Athe4yfocus wild ottobre 2015

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numero 51 OTTOBRE 2015

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INTERVISTA

IL DOTTOR VELENO

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Gruner+Jahr/Mondadori S.p.A. via Battistotti Sassi ssi 11/A - 20133 Milano Milan Direttore responsabile Vittorio Emanuele Orlando Redazione Chiara Borelli (coordinamento, vicecaposervizio) Ufficio fotografico Lara Perego Ufficio grafico Silvia Santinelli (vicecaposervizio) Segretaria di redazione Daniela Pompili Progetto editoriale Chiara Borelli Progetto grafico Silvia Santinelli Hanno collaborato a questo numero: Cristiana Barzaghi, Davide Biagi, Claudia Fachinetti, Ale Giorgini, Roberto Marchesini, Francesco Orsenigo, Giulia Paracchini, Cristina Rovelli, Francesco Tomasinelli

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12 Felini mangiauomini: esistono? Foto di copertina: ArjanVennema

Le tranquille avventure di Lipo pag.

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INTERVISTA Bryan Fry, il Dottor veleno

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mondo

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Mobility Dog: esercizi per allenare il cane alla città

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COMPORTAMENTO

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Cervello di gallina: un animale sottovalutato pag.

AMBIENTI naturali

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STORIA VERA

Shilar e Shangri-La: un’amicizia cane-gatto

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turePL EIN / Na CASTEL RD BERNA

Donald M. Jones / MINDEN PICTURE/the-lighthouse.it

di Claudia Fachinetti

Quando il prurito non dà tregua...

arlo. ogni tecnica è valida per elimin Ecco alcuni esempi. NON SOLO PER NUOTARE Foche e otarie devono il nome del loro gruppo, pinnipedi, alla trasformazione degli arti in pinne

con dita palmate, una caratteristica che rende questi animali goffi sulla terraferma ma molto agili e veloci in acqua. Le loro dita terminano con piccole e robuste unghie, utilissime per grattarsi, pulire il pelo ed eliminare la pelle morta. Le foche, come la foca grigia (Halichoerus grypus) nella foto sopra, utilizzano a questo scopo le pinne anteriori, mentre quelle posteriori servono come propulsione in mare. Le otarie, invece, si grattano soprattutto con le unghie dei loro piedi-pinne, più grandi e in grado di ruotare in avanti per agevolare gli spostamenti fuori dall’acqua.

CON LE CORNA Il caribù (Rangifer tarandus), uno dei cervidi col palco più grande, utilizza le sue imponenti corna

ramificate per grattarsi il didietro, dove non arriva con gli zoccoli. Le corna di questo animale non sono permanenti e cadono ogni inverno-inizio primavera (in estate quelli delle femmine), per poi ricrescere (grazie all’ormone somatotropo) nell’arco di tre mesi ed essere pronte per i combattimenti amorosi dell’autunno. Da strumenti delicati per una grattatina i palchi diventano infatti, in questo caso, armi portentose e temibili per i testa a testa tra maschi.

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PER COMUNICARE

Gli orsi amano grattarsi la schiena e il ventre contro gli alberi o grosse rocce, come i due cuccioli di grizzly della foto (Ursus arctos horribilis), che imitano la mamma strofinandosi con grande soddisfazione. Questo comportamento è frequente soprattutto nel periodo della muta, per agevolare il ricambio del pelo e per scacciare i parassiti. Inoltre, così facendo gli orsi maschi marcano il loro territorio con un segno odoroso: un avvertimento che dice agli altri di stare alla larga. Gli orsi, infatti, non sono animali sociali e un incontro con un altro maschio è sgradito e pericoloso. Di recente, inoltre, in Alaska, un grizzly è stato osservato adoperare una pietra per strofinarsi il muso: si tratta della prima testimonianza dell’uso di utensili da parte di questi animali, una capacità comune a poche specie. Olycom


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irrefrenabile desiderio di grattarsi capita a tutti, a volte anche agli animali. Può dipendere da un prurito improvviso o dalla volontà di eliminare i parassiti, dal bisogno di cambiare pelle, dal desiderio di pulizia o dal voler marcare il territorio col proprio odore, ma anche, se reciproco, dalla necessità, all’interno di una coppia, gruppo familiare o branco di rinsaldare i legami, abbassare la tensione e stabilire le gerarchie (comportamento detto grooming). Per calmare i pruriti più inaccessibili, c’è chi usa denti o lingua, chi i piedi, c’è chi si rotola per terra e chi preferisce strofinarsi su un tronco, e chi addirittura si affida a“professionisti del mestiere”.Alcuni uccelli infatti, come il gallo cedrone, la ghiandaia e le gazze, si siedono sui formicai, confidando nell’ai delle loro inquiline.


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DOVE CAPITA La proboscide

prensile dell’elefante africano (Loxodonta africana) è uno straordinario strumento di precisione che consente all’animale di fare molte cose, tra cui grattarsi, ma non arriva dappertutto. Per l’eliminazione dei parassiti, i pachidermi si avvalgono dell’aiuto prezioso di alcuni uccelli che si posano sul loro dorso per catturarli e cibarsene. In alternativa, nelle aride e soleggiate savane, dove non è facile trovare alberi, termitai, rocce o altri supporti utili a strofinarsi in caso di prurito, l’elefante si accontenta di quel che trova, anche un’automobile con tanto di turisti all’interno; la foto a lato è stata scattata nel 2014 in Sudafrica. L’incredibile episodio non ha avuto conseguenze per i passeggeri, che ne sono usciti illesi, anche se in stato di shock. L’auto non ha avuto la stessa fortuna.

BAGNI DI FANGO Il bufalo indiano o bufalo d’acqua (Bubalus bubalis) deve il nome alla sua abitudine di immergersi in pozze melmose delle foreste tropicali e subtropicali

asiatiche, per rinfrescarsi e proteggersi da mosche e tafani che provocano prurito e irritazioni alla pelle. Si tratta della specie più grossa tra i bovini: può superare la tonnellata di peso e raggiungere quasi i due metri d’altezza al garrese. Anche i loro parenti africani, i bufali del Capo, più piccoli e irascibili, amano i bagni di fango per contrastare le roventi temperature della savana ed eliminare i parassiti. E anche diversi altri erbivori, dai rinoceronti ai maiali domestici. Il fango, infatti, oltre ad aiutare la termoregolazione protegge da scottature, pulisce, dà sollievo in caso di punture e, una volta secco, forma una corazza protettiva contro gli insetti, insomma fa bene alla pelle.

SUL FONDALE MARINO Il placido e bonario dugongo (Dugong dugon), che vive lungo le coste dell’Africa Orientale sino all’Australia Settentrionale, non è dotato di arti o appendici comode per grattarsi la spessa pelle, nuda e coriacea, che lo ricopre. Le sue pinne natatoie infatti, simili a pagaie, sono usate dall’animale per avanzare sul fondale mentre cerca le piante acquatiche di cui si nutre. In caso di prurito, il dugongo sfrutta il fondale marino, strofinando il dorso e facilitando così la rimozione dei parassiti che gli causano fastidio e irritazione. BAGNI DI SABBIA I passeri (Passer spp.) si dedicano quotidianamente alla toilette, rotolandosi nella sabbia, polvere o terra per pulire le penne, grazie allo sfregamento dei

granelli tra le piume e contro la pelle. Dopo essersi rotolato, il passero si scuote energicamente arruffando ulteriormente le penne per poi lisciarle con l’aiuto del becco. Alcune ricerche hanno confermato che un eventuale impedimento ai bagni di sabbia causa un accumulo di grassi sulla pelle e le piume degli uccelli e un aumento dei parassiti.

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In mancanza di alberi o termitai...

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Carol Walker / NaturePL

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pulizia del pelo da zecche e altri parassiti, che vengono mangiati, è un’attività molto comune tra le scimmie ed è una forma di socializzazione che permette di rinsaldare i legami, i ruoli e le amicizie tra i membri del gruppo. Il babbuino nero (Papio ursinus, nella foto), che vive nelle zone rocciose dell’Africa, è tra quelli che più si dedicano a questo compito. Ogni individuo spulcia e pulisce quelli di gerarchia superiore come gesto di sottomissione. A sua volta, chi acconsente di essere pulito mostra in questo modo benevolenza e alleanza verso il subordinato. I ricercatori hanno scoperto che i giovani babbuini tendono a praticare il grooming soprattutto la mattina, in modo da essere maggiormente tollerati e considerati dagli adulti nelle ore successive, durante la distribuzione del cibo.

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PULIZIE DI FAMIGLIA Il grooming, cioè la reciproca

Estasi babbuina: uno degli effetti del grooming GRATTINI SÌ, MA NON DAPPERTUTTO I cani amano essere grattati: basta osservare la loro faccia estasiata, zampe all’aria, mentre qualcuno gli strofina la pancia. In generale,

il cane per grattarsi si avvale di piccoli morsi o del classico movimento della zampa posteriore. Questo comportamento può essere causato dalla presenza di una pulce o di un altro parassita ma anche, se le grattate sono particolarmente frequenti e molto energiche, da allergie o dermatiti. Il piacere di “essere grattato” dipende dal fatto che il cane ama il contatto fisico col suo padrone e ogni tocco per lui è una dimostrazione d’affetto. Talvolta, però, mentre lo si gratta in alcuni punti agita una zampa come per scalciare. Si tratta di un riflesso nervoso incondizionato, che indica che in quella zona la pelle è più sensibile e il contatto è percepito come un fastidio: meglio cambiare punto, dunque.

ROTOLANDO I cavalli (Equus caballus), rotolandosi a pancia in su, sulla sabbia o nell’erba asciutta, si grattano per ripulire il mantello ed eliminare i parassiti. Utilizzano il robusto collo e la testa per regolare i movimenti della schiena di qua e di là ma, cosa curiosa, si rialzano sempre dal lato da cui si sono coricati.

SEGNO D’AMORE I pappagalli sono uccelli sociali che vivono in colonie anche numerosissime e in molte specie le coppie sono monogame e restano insieme tutta la vita. Il

parrocchetto frontecremisi (Psittacara finschi, nella foto), che vive in Amazzonia, è una di queste. Malgrado gli stormi di questi uccelli siano molto consistenti e gli individui apparentemente tutti uguali, il maschio e la femmina di ogni coppia sono inseparabili, volano fianco a fianco, dormono nello stesso nido e si posano sugli stessi rami dove non è difficile osservarli intenti in amorevoli pulizie reciproche. Grattando e strofinando il becco sulle ali e il corpo del partner, lisciandosi reciprocamente le penne, i parrocchetti rinsaldano i legami di coppia.


Ricerche scientifiche, notizie, cronaca da ogni parte del pianeta

MONDO

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a cura di Cristiana Ba rzaghi

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Grandi

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AMICI

FINLANDIA Chi dice che un lupo e un orso non possano giocare assieme? Il fotografo finlandese Lassi Rautiainen è rimasto a bocca aperta quando ha osservato per la prima volta i due grossi mammiferi interagire in modo amichevole. La sua sorpresa è stata ancora maggiore quando il giorno seguente la stessa scena si è ripetuta: il lupo grigio (Canis lupus lupus), una femmina, e l’orso bruno (Ursus arctos arctos), un maschio, sono stati insieme dalle 8 di sera fino alle 4 del mattino dopo. Per dieci giorni consecutivi il fotografo ha potuto testimoniare questa inusuale amicizia, che si è spinta addirittura alla condivisione del cibo. Probabilmente si è trattato di due animali giovani e inesperti, che hanno trovato nella presenza reciproca la rassicurante compagnia e la protezione di cui sentivano bisogno.


L’INCOM PRESO

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Non si tratta solo di miele e candele di cera: se le api scompaiono è a rischio l’impollinazione del 70% delle piante coltivate dall’uomo. Questo è il messaggio che gli artisti inglesi Louis Masai e Jim Vision indirizzano al pubblico, usando i murales (www. louismasai.com, alla voce: “save the bees project”). Con i loro disegni enormi e coloratissimi - oltre che anatomicamente corretti - visibili nelle strade di Londra e di varie altre città, lanciano un appello quantomai urgente: facciamo qualcosa al più presto perché i pesticidi, i mutamenti climatici, l’inquinamento e la perdita degli habitat naturali stanno distruggendo sia le popolazioni di api domestiche sia quelle selvatiche. Solo negli Stati Uniti, le statistiche ufficiali del Dipartimento Nazionale per l’Agricoltura hanno documentato un allarmante calo del 60% nelle popolazioni di ape domestica (Apis mellifera). Com’è scritto in uno dei murales: “Se ce ne andiamo, vi porteremo tutti con noi”.

SUD-EST ASIATICO In rete circola un video di un lori lento (Nycticebus spp.), diventato virale per via degli occhioni dolci di questo piccolo primate, che alza le braccia perché, secondo i commenti inesperti, soffre il solletico. Chi lo guarda, però, non sa che questo video cela una grande sofferenza: abbagliato dalle luci (il lori lento è notturno) e maneggiato impropriamente (è timido e selvatico), alza le braccia per esporre le ghiandole del veleno, una difesa naturale. Quando questi animali vengono strappati dalle giungle del Sud-est asiatico, i loro denti vengono asportati senza anestesia per renderli innocui: il morso, combinato alle secrezioni velenose, è la loro unica difesa. Oltre al commercio come pet, i lori lento sono minacciati dalla deforestazione e dalla vendita di esemplari usati nella medicina tradizionale. Il loro numero sta diminuendo vertiginosamente e la CITES (Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione) ne proibisce il commercio. Ma quello illegale continua, con un tasso di mortalità elevatissimo. Per contribuire a fermarlo, potete firmare la petizione a questa pagina http://www. ticklingistorture.org: il video di denuncia è triste ma molto istruttivo.

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louismasai.com

INGHILTERRA

ITALIA C’è un meticcio dagli occhi dolcissimi che ogni giorno raggiunge la spiaggia di Falconara, nei pressi di Ancona, e aspetta. In realtà non dovrebbe trovarsi lì, perché dal 15 maggio al 15 settembre un’ordinanza vieta ai cani di andare in spiaggia. Kyra però (questo è infatti il nome del cane “a statuto speciale”) ha ricevuto un permesso dal sindaco e dall’Autorità Portuale per avere accesso libero alla zona dei bagni nonostante i divieti. Il motivo? La sua commovente fedeltà al padrone, morto da poco, con cui ogni giorno si recava in spiaggia per giocare a carte con gli amici. «Ringrazio tutti quelli che in questi giorni si sono adoperati affinché questa vicenda di amore e fedeltà avesse un lieto fine. Certo, Kyra soffrirà ancora per la perdita del suo padrone, ma sicuramente con il tempo quegli occhi oggi tanto tristi potranno tornare a essere felici», ha scritto il sindaco sulla sua pagina Facebook, aggiungendo anche una foto che lo ritrae con il cane.

