maria occhiena è uscita dal gruppo

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leo_pan

maria occhiena è uscita dal gruppo storie da un blog



prefazione il titolo di questo libro è mutuato da un blog aperto dal sottoscritto alcuni anni fa la cui motivazione stava nel primo post: “il vero motivo della creazione di questo blog è il desiderio di condividere con chi deciderò 203 aforismi o frasi o stati d’animo, chiamateli come cazzo volete, scritti anni fa e contenuti in 18 fotocopie dattiloscritte. è una cosa che voglio fare da tempo ma che non mai fatto autoconvincendomi di motivazioni idiote per non farlo. ma ora ho voglia di farlo. l’autore è una persone talentuosa, per tanti versi un maestro, per altrettanti versi un vero cazzone, un catalizzatore-condivisore universale di stronzate, uno che senti il bisogno di chiamare ogniqualvolta un pensiero che forse ai più sarebbe incomprensibile ti solca il cervello e questo a me succede circa due volte all’ora. quando ho cancellato il suo numero dal mio cellulare mi sono sentito più solo. almeno due volte ogni ora.”

ora, se volete leggere i duecentotre aforismi non vi resta che posizionarvi su mariaocchienaeuscitadalgruppo. blogspot.it, qui trovate quella che è la prosecuzione del blog cioè una serie di mie considerazioni alle quali ho cercato di dare un ordine per argomenti oltre ovviamente a una piccola sezione dedicata all’autore dei 203 aforismi. c’èsolo una piccola accortezza da adottare nella lettura: è racchiusa in quella che è stata la seconda scelta nel titolo del libro ed è lì sopra.



introduzione a cura di giannandrea frassi

Ciao amici, sono quello dei temi. Mi è stato chiesto di scrivere una paginetta di introduzione a questa raccolta di aforismi/ aneddoti/ricette/consigli/racconti/kamei che il nostro vate (scusa, freak) ha partorito nel corso di anni di cazzeggio e disturbi mentali. Lo farei volentieri, se sapessi cosa scrivere. Non so se qualcuno di voi li ha mai letti, saltuariamente. Io sì, e sento un’energia dentro che mi fa capire che la vita non ha senso. Mentre voi siete in coda in posta, o litigate con la moglie, o spalate la merda delle gatte, il nostro Leo sceglie quale vespa prendere su e pensa ai vips. Comunque leggetelo, vi farà bene. Scoprirete che ci sono mondi sconosciuti come la moda o i crooners. Un automix di emozioni circoleranno libere nel vostro cervello per andare a stamparsi sull’epidermide come uno dei tatuaggi del vostro eroe e, se questo non è abbastanza, mi sembra di ricordare che ci siano delle immagini della figa. In America è già un must, è il libro preferito di Apelle Creed (figlio del famoso pugilatore), in Europa Adelmo se lo litiga coi suoi sorapis, in Cina hanno imparato a leggerlo coi bastoncini, in artide e anche in antartide scalda il cuore quando la temperatura scende sotto lo Zero. Non farete più tardi con Florio, ma con Maria Occhiena. Lo leggerete lì dove il mare luccica e spira forte il vento, in piazza grande, a Berlino con Bonetti, a Singapore con le belle signore, al lio e in latteria; spunterà dalle vostre luis vuitton, dai cassettini delle vostre audi, lo perderete tra le hogan. È un libro che va avuto avuto avuto e poi va dato dato dato, che vi odia e poi vi ama e poi vi odia e poi vi…. ama. Lasciatevi amare, leggetelo, e quando non capirete non c’è problema: pensate a un “mi piace” quando vedete porcodio, come avete sempre fatto. Cordialmente Quello dei temi.



bacci

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eredità

millelire. stampa alternativa . non so se educativo sia la definizione migliore. di certo illuminante. l’ha detto pure fausto rossi dal palco di un concerto . la certezza è una: un lascito e ‘ un lascito e come tale va custodito gelosamente. io, per sicurezza, dopo averlo letto l’ho incorniciato.

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burning man

quale posto pi첫 sacro del tempio del burning man per un ricordo? quale posto migliore del deserto del nevada per traslare la memoria quando tutto prende fuoco?

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dieci

“dieci�, come il film in cui bo derek esibisce le sue treccine perlinate al mondo ma soprattutto all’agente immobiliare di piazza duomo che ritorna da cuba acconciato come lei e si guadagna il titolo di agente derek . 10, come roberto baggio che mi ha fatto venire i brividi nella vita virtuale ma che probabilmente nella vita reale, con quella coda di scoiattolo sulla nuca, sarebbe stato lo staccabiglietti del calcinculo. dieci, come gli anni che sono passati.

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belle epoque

ognuno di noi e ‘ la mercedes che pensa di essere. anche a tokio.

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i remember you well in the normandy plaza hotel

la macchina sulla sinistra nella foto è identica nella marca, modello e colore a quella che mi era stata rubata qualche tempo prima fuori da un cinema dove mi trovavo a guardare dead man di jarmusch. ah, se ti è sfuggito te lo dico io: al normandy di miami beach, nella 322 quella sera ci stava il cunanan. ciao luchino, si parla anche di te.

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regina lear

se vuoi remixare un brano di amanda lear devi eseguire questa procedura (rigorosamente nell’ordine in cui la descrivo ) : - tornare nel 1998 - recarti a cannes nel mese di gennaio - appostarti fuori dal palazzo del cinema con il midem in corso - attendere un tedesco che si chiama wolfgang. lo riconosci perchèèagghindato come i bauhaus e si atteggia nelle movenze e nel dialogo come paparazzinger ( ma di questo te ne renderai conto qualche anno dopo ) - proporgli dei soldi per comprare i diritti della canzone di amanda lear che più ti aggrada - firmare l’accordo - dare il pezzo a massimo braghieri - mandarlo in una stanzetta a south kensington finchè non ha fatto il suo compitino. et voilà il gioco è fatto.

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automotive

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automotive

il mio pensiero quotidiano va a tutti i possessori di auto privi di stile, loro e le auto, che popolano la provincia italiana, quelli che probabilmente vedendo una citroen maserati sorridono e vedendo una hummer annuiscono . johan, dove sei ?

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car wash

ho sempre detestato il nitore delle auto e delle scarpe. lavo l’auto una volta all’anno solo per scoprire se le merde di piccione hanno corroso la carrozzeria. non conosco marche di lucido da scarpe. tokyo non mi vorrebbe mai come suo abitante . peccato .

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audi a destra uno squillo di tromba

no, non e ‘ il conte di carmagnola. è solo un coglione che tenta di superarti sulla destra a bordo della sua utilitaria di zwickau, ridente paesino di merda della sassonia. il teatro è l’autostrada, la corsia non è quella di sorpasso ma è quella di emergenza. alla guida metteteci pure supermario oppure il trota oppure uno che vi sta sul cazzo, a vostro piacere. il risultato non cambierà. nei cessi pubblici della città. giusto per la rima.

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patatrac

audi batte mercedes e leonard nimoy, contemporaneamente. nemmeno nel mio peggior incubo avrei mai pensato di immaginare una cosa del genere. artefici i pubblicitari dell’audi, protagonisti i due interpreti del dr spock. il nuovo dr spock alla guida del sua nuova audi di cui mi rifiuto per decenza di scrivere il modello surclassa il vecchio dr spock alla guida della sua mercedes cls 550. leonard nimoy arriva secondo su due all’appuntamento davanti alla club house dopo aver dimostrato quanto sia difficile caricare un set di mazze da golf sul sedile della sua auto.l’audi supertecnologica guidata dal fastidiosissimo zachary quinto arriva prima mostrando a tutti le occhiaie sottofaro. ciliegina sulla torta il gran finale con l’audi tt che si parcheggia da sola. peggio di questo ci potrebbe essere solo balotelli che riga con un punteruolo la citroen maserati di johan cruyff.

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figaro qua figaro la

lunghi anni passati a guardarla parcheggiata dietro carnaby street. cercata senza speranza, mi guardò dalla finestra di autoscout facendomi presente che pordenone è una città di merda. la portai via tenendo la destra. per ringraziamento si fece fottere la capocchia della parking bar e mi fece pagare l’avviamento. deve solo sperare che io non trovi una pao.

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cattolicesimo

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giulio, dio e l’amico di vicenza

quando parla il mio amico giulio detto “il ciàina(il cinese)” anche joseph beuys si toglie il cappello. sentite qua: Ciao leo, stanotte, qui sulla spiaggia di koh samet (thailand) mentre aspettavo l’una per vedere il keynote Apple di iPad mi sono trovato a riflettere brevemente sull’utilizzo della bestemmia versus la deità giudaico-cristiana nella lingua italiana. Visto che tu ne sei instancabile ed affezionato utilizzatore e propagatore penso di farti cosa gradita inviandoti questi brevi e rapide riflessioni di carattere linguistico (e perciò assolutamente non apodittiche ma anzi foriere di un’ulteriore e più ampio sviluppo concettuale). Vedi tu se è il caso di renderle pubbliche o meno. La riflessione di partenza è che non sempre - anzi quasi mai - la bestemmia verso il dio giudaico-cristiano è un deliberato oltraggio al dio medesimo, ma è invece quasi sempre un costrutto linguistico finalizzato a rafforzare uno stato d’animo o un moto dello spirito, che riesce in due efficaci parole ad esplicitare una vasto insieme di significati e di intenzioni linguistiche altrimenti difficili da rendere con pari intensità ed efficacia. Queste proprietà connotative della bestemmia (e qui parliamo essenzialmente di bestemmia semplice, nella forma denotativa ‘beep canè o ‘porco beep’, ed escludiamo 27


quindi una enorme serie di bestemmie complesse ed articolate per le quali si rimanda a degli studi specifici) sono in particolare bene evidenti analizzando l’utilizzo delle stesse nel dialetto veneto, storicamente ricco di bestemmie come elementi di chiarimento, puntualizzazione ed ampliamento dei discorsi verbali, e come ‘oggetti linguisticì estremamente correlati al contesto dell’azione che intendono esprimere ed all’intonazione che assumono nel discorso. Ti faccio quindi qualche esempio che traggo dai colloqui con un caro amico di vicenza, riportando la situazione oggettiva, la frase utilizzata e il suo più corretto significato il lingua italiana. Sta passando una bella ragazza: beep Can! = Oh, ma quale stupenda creatura sta passando vicino a me! Quando chiedo a un amico di vicenza se è sicuro di qualcosa: beep Can! = sono assolutamente certo di ciò che ti ho appena detto! Quando succede un avvenimento particolarmente sfortunato (gomma buca, incidente, caduta accidentale, eccetera): beep Can ... = Sono oltremodo preoccupato per l’improbabile e grave circostanza che mi ha ora coinvolto ... Quando racconto al mio amico di vicenza di una mia impresa particolarmente ardita: beep Can! = Grande è il mio stupore e la mia ammirazione per te. Quando chiedo al mio amico di vicenza se doveva proprio comportarsi in quel modo?”: beep Can ... = Dimmi tu, caro amico, cos’altro avrei potuto fare in quella situazione? Quando racconto al mio amico di vicenza una scusa poco credibile: beep Can! = Ti prego, caro amico, non raccontarmi codeste fandonie, non sono nato ieri. Sono anche estremamente interessanti gli utilizzi della bestemmia: - come rafforzativo di una richiesta: “Dove hai messo quel Porco beep di un martello? oppure: Gigi, beep Can, dov’è il martello?” - e in sostituzione di vocaboli che al momento non sovvengono: 28


“Gigi, passami il Porco beep che svito questo bullone.” Ovviamente tutti questi usi possono, anzi sono, messi in combinazione tra loro generando frasi intuitivamente e immediatamente comprensibili e cariche di potenza semantica. Ti riporto, a titolo di esempio, un breve dialogo che ho sentito tra due artigiani idraulici, durante la riparazione di una piccola perdita: Toni: beep Can Bepi, el Porco beep qua, spande ancora acqua! No ti o gavevi giustà, beep Can? Accidenti Bepi, che sventura! Questo tubo perde ancora! Mi sembrava che tu l’avessi già aggiustato! Sei certo di averlo aggiustato bene? Bepi: Porco beep! Certamente che l’avevo già aggiustato! Perché metti in dubbio le mie capacità? Toni: beep Can, passime il Porco beep che ghe dago mi ‘na sistemada ... Ciapa, beep Can, varda che lavoretto! Oh caro collega, certamente tu hai fatto il tuo intervento nel miglior modo possibile ma, come vedi, il fatto è che il tubo perde ancora! Passami piuttosto la chiave inglese che lo sistemo io ... ecco, guarda bene che ottima riparazione ho fatto! Bepi: beep Can! Ammirevole davvero! Devo riconoscere la tua maggiore esperienza in lavori di questo genere. Come vedi, caro Leo, il risultato linguistico che risulta da questa breve digressione è che non solo la bestemmia è avulsa da qualsiasi significato anti-religioso (anzi, so per certo che sia bepi sia toni sono ambedue cattolici parzialmente praticanti, hanno ricevuto i cristiani sacramenti, si sono sposati in chiesa e, certamente, in chiesa celebreranno il loro funerale), ma che essa si configura invece come un costrutto linguistico estremamente elementare ma in grado di condensare ed esprimere con grande potenza e fascinazione una vastissima gamma di concetti complessi e di stati d’animo che richiederebbero - in alternativa - un vasto e più complesso utilizzo di parole ed immagini. Certo che puoi ben cogliere ed ampliare questa mie prime riflessione nelle tue sempre mirabili espressioni di stati d’animo ti saluto cordialmente Julio

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karol ancellotti o zibì woijtyla

“prima ‘o famo santo, prima ‘o bbestemmiamo” ( due aste portate con eleganza da passerella che da ponte milvio, tra due ali di folla sciarpeggianti i colori dell’aquila e della lupa, varcano castel sant’angelo ). la religione unisce i popoli.

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sicut et nos dimittimus debitoribus nostris

come nella miglior tradizione manga, razzinga zeta, vistosi assediato, ha estratto gli elementi e ha beffato tutti i nemici, lasciandoli al suolo tramortiti: il nostro eroe preferito con l’ausilio di una lingua morta ha obbligato presenti e assenti a contorsioni mentali e soprattutto alla ripresa delle più rudimentali nozioni scolastiche di latino al fine di poter capire quello che esattamente stava dicendo. i volti della crew di accompagnamento erano di quelli che già al dativo di rosa avrebbero potuto avere problemi, ma sicuramente si poteva intuire dalla facile traduzione di qualche parola qua e la che qualcosa di grosso stava succedendo. le parole sono queste: “Quapropter bene conscius ponderis huius actus plena libertate declaro me ministerio Episcopi Romae, Successoris Sancti Petri, mihi per manus Cardinalium die 19 aprilis MMV commissum renuntiare ita ut a die 28 februarii MMXIII, hora 29, sedes Romae, sedes Sancti Petri vacet et Conclave ad eligendum novum Summum Pontificem ab his quibus competit convocandum esse”. ed il nodo è proprio tutto lì in quel “ commissum renuntiare”, le due parole che hanno fatto girare vorticoamente le rotelle cerebrali dei presenti. che dire: chapeau! la vecchia checca ornata ha scelto uno dei modi più eleganti per uscire di scena lasciando tutti stupefatti a cercare le motivazioni più bizzare ed originali. una cosa è certa: sarà il secondo papa della storia, o meglio il 31


primo, in quanto celestino v rifiutò da subito il titolo, a vedere e forse anche abbracciare il sostituto. anzi, vista la premura con la quale il suo personale padre ralph è stato passato di grado,probabilmente il nostro riuscirà a dire anche la sua, per interposta persona, sulla candidatura.è proprio il caso di dire: diavolo di un papa.

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bergoglio capo delle brigate rosse

“il ricordo di chi non c’è più’ vive nella mente di chi rimane con l’alzheimer” dopo anni di stenti e malattia da decenni di trasmissioni mediaset,a seguito dei letali colpi inferti da thohir e papa bergoglio,è venuta a mancare all’affetto dei suoi cari La Satira la camera ardente sarà allestita presso la redazione del Male in via del gesù. nessuna ufficiatura funebre perchè non c’è un cazzo da ridere. questo è il necrologio che vorrei leggere sul corriere della sera dopo che thohir,il neo presidente interista, al termine della conferenza stampa di presentazione legge serio come un cronista di singaporeoggi “chi no sata rosoneroe “. oppure dopo che bergoglio dal ballatoio di san pietro agita al pueblo domenicale una confezione di mesericordin. queste cose era bello leggerle il lunedì’ su cuore o il mercoledì’ sul male. ora ti tocca leggerle tutti i giorni su normali quotidiani e non ti fanno più’ ridere. anzi, a volte ti fanno pure incazzare.

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vola colomba bianca vola

è solo gennaio ma il premio pulitzer sezione fotografia per il 2014 è già virtualmente assegnato. lo scenario è quello domenicale di piazza san pietro. la colomba bianca simbol di pace, si libra in volo. un corvo, simbol se non di morte quantomeno di eventi funesti, la insegue tentando di beccarla. un gabbiano, simbol di discarica, assiste indifferente. l’interpretazione simbologica della foto non lascia dubbi: la mega operazione di marketing operata dalla chiesa nell’ultimo anno vede il primo intoppo. l’oggetto di merchandising più rinomato subisce l’attacco di un surrogato del maligno mentre l’operatore ecologico osserva l’immondezzaio sottostante. visto e considerato che nilla pizza è morta anni or sono, non credo sia lecito prendere in considerazione altre interpetazioni.

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arte

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polkami

tra le varie prerogative della svizzera, in particolare zurigo, c’è quella di farti entrare in una chiesa non per vedere un tuo amico che si sposa oppure che giace nel legno, ma solo per il piacere di vedere qualcosa di interessante. succede nella chiesa protestante di grossmuster dove nel 2010 a seguito di un concorso indetto del 2005 probabilmente intitolato “ pittura come credi le finestre della tua chiesa preferita “ il vincitore sigmar polke crea dei veri e propri  spettacoli visivi.

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gac

mancano ormai molto poco al centenario del 2014. che facciamo? la solita esposizione del soprabito istoriato oppure cerchiamo di fare qualcosa di più? un comitato di incursori è gia ‘ nato ma le parole e soprattutto il phisique du role di chi gestisce la cultura e l’arte in questa città non mi fanno ben sperare. c’è solo un modo per combattere l’ignoranza: l’esibizione. copriamo di adesivi le vergogne di matisse e dei maya. forse qualcuno si domanderà perché.

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gli insoliti coglioni

si dovrebbe ormai quasi comunemente sapere che maurizio cattelan ama pochissimo farsi vedere in pubblico. si dovrebbe quindi sapere che decidendo di conferirgli un premio, tra l’altro non dei più rappresentativi, si può rischiare di fare la stessa fine di chi conferì a marlon brando l’oscar per l’interpretazione di don corleone. la differenza sta solo nel fatto che mentre marlon brando mandò per il ritiro una donna apache che perorò la causa dei nativi americani, maurizio cattelan manda i soliti idioti vestiti da preti come in uno dei loro sketch. tutto questo sotto gli occhi dello scandalizzatissimo renato barilli che tenta in qualche modo di bloccare la sceneggiata ovviamente con un ‘altra sceneggiata forse anche peggiore. personalmente amo cattelan e non amo per nulla i soliti idioti. posso tentare di immaginare la rappresentazione come un’atto dadaista ma alla fine non ci riesco proprio. forse è solo una tante provocazioni a cui il padovano ci ha negli anni abituato. di certo non una delle sue migliori. io vado avanti a non capire i soliti idioti. ultimamente, ad esempio, non capisco perchè adam green, uno dei miei anti-crooner preferiti, faccia una tournè in italia con francesco mandelli.

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natale con vezzoli

a brescia vezzoli è un cognome forse non comune ma certamente locale. fino a un paio di decenni fa il vezzoli più famoso di nome faceva natale e di professione il pugile. divenne campione europeo dei superpiuma nel ‘76 e mantenne il titolo per tre anni. tutto questo preambolo per dirvi che sono stato al maxxi di roma a vedere la prima personale retrospettiva di un certo peso (non di certo superpiuma) tenuta in italia della nostra gloria locale francesco vezzoli. un allestimento molto ricco con gran parte dell’opera del talento bresciano, dai video ai quadri, dalle rielaborazioni delle locandine cinematorafiche alle opere realizzate al tamburello, fino alle repliche di statue romane raffiguranti l’artista. il tutto in una delle migliori location per l’arte che l’italia possa offrire. se francesco vezzoli di nome avesse fatto francis vezzoli (pronunciato vizòli un pò come si fa con bill viola pronunciandolo vaiola), non avrei la minima remora nel definire la mostra veramente completa e spettacolare. probabilmente non lo conoscerei personalmente tanto quanto non conosco personalmente damien hirst o i fratelli chapman e non sarei alimentato da tutta una serie di pregiudizi che tarlano, magari anche involontariamente, la visione 40


critica della sua opera. il percorso dell’artista moderno è risaputamente un percorso legato più alla managerialità che alla tecnica artistica per come poteva essere intesa nel rinascimento e l’essere a conoscenza dei vari step di tale parabola menageriale tende sicuramente a svilirne la considerazione. detto questo le quotazioni di vezzoli stanno raggiungendo cifre stellari, miuccia prada lo tiene in palmo di mano e catherine deneuve è orgogliosa di farsi fotografare con lui. diciamo che son passati i tempi in cui lusetti vedendo il suo numero non gli rispondeva al telefono. ora è lui che probabilmente vedendo il numero di eva mendes sbuffa e silenzia il telefonino. ripensandoci è lo stesso iter che ora vede protagonista bruno dei misti.

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michelangelo merisi detto il pistoletto

vado nei musei d’arte contemporanea solo per fotografarmi nei pistoletto. tutti ormai ne espongono uno.

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ho attraversato una mucca ( riflessioni sulla retrospettiva di damien hirst)

attraversare una mucca può essere una valida alternativa all’attraversare le zebre? così sembrerebbe guardando una delle opere di damien hirst . damien hirst è a mio modo di vedere una delle cose migliori espresse dall’arte nell’ultimo ventennio e comunque, se così non volete vederla , è una delle cose che il mercato dell’arte ha premiato più di ogni altra con valori di vendita sostenibili solo da tasche di sceicchi .sicuramente è uno di quegli artisti che non lasciano il fianco a considerazioni del tipo “ questo potevo farlo anche io “, in quanto i cadaveri di mucche, squali e pecore o gli esemplari di farfalle tropicali o le tonnellate di farmaci non sono alla portata di tutti come non lo sono gli ettolitri ed ettolitri di forma aldeide utilizzati.damien hirst è un hooligan dotato di idee e soprattutto di ironia e humor. è l’artista che a diciotto anni si fa fotografare sorridente faccia a faccia con la testa gonfia di un annegato, è quello che quando sega una mucca in due molto probabilmente si immagina leatherface di taxas chainsaw massacre, è quello che chiude uno squalo in sei pannelli di vetro e lo chiama “the physical impossibility of death in the mind of someone living “ , è quello che che dopo aver fatto tutto ciò si guadagna la credibilitàper ricoprire 43


un teschio di pietre preziose o di placcare d’oro metri e metri di espositori di medicinali. damien hirst è un dio che tale deve rimanere, che come tale va guardato e che mai, dico mai, va conosciuto personalmente per non rischiare di fargli sparire l’alea divina , per non rischiare di fargli fare la fine dell’artista che da giovane venne soprannominato ironicamente talento e al quale un noto fu- gallerista bresciano prediligeva appendere la bicicletta al palo più alto di piazza duomo, salvo poi pentirsene amaramente una volta che lo stesso venne dichiarato cucciolo prediletto di miuccia prada . rassegnatevi: damien hirst è uno dei grandi del suo tempo . io lo adoro così come adorerei borghese se decidesse di buttarsi nel mondo dell’arte . legenda: borghese è il capo storico della tifoseria da curva del brescia calcio.

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grandi mostre

dischiudi una ninfea. la vita ti sorriderà. anche goldin sorriderà. e dopo un pò di tempo potrà sorridere anche l’erede di goldin.

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la vanitĂ del ciclista sovrappeso

tecnica mista

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l’idealista

da una decina di giorni a questa parte lo street artist inglese senza volto sta usando la citta ‘ di new york come teatro della sua opera. banksy definisce questo periodo “artist residency”, come nella miglior tradizione contemporanea, non limitandosi a impreziosire i muri con i suoi elaboratissimi stencil ma organizzando delle vere e proprie perfomance in posti improbabili e a volte pure rischiosi per la propria incolumità. la polizia squilla sul new york post di aver allertato l’intelligence per bloccarlo. lui, dal suo sito, illustra quotidianamente la presa in giro. la street art è ormai arte a tutti gli effetti ed i galleristi se la contendono. il concetto originario di street art è stato abbondantemente violato. lo street artist da ricercato è diventato vip. banksy è uno dei pochi, forse l’unico, che non usa il canale distributivo delle gallerie d’arte perchè lui non distribuisce. nonostante questo alcune sue opere, certosinamente scollate dai muri, sono entrate sui mercati. banksy non vende, anzi quando finge di vendere ribalta il concetto di truffa vendendo roba sua come non sua. è tutto molto strano, a partire da come il suo nome non abbia ancora un volto abbinato, dopo tanti anni. le sue performance sono impegnative, a volte pure costose. 47


un lungometraggio lo ha celebrato, ma anche qui non sembra ci sia lui nella produzione. ma allora dove sta, se ci sta, la grande truffa alla street art? banksy non è ‘ una persona ma è un pool? chi lo protegge? ha forse accordi segreti con stampa e security di mezzo mondo? ma, anche se così fosse, a che pro se poi non scatta l’intento lucroso? vuoi vedere che banksy è l’ultimo degli idealisti?

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personaggi

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figli

ecco, forse questo avrei voluto essere, il figlio di spok, emblema dell’eleganza intergalattica. con due dita avrei potuto immobilizzare tutte le teste di cazzo. avrei potuto passare la mia giornata in mezzo a persone cristallizzate. sarebbe stato bellissimo.

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cherchez la femme

il nome perfetto per una puzzola francese non può che essere lorraine loredana lorandi con la erre da pronunciare come jean pierre papin. però non ditelo a massimo braghieri, potrebbe non capire .

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il cazzo di terry

tranquillamente utilizzabile come baguette, fotogenico, lucido, mai sporco. sempre a contatto con quei tre, quattro vip. innamorato di chiunque abbia incisivi separati. una volta l’ho visto anche con i suoi occhiali: cazzo as terry, terry as cazzo.

