La pazzina idiorritmica

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La palazzina idiorritmica

Proposte di vita condivisa per la città della speculazione

La palazzina idiorritmica

Proposte di vita condivisa per la città della speculazione

Francesca Pesce | 897195

Relatore | prof. Gennaro Postiglione Correlatore | prof. Gian Luca Brunetti

Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni Corso di Laurea Magistrale in Architettura - Ambiente Costruito - Interni AA 2020/2021

Il mio fantasma: l’idiorritmia

Un fantasma (o almeno ciò che io definisco tale): un ritorno di desideri, di immagini, che vagano, si cercano in voi, anche per tutta una vita, e spesso si cristallizzano solo attraverso una parola.

[..]

Né duale, né plurale (collettivo). Una sorta di solitudine interrotta in un modo definito: il paradosso, la contraddizione, l’aporia di una condivisione delle distanze – l’utopia di un socialismo delle distanze (Nietzsche parla, per le epoche forti, non gregarie, come il Rinascimento, di un «pathos delle distanze»). (Tutto questo è ancora approssimativo.)

[..]

1. Idiorritmo, quasi un pleonasmo, in quanto il rhuthmos è per definizione individuale: interstizi, fuggevolezza del codice, del modo in cui il soggetto si inserisce nel codice sociale (o naturale).

2. Rimanda alle forme sottili del genere di vita: gli stati d’animo, le configurazioni non stabili, i passaggi depressivi o esaltati; insomma, il contrario di una cadenza imperiosa, implacabile nella sua regolarità. Abbiamo dovuto aggiungere idios a ritmo poiché questo ha assunto un significato repressivo (vedi il ritmo di vita di un cenobita o di un falansteriano, che deve agire in un quarto d’ora): idios ≠ ritmo idios = rhuthmos

Nel suo luogo originario (l’Athos), l’idiorritmia caratterizza la proporzione di comunità fantasmata – quello è il suo vantaggio, la sua forza motrice (per me). Proporzione = una ontologia dell’oggetto. Architettura.

Roland Barthes - Come vivere insieme

Abstract

L’abitare è da sempre il tema più dibattuto in campo architettonico: tema di una letteratura sterminata, di grandi dibattiti e al centro dell’attenzione dello tsunami pandemico che ha obbligato a convivere con le proprie case o con la loro assenza. Cambiamenti socio-economici, culturali e demografici hanno caratterizzato gli ultimi decenni del panorama italiano e mondiale e hanno portato alla creazione di nuovi profili di abitanti e nuovi nuclei familiari.

Ad una moderna “liquidità”, connotata da temporaneità e innalzamento della richiesta d’affitto, congiuntamente ad un aumento delle disuguaglianze sociali, corrisponde però un patrimonio edilizio non adeguato, modellato sui canoni della famiglia tradizionale, senza metterne in conto la stessa precarietà.

La tesi si prefigge di fornire una possibile risposta a queste nuove esigenze, proponendo un modello di coabitazione trasversale caratterizzata da mix funzionale, sociale e generazionale. Attraverso quindi lo studio di progetti coabitativi e un’indagine sul rapporto e le sfumature tra sfera pubblica e privata, si opera: in ambiente urbano, dove le istanze si fanno più forti; sul patrimonio costruito, a fronte di un minor consumo di suolo e impatto ambientale; su una tipologia ricorrente, per sviluppare un progetto pilota replicabile e adattabile su grande scala.

Si è deciso di lavorare sulla città di Roma, le cui nuove dinamiche sono tra le più forti. La città ha subito una forte espansione a partire dal secondo dopoguerra, con una crescita a macchia d’olio e disorganica

a seguito del forte aumento demografico, divenendo terreno di speculazione di grandi società immobiliari e interessi di costruttori. È in questo periodo che si fa strada la palazzina, una tipologia che diventerà endemica nel panorama romano. Terreno di sperimentazione per gli architetti, della palazzina romana è nota quella d’autore, quella impegnata.

Il progetto prende in considerazione l’altra faccia della palazzina, “cellula della città in espansione” che costituisce il tessuto della speculazione: protagonista silenziosa che, pur facendone parte, fatica a fare città.

Il progetto pilota trasforma quindi “una palazzina qualsiasi” situata nel quartiere Balduina nel tentativo di trovare una soluzione resiliente e polivalente attraverso il disegno degli interni, abbandonando parzialmente il suo carattere prettamente residenziale per far posto alla città e divenendo tessera collaborante al sistema urbano. Il simbolo della speculazione edilizia diviene quindi non solo il servizio alla città, ma anche possibile risposta coabitativa alle nuove esigenze, sviluppando un co-livng nel quale la collettivizzazione di alcuni servizi e attività convive insieme alle istanze di privacy delle quali la stanzacellula si fa portatrice.

Prendendo in prestito il termine da Roland Barthes, la palazzina diviene “idiorritmica”, il terreno in cui il proprio ritmo di vita si concilia con quello degli altri, nel quale alla base del vivere insieme vi è il buon rapporto tra l’individuo e il gruppo e tra il gruppo e l’esterno.

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Living has always been the most debated topic in the field of architecture; the subject of endless literature, great debates and the focus of the pandemic tsunami that has forced people to live with their homes, or lack thereof.

Socio-economic, cultural and demographic changes have characterised the last few decades of the Italian and world scene and have led to the creation of new profiles of inhabitants and new households. A modern “liquidity”, characterised by temporariness and an increase in the demand for rent, together with an increase in social inequalities, corresponds however to an inadequate housing stock, modelled on the canons of the traditional family, without taking into account its precariousness.

This thesis aims to provide a possible response to these new needs by proposing a model of transversal cohabitation characterised by a functional, social and generational mix. Therefore, through the study of co-housing projects and an investigation of the relationship and nuances between the public and private spheres, it was decided to work in an urban environment, where the demands are strongest, on the built heritage, with less land consumption and environmental impact, and on a recurring typology, in order to develop a pilot project that can be replicated and adapted on a large scale.

It was decided to work on the city of Rome, whose new dynamics are among the strongest on the Italian scene. The city has undergone a strong expansion since the Second World War, with a spotty and

disorganised growth as a result of the strong demographic increase, becoming an area of speculation by large real estate companies and interests of builders. It was during this period that the apartment building made its appearance, a typology that was to become endemic on the Roman scene. A field of experimentation for the most famous architects on the Italian scene, the Roman apartment building is known for its author’s work, its commitment.

The project takes into consideration the other side of the building, the “cell of the expanding city”, the lesser-known side that forms the fabric of the speculation: the silent protagonist that, despite being part of it, struggles to make the city.

The pilot project therefore transforms “an ordinary building” located in the Balduina district in an attempt to find a resilient, multi-purpose solution through the design of its interiors, partially abandoning its purely residential character to make room for the city and becoming a collaborating element in the urban system. The symbol of building speculation thus becomes not only a service for the city, but also a possible co-habitable response to new needs, developing a co-living in which the collectivisation of certain services and activities coexists with the need for privacy which the room-cell brings with it.

Borrowing the term from Roland Barthes, the building becomes “ idiorrhythmic”, the terrain in which one’s own rhythm of life is reconciled with that of others, in which the basis of living together is the good relationship between the individual and the group and between the group and the outside world.