Cani da... TRIBUNALE! USA Nei Paesi in cui l’accusato ha il diritto di confrontarsi direttamente con l’accusatore in tribunale, per chi ha subito abusi questa si rivela spesso un’esperienza traumatica. In modo particolare per i ragazzi, che rivivendo lo shock ne possono ricavare ulteriori danni psicologici. Ellen O’Neill Stephens e Celeste Walsen hanno così creato Courthouse Dogs (Cani da Tribunale, www.courthousedogs.com): questa fondazione fornisce, a chi ne fa richiesta, un supporto emotivo sotto forma di docile e rassicurante 4zampe, da avere al proprio fianco in aula. I cani - di solito Labrador o Golden Retriever - vengono addestrati a questo scopo per oltre 2 anni prima di entrare in servizio. La fondazione ha aperto nel 2004 e al momento impiega 87 cani, che lavorano in 28 stati americani.


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DOSSIER

utti i grandi felini, come tigri, leoni e leopardi, non sono mai andati molto d’accordo con il genere umano. Ce lo raccontano i teschi dei nostri antenati, trovati in Sudafrica negli anni ‘70 del secolo scorso, alcuni dei quali avevano caratteristici fori nella calotta ossea superiore. In un primo momento si pensò a ferite prodotte da qualche arma primitiva, ma poco dopo si scoprì che le lesioni erano molto simili a quelle presenti sul cranio dei babbuini catturati dai felini. Si trattava, infatti, dei fori prodotti dai denti canini dei leopardi, i quali, al pari di altri grandi predatori africani, come le iene e i leoni, si nutrivano già dei primi ominidi, gli Australopithecus, circa 2 milioni di anni fa.

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Tigri, leoni e leopardi sono stati una terribile minaccia per noi, fino a che la tecnologia non ci ha messi quasi del tutto al sicuro. E oggi? Capita ancora che attacchino gli uomini? Perché?

Getty Images/Moment Open

Felini 12

di Francesco Tomasinelli


nel caso delle tigri e dei leoni più grandi supera i 300 kg, un fabbisogno di carne di almeno 40 kg a settimana, artigli e denti canini di 6-8 cm, i grandi felini sono stati una terribile minaccia per noi uomini fino a che la tecnologia non ci ha messi quasi del tutto al sicuro. Anche i primi Homo sapiens, più di centomila anni fa, potevano difendersi da questi carnivori affrontandoli in gruppo con lance e mazze; nei millenni successivi, la situazione per noi è migliorata grazie al fuoco e alle armi in metallo, ancor più, poi, con la diffusione di polvere da sparo, pistole e fucili. Ma senza questi strumenti, noi uomini siamo vulnerabili di fronte a qualunque grande predatore. Nell’era moderna, i grandi felini (che per convenzione sono tutti quelli del genere Panthera, cioè leone, tigre, leopardo, giaguaro, leopardo delle nevi, e anche puma e ghepardo che appartengono a generi diversi) sono sempre meno diffusi e tendono a evitarci perché, salvo rari casi, noi uomini non siamo più una preda con la quale i predatori hanno familiarità. Gli animali che “sgarrano”, infatti, vengono eliminati e quindi non hanno modo di trasmettere ai loro figli questo comportamento. Oggi avere a che fare con un vero “mangiatore di uomini” è un fenomeno molto più raro rispetto al passato.

Da sinistra, i ritratti di tre grandi felini: leopardo, tigre e leone.

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Getty Images/Fuse

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Getty Images/National Geographic Creative

Come nasce un mangiatore di uomini

Nonostante tutto, gli attacchi agli uomini da parte dei grandi felini accadono ancora, soprattutto in Africa Orientale. Qui, centinaia di migliaia di persone vivono a stretto contatto con leoni e leopardi, a causa dell’aumento della popolazione e della conseguente espansione dei villaggi e dei campi, che le porta a “sconfinare” in aree naturali dove questi animali sono ancora presenti. Quando gli uomini diventano troppo numerosi, l’agricoltura e l’erosione avanzano, l’ambiente comincia a cambiare, le prede naturali diminuiscono e il bestiame prende il posto di queste ultime, aprendo la via a una lunga serie di incidenti, soprattutto con i leoni, i carnivori più grandi del continente. Sappiamo che, in linea di massima, i felini non ci considerano tra le loro prede di riferimento, a meno che non siano stati addestrati dai genitori a farlo (come avviene con i figli dei veri mangiatori di uomini). A volte, però, qualche persona sfortunata si imbatte in un leone affamato nelle ore notturne, quando questi felini sono più vigili e aggressivi, e mettendosi a correre scatena l’istinto di predazione. In alcuni casi le vittime non sono neppure mangiate. Più spesso il leone capisce che quegli animali bipedi non sono pericolosi ma anzi, sono facili da mangiare, e quindi alla successiva occasione sarà meno esitante. Spesso questi attacchi sono casi isolati, ma se lo stesso individuo che ha già ucciso e mangiato un uomo ne incontra altri nelle settimane successive, può anche tornare a uccidere, diventando un vero “mangiatore di uomini”. Si racconta che questi “serial killer” animali sono

Un puma in California, alle sue spalle Los Angeles. I centri abitati spesso prendono il posto dell’habitat dei grandi felini. Nell’altra pagina, sotto, ghepardi riposano su un fuoristrada: non sono tuttavia pericolosi per l’uomo.

individui vecchi e malati, incapaci di catturare le prede naturali, ma le informazioni raccolte dicono che non è sempre vero. Il caso, più di ogni altro aspetto, porta un animale su questa strada e quando un predatore capisce quanto è semplice catturare gli uomini e perde la sua naturale diffidenza verso di noi, cominciano i veri problemi. Anche agli animali, infatti, non piace faticare e correre rischi, e per questo i felini cercano tra le loro prede abituali gli individui più facili da catturare, che di solito sono quelli più deboli e malati. Noi uomini siamo potenzialmente prede ideali. A mani nude siamo inoffensivi e pure lenti a scappare: anche uno sportivo non supera i 20 km/h su terreno vario, mentre un’antilope fila via al doppio di questa velocità e spesso è molto più vigile e pronta a scattare di noi. Non è quindi il sapore del sangue umano a rendere questi animali dei killer così dedicati, come spesso si sente dire, ma la “scoperta” da parte del felino che gli uomini sono prede molto facili da catturare. Quando un felino ha preso questa cattiva abitudine, non può più essere rieducato a cacciare le prede naturali: occorre catturarlo e isolarlo in località remote (dove non può trovare uomini da mangiare). Altre volte viene abbattuto.

I leoni di Tsavo

Di storie di terribili leoni (Panthera leo) mangiatori di uomini è piena l’Africa sub-sahariana, ma molte testimonianze sono esagerate o intrecciate con miti e leggende. Alcuni episodi, però, sono documentati. Uno dei più impressionanti riguarda i mangiatori di uomini di Tsavo, nel Kenya di fine 1800: due giovani leoni

maschi aggredirono con regolarità lavoratori indiani e africani impegnati nella costruzione di una ferrovia per conto dell’Impero Britannico, arrivando a uccidere, secondo il libro di Patterson (The man-eaters of Tsavo), l’ingegnere britannico che eliminò i due killer, circa 135 operai in meno di un anno. Questo numero è sicuramente esagerato, ma le vittime sarebbero state almeno una trentina,

secondo studi recenti. Nel racconto si dice che i leoni divennero sempre più audaci, arrivando a catturare il personale che dormiva nelle tende. Non si sa bene perché questi due leoni abbiano cominciato a mangiare uomini, ma la causa probabile fu una epidemia di peste bovina che colpì l’area e ridusse il numero delle prede naturali dei leoni. Oggi i due individui abbattuti si trovano all’entrata del


Nel Pantanal, in Brasile, una barca si avvicina troppo a due giaguari che combattono: i turisti si trovano a 5 metri di distanza dai felini che con un potente balzo potrebbero raggiungerli. Comportamenti irresponsabili sono spesso la causa degli attacchi a turisti.

museo di storia naturale di Chicago e la loro spaventosa storia ha ispirato il film “Spiriti nelle tenebre” (The ghost and the darkness, del 1996 con Val Kilmer e Michael Douglas). La diffusione delle armi da fuoco e il ridotto numero di leoni, passati da centinaia di migliaia a circa 30.000 in tutta l’Africa, ha ridotto moltissimo il numero degli incidenti, ma ancora oggi più di 400 persone vengono uccise dai leoni in Africa ogni anno, soprattutto in Kenya e Tanzania. Le statistiche ci dicono che si tratta in massima parte di pastori o agricoltori sorpresi all’aperto nelle ore notturne e solo alcuni casi coinvolgono veri mangiatori di uomini, che vengono eliminati dopo che hanno fatto vittime.

Le tigri del Bengala

Sotto, Jim Corbett con il cadavere della tigre di Champawat.

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rex/Olycom

Pur essendo oggi meno diffuse dei leoni, le tigri (Panthera tigris) sono ancora più temute dei loro cugini africani. Nel secolo scorso, tra questi felini si contarono molte mangiatrici di uomini, alcune delle quali entrate nella leggenda per la loro tenacia e perseveranza. I casi più clamorosi riguardano soprattutto l’India tra il 1800 e il 1900, con il continuo aumento della popolazione umana e l’espansione delle terre coltivate, che portarono gli uomini nel territorio dei grandi felini. Le armi da fuoco erano ancora poco diffuse e anche le persone con competenze necessarie per cacciare le tigri. Solo così si spiegano numeri come quelli della mangiatrice di uomini del Champawat, che in 12 anni uccise circa 410 persone tra Nepal e India del Nord, prima di essere abbattuta da Jim Corbett, un cacciatore britannico. Questo ufficiale inglese, nato nel 1875 nel Nord Ovest dell’India, all’epoca sotto controllo britannico, divenne il più famoso cacciatore di tigri di tutti i tempi, grazie all’esperienza fatta nelle foreste del Paese fin da piccolo. In età matura, Corbett scelse di colpire solo felini che aggredivano le persone e, a mano a mano che la sua esperienza

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Ashok Jain / NaturePL/Contrasto

Sopra, pescatori indossano sul retro del capo una maschera per proteggersi dagli attacchi delle tigri. Sotto, Kevin Richardson, l’amico dei leoni.

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bordo di veicoli (foto sotto, nell’altra pagina). Ci sono ancora incidenti in tutte le aree dove sono presenti le tigri, ma in un unico luogo lo scontro tra l’uomo e il felino è ancora molto sentito: le grandi foreste di mangrovie delle Sundarbans, tra India Orientale e Bangladesh, il Paese più sovrappopolato del pianeta. Qui, ogni anno decine di persone che si avventurano nella foresta per raccogliere legna, miele e per pescare vengono uccise dalle tigri, particolarmente aggressive. Il motivo di questo comportamento non è del tutto chiaro, ma si crede siano la scarsità di prede nell’area e l’andamento delle maree che, cancellando i segni territoriali delle tigri, impone loro un comportamento più aggressivo per il controllo del territorio.

Il leopardo

Con un peso che è un terzo (70-90 kg nei maschi più grandi) di quello di un leone, il leopardo (Panthera pardus) è meno temuto, ma le testimonianze del secolo scorso raccontano che questo felino può dimostrare una dedizione e un’abilità senza uguali nella caccia agli uomini. Il famoso “leopardo di Rudraprayag” (protagonista del libro del già citato Jim Corbett “Il leopardo che mangiava gli uomini”, 1948) uccise almeno 125 persone nell’India del Nord tra il 1918 e il 1926. Iniziò per caso a nutrirsi dei cadaveri umani dopo un’epidemia, ma in breve imparò a ricercare attivamente le persone, diventando audace: spesso si appostava attorno alle case aspettando che le persone si recassero al bagno all’esterno durante le notte; in rari casi entrava dai tetti o forzando porte e finestre, portando via gli uomini dalle abitazioni senza fare alcun rumore. L’animale venne ucciso dall’autore del libro dopo lunghissimi appostamenti e molti tentativi falliti. Nello stesso periodo si contarono altri casi simili a questo (il leopardo di Panar, per esempio, con circa 400 vittime, era meno famoso perché presente in un’area più

AFP/Getty Images (2)

e la sua sensibilità crescevano, divenne uno dei primi difensori della natura della storia. Scattò le prime immagini di qualità di una tigre nel suo ambiente naturale (grazie a complessi e pericolosi appostamenti) e si impegnò per la tutela delle aree naturali indiane, tanto che oggi uno dei più famosi parchi naturali indiani, il Corbett National Park, porta il suo nome. Le esperienze di cacciatore di Corbett sono raccolte in diversi libri, tra cui i più interessanti sono “Le mangiatrici d’uomini del Kumaon” e “Il leopardo che mangiava gli uomini”. Oggi la popolazione di tigri indiane è drasticamente ridotta rispetto a un secolo fa (erano più di 100.000 animali) e i circa 1.700 individui rimasti sopravvivono all’interno delle riserve istituite dal governo indiano, dove vengono avvicinate a

isolata e meno seguita dai giornalisti britannici dell’epoca). Oggi in India i leopardi sono troppo pochi e isolati per creare seri problemi agli uomini (anche se ogni anno si registrano attacchi letali). In Africa, dove i leopardi sono più diffusi di quanto si pensi, gli incidenti sono rari, anche se non mancano casi di aggressioni, soprattutto a donne e bambini. Gli uomini adulti sono attaccati meno di frequente, perché i leopardi sono cacciatori molto prudenti, che scelgono con cura le proprie prede.


Sopra, un leopardo fa irruzione in un villaggio del Bengala e attacca una guardia forestale. Sotto, tigri del Bengala assediate da jeep cariche di turisti.

Il docile ghepardo

Anche se è veloce come un fulmine, il ghepardo (Acinonyx jubatus) è l’unico grande felino non pericoloso per l’uomo. La costituzione leggera, la bocca piccola e le unghie solo parzialmente retrattili, fatte per correre, non lo rendono adatto ad abbattere grandi prede. Alcuni ghepardi, cacciando in due o tre, possono avere la meglio anche su grandi animali come gnu e struzzi, ma comunque non ci sono testimonianze recenti e affidabili di aggressioni a uomini. Anzi, i ghepardi possono diventare animali quasi “domestici” e alcuni di essi, particolarmente docili, mostrano un grande attaccamento per chi li accudisce.