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que viva carlomaria rogito

carlo maria rogito è una di quelle cose (e dico cose perchè effettivamente non si sa bene di cosa si tratti) che ti riconcilia con la vita, che ti fa capire che grazie a dio l’umorismo non si e ‘ fermato a italia uno. partendo da una sintassi che non fa altro che amplificare e ingigantire i comuni errori grammaticali e lessicali di tutti i vari frequentatori di social community, descrive persone, animali e cose improbabili, momenti di quotidianità spesso legati alla terra di appartenenza toccando vertici altissimi di comicità apparentemente non-sense ma in realtà colma di citazioni. l’uso indiscriminato dei due punti e della retorica facebookiana ne fanno ormai un riferimento per molti. grazie carlo maria chiunque tu sia. ora denunciami per eccesso di lusinghe se ne sei capace. p.s.: a questo punto sarei anche disposto ad infilarmi tutto in culo qualora venissi a sapere che dietro carlo maria rogito si cela un pool di writers di colorado cafè .

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paolo is the limit

“paolo limiti sa tutto “. questa fu la sentenza della montresor durante una cena a verona. in quelle semplicissime quattro parole sentenziate nella maniera più da checca possibile sta tutta la natura di un personaggio che fino a quel momento non avevo mai preso in considerazione. ma in effetti chi cazzo e ‘ paolo limiti ? lo potremmo genericamente definire uno dei tanti gay mascherati della nostra televisione nazionale, obbligato a sposare una via di mezzo tra marilyn e una ragazza cin cin al solo scopo di poter entrare nelle case degli italiani la domenica pomeriggio. ma questo sarebbe veramente limitativo. in effetti il paolo-limiti-sa-tutto si concretizza nella maniera più completa possibile sviluppando una aneddotica terrificante su personaggi che vanno dalla canzone, al cinema, all’arte coprendo tutti e cinque i continenti. il tutto ovviamente accompagnato dalla conoscenza personale documentata di tutti i personaggi in questione. paolo limiti si è fatto i cazzi di tutti, ha scritto canzoni per tutti, ha fatto finta di chiavare un pò tutte e sicuramente ha fatto l’attivo o il passivo con tanti bei maschioni come si è fatto sfuggire al bano dai microfoni rai. ma paolo limiti soprattutto e ‘ quello che ha regalato alla mia amica febal una copia di un vecchio interview autografata da andy warhol così, come fosse carta straccia. come direbbero gli inglesi paolo is the limit- o come direbbe padre simplicio - sa tutto ma solo quello- .

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mazzibubbù

il mio incontro con don mazzi e ‘ stato ciò che in ambito sentimentale viene definito colpo di fulmine o amore a prima vista . alla sua prima apparizione a domenica-in, da un curioso eloquio fatto al cospetto di una mara venier sensuale come una audi quattro, ho capito una cosa di lui: il suo dio solo all’apparenza è il mezzo attraverso il quale portare i tossici alla salvezza, nella realtà è il mezzo per raggiungere la figa .

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ci son due coccodrilli ed un orangotango

non volendo credere a un fotomontaggio, credo di essere stato raramente folgorato da una foto come in questo caso. in quest’immagine c’è di tutto: la modella col segno degli occhiali da sci e la bocca più grande della faccia, l’allevatore di piccioni tribalizzato in volto, la presentatrice con l’apertura delle narici più accentuata rispetto all’apertura oculare, il nobile trendy romano con la faccia da furbetto. il tutto in un assembramento da post party catturato dalla potenziale bastardaggine di un agile fotografo. forse e ‘ veramente troppo o forse, come scrive la mia amica tati, si potrebbe trattare della coda per il casting del nuovo film di romero. l’unico che potrebbe risolvere l’arcano è d’agostino ma mi sta troppo sul cazzo per chiederglielo. auspico solo a breve la versione director’s cut della foto, giusto per la partecipazione anche dell’unicorno. p.s.: fonti autorevoli mi confermano che non si tratta di fotomontaggio. vale quindi tutto quello che ho scritto.

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bacco tabacco e venere mandan la mamma in cenere

l’evento della settimana credo sia la morte della mamma di terry richardson o meglio l’evento della settimana è stato il servizio fotografico fatto dal suddetto alla mamma sul letto di morte. credo fuor di ogni dubbio che terry richardson stia alla fotografia dell’ultimo decennio come robert mapplethorpe sia stato alla fotografia degli anni ottanta. lasciamo perdere i commenti dei puristi che sicuramente si potrebbero scandalizzare davanti a questa affermazione ma se ci pensate bene è così . richardson ha creato uno stile ed un modo di scandalizzare , cheap o meno che sia, tanto quanto il suo illustre predecessore. vive in un’ epoca dove la mercificazione globalizzata dell’immagine è un must e vi si adegua nella maniera migliore. è ovunque, fotografa qualunque cosa gli capiti nel raggio visivo, è adorato dai vip e, non dimentichiamolo, ha un buon trenta centimetri di cazzo che fino a poco tempo fa amava sventolare come la bandiera dei pirati. a questo punto, dopo aver creato il mito della mamma fulminata gli poteva scappare il reportage sulla morte e la cenerificazione della medesima? certamente no. un dubbio mi rimane: che questo servizio possa essere una vendetta personale. vedo mammina più propensa a comprare profumi per se piuttosto che balocchi per il piccolo terry. a pensar male..... 58


mi butto e sono felice

il fatto del mese e ‘ stato il tuffo di felix baumgarner o qualcosa di simile, da un’altezza terrificante che manco mi ricordo, da una capsula che per conto mio potrebbe essere anche quella di un dentista, per motivi legati a non so bene quale turba mentale. insomma di questo demente tedesco o austriaco che sia non me n’è fregato un cazzo; tanto meno bevo la red bull perchè mi agita e non mi fa dormire. la cosa però che mi ha fatto veramente divertire è il post inviato sulla paginetta del tuffatore da un simpatico italiano sgrammaticato. l’incipit “we felice ..” è da premio strega. per il resto, capitemi: sono un sempliciotto, mi basta una bestemmia ben assestata che rido per tre giorni..

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no glenn òbrian no tv party

nel 1977, per iniziativa di giuseppe inselvini e dell’imprenditrice nel settore mobiliare ancilla scalvini (là dove sventolano le bandiere del mobile...vi dice niente?) nasce, da una costola di radio brescia sette, con il patrocinio di dio in persona, l’emittente televisiva teletutto, la prima tv privata bresciana. solo un anno dopo (forse perchè dio era poco interessato) nel 1978 nella laboriosa new york per iniziativa del tuttologo di talento glenn òbrian nasce, da una tv via cavo di pubblico accesso creata all’oupo, tv party, una sorta di talk show creato nell’ambito del mondo underground newyorkese. glenn òbrian, grazie alla sua esperienza maturata alla corte di andy warhol,riesce a portare davanti ad una telecamera personaggi che vanno da basquiat ai blondie, da klaus nomi ad amos poe creando forse anche inconsciamente una vera e propria pietra miliare. la trasmissione in bianco e nero sbiadito effettuata da telecamera fissa e le frasi a rullo passanti sotto le immagini dei personaggi in questione non fecero altro che contribuire a crearne il mito. la trasmissione durò per quattro anni, fino al 1982. da lì in poi glenn òbrian si occupò di svariate altre cose in ambito di editoria e giornalismo mantenendo sempre la stessa credibilità ed autorevolezza. 60


teletutto invece, grazie agli interventi dei padri paolini, macina chilometri e televisioni presentandosi ai giorni nostri come la prima e più amata emittente dei bresciani. così va il mondo cari amici. del resto, chi non si e ‘ mai soffermato su “calcio al calcio” scagli la prima pietra o forse sarebbe meglio dire il primo grissino valledoro.

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mc donald

ho visto donald sutherland dal vivo due volte nella mia vita. La prima volta a siena all’ interno della pasticceria nannini, quella del pilota con l’applique e della sorella onnivora. la seconda volta a londra, nel reparto alimentari di lusso di harrod’s. a ripensarci bene l’ho rivisto una terza volta, a palazzo fortuny a venezia. In una cornice semplice ma con una luce quasi divina che gli metteva in evidenza il volto. ma quella era tutta una trovata di mapplethorpe. dal vivo e ‘ forse anche meglio.

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oh yes wait a minute mr lettermann

una delle poche cose per la quale vale la pena di avere un televisore ( oserei dire l’unica, se non vi piace il calcio ) è il david letterman late night show. importato qualche anno fa dalla cbs grazie alla lungimiranza di un canale tematico rai, rappresenta quello che dovrebbe essere l’entertainment televisivo: tempi velocissimi, battute d’attualità fulminanti, personaggi di contorno politicamente scorretti, rubriche divertenti, una orchestra di accompagnamento di tutto rispetto e soprattutto un bacino di utenza di ospiti da brividi. tanto per capirci, in italia il surrogato avrebbe dovuto essere il maurizio costanzo show che però una volta morti nick novecento e carmelo bene si arrotolò su se stesso. anche obama riconosce il talento di david letterman e lo premia per la sua carriera alla casa bianca facendogli trovare i led zeppelin per la colonna sonora. credo comunque che chi riesce a farmi trovare simpatici tom hanks e julia roberts meriti molto più che un premio alla carriera.

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fonzie barbuto sempre piaciuto

forse nessuno se lo ricorda, ma prima dei fleet foxes la barba era già stata inventata. ecco il reperto che ne dimostra l’esistenza a milwaukee negli anni 50.

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nel futuro ognuno farà una crociera per 15 minuti

credo che tutti una volta nella vita abbiano canticchiato, sulla voce di little tony, le parole della versione italiana della sigla di love boat. “mare sapore di mare.. “ iniziava e i meno romantici, tra cui io, proseguivano con un becero “..sulla poppa ti voglio inculare “. ma forse non tutti sanno che la puntata numero 200 della serie fu consacrata al dio della pop art andy warhol. di questo rimangono sul web solo alcuni reperti fotografici in quanto la fondazione si è ben premunita di far sparire tutte le prove filmate della partecipazione. giusto per la cronaca rammento che andy warhol interpretava un personaggio molto simile a se stesso e veniva supportato dai genitori cunningham di happy days oltre ovviamente al solito cast di rincoglioniti. qui sopra propongo una foto sua con l’arrigo sacchi della navigazione da crociera.

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malagai malagasti malagò

mancano ormai poche ore alle elezioni politiche più inutili che la nostra repubblica abbia mai avuto, quando si apre davanti ai nostri occhi un evento che ci mostra il perchè dell’inutilità. a roma caput mundi si svolgono le elezioni inerenti la presidenza del coni, un organismo che in un mondo civile dovrebbe occuparsi di problematiche relative allo sviluppo dell’attività sportiva agonistica in italia. sempre in un mondo civile chi in precedenza ha dato modo di non essere capace, anzi di malgestire o meglio di gestire male e politicamente (nell’accezione italiana del termine) uno solo degli sport che si vanno a collocare nell’ambito globale del coni, non avrebbe la minima chance di poterne essere a capo. ripeto: in un mondo civile. qui no. nella terra delle lobby inossidabili oltre alla immeritata elezione bisogna anche sorbirsi i trionfali discorsi degli amici del circolo importante, i vanzina brothers, amici fraterni dell’eletto, che si rotolano nella neve di cortina per la felicità, il notaio famoso che vuole festeggiare con le aragoste, il politicante che gli rammenta che piuttosto è stagione di tartufo. e a corollario di tutto ciò, a mò di referenza, l’elenco di donne belle e famose finite intorno al cazzo di questo distinto commerciante, manager, viveur e playboy ben conosciuto, tra l’altro, anche dal vecchio porco cocainomane di torino che, come si ricorda, era solito telefonargli alle sei del mattino per avere notizie del gilda. tutto questo mentre noi estraiamo dal cassetto la scheda elettorale pensando che forse grillo ha ragione quando parla di azzerare tutto ma che forse il suo pensiero, se non accompagnato da una 44 magnum, è pura utopia. 66


c’è un coccodrillo ma l’orangotango non c’è più

la cosa che mi colpì quando vidi per la prima volta nei primi anni 70 enzo jannacci fù il fatto che fosse un medico. mio padre era un medico. ma non era enzo jannacci. non faceva battute, non urlava spinto sui pattini da cochi o renato, non cantava deliranti motivetti in dialetto milanese perchè essendo calabrese, anche potendolo fare, l’avrebbe fatto con quell’antipatico accento da trapiantato. e tutto ciò per un bambino di otto anni era davvero molto strano. ora enzo jannacci non c’è più, come mio padre del resto. esiste ancora però renato pozzetto che gli regala un coccodrillo dei più belli che io abbia mai letto. Ciao Enzo, quando ho saputo che non eri stato bene e che questa volta era una cosa abbastanza seria sono venuto a trovarti. Eri lì, al Dal Verme, e sembrava che facessi finta di dormire, con le mani l’una nell’altra come quando si prega.Chissà perché si prega così? Eri bello, mi è venuto da piangere e ho pregato anch’io con le mani come le tue. Sono anche venuto in chiesa: tanta gente, tanti applausi, il prete ci ha spiegato le tue canzoni e perché le avevi scritte. Poi una tua canzone cantata dalle trombe, e fuori dalla chiesa la banda che intonava quella del Rino suldà insema in di bersaglier.È stata una bella manifestazione, tantissimi applausi. Era dai tempi di quando non è stato bene Gaber che non si vedeva una cosa così. Per fortuna queste cose succedono raramente. Son tornato a casa in Vespa e guidando ho pianto, son sicuro che è capitato anche a te. Adesso ho tirato fuori le foto stampate con la macchina della memoria. Sono un pò annebbiate, sgualcite e giallastre, chissà se col digitale si riesce a... Ecco qua una foto all’Idroscalo: anno ‘65, mese di gennaio in barca a vela, 67


un fly junior (mi sembra che si scriva così, come il tuo cognome), eravamo vestiti come Lacedelli e Compagnoni sul K2. Questo passava il convento. Ecco la foto del ciclista che è passato davanti a noi in corso di Porta Romana vestito da meccanico su una bici da corsa, gli abbiamo gridato qualcosa di poco spiritoso tipo «sono passati da due ore», poi quando è sparito nel traffico mi sono accorto che stavi piangendo... Ho pianto anch’io, io piango sempre per colpa tua.Una foto che ti vede vestito da subacqueo. Eri venuto per fare il bagno nella piscina della mia nuova casa di campagna a Gemonio costruita con mio fratello Achille, avevi con te un pesce vivo di 5-6 kg, risultato: un pesce alla griglia pescato con la fiocina e una piscina da ripiastrellare.Fotografie di Saltimbanchi si muore, primo lavoro teatrale fatto dal gruppo Motore, tu io e Cochi, Lino Toffolo, Andreasi, Lauzi e Teo Teocoli. Che esperienza, che emozioni!!!! All’apertura del sipario le prime battute le avevi tu: uscivi da un sacco di juta (credo che si scriva così, come il tuo cognome) e dicevi che quella era la tua roulotte, che saresti dovuto andare a Rogoredo e mi chiedevi se io sapessi dove fosse il paese. Alla mia risposta vaga avresti dovuto intonare la tua canzone Andava a Rogoredo. Questo il copione, invece tu ogni sera mi facevi una domanda diversa, tipo: «Lei è pratico di plexiglass?». Oppure: «Conosce un certo Dionigi?». Oppure: «Mi viene da vomitare». Eccetera eccetera.Fotografia a Cesenatico anni 60, le nostre vacanze al mare, tutto il gruppo Motore al completo e Dario Fo che anche lui passava le vacanze lì. Ricordi la casa delle vacanze in Val Verde? Ricordi la porta data alle fiamme per stanare Lino Toffolo che si era barricato in una camera? Ecco le foto delle polpette che faceva tua madre con le caramelle dentro. La foto della casa di Ospedaletti dove tuo padre la notte di Ferragosto, per farci riposare meglio, aveva acceso il riscaldamento. La foto di quando facevi il mio medico di base, mi facevi ingerire le medicine o mi facevi un’iniezione e poi ridendo come un pazzo scappavi da casa mia.Adesso basta con le fotografie, mi è venuto da piangere. Le altre le guarderò più avanti, sono centinaia. Se ti capitasse di incontrare la Brunella, la mia Brunella, che è anche lei da quelle parti lì, dalle un bacio da parte mia e fatti 68


raccontare l’ultima barzelletta.Ciao Enzo, chesta chi l’è una sera straca.

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e il naufragar m’è dolce al vittoriale

personalmente ritengo Gabriele d’Annunzio una personalità trasversale rispetto a quella che può essere una strumentalizzazione politica della sua immagine. sicuro è che le sue gesta abbiano uno scenario storico ben determinato e che il logo della decima mas sia difficilmente abbinabile all’immagine del Che ma è anche vero che dal reciproco voltafaccia tra lui e il movimento emerse un concentrato di arte,poesia, teatro, estetica, ars amatoria difficilmente ripetibile e politicizzabile. l’assessore alla cultura di brescia non credo però la pensi così. cavalcando le sue idee politiche decide di celebrare l’anno dell’anniversario dei 150 anni dalla nascita ( non si sa bene come, forse solo con un poster). e lo fa alla maniera che lo ha reso noto alla città: pasticciando, così che il centocinquantesimo anniversario della nascita diventa quello della morte. quando il quotidiano locale con una postilla lo fa notare ( i correttori di bozze sono un’opinione per l’assessore) ecco il colpo d’autore con la sovrapposizione di una striscia a correzione. un’antiestetismo per l’esteta per antonomasia. chissà il vate cosa ne avrebbe pensato.forse avrebbe creato qualche verso all’uopo. personalmente ritengo Gabriele d’Annunzio una 70


personalità trasversale rispetto a quella che può essere una strumentalizzazione politica della sua immagine. sicuro è che le sue gesta abbiano uno scenario storico ben determinato e che il logo della decima mas sia difficilmente abbinabile all’immagine del Che ma è anche vero che dal reciproco voltafaccia tra lui e il movimento emerse un concentrato di arte,poesia, teatro, estetica, ars amatoria difficilmente ripetibile e politicizzabile. l’assessore alla cultura di brescia non credo però la pensi così. cavalcando le sue idee politiche decide di celebrare l’anno dell’anniversario dei 150 anni dalla nascita ( non si sa bene come, forse solo con un poster). e lo fa alla maniera che lo ha reso noto alla città: pasticciando, così che il centocinquantesimo anniversario della nascita diventa quello della morte. quando il quotidiano locale con una postilla lo fa notare ( i correttori di bozze sono un’opinione per l’assessore) ecco il colpo d’autore con la sovrapposizione di una striscia a correzione. un’antiestetismo per l’esteta per antonomasia. chissà il vate cosa ne avrebbe pensato.forse avrebbe creato qualche verso all’uopo. “Vimine svelto da fica slabbra con gambe rodolenti in territor d’abbruzzo nacqui. Vittorial lacustre d’orifizio asperso m’offrí crinal ad ogni ditirambo gesto finché morte furace di seme bianco glicine all’alba del 38 mi raccolse. Or son 75 dalla morte o iddio fetor di merda della Duse, miriám l’addendo e pur la sottrazione.”

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portaci in europa

sindaco nuovo. gli antagonisti ne parlano come di un bolscevico. credo che, abbinando questo termine alla faccia di delbono, gramsci possa sicuramente guadagnarsi l’appellattivo di trottola dai propri compagni di cimitero. la realtà e ‘ che si ripalesa a brescia la figura non tanto del comandante che guevara ma del comandante bruno boni o se preferite del comandante martinazzoli. i numeri di bruno boni sono gli stessi di alex ferguson: 27 anni alla guida della città. di martinazzoli ricordo la ficcante campagna elettorale: mino, mino sei il primo cittadino. brescia ritorna ad essere quello che preferisce essere: città democristiana. gli antagonisti se ne vanno col livore di chi ha perso il proprio lavoro, di chi si rifiuta di riconoscere i propri demeriti ma attribuisce a qualunque cosa, fuorchè alla propria incapacità, i motivi della sconfitta. la mancata (sembra) stretta di mano tra il sindaco uscente e quello entrante ne è la prova. del resto la politica moderna è questa, la mancata elezione equivale ad un fallimento commerciale o, se preferite, alla perdita di un lavoro con tutto quel che ne consegue. ma adesso bando alle ciance: paroli è morto, que viva delbono. delbono che ci porterà in europa e lo si capisce nella foto in cui, durante i festeggiamenti, si possono scorgere rino gattuso e leo messi con la maglietta a lui inneggiante.ah, li sotto c’è anche agroppi, ma con lui non si va da nessuna parte. 72


la terra trema perchè ha paura di noi

bergonzoni, un personaggio che quelli che parlano per frasi fatte potrebbero definire artista a tutto tondo, roteando gli indici ad indicare il cerchio. scrive, recita, dipinge, intrattiene. si permette di poter dire cose facendo danzare le parole, obbligando chi lo ascolta a livelli di attenzione pazzeschi ed ampiamente ricompensati. è forse una delle tre cose delle quali dobbiamo essere grati a maurizio costanzo. non ho ben chiaro perchè ma viene da molti anni ad intrattenersi, a scadenze quasi fisse, col pubblico di un paese nell’entroterra del lago di garda chiamato villanuova sul clisi. è una persona che mi rasserena.

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berluskoni, porko beep

Ho fatto le elementari in una scuola pubblica, vicino casa, come veniva imposto in quei tempi. Per le medie i miei giocarono la carta scuola privata regalandomi tre anni dai gesuiti. Le superiori furono un crescendo: cinque anni tra i francescani che predicando la povertá intascavano rette da brivido. Credo proprio che risalga alla fase scolastica francescana la mia prima bestemmia, probabilmente tra il 79 ed l’80, nello stesso periodo in cui telemilano 58 cercava di guadagnare spazio nell’etere televisivo cominciando a piazzare le bandierine del proprio network in quasi tutta italia. Un segno del destino. dopo la mia prima bestemmia telemilano 58 si trasformò magicamente in canale 5 assumendo quel bontempone di mike bongiorno. nel frattempo io andavo avanti col liceo mentre nel tempo libero mi facevo scorrere negli occhi i flash di popcorn, superclassifica show e dj television. grazie a questi programmi maturavo le mie conoscenze musicali che mi portarono a toccarmi i coglioni ogni qual volta sentissi venditti, a spaccare un crocifisso mentre sentivo taffy ed a ungermi mentre giovanotti tentava di darmi un cinque. fu tra la fine del liceo e l’inizio dell’università ( questa statale) che iniziò a palesarsi con una certa intensità la figura dello scudiero di craxi, palazzinaro dell’etere. con un parallelismo diabolico mentre io tentavo disperatamente economia politica 2 e ragioneria 3, lui, schioccando le dita, dava vita a milano 2 e milano 3. costretto a vederlo e ad ascoltare per la prima volta la sua voce due cose mi colpirono: l’utilizzo della u con il quale tentava di impreziosire arcaicamente termini tipo gioco (che diventava giuoco) e lo spregiudicato uso del doppiopetto. nell’ 86 mentre stavo comprando il biglietto di brescia-milan, lui comprava il milan e lo riempiva di tulipani. più lo guardavo e più capivo che 74


quell’essere incarnava tutte le cose che in assoluto mi stavano più sul cazzo, milan compreso. ma vabbè, chissenefrega. il chissenefrega non poteva più rimaner tale quando il milan cominciò a macinare campionati e coppe dei campioni e soprattutto quando i colori della bandiera italiana si trasformarono in un partito mentre una sigla da soap opera ne diventò l’inno. un ventennio si sarebbe aperto davanti a noi. e soprattutto si sarebbe avventata su di noi una figura pesantissima, una figura che ti avrebbe obbligato a schierarti amandolo od odiandolo. io riuscii ad evitare entrambe le strade. mi limitai a schifarlo. una merda non la si può odiare, si cerca semplicemente di evitarla, tappandosi il naso per non sentirne l’odore. ma la merda non pestata più passa il tempo, più diventa grande, più puzza fino quasi a intontirti. nella mia vita non ho mai avuto tessere di partito o movimento e nemmeno pregiudizi politici. ho sempre basato le mie frequentazioni sulla teoria del “fammi ridere o dimmi qualcosa che mi interessi che io tento di fare lo stesso”. il mio giudizio su quest’uomo non vuole essere un giudizio politico. il suo operato è visibile a tutti come lo sono gli operati dei suoi predecessori, quelli che ci portarono all’epilogo di tangentopoli. il vero peccato mortale di quest’uomo ritengo sia quello di aver creato un sistema e tramite questo aver dato un ruolo ed una dignità a persone improbabili, improponibili e non da ultimo di cultura notevolmente inferiore alla media. non sarà una sentenza ad uccidere il berlusconismo. il berlusconismo morirà solo con la morte di berlusconi, l’uomo che con un check-up al giorno sta tenendo la morte il più lontano possibile. solo con la sua morte il corollario di merde si scioglierà, perderà ogni senso e sarà possibile tentare vie nuove. finchè lui esiste, anche con l’alzheimer o pure su una sedia a rotelle, mi toccherà sentire sempre qualcuno che tenta di farmi capire che berlusconi è meno peggio di tanti altri. berluskoni, porko beep.

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la legge di maniglia

beppe maniglia a bologna è un’istituzione. lo puoi trovare il sabato e la domenica in un angolo di piazza maggiore vicino alla sua harley terribilmente customizzata sulla quale è montato un mastodontico impianto acustico. ha compiuto quest’anno 70 anni ma nessuno direbbe mai che ha 70 anni. da sempre suona la sua chitarra elettrica e da sempre parla degli indiani d’America. una volta si spostava anche in viale ceccarini a riccione, adesso sinceramente non so. la prima volta che lo vidi mi sconvolse. fu in una delle prime televisioni private, telealtomilanese piuttosto che una neonata antenna 3. faceva scoppiare col fiato le borse dell’acqua calda. lo rividi qualche anno dopo, sempre in televisione, sempre all’opera con le borse dell’acqua, ma su un canale ormai quasi nazionale, presentato da cecchetto. l’ho rivisto domenica a bologna. è un personaggio che mi dà un senso di malinconia, nell’accezione positiva del termine.