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Indice

References: albero bibliografico

I - PREMESSE E COABITAZIONE COME POSSIBILE RISPOSTA

1.1. Nuove dinamiche

1.1.1. Fattori economici e lavorativi

1.1.2. Fattori socio-culturali e demografici

1.2. Nuovi profili

1.3. Coabitazione come possibile risorsa

1.4. Breve storia della coabitazione

1.5. Risposte attuali

1.5.1. Risposte informali (Pratiche)

1.5.2. Risposte formali (Politiche)

1.5.3. Risposte spaziali (Progetti e ricerche)

1.6. Co-living: un tentativo di definizione

1.7. Bibliografia e sitografia

II - CASI STUDIO (ALLEGATO)

2.1. Le categorie

2.2. Selezione dei casi studio

2.3. Glossario

2.4. Schedatura dei casi studio

2.4.1. Park city

2.4.2. LT Josay

2.4.3. House for 7 people

2.4.4. Svartlamoen

2.4.5. Co-résidence

2.4.6. La borda

2.4.7. Haus A

2.4.8. Vindmollebakken

2.4.9. R50

2.4.10. 110 Rooms

2.5. Conclusioni

2.6. Bibliografia e sitografia

III - SPAZIO CONDIVISO, SPAZIO PRIVATO

3.1. Gradi di pubblicità: dalla strada alla stanza

3.2. La casa: evoluzione degli interni domestici

3.3. Spazi interni privati, spazi interni pubblici

3.4. Il regno della privacy: la stanza

3.5. Bibliografia e sitografia

IV - ESPANSIONE DELLA CAPITALE E NASCITA DELLA PALAZZINA ROMANA

4.1. Evoluzione demografica e crescita della città

4.2. La crescita indiscriminata e la società generale immobiliare

4.3. Nascita della palazzina romana e la palazzina d’autore 4.4. La palazzina della speculazione: caratteri distintivi 4.5. La palazzina nel cinema 4.6. Bibliografia e sitografia

V - PROGETTO

5.1. Inquadramento del quartiere 5.2. Il mercato immobiliare a Roma 5.3. Una palazzina qualsiasi 5.4. Premesse al progetto 5.5. Strategia d’intervento 5.6. Il progetto 5.6.1. La città porosa 5.6.2. Percolazione urbana 5.6.3. La palazzina pubblica 5.6.4. L’aggregation 5.6.5. Le unit 5.6.5. Il sovra-collettivo 5.6.6. Un progetto pilota 5.6.7.Particolari di studio 5.7. Riflessioni su possibili modelli gestionali 5.8. Bibliografia e sitografia

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Albero bibliografico

Vitam, optaque voluptas eat aut verrovit re volor re, omnitae qui cum custias molorpos dolorendanto beatis ullaut res alis nonsequis si dolum autempo rectorr ovitiunt debita aut quid expeliquamus et, serrum verum esed utet dit, quidit officae am eossequia vellaut doloreria dolor aut explibeatur sitionse dit facepe ea alitatur? Rio voluptate numque odigendias moles ea vent dolorera pariandae volorio nseque prorepe rernat.

Ceperem ilignis et estiantur, omnimenimint od quametum quia si as anitio. Ur ma nem que nonseque conse debis ero et quam estis doluptae accum ut et erspers pelenderum dolorrumquis que opta sunti dit dolorem que nonse doloreictas ut officillor re vendamus, se posa simolupta dolupta tionsenis porro tem dollit, omnimin nihitia tiatur sincident et et aut optur, solo que sit faccustia volupta nemodigent, cus eatin eum fugit et utem. Ihillenis sus rescipsam enimil ea poresed que necto quis nossi dolorum quaectur?

Pidi vitas earciis esenest, occulpa rcipsa eicae

12 LA CASA E CHI CI ABITA Guida per abitare bene insieme HOUSING AFFORDABILITY minimum dwelling published magazine photograph Sparsely captioned Wohnung’ scenography international co-operative concerning domestic advantages co-operation middle-class individualism. wanted romantically co-operativism, architecture housing policies mercato dell’affitto Abitare oltre la proprietà Quaderni Future Legacy Re-housing dispositivo integrazione Pubblico Residenzialità Approvato SISTEMA RESIDENZIALITA’ SOCIALE TEMPORANEA Avviso Pubblico per costituzione lenchi Enti Gestori coerenza con disposizioni contenute nelle Deliberazioni Giunta Comunale 837/2014 2256/2014 Politiche Sociali Ediesse, http://www.ediesseonline.it/riviste/rps riconversione pubblica terreno innovazione emergenza abitativa Milano Massimo Bricocoli, Cosimo Sabatinelli utamenti strutturali recessione economica impatti significativi condizioni specie implicazioni fatica crescente abitazione, perde proprie Comuni. assenza soluzioni adeguate, tipicamente intensità stanze d’albergo soluzioni tempo costose inappropriate. bisogni decrescenti, Locali sperimentazione programma “Residenzialità Sociale Temporanea” promosso Comune maggiore efficacia configurare soluzioni residenziali appropriate abstract familistic welfare comparatively redistributive inclusive. Among evident implications observes growing difficulties affording housing, increasing incidence rented apartments quicker evictions. dwelling solution networks municipal services. absence intensity homes), rooms: solutions expensive governments experimenting scattered analyzes experimentation “Social Temporary Dwelling promoted combines recalibration current expenditure appropriate residential Governare l’abitare informale. Considerazioni partire Milano Roma. Emanuele Annunziata Introduzione fenomeno dell’abitare informale identificato nell’auto-costruzione abusiva d’immobili riconosciuta letteratura tratto peculiare dell’urbanismo italiano nonché informale accesso proprietà tempi Cellamare Coppola, 2013). trattato fenomeno occupazioni stabili scopo abitativo, malgrado sembri svolgere funzione altrettanto consolidata entro sistema. soluzioni “fai-da-te” popolazione soggetta motivi diversi dinamiche espulsive, dispiegandosi dell’azione collettiva, iniziativa singoli familiari. ambito, presente contributo concentra relazione economia politica dell’abitazione abitare informale; assunte dall’abitare informale attori; governo condizioni strutturali contesto alimentano fenomeno rintracciati “questione abitativa” Rapporto Leonardis 2016) l’assetto abitativo; dinamiche complementari crescita vulnerabilità riduzione squilibri sistema abitativo Italia abitativo presenta caratteristiche modello “Sud-Europeo” (Allen 2004), proprietà godimento preponderante. Questa storicamente incentivata primaria protezione sociale, welfare assegna riproduzione sociale. L’ultimo Censimento Popolazione Abitazioni 2011) nuclei familiari risiedenti proprietà 71,88%, 10,03 risiede usufrutto titolo gratuito. dell’affitto interessa percentuali modeste familiari patrimonio. percentuale locatari aumenta grandi raggiungendo patrimonio destinato all’affitto concentrarsi (Agenzia Entrate, valori locativi elevati. generale, immobiliari residenziale ammontano nazionale soltanto 4,4% immobiliari residenziali, percentuale abitazioni disposizione ammonta all’8,9% Social Housing mercato immobiliare Italia: focus sull’edilizia sociale Cassa depositi prestiti Magenta, Square Meeûs, Bruxelles 2131950 03 depositi prestiti R e p o r t m o n o g r a f i c o affordability politiche di walefare CO- LIVING: strategy for the future city housing Vanazzi la società odierna disuguaglianze Da MicroMega Estizzazione. La nostra vita dopo coronavirus Sergio Benvenuto meditavo schizzo sfondo profetico modo vivere uturo prossimo: gran attività svolgiamo ancora pubblico verranno Avevo anche trovato “scientifico” questa mutazione vivere, ovviamente preso antico: estizzazione Estia, focolare domestico Vesta romana). imposte Italia altrove arginare diffusione coronavirus quelle ipotesi “avveniristiche” attuali. Credo dopo debellato riusciremo), tornerà prima. processi saranno enormemente accelerati. grandi aziende hanno instaurato bizzarro inglese immaginario chiamato working (nell’inglese dice working remotely oppure home modalità nella l’Italia ritardo: lavorare computer anziché ufficio. L’emergenza insegnerà aziende, piccole, lavorare dipendenti computer molto costoso loro, meno stressante dipendenti. fantozziano timbrare cartellino considerato atroce arcaismo: conterà tempo pass produce altrove generalizzazione lavoro cottimo. Risultato: avremo ingorghi traffico punta. Inoltre, impiegati saranno costretti, giorno, colleghi detestano. Ognuno smaltirà proprio lavoro della giornata, quando Talvolta questa “estizzazione” avverrà ancora toccati, esempio nell’insegnamento, dalla media universit idioritmia difesa del privato domestic landscape CO- LIVING: strategy for the future city housing Laura Vanazzi vita in città Project Financing Espansione romana e la palazzina Studio Legale Radice Cereda Project Financing”paternariato pubblico privato nuove opportunitàper la realizzazione delle opere pubbliche Milano, 19 novembre 2009 Avv. Sergio Cesare Cereda Partner dello Studio Legale Radice Cereda cereda@uninetlex.com Partenariato Pubblico Privato: punto vista della Pubblica Amministrazione Bolzano, novembre 2014 Unità Tecnica Finanza Progetto Libera Università Bolzano UNIVERSITA’ DEGLI STUDI PADOVA DIPARTIMENTO SCIENZE ECONOMICHE AZIENDALI “M.FANNO” CORSO LAUREA ECONOMIA PROVA FINALE L'EFFICACIA DELLA FINANZA PROGETTO PER OPERE PUBBLICA UTILITÀ RELATORE: CH.MO PROF. BRUNO MARIA PARIGI LAUREANDO/A: BIANCA NAVONI MATRICOLA 1089914 ANNO ACCADEMICO 2016 2017 riuso urban co-living CO-LIVING TOOL FOR URBAN REGENERATION Re.Co.De. Reloading Contemporary Dwelling The Revolution Housing Indoor Zeitgenössisches Wohnen im Bestand Die Revolution des Wohnens vollzieht sich im Inneren Massimo Bricocoli Gennaro Postiglione Stefania Sabatinelli città come servizio all’abitare l’abitare condiviso L’Habitat, Plus Grande Petite Echelle Territoire STAR strategies architecture collaboration MONU magazine BOARD L’Intérieur Métropole Co-Résidence™ ‘Habiter en Grand’ Comment Payer pour ‘2CV’ Remporter ‘Co-Rolls Royce’ strategies architecture (mandataire) MONU Magazine Urbanism BOARD Elioth-Egis Group Capital