Felini delle Americhe

In Sudamerica gli attacchi alle persone sono molto più rari che negli altri continenti, anche se sono presenti due grandi felini: giaguaro (Panthera onca) e puma (Puma concolor). Il primo, pur essendo più imponente del leopardo, non aggredisce le persone, se non in rarissimi casi o se direttamente provocato. Il più piccolo puma, agilissimo e diffuso in tutte le Americhe, è invece ritenuto più pericoloso del suo cugino giaguaro, anche se non ha la cattiva reputazione dei grandi felini di Asia e Africa. Non sono mancati però incidenti gravi, anche recenti (circa 10 casi negli ultimi 20 anni), nei quali i puma hanno ucciso e divorato persone nell’Ovest degli Stati Uniti e del Canada. Di nuovo, la causa principale è l’espansione dei centri urbani, anche piccoli, nelle aree dove vivono questi predatori, che acquisiscono una crescente confidenza con gli uomini. Il bellissimo leopardo delle nevi (Panthera uncia) delle montagne dell’Asia Centrale è molto meno pericoloso per gli uomini e gli attacchi documentati, peraltro non recenti, sono casi più unici che rari.

Non correre!

Oggi osservare questi animali in natura è un’attività sicura, se si rispettano le regole delle guide, e i veri mangiatori di uomini sono una rarità. Ma cosa bisogna fare se si incontra un grande felino quando si è a piedi? Un detto africano recita: “qualunque cosa accada, non

Getty Images

correre”. La fuga, infatti, scatena l’istinto predatorio anche nel più svogliato e sonnolento dei leoni. Meglio fronteggiare il predatore cercando di apparire grandi e sicuri, mostrarsi aggressivi, anche gridando, e poi allontanarsi lentamente, senza fare movimenti bruschi. La nostra altezza e il fatto che abbiamo gli occhi puntati in avanti (come tutti i grandi mammiferi predatori), può a volte intimidire i felini. Se non scappiamo, come fanno le prede, il carnivoro può credere che possiamo tenergli testa e quindi lasciare perdere. Perché non si verificano incidenti coi veicoli dei safari utilizzati dai turisti e dai ranger in Africa e in India? Spesso, infatti, i fuoristrada sono completamente aperti, a pochi metri di distanza da gruppi di leoni. Il rischio è minimo perché i felini vedono il veicolo e i suoi occupanti umani come un unico oggetto mobile, non commestibile e poco interessante che emette fumi puzzolenti (lo scarico del veicolo). Tutti gli animali che vivono nei parchi hanno familiarità con questi mezzi e se non si fa qualcosa di stupido, come sporgersi, agitarsi o scendere a terra, i felini non si interessano a noi.

Vivere con i grandi felini

I Paesi che hanno tigri, leoni e leopardi devono trovare un sistema per far convivere questi predatori con gli uomini. Non è un’impresa facile, perché sia i felini sia gli uomini (e il loro bestiame) hanno bisogno di spazio, che è sempre meno, a causa dell’espansione della popolazione umana e delle sue attività. Spesso l’approccio migliore è tenere gli animali nei parchi naturali, separati da persone che non abbiano norme di accesso precise e codificate. Ma gli animali non rispettano i confini dei parchi (e neppure le persone sono troppo diligenti) e quindi la strategia ha un’efficacia limitata. Si cerca allora di ridurre le situazioni a rischio, come camminare da soli di notte o

frequentare aree con fitta vegetazione adatte agli agguati. In India, nella già citata area delle mangrovie di Sundarbans, sono state sperimentate alcune tecniche innovative per scoraggiare gli attacchi delle tigri: chi va a lavorare nella foresta indossa sul retro del capo una particolare maschera, con occhi e bocca molto evidenti (foto nell’altra pagina). Questi carnivori, infatti, tendono ad attaccare di sorpresa, alle spalle, e la maschera fa credere ai predatori di avere a che fare con una preda sempre all’erta. Gli animali, però, hanno reazioni diverse in virtù delle loro esperienze e alcuni non sono molto intimiditi da questo trucco. In passato, sempre in quest’area sono state utilizzate anche sagome umane collegate a batterie, in grado di erogare una forte scarica elettrica in caso di contatto, per spaventare gli animali troppo aggressivi. Si sperava di convincere le tigri che gli uomini sono pericolosi e per un po’ il trucco ha funzionato, ma poi le tigri hanno imparato a scartare le figure immobili, inoltre la sostituzione delle batterie era scomoda e pericolosa. In alcuni villaggi i cani sono stati addestrati a segnalare le tigri in anticipo e a scortare i lavoratori nelle foreste mettendoli in allarme, ma si tratta sempre di misure di portata limitata e non di soluzioni decisive. Ritagliare abbastanza spazio per questi animali, limitando la presenza umana a poche attività ben regolate, sembra essere l’approccio migliore. La questione non è ancora risolta e trovare un equilibrio non sarà facile. Le storie dei mangiatori di uomini raccontate sono impressionanti, ma è importante ricordare che si tratta di casi isolati registrati molto tempo fa. Anzi, considerando il numero elevatissimo di persone che vivono o si recano nelle aree abitate da grandi felini dell’Africa e dell’Asia per piacere o per lavoro, il numero degli attacchi dovrebbe essere altissimo se questi animali avessero una chiara predilezione per noi, ma fortunatamente non è così. I “turisti” mangiati da felini, poi, sono pochissimi e si tratta quasi sempre di persone che non hanno rispettato le regole di visita dei parchi. Quindi, viaggiate liberamente senza pensare al pericolo di tigri e leoni. Per ogni persona uccisa da un felino, ce ne sono migliaia che muoiono per mano di altri uomini, per malattia o incidenti stradali.


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Lo sconto è computato sul prezzo di copertina al lordo di offerte promozionali edicola. La presente offerta, in conformità con l’art.45 e ss. del codice del consumo, è formulata da Gruner+Jahr/Mondadori Spa. Puoi recedere entro 14 giorni dalla ricezione del primo numero. Per maggiori informazioni visita www.abbonamenti.it/cgagruner. INFORMATIVA AI SENSI DELL’ART. 13 DEL D.LGS. 196/03 - La informiamo che la compilazione della presente cartolina abbonamento autorizza Gruner+Jahr/Mondadori S.p.A., in qualità di Titolare del Trattamento, a dare seguito alla sua richiesta. Previo suo consenso espresso, lei autorizza l’uso dei suoi dati per: 1. finalità di marketing, attività promozionali e commerciali, consentendoci di inviarle materiale pubblicitario o effettuare attività di vendita diretta o comunicazioni commerciali interattive su prodotti, servizi ed altre attività di Gruner+Jahr/Mondadori S.p.A. e di società terze attraverso i canali di contatto che ci ha comunicato (i.e. telefono, e-mail, fax, SMS, mms); 2. comunicare ad altre aziende operanti nel settore editoriale, largo consumo e distribuzione, vendita a distanza, arredamento, telecomunicazioni, farmaceutico, finanziario, assicurativo, automobilistico, della politica e delle organizzazioni umanitarie e benefiche per le medesime finalità di cui ai punti 1 e 3. 3. utilizzare le Sue preferenze di acquisto per poter migliorare la nostra offerta ed offrirle un servizio personalizzato e di Suo gradimento. Il conferimento dei suoi dati per le finalità sopra riportate è facoltativo, la mancanza del suo consenso non pregiudicherà l’attivazione dell’abbonamento. Responsabile del trattamento è Press-di Distribuzione e Stampa Srl. Ulteriori informazioni sulle modalità del trattamento, sul nominativo del Titolare e del Responsabile del trattamento nonché sulle modalità di esercizio dei suoi diritti ex art. 7 Dlgs. 196/03, sono disponibili collegandosi al sito www.abbonamenti.it/privacygruner o scrivendo a questo indirizzo: Ufficio Privacy - Via Mondadori, 1 Segrate (Milano) 20090 - privacy.pressdi@pressdi.it.


Fabrizio Moglia

della pappa 20

Un picchio nero (Dryocopus martius) fa la spola tra il nido (un foro preparato con cura in un albero della val di Susa, in provincia di Torino) per nutrire i 3 figli. Arriva in volo (1), si appoggia al tronco e chiama (2). I piccoli si affacciano (3) e l’adulto rigurgita nel loro becco spalancato grandi quantità di formiche (4). Una volta terminato di imboccare i piccoli si allontana per un nuovo rifornimento (5). Il rituale si ripete circa ogni ora.


Un picchio nero, il pi첫 grande dei picchi europei, nutre i suoi figli in un bosco del Piemonte. Deve fare molti viaggi avanti e indietro per far fronte alle richieste della prole affamata!


Le plac e avventure di un ippopotamo rosa di Ale Giorgini

22


Shutterstock / Miriam Doerr

MOBILITY DOG, ESERCIZI PER ALLENARE IL CANE ALLA CITTÀ (PAG. 24).

Cervello di gallina? Dopo aver letto l’articolo a pag. 28 non lo considererai più un insulto.

petCLUB di consigli per curare gli animali di casa

COME CANE E GATTO: SHILAR E SHANGRI-LA, UNA STORIA D’AMORE (PAG. 38).


LAB

Cos’è la MobilityDog

La MobilityDog è una disciplina rivolta ai team cane/conduttore anche alla prima esperienza, perché non è agonistica né competitiva. Può essere uno strumento per migliorare l’integrazione del cane nella società urbana. Superare ostacoli, risolvere piccoli problemi insieme può essere di grande aiuto per la coppia uomo – cane, perché aumenta la capacità di comunicazione e la fiducia, aiuta il cane a concentrarsi e a seguire le indicazioni date ed è un’ottima occasione per trascorrere del tempo insieme al proprio cane tra altri cani!

ve, La MobilityDog ufficiale si articola in 18 pro da eseguire nel tempo di 1 minuto ciascuna. iplina? Volete iniziare a prepararvi per questa disc Ecco alcuni esempi di HomeMobilityDog. Salto in alto COSTRUZIONE OSTACOLO Potete fissare il manico di una scopa tra due sedie o sopra a due sgabelli.

ESECUZIONE ESERCIZIO Con una breve rincorsa, il cane salta l’asta - per i cani di taglia media e grande sarà fissata a 50 cm dal suolo, per quelli di taglia piccola a 20 cm. Potete dire una parola tipo: “su” o “salta”.

COMPETENZE ACQUISITE Superare un ostacolo saltando e dare significato alla parola “su” o “salta”.

ERRORI DI ESECUZIONE

Getty Images (2)

Passare sotto l’asta / aggirare l’ostacolo.

24

DOG


Tunnel morbido COSTRUZIONE OSTACOLO Uno scatolone grande più del cane, stoffa, graffette. Aprire lo scatolone in modo che diventi un tubo, a una estremità collegare con la cucitrice la stoffa in modo che continui il tubo, diventando un tubo di stoffa morbido perto alla fine).

ECUZIONE ESERCIZIO cane viene invitato a entrare nel tunnel, lo traversa ed esce dalla parte della stoffa. na seconda persona può accoglierlo alla ne del tubo.

ERRORI DI ESECUZIONE

PETENZE ACQUISITE raversare senza paura luoghi strani e scuri. Fidarsi del proprietario (si chiede al cane di passare senza vedere l’uscita). Uso del muso per aprire le cose.

di Giulia Paracchini disegni di Paolo Deandrea

Inviare il cane al podio www.attrezzimobilitydog.com

Divertente per il cane e il conduttore, è un ottimo strumento per migliorare l’integrazione del cane nella società urbana.

Uscire dallo stesso lato dell’ingresso o non entrare.

COSTRUZIONE OSTACOLO Tavolino di 80 x 80 cm, alto 50 cm. Mettere sopra una gomma antisdrucciolo/antiscivolo.

ESECUZIONE ESERCIZIO Inviare il cane al podio da una distanza di 8 m (dicendo “VAI”). Il cane deve salire, girarsi, aspettare circa 10 secondi finché non è richiamato. Sale e scende dallo stesso lato.

COMPETENZE ACQUISITE Andare verso l’ostacolo; saltare sopra qualcosa; imparare ad attendere prima di tornare indietro.

ERRORI DI ESECUZIONE Aggirare l’ostacolo o saltare giù dalla pedana prima che sia richiesto.

segue nella prossima pagina

É


Slalom COSTRUZIONE OSTACOLO Piantare 5 manici di scopa in vasi da fiori, o in bottiglie riempite d’acqua, a distanza di circa 50 cm l’uno dall’altro, in linea retta.

Ombrello COSTRUZIONE OSTACOLO

COMPETENZE ACQUISITE

Serve solo un ombrello.

Non spaventarsi davanti a oggetti insoliti o sconosciuti.

ESECUZIONE ESERCIZIO Aprire e chiudere l’oggetto due volte vicino al cane, che non deve esserne intimorito.

ERRORI DI ESECUZIONE Spaventarsi, scappare.

ESECUZIONE ESERCIZIO Il cane, camminando a zig-zag, deve entrare e uscire nello slalom creato dai paletti, tenendo il primo alla sua sinistra. Il conduttore indica ogni volta la direzione da prendere; NON trascinare il cane col guinzaglio ma guidarlo attraverso i paletti con la mano come indicatore di direzione.

COMPETENZE ACQUISITE

Tavolo con nastri COSTRUZIONE OSTACOLO

COMPETENZE ACQUISITE

Potete usare lo stesso tavolino del podio (se il cane ci passa sotto) oppure uno scatolone a cui tagliare dei lati e formare una “C” capovolta. Mettere nastri di carta o strisce di stoffa lunghe fino a terra.

Usare il muso per passare attraverso cose che pendono dall’alto; fidarsi dei proprietari (il cane accetta di passare sotto una cosa di cui non vede l’uscita).

Non percorrere adeguatamente il percorso, saltare un ostacolo.

ERRORI DI ESECUZIONE Salire sopra il tavolo; passarci intorno.

nt Open

Il cane passa sotto al tavolo attraverso i nastri, può uscire da qualunque parte del tavolo tranne quella da cui è entrato.

ERRORI DI ESECUZIONE

me Getty Images/Mo

www.attrezzimobilitydog.com

ESECUZIONE ESERCIZIO

Migliorare la gestione del guinzaglio; seguire la mano come target - indicatore di direzione; il conduttore migliora la comunicazione corporea.


lmente Tutti gli esercizi devono essere svolti gradua e osservando sempre molto attentamente la reazione del cane. vieni a trovarci su Facebook: cerca Focus Wild

Gliesercizi,comedescritti,rappresentano l’esecuzione“ideale”,maognicoppiauomo canedevelavorareperstep,apiccolipassi,per raggiungereilrisultatofinale. Adesempio,ilsaltoinizialmentedeveessere altopochicentimetriepoiviaviaalzato

gradualmente; il tunnel inizialmente può essere aperto, in modo che il cane possa vedere l’uscita; idem per il tavolo con i nastri. Voi e i vostri cani non dovete mai dimenticarvii che è un divertimento! Potete aiutarvi con il gioco preferito del cane (ad esempio lanciandolo sotto al tavolo) o con qualche boccone gustoso. Ora che vi abbiamo dato qualche spunto, aspettiamo le foto in compagnia dei vostri amici mentre fate attività!