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l’uomo che oscurò gil cagnè

rai storia propone una retrospettiva su vita, morte e miracoli dell’avvocato gianni agnelli, non so bene per quale particolare ricorrenza ( forse nessuna). più’ di due ore di interviste, faccia a faccia, momenti particolari, vernissage, partite della juve ed incontri ai vertici. ricordo una storiella non propriamente omologabile come barzelletta che circolava un bel pò di anni fa. riguardava la genesi della ricchezza di gianni agnelli. faceva più’ o meno così: all’età di 5 anni al piccolo giovannino viene regalata una bicicletta. dopo qualche anno il bimbo è talmente bravo ad impreziosirla che riesce a scambiarla con un motorino. stessa cosa avviene in seguito quando il motorino viene barattato con una moto. il capolavoro è all’alba dei diciotto anni quando la moto assume un tale appeal da consentirgli di ottenere una macchina in cambio. l’anno dopo il nonno muore, gli lascia 70 miliardi e la fiat. la paradossale condizione del self-made man felicemente impossibilitato dagli eventi a crearsi un proprio futuro non credo calzi a pennello con l’avvocato ma aiuta un pò a capirne la storia. è un pò la storia del prescelto, dell’unto dal signore. dalla sua posizione riesce sempre a fare la cosa giusta. in virtù di ciò tutto gli è consentito, compreso trasformare in moda una stronzata come l’orologio sul polsino o la cravatta fuori dal cardigan. difficile 77


non ammetterne lo charme anche se per me l’avvocato agnelli incarna l’essere mitologico con la testa d’ uomo e le narici ed i capelli d’ argento che negli anni riesce ad incassare da solo utili pazzeschi e conseguentemente a smezzare con noi perdite altrettanto pazzesche. è l’uomo che ipnotizzandoci col rumore plastico dei supporti del cruscotto e col cigolio delle portiere delle sue utilitarie ci ha fatto credere che la 127 rustica fosse il mezzo ideale per andare nelle langhe a caccia di un buon barolo oppure che fosse sufficiente mettere la coda alla uno per poterne ricavare una berlinetta. a me piace ricordarlo come colui che con la sua morte, concomitante a quella di gil cagnè, oscurò completamente il cordoglio ed il ricordo del più’ grande visagista di tutti i tempi. fu, oltretutto, cattivo maestro in quanto da lui prese spunto qualche anno dopo lucio dalla quando decise di morire lo stesso giorno del grande germano mosconi.

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con la vecchia torpedo si avanza la famiglia ligresti in vacanza

tempo di vacanze o ferie a seconda del vostro tipo di attività. c’è chi va a saint tropetz, c’è chi va a turks and caicos, c’è chi va negli hamptons, c’è chi va in salento nel trullo o nella masseria arredata da sir norman foster. c’è poi chi andava a saint tropetz, chi andava a turks and caicos, chi andava negli hamptons, chi andava in salento nel trullo o nella masseria arredata da sir norman foster. tra questi ultimi i più rimarranno in svizzera ed immagino frequenteranno uno a caso dei laghi con nome proprio di città. i più distratti tra questi saranno invece ospiti dello stato italiano che cercherà di fare per loro il meglio tenendo in considerazione che durante il mese di agosto cova o peck sono chiusi, appunto per ferie. il simpatico mauro suma invece, compatibilmente con gli impegni assunti in qualità di direttore di milan channel, sarà in una qualunque locatità marittima, sorridente, con la foto di montolivo appuntata al costume e con in testa il ricordo di quella terribile gaffe fatta proprio in casa di don antonio ligresti .

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arrosto di sinatra

negli stati uniti d’america la celebrità di un personaggio dello spettacolo viene da anni sancita e scandita da un programma televisivo speciale denominato “roast”, in italiano arrosto. allo show, oltre ovviamente al personaggio oggetto dell’arrostimento, vengono invitati una serie di amici, tutti facenti parte del mondo dello spettacolo, che ad uno ad uno vengono chiamati al microfono centrale per darne una loro descrizione. tutti sono pregati di essere il più beffardamente cattivi possibile, con la tacita clausola di chiudere il proprio intervento con l’attestato di stima e di amore per la vittima predestinata. mi è capitato di vederne uno recentemente su james franco, il personaggio americano del momento. il web è comunque pieno di testimonianze filmate su quasi tutti i personaggi dello show biz americano. a titolo esemplificativo consiglio il roast di frank sinatra fatto da don rickles giusto per la qualità dei personaggi che ne fanno da corollario. in italia l’unico a tentare una cosa simile fu maurizio costanzo con i suoi speciali “uno contro tutti”. memorabile quello dedicato a carmelo bene in cui, dopo un intervento del maestro circa la sua non esistenza, roberto d’agostino si alzò dal pubblico e chiese:”mi scusi, ma se lei non esiste perchè si tinge i capelli ?” 80


luoghi

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i sogni son desideri

re desiderio, il re longobardo famoso per il figlio adelchi e ancor più per la figlia ermengarda che con le sue trecce mordibe sul petto affannoso fu causa del terribile accusativo alla greca usato dal manzoni quando di lei parla, come traccia di se ha lasciato una croce incastonata di pietre, cammei e gemme, alta più o meno un metro ed esposta in una teca all’interno dell’oratorio di santa maria in solario, a sua volta all’interno del comprensorio denominato di santa giulia (rifiatare). ai tempi di re desiderio non esisteva la metropolitana, non esisteva il pm10 e le uniche maratone che si potessero ricordare erano quelle fatte nell’omonima città greca. sempre all’epoca il re longobardo mai si sarebbe potuto immaginare che un suo omonimo al plurale un giorno avrebbe mandato a fare in culo luisito suarez dopo aver segnato un goal. ma questo non ha nulla a che vedere con quello che mi preme dire. quello che voglio dire è che ogni qual volta gli eventi (in questo caso fermo auto dovuto a pm10, maratona urbana e necessità di utilizzo del metrò) mi portano a visitare il museo di santa giulia mi sento un coglione per non usuffruire più spesso e non in maniera “coatta” di tale bellezza. tutto qui.

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roma caput cazzonium

pocoto pocoto ‘n par de cojoni diceva franco lechner facendo il verso a tomas milian nei panni di un cinese. la romanità e ‘ in quelle sei parole. in quelle del romano che passando in motorino davanti a palazzo grazioli si ferma, si toglie il casco e rivolgendosi alle due guardie di pinocchio domanda con un abbozzato milanese “uè, c’è figa ?”. se il sogno della tua vita e ‘ quello di essere preso per il culo roma è la tua città .

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hai voluto la bicicletta? adesso togli i pedali

giorno di chiusura: la domenica, il lunedì, a volte il martedì, una volta un paio di anni. arredo interno mai uguale e sempre in divenire, tipo cantiere, a causa delle velleità da bricoleur del proprietario. servizi igienici sincronizzati con registratore che alla chiusura della porta parte con cori alpini. proprietario che anche se ti conosce da quarant’anni ti da del lei, anche se da qualche anno è migliorato. odio atavico verso prodotti d’oltralpe anche se da qualche anno è migliorato. cura maniacale nella fattura di cocktail e long drink che porta ad attese e disidratazione. legge 626 sicurezza sul lavoro opinabile. selezione musicale random a seconda di chi si appropria di i tunes. il gufo con gli occhiali che sguardo che ha me lo compri papà,si. una volta su guida locali gay non si sa esattamente perchè. se il lunedì è aperto per caso può essere karaoke o bacioteca. il cocktail lo vuole anal? computer assemblato per velleità eletrotecniche del proprietario con abbinato schermo che sputa casualmente e alternativamente foto rubate al mio telefonino causandomi figure di merda o film scaricati abusivamente. clientela variegata, dal ragazzino all’abituè che a seconda del livello di familiarità o disidratazione incombente può decidere di servirsi da solo. abbonamento a ciak regalato da gioppo. prova cannuccia effettuato ad ogni realizzazione di singolo cocktail. guai a me se paghi. la via più lunga per portarti da bere. se hai fame sono cazzi tuoi, al massimo c’è una schiacciatina artigianale. cin salute ripetuto alla consegna di ogni comanda. la cazziera fatta fuori dalla mattina alla sera. ti vogliamo bene adri . 85


quando tramonta il sol al montesol

vara de rey acusticamente è un autodromo nascar. il semaforo è lo start per il gas di partenza, l’asfalto cotto è fatto perchè le gomme possano rompere il cazzo a chiunque. all’interno del rettangolo il pueblo della noche si traforma indifferentemente nel pueblo del dia avendo chimicamente autonomie di movimento di oltre 24 ore .sopra tutto questo c’è l’hotel montesol o il bar montesol a seconda dell’angolo di visuale. un tempo il troiodromo del pacha ne usava la facciata per farci la fototessera di presentazione annuale da trasformare poi in poster storico. il personale di servizio è vecchio come la struttura, invecchiato nella struttura. è tutto rigorosamente ibizenco. fai fatica a capire come questi anziani coniglioni siano potuto sopravvivere al grande circo ma in realtà e ‘ il grande circo che è sopravvissuto a loro. es posible preguntar un abitacion? mi nome es bena, b como barcelona, e como espana, n como navarra, a como alicante: questo è stato per anni il biglietto da visita della degenza estiva all’hotel montesol. quella dove nella camera cientocinco c’era il vecchio frocio che si inculava un cico, quella dove la super ti chiamava di notte per dirti che ti amava, quella dove le cassette di alfredo col cazzo che le masterizzi, quella 86


dove il giulio diceva ai camerieri si vu plè un zumo de naragna, quella dove cala carbò si diceva toccandosi il naso come a sentire se il dito puzzasse di merda, quella dove se vai al manumission occhio al cazzo dei nani. olè.

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la persona educata a las vegas non bestemmia

affrontare un viaggio a lourdes da ateo bestemmiatore è come vedere un film porno senza farsi una sega . in realtà, se ci penso, sono stato a bangkok senza farmi massaggiare il cazzo da una scimmia, sono stato a reno senza vedere il blackjack, sono stato a ibiza senza leccare francobolli, sono stato a lugano senza portafoglio. forse l’unica banalità l’ho fatta a roma dove ho visto il papa, ma l’ho fatto solo per sentire un tedesco che benedice la folla in spagnolo. lourdes e ‘ la las vegas del bravo cattolico. i croupier si chiamano barellieri e il tavolo verde si chiama piscina. se viene il tuo numero si chiama miracolo. se per troppo tempo non viene il tuo numero il croupier lo fa uscire, giusto per tenere alto l’interesse. le fiches si chiamano candele. più ne accendi, più hai possibilità che il tuo numero esca. non ho mai visto l’acqua di las vegas imbottigliata in miniature di plastica del cesar palace. forse questa e ‘ l’unica differenza .

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ho visto anche svizzeri felici

la svizzera è uno stato che confina a sud con l’italia, a ovest con la francia, a nord con la germania e a est mi sembra con l’austria.la svizzera non è per un cazzo bagnata dal mare ma ha tanti laghetti che prendono il nome dalla città che bagnano, tipo il lago di lugano. in compenso ci sono tantissime montagne e tantissime valli con tantissime mucche che vengono allevate estensivamente e non intensivamente come in italia, nel senso che tra una e l’ altra ci sono almeno sei o sette metri. in svizzera, che si può anche chiamare confederazione elvetica, a seconda delle città, si parlano lingue diverse tipo l’italiano, il tedesco o il francese ma tutte con accento svizzero. i prodotti principali della svizzera sono la pulizia e il limite di velocità ma anche i vacheron costantin che vengono anch’essi allevati estensivamente ma a più di sette metri uno dall’altro. un’altro prodotto tipico della svizzera è il colore delle automobili. la moneta della svizzera è il franco svizzero che è molto colorato e decorato con le facce di artisti svizzeri, tutti con cognomi italiani,tra cui credo anche l’inventore del bonifico. in svizzera c’era una squadra di basket che si chiamava momo mendrisio dove un tempo giocava charlie yelverton mentre attualmente c’è una città che si chiama ambrì piotta. in svizzera non ci sono i carabinieri e proprio per questo in svizzera non esistono le barzellette. le specialità gastronomiche della svizzera sono gli 89


spaghetti nel canton ticino, i wurstel nel canton grigioni, la tartare nel cantone romando. se ci fosse un cantone nipponico probabilmente la specialità sarebbe il sushi. nonostante ciò a basilea ed a zurigo mi sembrano tutti felici.

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one day ìll fly away

hai mai provato a volare da pisa a maastricht con un euro? io no, ma sono sicuro che qualcuno di grosseto o di piombino lo ha fatto, non perchè dovesse andare a firmare alcun patto di stabilità ma per il gusto di volare da qualche parte senza spendere un cazzo. questo è il senso del volare low cost: andare da qualche parte, non importa dove, purchè costi poco. questo è il meccanismo creato dai simpatici irlandesi della ryanair, la compagnia da benedire per il risparmio che mi ha favorito e da maledire per la creazione di una delle più grosse storture dalla nascita dell’aviazione civile. il dato certo e ‘ che negli anni ‘90 volare a londra raramente costava meno di seicentomila lire oltre ad implicare il noioso trasferimento a linate. ora invece la partenza è dalla comodissima bergamo ed il viaggio, se prenotato con criterio, costa veramente poco. ma veniamo alla stortura: la gente fatica a capire che l’aereo ryanair e ‘ una sorta di autobus dei cieli dove i posti non sono assegnati, nessuno ti offre merendine o giornali, il bagaglio più piccolo è meglio è e soprattutto, visto che la compagnia non ha nel suo status fini umanitari dichiarati, volando a costi inferiori di un brescia-salò in macchina, ogni minimo extra deve avere un ricarico sull’esiguo costo del biglietto. ma questo è impossibile da far capire a chi, grazie alla ryanair, ha scoperto l’aria. tanto vale fissarsi degli auricolari già al gate di attesa e toglierli al parcheggio dell’auto limitandosi a osservare su un tappeto sonoro il gesticolare della gente che non riesce ad infilare il trolley gigante nella cruna dell’ago, di quelli che non hanno la priority, di quelli che hanno stampato la carta d’imbarco senza inchiostro e che ovviamente vogliono spiegare al vicino di coda le proprie ragioni e, ultimo, il festante 91


applauso dei passeggeri conseguente alla trombetta che sancisce l’arrivo in orario. si dice nell’ambiente che i cattolicissimi irlandesi facciano volare i propri aerei ad altitudini inferiori rispetto ai normali voli di linea: l’eccessiva altezza avvicina troppo le bestemmie al signore .

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one nation one queer nation

stavo giusto pensando qualche tempo fa come cazzo si chiamasse quel locale sotterraneo a covent garden che la domenica nel mezzo degli anni novanta si riempiva a dismisura di gay e lesbiche quand’ecco che tra i luoghi preferiti del nostro orgoglio locale francesco vezzoli pubblicati sul corrente numero di i-d, leggo il queer nation di covent garden nella west london. proprio quello che intendevo io. e a ben vedere proprio la stessa persona con la quale qui ci trovammo nel marzo del ‘94. un posto terrificantemente figo popolato da tutto il meglio del repertorio di un gay pride, con una compressione quasi al pari del tasso di umidità dove la consolle di princess julia comandava i movimenti di tre sovraccariche grotte collegate l’una all’altra. tra gli altri ricordo un microscopico e fottutissimo jimmy somerville ballare a torso nudo in un angolo e un distintissimo neil tennant guardarlo sorridente. la nostra comitiva era discretamente eterogenea nonchè eterosessuale. ci si trovava a londra per la finale dell’angloitaliano e in quel posto trascinammo senza troppe spiegazione i nostri due amici, uno con il loden e l’altro con un husky giallo, che peraltro resistettero 93


un quarto d’ora. la gente li guardava perplessa. il futuro talento artistico alla loro vista ci fulminò e si dileguò per la vergogna. non aveva capito un cazzo. in quel posto la vera trasgressione erano proprio un loden e un husky giallo. nel ‘95 non ritornai lì ma credo che se l’avessi fatto probabilmente avrei visto jimmy somerville decomprimersi nudo con un bel tiroler verde .

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piazza

solitamente la piazza è il centro pulsante della vita di un paese di piccole dimensioni. nella piazza si trovano collocati istituzionalmente il comune, la chiesa, la caserma dei carabinieri, il bar dei migliori, il macellaio, il droghiere e pure la farmacia. nel tempo ho capito che non è necessariamente così. anche in città di medie dimensioni è possibile ricreare questo microcosmo: è sufficiente una piazza dove non ci siano necessariamente il comune o la chiesa ma una serie di attività atte a supportare un medio standard di necessità vitali, per far si che non esista una reale normale motivazione per spostarsi. se poi in questa location gravita un campionario di personaggi con forte connotazione e buona dialettica direi che il gioco è fatto. proprio ad una piazza in particolare mi riferisco, quella che, per circostanze lavorative, ho vissuto per più di dieci anni. direi che se un giorno mai dovessi dare alla stampa un omologo di “gino bramieri vi racconta le migliori”, il libro lo potrei tranquillamente completare con quanto ho sentito bazzicando questo incredibile pianeta. il punto nevralgico della piazza è solitamente il bar dei migliori dove i migliori, appunto, danno libero sfogo alla loro creatività. tra i migliori, il migliore: quello che parlando di dino zoff ai mondiali del ‘78 dice che gli si poteva segnare tirando dalla biglietteria. quello che parlando di sè dice “resistevo di più sott’acqua che al lavoro” e parlando della moglie dell’ingegnere (rinomatamente di facili costumi): “deve cambiare macchina ma è indecisa tra la opel tigra e la nissan troia”. e poi, in ordine di apparizione, il macellaio di nome boris con la passione del tennis il quale non credo sia in grado di distinguere un rognone da una costata ma in 95


compenso passa la giornata a mimare il rovescio a due mani sulla porta del negozio guadagnandosi dal migliore il soprannome di boris bekér ( ndr: bekèr in dialetto bresciano significa macellaio). e poi il droghiere che non credo abbia mai fatto in vita sua un discorso di senso compiuto senza inserire i termini “pompino”, “torbiere” e “porcobeep”. il venditore di antichità balbuziente ma con grandi velleità dialogatorie al quale il migliore suole dire “se hai mezz’ora libera parliamo cinque minuti”. e poi il barista della via dietro che però durante la mattinata viene nella piazza a far sfoggio del suo cazzo mimandolo iperbolicamente come l’insieme dei cavi elettrici che si raggruppano prima di ramificarsi nelle diverse sedi. e poi la farmacia dove la buona parola per gli eroinomani non manca mai. a chiunque faccia richiesta di una siringa metodicamente viene risposto “ devo caricarla io? “. una volta il migliore entrò nella farmacia e, dopo aver appurato fosse mezza piena, urlò “ dottore, un preservativo e una bottiglia di champagne”. e così potrei andare avanti aneddoticamente fino forse a raccontarvi di quando si vide anche passare una lepre pazza. ma claudio lolli ne avrebbe a male, visti gli intenti del suo brano. chiaramente tutte le frasi citate sono depotenziate dalla lingua italiana. la vera forza è la forma dialettale con la quale sono state originariamente espresse. i personaggi sono tutti veri. i nomi li ho omessi a parte boris, ovviamente.

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orate fratres

“piacevole trattoria dove i classici della cucina bresciana si sposano a piatti d’oltralpe come la choucroute magari preceduta dai casoncelli”. e leggermente anticipati dalla torta, aggiungo io. il punto forte del locale infatti è la desincronizzazione dei piatti, ovvero è difficile che tutti si possa mangiare contemporaneamente un piatto della medesima portata. per sopperire all’annoso problema si pensò ad un tablet sincronizzato con la cucina ma probabilmente adesso le comande arrivano puntuali nel ristorante a fianco, qui arriva sempre il vino un attimo prima del caffè. il titolare parla tre lingue: l’italiano, il francese e il tedesco ma tutte con l’accento di manerba del garda, forse per mettere a proprio agio i clienti stranieri, facendoli sentire in vacanza. il piatto di punta è “la tartare alla moda di mino” che si può fare anche a casa, facendo una tartare come si deve ma dicendo ripetutamente in corso d’opera “beep porco, che coioni”. memorabile, durante una mille miglia di qualche anni fa: dovendo preparare 30 tartare, mino disse: “30 tartare, 30 beepporco, non faccio sconti a nessuno”. mino, come si è evinto, è il personaggio di punta, in primis perchè ha una collezione di non so quante migliaia di cravatte, secondo perchè, che tu sia lord brummel o scatolina, ti tratta sempre nella stessa maniera. il ristorante, per la paraculaggine di alcuni promoter, è spesso ritrovo di artisti che qui cenano dopo concerti o spettacoli tenuti in città. una volta si narra che mino vedendo peter gabriel gli abbia detto, guardandolo in faccia, “ casso, faletti !”. non so se si intuisce ma io voglio bene a mino. anche al titolare, ma lì è diverso: è qualcosa di simile al bene che si vuole al bimbo down. il titolare è molto appassionato di modernariato, in special modo di 97


gadget e insegne pubblicitarie fatte prevalentemente di latta. ha completamente riempito i muri del locale di queste minchiate alle quali freneticamente da il cambio ottenendo il risultato di far sembrare il ristorante un gruviera a causa dei fisher piantati selvaggiamente. il titolare ha la mano un pò pesantina sul conto se capisce che non sei di brescia: un volta due romani dopo averlo ricevuto chiesero al titolare se avessero rotto qualcosa senza accorgersene.il titolare è anche molto sensibile circa le problematiche del vicinato. una domenica sera, vista la saracinesca mezza abbassata del negozio di fronte con le luci accese all’interno, si premurò di chiamare il proprietario a casa dove però a rispondere fu la moglie. da quel giorno questi capì che i pompini è meglio farseli fare con le luci spente e la saracinesca abbassata o comunque lontano dal titolare del ristorante di fronte. il titolare ha un tono di voce molto alto. il gioco preferito del mio amico bacci era riuscire a fargli dire, utilizzando fittizie domande, il cognome di clienti presenti nel locale. tipo: entra il sig pinna e al titolare viene chiesto come si chiama quella roba che i pesci hanno sulla schiena. lui ovviamente urla pinna e la figura di merda è garantita. i dolci, tutti fatti in casa, sono molto buoni. tra quasti spiccano la tatin e il torrone gelato. il titolare dopo circa tre anni che al momento del dessert mimavo il freddoloso dicendo “mminchia che ffreddo” ha capito che intendevo il terrone gelato. insomma e ‘ un posto di dementi. ci si trova da dio. basta non farci caso.

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manumission

Attingo come sempre dalla mia memoria cartacea. Stavolta mi imbatto in una copia di mixmag dell’agosto 2004. La copertina celebra i dieci anni di manumission raffigurando a tutta pagina i due creatori, mike e claire, nell’atto di un giochino bondage. Manumission é il nome di una delle tante serate a tema che nel corso di svariati lustri si sono svolte nelle quattro discoteche più rappresentative di ibiza. La prima di queste serate fu nell’estate del 94. La club-culture non si era ancora trasformata in dj-culture. La residenza del dj era stagionale e non oraria come lo é oggi. Alfredo era il dj più balearico dell’isola ed il mio amico lusetti ne studiava ogni notte i movimenti e soprattutto i dischi che il giorno dopo diventavano oggetto di richiesta presso il locale negozio m15. Proprio in quel momento Manumission riuscì a ribaltare gli schemi di un’isola che giàera la trasgressione per antonomasia. Con un format collaudato a manchester l’anno precedente, mike, un promoter locale di discoteche, creò un potente mix di sesso e carnazza misto a musica e tutto quanto fa spettacolo kitscherotico riuscendo ad avere ogni lunedì dei pazzeschi tuttoesaurito in un gigantesco baraccone come era il ku ( poi privilege). Il gioco si fece di anno in anno sempre più grande e portò il party ad essere assimilabile al set di un film porno. Har mar superstar piuttosto che fisherspooner divennero le attrazioni annuali di prestigio di una serata che ormai poteva vantare tra gli spettatori paganti p.diddy, maradona o jay kay. Personalmente ricordo di essere stato presente alla 99


serata di esordio. Quella dove non si capiva che cazzo ci facessero dei nani vestiti come fumetti di tom of finland (avallanti la tesi della canzone di de andrè) e dove ci si domandava come facessa una bella e procace ricciolona rossa a estrarsi dalla fica una bandiera britannica di dimensioni reali. E questo era veramente nulla rispetto a quello che sarebbe successo nelle serate successive. .

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vacanze è già qui io non ricordo più

tema: le mie vacanze estive a fasano del garda. svolgimento: in questo agosto trascorso sul lago di garda mi sono capitate le seguenti cose: - ho fatto tantissimi tuffi dalla banchina del porto di villa di gargnano. prevalentemente a bomba. alcuni, su consiglio dei miei compagni di tuffi di 10 anni,a marionetta che é come bomba ma con la gamba destra piegata. -ho passato il giorno del mio compleanno con un cartonato di george clooney in giacca e con una bottiglia di asti martini in mano.l’ho portato in motorino, poi in barca, poi a cena. - sono stato al vittoriale e ho visto i mocassini di gabriele d’annunzio con la linguetta a forma di cazzo.ho saputo inoltre che i suo quattro levrieri si chiamavano danchi, danghero, dannaggio e danzetta. Mi é anche venuto in mente che quei quattro levrieri erano probabilmente quelli che nel gossip dell’epoca erano accreditati come suoi leccaculo personali in senso letterale, non come il giana. anzi no, mi dicono che non erano i levrieri ma i 101


mastini napoletani dai quali però si guardava bene dal farsi leccare il culo - ho inseguito per il centro di salò ornella vanoni. Ho tentato,senza successo, con la scusa di offrirle un gin tonic, di avere notizie circa il cazzo enorme di gino paoli. - ho passato una settimana con sasha grey a cinque metri di distanza in linea d’aria. tutte le mattine sul terrazzo attiguo al mio con una maglia lunga a righe orizzontali bianche e azzurre controllava il suo macbook. è bellissima. è fidanzata con un ventottenne bresciano che conosco fin da bambino, anzi che facevo giocare quand’era bambino. In considerazione della secchiate di sborra che in questi giorni lui le avrá travasato, per proprietá temporal-transitiva é come se io avessi fatto giocare sasha grey. -ho involontariamente origliato ore di conversazioni inutili del “barone”, capo storico della fossa dei leoni milanista, in vacanza da sempre a villa di gargnano. ore di telefonate fatte a brevissima distanza dai miei padiglioni auricolari in cui forse la citazione più dotta é stata in merito al numero di scarpe di clarence seedorf seguita a ruota da quella di capello che avrebbe voluto in squadra aldo serena solo per motivi scaramantici. - ho visto a gardone riviera un posto magico che si chiama giardino botanico del sig. andrè heller. e lì da cinquant’anni e io non me n’ero mai accorto. ho capito che il sig heller deve aver il culo talmente felpato di soldi che si può permettere di mettere alle intemperie un totem gigante di keith haring e nell’acqua fino ai fianchi una statua femminile di rodin. - ho urlato “porcobeep go away” a dei tedeschi che volevano fregarmi la boa. - ho visto in televisione dal terrazzino una intervista di gianni minà a paul anka in cui gli diceva: tu che sei nato in canadá 102


- ho bevuto i cocktail di pat al gusto nipiol. sempre pat mi ha fatto in dieci secondi un ritratto in cui io sono veramente io, tipo superfantastico, ma ricordo molto un gay di quelli che si chiavava milk. - ho mangiato al bar italia delle coppe di gelato alte come delle range rover. - ho visto un parrucchiere di brema fare sci nautico come ursula andress in 007 licenza di uccidere. - sono stato sia a moniga che sulla diga di valvestino. In entrambi i posti, approfittando dell’assonanza, ho fatto ad alta voce allusioni all’organo riproduttivo femminile. - ho visto a manerba una cover band di adriano celentano. Ho cantato quasi tutte le canzoni e temo di aver anche mimato il treno dei desideri che nei miei pensieri all’incontrario va. -ho visto a porto torchio i pink floyd veronesi. sono stato ripreso da una signora perchè ho detto the dark side of porcobeep. - sono stato sopportato in tutto ciò dalla angiolina.