L’evoluzione sociale, ma anche economica e politica, è sempre stata il motore delle trasformazioni sul tema dell’abitare. La sfera della domesticità è un’arma formidabile per il condizionamento delle società per la costruzione di scenari progettuali e narrativi di grande impatto.

(Beatriz Colomina, Domesticity at war, Actar, Barcellona, 2006)

1. Premesse

La ricerca presentata di seguito è figlia degli studi effettuati al Politecnico di Milano, all’interno del Dipartimento di Architettura e studi urbani (DASTU).

Il tema affrontato parte dall’osservazione di nuove dinamiche economico-sociali e, quindi, della successiva evoluzione nelle pratiche dell’abitare. Ne emerge una tendenza abbastanza chiara, che si manifesta in tutto il mondo, ovvero la pratica della coabitazione come risposta alle nuove dinamiche appena citate. Il risultato di questa tendenza si rivela all’affermarsi di nuovi profili che si organizzano tra loro in varie conformazioni al fine di vivere insieme.

dinamiche

Negli ultimi anni si sono manifestate dinamiche nuove, quest’ultime sono il frutto di vari fattori che possiamo raggruppare all’interno di due categorie principali: fattori economici e fattori socio-culturali. Mutamenti sociodemografici e socio-economici insieme ad un periodo di recessione economica, politiche di austerità e debolezza delle politiche di welfare, portano inevitabilmente ad una riflessione sul tema dell’abitare. Immigrazione e trasformazioni economiche e culturali hanno come conseguenza la variazione del tessuto sociale e perciò necessitano di un adeguato rinnovamento del patrimonio architettonico.

All’indomani della Seconda guerra mondiale, che aveva causato morti e bloccato le nascite, si assiste ad un’immediata reazione dal punto di vista demografico: dal 1959 aumenta il numero medio di figli per donna (baby boom). Al mutamento delle tendenza della natalità si accompagna un radicale cambiamento delle strutture familiari, ad esempio diminuiscono i componenti delle famiglie, che si muovono verso la città alla rincorsa dell’industrializzazione. Crescono i consumi, arriva la televisione, aumentano i mezzi di trasporto privati, aumenta il terziario. Negli anni ‘70 e ‘80 cambia l’idea di famiglia: divorzio, aborto, invecchiamento, cambia il ruolo della donna. Inoltre, dai primi anni ‘50 la vita media in Italia supera i settant’anni. Possiamo anche citare la disoccupazione post crisi petrolifera (73-74), il rallentamento delle migrazioni nord/ sud, la crescita di quelle estere. Insomma, tutti questi fattori economico-sociali hanno drasticamente mutato le dinamiche abitative, e a distanza di 40 anni possiamo studiare cause ed effetti di questa rivoluzione.

Al giorno d’oggi assistiamo praticamente allo stesso fenomeno. Ovvero, fattori economico-sociali inediti generano dinamiche abitative nuove, influenzano il mercato e producono una domanda che prima non esisteva. Perciò, nei prossimi due sottocapitoli, cercheremo di capire meglio quali siano i fattori economici e sociali appena citati.

NUOVE DINAMICHE

20 21 1.1_Nuove
Fattori economici e lavorativi Fattori socio-culturali e demograFici INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE INCREMENTO FLUSSI MIGRATORI RAGGIUNGIMENTO TARDIVO DELL’AUTONOMIA CALO DELLE NASCITE
URBANIZZAZIONE
NUOVI NUCLEI FAMILIARI INDIVIDUALIZZAZIONE
PANDEMIA MULTILOCALISMO DELOCALIZZAZIONE DEL LAVORO TELELAVORO CONTRATTI TEMPORANEI CRISI ECONOMICA AUMENTO DELLA DISOCCUPAZIONE DISCONTINUITÀ REDDITUALE INSTABILITÀ ECONOMICA

Fattori economici e lavorativi

Per capire quali fattori economici abbiano prodotto nuove dinamiche, e quindi una nuova domanda abitativa, dobbiamo analizzare tutti gli aspetti dell’economia, facendo particolare attenzione al tema del lavoro.

Terminata l’epoca d’oro citata precedentemente (anni ‘70), dove il PIL cresceva, così come gli stipendi dei cittadini, le politiche di welfare venivano approvate e l’espansione economica sembrava infinita, si registra un drastico cambio di rotta. Infatti, in Italia e nel mondo, il PIL non cresce più alla stessa velocità, l’instabilità economica e sociale sembra prevalere ed il mercato del lavoro cambia. Vengono introdotti i contratti a tempo determinato ed il tasso di disoccupazione continua a crescere, fino ai giorni nostri.