GALLINA

Senza ombra di dubbio, i polli sono tra gli esseri più maltrattati e sottostimati del regno animale. Se nella nostra società la stragrande maggioranza vive in allevamenti intensivi – vere e proprie “fabbriche di uova” – un po’ in tutti i Paesi del mondo galli e galline sono sfruttati e ritenuti esseri stupidi e senza cervello.

sto ntra

Cervello di

/Co TERS REU

COMPORTAMENTO

Roberto Marchesini ci parla del...

Roberto Marchesini è etologo e studioso della relazione tra l’uomo e le altre specie animali.

ALLEVAMENTO DETTO “A TERRA” Sarà anche “a terra”, ma sovraffollato, non all’aperto, né con i giusti ritmi di luce e buio.

28

Getty Images

In

qualunque posto uno vada troverà galline appese a testa in giù, rinchiuse in gabbie minuscole oppure segregate dentro a batterie in condizioni di sovraffollamento. Anche quando sentiamo parlare di “galline allevate a terra”, la realtà è ben diversa da quella che possiamo immaginare: in questo tipo di allevamento gli animali passano la loro breve vita stipati in capannoni, senza accesso all’esterno e alla luce naturale. Più in generale, la produzione delle uova ha davvero un costo molto alto: non tutti sanno, ad esempio, che alla schiusa i pulcini maschi vengono uccisi subito, perché non possono fare le uova e sono solo un peso di cui disfarsi il più presto possibile. Ecco, tutta questa sofferenza viene fatta passare per una cosa “normale”, quasi


menti In batteria o negli allevam

Getty Images/Fotosearch RF

Il trattamento subito dai polli è tra i più crudeli: per esempio, i pulcini maschi vengono uccisi subito, perché non “servono” per la produzione di uova.

La a gallina è un an nimale ben più ù intelligente di quanto si pe ensi: ha un su uo linguaggio ed d è in grado di ap pprendere per mitazione. im

che questi animali non sentano il dolore, non abbiano es genze particolari, siano come oggeetti di cui disporre a nostro piacimento, tant’è che nel linguaggio comune si sente spesso dire: «sei s stupido come una gallina!». In realtà, la gallina è un animale molto sensibile e dal coomportamento complesso. Questa cconstatazione ci dovrebbe far avvicinare al mondo di questi volatili in un m modo differente, per conoscere la lorro capacità di sentire il dolore, di vivere le relazioni sociali e di appprendere. Così facendo, non solo eviteremmo atteggiamenti di disprezzo, ma staremmo molto più attenti al rispetto di questi animali merav vigliosi. Ecco allora alcune peculiarità. La gallina è un animale che ha un comportamento socialee molto complesso, vive in gruppo e sa bene come organizzarsi. Le ggalline, infatti, si conoscono tra loroo e ognuna assume una determinatta posizione sociale all’interno del grruppo di riferimento. Il maschio, ad esempio, si preoccupa sempre di avvertire le altre galline quando trovva del cibo. rso parEsiste un ver colare che il gallo riproduce per avvertire e richiamaare gli altri pp così come esistono altri versi per indicare che esi c’è un pericolo in agguato. Si può dire quindi che esiste un dizionario dellla co-

OVAIOLE Stipate in gabbie che impediscono i movimenti, le galline hanno un unico compito: produrre uova.

Getty Images/All Canada Photos

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Getty Images/WIN-Initiative RM

Anche se non volano quasi, le galline hanno bisogno di vivere all’aperto e la notte preferiscono salire sugli alberi (foto più a destra).

Getty Image s

municazione del gallo, in cui ogni suono corrisponde a un particolare messaggio che gli altri soggetti sono in grado di interpretare. La gallina, poi, è un animale che ha una grandissima sensibilità, riesce ad avvertire gli ultrasuoni e tutti i movimenti tellurici, come i terremoti, i maremoti ecc. Questi animali sentono il loro avvicinarsi manifestando comportamenti di allarme. Non a caso, un tempo l’uomo osservando il comportamento dei polli imparava ad anticipare le calamità naturali. Si tratta poi di un animale che ha un forte bisogno di vivere all’aperto: anche se non vola (a dire il vero, è in grado di fare piccoli voli), sente comunque il bisogno di aprire le ali, di scorrazzare e di muoversi in libertà, di poter salire sugli alberi di notte. Tutti questi comportamenti vengono

COMPAGNIA I polli sono paragonabili a cani e gatti come animali da compagnia.

preclusi quando questi animali vengono rinchiusi dentro gli allevamenti o in generale in spazi ridotti. Infine, è un animale che è molto bravo ad apprendere: si è visto infatti che riesce a imparare attraverso la conseguenza delle proprie azioni. Se un’azione produce un beneficio la gallina la ripropone, se invece produce un problema, tende a evitarla. È capace cioè di osservare le conseguenze delle proprie azioni (gli etologi chiamano questo processo “apprendimento per conseguenza”), ed è inoltre molto curiosa verso ciò che la circonda, ovvero è in grado di sviluppare un “apprendimento per esplorazione ambientale”. Ma, su tutto, è un animale particolarmente portato “all’apprendimento imitativo”: si è visto che se una gallina osserva altre galline perlustrare delle ciotole, alcune rosse (con cibo) e altre blu (vuote), se posta nella stessa situazione perlustrerà per prima le ciotole rosse, sicura di trovarvi del cibo. Questo comportamento non è un’imitazione passiva, ma un’imitazione attiva: sceglie in base al risultato ottenuto dalle altre galline. Si tratta di un animale che in termini di elasticità mentale e apprendimento è davvero molto capace! Come ultima cosa, non tutti sanno che le galline non hanno niente da invidiare a cani e gatti come animali da compagnia.

Sono animali capaci di essere molto affettuosi Ed è davvero assurdo, paragonato a quello che ci potrebbero dare in termini di relazione, pensare a come sono costretti a vivere.


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Tranquilli, è tutto sotto controllo...

Micromys minutus sembra in una posizione molto precaria, un po’ quello che succede nei film comici quando il gondoliere rimane appeso al remo. Ma, una volta scoperto il suo nome comune, topolino delle risaie, diventa chiaro che il piccolo roditore si trova nel suo elemento naturale.



Hulya Ozkok/REX/Olycom


Che hai da guardare? Grrrr... Garfi, 9 anni, è un bellissimo persiano. Ha solo un’espressione poco rassicurante... La sua padrona, che lo conosce bene, dice che in realtà è un tipo molto pacifico, almeno finché si fa quello che vuole lui...


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Ai nostri amici a quattro zampe piace stare all’aria aperta, ma arriva il momento in cui VOGLIONO RIENTRARE A CASA LORO. Ecco un po’ di modi per dirci...

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NON CI . . ARRIVO.


STORIA VERA

Storia di una straordinaria amicizia tra una gattina cieca e un cane trovatello che la ha protetta e guidata nella scoperta del mondo. Due animali abbandonati, uniti da un grande amore.

testo e foto di Cristina Rovelli

AR: Io sono SHIL un PASTORE , io papĂ ... non so


La passione di Shangri-La? Camminare su cornicioni e ringhiere!

gio! g a r o c i tt fa .. i. a d Su,

mia madre era mio TEDESCO e il CCIO sono un METI

ilmesediagosto,misento tantodebole,sonoottogiorni chenontoccocibo.Sononato soltantoseimesifa,sono uncucciolotto,malemie dimensioniattualidicono chediventeròuncanedigrossataglia,miamadre eraunpastoretedesco,miopadrenonloso,sono unmeticcio. Aduemesidietàmiregalarono,comedonodi compleanno,aunabimbache,entusiastadel regalo,micoccolòperqualchesettimana...poisi stancòdel“gioco”cheiorappresentavo,smisedi donarmilesueattenzionieilsuoamore,aveva altrigiochidafare. Arrivò l’estate, passò il mese di giugno, poi quello di luglio. Un giorno osservai i miei padroni, la mia famiglia, mentre preparavano le valige. Ilgiornodopol’uomo dicasamifecesalireinmacchina.“Chebello!” -pensai-“sivaafareunapasseggiata!”.Ilmio padroneacceseilmotoreepartìatuttavelocità. Eroeccitatoall’ideadifareunagitaconilmio amico.Pertuttoilpercorsononaprìbocca,era pensieroso,capiichenoneratantocontento, avreivolutorallegrarlo,aiutarloarisolvereil suoproblema.Maancoranonavevocapitoche il“suoproblema”eroio.Vidiilpaesaggioche sfrecciavaattraversoifinestrinidell’autofarsi semprepiùaspro,avevamolasciatolanostra casadaparecchichilometri,lapianuraera scomparsaealsuopostosiinnalzavanoailati dellastradabellissimemontagne,ampipascoli sisusseguivanounodopol’altro.Erosempre piùcontento,noneromaistatoinunpostocosì bello!Poiilmiopadronesifermò,scesedalla macchina,immaginaichemiavrebbeinfilato ilmiocollarerosso,erocosìfelice,credevo cheavremmopasseggiatoinsiemeinquesto belposto,eroimpaziente.Aprìlaportiera posterioreemifececennodiscendere,nonmi miseilcollare,miguardòemidisse«Va’via, va’via...».Lofissavosenzacapire,forsevoleva fareunnuovogioco.Allora,perfarlocontento trotterellaiallontanandomidiqualchemetro, mi fermai guardando il mio “amico” in cerca

diapprovazione,lovidichinarsieraccogliere qualcosaaterra.«Vattene!!!»emitiròunsasso. Noncapivo,chegiocoeraquesto?Miallontanai ancoradipiù...Nonglistaccavogliocchidi dossoneancheperunistante,erosconcertato eppuremifidavoancoradilui,forseeracolpa miachenoncapivocosavolessedame,abbaiai incercadiunsuocennoamico,poilovidisalire inmacchina...corsitrafelatopertornarealla macchina,luisbattéconrabbialaportiera,mise inmotoepartìsenzagirarsi,ioarrivaiappenain tempoperappoggiareunazampaallaportiera chiusa.Lorincorsi...«Ehi!Nonandarecosìveloce, noncelafaccioastartidietro!!!Fermati,non mipiacequestogioco!!!».Correvodietroquella macchinachesiallontanavasempredipiù,la distanzatrameeilmiopadroneaumentavaeio continuavoacorrere,avevoilcuoreingola,ero sfinitomaquellamacchinaeral’unicacosachemi legavaallamiafamiglia,nonpotevoperderla. ...einfineerorimastosolosulbordodiunastrada, fissavol’orizzontenell’ultimopuntodoveavevo vistoscomparireilmioamico.Misentivotristee solo,masapevocheprimaopoisarebberovenuti ariprendermi. Ma i giorni erano trascorsi, ero rimasto lì in quel punto, in attesa. Poi la fame e la sete avevano preso il sopravvento, avevo cominciatoaspostarmilungoquellastradadi montagnaincercadellamiafamiglia,incerca diciboediacqua.L’unicacosachetrovaifuun susseguirsidispaventi:leautoviaggiavano agrandevelocitàeioscappavoterrorizzato daunlatoall’altrodellastrada.Eppure,aogni macchinachearrivava,ilmiocuoresussultava: ecco,ilmioamicoètornatoaprendermi!Alloragli correvoincontromadelmiopadronenonviera piùtraccia,solosterzatebruscheeimprecazioni provenientidalleauto.Lanottemisentivo meglio,lastradaeramoltopiùtranquillama avevofame,tantafame...cosìabbandonaiquella strisciaasfaltata.Ilboscochesalivaasinistra dellacarrozzabileregalavaprofumiinvitanti, eranotrascorsialtrigiorni,ormaimierodisilluso completamente:questononeraungiocoeil mio padrone non sarebbe mai più tornato a

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llo fu l’inizio e u q e O B U C cii dall’ IN ICIZIA. Piano piano us M A E D N A R G della nostra riprendermi. Percorsi la mulattiera che bordava il bosco, salivo sempre più, finché il passaggio era diventato un piccolo sentiero. Quanti odori strani. La strada asfaltata era ormai solo un ricordo, ero circondato dagli alberi, altissimi e così fitti da nascondermi il cielo, poi giunse la notte, la mia prima notte nel bosco. Mi rannicchiai nell’oscurità ai piedi di una roccia, non vedevo più nulla, il buio era completo e la solitudine mi avvolse più nera della notte. D’un tratto un verso acuto, minaccioso e vicinissimo lacerò l’aria; ero terrorizzato, dov’era la mia mamma? Uno sbatter d’ali mi sfiorò e sentii nuovamente quel verso acuto... i rapaci come l’allocco, il gufo e la civetta stavano per dare inizio alla loro meravigliosa danza notturna, cercando il cibo, difendendo il loro territorio, spostandosi da un albero all’altro. Ero affascinato dalla loro instancabile attività, ma nello stesso tempo quei suoni sconosciuti mi spaventavano. Ero sempre più triste, sempre più solo, sempre più affamato, le forze mi stavano abbandonando, erano ormai otto giorni che vagavo senza una meta... mi sdraiai in una specie di grotta coperta da un grande cespuglio. Dal mio corpo usciva soltanto un lieve lamento, il mio respiro sempre più debole. ... È una giornata afosa, fa caldo perfino qui in montagna, chissà che calore ci sarà in pianura, non oso uscire dal bosco! Oggi ho scelto di lavorare in questa valle solitaria e selvaggia perché c’è tanta gente in giro, è tempo di vacanze e io non sono nello spirito

giusto per vivere nella confusione. Sono una guardiacaccia e amo questo bosco, qui non viene mai nessuno, a parte qualche bracconiere; i sentieri sono poco segnati, non vi sono grandi panorami e il silenzio avvolge ogni cosa, compreso il mio particolare stato d’animo che mi ha spinto a venire fino a qui, al riparo dal frastuono. Un lamento indistinguibile, debolissimo mi distoglie dai miei pensieri... mi fermo e rimango ad ascoltare... forse me lo sono soltanto immaginato... Sento un rumore sconosciuto, avverto dei colpi sulla terra argillosa di questo bosco, sento che si avvicinano sempre di più... cosa sarà? Sono così debole che non riesco ad alzarmi. D’un tratto sento una voce umana, una voce sconosciuta, giro la testa verso quel suono inaspettato e vedo una donna vestita di verde, la vedo sdraiarsi e allungare le braccia verso di me, mi sta dicendo qualcosa: «Ehi! Vieni fuori di lì... non ti fidi? Fai bene, non mi conosci». La sto guardando con un’intensità tale da catturare tutta la sua pietà e il mio corpo comincia a tremare per la paura, la debolezza, lo sfinimento, la solitudine, l’abbandono. Lei mi parla ancora: «Ti prego, fidati di me, vieni fuori di lì!». Io sono rintanato sotto la roccia in uno spazio angusto e non ho la forza per muovermi, poi mi sento afferrare per le due zampe anteriori; la donna si è appiattita e si è spinta fino a me, mi sta tirando verso di lei, mi porta fuori da quella piccola tana, poi prende il mio muso tra le sue mani: «Ma da dove arrivi tu? Come sei ridotto, sei tutto testa, il resto del corpo è uno scheletro, un mucchietto di ossa!». Eh sì, non dovevo essere un bello spettacolo da vedere: sporco, più morto che vivo, completamente senza forze.