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da grandi poteri derivano grandi responsabilità

“non è un fatto di ignoranza, è solo un fatto di credenza. la credenza è tutta mia, piena di chincaglieria... di lourdes.” queste parole tratte da un vecchio pezzo swing di cochi e renato rendono perfettamente l’idea di come la città di lourdes si presenti agli occhi del visitatore: un grande ammasso di chincaglieria. perchè lourdes prima di essere una grotta, un miracolo, un vasca o una pastorella è una città, peraltro molto carina, incastonata nei pirenei francesi, che per vivere e probabilmente anche per cercare di rispettare il patto di stabilitàfinanziaria del comune deve sviluppare al meglio le proprie potenzialità commerciali ovvero il merchandising (volgarmente la chincaglieria) legato agli eventi miracolosi. se la strada per paradiso è lastricata di buone intenzioni, la strada per lourdes è asfaltata più o meno come la tutte le strade di montagna. anche i cartelli che annunciano l’inizio della città non presentano anomalie particolari e annunciano, come ormai è uso, il gemellaggio con altre città europee. considerando difficilmente percorribile la strada dell’accoppiamneto con posti tipo riga, klagenfurt o villach, si è optato per filone madonne e la scelta è caduta su czestokowa. Il cartello successivo indica la presenza in loco di lions club e rotary i cui membri,molto probabilmente, si riuniscono a cadenze settimanali nei migliori bistrot di lourdes per discutere di massimi sistemi e di tematiche eno-gastro-catto-polititiche (come avviene nel resto del mondo). Proseguendo si incontrano la concessionaria renault di lourdes, il mc donald di lourdes, il geant casinò di lourdes. l’immaginazione corre veloce sul cheeseburger che 104


magicamente si raddoppia, sulla renault clio che viaggia senza carburante, sui reparti forneria e pesce fresco del géant casinò. quello che ovunque rappresenta la normalità qui assume un carattere tutto particolare. si arriva in centro dove l’effige di bernadette soubirous è stampigliata in ogni dove. bernadette soubirous, lo dico per atei e ignoranti, è la pastorella a cui qui apparve la madonna. parte da qui la sfilza di alberghi, ostelli, camere con vista con un unico comune denominatore: il nome che deve necessariamente rappresentare un santo, una madonna oppure un luogo o un evento ricollegabile all’universo cattolico cristiano. così accanto all’hotel lys de marie troveremo l’hotel madonna costruito proprio in appoggio all’hotel san francois d’assise e via discorrendo. si giunge finalmente a ridosso dell’entrata della basilica e del santuario dove il mercandising impazza. qui si trovano negozi ricolmi di madonne d’ogni dimensione: si passa dalla madonna nella noce al calco della dimensione di un brontosauro. i nomi dei negozi simboleggiano la forza corporativa del cristianesimo: alliance catolique, jeunesse catolique etc. proprio all’alliance catolique ho fatto acquisti per tutti: un telo mare della madonna, una maglietta con il logo del negozio, una tanichetta con l’effige della madonna, alcuni portachiavi, la bolla della madonna di lourdes con la neve, la cover del telefonino anche questa con il logo del negozio, una candela segnaletica per la barca , un paio di tote bag “i love lourdes”. finalmente si arriva nel comprensorio detto del santuario della nostra signora di lourdes. ricorda molto molto l’entrata di disneyland: al termine di un lungo viale con tappeto verde centrale una madonna gigante al posto di topolino apre la visuale all’imponente basilica. alla destra del santuario scorre un caratteristico fiume. alcuni ponti collegano il comprensorio alla città. la scalinata che porta alla basilica lascia sia a destra che a sinistra lo spazio circolare per due punti speedymessa dove la comitiva di turno può decidere il momento di raccolta. all’interno della basilica il pezzo forte sono gli ex voto. ce ne sono di ogni tipo, grandezza e provenienza. 105


visto che anche io recentemente mi sono rotto un piede ne prendo uno a simbolo. l’idioma francese unito al sapore d’antan dell’altorilievo ne fanno uno dei punti forti della galleria. praticamente un serge gainsbourg degli ex voto. sul retro della basilica si trovano i rubinetti collegati alla fonte di acqua santa. sono circa una decina, tutti in fila. qui la gente si accoda per riempire ogni genere di contenitore. i più trendy hanno taniche da dieci e passa litri con il logo azzurro della madonnina. anche all’interno montagne di distributori automatici di gadget, bicchierini, medagliette commemorative, candeline a offerta libera ma mica poi tanto visto che gli occhi severi di svariati guardiani controllano cosa effettivamenti introduci nel dispenser. dopo aver comprato ad un euro offerta minima un bicchierino di plastica logato ho bevuto anche io. qualche secondo dopo sono stato guardato minacciosamente da una famiglia italiana per per aver detto, in favore di una telecamera immaginaria, “chiarissima, purissima, lourdissima.” finalmente si arriva alla grotta. poco da dire. vale un presepe. forse il sito più deludente di tutto il comprensorio anche perchè su questo si concentrano grandi aspettative. meglio un presepe vivente. si finisce con lo spazio cocoon: le vasche dei miracoli. l’angolo di angoscia. sono costruzioni dalla forma esterna simile a spogliatoi di campi di calcio oratoriali, con una attesa esterna su panche di ferro plastificato. non so esattamente come avvenga la abluzione, se le carrozzine entrino in acqua o se ci sia una sorta di battesimo. l’unica cosa che so è che l’emozione che ti regala questa immagine è forte. fuori dalle vasche la schiera di candele, messe a blocchi ricoperte da paratie ferrose con incise a mò di stencil frasi che sembrano tratte da canzoni dei platters. ricordano le sagome che usava platini per battere le punizioni in allenamento. a questo punto finisce lo spazio dedicato. vado verso la macchina nella speranza di aver preso una multa da parchimetro da esibire come trofeo. volendo si può anche andare al cinema. come vi lascio immaginare, la monotematicità anche sul grande schermo regna sovrana. la locandina del film: Histoire de Bernadette 106


menziona addirittura di una versione italiana a testimonianza di chi siano i migliori fruitori dei servizi della città. prima di lasciare il paese un’ultima immagine mi coglie: la carrozzina vuota fuori dal negozio di gadget. il miracolo? la speranza? forse uno che si è dimenticato l’antiruggine prima di immergersi nella vasca? a voi l’interpretazione. ah, dimenticavo. questo reportage è il frutto di due viaggi a lourdes: uno d’estate ed uno d’inverno. come nella barzelletta, si potrebbe discutere sulla possibilità che in entrambi i casi io abbia trovato chiuso.

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calcio locale

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leva calcistica 2010

se il calcio fosse un vino, l’annata 2010 potrebbe essere tranquillamente tra quelle citate sull’agenda tascabile dei lloyd’s di londra, quella rilegata in pelle nera che tutti gli anni il mio amico enrico mi fa trovare nella cassetta delle lettere come strenna natalizia. da quelle parti, invece di ricordarti che la pasqua anche quest’ anno cade di domenica preferiscono darti un dettaglio sulle annate dei vini da richiedere nei ristoranti per miliardari . comunque quest’anno il brescia, la mia malattia irreversibile, è tornato in serie a dopo 5 anni . l’inter, la mia malattia secondaria, ha vinto di tutto, persino cose che non vinceva più da 45 anni. ed io ho fatto la stessa che ho fatto per la prima volta nel 1980: ho preso la sciarpa e il motorino e non sono stato attento perchè aspettavo un bambino, come sara, ma sono andato a tirare raudi in piazzale repubblica, quello della fontana .

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il buddista e la doppietta

sarò sempre grato al nostro presidente di avermi regalato quattro anni con la maglia a vu del calciatore cacciatore buddista. non so se il calciatore cacciatore buddista sia particolarmente grato al suo presidente di avermi visto al suo cospetto non con “una porta nel cielo” atto primo o atto secondo oppure una maglia da vidimare bensì con una bella foto del mio momento catartico, quello in cui mi liberavo dall’incubo di vedere il capitano stubbin e il fallito travagliatese col trofeone d’oro in mano . ma questo ad un buddista praticante con la doppietta non lo puoi spiegare. devi limitarti a sorridere quando ti apostrofa come tifoso brasiliano. a te che hai urlato viados a rivaldo e frocio di merda a falcao. cose da pazzi.

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mai metter le superga senza calze

costruito con quello che un tempo veniva definito progettoconi, ossia la possibilità di essere usato anche per attività sportive extracalcistiche, in realtà però credo mai utilizzato per meeting di atletica leggera. ricordo solo un paio di trofeo baracchi, gara ciclistica degli anni 70 a coppie che prevedeva l’arrivo mezz’ora dopo la partita di calcio sulla pista del campo. oltretutto, quando sara simeoni saltò i 2,01 a brescia nel 78, lo fece, quasi a mò di spregio, in un campo di periferia. viene abbellito nel corso degli anni con dei tubolari innocenti per aumentarne la capienza che però, non si capisce perchè, da 31.000 diventa 24.000. nel frattempo la pista diventa area verde, le panchine si affossano, sulla curva nord ne viene edificata un’altra sempre con dei tubi innocenti a scapito della forma ellittica iniziale dell’impianto. aumentano gli assestamenti strutturali che si manifestano con crepe di varie dimensioni. con gli anni cala anche la vista e l’area verde sembra un ostacolo insormontabile per la lettura dei numeri ( non dico i nomi ) sulle maglie dei calciatori. nel frattempo tutti sfruttano i fondi di italia 90 per realizzare cattedrali nel deserto. addirittura a bari chiamano renzo piano. a torino fanno uno stadio demolibile. tra mantova e verona dove si allena qualche nazionale che non ricordo si realizzano campi di allenamento che oggi varrebbero più della media dei campi di serie b. mario rigamonti invece è sempre lì, con la sua bella lapide in marmo di botticino che ne ricorda i fasti calcistici e la successiva tragedia che diede poi il nome alle scarpe più puzzolenti della storia. come dorian gray lui non invecchia mai a discapito dello stadio a lui intestato che invece marcisce anno dopo anno. poi arrivano i 113


politici che promettono modernità, un nano liftato che addirittura arrivando da milano si mette in tasca la prima pietra e finge di posarla, i rendering futuristici di stadi con annesse aree commerciali. oggi è il 6 aprile del 2013. c’è brescia-cesena e ovviamente si gioca al mario rigamonti di mompiano. facendo un rapido excursus mentale su tuttti gli stadi di squadre professionistiche italiane, questo credo sia il peggiore. anche quelli messi peggio architettonicamente non hanno la pista di atletica e quindi ti consentono di capire che partita stai vedendo. eppure sono ancora qui a insultare caracciolo che nel frattempo si è sdoppiato e adesso fa danni anche in difesa. in fondo avere uno stadio nuovo, magari non proprio a brescia potrebbe essere un trauma. e poi dopotutto è lecito anche innamorarsi anche di una brutta figa, no?

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piccolo spazio pubblicità

non è pubblicità ad un amico. non so chi sia questo giannino palumbo. leggo dalla quarta: del ‘58, nato e residente ad orzinuovi, bancario ma tifoso professionista, alla sua prima prova narrativa. poco più di 300 pagine di un simil-oscar mondadori. scritto in maniera semplice ma fluida, 69 capitoletti che raccontano, senza una stretta cronologia, avvenimenti, personaggi e ricordi legati a 40 anni di tifo per la squadra della propria città. io e giannino palumbo abbiamo gli stessi, medesimi ricordi. entrambi possiamo parlare a ragion veduta della saudade di vincenzino tavarilli come della figliodiputtanaggine di ivanomerda bonetti, del goal sbagliato da de martino contro il napoli come della quattro giornate di squalifica inflitte a zigoni in panchina. ho la sensazione che anche le sue memorie personali si riferiscano a situazioni createsi non troppo lontano da me. sono un tantino commosso. bene. bravo giannino palumbo, chiunque tu sia.

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quattro allenatori per undici fratelli

essere tifoso del brescia non è mai stata una cosa facilissima. esserlo da quarant’anni credo abbia un chè di diabolico o, meglio ancora, di masochistico. il brescia è la squadra che vanta in assoluto più presenze in serie b, ha più o meno sempre velleità di ascensione e quando ha la buona sorte di salire in massima serie ci rimane solitamente per non più di due ore. fa eccezione solamente il quadriennio baggiano ma lì siamo in ambito fantascientifico, quindi al di fuori del calcolo statistico di routine. del fatto che l’old trafford sia il teatro dei sogni mentre il rigamonti sia il teatro degli incubi ho già detto in altra sede. qui vorrei concentrarmi su quanto sta succedendo in questi giorni. il giorno 21 settembre sulla panchina del brescia sedeva mr giampaolo, il giorno 24 veniva avvicendato da micarelli, sabato 28 toccava a gigi maifredi mentre sabato 5 ottobre sarà il turno di bergodi. praticamente 4 allenatori in 15 giorni. sarebbe una cosa divertente se non fosse calcisticamente drammatica e paradossale. la conseguenza diretta di tutto ciò è stata il caos. caos societario, caos nella tifoseria, caos in campo dove ormai i calciatori non ricordano più con quale piede calciare e nemmeno in che porta dover segnare. inutile stare a disquisire sulla bravura o meno di chi si è avvicendato anche se personalmente ritenevo giampaolo un flop annunciato. non mi è piaciuto il clima creatosi attorno a gigi maifredi e non mi è piaciuto il modo vigliacco con il quale la società lo ha mandato prima allo sbaraglio e poi al macero nell’arco di cinque giorni. bergodi mi sembra niente piùche una soluzione pescarese- ryanair al 116


problema. come sempre concludo con una cagata. sembra che il maifer alla sua prima intervista da allenatore del brescia abbia detto: “anche se non alleno da parecchi anni state tranquilli che sono sempre sul pezzo: a latina si va per i due punti !”. maifer, maio, christian e paolo perdonatemi ma era carina.

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il bonifico ai tempi del colera

googolare è uno dei neologismi più antipatici e fastidiosi di sempre, secondo solo a quello che avrebbe potuto essere yahooare oppure altavistare. sicuramente però definisce molto bene l’atto di spiluccare nel web alla ricerca di qualcosa, qualcuno o forse niente. a tal proposito credo che qualora fosse possibile determinare il termine oggi più googolato nell’area brescia non vi sarebbe il minimo dubbio: bonifico. la prima cosa che mi viene in mente parlando di bonifico è legata a uno dei miei primi giorni di lavoro quando sentii il collega della scrivania attigua chiedere a un suo cliente se avesse provveduto alla bonifica. non ci sarebbe stato nulla di strano se ci fossimo trovati nell’agro pontino ma essendo nell’ambito una società di leasing e parlando di addebiti di rate, la cosa puzzava molto di strafalcione. come puzza di strafalcione oggi il fatto che un signor x qualsiasi sostenga di provvedere o aver provveduto a bonificare la cifra di quaranta milioni per l’acquisto della società brescia calcio. il signor x in questione è uno a cui chiunque farebbe fatica a dar retta anche solo per una barzelletta. è inutile che mi si venga a dire che l’abito non faccia il monaco o che il lessico non faccia il miliardario. sfido chiunque a prendere in considerazione chi con un italiano stentato e un paio di simil-puma ai piedi si proponga per acquistare una vostra proprietà ad un valore dieci volte superiore a quello di mercato. una vicenda che sarebbe stata liquidabile con un semplice “ per cortesia, si levi dal cazzo”, ha finito per creare tutta una serie di ipotesi fantascientifiche sulla provenienza del conquibus che ho miseria ad elencare. nell’attesa di capire non tanto se i soldi arriveranno ma perchè si sia montato un caso del 118


genere, consoliamoci con uno scatto rubato all’intimità casalinga di colui che avrebbe potuto essere il successore di gino corioni.

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o buddah d’amore acceso

se mai il mio amico mauro dovesse leggere questo post son sicuro mi rimprovererebbe e mi direbbe che i calciatori normalmente quello che devono esprimere lo esprimono con i piedi. e basta. è vero. in effetti credo che al di fuori della propria cerchia di familiari, amici e compagni di squadra, pochi conoscessero la voce o le attitudini di allemandi o bacigalupo. in quel tempo le emozioni si vivevano nell’ombra del bianco e nero e i pali delle porte con la loro sezione quadrata consentivano il rimbalzo del pallone in rete solo se utilizzati come le sponde del biliardo. l’avvento del sistema pal nei tv marca telefunken e l’assunzione di bibi velluzzi in gazzetta rivoluzionarono però il sistema calcio. i calciatori vennero smascherati. si scoprì che alcuni di loro anteponevano la figa al pallone, altri avevano vistose difficoltà espressive, altri ancora si dopavano per ballare la disco dance, qualcuno di loro cercava paradisi artificiali in religioni orientali. tele + rappresentò la terza fase evolutiva del calciatore. in questa fase capimmo che alcuni calciatori sapevano anche dire “contestualmente” e quindi potevano commentare le partite. capimmo che i calciatori considerati “impegnati” nella vita reale avrebbero potuto essere dei ciabattini (con rispetto per la categoria) e maturammo l’idea che forse quelli che anteponevano la figa al pallone erano molti di più di quelli che anteponevano il pallone alla figa. tutto questo preambolone per dirvi che la settimana scorsa ho rivisto roberto baggio a brescia. prima che qualcuno mi accusi di lesa maestà preciso che baggio per il calcio della nostra città è stato come gesù per il cristianesimo. in tutto e per tutto, nel senso che con 120


la maglia delle rondinelle fece miracoli, con la maglia delle rondinelle morì calcisticamente, risorse, si andò a sedere alla destra del padre e a brescia non si immaginò nemmeno in sogno di rimettere piede. ritorna a brescia sorprendentemente per la celebrazione di un trofeo anglo italiano vinto vent’anni fa dove peraltro gica hagi e non lui era il fenomeno della squadra. la cosa che balza più all’occhio è che roberto baggio ovunque vada non si presenta mai da solo. anche qui è accompagnato dall’amico-manager vittorio petrone, una specie di governo ombra per il divin codino. il rapporto tra i due e ‘ molto simile a quello tra gianni boncompagni ed ambra, nel periodo di non è la rai o se preferite quello tra josè louis moreno ed il corvo rockfeller. sembra che per vittorio petrone la camera di commercio abbia creato un nuovo esclusivo codice r.a.e.: “il guidabaggio”. vittorio anticipa al codino tutte le mosse, gli dice dove si trova, gli mima il gesto del saluto quando arriva qualcuno, gli indica i gradini e le porte simulando una maniglia da girare. il mito mondiale di roberto baggio credo lo si debba a lui e soprattutto al fatto che gli abbia sempre impedito di parlare senza le sue istruzioni. il buddhismo si dice sia un colpo di teatro, peraltro riuscitissimo, per accrescere la popolarità di baggio nell’estremo oriente. i maligni dicono che proprio nell’unico attimo di distrazione di vittorio, baggio, trovandosi davanti sodinha, si sia chinato in preghiera. vi confesso che nel mio immaginario baggiano due sono le ricorrenze : il goal di baggio al delle alpi contro la juventus e baggio nel tinello della sua casa di caldogno in pantofole con faccia di pippo che prima di entrare in preghiera urla sguaiatamente a petrone: “ vitoooooo dio canaja, ‘ndo caxxo ti gà meso le parole de o buda de amore aceso ..? “.

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sport

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olanda brasile due a zero

guardo i mondiali di calcio. osservo le terrificanti divise concepite dagli avveniristici designer della puma. vedo le solite gazzelle nere incapaci di gestirsi tatticamente. intravedo scritte in latino tatuate su braccia da mariachi. non vedo più scarpini neri .vomito nel posacenere. meglio infilare nel lettore vhs olandabrasile dei mondiali del ‘74. olanda-brasile e ‘ la madre di tutte le partite nell’ambito della madre di tutti i mondiali. gli olandesi sono rocker mancati con fisici da modelli. hanno delle divise adidas da farmi tirare il cazzo. ai piedi hanno quasi tutti le copa mundial. solo uno, il profeta, indossa puma. il profeta che, sbeffeggiando lo sponsor tecnico della sua nazionale ( che allora non si chiamava sponsor tecnico, anzi non si chiamava proprio), porta sulle maniche due strisce al posto di tre. i brasiliani sono i meno fenomenali di sempre. la perla nera non c’è più. però sono delle vere merde. fanno falli cattivissimi ma divertenti, senza malizia, solo per fare male . gli olandesi sono imprendibili, quasi tutti con la zazzera bionda e, soprattutto uno, il profeta, ha nel garage di casa sua una citroen maserati color oro. nell’estate del 1981 a manerba sul lago di garda, in un posto qualunque chiamato rosso melone ho visto johnny rep. vestito da olandese in ferie, capelli lunghi castani mossi con colpi di sole, maglietta nera, pantaloncini adidas rossi in triacetato, ciabatte marrone intrecciate. era lì per dare il calcio d’inizio ad un torneo estivo.

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viva gesù

« Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. » (luca 15,31-32) anche se la parabola lo richiederebbe, non mi sembra il caso, vista la persona di cui sto parlando, di uccidere un vitello grasso. credo che per festeggiare il ritorno in italia di mario balotelli sia più che sufficiente incendiare una audi quattro usata. mario è di nuovo tra noi e può ritornare a vivere con la nostra città il rapporto confidenziale che per qualche tempo era mancato. nello spazio di 72 ore è stato visto al circus (discoteca trendy) per festeggiare il ritorno, in via triumplina a 180 km/h con la sua audi, ancora al circus per festeggiare la doppietta ed infine al san carlo (pasticceria trendy)per santificare l’alba di un nuovo giorno. e tutto ciò grazie al nostro amato ex premier che lo stesso giuorno vuole bissare il regalo promettendoci anche la restituzione dell’imu. proprio lo stesso giuorno in cui io avevo deciso di smettere di bestemmiare sia in forma verbale che scritta. evidentemente a gesù piaccio così come sono.

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s’io fossi foco non vestirei a pallini

un focomelico a pois assomiglia ad un sofà non a strisce ma a pois, canterebbe oggi mina se avesse potuto partecipare alla cerimonia di consegna del pallone d’oro. il più forte calciatore del mondo si sa che fisicamente venga da traversie di crescita che ne hanno reso l’estetica quello che è. ma credo che peggiorarla in quella maniera sia un errore veramente diabolico. come errore diabolico è farsi vestire dai due stilisti più ordinari della haute couture internazionale. è inutile caro lionel, sei il più forte, sei il migliore, ma non sei rock’n roll. se tu lo fossi probabilmente avresti già vinto un paio di campionati del mondo prendendo per mano e forse anche a sberle i tuoi sconclusionati compagni di squadra. invece no. non vedevi l’ora di tornartene a barcellona per farti coccolare da tutti e proteggere da quei due eterni secondi che probabilmente in cuor loro almeno un paio di palloni d’oro te li avrebbero cacciati in culo volentieri. e non azzardarti a dirmi che ti sei vestito così perchè un tempo lo fece il pibe de oro. lui si che se lo poteva permettere perchè era tamarro dentro. lui un vestito così terrificante lo sapeva difendere con la disinvoltura di chi sarebbe stato pronto a picchiare a mani nude chiunque ne potesse anche solo sorridere. se proprio proprio devi imitare il pibe, io un consiglio da darti per diventare più rock’n roll l’avrei .

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johnny b. good

gianni guigou, gianni guigou, vendeva le castagne sotto casa di cafù ( cantata su “andavo a 100 all’ora “). ricordi.

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se spillo avesse la cruna non farebbe passare cammelli

uno dei grandi meriti di spillo altobelli, oltre ovviamente a quelli che il suo ghiotto palmares evidenzia, fu quello di aver creato uno slang particolare, una sorta di bresciano parlato con accento di latina e perlopiù ottenuto elidendo l’ultima lettera delle parole. eccone quattro esempi. il commento postumo di altobelli a un fallo da codice penale fu: “le bott dei culattì le fà mmia mmal” ( le botte degli omosessuali non fanno mai male). l’autore del fallo è falcao, all’epoca considerato sciupafemmine di grido, sul quale, dopo questa frase mai interamente spiegata, calò un agghiacciante interrogativo. “ el zommea en liù en gabbia” fu detto dopo un incontro con craxi ad hammamet ( sembra un leone in gabbia ) ad esprimere tutta la rabbia dell’uomo in esilio. la dedica su una sua foto autografata: “ al mio amico leo capillù “ (al mio amico leo scarsocrinito). sulla u compare la umlaut quasi ad omaggiare l’amico kalle rummnenigge presente nella foto. chiudiamo con “chella serra llà a padern franciacort l’unic di bresch sire mme”con la quale stigmatizzava, durante una serata benefica, la quasi totale assenza di bresciani . spillo we love you, anzi ti amiam fez. 129


non ricordo se ero ottico o parrucchiere

da laroma24.it “È il 9 aprile 2001. Dopo polemiche e scontri dialettici, viene deciso di rinviare di un giorno, per motivi di oprdine pubblico, la gara rischio tra Fiorentina e Roma. La partita della paura, si gioca di lunedì alle ore 15 allo stadio Artemio Franchi. È Achille Serra, allora prefetto di Firenze, l’ uomo che prende la decisione finale, sottolineando che «non risolviamo il problema, ma cerchiamo di limitare i danni». Le società interessate hanno chinato la testa e accettato il provvedimento. Nessuno è contento, ................................... ..................................... Franco Sensi a Roma commenta amaro: «Quanto deciso manifesta ................................ Contentino per i tifosi giallorossi: cinquecento biglietti in più, tremila in tutto. Tifosi giallorossi che quel lunedì andranno anche a riempire l’Olimpico. Si, perchè sono oltre 25.000 i tifosi giallorossi che hanno riempito le tribune per seguire sui maxi-schermi la gara della Roma impegnata contro la Fiorentina. Nonostante sia lunedì, i tifosi giallorossi hanno riempito la curva e i distinti Sud. A Firenze, invece, si registra il ritorno del Re Leone, Gabriel Batistuta. Ci sono ovviamente grandi tensioni. I circa 4 mila supporters capitolini vengono seguiti e monitorati dalla partenza da roma fin dentro lo stadio gigliato. Alla fine, i numeri della questura sono confortanti, i servizi hanno funzionato e tutto si è 130


svolto senza incidenti. Nello stadio, oltre ai 3.000 previsti, sono riusciti ad entrare altri 1.500 tifosi muniti di biglietto venduti oggi. Altri 800 sarebbero invece entrati con ticket falsi. Numeri incredibili se si pensa che si giocava di lunedì in un giorno feriale e lavorativo. La presenza massiccia del tifo giallorosso si manifesta in tutta la sua grandezza e unicità in questi episodi. E anche in altri più folklorisitici. Rimarrà indelebile lo striscione mostrato proprio in questa occasione dai sostenitori della lupa. Quel “Semo tutti parucchieri”, che ha fatto epoca e che riassume perfettamente l’idea che niente e nessuno potrà dividere la Magica dall’affetto dei suoi tifosi. I viola vanno subito in vantaggio con.................. .................”