Attualmente riscontriamo fattori economici che vanno ad aggiungersi a quelli che osserviamo dalla fine degli anni ‘70. La delocalizzazione del lavoro, i contratti temporanei e la conseguente discontinuità reddituale, gli echi della crisi finanziaria del 2008 ed il più recente telelavoro per pandemia da Covid-19 hanno un ruolo fondamentale nella definizione di nuove pratiche abitative, che risultano essere sempre più articolate.

L’indebolimento delle condizioni di affordabiility degli affitti è forse la conseguenza economica più immediata rispetto alla domanda abitativa contemporanea. Secondo l’Istat, nel 2011, il 10,03% degli alloggi totali in Italia erano in usufrutto o a titolo gratuito, il 71,88% in proprietà, mentre gli immobili in affitto erano il 17,97%, con picchi in città come Milano (29%). Tra la percentuale in affitto, una percentuale minore del 5% (1/2 della media europea) è destinata all’edilizia pubblica e sociale. A questo proposito, il congelamento del fondo GESCAL per la gestione delle case dei lavoratori, ed il declino del sistema edilizio pubblico ha alimentato la concentrazione dei nuclei familiari più poveri nel patrimonio in affitto, indebolendo ulteriormente le condizioni di affordability ed incrementando il numero degli sfratti. Oltre a presentare una scarsa accessibilità economica, le condizioni d’affitto attuali sono rigide ed inadeguate. Inoltre,

la spinta verso la proprietà attraverso incentivi pubblici, le agevolazioni all’acquisto della prima casa ed il mercato dei mutui ha favorito ulteriormente la concentrazione dei nuclei familiari più poveri nel patrimonio in affitto.

La conseguenza naturale di questi fattori è una domanda abitativa orientata verso nuove formule di affitto e condizioni contrattuali più flessibili, soprattutto per quanto riguarda le fasce di popolazione più povere.

Fattori socio-culturali e demografici

Le trasformazioni socio-demografiche degli ultimi decenni hanno portato a cambiamenti importanti nell’articolazione sociale, nelle pratiche di vita e nella struttura della “famiglia mononucleare”. Ed è proprio la trasformazione radicale del concetto di “famiglia” la vera rivoluzione sociale che sta avvenendo.

Già nel secolo scorso, nel momento in cui le donne hanno acquisito più autonomia ed hanno iniziato a lavorare, la “famiglia tradizionale” ha subito una prima mutazione trasformandosi in una “dual adult worker type of family” (C. Ranci, E. Pavoluni, 2015). Questo processo ha delle conseguenze enormi sulla società ed ancora oggi ne percepiamo lo sviluppo. Sempre in termini di trasformazioni sociali legate alla famiglia che hanno contribuito ad una domanda abitativa nuova, possiamo elencare: l’aumento di coppie divorziate con figli e di conseguenza anche di genitori single, il calo delle nascite (meno figli e più tardi), la riduzione del numero di matrimoni ed il raggiungimento tardivo dell’autonomia economica da parte dei figli. Questi fattori mettono in crisi la famiglia “mononucleare” tradizionale e contribuiscono alla creazione di nuovi nuclei familiari, combinazioni e tipologie inedite, che hanno necessità abitative nuove.

Inoltre, anche l’invecchiamento crescente della popolazione dettato dall’aumento dell’aspettativa di vita, l’incremento dei flussi migratori (soprattutto individui giovani e single), il multilocalismo, l’individualizzazione, l’urbanizzazione ed infine la più recente pandemia, impongono delle pratiche abitative estremamente attuali ed insolite.

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1.2_Nuovi profili

I fattori socio-economici di cui si è precedentemente parlato stanno alimentando nuovi profili abitativi strettamente legati alle nuove dinamiche e pratiche. Nella ricerca “Atlas of unconventional households”, condotta dal laboratorio del Politecnico di Milano denominato “Re. Co.De”, e diretto dal Prof. Postiglione, e negli studi di “STAR strategies + architecture”, vengono mappati i profili degli abitanti contemporanei, tutte le combinazioni e conformazioni possibili, partendo dai nuclei “tradizionali” fino ad arrivare a includere gli esempi non convenzionali.

Tra questi nuovi profili, che vengono accompagnati da una modalità nuova di vivere ed abitare lo spazio, pratiche e dinamiche specifiche, elenchiamo: anziani con nipoti a carico, genitori single, famiglie allargate, divorziati, anziano/i con caregiver, anziani che condividono abitazione, commuter, anziano che condivide casa con studente, coppia che condivide temporaneamente casa con un adulto, famiglia che condivide casa con una ragazza alla pari, due o più famiglie che vivono insieme, ecc… Le nuove “famiglie” sono composte da più tipi di persone, spesso appartenenti a generazioni diverse e senza relazioni familiari. Oltre a questi nuovi profili “contemporanei” non dimentichiamo che anche quelli “tradizionali” stanno comunque cambiando il modo di abitare a causa dei fattori socio-economici esposti nei capitoli precedenti, tra questi elenchiamo: la famiglia tradizionale, coppie di anziani, single, studenti che condividono abitazione, vedovi, giovani adulti, anziani indipendenti, coppia senza figli, ecc..

I nuovi profili che sono emersi si differenziano per pratiche ed uso degli spazi, è interessante osservare come la pianta canonica dell’appartamento tradizionale non riesca più ad adattarsi a questi usi e sia diventata obsoleta, mentre invece la pratica della coabitazione sia la formula più flessibile e che si adatta meglio alla mutazione dei nuclei familiari contemporanei.

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tradizionale entra in crisi

Is maxim faccus eos estruntur aut que rectatur sedi doluptae denit, nemperes esto et mo voloritaque nis derchil luptaspit am, alique maio. Ut ant, volorro in esciasim ipideligent. Samenim ipsant fugiaerum quae eatur?

Xim quam nati dolorpo repernamenis eatate reperib usantumqui od maximi, ni con rero eatus.

Saperch icilia doluptae volupta spelestio molesto temo moditatur, cum aut vellis num eatur, ant ut ut et lat.

Am quaecto vendiae nullabore odigni in con niminvero beatem nobite con peris eosante cus, vellorpos in remporenis dis eiumquatem hil mod quam quatist is as eiunt alibus as in cus aruptasse voluptatiur?

Doluptatur susam autemque solecta vendi dolum amet quo odist, quiassimil iderum as assitius est, neturest dem volorum eventio mod ut et quatasit, tet es alibus nis rest, omni aut mo explit, untiam vero et as millaborenda solorpo rerciis dollandem necabor umquiandam elest labo. Nam qui volor aut ommoloritiis iur arum ipsam everionsed quid ut ellaborendus aliqui sinventem. Ihilique mi, ad que corrorem doloreperum ent.