Shangri-La in compagnia degli altri gatti di casa. Nell’altra pagina: insieme a Shilar, che la incoraggia.

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«E adesso che faccio? Non posso lasciarti qui. Senti, ho la macchina a circa due ore di cammino, ce la fai a seguirmi? No vero?». Sono sdraiato su un fianco e la guardo mentre mi parla. «Adesso ti prendo in braccio e raggiungiamo la macchina, ti porto a casa mia, ok?». Mi sento sollevare e nel dondolio di quella camminata la guardo con aria interrogativa, lei mi sorride e mi tranquillizza, ogni tanto lancio un lamento e tremo come una foglia. «Non tremare così, ti sto aiutando», poi vedo il suo viso farsi serio e ricomincia a parlarmi: «A casa ho già tre cani e tutti di taglia grossa! E da come sono lunghe le tue zampe anche tu diventerai un cane enorme!». La vedo assumere un’aria pensierosa, poi mi dà un bacio sulla fronte e mi sussurra: «qui comunque non posso lasciarti, inoltre devi mangiare, ingrassare, almeno da riuscire a stare in piedi, decideremo poi come sistemarti, ci porremo il problema dopo!». L’arrivo alla macchina fu tutt’altro che facile, ma il problema peggiore fu nei giorni a seguire. Per due giorni non mangiai nulla, il mio stomaco era così chiuso da rifiutare qualunque cibo, si rifiutava di collaborare, ero stato troppo a digiuno. Lei mi stava spesso vicino, ma appena mi lasciava solo cominciavo a piangere, avevo il terrore di essere nuovamente abbandonato. Il terzo giorno mi fece assumere un liquido arricchito con vitamine, lo aveva preparato seguendo i consigli di un veterinario. «Bevi piccolo mio o non ce la farai!». Sopravvissi a quella brutta avventura, piano piano uscii dall’incubo e quello fu l’inizio della nostra grande amicizia. Mi chiamò Shilar. Nonostante avesse già tre cani grossi, non riuscì a separarsi da me. Mi trasformai in un bellissimo cane, grande e grosso, con un cuore colmo di amore: quella brutta esperienza non era stata sufficiente a ferire il mio animo e ora il mondo mi appariva come un enorme e affascinante mistero da scoprire. Stavo sempre con lei, o quasi, a volte non poteva portarmi con sé al lavoro, ma quando l’accompagnavo il mio fiuto e il mio infallibile istinto le erano di prezioso aiuto. La proteggevo, la guidavo e l’amavo sopra ogni altra cosa. Ero al settimo cielo e credevo che non potesse esistere felicità più grande, ma la vita ti riserva sorprese che neanche ti puoi immaginare...


con la o r o v a l l Eccomi a mica! mia a Era appena iniziata la primavera e la mia amica guardiacaccia se l’era trovata lì, una mattina, davanti al cancello di casa: abbandonata, piccola, impaurita, rinchiusa in una scatola di cartone. L’aveva aperta lentamente, quasi con timore: dentro vi aveva trovato una gattina, bianca e nera, circa due mesi di età, debole e malata. Il veterinario spiegò che doveva aver ereditato dalla madre una grave patologia che poteva portare alla completa perdita della vista. Le visite continue dal veterinario, le cure, le speranze... poi la dura sentenza: non c’era più niente da fare, meglio sopprimerla, questo era il consiglio. «Un gatto completamente cieco non potrà mai svolgere una vita normale, sarà solo un essere infelice». Gli amici, i veterinari, tutti consigliarono di autorizzare l’eutanasia. Io sentivo la sua incertezza, la sentivo nell’aria; seguirono giorni difficili, sofferti, eppure qualcosa la tratteneva dal prendere una simile decisione. Alla fine fece la sua scelta: la gattina vivrà! Fu battezzata con il nome di Shangri-La, ispirandosi a quel mitico villaggio immaginario sulle montagne himalayane, dove si troverebbe l’eterna giovinezza. In quei giorni fui travolto da un amore immenso per quel piccolo essere bisognoso di aiuto e, non so come, quella piccola gattina riuscì da subito a

fidarsi di me, grande e grosso com’ero. Non so davvero quale splendida magia legò le nostre due vite, ma fin dal primo giorno io diventai la sua guida: eravamo inseparabili. Dovunque lei andasse io la seguivo, proteggendola dai pericoli, e quando le mancava il coraggio di muoversi nella sua oscurità, io la chiamavo con dolci versetti. La spingevo toccandola con il mio grosso naso, abbaiavo quando aveva paura per incoraggiarla a scoprire un’altra parte del territorio, e ululavo quando vi era un pericolo. Spesso si metteva tra le mie zampone in cerca di rifugio e io la leccavo per farle sentire il mio amore: con me era al sicuro. Ben presto Shangri-La imparò a conoscere il territorio come gli altri gatti che vivevano con noi: il pascolo dove sorgeva la nostra casa, i boschi che la circondavano e le montagne che la rendevano così bella divennero talmente familiari che rimanevo estasiato nel guardare Shangri-La mentre correva, saltava, giocava, combinava disastri, mentre rincorreva qualunque oggetto incontrasse sul suo cammino. Aveva una vivacità incredibile!

Oggi Shangri-La è adulta, si arrampica ovunque ed è la prima ad arrivare alla ciotola quando la nostra amica ci porta la colazione. Shangri-La va anche a caccia, anche se per ora... ha catturato solo insetti! Il suo hobby preferito? Camminare sui cornicioni! Forse sono riuscito a infondere alla mia piccola gatta quella stessa fiducia nella vita che anch’io credevo di aver perduto. Fino al lontano giorno di tanti anni fa, quando un luogo solitario spinse due esseri viventi a cercarsi. Io ci andai perché mi sembrava un luogo sicuro o forse perché mi ero perso. Lei mi trovò perché quel giorno aveva voglia di starsene sola con i suoi pensieri. Un normalissimo afoso giorno di agosto ma così speciale da regalarmi quel dono prezioso che è la vita. Non potevo morire, un compito importante mi aspettava: aiutare Shangri-La, una gattina cieca la cui vita era appesa a un filo. Certo, se lei avesse quel dono meraviglioso che è la vista potrebbe assaporare mille altre meraviglie, ma mi sono accorto che tutti gli altri suoi sensi sono estremamente sviluppati: l’udito e l’olfatto sono sempre all’erta, lei sente profumi e suoni che gli altri gatti non sentono. Vorrei tanto dire alla nostra amica... grazie per non averci abbandonato.

RIA è La nostra STO o un meraviglios ITA! INNO ALLA V


A rax robust

Michael D. Kern / NaturePL/Contrasto

Il temibile mamba nero

al mondo o t r e p s e e r io g g a ente il m m il b a b ando, o u r q p a t è a y n r F è e n io s Bryan s strana pa a t s e u Q i. s o n le e urato... c e r e s s e di animali v r e p ” o t velena a 16 mesi, fu “av 42


Bryn Fry a Komodo (Indonesia) alle prese con un varano, chiamato anche drago di Komodo, l’animale che più lo affascina. Questo studioso dei veleni non ha paura di lavorare “sul campo”.

Bryan Fry Nature Production / NaturePL/Contrasto

Bryan Fry

La passione di per le creature velenose inizia già da bambino, quando i suoi “animali da compagnia” erano serpenti, lucertole e ragni; poi ha trasformato questa passione in una carriera, che l’ha portato a diventare uno dei massimi esperti al mondo di veleni. Nato in America, si è trasferito in Australia per continuare i suoi studi di biochimica, “perché è il luogo col maggior numero di specie velenose sulla Terra”. Il velenosissimo serpente taipan (genere Oxyuranus) è stato il suo “primo amore” e di questa specie Fry ha studiato tutti i segreti, facendo anche importanti scoperte sull’origine del veleno, senza però disdegnare cobra, vedove nere, scorpioni, lucertole velenose e altre creature tossiche che è andato a scovare nei luoghi più impervi del pianeta, persino in Antartide. Il “dottor veleno”, come è soprannominato nel mondo scientifico, non si accontenta infatti di starsene chiuso in laboratorio ad analizzare i campioni recuperati da altri, ma preferisce essere in prima linea durante i delicati e pericolosi interventi di estrazione del veleno, destinato alla ricerca scientifica, dalle creature più letali al mondo. Perché vuole rischiare la vita ogni giorno? Perché il veleno ha infinite potenzialità per salvare vite umane.

Varano di Komodo

R O T T O D

el dia Fachinetti


Daniel Heuclin / NaturePL/Contrasto

Quando e perché ti sei interessato agli animali velenosi? Il mio primo ricordo risale a quando avevo solo 16 mesi e a causa di una grave meningite spinale ero ricoverato in ospedale, immobilizzato e collegato a decine di tubicini che mi inondavano di sostanze chimiche, nel tentativo disperato di salvarmi e ristabilirmi dal caos che interessava il mio sistema nervoso. Ricordo il dolore lancinante alla schiena e la sensazione di fuoco liquido alternato al freddo, come se scosse elettriche mi attraversassero il corpo. Alla fine la guarigione, lenta e faticosa, è iniziata ma il mio rapporto con il dolore e la morte è stato influenzato pesantemente da quell’esperienza che mi ha causato una parziale sordità all’orecchio destro. I miei genitori si accorsero subito che avevo maturato un atteggiamento sprezzante nei confronti della vita e dei suoi normali vincoli, per cui non si meravigliavano più di udo (per non sporcare i tanto nel vedermi giocare, soddisfatto e nudo ango o girovagare per il bosco vestiti), con i vermi in una pozza di fan esplorando ogni pietra e ramo e catturando con abilità ualsiasi Ho avuto la fortuna di avere genitor creatura vi si posasse sopra. H con interessi atipici, pertanto non mi etichettarono come un oraggiarono il mio interesse per la “ragazzo squilibrato”, ma inco vita all’aria aperta e accettarono le mie ssioni, ca ndo oco, era “una chiamata”. che per me era più che un gio In particolare, cominciarono a crescere in me un interessamento e un amore rofondo e ure velenose costante per le piccole creatu e a soli 4 anni annunciai pomposamente che da grande avrei studiato i serpenti etti o velenosi. Non morbidi coniglie soffici anatroccoli, io volevo i serpenti, di veleni, che erano pericolosi e pieni d proprio come me.

Pitohui

se ti Quale tra le specie velenos affascina di più? Sicuramente i giganteschi dr hi di Komodo, che sono animali intelligenti e abbastanza curiosi. Mi piace moltissimo e caratteristiche lavorare con loro e studiare le del loro veleno. ? Quali sono le più velenose? Ci sono molti tipi di animali v lenosi e letali r i esseri umani. Ma la tossicità del veleno non significa necessariamente che la ù pericolosa. Un serpente bruno creatura in questione sia la più comune australiano (considerato il secondo ser nte ù velenoso n costiero, ma quest’ultimo al mondo) è più tossico di un taipan tossico Tuttavia, Tuttavia inietta molto più veleno. Quindi è un morso più tossico. entrambi uccidono.

elenoso

Come usano il veleno questi animali? Gli animali velenosi usano il loro veleno per immobilizzare e poi uccidere la preda (come fanno i serpenti), per difendersi r ttare con fanno le razze o le rane velenose dell’Amazz one (come fa l’ornitorinco). altri maschi rivali per i diritt Il maschio di questa s cie, infatti, è munito di uno sperone cavo su ognuna delle zamp posteriori, che viene usato per iniettare un veleno prodotto da alc e ghiandole. Il veleno dell’ornitorinco non è mortale per l’uo , sebbene possa causare dolori duraturi, ma può esse lo per cani e altri animali domestic

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ty Ima

I veleni delle diverse s cie hanno effetti divers sull’organismo delle vi time di morsi? Sì, qualsiasi parte del co o raggiungibile dal flusso sanguigno è un potenziale bersaglio. Così alcuni veleni influenzano la coagulazione del sangue, altri danneggiano i muscoli, mentre altri ancora bloccano la tr smissione nervos

ri lento

Sopra, l’uccello velenoso Pitohui dichrous. A sinistra, un lori lento pigmeo (Nycticebus pygmaeus): ha un morso velenoso, ma produce il eleno da ghiandole nell’incavo del gomito, che lecca. A destra, Fry con un serpente bruno orientale (Pseudonaja textilis) in laboratorio.


Perché preferisci essere tu in prima persona a recuperare campioni di veleno invece che analizzare semplicemente quelli prelevati da altri?

Questo permette al mio gruppo di ricerca di studiare veleni che nessun altro studio ha a disposizione, come quello del gigantesco polpo velenoso antartico o quello contenuto nella saliva del drago di Komodo. Ma è uscire sul campo e lavorare con gli animali stessi ciò che veramente mi spinge. La mia passione e l’amore per queste meravigliose creature è il mio carburante per le lunghe ore in laboratorio. Più volte ti sei trovato faccia a faccia con velenosissimi taipan o altri aggressivi animali. Non hai mai avuto paura di questi incontri? Sì, come è naturale in molte occasioni sono stato preoccupato per la mia sicurezza personale. Però correre a volte dei rischi mi ha permesso di ottenere un’incredibile collezione di veleni, unica al mondo. Certo, ciò mi è costato diversi morsi, alcuni me qu n serpente di mare. In quell’occasione, se non avessi vessi avuto l’antidoto sul s posto non sarei sopravvissuto e anche così mi cci sono voluti novve mesi per riprendermi. ai rischiato la vita? Ci sono state altr ltre volte in cui ha esempio la rottura il pr hiena renti punti durante un dent di . Salivo regolarmente cercare le tane che i termit ra reali zano su queste strutture ine d proteggere le loro uova dall ca a aldo del deserto. Poi, un giorrno fatidico, la cima friabile ha fatto ciò che l’aggettivo sug ggerisce: si è sbriciolata, faccendomi precipitare al su uolo da un’altezza di quasi 4 metri. Durante la caduta o avuto abbastanza tempo ho per pensare, “Questa volta accio male!”. E me lo sono mi fa fatto. Sono atterrato disteso sulla schiena su un termitaio più piccolo, alto un metro. Quando i termitai ueste dimensioni, raggiungono qu diventano praticamente ce emento armato. non rischiare la vita Come bisogna comportarsi per n durante la cattura dell’animale e la raccolta del campione di veleno? mento dell’animale e lavorare La chiave è capire il comportam con esso, non contro di esso. sso. Non ci percepisce come una pre d ome un potenziale predatore. Così reagisce per paura, non per aggressività. È da folli provocare volontariamente una risposta difensiva in un animale e poi gridare su quanto sia pericoloso. Ci vuole molta abilità nel prendere un animale con la calma.