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il portiere in seconda

per chi ha buona memoria e soprattutto più di 45 anni, queste fungevano segnaletiche dei due latitanti perenni dell’album di figurine dei calciatori, quelle che ne rendevano sempre impossibile il completamento. si tratta di figure apparentemente insignificanti, portieri in seconda ( così si chiamavano al tempo del centromediano metodista) ai quali nell’ arco di un campionato venivano riservati non più di 45 minuti, solitamente nell’ultima partita, solitamente contro l’avellino. questo è quanto lasciava disponibile l’allora titolare dino zoff (lo stesso che poi ai mondiali del 78 prendeva goal dalla biglietteria). penso che la mia antipatia per la juve sia nata qui, rafforzata poi da immagini tipo queste:

o ancora questa, più moderna, dove pavel sembra ribattere la strada che fu di marisa boniperti:

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slavo brava ggente

dalla dipartita del doctor j. ammetto di aver cessato il mio interesse per la nba almeno per una quindicina di anni. proprio ieri ho capito, guardando casualmente uno speciale su espn, di essermi perso una storia di sportamicizia-guerra di tutto rispetto: la storia di vlade divac e di drazen petrovic. campioni d’europa con la nazionale jugoslava, catturati dalla nba che regala ad entrambi, in modi diversi, una grande carriera, passati dall’amicizia all’odio etnico imposto dalla guerra. il tutto con il triste epilogo della morte di petrovic in un incidente automobilistico e l’impossibilità di potersi dare un perchè. roba da pelle d’oca, tipo la storia di tirzan che si riprende il suo truck dopo averlo prestato ad uno slavo in eccezziunale veramente.

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se uno si chiama buffon vuol dire che fa ridere

giorni di gran lavoro questi per l’eroe nazionale pierluigi buffon, giorni in cui i suoi grandi guanti puma devono parare da una parte le bordate ispano-croato-irlandesi e dall’altra le critiche che stanno minando seriamente la sua popolarità. ma l’ormai non più giovane italiano gianluigi a tutto ciò e ‘ vaccinato. la sua carriera è costellata di momenti difficili o forse imbarazzanti ma sempre superati brillantementi. memorabile la forza con cui sostenne il proprio numero 88 sulla schiena (i due numeri otto rappresentano due volte la lettera acca, ottava dell’alfabeto ) ma si sa che in italia rivelarsi così smaccatamente sostenitore di helenio herrera non ti porta di certo popolarità . oppure quando, pur di scendere in serie b con l’amata juventus, rinunciò a prendere le redini della porta di un milan pronto a scommettere su di lui. e poi il suo grande trionfo in amore, la sua bella seredova rubata al bell’edoardo costa con lo stratagemma del “ guarda che devi avere la gomma dietro buca”. famosa anche la sua frase “meglio due feriti di un morto” trasformata poi velocemente in “meglio un morto di due feriti”con la quale dimostrò la sua sensibilità nei confronti di costi sostenuti dal servizio sanitario nazionale. e poi l’ultimo suo castigo inflittogli dalla lobby dei tabaccai dopo la sua violenta 134


sfuriata contro le privative. per giustificare un suo assegno di un paio di milioni fatto al suo tabaccaio fu costretto a mentire sostenendo che questi era anche rivenditore ufficiale rolex , giocando sul fatto che i media tollerano maggiormente un calciatore con 100 rolex al polso piuttosto che uno col vizio del fumo e delle marche da bollo . ( legenda per chi si interessa solo parzialmente di calcio e di gossip calcistico e non capisce che cazzo sto dicendo : - HH sta per heil hitler - al milan non ci andò perchè era abbastanza nota ai dirigenti della squadra milanese la sua sfrenata passione per il gioco - la seredova e ‘ la sua attuale moglie ed è lecito pensare che la portò via a dodo costa nel modo descritto - “meglio due feriti di un morto “ lo dice giustificando i pareggi accomodati. se lo rimangia quando deve parlare di croazia -spagna - dopo una bella sua esternazione sulla mancanza di professionalità di stampa e di magistratura, gli viene immediatamente presentato il conto con l’infamante accusa di avere girato svariate centinaia di migliaia di euro ad un tabaccaio di parma perchè li scommettesse su cosa non si sa bene. ) ma allora chi è gianluigi buffon ? cerco di spiegarvelo col gergo caro al portierone : se qualche anno fa uno fosse entrato in una qualsiasi punto snai e rivolgendosi allo sportello avesse detto: ” scommetto che buffon è un coglione“ puntando un euro, avrebbe forse sull’immediato visto un risolino di compassione sul volto dell’allibratore ma poi, di euro, ne avrebbe portato a casa un centinaio . ho parlato di buffon in quanto capitano della nazionale e in quanto persona che nei suoi discorsi cerca sempre di dimostrare etica ed onestà. molto probabilmente avrei potuto parlare di qualunque altro componente del bestiario calcistico attuale arrivando più o meno agli stessi concetti. inutile dirvi che in questo momento sento che tutto l’amore, il tempo ed anche i soldi che ho riservato al nostro sport nazionale mi sono stati sottratti. con gli 135


interessi. da usuraio, ovviamente. p.s.: mi rendo conto solo ora che parlando di un calciatore del peso di buffon non ho mai parlato di calcio. l’ho fatto involontariamente. questo non e ‘ bello .

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prima di tutto arthur ashe

nero. triplo slam. elegantissimo. aids. adidas arthur ashe. ne ho avute due paia negli anni 70. altro che stan smith.

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anche i profeti mangiano fagioli

non è un blog dedicato al profeta, non c’e bisogno che ve lo venga a dire. questa è la terza citazione, lo so benissimo. se penso al calcio moderno la prima persona che mi viene in mente è lui. se penso alla macchina più bella la prima persona che mi viene in mente è lui. se penso al gol impossibile la prima persona che mi viene in mente è lui. il 14 di tutti i mesi penso a lui. poi penso al mundialito dell’81. e non penso più .

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portiere triste

l’ultima volta che ho visto riki albertosi è stata tra un tempo e l’altro di una esibizione degli harlem globetrotters. in una porta creata nel mezzo del parquet cercava di parare i rigori tirati dal pubblico. meglio questo di una alfetta dei carabinieri che ti aspetta nei pressi di centrocampo dopo la partita. meglio il male.

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dromedario salentino

gobbo come un dromedario, allegro come una pietra taurina, concio come il testimone dello sposo dopo la quadriglia di fine banchetto nuziale, comunicativo come la battaglia navale. però scopone partigiano d’alta quota insignito del titolo di barone mondiale. non ti ho mai amato. io volevo claudio sala e tu per dispetto nella sala ci hai fatto il mini bar proprio davanti al nuovo mobile antico. vai a fare in culo tu e le tue serpentine di merda.

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una gamba è meglio di due

se hai due gambe corte puoi diventare al massimo il giudice di de andrè o un presidente del consiglio . se hai una sola gamba corta puoi diventare garrincha .

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terrone, terrone riovalizza quel pallone

long john è fuggito dalle patrie galere. le roix del theatre of dreams si è rotto i coglioni di tirare calci sulla spiaggia e di apparire in sogno a working class heroes. la perla nera ha perso il conto dei suoi bauli di louis vuitton. il cucciolo coby jones da anni non se lo caga più nessuno. bob de niro con i suoi film di serie a, b, c, d, e, f ha soldi a sufficienza per comprarsi tutta l’africa e arredarla. frank tirlindana, sonny santiggiorni, vinnie nacrozza e tony abbindolato amano il calcio. e allora? e allora cosmos. sepolti negli early ‘80, si vogliono redivivi negli early ‘10 . io li ho amati anzi li ho anche aiutati quando nei late ‘70 tenni con due mani la valigia di long john che mi stava firmando il diario di jacovitti fuori dall’hotel vittoria, ipnotizzato dallo sguardo di kaiser franz che non cagava nessuno, irretito dal samba di carlos alberto. chissà se gli yankees si faranno fottere per la seconda volta .

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venga a prendere un caffe ‘ da noi

il mio vizio peggiore è quello di accatastare fisicamente ricordi, prevalentemente in forma cartacea. ho precisato: accatasto, non archivio. questo forse per gradire la sorpresa, pescando a caso, di trovare chissà che cosa. ieri ho estratto dal mucchio una copia di “internazionale football club”, vecchio giornale ufficiale della benamata, datato estate del ‘77. ricordo bene quell’estate perchè fu quella in cui spillo altobelli passò dal brescia all’ inter dopo aver guadagnato la salvezza con le rondinelle in un brescia catania 4-1 dell’ultima giornata. infatti di altobelli e del ritiro precampionato si parla. l’attenzione però cade su una foto che raffigura i tre neo interisti scanziani, altobelli e scardino. proprio su quest’ultimo si sofferma la didascalia: siciliano originario di patti, strappato alla concorrenza del milan, centravanti giovane con uno spiccato fiuto del goal. di uno così sicuramente se ne sarebbe dovuto parlare in futuro. e invece, ovviamente, di questo nome nessuno ha il minimo ricordo. al lettore attento però sarebbero dovute balzare all’occhio due cose: la prima è che a patti c’è nato michele sindona, la seconda è che nella foto le mani sono nella posizione dell’ammmanettato. a questo punto scatta la curiosità: googolizzo scardino inter ed ecco comparire “la parabola di scardino, dall’inter alla famiglia mafiosa di sem di salvo”. il seguito se vi interessa ve lo andate a cercare ma, credetemi, è tutto come si può facilmente immaginare. la solita lungimiranza nerazzurra con la quale anni dopo si sarebbe strappato 143


al milan guglielminpietro in cambio di un finito pirlo e potrei andare avanti. concludo, per svelenirmi, con una battuta del mio amico rudi: “strano che uno così non abbia mai giocato nella juve “.

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uh ah cantonà

era chiaro, fin dal momento della sua presentazione ai tifosi del leeds united, che eric cantona non sarebbe stato un calciatore come tutti gli altri. quella “i love you, i don’t know why but i love you” detta al microfono, chino sulla transenna del palco sotto il quale i tifosi lo stavano già osannando, la dice lunga. cantona diventerà il capitano francese della squadra più inglese d’inghilterra, esibirà colpi di karatè a chi non lo rispetta come uomo prima che come calciatore, subirà una lunga squalifica dalla quale ritornerà con una mitologica conferenza stampa di dieci secondi, concluderà la carriera ai massimi nel suo manchester utd perchè tanto avrà mille altri progetti su cui tuffarsi. diventerà attore, si divertirà col beach soccer, tenterà il sogno di far rinascere i cosmos e soprattutto inseguirà quegli aspetti sociali del calcio mai troppo considerati. io adoro i feticci. in una taschina laterale del portafoglio, vicino ad un copriandolo raccolto ad un concerto dei rammstein, custodisco un angolino di maglia di kalle rumenigge ed una figurina rotonda plastificata di eric cantona .

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moratti ambassador e il mitico tohir

l’inter ne fa sette a sassuolo, squadra che in gergo si definisce una fucilata per la B. ma questo è il meno. non è importante. importante è che in tribuna i denti gialli del petroliere illuminato potrebbero aver sorriso da denti gialli di un presidente dell’inter per l’ultima volta. arriveranno probabilmente, anzi sicuramente, gli orientali capitanati da una schifezza, anch’egli con dei denti inguardabili, molto simile a quell’altro schifo d’uomo che fece il vuoto ballando gangnam style. per la seconda volta nella nostra vita rimarremo orfani di un componente della famiglia moratti. che dire? romanticamente sono distrutto. è il presidente con un lessico garbato ed i modi da persona civile ed educata, è il presidente del triplete, il presidente artefice del progetto che mandò la juve in serie B. impossibile non essergli grati. ma è anche il presidente che rese recoba il proprietario di tre quarti di uruguay, che garantì a ciccio colonnese una vecchiaia agiata, che trasformò obafemi martins in un modello di versace con due X5 identiche, che ritenne pistone più idoneo per la fascia di roberto carlos, che fece stupire gilberto di come il calcio fosse uno sport a 11 e non a 5, che riparò a sue spese il cuore di kanu per consentirgli di giocare nell’arsenal. e potrei andare avanti con la memoria fino all’infinito perchè il presidente ne ha fatte veramente di tutte i colori. ma sarei veramente ingrato verso chi, spinto dall’amore per l’inter, ha dilapidato un patrimonio e fatto da padre a svariate decine di idioti, ora tutti miliardari. 146


de tu querida presencia comandante chevanton

pagina dedicata al “cosa sarebbero alcuni calciatori se non avessero fatto il calciatore”. traduco per i calciatori: “cosa sarebbero alcuni calciatori se non avrebbero fatto il calciatore”. javier zanetti: turnista OM, quello bravo, ligio, mai polemico. ama il suo lavoro perchè lo ritiene fondamentale per lo sviluppo dell’azienda. sempre promotore di eventi extra lavorativi che possano mantenere la coesione del reparto. la domenica va a messa. il sabato sera va in pizzeria con la famiglia. prima di mangiare si fa il segno della croce in senso antiorario perchè così lo faceva castellitto quando interpretava padre pio. se gli domandi chi e ‘ andy warhol cita solidarnosc. roberto baggio: uomo di fiducia di nando orfei. con la sua calma olimpica è unico nel dar da mangiare alle tigri. le tigri lo amano e lui ama le tigri e nando orfei ama lui e le tigri. difficilmente separabile dal suo amico vittorio che grazie a nando orfei ha trovato un lavoro come garzone dal macellaio che procura la carne alle tigri. molto confuso in tema di religione: si domanda spesso come una croce di legno possa reggere un obeso come buddah. se gli domandi chi è andy warhol mima l’uppercut del pugile che peraltro non è capace a pronunciare franco baresi: sorteggiatore di numeri in sala bingo. a rischio licenziamento per costante confusione tra numero sei e numero nove. le spiegazioni sull’esistenza della 147


barretta che sottolineando il numero rende impossibile lo sbaglio, sortiscono solo l’effetto di fargli confondere il 16 con il 91. cattolico praticante dai tempi dell’oratorio ha il pessimo vizio di bloccare la messa alzando la mano per fare sempre le stesse domande: chi è rosanna e perchè vola nell’alto dei cieli e chi è ivano che nomina sempre dio. sposato con un ‘accanita giocatrice di bingo. ha un figlio dai tratti non europoidi ma interpreta questo come un dono del signore. probabilmente il signore maghrebino che abita sopra di lui. se gli domandi chi è andy warhol risponde che lui si ricorda solo gli olandesi. gianluca vialli: venditore di audi presso la concessionaria marra auto di cremona. considerato il venditore più elegante nell’ambito delle concessionarie della zona soprattutto per il vezzo di farsi il nodo della cravatta attorno al boccino del biliardo. usa molto spesso frasi in inglese difficilmente abbinabili al contesto del discorso. amato dalle donne e invidiato dagli uomini di cremona e dell’hinterland. ogni volta che vende una macchina si rivolge al cartello segnaletico della concessionaria audi e fa con le mani il gesto del cuore. se gli domandi chi è andy warhol ti dice che ama molto il pop ma non ha mai sentito nessuna sua canzone. johan cruyff: presidente della repubblica di olanda. nasce ad amsterdam il 25 dicembre 1947 nel retro di un coffee shop da padre falegname impotente e madre casalinga sterile. si capì da subito che il piccolo johan aveva doti straordinarie. la sua crescita fu costellata da eventi che ne fecero accrescere il mito e la celebrità: a sette anni imponendo le mani separa i due gemellini siamesi renè e willi van de kerkhof, a nove anni per scherzo fa spuntare la barba al compagno di classe barry hulshoff. a dieci anni il suo capolavoro: riesce a far diventare portiere l’amichetto jan jongbloed che in quel tempo preferiva cacciare farfalle e non voleva saperne di alberghi. nel corso degli anni la cultura ed il grande buon senso contribuirono a rendere johan persona amata in tutta l’olanda al punto che la corona accettò di abdicare a favore di una nuova forma di repubblica presidenziale illuminata con alla guida johan cruyff ed il suo vice johaan neskeens. se gli domandi chi e ‘ andy 148


warhol, attraverso un veloce preambolo sulla new york degli anni settanta, ti parla della pop art e dei cinque di new york di cui andy era uomo di punta. a supporto di ciò ti consiglia delle letture tra cui “la filosofia di andy warhol da A a B e viceversa “. mario balotelli: gianni agnelli, dopo aver visto al cinema una poltrona per due, decide di affidare la fiat ad un personaggio a caso dimostrando che anche l’uomo qualsiasi ne può essere a capo ottenendo i suoi medesimi risultati. Ovviamente lui non é così coglione da andare a vivere in uno scatolone, lo scatolone da cui quel giorno in piazza san carlo fa capolino un ragazzotto nero con degli strani geroglifici in testa. L’avvocato lo vede, stabilisce che il prescelto può essere lui e gli dice: “ti chiamerai col nome più semplice del mondo: mario. Avrai un cognome sciocco: balotelli. Sarai amministratore delegato della fiat “. Il ragazzo che ancora non capisce viene subito portato in sartoria dove stupisce l’ avvocato con il suo gusto originale: senza indugiare si allaccia la cravatta sulla nuca e mette le mutande sopra i pantaloni sembrando un superman nero col busto di clark kent al contrario. Viene presentato alla stampa con una di quelle frasi che resero l’avvocato celebre: “se tra le pecore c’é sempre quella nera, non vedo perchè non debba essere così anche tra gli agnelli.” É subito un successo planetario. In breve tempo nei salotti buoni in italia tutti adottano la moda della cravatta sulla nuca. Insignito del titolo di avvocato ad honerem, Mario, senza nemmeno sapere quante ruote ha un’ auto, dimostra grande sensibilitá verso le persone con problemi mentali: per favorirne l’inserimento in ambito lavorativo chiama infatti dei ragazzi affetti da sindrome di down, crea un gruppo di lavoro e chiede loro di progettare un’auto. Dopo circa due mesi nasce la duna. Lo stesso pool venne poi dato in prestito alla apparentata alfa romeo dove di li a poco avrebbe dato vita alla kilometrissima arna. Mario si interessa di calcio in particolare della juventus di cui diventa obbligatoriamente accanito tifoso ed anche a volte feroce critico. Celebre quanto improbabile l’appellativo di sogliola bagnata affibiato a del piero il giorno in cui lo vede con un uccello sulla spalla. Impegnato 149


nella lotta all’apartheid organizza al delle alpi il free giorgio mendella day a cui parecchie stelle della musica italiana danno il loro contributo . Proprio smentre zucchero gorgheggia “mendella, che cazzo fai “, l’avvocato balotelli viene informato che mendella é in carcere si da vent’anni, ma per bancarotta fraudolenta e oltretutto non é nemmeno negro. In tutto questo tourbillion la fiat mantiene sempre e comunque la sua posizione di mercato perché tanto ci pensa lo stato. Se somandate all’avvocato balotelli chi é andy warhol lui mima la derapata tenendo le mani su un volante immaginario e vi dice che i piloti finlandesi sono i migliori. gianluigi buffon: sfaccendato personaggio che si aggira sul litorale tirrenico tra massa e la versilia. Soprannominato dagli amici “il camerata timido” per il modo di malcelare la sua fede politica. Nessuno mai ha saputo nulla circa la sua attività se non della fondazione da parte sua di un carrarerese fan club dedicato a bernito massolini. Sposato con la starlette rumena alena cestokova il cui nome d’arte si deve alla madonna, nel senso che é una vacca della madonna. quando la saluta tende a 130 gradi il braccio destro e dice a tutti che quello é il saluto rumeno.dopo aver conosciuto sulla spiaggia suso cecchi d’amico si innamora e pensa di lasciare la moglie, ma poi ritratta tutto quando si accorge che non si tratta della presentatrice di sky sport. Il suo punto forte é la suoneria del telefonino: gli amici al bar glielo fanno sempre squillare per sentire l’incipit di trapani bel suol d’amore. Se gli domani chi é andy warhol con sicumera risponde che si tratta della volpe del deserto. diego armando maradona inizia a tirare i primi calci al pallone nelle cebollitas dell’argentino juniors per poi diventare calciatore nel boca junior. trascina la nazionale argentina alla vittoria del titolo mondiale juniores e inizia il suo percorso che lo porterà in europa prima al barcelona e poi al napoli dove vincerà due memorabili scudetti ed una coppa uefa. nel frattempo diventa campione del mondo sempre con la nazionale argentina. termina bruscamente la sua carriera per problemi dovuti alla cocaina. intarprende, dopo svariate vicessitudini legate alla sua dipendenza, la carriera 150


di allenatore. verrà sempre ricordato per essere l’uomo dei goal impossibile e per essere stato la mano di dio nella vittoria contro i nemici inglesi. forse il migliore di sempre. se gli chiedi chi è andy warhol ti conviene spostarti velocemente per evitare di prendere una testata.

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un giorno sono stato juventino

ormai sono passati vent’anni. i protagonisti di questo post non ci sono più’ e non credo che i parenti abbiano tempo di farmi azioni legali. natale del ‘93. dalla cassetta della posta attigua alla mia spunta dall’abbondanza di missive una cartolina sulla quale risaltano dei colori neroazzurri. incuriosito la estraggo e vedo quello che compare qui sotto: gli auguri natalizi dell’avvocato peppino prisco al mio vicino di casa di cui ho cancellato il nome ma che comunque si chiama come i jeans senza il genitivo sassone . dal titolo di vecio alpino col quale viene appellato il destinatario deduco che i due potessero essere amici dal tempo delle armi. sulla cartolina spicca l’annullo rosso con l’intestazione dell’avvocato. senza pensarci minimamente e senza il minimo scrupolo me ne sono appropriato. credo che il vecio alpino abbia lo stesso trascorso un sereno natale. io in compenso mi sono intascato un cimelio senza scassare nulla però e senza usare destrezza. un pò come quando venne rubato un goal a turone, non fu dato rigore perché ronaldo non aveva tracce di coltelli piantati nella schiena e a bierhoff venne negato il goal perché’ la palla non aveva toccato il fondo della rete. chissà se l’avvocato sarebbe stato orgoglioso di me. forse quello di torino si.

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il mio nome è bond, chen bond

solitamente scopri che chi dice di schifare le olimpiadi la domenica rimane sul divano a segarsi guardando una specie di fra tac italiano centrare un bersaglio a settanta metri . ma tant’è. probabilmente e ‘ lo stesso che, snobbando x factor, durante l’estate segue i moderni in tournè. a me le olimpiadi piacciono e non ne faccio mistero come non faccio mistero di essere un seguace della chiesa di mara maionchi. soprattutto sono un grande fan delle cerimonie di apertura ( delle olimpiadi, non di x factor). e a questo punto entro a bomba nell’attualità dell’argomento di cui sopra: come avrebbero potuto gli inglesi cerimoniare degnamente senza sfigurare dopo che a pechino per l’occasione si era fatto correre un atleta con una fiaccola in cielo su una pista appoggiata sulle nuvole? chiaro che entrando in quel campo il bagno di sangue sarebbe stato assicurato. e allora si è passati a ragionare: james bond è forse nato a pechino? i beatles iniziarono forse a suonare al cavern di nanchino? mister bean magari ha iniziato con le sit- com su tele shangai libera? shakespeare ha forse scritto la tempesta in un bar sulla tienammen? e su questo campo avete perso cari i miei musi gialli . quindi, cinesini di merda, piegate le vostre testine come siete abituati peraltro già a fare e pensate che voi mao tze tung che fa la bond girl non lo avete mai visto. lo so che forse un giorno sarete padroni del mio involucro e forse anche della mia auto ma la mia anima non l’avrete . finche ‘ avro ‘ un filo di voce urlerò l’insegnamento dell’architetto falkù: ORA E SEMPRE CARNEFI-CHINA . 153


bargiggia

bargiggia, che non credo abbia un nome ma solo un cognome che fa anche da nome, come i pirati, è un giornalista sportivo, ambito calcistico, specialità calciomercatomercato. lo si potrebbe a tal proposito definire giornalista stagionale in quanto come si sa il calciomercato è operativo circa tre mesi in un anno. da un punto di vista professionale non mi risulta abbia mai regalato perle particolari dal suo balconcino privilegiato di italia1, tesi avallata da bruno longhi che durante una cena ebbe a dire: “ bargiggia brancola come al solito nel buio”. fu uno dei primi telegiornalisti a liberarsi dalla schiavitù della cravatta ed a proporsi davanti alle telecamere con un look tra donnie brasco e goku. mai noto per l’eccessiva espressività dello sguardo, decide di peggiorare la situazione arricchendo di botulino le guance fino a sembrare un castoro sotto xanax. totalmente privo di senso dello humor tanto che ai complimenti vistosamente da prendingiro di marco giallini circa la sua pettinature ringrazia e ricambia con apprezzamenti per l’ interpretazione in a.c.a.b. ( o forse scherzava anche lui? boh ). insomma uno che sgozzerei a mani nude ma che tutto sommato mi mette di buon umore. tipo max pezzali.

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me lo prendi papà

militello non farà mai vedere questo striscione nei suoi appuntamenti televisivi: ci sarebbero troppe cose, peraltro risapute, da dover spiegare per dare una motivazione ad una frasetta apparentemente innocua. perchè mai gianni morandi, notoriamente tifoso del bologna, dovrebbe essere spinto dai tifosi viola a mangiare calciatori juventini? la risposta è sul web, alla voce coprofagia e forse anche in una innocente canzone cantata da lui parecchi anni fa in coppia col figlioletto.