Ectum niet lanientias net quatumquo inulparcitia velectur, ut el inument omniata dus, nis as siminvendae. Gitat. Explabor re lit arume non num remquos dolorem si omnieni hilloreium audic tem illatio offic tem volorepere mo temo volor acerempor maiore non nonest delitat empernam asped mo bero illandaesto maiorrunt occupti usaestrum vel et arciam assenis sequamet di dit eatia di res es consed exerumqui bearum, coris debitat ibusam rem cones debis ut ut mint doloruptas eium quam et molupta tiberio nsequati ommodis et oditam ventia sunt, sernatectes accumque num inus, optaestis ressunt oreprat ibusci omnimilla eleniaecus.

creazione di nuovi stili di vita, crescita della temporaneità, innalzamento richiesta di affitto, nuove disuguaglianze sociali

26 27 1.3_L’appartamento
A CHALLENGE FOR TRADITIONAL HOUSE TYPOLOGY [CIAM] = “TRADITIONAL” FAMILY IDEA[L] ? 60-70% ! = =?
A CHALLENGE FOR TRADITIONAL HOUSE TYPOLOGY [CIAM] = “TRADITIONAL” FAMILY IDEA[L] ? 60-70% ! A CHALLENGE FOR TRADITIONAL HOUSE TYPOLOGY [CIAM] = “TRADITIONAL” FAMILY IDEA[L] 60-70% ! A CHALLENGE FOR TRADITIONAL HOUSE TYPOLOGY [CIAM] = “TRADITIONAL” 60-70% L’APPARTAMENTO TRADIZIONALE ENTRA IN CRISI

esclusione abitativa strutturale/grandi poveri

come possibile risposta

RISPOSTA ATTUALE IN LOCAZIONE modello targeted

esclusione abitativa non-strutturale/ semplicemente poveri

BENESTANTIFRAGILI

POVERI < pensione min

FASCIA GRIGIA “RICCHI”

COME RENDERE L’OFFERTA ABITATIVA ADATTA E CONVENIENTE? corrispondenza della risposta alla domanda in termini spaziali, sociali ed economici

POSSIBILE RISPOSTA ALTERNATIVA ATTRAVERSO LA COABITAZIONE modello universalistico

FRAGILI

BENESTANTI

ERP alloggi di tipo assistenziale social housing

affitti a libero mercatohousing sociale privato - cooperative - fondazioni di origine bancaria (SIF)

ERS edilizia residenziale sociale RST incompatibilità spaziale tra domanda e offerta alloggio non conveniente in termini economici, sociali e spaziali

Risposta attuale in locazione

incompatibilità economica d/o

ERP alloggi di tipo assistenziale social housing

POVERI < pensione min FASCIA GRIGIA “RICCHI” affitti a libero mercatohousing sociale privato - cooperative - fondazioni di origine bancaria (SIF)

ERS edilizia residenziale sociale RST

coabitazione polivalente modello universalistico PP

Possibile risposta alternativa

28 29 1.4_Coabitazione
patrimonio pubblico patrimonio privato

storia della coabitazione

L’abitare condiviso ha una lunga storia che, seguendo la linea del tempo e a seconda dei luoghi, assume connotazioni differenti declinandosi in svariati modelli mossi da visioni sociali e politiche o da bisogni della vita quotidiana (economici o di sicurezza). Il libro “A history of collective living” sfrutta queste motivazioni nella sua struttura, seguendo una tripartizione fornita dai sociologi Hartmut Haussermann e Walter Siebel (Soziologie des Wohnens). Si ripercorre così la storia dell’abitare collettivo attraverso ragioni economiche, politiche e sociali che ne hanno motivato lo sviluppo. Filo conduttore della storia evolutiva è la presenza di spazio e servizi ad uso comune in misura maggiore rispetto a quello che si possono ritrovare nell’alloggio convenzionale e la condivisione di aree con persone esterne al nucleo familiare.

Per la maggior parte della storia, la forma dominante dell’abitare è stata quella comune, cooperativa e multigenerazionale: gli uomini preistorici non vivevano in piccoli nuclei, bensì organizzandosi in comunità di famiglie estese. 2400 anni fa Platone descrive una comunità ideale basata sull’eliminazione della proprietà (La Repubblica), mentre Pitagora propone una comunità di vegetariani. Se nella casa in affitto romana (insula) l’edificio era pensato per una comunità di famiglie, nel Medioevo le case divengono luoghi di ritrovo per gruppi di residenti alla ricerca di maggiore sicurezza. Dieci secoli fa (XII-XX sec.) gli Hakka, nella Cina centrale, si organizzano invece con Tulou, case-fortezza circolari autosufficienti per l’abitazione contadina collettiva.

Nel 1506 l’inglese Thomas More pubblica il libro “Utopia” , critica della società a lui contemporanea, nel quale descrive una comunità organizzata secondo gruppi di vicinato con sale

1 Fernanda Canales http://archidiap.com/opera/albergorosso/

2 Silvia Sitton: L’abitare condiviso in Italia. Premesse teoriche, esperienze pratiche e scenari di sviluppo

3 Bertil Egerö: Puzzling patterns of co-housing in Scandinavia

pranzo comuni e spazi ricreativi condivisi.

Nel XV-XVII secolo si formano gruppi etno-religiosi con comunità che ricercano l’uguaglianza economica tramite il socialismo agrario come Hutteristi, Amish e Diggers.

In Messico alla fine del XVIII secolo si sviluppano le Vecindades , case collettive a patio letteralmente “case di quartiere”, disposte attorno ad una corte centrale o un corridoio collettivo e le Mesones (lodging houses) alloggi temporanei per persone senza una fissa dimora.

Con la rivoluzione industriale, dalla fine del XVIII secolo, la famiglia nucleare e la casa monofamiliare diventano la norma, come tipi che meglio rispondono alla separazione tra lavoro e vita domestica. Emergono da qui progetti e teorie in opposizione a questo modello, ponendo le basi del dibattito sull’abitare condiviso contemporaneo.

Le forme di coabitazione che si possono ritrovare fino alla metà del XIX secolo si riferiscono quindi a comunità intenzionali nate in contrasto con la società capitalista e l’industrializzazione.

Tra questi da ricordare l’insediamento proto-socialista di New Harmony di Robert Owen (1825-27) e il ben noto Phalanstère di Charles Fourier (1820), entrambi con visioni di una società egualitaria con un’organizzazione collettiva di vita e lavoro.

Del 1859-84 il Familisterio di Jean-Baptise Andrè Godin ispirato dal Falangsterio, l’industriale costruisce un complesso abitativo a più piani vicino alla fabbrica, organizzato attorno ad una corte con copertura vetrata.

Nel 1884 Melusina Fay Peirce propone un modello collettivo di cura della casa per liberare la donna dal “peso domestico” lavorando anche nella progettazione di edifici costruiti attorno ad una cucina centrale.

A questo proposito, già nel 1835 lo svedese Carl Jonas Love Almqvist, ispirato dalle utopie socialiste aveva pubblicato il saggio “Albergo Universale” dove i lavori domestici potessero essere gestiti collettivamente, per permettere alle donne di impegnarsi in lavori renumerativi.

Nei primi decenni del 1900 quindi, mentre le classi più abbienti possono permettesi una domestica, in Europa vengono costruiti diversi “Central Kitchen Buildings” con lo scopo di condividere il compito di preparare il cibo (Copenhagen nel 1903: Fick’s Collective, poi Stoccolma 1905-1907: Hemgården: , Berlino, Amburgo, Zurigo, Praga, Londra,

30 31 1.5_Breve

Vienna). Negli stessi anni negli Stati Uniti proliferano le Boarding houses: (spazi di transizione per immigrati) camere private in affitto con servizi comuni.