Robert Valentic / NaturePL/Contrasto

Cosa hai scoperto sull’origine del veleno nei serpenti? Ho scoperto non solo che i serpenti primitivi erano tutti velenosi, ma che il veleno si è evoluto da lucertole velenose. Pertanto, i serpenti che oggi mancano di veleno lo hanno perduto in un secondo tempo. Inclusi i serpenti costrittori, come pitoni e boa, che utilizzano i muscoli potenti per soffocare la loro preda. Queste specie non hanno più veleno, ma i loro antenati lo avevano. Allo stesso modo, ci sono tipi di serpenti di mare che si sono evoluti nutrendosi solo di uova di pesce, così hanno perso il loro veleno in quanto non ne hanno più bisogno. La selezione evolutiva prevede che ciò che non serve venga eliminato e così è accaduto al veleno in alcuni animali.

Come si fa a raccogliere campioni di veleno dal gigantesco e aggressivo varano di Komodo? È necessario un attento coordinamento e un ottimo lavoro di squadra per tenere fermo dolcemente l’animale mentre si applica una leggera pressione sulle ghiandole per forzare la fuoriuscita del veleno, in modo che possa essere raccolto. È vero che hai estratto il veleno anche da polpi giganti antartici? Sì, ho trascorso più di due mesi in mare in Antartide su una nave rompighiaccio lunga 100 metri. Dovevamo trascinare le reti mantenendole a più di 2,5 km sotto la superficie del mare. Così facendo abbiamo raccolto più di 200 esemplari di polpi antartici, di cui 3 giganti.

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Veleni

a confronto

La tossicità dei veleni animali è stata stabilita con il test dell’LD50 (Lethal Dose 50), che equivale alla quantità di veleno occorrente per dimezzare una popolazione di topi in 24 ore. Più il valore è basso, più l’animale è tossico. Tuttavia, sui reali effetti del veleno sulla vittima agiscono numerose variabili, tra cui la quantità iniettata, l’aggressività e la diffusione dell’animale velenoso, il tipo di tossina, le caratteristiche di chi viene morso ecc. Il mostro di Gila (Heloderma suspectum) è un grosso sauro velenoso diffuso negli Stati Uniti Sudoccidentali e in Messico. Il veleno non è letale per l’uomo ma può portare gravi conseguenze (foto a destra).

La rana dorata o rana freccia (Phyllobates terribilis) produce le batracotossine, molecole che impediscono ai nervi di trasmettere impulsi: sono considerate le tossine animali più potenti al mondo. Tuttavia, questo anfibio non è aggressivo, semplicemente secerne le tossine dalla pelle. Inoltre, vive solo nella Foresta amazzonica (foto in basso a destra). Il ragno di Sydney dalla tela a imbuto (Atrax robustus) è considerato uno degli aracnidi più letali per l’uomo. Vive sulla costa sudorientale dell’Australia e la sua pericolosità dipende non solo dalla tossina, potente soprattutto sui primati, ma anche dal fatto che ama vivere vicino ai centri abitati e all’acqua, cosa che determina molti incontri ravvicinati. Il Conus geographus è un mollusco gasteropode marino. Ha la conchiglia a cono, ed è diffuso in molti oceani del mondo. Secerne un potente veleno dalle ghiandole di Leiblin e con esso “arma” piccoli denti-arpione che vengono sparati per catturare prede o difendersi. Il veleno è molto potente e non esiste antidoto. Il piccolo polpo dagli anelli blu (Hapalochlaena lunulata) è dotato di un veleno 100 volte più potente di quello di un cobra. Vive nel Pacifico Occidentale e nelle sue ghiandole c’è abbastanza veleno da uccidere 26 uomini adulti. Non c’è antidoto.

Mostro di Gila Bryan Fry con diversi animali velenosi incontrati nella sua lunga carriera. Il “dottor veleno” ha avuto diversi “incidenti”: è sopravvissuto al morso di un serpente di mare solo perché aveva l’antidoto a portata di mano. “È assurdo - dice - provocare in un animale una reazione difensiva e poi lamentarsi perché è pericoloso”.

Pete Oxford/the-lighthouse.it

I pesci palla appartengono alla famiglia dei Tetraodontiformi e il loro fegato contiene uno dei più potenti veleni al mondo, una tossina che può portare rapidamente al blocco della respirazione e quindi alla morte. Per questo non sono commestibili, sebbene in Giappone esistano cuochi specializzati nella loro preparazione.

Il mamba nero (Dendroaspis polylepis) vive in Africa sopra i 100 m di altitudine ed è uno dei serpenti più velenosi al mondo nonché il più veloce. Per il suo morso esiste un antidoto efficace. Il cobra reale (Ophiophagus hannah) è il serpente velenoso più grosso, potendo raggiungere i 6 metri di lunghezza. È diffuso in gran parte dell’Asia e un suo morso è in grado di abbattere un elefante adulto. La vespa di mare (Chironex fleckeri) è una cubomedusa di Australia Settentrionale e Nuova Guinea: tra novembre e maggio la si trova vicino alla costa, il che rende il bagno in mare molto sconsigliato. In caso di contatto, i tentacoli si avviluppano alla vittima facendo scattare gli cnidoblasti, che liberano un potente veleno cardiotossico, neurotossico e dermatonecrotico. Il taipan dell’interno (Oxyuranus microlepidotus) vive nel cuore dell’Australia ed è considerato il serpente più velenoso al mondo, con il più basso valore di LD50 (0,025), sufficiente a uccidere con un morso anche 100 persone. Il veleno, infatti, ha diversi effetti sull’organismo e provoca terribili emorragie.

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Varano argo


Aipysurus laevis A Cuba è stato prodotto un “farmaco miracoloso” contro il cancro dal veleno degli scorpioni, mentre in Australia, all’Università del Queensland, allo stesso scopo si sta studiando una miscela di veleni estratti dai ragni dell’isola di Fraser. Sì, è vero. Per esempio, Captopril è un farmaco che abbassa la pressione sanguigna ed è derivato dal veleno dei crotali sudamericani punta di lancia. È stato sviluppato nel 1976 e oggi muove un giro d’affari di 10 miliardi di dollari all’anno ed è stato uno dei primi 20 farmaci di tutti i tempi derivati dal veleno. Ce ne sono anche altri, come il Byetta, un trattamento contro il diabete derivato dal veleno del mostro di Gila, e un nuovo antidolorifico chiamato Ziconotide, estratto dal veleno di una lumaca marina del genere Conus. Questo aspetto “medicale”, ripeto, è uno dei motivi per cui noi dobbiamo conservare al meglio tutta la biodiversità, perché non si può mai prevedere da dove perverrà il prossimo medicinale miracoloso. Spesso, infatti, tali rimedi arrivano dalla più improbabile delle fonti, come un’aggressiva lucertola o un temibile serpente, perciò anche queste creature sono risorse preziose. Come funziona un laboratorio di veleni? Che tipo di analisi si possono fare? L’attività di laboratorio è incredibilmente complessa e richiede macchine specializzate per esaminare quali effetti delle varie sostanze tossiche estratte dagli animali si stanno verificando sul sangue, sul sistema muscolare o su quello nervoso. È costoso produrre siero anti-veleno? I passaggi per produrre il siero sono molti e laboriosi, alzando così i costi: una fiala di siero costa anche 1.600 dollari. Troppo per le persone che ne hanno più bisogno. Il maggior numero di morsi, infatti, avvengono nei Paesi più poveri.

Serpente dalla testa vasta s) aroide g n u b s lu a h p e (Hoploc Perché è importante prelevare e studiare il veleno? Oltre gli antidoti, è possibile ricavare anche medicinali efficaci? Certamente. Per questo quando i miei studenti mi chiedono qual è la motivazione più forte da usare per spiegare al mondo perché è importante la conservazione della natura, rispondo loro che parlare di quanto è bella e meravigliosa è l’argomento più debole. Le uniche persone che apprezzeranno questa linea di pensiero sono quelle che già la pensano in questo modo, ma gli scettici rimarranno scettici. Si dice che è come predicare al coro della chiesa. Chi vuole distruggere la natura a scopo di lucro non sarà influenzato dall’aspetto esteriore della biodiversità. Invece, sono convinto che quel tipo di persone risponderanno favorevolmente ad argomenti come la produzione di farmaci derivati dal veleno, con cui si fa profitto. Solo attraverso la commercializzazione saranno interessati alla conservazione.

Pete Oxford/thelighthouse.it

Esistono mammiferi velenosi? Sì, ci sono mammiferi velenosi, tra cui alcuni toporagni d’acqua, ornitorinchi e piccole scimmie asiatiche chiamate lori lenti. Il veleno di questi primati è prodotto da alcune ghiandole dei gomiti e poi leccato e spalmato dall’animale sulla pelliccia, soprattutto dei piccoli, per scoraggiare i predatori. La tossina è sufficientemente potente da causare anche nell’uomo una forte reazione allergica. Attualmente sto lavorando su ognuna di queste specie di mammifero velenoso. E gli uccelli possono produrre veleno? Il veleno propriamente detto è una secrezione prodotta dalle cellule specializzate di alcune specie, avente la capacità di interrompere i normali processi fisiologici o biochimici degli organismi a cui viene iniettata attraverso una ferita, al fine di facilitare l’alimentazione, la difesa o la concorrenza dell’animale produttore del veleno. Gli uccelli non rientrano in questa categoria dato che non diffondono le tossine infliggendo alla vittima una ferita. Tuttavia, esistono uccelli velenosi, come l’uccello Pitohui dalla Nuova Guinea, che contengono tossine sulle loro penne. I Pitohui assimilano nel loro piumaggio il veleno prodotto da un coleottero di cui si nutrono che a sua volta, probabilmente, lo ricava da una pianta.

Rana dorata


di Davide Biagi*

Una Marmota marmota fotografata in Austria. Ăˆ la specie piĂš comune nelle Alpi e anche in Italia è facile vedere questo simpatico mammifero o almeno udire il caratteristico fischio con cui le sentinelle avvisano i compagni della presenza di pericoli.

*(con la consulenza di Caterina Ferrari, ricercatrice del Parco Nazionale del Gran Paradiso per il Progetto marmotte)

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uonanotte...

Wild Wonders of Europe / Lesniewski / NaturePL/Contrasto

A

settembre le marmotte si stanno già preparando a vivere un altro lungo inverno in letargo. E si danno un gran da fare a riaprire e ripulire le profonde tane invernali e a rendere confortevole il loro giaciglio: con i denti trasportano il fieno nella tana e lo dispongono a strati. Il fieno servirà da materasso: qui dormiranno acciambellate con il corpo stretto fra le zampe posteriori. Questi simpatici mammiferi roditori, che appartengono alla famiglia degli Sciuridi, sono diffusi su tutto il nostro arco alpino (la specie che si trova in Italia è Marmota marmota o “Marmotta delle Alpi”). Normalmente le si può trovare tra i 1.800 e i 2.200 metri di altitudine, ma anche in pascoli e vallate a quote più basse.

Chiamata “il fischietto della montagna” o “sentinella della Alpi” per il tipico richiamo, parente dello scoiattolo, ha un corpo tozzo che la fa assomigliare a un orso in miniatura e un muso curioso. La specie più diffusa su tutto l’arco alpino e in Italia è Marmota marmota, che a breve andrà in letargo. Sulle nostre montagne è ancora possibile incontrarla mentre prepara le tane per l’inverno: un’emozione da non perdere.


Jean-Louis KLEIN & Marie-Luce HUBERT

COME si riproduce Artigli per scavare e vibrisse per vedere

L’originedeltermine“marmotta”secondoalcunipotrebbederivare dalgallo-romanzo,doveilprefisso“marm”significa“borbottare” o“soffio”.L’ipotesipiùprobabileèperòchederividaltermine tardo-latino“musmontanus”,ovvero“topodimontagna”.Al primosguardo,invece,conilsuocorpotozzoelasuafoltapelliccia colorgrigio-bruno,lamarmottasomigliaaunorsoinminiatura. Èunplantigradodallezampepossentiedailunghiartigli,chele servonoperscavareletane.Puòsfiorare,neicasieccezionali,gli 80cmdilunghezzae,pocoprimadelletargo,gli8kgdipeso.La codaèlungacircaunterzodituttoilcorpo,dicoloregialliccioe neraall’apice.Latestaètondaelarga,caratterizzatadapiccole orecchierotondeggiantiedaunaparticolareposizionedegliocchi, moltolaterali.Perquesto,lemarmottehannolavistamaggiore ailati,mentrealcentrohannounaporzionedicampociecoeper potervederedietrodiséhannobisognodigirareunpo’latesta.Il campovisivoèmoltoimportanteperavvistarepredatoriopericoli inarrivo.Cosìcomeigatti,ailatidelnasolamarmottehalevibrisse: lunghipelichesonosensibilianchesottoterra,dovelaluceèquasi assente,eservonoper“vedere”albuio.Ha22denti,malemancano icanini,mentremoltoevidentisonogliincisivi che, privi di radice, si consumano e ricrescono continuamente.

L’ingegnoso

sistema delle tane

La marmotta vive in tane scavate nel terreno: quelle estive sono poco profonde e con molte vie d’uscita, mentre quelle che usa d’inverno sono costruite più scrupolosamente e hanno una galleria d’accesso che può essere lunga anche diversi metri e conduce a una grande camera, dove la marmotta fa scorta di fieno. Le tane invernali sono di diverse tipologie, a seconda dell’utilizzo. Ci sono quelle di fuga e quelle principali, costituite da una o più aperture che conducono in gallerie profonde anche una decina di metri, con numerose concamerazioni. In alcuni casi, più che tane sono veri e propri “condomini”, che

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Il periodo degli amori delle marmotte va da aprile a giugno: dopo poco più di un mese di gestazione nascono da 2 a 5 piccoli, nudi e ciechi, che dopo tresettimane aprono gli occhi. Vengono allattati fino a un mese e mezzo e diventano indipendenti a due mesi. A distanza è praticamente impossibile distinguere maschi e femmine. Durante l’allattamento (metà maggiometà luglio) la femmina è riconoscibile dalle mammelle, ben visibili quandosi alzasulle zampe posteriori. La vita media della marmotta va dai 15 ai 18 anni. All’interno del gruppo cisono ruoli specifici. Esistono i dominanti, cioè i due individui riproduttori. Gli altri invece nonsi riproducono, ma rimangono nel gruppo come “helper”, cioè aiutano il mantenimento del territorio e indirettamente lasopravvivenza del piccoli. Inseguito, i subdominanti possono o allontanarsi dal gruppo, verso i 3 anni, e tentare di trovare un territorio libero in cui riprodursi, oppuresperare di prendere il posto dei genitori quando questi sono vecchi.