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nessuno urla negro! a stevie wonder

“perchè in america ci sono i negri e qui i terroni? perchè loro hanno scelto prima”. in questa barzelletta ci sono i due ingredienti del momento, razzismo e territorialità, i due ingredienti che, cavalcati e stigmatizzati dalla lega calcio, stanno provocando la chiusura al pubblico di curve e stadi. riassumo per i non addetti: le curve, cuore pulsante della movida da stadio, manifestano spesso il proprio dissenso verso i giocatori di colore con ululati simulanti il verso della scimmia. oltre a questo è prassi consolidata discriminare territorialmente l’avversario (esempio: “benvenuti in italia” per i tifosi del sud oppure “c’avete solo la nebbia” per i tifosi di squadre del nord). l’argomento delicato dato in pasto a giornali, televisioni e rete è stato oggetto ovviamente delle più feroci estremizzazioni, in un senso e nell’altro. qualche tempo fa il mio amico giulio in un suo pamphlet sulla bestemmia asserì che il più feroce bestemmiatore quasi sicuramente è stato battezzato, la domenica va in chiesa dove probabilmente si è anche sposato e molto probabilmente in punto di morte riceverà l’estrema unzione. il razzista territorialista lo vedo un pò così. sugli spalti urla negro/terrone di merda. poi durante la settimana compra la rosa per la sua fidanzata dal pakistano, tratta l’accendino col marocchino da cui compra anche gli occhiali con le lucette per fare lo scemo al bar. è probabile che poi si lasci intenerire a 156


fine serata dagli occhi di un senegalese e gli allunghi un euro senza nulla a pretendere. ovviamente d’estate va in ferie a tropea e tornando dice di essersi trovato da dio. il razzista italiano è un razzista naif, è un razzista che quando parla di kkk molto probabilmente allude alle cerniere dei pantaloni, che urla terrone bastardo quando ha il padre di catanzaro. non fraintendetimi, non sto sottovalutando il problema, sto solo un pò deridendo il modo tutto italiano di affrontarlo. per dirla con il mio amico randag: mi lascia un pò perplesso il fatto che un troglodita miliardario come prince boateng al primo uuu di un coglione di busto arsizio si senta come nelson mandela. però forse qui entra in gioco la mia territorialità interista.........

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il sesso ai tempi del tappetaro

toninho cerezo, detto er tappetaro per il suo incedere dinoccolato, quasi ingobbito, tipico del levantino che porta il tappeto sulla spalla, è stato a roma uno dei giocatori più amati. questo è un dato di fatto inconfutabile. altro dato di fatto inconfutabile è che leandro cerezo, figlio di toninho, arrivato ad un certo punto della sua vita abbia deciso di diventare lea t. modificando chirurgicamente la natura del suo fisico. terzo fatto inconfutabile è che lea t., a prima ed anche a seconda vista, sia una gran figa al punto che la maison givenchy abbia deciso di farla testimonial e modella di punta per la propria collezione. quarto fatto inconfutabile è che la tempistica dei fatti ci abbia depredato di una serie di striscioni da derby romani che avrebbero potuto sfiorare l’epico. nella città dove la presunta omosessualità di nesta venne affrontata dalla sud con “in attacco er pidocchio,in difesa er finocchio“ (il pidocchio era il piojo lopez), non oso immaginare come la nord si sarebbe potuta sbizzarrire. il trio pace-cerruti-bigazzi,in arte gli squallor, qualche dubbio in merito ce l’avevano fatto venire quando in “fratelli d’italia” nell’episodio “anche i ricchioni piangono” fa dialogare di futilità due viados dai nomi di toninho cerezo e valentino cortese.

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nel film “vacanze di natale”, durante il brindisi di mezzanotte di un capodanno, si pronuncia una battuta destinata ad entrare nella storia della cinematografia giallorossa: “Dì un pò, secondo te dove lo festeggia il Capodanno Toninho Cerezo?”. E l’altro: “Per me dorme, perché è un professionista”. ora,a distanza di qualche anno, possiamo anche vedere come toninho cerezo festeggia il santo natale.

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oh mamma mamma mammma

la gente molto spesso ama parlare di maradona concentrando le proprie argomentazioni sugli aspetti negativi del personaggio. la gente molto spesso ama fare sparatorie nella più vicina sede della croce rossa. la gente ha, quando vuole, la memoria molto corta perchè quando si molleggia cantando roadhouse blues dimentica che jim morrison era un eroinomane e che van morrison è irlandese. la gente ama il calcio pulito poi prega che l’ultima giornata di campionato la squadra ormai tranquilla lasci vincere la propria squadra bisognosa di punti. io, da tifoso, ho odiato maradona, come sempre si odia chi è troppo forte e non gioca con la tua squadra. mi rallegrai quando alessandro chiodini, durante un brescia napoli, lo massacrò di botte. in onore della neonata dalma cantai a squarciagola “è nata una puttana, il suo cognome è maradona”. adesso quando vedo maradona mi scende sempre una lacrima, come quando vedo i film di peppone e don camillo. “emir, pensa cosa sarei stato se non avessi usato cocaina”, disse un giorno il pibe a kusturica durante il film che il regista slavo gli dedicò. ve lo dico io: sarebbe stato quello a sinistra nella foto. avrebbe giocato nella juve dove mi sembra che i problemi di cocaina venissero da molto più in alto. ma così non fù, grazie a dio e alla sua mano. firmato: un innamorato postumo di diego armando maradona.

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beppe e gianni

beppe viola e gianni brera sono figli della stessa terra oltre che grandissimi figli di puttana, nell’accezione positiva del termine, ovviamente. rappresentano il romanticismo del calcio, il lato che mi ha fatto amare il calcio. rappresentano la giusta presunzione di chi, conscio della propria superiorità cerebrale, esprime il proprio credo e non ascolta repliche astenendosi quindi da qualunque risposta polemica, togliendo ogni rilevanza al proprio interlocutore. loro se lo potevano permettere. loro, che oltre al calcio si potevano occupare con la stessa competenza di tante altre cose, se lo potevano permettere. fabio caressa no. lui al massimo va in cucina con la moglie.

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musica

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nani

proprio nei giorni in cui un nano liftato sdogana il porcobeep, l’amore a pagamento e il sesso dei minori, ecco comparire sulla scena un altro nano, questo però beige, con tratti creoli, amante di pizzi e merletti e della telecaster. entrambi affascinati dal contorno di figa. entrambi succubi della loro statura. entrambi col cuore forse troppo vicini al buco del culo . io però voto per il secondo

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never trust a punk

se un punk vi da un appuntamento alle due e venti non arrivate prima delle quattro. tanto lui non arriverà prima delle quattro e dieci. arrivando poi non si scuserà, anzi vi metterà in imbarazzo e criticherà il vostro taglio di capelli, non capirà le domande che gli fate e non vi lascerà fare le domande che gli volete fare. si autoincenserà e parlerà male di vostro figlio sbarrando gli occhi e tentando di farvi paura. a voi non resterà che dire ok john in loop e pentirvi di non aver fatto a johnny rotten tutte le domande che quel cazzo di bonus telefonata vi avrebbe concesso di fare. ti amo lo stesso johnny.

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dekomposizione

mi spiace ma non ce l’ho proprio fatta. me ne sono andato prima di te. perchè odio la tua faccia decomposta. odio vederti vivisezionare un’oliva per cibartene. odio vedere il vuoto nei tuoi occhi.odio vedere la tua fatica. odio pensare a quello che sei stato e che adesso soffri per essere. odio immaginarti mentre ti stai arredando il tunnel. odio essere un codardo. campagna contro la droga, città favorevolissima. ma forse non e ‘ questo il problema.

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cos’hai trovato in lui di tanto bello non so

la faccia di pete townsend così come la faccia di roger waters è la faccia che vorrei avere. è un misto di pura estetica rock, di finta tenerezza e di vera figliodiputtanaggine. ma mentre il secondo si legò a david gilmour che in quanto ad estetica rock si poteva tranquillamente far succhiare il cazzo da tutti gli strokes in fila indiana, il primo legò indissolubilmente il proprio nome a roger daltrey, uno che gli studi di estetica li andava a fare a blackpool, tra il calcinculo e il toro meccanico. non c’è mai stato niente di più fastidioso che vedere il mulino a vento vicino ad un nerboruto tamarro con una giacca a frange.

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non tutti i cocker sono stupidi

la mia vita ha subito un brusco cambiamento quando in un non preciso momento degli anni 90 notai jarvis cocker in un ristorante di little venice a londra w2. scendeva le scale proveniente dal piano superiore. impossibile non notarlo. abito scuro perfetto nel suo modo di essere vintage, sandali intrecciati, occhiali quadrati, espressione scostante. sugli ultimi due scalini il colpo d’autore: il polsino della camicia liberò un watchlighter che portato all’altezza della sigaretta pendente dalle labbra la accese. il tutto uscendo dal locale senza guardare nessuno. io avevo in tasca un pacchetto di marlboro light morbide con il bic mini infilato nel rivestimento di plastichetta trasparente. in quelle condizioni meglio smettere di fumare. ho rivisto jarvis cocker una decina di anni dopo all’interno del frieze art fair. si muoveva tra le opere d’arte con un figlio nella carrozzina ed una moglie francese al fianco. l’ho fotografato. ho ricominciato a fumare. io non avevo una carrozzina. nemmeno una moglie francese.

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madonna, che virtuosa !

“Se una donna è pelosa vuol dire che produce una grande quantità di testosterone. Il testosterone è l’ ormone responsabile dei caratteri tipicamente maschili (peli, timbro di voce, muscolatura, barba ecc...) Ovviamente il testosterone viene prodotto anche nella donna, anche se in quantità minori. Ma si pensa che se una donna ne produce tanto, tende ad assomigliare all’ uomo. E l’ uomo, si sa, è un’ essere più razionale della donna. Tende ad usare le capacità logiche e razionali più della donna. La donna si fa influenzare dai sentimenti molto facilmente, e molto spesso sbaglia. Per questo se una donna è pelosa (carattere tipicamente maschile) si pensa che sia virtuosa.” (dal web pari pari compreso un ‘essere con l’apostrofo)

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compilami compilami sul metrò

il tè è un grande rito che devi rispettar ma anche la compilation pre-natalizia e pre-pasquale non è da meno. le ricorrenze cristiane della nascita e della morte devono essere sempre scadenzate da una colonna sonora degna e soprattutto da una copertina inneggiante all’argomento che ne celebri l’evento. se ritenete le copertine volgari sappiate che la volgarità è nell’occhio di chi guarda e che comunque non me ne frega un cazzo di pie donne e rotariani. una buona compilation per natale può prevedere santa marinella dei gogol bordello, non miserere di pavarotti. per pasqua charles manson è molto meglio di una mariele ventre che si dilania dirigendo il coro dell’antoniano.

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cosa resterà di stì bestie boys

now herès a little story Ìve got to tell about three bad brothers you know so well. It started way back in history with Adrock, m.c.a., and me mike d. ora però la famiglia si è assottigliata, adam yauch aka parecchi acronimi e pseudonimi non c’è più ed è interprete una di quelle morti che, nella sezione “ decessi non relativi a congiunti o amici”, mi lascia un pessimo retrogusto. vuoi perche il, defunto era del ‘64 come il sottoscritto, vuoi perchè ritenendolo una icona di stile gli attribuivo una sorta di immortalità, vuoi perchè è molto difficile non affezionarsi ai beastie boys. ora si apre la problematica del post: il gruppo andrà avanti? sostituirà il rap roco di mca? farà qualche puttanata tipo freddimercuri virtuale ? sinceramente non riesco a pensare a nessuna delle soluzioni plausibili per un gruppo così stiloso. dico solo che a me piace ricordare mca con una frase del mio amico paolo che recita: non gli è andata male, i vecchi col cappellino al contrario non stanno bene.

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florence+

una cosa ho capito ieri sera: florence con l’addizionale dei machine non è più una cantante di nicchia. quella che fino a meno di due anni fa avrebbe fatto fatica a riempire l’alcatraz ora fa il tutto esaurito ad assago, obbligando il sottoscritto che pensava di potersela vedere passeggiando per tribune alla visione compressa in un angolo laterale. certo che questa mabel bocchi con i piedi di sandy show, il vestito griffato da contadinella e una voce che spacca ne ha fatta di strada. ora si potrebbe comprare la sua prima casa e forse non si scorda gli amici che aveva. di sicuro propone canzoni come take it out, yoùve got the love, dog days are over, what the water gave to me che ormai sono veri e propri inni, urlati a memoria anche da un popolo ananglofono come l’italico. parte di questa celebrità la deve sicuramente allo stilista del salon kitty che l’aveva fatta cantare durante la sua sfilata più sfarzosa ma, in ogni caso, non c’è nulla da dire: lei è perfettamente a suo agio sul palco, fa cantare il pubblico come fosse freddy mercury, ha la giusta dose di coglionagginesimpatia che piace alla gente che piace e soprattutto, come ho già detto, ha una voce che spacca. detto questo non credo comprerò il suo terzo album .

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zappa la terra, dai treves zappa la terra

credo esistano persone molto più referenziate di me che possano onorare con cognizione di causa la memoria di frank zappa. non oso minimamente infilarmi nel mare magno della discografia zappiana, una discografia che si dipana nella maniera più variegata possibile e che gli valse il titolo di godlike genius. mi limito solo a ricordare due cose: la sua partecipazioni al saturday night live impreziosita da una guest appearence da brividi di john belushi e la somiglianza al bluesman nostrano fabio treves, meglio noto come il coguaro di lambrate. lui con zappa una volta ci ha anche suonato (redecesio?), è un ottimo bluesman, non lo metto in dubbio, ma è milanista e sulla somiglianza fisica ci ha giocato troppo per starmi simpatico. treves sta a frank zappa come capossela sta a tom waits. può bastare ?

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no grazie, il caffè lo prendo senza zucchero

mi trovo a l’havana, dove peraltro non sono mai stato. sono sereno ma penso che se per caso fidel venisse dichiarato morto proprio mentre sono qui, mi toccherebbe assistere a qualche casino di quella frocia del fratello raul. mentre cerco beppe dell’harry’s bar che mi dicono abbia qui aperto un bar che si chiama bodeguita del medio, sento un botto fortissimo, uno schianto tra due auto. proviene da un incrocio vicino dove l’auto di zucchero non ha dato la precedenza a uno di quei pesantissimi ammassi di ruggine che girano qui. la scena è raccapricciante: le carrozzerie si sono talmente contorte nell’incidente che è quasi impossibile capire si tratti di due automobili. zucchero ormai non è più un cantante, forse è solo un derivato della canna. a sirene spiegate arriva un‘ambulanza. in prossimità dell’incrocio si inchioda ed in tutta fretta scendono quattro infermieri: osservano l’incidente ma si capisce che non sono infermieri: sono i los 10/10, i cugini dei buena vista. simulano di accordare uno strumento ed all’unisono iniziano a cantare “ quanta lamiera, guaijra, quanta lamiera “. è chiedere troppo, vero?

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the dream is over

fino a poco tempo fa credevo che solitary man fosse la più bella canzone di sempre. ma la musica non è il calcio: nessuno ti metterà mai al bando per aver cambiato la tua preferenza assoluta su canzoni od autori. allora rilancio e dico che dalla panchina si alza john lennon, si scalda, si toglie la tuta ed entra in campo al posto di neil diamond mostrando con i due pollici il retro della propria maglia dove campeggia la scritta god. ecco, rileggetevi il testo della canzone. oggi mi sento proprio così.

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leccami la banana troia di tijuana

una delle cose più improbabili che siano mai potute succedere, dopo lo scudetto del verona, credo sia stato il fidanzamento per un periodo nemmeno troppo breve tra gene simmons e diana ross. cosa cazzo potevano avere in comune un bassista vampirizzato con una bistecca di mezzo chilo al posto della lingua, trasudante sangue e sesso con una dolce negretta che tutto poteva trasudare fuorchè voglia di essere scopata? immagini o rivelazioni particolari non ne ho mai sentite nè lette se non quattro cazzatine sulla biografia di gene simmons. l’unica rivelazione certa quanto criptica per i più potrebbe arrivare dal nostro amico darioleo che, interpellato sull’argomento, sicuramente direbbe: “è risaputo da sempre che bistecca chiama roast beef “.

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silenzio parla agnesi

agnesi è un nome illustre nell’ambito dei pastifici italiani. come vuol darci ad intendere il datato spot pubblicitario la pasta agnesi, una volta in tavola, zittisce tutti con la sua bontà. anche keith jarrett, nell’ambito della musica jazz e non solo, è un nome rinomato. come la pasta agnesi keith jarrett quando suona zittisce tutti, con la differenza che la pasta agnesi mi sembra molto più tollerante nei confronti di asmatici e allergici al polline. chissà se keith jarrett è mai stato ad un concerto dei judas priest.

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undici giorni senza philippe seymour hoffman, due giorni senza freak antoni

nell’era della comunicazione globalizzata e soprattutto dei social si muore in diretta o al massimo con la differita giusto di qualche minuto. ovviamente, solo se sei personaggio pubblico. se muori non da personaggio pubblico devi avere un forte supporto telematico di amici che fanno circolare velocemente la notizia oppure vale sempre la regola della pagina dei necrologi del quotidiano locale del giorno dopo. oddio, serve l’accortezza di spirare entro le 22 perchè diversamente la pubblicità ritarda ulteriormente di un giorno. nell’era della comunicazione globalizzata è tipico del frequentatore di social informare della morte di un personaggio famoso e poi, se caso, redigere un coccodrillo all’interno del quale enunciare il proprio amore per il suddetto passando attraverso aneddoti o documentazione di prestazioni filmiche, sportive o canore. io sono social e lo faccio. lo faccio quasi esclusivamente per personaggi a cui tengo in maniera particolare e freak antoni era uno di questi. non sono di bologna, non ho vissuto la militanza come il giana e tantomeno il ‘77 bolognese; nel ‘78 avevo 14 anni e mi capitava di leggere ciao 2001 dove mi imbattevo nelle pubblicità ricche di immagini montate e parolacce di monotono e di karabigniere blues, nelle recensioni di concerti degli skiantos fatti dando le spalle al pubblico o di assurde performance da palco nonchè nel concetto di rock demenziale. mi sembrava veramente di 179


vedere la luce in un mondo dove quelli reputati fighi ascoltavano venditti e baglioni. da allora non ho più mollato gli skiantos e ho maturato venerazione per freak antoni seguendone il percorso che lo portò ad essere astro vitelli, beppe starnazza e poi ancora freak antoni. l’ho visto per l’ultima volta nel maggio 2011 nella sua versione ironikontemporanea con alessandra mostacci. ho visto lui ma non ho visto la sua performance. non ce l’ho fatta. dopo averlo visto vagare per il locale con gli occhi vuoti e il fisico vistosamente martoriato ho preferito andarmene. ho preferito ricordarlo come il rott’inculo con l’ernia ombelicale che all’urlo “grande frank! “ da un non credo abituè degli skiantos tra il pubblico, rispose: “grazie, lei si che se ne intende.” a questo punto non ho voglia di allegare foto o video particolari. solo un piccolo disegno, anche un pò pixellato, che da ieri funge da piacevole ricordo di due persone . aggiunta: proprio ora ho sentito che al festival di sanremo si troverà un angolo per celebrare freak antoni. la cosa non mi fa piacere. preferisco, anche parecchio, una elegia funebre dell’unico vivente legittimato a farlo dopo dandy bestia: vincenzo sparagna. Brutta giornata questo 12 febbraio 2014, avvelenata dalla notizia della morte di Roberto Freak Antoni. Come tanti altri che lo hanno conosciuto e amato anche io vorrei dire qualcosa di questo uomo singolare. Ma non è semplice, perché ogni parola rischia di essere retorica in momenti come questo. Mi vengono in mente quei discorsi che si tengono in occasione dei funerali: quanto era bravo, intelligente, spiritoso, gentile. Cose magari tutte vere, ma che, dopo la morte, assumono un tono ambiguo, sembrano di circostanza anche se non lo sono. Così mentalmente mi rifugio in quella frase che usammo nel 1988, Filippo Scozzari ed io, per dare notizia su FRIGIDAIRE della morte del suo e nostro amico e compagno, Pazienza: “morto un genio, non se ne fa un altro”. Genio, una parola che si usa troppo spesso. Ma nel caso di Paz o di Freak non me ne vengono altre. Mi ricordo il suo debutto sulle pagine del n. 2 diFRIGIDAIRE con il nome di Astro Vitelli, o le sue rubriche su FRÌZZER che firmava Beppe Starnazza. E ancor più ricordo una irripetibile serata di presentazione della rivista al Piper di Roma nel 180


febbraio 1981, dove arrivammo Tamburini (un altro genio) ed io stravolti da una notte e un giorno passati in una tipografia di Pomezia. Sul palco c’erano alcuni di noi in camici verdi da chirurgo che mimavano un intervento su un finto malato estraendo chilometri di finti intestini in un’allegra parodia del grand guignol, mentre andava a tutto volume un mix di musiche preparato da Mattioli. Poi ecco… buio improvviso e un occhio di bue illuminò un gelido frigorifero da cui uscì Freak in abito da marinaio cantando “Arriverci Roma” in un suo arrangiamento che aveva come sottofondo il rumore sordo di un bombardamento… “Good bye, au revoir…”. Oppure ricordo un “concerto per la libertà” del 4 giugno 1992 all’Alpheus di Roma con lo slogan “Curcio libero, amnistia!”. Freak indossava l’omonima t-shirt di FRIGIDAIRE con un disegno di Palumbo e intrattenne la folla con quella sua voce da cantante/ attore brechtiano, sempre serio anche nelle battute più esilaranti. Con lui il rapporto non si era mai interrotto. Presentammo insieme una mostra frigideriana organizzata da Massimo Andreini al centro sociale Intifada di Empoli. In coppia con la bravissima pianista Alessandra Mostacci venne alla Mostra dell’Arte Maivista di Pescara il 14 aprile 2012, affascinando il pubblico in una memorabile serata e il 25 aprile dello stesso anno arrivò a FRIGOLANDIA, sempre accompagnato da Alessandra, per la XII edizione della “Festa della Liberazione dei Frigoriferi Intelligenti”. In quella occasione si esibì cantando canzoni nuove e antiche, fino alla bellissima “Sono un ribelle mamma”. Ogni suo spettacolo era un ragionare con il pubblico, fatto di scatti improvvisi, di battute fulminanti, di melodie popolari d’élite. Proprio perché autonomo e originalissimo Freak Antoni era uno di noi, un pezzo insostituibile nella storia diFRIGIDAIRE. Dire che ci mancherà è troppo poco per raccontare il vuoto che lascia. Ci resta la sua leggenda, come quella di Paz, di Tamburo e di tutti i nostri eroi, sempre eroinomadi, talvolta eroinomani, gente con il cuore caldo e la mente fredda. “sempre eroinomadi, talvolta eroinomani”. lusetti che me lo ha fatto notare.

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grazie

a


melinda

se qualcuno mi domanda a bruciapelo quale sia la mia canzone preferita di sempre la risposta volante è solitary man di neil diamond. se però devo identificare, sempre a bruciapelo, i tre pezzi ideali la scelta cade su an american trilogy di elvis, chelsea hotel #2 di leonard cohen e there is a light than never goes out degli smiths. la teoria degli insiemi rende solitary man inabbinabile e fa si che scompaia dal lotto delle tre. un pò come belinda quando, scoperta con jim, si dovette defilare. un processo mentale psicologico ineccepibile.

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elton wainwright

“rufus wainwright è il più grande songwriter del pianeta”. considerando che questa affermazione esce dalla bocca di elton john, la prima cosa che viene in mente è che la lobby dei ricchioni abbia tracciato il solco alla carriera del cantante canadese. in realtà non è proprio così. il figlio d’arte rufus wainright nasce e cresce artisticamente tra l’intellighenzia newyorkese, quella popolata da lou reed, antony hegarty e yoko ono. ha doti vocali pazzesche utilizzate nel campo del pop d’autore ma che strizzano l’occhio all’opera lirica. detto così, se non fosse per l’occhio strizzato, si potrebbe pensare ad un bocelli americano. ma anche qui non è così. rufus, oltre ad aver creato delle pop-sogs di incredibile raffinatezza, ha quell’effeminatezza sfacciata che gli consente di avere una presenza scenica da consumato intrattenitore. ha inoltre reso leonard cohen nonno di una provetta.

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grazie al cazzo roma

il destino a volte sa essere veramente crudele e beffardo, in maniera particolare quando ti rivela a posteriori cose che mai avresti voluto ricordare, che non ti ricordavi o che comunque avevi rimosso. spinto dalle continue dissertazioni sul romantico mondo dei vinili fatte dai miei amici di penna o meglio di tastiera, mi sono tolto lo sfizio di fare un viaggio tra i miei dischi. guardando le date di stampa realizzo che l’accatastamento dovrebbe essere terminato attorno al 1989. al netto di alcuni significativi sfizi tipo un remix dei primal scream, una delle mille co-produzioni di elvis costello o il solo di van cleef. tra il patetico di burattino senza fili ed il pazzesco di combat rock non ci ho messo molto a realizzare quale sia stato il primo vinile di questa alquanto scarna collezione. “sotto il segno dei pesci “ di a. venditti, l’ellepi reso celebre dalla barzelletta di venditti che incontra sara alla guida della sua vespa primavera e dal fatto che grazie a bomba o non bomba ci abbia fatto memorizzare i caselli autostradali della 184


bologna-roma. ora la cosa certa è che quando vedo venditti istintivamente mi tocco i coglioni. ma il karma di quel cazzo di album che influsso avrà avuto sul proseguo della mia vita? dovevo forse passare da sasso marconi per purificarlo? non avrei dovuto, seguendo le istruzioni, farmi piacere titanic di de gregori ? avrei dovuto vendere prima il mio PX? non lo so. ora a quanto pare il quasi innominabile vive tra gare di burraco e partite della as roma. credo che la sua forza spirituale sia fortissima. il mio amico oliviero invitato per interposta persona da lui a pranzo, trovandoselo davanti sulla porta non ha trovato nulla di meglio da dire che “ oddio, la colonna sonora della mia vita !”. non credo che oliviero sappia nemmeno dell’esistenza di una canzone come grazie roma.

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cinema

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cancellami

nel mondo civile nessuno si sogna di inventare voci nuove per jim carrey. ci si limita a sottotitolare. l’italia in nome di un debito d’onore nei confronti di ferruccio amendola è costretta a mantenere intere generazioni di doppiatori , oltre ovviamente quel coglione di suo figlio. ma non basta . eternal sunshine of the spotless mind diventa un film degli oldoinivanzina : se mi lasci ti cancello . mamy di via col vento ne sarebbe orgogliosa .

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ciao pirlone, servo del padrone

io tigro, tu tigri, egli tigra. episodio primo.trattoria semivuota. se dalì rappresenta il surrealismo della pittura renato pozzetto rappresenta il surrealismo della comicità. ciao pirlone servo del padrone vale le metaforfosi di narciso, l’acqua alla spina vale la persistenza della memoria. ficarra e picone non valgono un cazzo.