Su questa scia si sviluppano in Svezia le Kollektivhuset su organizzazione cooperativa. A Stoccolma, nel 1935, prende vita l’unità funzionalista di abitazione collettiva John Ericsongatan 6 con servizi condivisi come lavanderia e cucina, che attira più che famiglie con bambini, intellettuali radicali. A Roma, nel 1929 Sabbatini progetta gli alberghi suburbani alla Garbatella, realizzati in un ottica di casa-albergo: tra i più famosi è da annoverare l’Albero rosso. Gli edifici si sviluppano con due aree distinte: una destinata alle attività comuni (sale da pranzo, salotti, bagni, asili nidi, scuole, chiesa, lavanderia, magazzini), l’altra alle stanze da letto. L’anno prima, su progetto di Moisei Ginzburg e Ignatii Milinis, lo Stato Sovietivo costruisce il Narkomfin a Mosca (oggi in stato di decadenza), riflesso dell’idea politica e ideologica del regime socialista. L’edificio è diviso in due blocchi: uno per le aree private, l’altro per le attività condivise. Alla fine degli anni ’50 nell’URSS furono costruiti i Kommunalka dove operai vivevano insieme a professori, disoccupati e professioni superiori. Se a Leningrado si stima vivessero in Kommunalka il 70% delle famiglie, ad oggi circa circa 260000 persone a San Pietroburgo vivono ancora in questo tipo di alloggio.

Nella seconda metà del XIX secolo l’abitare condiviso diviene frutto di una riflessione sulla progettazione dello spazio urbano e privato e della loro relazione. L’housing a grande scala è il modello rivale dei central-kitchen building e le funzioni urbane vengono integrate all’interno di edifici residenziali (Unité d’habitation; Edificio Copan, Oyasato-Yakata).

Dal movimento controculturale degli anni ’60 emergono invece modelli differenti di housing: è l’inizio dell’età dell’oro delle comunità. Le utopie e le ideologie di vita comunitaria si intrecciano con i movimenti di contestazione giovanile dando luogo ad esperienze di micro società in opposizione agli ideali capitalistici. Tra le più diffuse la comune familiare di stampo politico o religioso (in Italia Nomadelfia, il movimento dei Focolari, la comune di Ovada) e la comune-villaggio basata sull’autosufficienza (kibbutz, Bagnaia in Italia, Auroville in India).

Accanto a comuni, villaggi e comunità utopiche nascono il co-housing e l’alloggio cooperativo (in particolar modo in Svezia, Danimarca, Norvegia, Olanda, Svizzera, Germania). Le origine del co-housing sono da rintracciare in Danimarca, nel lavoro dell’architetto Jan Gudmand-Hoyer che nel 1964 acquista un sito alla periferia di Copenhagen per lo sviluppo di un progetto per 12 case a schiera attorno ad un’area comune e una piscina. Quattro anni più tardi Gudmand-Hoyer sviluppa il Progetto Farum, abitazioni per famiglie e single raggruppate intorno a un’area comune interna connessa da una strada pedonale coperta di vetro. Il tema comincia ad influenzare il dibattito danese sull’edilizia abitativa e nel 1971 l’istituto di ricerca edilizia sponsorizza un concorso nazionali di progettazione di abitazioni a schiera a basso costo con strutture comuni. Cinque anni dopo viene completata la prima comunità di alloggi in affitto Tinggården, su progetto dello studio vincitore Vandkunsten. Nel 1982, in Danimarca erano state costruite ventidue bofælleskaber (co-housing).

Tra queste del 1973 sono Saettedammen per 27 famiglie e Skraplanet per 33 famiglie, del 1976 Nonbo Hede. La scandinavia diventa così l’epicentro del co-housing. In Svezia per indicare abitazioni con strutture condivise è usato il termine kollektivhus dove lo spazio privato si riduce del 10%, i lavori domestici e gli spazi dedicati vengono condivisi. Come si è detto in precedenza le origini affondano negli anni ’30, ma è negli anni ’70 che la richiesta di case collettive aumenta e a Göteborg nasce, nel 1979, Stacken dell’architetto Lars Ågren, un edificio a torre ospitante un’unità di cohousing. Durante gli nni ’80 vengono costruite circa 50 kollektivhus assieme ad un nuovo modello di vita condivisa chiamato “seconda metà della vita” per persone oltre i 40 anni senza famiglia e figli con l’obietivo di aiuto reciproco.

La Norvegia ha invece una storia differente dettata dal suo territorio. Qui si sviluppano comunità più isolate con alloggi collettivi più rari e che nascono, principalmente, come comunità per anziani soli.

Tra i progetti storici di bofellesskap norvegesi il Friis gate 6 a Oslo (1987) di MNAL Bard Isdahl, Erlend Løvstakken e Halldis Eckhoff, con il 15% della superficie per servizi condivisi (sala per le feste, lavanderia, cucina, sala giochi, area di lavoro, palestra e aree esterne) e il Bergsligata 13 a Trondheim (1977)

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comunità di 20 persone con in comune sala da pranzo, cucina, bagno, sauna, palestra, lavanderia e aree esterne.

Nei Paesi Bassi si sviluppano le Centraal Wonen connotandosi come alloggi sociali. Tra questi Centraal Wonen Hilversum (1977), De Banier a Rotterdam (1980) e Centraal Wonen Delft (1981).

In Svizzera dagli anni ’90 i progetti sono ispirati dalle idee dello squatting dando vita al movimento delle cooperative d’abitazione (si stima che a Zurigo ad oggi ve ne siano circa 1800).

Negli anni 2000 l’abitare condiviso diventa un servizio con la nascita di Airbnb e la diffusione del couch surfing.

Oggi il contesto socio-economico porta la coabitazione ad essere una pratica informale bottom-up che nasce solitamente per necessità, una forma intenzionale di coabitazione più o meno integenerazionale o un termine commerciale sul quale investire (co-living companies).

34 35

si fa oggi

Et, sanit, con res volorecab il et unt volorep electio optaque sin repelignimi, od et aut ut hilluptatur am et et labores corest quuntiur, ut liquae. Ebiscium int eostionsequi quo doluptatem aligeni mporem aut et lame volupidebit qui sequo quia net volumquo bearibus iliquiam fugiat alia por accus, velestrum anda doloresequam facerrum et ommoluptat.

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Risposte informali (Pratiche)

Come conseguenza “organica” delle nuove dinamiche economico-sociali che caratterizzano la nostra contemporaneità è evidente un riemergere dell’abitare condiviso all’interno di situazioni non convenzionali. La ricerca di Re.Co.De denominata “Atlas of unconventional households”, già citata precedentemente, oltre a definire i nuovi profili abitativi svela anche le pratiche adottate da questi nuclei. Le modalità con cui le pratiche sociali e abitative si sviluppano trasformando “dall’interno” il patrimonio edilizio residenziale, implicano una riformulazione del concetto di “casa”.

Inoltre, all’interno delle risposte informali o “pratiche”, abbiamo considerato anche le soluzioni spontanee che hanno l’obiettivo di rispondere alla nuova domanda abitativa emersa dai fattori socio-economici contemporanei analizzati, come:

Communa, Bruxelles, Belgio: Per mitigare le conseguenze negative degli spazi inutilizzati, Communa riabilita gli spazi mettendoli temporaneamente a disposizione per i progetti dei cittadini. Questi luoghi condivisi mescolano cultura e creazione, attività economiche innovative, vita comunitaria e alloggio. Pur promuovendo l’innovazione e la diversità socio-culturale, Communa blocca il fenomeno delle risorse immobiliari vuote alla fonte e lo trasforma in un’opportunità di sviluppo locale.

Sharehaus Refugio, Berlino, Germania: 20 rifugiati e 20 residenti locali che vivono insieme per 12-18 mesi. Stanze private con bagno, spazi co-working, training and networking.