Ingo Arndt / NaturePL/Contrasto

Davide Biagi (2)

Due marmotte lottano tra loro per il diritto di riprodursi: solo i maschi dominanti lo potranno fare, gli altri si occuperanno di mantenere il territorio.

Più che curiosa, vigile Nonostantelasuaapparente goffaggine,la marmotta riesce a correre,saltare e arrampicarsi tra le rocce constraordinaria agilità. Sidicechesiaunanimale curiosoperchémettespesso latestafuoridallatana,ma inrealtàlofapervigilarei dintornieperattivareuna sortaditermoregolazione. Quandononsonoinletargo, lemarmottesonoabituatea passaremoltotemposopra latana,ascaldarsinelle primeoredelmattinooppure, quandolagiornatadiventa calda,restanoall’imbocco dellatanapersentireilfresco cheprovienedalsottosuolo. Oltreastarsenesdraiateper oreeorevicinoalletane, vanno in cerca di cibo e giocano molto tra loro, soprattutto fino ai 2 anni, con i fratelli. Ilgioco,comein tuttiglianimali,èmoltoutile persvilupparelacapacità dilottareeinteragireinetà adulta.Tralemarmottela comunicazione avviene mediante movimenti della coda, toccatine con i denti, fischi e persino baci:sisfreganoleguance perriconoscersi,èunasorta disalutotraimembridella stessafamiglia(fotoin alto nell’altra pagina).

ospitano intere famiglie, circa 10 - 15 marmotte. Le tane principali non sono numerose, due o al massimo tre, con diverse entrate tra loro collegate, in cui la famiglia dorme e passa la maggior parte del tempo. Poi ci sono altre tane ausiliarie o di emergenza nel territorio di ciascun gruppo famigliare, che servono per nascondersi in caso di pericolo. Non c’è un limite di tempo per il loro utilizzo: se la tana si trova in un buon territorio, viene usata sempre, di generazione in generazione o da nuovi gruppi che subentrano ai vecchi abitanti.

I denti incisivi della marmotta sono molto sviluppati. Non hanno la radice e continuano a crescere. La marmotta li consuma masticando il cibo, perlopiù erbe, radici, fiori.

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Davide Biagi (2)

DI COSA si nutre La marmotta è vegetariana:si nutre soprattutto di erbe (in particolare quelle aromatiche) e graminacee, germogli e radici, fiori e bulbi. Laselezione del cibo è molto attenta e preferisce lespecie vegetali più ricche di zuccheri, azoto esali minerali. Non beve mai dai corsi d’acqua, ilsuo fabbisogno di liquidi viene soddisfatto dall’erba e dalla rugiada mattutina. Sembra chesolo occasionalmentesi cibi anche di insetti e di uova d’uccelli, in particolare quelli di pernice bianca e coturnice, che fanno i nidi insemplici buchesul terreno. In 5 o 6 mesi la marmotta accumula le riserve di grassosufficienti per sopravvivere durante il periodo di letargo.

Due piccoli di marmotta giocano tra loro. Per loro è molto importante andare in letargo con i genitori, che riescono a “scaldare” meglio la tana.

Il fischietto,

un segnale di difesa

Jose Luis GOMEZ de FRANCISCO / NaturePL/Contrasto

Le marmotte marcano il loro territorio attraverso unasecrezione odorosachevieneespulsadaicuscinetti plantaridellezampeanterioriedaaltreghiandolesulcorpo. Madevonostareattenteaunpericolochearrivadall’alto: l’aquilarealeèilnemicoperloropiùtemibile.Spunta all’improvviso,radenteilsuolo,ecercadicatturarlequando sonolontanedalletane.Lorosonosempreattenteeper difendersidagliattacchihannounsistemamoltoefficace: laprimachepercepisceilpericolodàl’allarmeeinpochi secondituttoilgrupposcappanelletane.Lamarmottache fada“sentinella”sialzarittasullezampeposteriori,nella tipicaposizione“acandela”,spalancalaboccaedemette ungridosimileaunfischio(provocatodall’espulsionedi ariaattraversolecordevocali)udibilefinoacentinaiadi metrididistanza.Ilsuofischio,unsegnaledipericolo,è sfruttatoanchedaanimalidialtrespecie(comecamosci, cerviestambecchi):perquesto la marmotta viene chiamata “sentinella delle Alpi”.

Dove incontrare le Una marmotta nella tipica posizione “a candela” con cui avvisa i compagni (e non solo loro) di un pericolo.

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“Marmota marmota” è diffusasu tutto l’arco alpino. In alcune località turistiche le marmottesisono adattate all’uomo, mostranosegni di confidenza espessosi avvicinano in cerca di cibo. Ma in alcuni Paesi, per esempio l’Austria, vengono ancora cacciate per ricavarne la morbida pelliccia con cuisi fanno cappelli, paltò, colli e guarnizioni. Una volta, in Valle Formazza il piatto principale era l’arrosto di marmotta, di cui andava pazzo, a quanto pare, il grande musicista Richard Wagner: nel 1852, firmava una lettera alla moglie come “Riccardo-mangiatore-di arrosto-di marmotta”.


Cosa succede durante il letargo A fine settembre le marmotte cominciano a prepararsi alla lunga stagione del letargo, che durerà circa sei mesi, raccogliendo una grande quantità di erba che lasciano seccare quasi completamente al sole e che poi portano nelle tane. In questo periodo l’apertura delle tane viene chiusa con terra mescolata a erba e pietre. Prima di cadere in letargo le marmotte si purgano, digiunando e svuotando progressivamente gli intestini. Durante il letargo la temperatura corporea scende da 35 °C a meno di 5 °C, il cuore rallenta da 130 a 15 battiti al minuto e la respirazione diviene appena percettibile. In questo periodo consumano lentamente le scorte di grasso corporeo accumulate in estate e per sei mesi dormono profondamente. Ma non è un letargo solitario: nella tana dormono anche 15 individui insieme. Il sonno viene interrotto solo di tanto in tanto per le necessità fisiologiche o se la temperatura interna della tana scende sotto i 7 °C. In quel caso, la marmotta si sveglia e va a cercare

un riparo più efficace. La marmotta dell’Alaska (Marmota broweri) è la specie col letargo più lungo: a differenza di quella alpina, infatti, può dormire fino a 9 mesi. Sopravvivere all’inverno è comunque molto difficile e i cuccioli hanno più possibilità di farcela se vanno in letargo con i genitori e con i fratelli maggiori. La marmotta usa infatti una termoregolazione sociale: più si è, più possibilità ci sono di sopravvivere, soprattutto per i piccoli, che hanno dimensioni che non permettono loro di accumulare un sufficiente strato di grasso prima dell’arrivo del freddo, e per questo motivo hanno bisogno di essere scaldati dagli adulti. Se invece nella tana mancano il padre e la madre o è scomparso un genitore, la mortalità durante il primo inverno è molto alta, intorno al 70%: è difficile trovare piccoli che sopravvivono senza genitori durante l’inverno. Se invece ci sono subadulti (per esempio fratelli maggiori) la percentuale di sopravvivenza aumenta.

In estate, durante le prime ore della giornata le marmotte prendono il sole sui prati. Nel corso delle ore più calde stanno invece all’imboccatura delle tane, per godere del fresco che arriva da sotto terra.

marmotte in Italia Parco del Gran Paradiso Qui è possibile compiere un vero e proprio ”safari alpino” con guida e ricercatore del parco per scoprire molto da vicino le marmotte nel loro habitat, appostandosi con rispetto per guardarle mentre giocano con i cuccioli o semplicemente mentre si godono il sole. www.pngp.it Parco Nazionale dello Stelvio Vengono organizzate escursioni faunistiche alla ricerca di zone densamente popolate da marmotte, per osservarle e capire il loro habitat e lo stile di vita. www.stelviopark.it

Marmolada Anche in Valle Ombretta, ai piedi della parete sud della Marmolada, si organizzano escursioni accompagnati dal richiamo delle marmotte. Per vederle bene è possibile risalire la valle direttamente a fianco del corso del torrente, su un sentiero pianeggiante di ghiaie e verdi prati. www.miamarmolada.it Pontresina (Svizzera) Il territorio d’Albris, sopra Pontresina, è noto per la sua varietà di animali e piante alpine, tra cui marmotte, camosci e la più grande colonia di stambecchi della Svizzera. Durante la stagione estiva, guide esperte accompagnano gli ospiti nella Val Languard, fornendo informazioni esaurienti su flora e fauna engadinesi. www.pontresina.ch


Cane

ZAMPA

ADOZIONI Trova elli in cerca di cuccia, pappa e amore IMPORTANTE

M

i Età 4 ann ino rb U o og Lu Contatto 433 347-8730 ali it sc ti g@ do katia.

Cane

YAGO

F

Vuoi adottare un 4zampe? Sappi che un volontario verrà prima a conoscerti (controllo pre-affido) per accertarsi che l’animale sia affidato in mani sicure e tornerà qualche tempo dopo l’adozione per verificare che sia curato nel migliore dei modi (controllo post-affido).

LA STORIA

Zampa,incrociosegugio-spinone,è stataritrovatavaganteconlazampa fratturata.Daquelmomento,3anni fa,viveincanile,lasuazampetta siècompletamentemessaaposto ancheseèrimastalievemente storta.Èunaveragioiavederla correresuiprati.Incanileèsempre piùtristeeormaisenestain disparte.Sterilizzata.

Cos’è una staffetta? Le staffette, grazie ai volontari che in tutta Italia coprono ognuno un tratto di strada, portano i trovatelli fino a casa tua (o quasi).

F

Cercasi

M

FEMMINA MASCHIO

i LA STORIA Età 2 ann ino rb U o Yagoèunpointer og Lu ditagliamedia, Contatto arrivatoincanile 3 7-873043 4 3 nelperiododi tia.dog@ ka aperturadellacaccia; tiscali.it èmoltobuono,e giocherellone,anche seprimadiavvicinarsi achinonconoscecipensa unpo’.Èbuffo,tifalefeste dalontano, poi diventa un coccolone. Ma devono averlo spaventato tanto, ha una grandepauradeglispari.

CASA

O DI IL CAS

OTTOBRE

Nome

Rosso

Età 11 anni Luogo Urbino

Contatto 347-8730433 katia.dog@tiscali.it

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M

Ciaoatutti,sonoRosso,mihannodato questonomeperilmiobellissimomanto rossiccio.Sonoditagliamedio-grandeela miavitalahopassatapraticamentetuttain canile:sonoquida10anni!Oravorreifinalmente trovareunacasatuttaperme.Levolontariediconoche sono un cane speciale, uno diquellicheseloincontrinonvorrestipiùlasciarlo.Dicono anche che sono tanto simpatico,vivace,buonoemoltosocievole,vadoineffetti d’accordo con tutti! Inpasseggiatasonobravissimo,adoroandarealguinzaglio, vorrei però poterci andaretuttiigiorni.Esauditeilmiodesiderio?

Hai adottato uno di questi animali? Raccontaci com’è andata:

cborelli@gujm.it


LA STORIA

LA STORIA

Siamo due gattini di 8 settimane. La mamma ci ha “dimenticato” in una cantina quando avevamo 15 giorni, ma mani affettuose ci hanno allattato, spulciato e allevato. Ora però dobbiamo trovare una nuova famiglia, perché dove siamo ora ci sono gatti più grandi che proprio non ci vogliono. Garantiamo vivacità, dolcezza e tanta compagnia.

Briciola e Puffetta, futura taglia decisamente piccola (non arriveranno a 6 kg). Identiche, molto tenere e spaventate dal canile. Da strapazzare di coccole per far loro dimenticare il brutto inizio della vita. Sono vaccinate, con microchip.Daadottare subito!

BRICIOLA

Gatti

SAM E NIC

Cani

E BRICIOLA TA T E F F U P

i Età 3 mes a Luogo Rom Contatto 706 334-3655 882 347-5143 s@ lu n lo ac a. n an gmail.com

LA STORIA

Unavolontaria,diritornodaun viaggioinAbruzzo,havisitatoun bruttocanilecontanticaniinvisibili. Hafattofotoperdarelorouna possibilitàditrovarecasa.Nelbox 54hatrovatoRonnie,unodiquelli chefannotantapena:haunazampa rottaeppuresorrideallavita.Natoa settembre2013,incaniledagiugno 2014.Pesa10kg,oforsemeno.

M Cane

Cane

ni Età 3 an na ti a L o Luog o Contatt . one associazi e@ m ie s lin anima gmail.com 5 462 339-609

Cane

SOFIOTTA

F

DODO

M

i Età 2 mes o n ila M Luogo Contatto 654 348-0390 jm.it gu ecruciano@

F

PUFFETTA PUFFET

M

RONNIE

i Età 2 ann ti ie h C o Luog o Contatt 604 339-1028 a@ n ia id id amic gmail.com

LA STORIA

Moro,ditagliapiccola,gambecorte,corpo lungocomeunbassottoecodonapelosa. Abbandonato,stavaperessereriportatoin stradadallaAsldopolacastrazione.Delle volontarielohannopresoeportatoinun recintoconaltricani.Buonoancheconle persone,camminabenealguinzaglio. Vaccinato,conmicrochip.

M

esi Età 10 m oli ap N o og Lu Contatto 247 328-3023 8 8 6 5 8 4 -8 4 33 i@ on zi do info.a gmail.com

F

LA STORIA

Sofiotta,ditagliamedia(circa18kg),viveva semprelegatasulterrazzoevenivamaltrattata dallaproprietaria.Levolontarieil18lugliosono andateatoglierladalì,lahannosterilizzatae portatainstallo.Sofiottahasoffertomolto,ora siètranquillizzata,vienealrichiamoeaccetta volentierilecarezze.Viveinunrecintoinsiemead altricaniconiqualinonhaproblemi.Habisogno diunapersonachecapiscaquellochehapassato. Vaccinata,sterilizzata,conmicrochip.

