Città, serrati e chiusi con chiave e la chiave fu presa e conservata dal med.mo sig. governatore. Rinviato tutto al doppo pranzo, e così a tal fine ognuno si è ritirato alla sua casa per ritornare in detto luogo subito doppo pranzo per continuare l’atto. In continuazione delli principiati atti nel doppo pranzo in detto giorno quindici luglio 1742, adunatisi nuovamente in detta casa pubblica della Città nella prima stanza
93.
inferiore, sia li sopradetti Ill.mi Ss.ri Governatore e Sindaci che li soprannominati Ss.ri dep.ti Nobili e Civili ed il rev. Padre Spirituale, paroco [sic] don Gregorio Falcone, per farsi la dovuta e solita estrazione di diciotto consiglieri reggimentari, cioè cinque del pignato dei nobili, quattro di quello dei civili, cinque di quello de’ mastri artefici, e quattro dei massari agricoltori, che compongono il solito ed ordinario reggimento di questa città e sogliono congregarsi nelli affari Regi e pubblici, secondo apporta la necessità, e prima di dar principio a tal estrazzione, genuflessi tutti detti ss.ri congregati, fu dal sopradetto paroco don Gregorio recitato con voce intelligibile il Veni Creator Spiritus coll’orazione, e doppo, presi li quattro pignati e riposti sopra una boffetta, avanti le sedie delli pred.i SS.ri Gover. e Sindici, Sigg. Deputati e Padre Spirituale, colla presenza ed assistenza di me infra.tto notaro cancellero, è dato principio alla sud.a estrazzione, per mano del sig. Bartolomeo Melissari di anni sette; e presi li cartelli uno doppo l’altro da dentro li sud.i quattro pignati, quelli vengono aperti e letti dall’Ill.mo Sig. Governatore, in pre.za di essi Ill.mi Sigg. sindaci, SS. deputati e Padre Spirituale, e di me predetto not.r cancellero uscirono a sorte li sottoscritti soggetti.”
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Ogni elettore così estratto a sorte ‘venne ed entrò’ oppure ‘chiamato tre volte non comparve’; l’operazione di sorteggio si completa quando si arriva a 18 consiglieri. Per la nostra microstoria, quell’anno risultarono eletti: per il ceto dei nobili, Raffaele Spanò di Domenico, Saverio Pileci fu Paolo, Dr. Pietro Domenico Candela, Dr. Fisico Giovan Battista Falcone, Lorenzo Rodino; per il ceto dei cittadini, Blasio Neri, Antonio Gulli fu Pietro, Domenico Lopa, Andrea Scafaria; per il ceto dei mastri artisti, Antonio Billa fu Vincenzo, Nicola Gangemi fu Diego, Domenico Sergi fu Domenico, Filippo Luvarà, Giuseppe Calabrò fu Gaetano; per il ceto dei massari agricoltori, Antonino Vita fu Ignazio, Antonino Ieracà fu Giuseppe, Giuseppe Latella fu Paolo alias Lo Grosso, Domenico Delfino di Antonino
Lo Stemma ufficiale
107.
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107. gli stemmi del gonfalone prima e dopo il 1945
108. il decreto di riconoscimento dello stemma e del gonfalone
108.
Il Palazzo Il Palazzo di Città, prima del terremoto del 28 dicembre 1908, sorgeva, come abbiamo visto, sull’area del vecchio Convento dei PP. Domenicani. Oggi, quel terreno è occupato dal Teatro Comunale ‘Francesco Cilea’. Dopo il suo crollo, e dopo lunghe diatribe, si decise di ricostruirlo ‘di faccia’, allargando la piazza Vittorio Emanuele II e occupando i locali della Banca Nazionale e di privati. Il progetto fu affidato all’architetto palermitano Ernesto Basile, famoso seguace del Liberty, già notissimo per altri edifici pubblici (tra cui l’aula di Montecitorio) e privati realizzati in diverse parti d’Italia. Ma le vicende storiche che la Nazione attraversava: guerra di Libia, prima guerra mondiale, ne impedirono il pronto realizzo, tanto che solo il 29 dicembre 1918, sindaco Giuseppe Valentino, fu possibile dare inizio ai lavori. Nella circostanza, fu murata anche un’artistica pergamena, curata da Francesco Morabito Calabrò, che così diceva: “Senatus Populus Que Rheginus – auspice la Vittoria – nella più grande gesta italiana – di Civiltà e di Libertà – Reggio vindice della sventura – oggi – XXIX dicembre MCMXVIII – consacrata da tanto sacrificio – irraggiata da tanta luce trionfale – pone la prima pietra – del Palazzo di Città – testimonianza – di tenace volontà di popolo – e di forza indomabile di tradizione”. Il palazzo veniva solennemente inaugurato tre anni dopo, il 29 dicembre 1921.
109.
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109. un sigillo in uso nei documenti ufficiali
110.
110. l’odierno Palazzo San Giorgio, sede dell’Amministrazione Comunale
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111.
112.
I due Gonfaloni
111. stemmi sul frontone del Palazzo Comunale, lato Corso Garibaldi 112. uno scorcio di interni del Palazzo Comunale
il Patrono
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Finito di stampare nell’aprile 2007 da GRAFICHE FEMIA srl in Marina di Gioiosa Jonica, RC per conto della casa editrice di cultura calabrese
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KALEIDON