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emerson lake e laura palmer

in tuo nome ripeto ossessivamente a chi mi osserva “cazzo non guardarmi “. indosso un giubbino di pelle di serpente come marlon brando. ascolto tutte le volte i 10.35 minuti di “sinner man”. osservo onanisticamente isabella rossellini. metto un sacchetto del pane in testa ai figli brutti dei miei amici. parlo al contario sulle ginocchia. mi accendo le sigarette col fuoco del bracere. faccio finta di capire i tuoi film. ti stupirò leggendo le previsioni del tempo dalla sommità della torre kennedy.

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pulp molto pulp pure troppo

è inutile che vi stia a parlare di quanto ardentemente abbia aspettato l’uscita di pulp fiction, di quante volte lo abbia rivisto, di quanto ami tarantino etc.etc. etc.. veniamo subito al punto: il ballo di mia wallace e vincent vega. ad una prima visione era subito apparso come il pezzo forte del film: quello del contrappasso travoltiano .” tu john travolta alias tony manero, un tempo ammirato ballerino, tornerai dagli inferi dell’inattività cinematografica ballando come il più incapace dei cretini.” il colpo di genio a cui tarantino ci avrebbe abituato. ma già dalla seconda visione era facile intuire il dramma: l’apnea simulata e le due ditina trascinate all’altezza degli occhi avrebbero caratterizzato per l’eternità la modalità ballo di tutti i più grandi losers delle piste . ancora un paio di film come dico io e forse lo perdono .

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l’abbonato skyfall siede sempre in prima fila

James bond sta invecchiando come tutti i mortali. La vista gli si è abbassata causandogli gaffes di mira micidiali e l’artride reumatoide gli rende difficile appendersi nei cavedii degli ascensori. Se a questo aggiungiamo che m gli stecchisce in mano, q ha la faccia di argentero, javier bardem lo vuole inculare e la sua db5 è ridotta un gruviera, abbiamo il ritratto completo dell’eroe prossimo alla pensione. a questo va aggiunta, in certi fotogrammi, una lieve somiglianza a bobo vieri che di certo non gli giova. tranquilli comunque: non basterà tutto ciò a bloccare la continuità filmica. nonostante tutto james bond ha sempre il cazzo duro, si taglia e cuce senza sentire dolori ed esce illeso da 11 settembre di ogni genere. per m poi non c’è problema: è già arrivato ralph fiennes e, per dirla con i piturafreska,sarà vera, dopo miss italia ci sarà una mollypenny nera. dimenticavo: voto= 9 aggiuntina dell’ultima ora: oggi quando ho detto al mio amico pallavicini che secondo me daniel craig è il primo james bond che può uscire dall’ombra di sean connery, lui mi ha risposto che ha solo la faccia di un nazista con la meningite. punti di vista. in effetti però... 193


trenitalia

è impossibile, in un film come ffss...etc.etc, riuscire a circoscrivere un momento, una battuta o un personaggio. il montaggio del film riversa sullo spettatore una quantità di momenti epici difficili da riscontrare anche in una sommatoria di dieci altri film di genere. eppure nel momento della sua uscita la critica lo aveva massacrato catalogandolo come il canto del cigno di renzo arbore, stigmatizzandone la volgarità. ancor più sorprendente che non ne sia stata ancora presa in considerazione la rivalutazione. forse bisognerà attendere la morte di mr alto gradimento. è il destino dei grandi. del resto mio padre quando partiva “il poeta e il contadino” metteva sul secondo.

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fin che tognazzi va

i nuovi mostri, film a episodi del ‘77 con la presenza di tutta l’intellighenzia cinematografica italiana di quegli anni. tra i vari episodi quello con tognazzi e orietta berti intitolato l’uccellino della val padana. un capolavoro di politically uncorrect con l’apice dell’ostia e del ‘codio. lo sperma di ugo tognazzi andava conservato, non trasformato in due coglioni.

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un sandinista non fa primavera

la sindrome di sandinista si sta abbattendo sulla critica cinematografica. the master, l’abbozzo di un qualcosa che forse, mi han detto, dovrebbe essere ma non ne sono certo la storia del fondatore di quelli affetti da quella malattia che non puoi mangiare i dolci, ma no dai scherzavo non sono i diabetici, cosa è esattamente? un capolavoro o una cagata?

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otherwise we get angry

john goodman e ryan gosling sono rispettivamente un meccanico e un camionista accomunati dalla passione per le corse automobilistiche. vincitori ex aequo di una frenetica gara di autocross, ricevono in premio una dune buggy nuova, rossa con cappottina gialla. Non potendo dividerla, decidono di giocarsela. john propone una gara a “biorra “e salcicce («il primo a cui deflagra la testa smerdando tutto il locale di sangue e cervello paga il conto e perde la macchina»), e ryan accetta. I due si recano in un locale del vicino luna park per disputarsi il trofeo. La sfida viene però interrotta da una banda di scagnozzi(tom savini, danny trejo, michael madsen) al servizio di uno speculatore edilizio, chiamato semplicemente il Boss interpretato da harvey keitel, intenzionato a demolire il luna park per far posto alle sue costruzioni. gli uomini distruggono il locale. Usciti, john e ryan si imbattono in uno dei malintenzionati( michael madsen) che intima loro di scendere dalla dune buggy. john e ryan rifiutano e tentano di allontanarsi, ma i malviventi speronano il veicolo, incendiandolo con della dinamite sparata da un uzi di fabbricazione taiwan.decisi a pretendere una nuova auto, identica a quella distrutta, john e ryan si recano allora nel 197


ristorante del boss harvey keitel, e qui pronunciano la battuta che dà il titolo al film. al boss che chiede in tono di sfida « altrimenti? », john goodman rimedia infatti un «...altrimenti ci arrabbiamo!», destinato a riecheggiare più volte . allontanatisi i due, il boss è propenso ad accordare la restituzione, ma viene dissuaso dal suo braccio destro, il dottore, uno psicologo freudiano di chiara origine tedesca interpretato da cristoph waltz. l’uomo dissuade il boss: in un monologo di 17,30 minuti, adducendo motivazione che vanno da lady gaga a kierkegaard, il dottore esalta la cattiveria, ma rimprovera al boss di farne un uso gratuito, insensato, privo di scopo. piuttosto che rendere la dune buggy, il boss mette allora alle costole di john e ryan un suo tirapiedi,steve buscemi, che li segue con due ragazze al luna park. tuttavia i due se ne accorgono e, chiedendosi se il boss abbia capito o no le loro intenzioni, si lasciano trascinare in una tacita prova di forza fra le attrazioni del luna park durante la quale il titolare del calcinculo (un invecchiato terence hill ) perde la vista e anche gli occhi a causa di una finta coda di volpe in bronzo che gli finisce proprio in faccia. L’uomo, infine, li invita a seguirli in una palestra, convinto di poterli battere nel pugilato. Ma, mentre sta ancora preparandosi, john e ryan massacrano con l’aiuto di due kalasnikov che custodivano nei pantaloni l’intera gang che li attendeva all’interno. poco tempo dopo, nell’officina del loro amico ben,un irriconoscibile ed invecchiato kevin costner, sopraggiunge una banda di motociclisti in tenuta nera ( flea dei rhcp, robert truijllo dei metallica, lemmy kilmister e david lee roth): il boss li ha inviati a recitare una pantomima fingendo di consegnare un’inesistente dune buggy ai due scocciatori mentre lui ascolta il tutto tramite una radio montata sulla motocicletta del capo della banda. ryan finge di stare al gioco, ma all’improvviso rifiuta, e con rapida mossa disarciona il capo dei motociclisti impossessandosi del suo mezzo. Al termine di una rocambolesca fuga tra i boschi dove vengono carbonizzati ettari di spazi verdi e vandalizzate una decina di specie animali, john e ryan sgominano, amputando arto per arto, gli ultimi due componenti della banda in uno scontro che richiama un duello medievale, con motociclette per cavalli e bastoni 198


per lance. il dottor waltz impone allora al boss la sua opzione finale, e fa venire dagli stati uniti un glaciale killer chiamato paganini perché gli basta un solo colpo e dunque non ripete, questi interpretato da un irriconoscibile uto ughi . non a caso si serve di un fucile nascosto nella custodia di un violino. occhi azzurri, viso pallido, vestito gessato, paganini non proferisce parola, ma chiede un compenso non indifferente per il lavoro. dopo aver provato inutilmente a sorprendere john e ryan in officina, egli segue i due in teatro, dove john sta tenendo le prove del coro dei pompieri, ma non riesce a tenere i due sotto tiro. dopo vari tentativi, sembra finalmente giunto il momento buono. quando però il killer apre la custodia del fucile, si rende conto che esso è stato sostituito con un vero violino. é stato ryan, che ora punta il vero fucile contro di lui e gli spara da un micron di centimetro un colpo alle tempie che fa schizzare frammenti di cervello sul coro.mentre al ristorante il boss e il dottore già festeggiano, certi di essersi sbarazzati dei due, si sente un’orribile sviolinata: è il cadavere fantoccio rattoppato di paganini che, mosso come una marionetta da john e ryan, suona e disturba i clienti. visto l’ex killer, il boss va su tutte le furie, ed è ormai pronto a sfogare la sua cattiveria sul dottore stesso. ma questi ha una provvidenziale ultima carta. convince infatti il boss che la vera mente che guida john e ryan è in realtà geremia, un vecchietto che fa da aiutante a john e che, tempo prima, era stato cuoco nel ristorante (dustin hofmann).quando john goodman scopre geremia rannicchiato sotto un’auto, pesto e malconcio, i due protagonisti (dopo averlo più volte annunciato) finalmente “si arrabbiano”. fiondatisi al ristorante del boss, sfondano la porta con l’auto, demoliscono il locale e spezzettano con due katana che tenevano nel taschino della camicia tutto il personale, ribadendo la pretesa di un’auto nuova.il giorno dopo il boss, sconfitto, consegna a john e ryan ben due dune buggy, dichiarando soddisfacente la soluzione. poi se ne va, sollevato dalla vertenza che lo ha visto perdere in modo così inatteso.mentre john e ryan, felici per il successo, provano le nuove vetture, accade un altro incidente: per distrazione john goodman infatti sperona la macchina di ryan gosling, che si ribalta e va a fuoco. 199


john resta illeso e, imbronciato, assiste allo sfacelo dell’auto. ma la perdita va divisa, e i due si accordano per una nuova sfida a “birra e salsicce”.il film finisce con un monologo cameo di 16,30 minuti di maurizio de angelis che spiega al fratello guido la necessità di sostituire nel periodo invernale le gomme della dunne buggy con delle lamellari più adatte ai climi freddi. il fratello guido dopo aver mimato per varie volte la pistola in direzione dei suoi coglioni vede da dietro comparire un molleggiatissimo pharrel williams che rappando dice: “come with me for fun on my buggy..”. parte la canzone, dissolvenza, titoli di coda per una decina di minuti. quando tutti stanno per uscire compare in primo piano alvaro vitali vestito da pierino che in romanesco dice “ aò a quentin ..ricordete che er prossimo so io...” applausi dei pochi rimasti in sala . vabbè dai ve lo dico: django è una figata

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sorentino lombroso 1-0

io non amo tom hanks. e dire che non lo amo è un eufemismo. mi fa proprio schifo fisicamente, mi fanno schifo i suoi ruoli surreali da coglione, da robinson crusoe, da malato di aids, da prigioniero di aereoporti. nella stessa maniera considero julia roberts e le sue labbra da pugile. non credo andrò mai a vedere films che vedano loro come protagonisti. so benissimo che hanno vinto oscar ma anche un film francese muto in bianco e nero con la trama di un fotoromanzo lo ha vinto recentemente. per definire paolo sorrentino io non servo. cesare lombroso, esperto di fisiognomica, sicuramente lo avrà tipizzato un paio di secoli fa. e non credo sia venuta fuori l’immagine di una persona intellettualmente dotata. però le sue opere maggiori a me intrigano. mi piace il suo modo di raccontare, mi piacciono le sue storie, mi piacciono gli attori che usa. fa dialogare david byrne con sean penn vestito da robert smith e chiude un film su andreotti con dadada dei trio. sono abbastanza imbarazzato, lo ammetto. trovo questa cosa abbastanza inaccettabile per i miei schemi di giudizio. purtroppo però e ‘ così. spero solo che un giorno qualcuno mi svegli e mi dica che, in non so quale alfabeto, sorrentino e ‘ l’acronimo di jarmusch lynch fellini gilliam. ecco: appena finito di dire che mi piacciono gli attori che usa, esce un suo film dove assegna dei ruoli a verdone ed alla ferilli. lui è così: una testa di cazzo.

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roma città poco aperta

io ricordo anna magnani fondamentalmente per quattro cose: la scena strappacuore di roma città aperta, il film con marlon brando vestito di serpente, il volo aereo dove lei era dietro di me e la barzelletta della troia neofita e smemorata che, mentre fa un pompino, invece di pronunciare sophialoren, come le avevavno suggerito, dice annamagnani. da sabato scorso aggiungo una quinta: dalle memorie di paolo poli emerge che anna magnani fosse presente ad uno dei suoi primi spettacoli teatrali a roma. sulla standing ovation finale anna magnani in piedi entusiasta urlò elegantemente sguaiata : “ ammazza quanto sò bbravi ‘sti frosci”. immaginatevi oggi margherita buy che da del bravo frocio ad aldo busi. anzi no, non immaginatevi un cazzo che è meglio.

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ingessame er cazzo che me s’è rotto

Ammetto senza vergogna alcuna di essere un fan sfegatato del commissario giraldi, l’ispettore di polizia con una fortissima connotazione romanesca interprete di una serie di film collocabili tra il genere poliziottesco e la commedia all’italiana. Figura talmente pesante quella del commissario giraldi che dovette unire i talenti di due attori per poter prendere vita. Tomas milian, attore cubano con faccia pazzesca, già utilizzato da registi del peso di lattuada, visconti, vancini e maselli, prestò la sua immagine corredandola della mimica e della gestualità tipica del romano coatto. Ferruccio amendola, fino ad allora attore italiano di secondo piano in film alla poveri ma belli, diede invece la voce romanesca al commissario giraldi fondendola in maniera incredibile al fisico di tomas milian, creando un personaggio che negli anni successivi sarebbe diventatò di puro culto. A giraldi verranno accostate due spalle di tutto rispetto quali il romano bombolo e il napoletano cannavale. Volendo passare ore alle cose tristi ricordiamo che a decenni di distanza il figlio decerebrato di ferruccio amendola ebbe la presunzione di racchiudere in se lo spirito dei due attori interpretando in una sorta di continuazione il personaggio sbagliato identificando erroneamente, e mi auguro anche volontariamente, il commissario giraldi col 203


monnezza. Insomma una cosa terribile. L’altra cosa ve la consiglio: una recente intervista di tomas milian in cui nella maniera più naturale e commovente della terra ci spiega cosa sia l’amore verso una persona, nella fattispecie verso l’amico franco lechner, detto bombolo. e ci spiega soprattutto con quale timida dolcezza si presentò al suo funerale.

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sophia seat coppola

a me sophia coppola piace molto. fisicamente intendo. la donna con la chitarra o con la telecamera in mano, nei miei gusti, parte sempre avvantaggiata anche se in questo caso la somiglianza col padre, al netto di barba e occhiali, è veramente notevole. però lei mi piace, mi ricorda molto charlotte gainsbourg, la più bella delle diversamente belle. entrambe hanno qualcosa di francese: una la nazionalità, l’altra il marito. entrambe hanno sulle spalle il peso di un padre importante e di un congiunto che fa lo stesso mestiere. sophia coppola ha partecipato a un padrino e diretto cinque film, tutti prodotti dal papi con la zoetrope. alcune considerazioni al volo: - gli air sono scaramanticamente la versione francese di marco masini. - bill murray rifà grosso modo la stessa parte di proietti in febbre da cavallo, quella in cui pubblicizza il uischi maschio col fischio o senza il fischio. - bill murray canta molto peggio di brian ferry. - il park hyatt di tokyo ricorda molto la bat-caverna - a maria antonietta piacevano i cure e i bow wow wow - in america c’è gente che, ancora oggi, si domanda che cazzo e ‘ il telegattone. - non puoi guidare una ferrari con un braccio ingessato nemmeno se sei stephen dorff. 205


- paris hilton ha un portachiavi con la torre eiffel e ci tiene legate   le chiavi di casa. solitamente le lascia sotto lo zerbino. - bling ring è una cagata pazzesca.

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ìm bad

faccio fatica a seguire una serie televisiva che non sia una replica di attenti a quei due. negli ultimi quindici anni l’unica serie ( ma più sit com che serie) a cui mi sia appassionato è stata modern family ma solo perchè casualmemte ne ho percepito la scorretta comicità. da molto mi giungono i bombardamenti mediatici di breaking bad. ho resistito, quasi da snob. la lettera che allego è la mia giusta punizione. non sarò mai ben accetto a malibù. Caro signor Cranston Ho voluto scriverle questa email - contattandola attraverso Jeremy Barber - considerato che siamo entrambi rappresentati dalla UTA. Grande agenzia. Ho appena finito la maratona della visione di “Breaking Bad”, dal primo episodio della prima stagione agli ultimi otto della sesta (ho scaricato l’ultima stagione da Amazon), per un totale di due settimane di visione. Non ho mai visto niente di simile. Eccezionale! La sua performance come Walter White è stata la migliore recitazione che ho mai visto. So che ci sono così tanti miasmi e nauseabonde cazzate in questo ambiente, che ho davvero perso la speranza in ogni cosa, in qualche maniera. Ma questo suo lavoro è spettacolare - assolutamente incredibile. Ciò che è straordinario è la potenza pura di tutti nell’intera produzione. Che cosa è stato? Cinque o sei anni di lavoro? Come sono riusciti i produttori (e lei 207


tra loro), gli sceneggiatori, i registi, i direttori della fotografia... ogni reparto, a mantenere la disciplina e il controllo dall’inizio alla fine è (termine inflazionato) impressionante. Quello che era iniziato come una commedia nera, è affondato in un labirinto di sangue, distruzione e inferno. È stata come una grande tragedia, greca o shakespeariana. Se mai potesse trasmettere la mia ammirazione a tutti gli altri: Anna Gunn, Dean Norris, Aaron Paul, Betsy Brandt, RJ Mitte, Bob Odenkirk, Jonathan Banks, Steven Michael Quezada. Tutti, tutti hanno dato prove magistrali di interpretazioni. Ma la lista è infinita. Grazie. Questo tipo di lavoro e arte sono rari, e quando, di tanto in tanto, si verificano, come in questa opera epica, rinsaldano la fiducia. Lei e tutto il cast siete i migliori attori che abbia mai visto. Può sembrare solo fiato sprecato, ma non lo è. È quasi mezzanotte qui a Malibu, e mi sono sentito in dovere di scrivere questa e-mail. Congratulazioni e il mio più profondo rispetto. Lei è veramente un grande, grande attore. Cordiali saluti Tony Hopkins

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escape from tomorrow

topolino dal punto di vista delle imitazioni, specie quelle politicamente scorrette, è molto peggio della settimana enigmistica. walt disney è molto più’ vendicativo però della settimana enigmistica e nei secoli si è ben premunito di perseguire legalmente ogni trasgressore di copyright. ne sanno qualcosa i signori qui sopra che si permisero di profanare il topo con un fumetto che lo vedeva dispensatore aereo di dopa. oggi invece ad essere profanati sono i disney kingdoms, nella fattispecie disneyland e disneyworld, non con un fumetto ma addirittura con un film. “escape from tomorrow “ è il titolo. girato, si dice, senza nessun permesso nei luoghi succitati, con il modo video di macchine fotografiche canon eos 5d, per non dare nell’occhio. è un fantasy-horror che racconta la storia di un uomo con una serie di disturbi mentali ricorrenti dovuti alla sua permanenza in un resort disney. apparentemente uno spot contro. il film ovviamente esce dal sundance ma la disney corporation non fa nulla, non intenta cause nè tantomeno ne blocca la programmazione peraltro quasi d’essai. mistero di topolinia o forse basettoni se ne sta occupando nell’ombra? nel frattempo posso solo augurarmi di vedere il film qui dalle mie parti. 209


il braccio violento di frankestein junior

quest’anno gene wilder compie 80 anni. come presente le sale gli hanno voluto regalare la proiezione cinematografica per una notte della sua, forse, opera maxima. impossibile non partecipare ben sapendo che sicuramente qualche vicino di poltrona avrebbe anticipato storpiandole le battute del film. così’ infatti è stato. tralasciando le storpiature minori mi sento solo di citare “vedrai che piove”. inutile dirvi che mi sono divertito come la prima volta. solo una cosa è stata pazzesca: per la prima volta mi sono accorto che nel cast del film c’è un altro gene, quello del braccio violento della legge.

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fellini scorsese maradona talking heads

fellini rappresenta il cinema italiano, nella fattispecie il cinema da cui registi internazionali hanno attinto a piene mani. scorsese rappresenta il cinema americano. i talking heads rappresentano l’ispirazione per più della metà delle band in circolazione. maradona rappresenta il calcio, se per te rappresenta solo un evasore fiscale o un cocainomane è meglio che ti spari. conosco molta gente, purtroppo ancora in vita, che ricevendo un premio avrebbe ringraziato agnelli o berlusconi. conosco gente che per dire buonasera in inglese ha bisogno dell’interprete. conosco anche una persona che mi ha fatto dimenticare di avere davanti agli occhi venditti,verdone e la ferilli. non è poco per me.

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caran d’ache

guardando un film di wes anderson la prima cosa che ti viene in mente è la scatola dei pastelli. se pensi alla scatola dei pastelli la prima cosa che ti viene in mente è la giacca di formigoni. se pensi alla giacca di formigoni non ti vengono di certo in mente i film di wes anderson. c’è qualcosa che non va. a differenza della giacca di formigoni, i film di wes anderson mi trasmettono una sensazione di tranquillità e di benessere e soprattutto la voglia di rivederli immediatamente. l’ultimo suo film è la sublimazione di quanto ho appena detto. non so se wes anderson abbia mai visto grand hotel excelsior o fosse a conoscenza dell’esistenza di castellano e pipolo (voglio credere di no), ma l’uso quasi indiscriminato di consacrati attori anche per ruoli marginali lo ricorda molto. praticamente in grand budapest hotel la trama è quasi surclassata dalla quantità di attori famosi a volte resi irriconoscibili dal makeup di scena. la mia preferenza va a willem defoe e se vedrete il film capirete perchè. per il resto confermo quanto detto dopo aver visto moonrise kingdom. passo e chiudo.

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cabaret voltaire

ricevo dall’amico jervè un suggerimento alla lettura. lo sottoscrivo con una firma grande come un centro commerciale. non sentitevi in obbligo di leggerla. se vi annoia spostatevi. non lasciate che io vi caghi il cazzo. e se non vi interessa sappiate che mi state già cagando il cazzo. Il cacamento di cazzo: esiste concetto più nobile? Il cacamento di cazzo è un pò come uno spirito antico insito in ognuno di noi, molto spesso sopito, ma che scalpita e si fa sentire nei momenti in cui la noia, il fastidio e l’irritazione si fanno largo. Quando questi tre demoni pungolano la vostra quiete, ecco che arriva il cacamento di cazzo: si muove dentro di voi, si agita, sgomita, sino a quando non prende il sopravvento e voi esplodete in una esclamazione di sanissima intolleranza. Tipo: “Ma sai che ti dico? Ma chi cazzo me lo fa fare di ascoltare le tue stronzate? Sai che c’è, io me ne vado… tu resta pure qua e continua a parlare!” Toni Servillo è diventato il nuovo emblema dell’arte di cacarsi il cazzo, al grido di “Ma vafanculo ‘sta cretina!” Cacarsi il cazzo è un concetto nobile e profondo, con radice antichissime, e che ha permesso di vivere la vita in modo semplice e sereno. Secondo due principi molto semplici: 1) Sto bene con te, resto 2) Mi caco il cazzo, me ne vado (e se provi a trattenermi ti mando pure affanculo) 213


Purtroppo un giorno è arrivato Voltaire con quella storia del non essere d’accordo con le idee ma difenderle comunque, con la tolleranza e altra roba del genere e così, ahinoi, ci siamo costretti a subire lunghi ed interminabili cacamenti di cazzo, senza mai farli esplodere. E questo è un male per varie ragioni. Qui di seguito vi elenco le più importanti: 1) Quando evitiamo di dire a qualcuno che ci sta cacando il cazzo, questi si sentirà invogliato a continuare, quindi indirettamente gli diciamo: “Oh ma tranquillo, cacami il cazzo tutte le volte che vuoi. Ce l’ho proprio per questo”. 2) Se proviamo quella sensazione di enorme fastidio quando qualcuno ci caca il cazzo è perchè il corpo, la mente e lo scroto ci dicono che quella situazione non ci piace, ci annoia, ci infastidisce. Se lo ignoriamo ecco che arriva lo stress, la frustrazione e, infine, la depressione. Andate così da uno psicanalista che non capisce un cazzo di niente e vi dice non solo di accettare quell’emozione, ma anche di analizzarla per bene. Così il vostro cacamento di cazzo addirittura aumenta, per non parlare dei livelli che raggiunge quando vi rendete conto di quanto state pagando in psicanalisi. Quando, invece, sarebbe stato molto più sano ed economico un onesto vaffanculo. 3) Ma vi rendete conto di quanto tempo perdete quando non date retta al vostro cazzo cacato? Mettiamo il caso che sono ad una cena e tutti parlando di Santoro, di Grillo, citano le vignette di Vauro, poi si scagliano contro Berlusconi, passano a Renzi e, infine, controllano il loro i-phone per vedere se ci sono commenti alle foto che stanno scattando della serata. Non so voi, ma in una situazione del genere io lascio andare il mio cacamento di cazzo e me ne vado. Sarà maleducato, sarà poco diplomatico. Ma qual è l’alternativa: stare per ore e ore con un gruppo di imbecilli, a parlare di altri imbecilli? Sò due ore della mia vita, le voglio impegnare come si deve, facendo cose più produttive: anche dormire in questo caso va bene. Ora pensate a tutte queste occasioni e fate il calcolo di tutto ciò che potevate fare se solo non fosse stati così teneramente tolleranti. 214


E ora pensate a cosa succedeva se vi cacavate il cazzo e ve ne andavate? Ore e ore di tempo da poter impiegare per tutte quelle cose che non avete il tempo di fare. E che vi fanno dire: “Oh, com’è triste la mia vita non ho il tempo per fare…” E così, a vostra volta, cacate il cazzo agli altri. 4) Tenete conto che il cacamento di cazzo è un atto naturale, sano e genuino. E quando vi sottraete ad esso il mondo diventa un posto peggiore perchè, come accennato sopra, vi trasformate a vostra volta in dei cacacazzo di dimensioni bibliche. Insomma, il cacamento di cazzo è un concetto che ha le sue radici nello zen, nella capacità di mantenere equilibrio tra lo yng e lo yang (che poi sono concettualizzazioni dei vostri coglioni, reali o metaforici che siano). Il suo rispetto equivale al rispetto dell’ordine cosmico. Chi diavolo vi credete di essere per non rispettare l’equilibrio stesso dell’universo?