LA STORIA

LA STORIA

Dodo è un fantastico cane ottenuto da qualche incrocio con cani da caccia, di quelli vitali, coraggiosi, forti... non è affatto adatto alla caccia, ma ha il temperamento idoneo al branco e il coraggio di questi cani, l’olfatto sviluppato, la vitalità. Non corre, sfreccia. Ha una personalità spiccata, simpaticissimo, intelligente ed espressivo. Abbandonato alla periferia di Roma, ha girovagato libero in una zona residenziale, accettato da tutti per la simpatia. Ora si trova in stallo, tristemente in un recinto.

M

Martinèinunapensione,inunbox,maètroppo tristelìdentro.Salvatodallastrada,vivevaalportodi Trapani,mendicavaabbracci,affetto,baci.Martinè soprattuttoamore:ticingeifianchieappoggialatesta sulventre.Cresciutoinstrada,staimparandoadandare alguinzaglio,èbravino,nonèscatenato.Instrada andavad’accordocontuttiicani,madopoesserestato attaccatovaasimpatie.Adalcuniscodinzolapergiocare, altripropriononglipiacciono.Nogatti.Starebbebenein appartamentoconusciteregolariperchéètranquilloe posato.Pesa25-30kg,negativoleishmaniosi,castrato, vaccinato,conmicrochip.

Cane

Cane

MORO

i Età 4 ann oli ap N o og Lu Contatto 247 328-3023 8 8 6 5 8 4 -8 4 33 i@ on zi do .a info gmail.com

MARTIN

M

i Età 2 ann o n ila M o Luog o Contatt 039 348-9264 a@ zz ro a. giorgi gmail.com


La s storia a lieto fine di Chip, in canile fin da cucciolo: dopo l’app ppello su Focus Wild ha trovato casa! Io e mio marito siamo cresciuti circondati da cani e gatti. Così, poco dopo la nascita di nostra figlia Sara, abbiamo deciso di trovare dei compagni di viaggio anche per lei.

Leggendo la rubrica “W Adozioni” di Focus Wild, ci imbattiamo nella sua foto ed è amore a prima vista.

Dopo il canile, ecco

la nuova vita di

Due occhi tristi, un cagnolino semplice, un meticcio che va così poco di moda in questo secolo: Chip. Guardandoci, decidiamo che sarà lui il compagno d’infanzia di nostra figlia. La domanda che però ci viene subito in mente è: “ma come si fa ad adottare un cane che si trova a quasi 600 km da casa nostra?”. Telefono al contatto che trovo nella rubrica e conosco Anna Bianca, una volontaria dell’ACL Onlus del Lazio, che mi racconta in dettaglio la vita di Chip, dall’età di 3 mesi rinchiuso in un piccolo box in canile, da cui non esce mai.

Insieme iniziamo l’iter per l’adozione e dopo un po’ di tempo Chip diventa un membro della nostra famiglia! Arriverà sverminato, con microchip, sterilizzato e con la sua cartella clinica che ne racconta la storia.

p C

Non resta che programmare il viaggio, anche in questo caso fa tutto Anna Bianca, noi dobbiamo solo farci trovare poco lontano da casa. Sabato 18 aprile, Chip arriva nella sua nuova casa. Vederlo per la prima volta dal vivo è stato davvero emozionante, era molto più bello della foto, nonostante fosse stanco e spaventato. È trascorso un mese dal suo arrivo, è ancora diffidente, ma grazie alla pazienza, alla presenza assidua e con l’aiuto di qualche buona crocchetta-premio, sta facendo passi da gigante.

La prima volta che ha appoggiato la zampa sull’erba, non la dimenticheremo mai.

Quando lo coccolo e si addormenta con il muso tra le mie mani mi vengono le lacrime agli occhi. Assapora il cibo come fosse l’ultimo pasto, strapazza i suoi giochi con una foga comica. Si lascia rubare il cibo dai 3 gatti di casa, Sally, Teo e Birba. Ma di sicuro, lui ha già fatto la sua scelta, si è innamorato di Sara, la segue a distanza, vigile, e se lei si allontana la chiama indietro.

Ne approfittiamo per ringraziare l’ACL Onlus e in particolare Anna Bianca per averci regalato questa grande occasione. A loro sostegno abbiamo

donato il nostro 5X1000. L’adozione è un atto d’amore che viaggia su un doppio binario, umano e a quattro zampe. Non acquistate animali, adottateli! Famiglia Vignola

NON ACQUISTATE ANIMALI,

ADOTTATELI!

Foto sopra: Chip nel box del canile, il suo sguardo è triste e rassegnato. In queste due foto, Chip insieme alla sua nuova famiglia e nella sua cuccia: notate il cambiamento di espressione?

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OGNI MESE UNA NUOVA IMMAGINE DEL MONDO

Viaggio in Brasile, il vero motore del Sud America: dalle spiagge di Ilhabela, passando per Rio e la foresta WS\]PHSL PU (THaaVUPH ÄUV HSSL K\UL KLS UVYK 0U WP ! \S[PTL UV]P[n Z\S TVUKV KLSSL NPYHќL SH YP]VS\aPVUL KLSSH stampa 3D, Kaifeng, la città cinese madre di tutte le TL[YVWVSP SL TPYPHKP KP IH[[LYP ¸KVTLZ[PJP¹ L TVS[V HS[YV

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H

de, commenti, n a foto om d o dis ai ici: queste pa egni che vuoi vedere v i r c S gine s ati? c ono tutte pe i l b r te! b u p LA LETTERA

iamo rdino abb ia g o nma r t s o n Edo e Gia . » la u «Oggi nel ll e b tica li na fantas trovato u

Calzin

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«Calzini è la nostra gattina di 3 mesi: è molto giocherellona e dorme sempre». Flavia e Fabrizio

Caro Focus Wild, vi scrivo perché ho, anzi abbiamo, urgentemente bisogno di una mano. Nell’agosto 2012 la Russia ha catturato un’orca, Narnia, e nell’ottobre 2013 altre 2: Nord e Malishka/Juliet. Queste orche ora vivono in vasche, in attesa che sia completata la costruzione del nuovo acquario di Mosca. Non hanno visto la luce per tre anni, dato che le vasche sono al chiuso, e non la vedranno probabilmente più se non facciamo qualcosa... Molta gente si è appassionata alla vicenda dell’orca Tilikum (anche voi avete scritto un articolo, su Wild n° 36) o di Lolita, che è in cattività da ormai 45 anni e non ha speranza di tornare libera. Anche noi abbiamo bisogno che molta più gente sappia di Narnia, Nord e Malishka/Juliet. Loro sono giovani e vivendo da poco in cattività possono tornare libere, a seguito di una riabilitazione. Bisogna protestare finché la Russia non cederà e le farà tornare libere. Grazie di cuore: Angelica, Viviana, Sara, Diletta, Germano e Sofia. È vero, sembra proprio che la situazione delle tre orche sia pessima. E a nulla sono valse, per ora, le proteste delle associazioni ambientaliste. È dunque il caso di aggiungere altre voci alle vostre proteste! Lo si può fare, ad esempio, sulla pagina Facebook nomoreorcacaptivity

, rgia e Gio loro e d i «Dav raccio la a, i in b a Ma con astic ttuosa t n a f e a! o aff molt herellon »! a c b o l i A g e da o t u l a Un s

CI SONO ANCH’IO! ...

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i , il Macch lio: o n o s , «Ciao o d’India di Giu n u in porcell n coccolone e ». sono u ne di insalata goloso

Maia

Se vuoi scriverci spedisci una lettera a: Focus Wild via Battistotti Sassi 11/A 20133 Milano oppure invia una mail a:

redazione@focuswild.it


Il cagnolone Chicco e la gattina Miriam. «Chicco è un incrocio tra Border Collie e... non si sa, però ama fare il pastore con tutte le cose che si muovono in giardino ed è un acrobata con la sua pallina, fa certi salti! Miriam invece è un soprammobile viziato. Adora stare in giardino accanto ai fiori d’estate a dormire; d’inverno invece preferisce la cantina. Vive con noi da 2 anni ormai e si trova proprio a suo agio. Complimenti per la vostra rivista. Saluti da Michela, Marco, Mamma e Papà».

iorni, molto cia di 24 g c ti e inare, m a n u on so camm n «Sono Lia, ra o c n a curiosa ma dormire»! morbida e mangiare e a o it lim i per ora m

Chicc

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Miria

Lui è Gordon...

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... E PURE IO! Mela, la cricetina di Cecilia, intenta a mangiare insalata. «Ciao amici, sono Gordon, un cavalier king charles di due anni: voglio tanto bene alla mia famiglia, soprattutto alla mia padroncina Alice che mi fa massaggi rilassanti. Complimenti a Focus Wild che fa conoscere la bellezza degli animali».

«Noccio la è un c oniglio s curioso: upe o finestr appena vede por r e aperte t cerca in e modi di e tutti i n t r a r e e lo aspet ta!». Ma scoprire cosa rtina & F rancesc o Il Fantas

tico W in

Blue

«“Vengo anch’io!”. “Sì, tu sì!”. Mi è piaciuto molto il tema della rubrica contro l’abbandono del numero di luglio, quindi ve lo ripropongo con questa foto che ho scattato alla mia gattina Blue»! Martina

Alexa

ndra

Jago è stato salvato

dai volontari del canile di Vercelli: il suo “padrone” lo considerava inutile e lo aveva abbandonato in una gabbia. Ora ha una famiglia che lo adora e Alessandro si occupa di lui con amore. Alexandr , salvata da morte certa, è inseparabile da Jago.

nie, di L

uca.

Jago


Audun Rikardsen/GDT International Nature Photography Festival

Alcune delle opere premiate nell’edizione 2015 del premio bandito dalla Società dei fotografi naturalisti tedeschi (GDT) tra i suoi aderenti.

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Un’aquila di mare (Haliaeetus albicilla) fotografata a Steigen, nel Nord della Norvegia. Il fotografo, che è anche professore di biologia a Tromsø, ha scattato la foto con un apparecchio telecomandato, messo su una barca anch’essa telecomandata.

Questo splendido ritratto è uno dei risultati di più di 300 giorni passati dal fotografo nel Parco nazionale d’Abruzzo, per capire e documentare le abitudini e il comportamento dei lupi, tra i più carismatici, intelligenti e, allo stesso tempo, elusivi animali selvatici al mondo.


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Bruno D’Amicis/GDT International Nature Photography Festival


KatharinaBecker/GDT International Nature Photography Festival

Jessica Winter/GDT International Nature Photography Festival

Secondo premio nella categoria “emozioni� a questo scatto di un rospo comune (Bufo bufo) in mezzo a un gruppo di rane arvali (Rana arvalis). Durante la stagione degli amori, per qualche giorno i maschi di questa specie, di solito marroni, cambiano colore, diventando di un blu brillante.


Stephen Dalton/GDT International Nature Photography Festival

Questa foto di un gruppo di pittime minori (Limosa lapponica) e piovanelli maggiori (Calidris canutus) durante una sosta in Olanda ha ottenuto il primo premio nella categoria “Nature’s studio”. Si tratta di uccelli che compiono lunghissimi tragitti per migrare in gruppo.

In inglese si chiama anche “lucertola Gesù”, e da questa foto si capisce il perché... Il basilisco, infatti, è una piccola lucertola in grado di camminare sulle acque, grazie alle frange di cui sono dotate le sue grandi zampe posteriori, che trattengono le bolle d’aria che si formano tra le dita e l’acqua e fanno da “cuscinetto” su cui galleggiare.


Jan van der Greef/GDT International Nature Photography Festival Heinrich van den Berg/GDT International Nature Photography Festival

Il re del Kalahari è il titolo della foto che ha vinto il primo premio nella categoria mammiferi. E qui il “re” sta indubbiamente dando prova della sua potenza!

Il salto di un sifaka di Verreaux (Propithecus verreauxi). Questi lemuri vivono solo nel sud-ovest del Madagascar. Saltano da un ramo all’altro con equilibrio perfetto.


David Pattyn/GDT International Nature Photography Festival

Primissimo piano di un pellicano crespo (Pelecanus crispus). L’autore lo ha fotografato nel lago di Kerkini, in Grecia. Per avvicinarsi il più possibile a questi eleganti uccelli, i più grossi dei pellicani (hanno un’apertura alare che raggiunge i 3 m), il fotografo ha fatto ricorso a ogni sorta di nascondiglio galleggiante.

GDT:TEDESCA, MA APERTA A TUTTI I FOTOGRAFI 242 membri della Gdt (Gesellschaft Deutscher Tierfotografen, cioè Società dei fotografi naturalisti tedeschi) di 7 Paesi hanno partecipato alla finale dell’edizione 2015 del premio Naturfotograf des Jahres (Fotografo naturalista dell’anno). Le foto che hanno partecipato erano 4 mila, in sette categorie: uccelli, mammiferi, altri animali, piante e funghi, paesaggi, studio naturalistico ed emozioni. www.gdtfoto.de

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Le dinastie bianca e nera di Théophile Gautier Illustrazione di Marco Paschetta

ll’incirca intorno a quell’epoca, due di quei sedicenti marinai che vendono coperte variopinte, fazzoletti di fibra d’ananas e altri prodotti esotici passarono in Rue de Longchamps, dove abito. Avevano in una gabbietta i due ratti norvegesi bianchi con gli occhi rosa più graziosi del mondo. (...) Acquistai i due ratti; e costruii loro una grande gabbia con scalette interne che conducevano ai vari piani, mangiatoie, camere da letto, trapezi per l’esercizio fisico. Lì, di certo, erano più a loro agio e felici del topo di La Fontaine nel suo formaggio d’Olanda. Quei gentili animaletti di cui si ha, non so perché, un orrore puerile si ammansirono ben presto in modo davvero sorprendente, quando furono certi che non volevo loro affatto male. Si lasciarono accarezzare come i gatti e, prendendoti il dito tra le due zampine anteriori rosa con una delicatezza assoluta, ti leccavano amichevolmente. Di solito li lasciavo liberi alla fine dei pasti; ti salivano sulle braccia, sulle spalle, sulla testa, entravano e uscivano dalle maniche delle vestaglie e delle giacche, con un’abilità e un’agilità fuori del comune. Tutti quegli esercizi, eseguiti con molta grazia, avevano lo scopo di ottenere il permesso di mettere le zampe sui resti del dessert; allora li posavo sul tavolo; in un batter d’occhio il ratto e la sua compagna avevano raccolto le noci, le nocciole, l’uvetta e i pezzetti di zucchero. Nulla era più divertente che guardare la loro aria frettolosa e furtiva e l’espressione sorpresa quando arrivavano sul bordo della tovaglia; ma tendevo loro un’assicella che portava alla gabbia, ed essi immagazzinavano i beni preziosi nella propria dispensa. (...)

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Con Focus Pico

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