Coabitazione informale Airbnb

Couch surfing

Care giver ragazz- alla pari Cooperative sociali Associazioni

RISPOSTE INFORMALI

Pratiche

RISPOSTE SPAZIALI

Progetti e ricerche

Co-housing

Coop housing

Co-living

Shared house

Housing sociale

Social housing

Serviced apartment

Apart hotel

SOHO

Special care

COABITAZIONE

Abit@giovani Milano 2035

Albergo sociale diffuso Housing sociale Alloggi sottosoglia RST

Modello targeted (Social Housing) Modello universalistico

Case famiglia, case protette

Centri accoglienza

Agevolazioni coabitative Trasformazioni airbnb

RISPOSTE FORMALI Politiche

36 37 1.6_Cosa

un tentativo di definizione

Et, sanit, con res volorecab il et unt volorep electio optaque sin repelignimi, od et aut ut hilluptatur am et et labores corest quuntiur, ut liquae. Ebiscium int eostionsequi quo doluptatem aligeni mporem aut et lame volupidebit qui sequo quia net volumquo bearibus iliquiam fugiat alia por accus, velestrum anda doloresequam facerrum et ommoluptat.

La selezione di casi studio appena presentati ha permesso di individuare criteri fondamentali di progettazione, linee guida da poter seguire nei nostri progetti, ma soprattutto ci ha permesso di capire cosa fosse per noi il Co-living (vedi prossimo capitolo).

Oggi, il Co-living sembra essere la risposta più efficace alla nuova domanda abitativa che sta emergendo. Questa domanda è generata da una serie di fattori socio-economici che definiscono nuove dinamiche contemporanee che abbiamo riportato. Quest’ultime plasmano nuovi profili con esigenze mutate, influenzano il mercato producendo una domanda che prima non esisteva. Questa domanda abitativa ha dato origine a una serie di risposte più o meno efficaci, il co-living, a nostro avviso, accoglie quelle più interessanti.

Per definire la nostra idea di co-living siamo partiti dal significato della parola stessa.

Parole come questa hanno un significato ancestrale, una tendenza antica come l’essere umano, che nasce come necessità e si evolve come pratica. Vivere collettivamente è nel DNA umano, ed assume diverse configurazioni spaziali e modalità diverse nel corso della storia. Il gruppo di cacciatori, la famiglia rurale, la comunità religiosa ed il villaggio sono solo alcuni esempi delle diverse soluzioni che l’uomo ha adottato per rispondere a questa tendenza naturale, soluzioni sociali diversificate che si riflettono in conformazioni spaziali altrettanto differenti.

Ma come possiamo identificare un progetto/ricerca di co-living? Per farlo, come prima cosa dobbiamo considerare

le soluzioni che prevedono la coabitazione, ma questo non basta, infatti per noi il progetto di co-living deve contenere al suo interno anche tre fattori fondamentali:

1- Abitare insieme e non solo vivere insieme (ovvero una percentuale tra spazio privato e spazi collettivi adeguata)

2- Qualità spaziale (versatilità - adattabilità - flessibilitàestetica - comfort)

3- Inclusione (inclusività generazionale ed economica)

In conclusione, i tre fattori che abbiamo identificato ci permettono di capire immediatamente se un progetto è considerabile co-living oppure no. Infatti, è subito chiaro se un progetto prevede la coabitazione (condizione necessaria ma non sufficiente), se è qualitativamente soddisfacente (vedi analisi nelle schede dei casi studio) ed infine se è inclusivo (non è ideato per una sola categoria di persona, non è troppo business oriented, prevede affitti bassi ed accessibili, ecc..).

42 43 1.7_Co-living

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When we live alone

https://www.youtube.com/watch?v=kp9Pz8M7rSc&ab_ channel=CCAchannel

https://www.cca.qc.ca/en/events/74780/when-we-livealone

What, if not the family?: A Virtual Event https://www.youtube.com/watch?v=8chah5JJlQY&ab_ channel=CCAchannel

Corésidence

https://www.youtube.com/watch?v=pFDn6p9dg0&list=PL0QGMtA8eKD_ZouU4NEm4GSul86R1_Nq&ab_channel=STARstrategiesarchitecture https://vimeo.com/67648652

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48 49

3. Spazio condiviso / spazio privato

La ricerca presentata di seguito è figlia degli studi effettuati al Politecnico di Milano, all’interno del Dipartimento di Architettura e studi urbani (DASTU).

Il tema affrontato parte dall’osservazione di nuove dinamiche economico-sociali e, quindi, della successiva evoluzione nelle pratiche dell’abitare. Ne emerge una tendenza abbastanza chiara, che si manifesta in tutto il mondo, ovvero la pratica della coabitazione come risposta alle nuove dinamiche appena citate. Il risultato di questa tendenza si rivela all’affermarsi di nuovi profili che si

casa: evoluzione degli interni

Et, sanit, con res volorecab il et unt volorep electio optaque sin repelignimi, od et aut ut hilluptatur am et et labores corest quuntiur, ut liquae. Ebiscium int eostionsequi quo doluptatem aligeni mporem aut et lame volupidebit qui sequo quia net volumquo bearibus iliquiam fugiat alia por accus, velestrum anda doloresequam facerrum et ommoluptat.

Secondo Michel Foucault, lo spazio può essere considerato come il grande dispositivo di tutela e riorganizzazione della società secondo le sfere distinte del pubblico e del privato (c.): attraverso lo spazio le due sfere hanno disegnato i luoghi dell’abitare della società moderna. Anche Habermas si interroga sul valore dello spazio pubblico nelle società complesse in cui i rapporti sociali si basano sulla distinzione della sfera pubblica da quella privata: in particolare il privato si può sottrarre al pubblico solo quando questo comincia ad esistere (il privato esiste in funzione del pubblico?) sembra Soziologie des Wohnens di Häußermann, Hartmut, Siebel, Walter. Fin dalle origini la dimensione individualistica ha caratterizzato il concetto di privacy in contrapposizione con il pubblico astratto dell’universalità delle volontà. Per quanto riguarda lo studio dei gradi di condivisione e pubblicità all’interno dell’edifici residenziali, nell’ottica di porre le basi al progetto e per uno sviluppo coerente dello stesso, si è fatto riferimento agli studi dell’architetto russoamericano Serge Chermayeff. Egli introduce sei domini per chiarire la relazione tra la città e lo spazio privato: urban-public; urban-semi-public; group-public; group-private; family-private; individual-private. Insieme ad Alexander (Spazio di relazione e spazio privato, 1963 disegnano quindi una soluzione di continuità tra interno ed esterno attraverso una gerarchi adi spazi intermedi tra le dimensioni di pubblico e privato tradizionali. Gli spazi pubblici sono spazi interni o esterni accessibili a tutti, nonostante vi si possano svolgere attività con carattere privato. Gli spazi collettivi (group) sono invece aree usate da una comunità residenziale o un insediamento o housing.

“Noi ci occuperemo in particolare di quegli aspetti

1 Comune di Roma, Italia Nostra, Roma centro storico 1924-1976 (Armando Montanari) Nume magnatibus dus. Neque vendeligent. Moluptatem samenimi, ex evelectur?

Os autent audae parumet ureperem. Et harum delitae con nonessinis as es adi ipsa cus.