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personali

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bs1 vs mo221400

la nostalgia è il segno tangibile del trascorrere del tempo. io sono nostalgico. credo si sia capito. amo hanna & barbera e detesto manga & anime. adoro paul breitner e vomito sul cubismo di cristiano ronaldo. tollero solo la novità in campo musicale ma solo perchè nella musica la novità è impossibile. non riesco ad amare fino in fondo nemmeno il tubo con quel suo accesso facilitato a tutto quello che rappresenta il mio vissuto. io sono geloso del mio vissuto .

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boderek vaffanculo

uno si sbatte per fingere genialità poi basta che bo derek vada a ballando con le stelle che la pagina del tuo blog con la fotina di lei che casualmente è la prima nella scelta di google diventa sovrappopolata. se non sai chi è bo derek non andare su goggle, sparati. anche una sega ma sparati .

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m.o.e.u.d.g.

lo fanno tutti. lo fa il calciatore in pensione. lo fa il cantante tossicodipendente. lo fa il prete che ha salvato il cantante dalla tossicodipendenza  . lo fa ripetutamente  fabio volo. ma soprattutto lo aveva fatto enrico brizzi. e io chi cazzo sono, il figlio della mosetti? una volta liberata la mente dal pensiero di razzinger potrei fare una cosa degna delle edizioni paoline. in certi ambienti farei scalpore.

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un cretino è per sempre

meglio evitare di parlare con un cretino; chi ti guarda potrebbe non notare la differenza. il conte pallavicini anche se non cade più da cavallo da anni ormai, ha sempre ragione. il mondo ha la densità di cretini pari alla densità di abitanti di tokyo. la vera fortuna è quella di chi i cretini li riconosce e può permettersi di evitarli. forse da lunedì anche io sarò in grado di poterlo fare. ne ho pieno il cazzo di gente che cerca di strapparmi le cuciture a vista di margiela pensando siano frutto di una dimenticanza.

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vive l’amour

la quasi monotematicità delle parole chiave di ricerca mi gonfia di soddisfazione il petto . missione compiuta.

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al profeta ezechiele piace la carne di maiale?

Il fatto che io sia entrato in una chiesa con una funzione in corso senza che un pezzo di rosone mi cadesse in testa testimonia il fatto che dio non esiste oppure esiste e non è per nulla permaloso. Il fatto che io in chiesa ci entri solo per partecipare a esequie funebri o a matrimoni dovrebbe, se esiste , comunque farlo riflettere. Oggi assisto all’ennesimo autogol di un pastore del signore, giovane nell’aspetto ma formalmente e dialetticamente vecchio come sanpietro ( quello della pietra, non il pesce). L’occasione per tentare un approccio moderno alla predica-ultimo saluto era ottima: davanti a lui c’era l’involucro di un conclamato omosessuale, probabilmente uno di quelli che ,volenti o nolenti, ha fatto la storia dell’omosessualità a brescia . Oltre a ciò persona gaudente e di cuore. L’occasione si è liquefatta, coperta dai soliti taboo, sprecata in un discorso fatto di pecorelle e pastori e di soliti luoghi comuni cristiani. con l’aggravante di persone dietro di me che dimostravano il proprio gradimento su quanto sopra. del resto non si poteva pretendere che un prete di paese potesse parlare di omosessualità quando suoi colleghi più alti in carica, per molto meno, si sono ritrovati a fare da guardia al santo sepolcro. a questo punto, come sempre, rokton e ‘ illuminante: l’errore e ‘ mio. non c’è motivo di andare in chiesa per matrimoni o funerali quando normalmente nulla ti spinge ad andarci. 224


lui ai matrimoni sta fuori, sul sagrato. ai funerali non ci va perchè non e ‘ di certo un prete che allevia la sofferenza della morte e non è in quel luogo che il defunto rivive. ma tutto ciò non è problema che tocca la SUPER. Lui é immortale.

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nord chiama sud

no, non è un post sull’annosa questione meridionale, ma un’ideale dialogo tra i due estremi della nuova metropolitana di brescia, quella che per la lunghezza del tratto percorso e ‘ stata ribattezzata la centimetropolitana. bella, pulita, moderna, con delle fantastiche stazioni futuristiche, sempre rispettosa dei limiti di velocità perchè la vicinanza tra una stazione e l’altra ne impedisce l’accelerazione. procede un pò sotto, un pò sopra e un pò in trincea (termine realmente usato per la definizione del tragitto) quasi come fosse un bravo soldatino. non chiedetemi perchè ma tutti questi scavi mi ricordano i versi del poeta: “sei nella terra fredda, sei nella terra negra, nè il sol più ti rallegra, ne ti risveglia amor”, la poesia con la quale erroneamente ( giusto perchè ero più bravo in matematica che in italiano) identificavo la sepoltura di dodici cadaveri. l’entusiasmo con la quale è stata accolta è stato quello riservato agli eventi epocali. anche un membro dei belle & sebastian è stato invitato, probabilmente per paragoni ed analogie con la metro di glasgow. ora però è lunedì. la metro costa un euro e venti. a me non serve ad un cazzo perchè tanto d’inverno mi copro, d’estate mi scopro e vado in vespa. e soprattutto anche quando vado a milano preferisco prendere il tram.

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falange tossica

febbraio di quattro anni fa: suonano alla porta. io e rokton andiamo ad aprire mentre l’ammazzamerli e pluda cercano di trovare la posizione dietro il tavolo. sono maura e mammaindie con faccia lievemente imbarazzata: mammaindie mi indica il figlio che tiene per mano e si scusa dicendo che non sapeva dove lasciarlo. io maschero male delusione e incazzatura mentre rokton che con i bambini ci sa fare guardando il soffitto ulula “nooooo dioporco”. dopo questa sommaria prima dichiarazione di intenti guardiamo bene il bimbo: ha una felpa nera con una scritta simpaticamente intimidatoria con un cappuccio di quelli che si cernierano lasciando spazio solo per gli occhi. a questo punto mammaindie non ce lo può negare: per lui è pronta estemporaneamente la parte di coco, il piccolo drogato, mascotte della comunità di falange tossica. grazie a dio questo simpatico siparietto è rimasto sempre fuori dalla portata di assistenti sociali a cui peraltro avremmo sempre potuto dire si fosse trattato di un nano volgarissimo.

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ho le tepa nel cofano della 500

una cosa ho capito col trascorre degli anni: puoi vivere nel mito di qualcosa se quel qualcosa non l’hai realmente vissuto o conosciuto nel suo ciclo standard di vita. ovviamente non è una teoria assoluta ma per quanto riguarda il sottoscritto ha un buon 80% di riscontrabilità. vi faccio un paio di esempi. ho assistito ad un raduno di fiat 500. ho visto gente fissarle ammirata. mia madre aveva la 500. beige, targata bs 221502. rovente d’estate, gelida d’inverno. il cofano baule, il motore nelle orecchie, le ginocchia in gola, i sedili di plastica. quelli fighi avevano la versione abarth che però, per necessità di spazio, doveva mantenere lo sportello motore leggermente socchiuso. quelli ancora più fighi avevano sul retro la scritta giannini (non io purtroppo). mia madre ci mise un paio d’anni a capire che per passare da una marcia all’altra era necessaria la doppietta ovvero quel piccolo colpo di accelleratore dato con la frizione puntata. a tutta sta roba andavano aggiunte le varie magagne che fecero la tipicità del marchio filo savoiardo, ovvero guarnizioni che si scollano, plafonierine che cadono, pomoli del cambio che rimangono nel pugno etc.etc. altra cosa di cui sento parlare con entusiasmo, a volte anche con commozione, è la scarpa ginnica o da calcio tepa sport. prodotta nei sessanta, settanta a rudiano in provincia di brescia. ho sempre creduto si trattasse di artigiano locale fino a che mi capitò di vedere una foto di gigi riva nella sua espressione di gioia dopo un goal con un paio di tepa nere da calcio. il modello più in voga era la ginnica blu finto scamosciato con la tipica V bianca in plastichetta sovracucita. la caratteristica peculiare della scarpa 228


era la copiosa perdita di colore su calze e piedi dovuta alla forte sudorazione provocata dalla finta pelle.oltre a ciò, non molto dopo l’acquisto, la tomaia tendeva a scollarsi dalla suola bianca alta, probabilmente in poliuretano espanso. scarpa ufficiale del frequentatore di oratori nonchè di ogni genere di lavoratore che si potesse permettere di svolgere la propria attività a cielo aperto e con scarpe da ginnastica. l’azienda fallì negli anni ottanta. il marchio fu rivitalizzato qualche anno fa, probabilmente sull’onda emozionale del ricordo di chi non le aveva mai usate. del mito di roberto baggio ho già parlato più volte in diversi post di questo blog. per la colonna sonora del post ho scelto “sei un mito” cantata dagli 883 perchè le immagini iniziali del video mi ricordano i mitici yello, perchè repetto è diventato più mitico di max pezzali e perchè max pezzali è il mitico figlio ritardato a cui ognuno di noi vorrebbe accarezzare la testa.

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caccia grossa

“ogni mattina, in africa, una gazzella si sveglia, sa che deve correre più in fretta del leone o verrà uccisa. ogni mattina, in africa, un leone si sveglia, sa che deve correre più in fretta della gazzella o morirà di fame. quando il sole sorge non importa se sei un leone o una gazzella: l’importante è che cominci a correre”. di anonimo del 900. i più colti tra i fruitori di questo aforisma lo attribuiscono a kipling tanto quanto le parole del motivetto “lo stretto indispensabile” cantato dall’orso baloo . lo si può vedere, in copia ciclostilata, alle spalle di impiegati postali o per lo più statali, incollato con scotch sulle ante di armadi portafaldoni. molto spesso in abbinamento con “se...”, poesia, questa sì di kipling, dedicata al figlio e più densa di precetti e istruzioni che un bugiardino. solitamente la frase della gazzella viene menzionata, da chi ne vuole dare spiegazione, mimando con l’indice ed il medio le gambe nell’atto della corsa. spesso, in ambito lavorativo, funge da sprono a una maggiore aggressività. ricordo che la citazione monca di questo aforisma da parte di pietro mennea durante un’intervista di gianni minà ne fece perdere completamente il senso facendola sembrare lo spot di un safari. se devo essere sincero, nell’ambito “aforismi su ciclostile”, preferisco di gran lunga :”per colpa di qualcuno non si fa credito a nessuno”, più sintetico, commerciale e difficilmente attribuibile a kipling.

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a mariangela si è interrotto il ciclo

chi va in bicicletta odia chi va in macchina. chi va in macchina odia chi va in bicicletta. ma se voi spostate su una macchina quello che fino a poco prima era su una bicicletta state sicuri che questo comincerà ad inveire contro il ciclista che fino a poco tempo prima guidava una macchina e che adesso non può vedere gli automobilisti. non venitemi a dire che non avete mai infilato una sequenza di bestemmie al ciclista che baldanzoso vi marciava contromano salvo poi essere voi a fare la stessa cosa una volta messo il culo su una sella. a meno che voi non siate avvezzi alla bestemmia o la vostra comprensione cristiana vi abbia imposto il perdono nella speranza di poter incontrare nel vostro percorso cristiano in contromano un vostro simile. il discorso e ‘ contorto ma è contorto pure il percorso mentale che porta all’odio in alternanza di automobilisti e ciclisti. grazie a dio o forse sarebbe meglio dire grazie a jan raas, nel mondo esistono amsterdam e gli olandesi .

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un caffe ‘ lungo 25 cm, macchiato, con schiumetta a parte

in italia, da sempre, il caffè bevuto al banco ha un prezzo politico che quasi tutti i bar rispettano. verso la fine dell’ultimo millennio il prezzo raggiunse le mille lire per poi, con l’avvento della nuova valuta, arrivare in brevissimo tempo ad un euro. il prezzo del caffè resta comunque lo stesso indipendentemente dalle macchiature su base lattea. varia qualora si richieda una correzione a base di grappa o di distillato a piacere. la varietà delle macchiature è direttamente proporzionale alla testa di cazzo dei richiedenti. più sei testa di cazzo più riesci a elaborare tipi di macchiatura che richiedano una descrizione particolareggiata anche di 4 o 5 secondi. se vai a napoli o a roma, magari al sant’eustacchio o al chicco d’oro, credo che al primo tentativo di descrizione il barista ti sputi in faccia. come dovrebbero fare anche altrove. all’estero il caffè costa mediamente l’equivalente di tre euro, si chiama espresso e se lo vuoi macchiare non si chiama più espresso. fa mediamente cagare ma quello lo sai prima. il succedaneo del caffè, detto cappuccino, sta recentemente vivendo una seconda giovinezza per effetto dei ghirigori che alcuni baristi realizzano con il cacao sulla schiumatura. prego dio (è un modo di dire) che la prassi non venga trasferita alla macchiatura del caffè. potrebbe avere effetti devastanti.

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down under manhattan bridge overseas

“piango per cose davvero stupide. l’ultima volta che l’ho fatto stavo leggendo un libro di fiabe per bambini “. lo dice robert smith, praticamente i cure. scopro proprio adesso di avere la sua stessa sensibilità’. mi commossi da bambino quando vidi mowgli abbandonato da baloo e bagheera e quando vidi dumbo che, ancor prima di diventare un quartiere di brooklyn, si recava dal padre nella gabbia del circo. mi commossi da adolescente vedendo richard gere che da gentiluomo diventava ufficiale. recentemente mi sono commosso quando ho visto il bambino sfigato di school of rock fare un assolo di chitarra. in compenso non mi sono commosso quando ho visto franco baresi piangere dopo aver sbagliato il rigore delle finale usa 94. lì credo di aver riso di gusto, forse in sintonia con robert smith.

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lost in translation

il david di michelangelo diventa il devid, come letterman. il campionato dilettantistico di calcio CSI diventa si es ai, senza morti ammazzati però . lo specimen perde il genitivo speciminis e diventa l’uomo dello spazio. jaws si riducono e diventano lo squalo. citizen kane perde le prime tre posizioni e diventa quarto potere. inglesizzare l’italiano o il padre dell’italiano e italianizzare l’inglese traducendolo a cazzo.

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ficarra e govi

“ieri e oggi” era una di quelle trasmissione della rai anni settanta che prediligevo. il format, analizzato oggi, appare di semplicità assoluta: il presentatore invita nel proprio salotto televisivo due o tre ospiti, a seconda del loro peso specifico, ed insieme commentano immagini e filmati relativi alla loro carriera artistica televisiva. sulla sedia del presentatore si susseguirono lelio luttazzi, arnoldo foà, enrico maria salerno, luciano salce e, udite udite, mike bongiorno. gli ospiti potevano spaziare dal mondo della canzone, del teatro, della lirica, del cinema e del primo cabaret. scopro da poco che youtube è ricettacolo di queste trasmissioni pubblicate molte volte per intero. la mia attenzione si va dunque a focalizzare su una puntata che vede ospiti cochi e renato che in quel momento rappresentavano la nuova comicità nonsense. il presentatore, un burbero arnoldo foà, non mi sembra molto espansivo nei loro confronti. a tratti non capisce o finge di non capire il senso delle loro gag. anzi ad un certo punto manda in onda, a titolo di confronto, un vecchio sketch di gilberto govi esaltandone la vis comica. succede in pratica la stessa cosa che potrebbe succedere a me se fossi oggi sulla sedia del presentatore di una trasmissione analoga: inviterei, chessò,due a caso, ficarra e picone, li presenterei forse sbagliando i loro nomi, “ecco a voi ficagna e piccone”, farei passare alcune loro performance scuotendo vistosamente la testa e poi manderei in onda un bel riflesso filmato di a me mi piace il mare, stavolta ammiccando altrettanto vistosamente. tra 235


trent’anni mio figlio prenderà il mio scettro alla guida della trasmissione. inviterà xetron e erixia, personaggi di punta dello show comico “il bagaglino di zelig cafè “ e scutendo la testa dirà loro che la vera comicità era quella di nucleo e capsula. ed io morirò per la seconda o la terza volta.

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L is for laminchia la teoria secondo la quale si ritiene avvantaggiato nelle dimensioni sessuali chi e ‘ penalizzato nell’altezza oggi è più che mai attuale. vengono quotidianamente alla ribalta personaggi talmente piccoli che se vera questa bizzarra teoria sono direttamente essi stessi il proprio cazzo e ,volendo matrioskanamente proseguire, sono un cazzo così grande che il cazzo del loro cazzo è probabilmente un ‘unghia e così a seguire. i nani sono sempre più volontari protagonisti delle nostre cronache. a novembre ricordo di averne già parlato. confermo cosa li accomuna: l’amore per la figa, ora che ci penso, intesa anatomicamente come organo alla propria altezza e non come sineddoche. forse la tenera e sognante amelie aveva capito tutto.

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luoghi comunali

prendo spunto dal numero 120 citando qualche luogo comune abituale sulle città d’italia: a parma e a modena si mangia bene un pò ovunque. venezia e ‘ bella ma non ci abiterei. a rimini la piadina è più buona per via della acqua. a bologna il centro e ‘ molto bello ma se ti sposti anche solo di cinquanta metri c’è un gran degrado. verona è la più bella delle città piccole. milano non è a misura d’uomo ma poi, alla fin fine, vivi il tuo quartiere. a ferrara vanno tutti in bicicletta ma poi d’inverno c’è nebbia. torino sta diventando proprio bella però sono tutti terroni per via della fiat. napoli e ‘ bella ma per starci un giorno / finchè non ti rubano il rolex/ per prendere il traghetto per capri/ finchè non prendi il colera ( quattro varianti). roma sarebbe bella se non ci fossero i romani che però ti fanno molto ridere se non ci devi lavorare. a palermo fanno benissimo la cassòla anzi no, la cassata. porto rotondo è finta. macerata non so in che regione sia. brescia mi sembrava una città così così però una volta bob dylan indicando al mio amico ugo il tempio capitolino gli chiese “cos’è quella figata?” e da allora mi piace. firenze è la culla del mio cazzo (ho fatto la prima scopata della mia vita). 238


mio aperitivo vigoroso

50 ml di pimm’s n 1 75 ml di ginger ale 3 fette di cetriolo foglie di menta 4 cubetti di ghiaccio versate nel bicchiere il pimm’s, aggiungete poi il ghiaccio, le fette di cetriolo ed il ginger ale ben ghiacciato. mescolate con l’apposito cucchiaio lungo per cocktails, guarnite con qualche fogliolina di menta e servite subito. se andate alla galleria dell’ombra il cetriolo portatevelo da casa, magari non sporco di merda. se andate alla bicicletta portatevi una sdraio ed un giornale da casa ed aspettate il vostro turno. forse è meglio che vi portiate anche il pimm’s da casa perchè tanto adriano non ve lo fa. al massimo vi fa un biancosarti .

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vita di brian

i grandi quesiti della mia generazione sono stati “ chi ha sparato a j r” e “chi ha ucciso laura palmer”. il primo quesito lo abbiamo risolto con un sospiro di sollievo in quanto il petroliere texano ne usci ‘ indenne. il secondo quesito lo abbiamo annacquato nelle elucubrazioni psico-demenziali di un david lynch alla prima esperienza come regista di serie televisiva. da quel momento in poi la nostra strada è stata in discesa: nulla ci ha più’ impressionato. abbiamo superato indenni le nefandezze di lost, ci siamo puliti il culo con le morti mal interpretate di cento vetrine, non abbiamo versato nemmeno una lacrima per la morte annunciata di walter white. ora però la nostra sensibilità’ è messa a durissima prova. e non per colpa di una serie o di telefilm ma per colpa di un cartone animato o meglio “il cartone animato”. è di un paio di giorni fa la notizia che brian, il cane iper-umanizzato della famiglia griffin, è morto in un incidente stradale. credetemi che sono sconvolto, e non sto scherzando. non riesco a guardare lo streaming della puntata nello stesso modo in cui non riuscivo a vedere i riflessi filmati delle spareggio brescia-udinese del ‘93. sono affranto e mi impressiona il fermo immagine di brian sul lettino dell’obitorio. a sto punto credo che seth mc farlane sia dio. e credo pure di aver bisogno di uno psicologo. 240


amici celebri

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rokton, il miniassegno e la febbre da palcoscenico

sapete che cos’hanno in comune grace jones, amanda lear e christina moser dei krisma? forse sono state tutte e tre a san remo? forse hanno tutte e tre un conto corrente a lugano? forse hanno tutte e tre un grilletto da 9 centimetri? forse si, ma quello che interessa a noi è che queste tre abbiano in comune una relazione più o meno carnale con il nostro amico roberto tonoli in arte rokton. per essere più precisi: una l’ha chiavata, l’altra avrebbe potuto chiavarla, con la terza ha solo limonato. partiamo dalla chiavata mancata. rokton e il suo amico vanno a vedere un concerto di amanda lear in una discoteca verso la fine degli anni 70. tramite le conoscenze dell’amico riescono ad arrivare fuori dal camerino di amanda prima del concerto. la cantante appare sulla porta con una tuta rossa aderente coperta da una vestaglia. ha solo occhi per il giovane rokton che non trova niente di meglio che farsi autografare un miniassegno da 150 lire che teneva in tasca. amanda prende in mano il miniassegno, lo firma senza togliere gli occhi dalla faccia di rokton. gli fa un discorso sulla vacuità del denaro ricco di doppi sensi ammiccanti non meglio specificati.poi saluta passandosi la lingua tra le labbra facendogli con l’indice il gesto del ci vediamo dopo. sembra che durante il concerto gli abbia dedicato “tomorrow”.ovviamente non ci fu un dopo. il giovane rokton passò il mese successivo ripetendo ossessivamente a chiunque incontrasse” voulez vous a 243


rendez vous..”. a distanza di anni afferma con l’arroganza di colui che sa che amanda lear è un ermafrodita, cioè uno che ha i coglioni all’interno. a me sinceramente questa affermazione ricorda molto la barzelletta sulla gazzella dei carabinieri però faccio finta di niente e la prendo per buona. il bacio alla francese con christina moser fu una cosa molto più semplice. dopo un concerto dei krisma, maurizio arceri stava facendo vedere al nostro la famosa ferita procuratasi nell’atto punk ma non troppo di amputarsi una falange. da dietro arriva christina che così, di punto in bianco, lo prende e gli caccia la lingua in bocca. sinceramente da una che, anni fa, durante un programma rai tipo uno mattina si mise a parlare di fisting, avrei potuto aspettarmi anche di meglio. ma arriviamo ora al pezzo forte: rokton vs grace jones. fine anni ottanta inizio novanta, maxidiscoteca zona lago di garda. concerto di grace jones.c’è molta curiosita ‘ perchè il nero a quel tempo rappresenta ancora l’esotico, il diverso. rokton ovviamente è lì a sbafo in quanto amico del proprietario della discoteca. nel preconcerto succende il fattaccio: grace jones prima di salire sul palco deve per forza chiavare, un pò come gullit prima di entrare in campo. ma chi la chiava? si apre il tototromabata con una serie di improbabili pretendenti. rokton si defila ma lavora nell’ombra. la faccio breve: come sempre succede in italia, chi conosce chiava, e rokton conosce il proprietario del locale. quindi e ‘ rokton a varcare la soglia del camerino di grace jones: lei, di circa 15 anni più di lui e ‘ una tigre. lui balbetta prisencolinansineciusol perchè in inglese sa dire solo “love me do”, lei ride. rokton vede i cabaret di pastine e salatini ( prevalentemente salatini, dice) e diverse bottiglie di champagne nei cestelli del ghiaccio. ma grace jones non lo fa mangiare, non è nel suo camerino per mangiare. lui, con l’acquolina in bocca, si infila un preservativo perchè sa che il soprannome di grace è “ la puttana di new york “(?). lei ha una figa rossiccia con pelo fulvo. parte con un pompino e poi si fa scopare in piedi, probabilmente su una gamba. viene in venti minuti che solo a pensarci mi si inganfisce il piede. mentre rokton stantuffa, lei ride e fa battute in inglese che ovviamente cadono nel vuoto. lo graffia più volte sulla schiena per ricordargli che è 244


una tigre. poi ciao ciao ci si vede. lui sa che non sarà ricordato da grace jones come una delle dieci scopate migliori della sua vita ma sa che dopo venticinque anni avrebbe avuto una marea di cagate da raccontare. di li a poco parte il concerto: rokton e ‘ sotto il palco e quando lei gli passa vicino lui la tocca in un gioco di sguardi molto simile a quello con amanda lear. tutto questo non è ovviamente documentabile. si va in fiducia. ovviamente ho risparmiato di parlarvi del fatto che esistesse, su un muro di max’s kansas city, un foto in bianco e nero con grace jones, stirling saint jacques, andy warhol e mick jagger dove da dietro fa capolino rokton che saluta, perchè sinceramente mi sembrava una cagata .

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nel ventre di mariele

proprio quando uno crede di conoscere bene i propri amici ecco che ti arriva la sorpresa: il tuo quasi coetaneo, all’età di sei anni, è stato concorrente dello zecchino d’oro, la san remo del bimbo, appuntamento immancabile dell’ infanzia dei nati dai primi sessanta ai fine settanta. la kermesse canora si teneva a bulagna, preso il teatro dell’antoniano. il presentatore era un simpatico ragazzotto vestito da mago in calzamaglia accompagnato da un finto scolaretto scemo di nome richetto (la futura voce di topo gigio), sua spalla in gag che dire dozzinali e ‘ poco. da qui uscirono hit immortali inneggianti a gatti, toreri, peppine, moscerini arrivate inossidabili fino ad oggi. In sede di revisionismo così come mi sembra impossibile non considerare mariele ventre, la direttrice del coro, una tipica suora laica, immagino il mago zurli un michael jackson bianco (?) che dietro le quinte non mancasse di fare doppisensi sulla sua bacchetta magica. Il mio amico però ha, o comunque finge, un ricordo vago circa la sua partecipazione.

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appendici

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intervento reale sul blog (peraltro già reiterato verbalmente):

-si chiama marina, non maria -tu hai scritto anche a enrico brizzi che frusciante non si chiamava jack ma john, vero? -no, non so proprio di cosa parli, ma la occhiena si chiama marina e non è colpa mia -ok, va ben lo stesso avete visto che il mio corso “come mantenere in gola un porcobeep e vivere felici” sta dando i suoi frutti?

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