Dae. Menit quid quam, seque quam, susam netur re as porempore, aut aut quiatio nsedignat laccabo. Et quuntur simillo rehenem que et volor minctet aliate non con nost rerios sequis evellaut lab iusam autatur siti num fugias ea dit iunt eossit, sam hit, sitempore, inulpar chilis cone vel invel expedi dundam seque ne prehenditio ipsunti isquist,

dell’articolazione urbana che hanno un rapporto diretto con la privacy”

Definiscono quindi una “gerarchia urbana degli spazi o ambiti della vita pubblica e privata” come la definiscono, dividendola in sei parti. Di questi sei campi danno una definizione: Pubblicourbano è luogo e servizi di proprietà pubblica; semi-pubblicourbano i settori d’uso pubblico controllati da enri governativi o da altre istituzioni; pubblico-di-gruppo le zone di incontro tra i servizi e le attrezzature pubbliche e la proprietà privata che richiedono accesso e responsabilità comune; privatodi-gruppo le varie zone minori affidate ad una gestione che dipende dagli interessi pubblici o privati ed è al servizio degli inquilini o di altri occupanti legali; privato-familiare i settori dell’ambito privato controllati dalle singole famiglie e destinate alle attività familiari collettive come il pranzo, lo svago, l’igiene e la manutenzione; privato-individuale la propria stanza, il rifugio più intimo dove l’individuo può appartarsi dalla famiglia. Il loro studio, continuano, “sarà limitato all’ambito residenziale privato di gruppo” e “sugli aspetti più trascurati della privacy”. Scrivono questo libro in anni di fermento in ambito i studi sugli spazi urbani ed in un periodo nel quale la grande crescita della popolazione si univa al boom economico che stava trasformando, con l’automobile, i rumori (i peggior nemici dello spazio colletttivo) e il grande sprawl l’assetto e la vita delle città.

Prendo in prestito questa classificazione (non me ne vorranno), affascinata dalle sfumature e delle soglie che i due costruiscono tra i limiti di pubblico e individuale, modificandola e adattandola ad una nuova possibile risposta coabitativa. La soglia, l’in-between, il semi-privato,semi-pubblico.

Nasce da qui quindi una classificazione più o meno definita che attraversa i gradi di pubblicità. Forse tralasciandone la proprietà? Forse tralasciando il loro essere interni o esterni? E quindi il pubblico-urbano è ciò che è di uso pubblico, servizio alla città, privo di recinto, di proprietà pubblica?; il semi-pubblicourbano; il pubblico-di gruppo sono i servizi di uso pubblico nei quali rientra il terziario ; privato di gruppo il sovra-collettivo; il privato-familiare il collettivo; il privato dell’individuo la stanza.

Alla luce dell’analisi dell’abitare collettivo, in questo capitolo si propone una lettura della città (di un immagine della città)

52 53 3.1_La

che si esprime attraverso due concetti apparentemente contrapposti: da una parte lo spazio urbano, dall’altra l’architettura degli interni. Lo spazio pubblico, la stanza; il luogo del collettivo, il regno della privacy.

È possibile leggere questi due elementi, apparentemente contrapposti come parte di un sistema collaborativo? Vengono qui rintracciati gli intrecci tra il vivere pubblico e il vivere privato attraverso il tema cardine di questa tesi: l’abitare. Indagareil concetto di privacy all’interno di strutture collettive. Si pongono le basi per il progetto nel tentativo di rendere l’edilizia residenziale al contempo regno della privacy e luogo del collettivo al servizio della città.

L’edilizia residenziale diventa quindi l’anello conguintore tra individuo e società.

Considerando il fatto che il 70% delle città è costituit da edilizia residenziale (Carlos Zedilo El reto de la vivienda en Mexico) allora “ Se miglioriamo l’edilizia redisenziale, miglioriamo le città”

“Ripensare la casa è è ripensare la relazione primaria che esiste tra individuo e società, tra noi stessi e il mondo”. In questo momento storico non ci resta che abitare La quarantena (reclusione abitativa) a cui siamo stati costretti ci ha fatto convivere con le nostre case o con la loro assenza evidenziando il valore della casa ed il valore dello spazio. La prima attraverso una sua forte presenza nel nostro quotidiano mentre il secondo per la sua assenza”.

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processo di INDIVIDUAZIONE

villa come tipo ideale inizio della strada di un’idea capitalista di città idea di POSSESSO

sovrapposizione delle funzioni domestiche religiose

casa come dispositivo simbolico rappresentatne lo status nella società

Giovenale dice che nelle città vicine «si compra una casa comoda al prezzo con cui [a Roma] si af tta un tugurio per un anno».

SPECIALIZZAZIONE

Shelter 131/51

la stanza diventa un rituale

incarnazione ideologica della famiglia come PROPRIETA’

Zagora

prima megaron organizzata su una griglia

comunità semi-sedentaria sala rettangolare preceduta da un portico

separazione delle funzioni religiose. Assetto attorno al cortile interno

La casa diventa più grande, proporzionalmente alla grandezza della famiglia viene suddivisa internamente

polarizzazione tra ANDRONE gli spazi delle attività domestiche CUCINA

Thessaly

Pompei

casa del poeta tragico

assorbe la distinzione pubblico-privato: microcosmo della città gli edi ci condominio sono comuni Roma. proprietari sono aristocratici.

tablinum

medianum cellae pauperum gli edi ci condominio sono comuni Roma. proprietari sono aristocratici. impediva ai senatori di trarre pro tto dai commerci all’estero, li spinse investire in Italia, soprattutto nei settori agricolo e immobiliare.

thermopolia nelle strade: punti ristoro

l’INDIVIDUO diventa il protagonista attorno al quale gli spazi domestici si plasmano normative per condomini (7 piani), Traiano (6)

case per singoli attorno ad una corte ogni funzione abitativa ha una stanza

mobili, ssi, sono ritualizzati

studiolo di Federico da Montefeltro

dormitorio come unica stanza comune

separazione dell’attività produttiva da quella riproduttiva. Divisione del lavoro

non ancora una de nizione dei ruoli funzionali

cortile come spazio pubblico interiorizzato

Serlio Delle habitationi di tutti li gradi degli homini

suddivisione interna gerarchia tra le parti

le stanze diventano luoghi di passaggio

minoranza di af ttuari e grande massa di inquilini

330.000 cittadini maschi a Roma un milione di abitanti

cubiculum diventa luogo della preghiera non si può stare da soli se non insieme

Casa rinascimentale De re Aedificatoria

stanze de nite dal loro uso: camere da letto

Leon Battista Alberti l’organizzazione dello spazio domestico diventa architettonico

caduta del sistema feudale nascita del lavoro salariato

Marx accumulazione originaria lavoro d’amore

crescita della popolazione lavoratrice

de nizione potenziamento delle differenze di classe

de nizione funzionale delle stanze

François Franque, Avignone, 1762

corridoio le en lade diventano corridoi la stanza punto di arrivo, non il passaggio

dal medoto parti alla composizione soggiorno, una stanza da letto matrimoniale, due camere da letto più piccole per bambini (maschi e femmine), una cucina, un retrocucina e un gabinetto

Ludwig Hilberseimer progetto di casa plurifamiliare 1920

tendenza verso la miniminiaturizzazione delle abitazioni e la temporaneità dell’atto dell’abitare

Oneida Community house

precisa divisione delle stanze di un appartamento in tre gruppi: per giorno, per la notte per le comuni attività di economia domestica

Alexander Pastenak Mosei Guinzburg Mikhail Okhitovich sala delle prospettive

casa vittoriana

pod house living cell spazio comune movimento Perfectionist

esercizi razionalistici, igienisti e tipologici in ambito tedesco

Alexander Klein esposizione Und TechniK Monaco 1923

sperimentazioni italiane in risposta al fabbisogno abitativo chiave tecnologica tipologica

Capsule Tower Kisho Kurokawa, Tokyo

Coffin Cubicles Hong Kong Cage houses

12.00010.000 a.C. 10.000 a.C. 3.500 a.C. 1.100 700 a.C. VIII sec a.C. V sec a.C. 79 d.C. 218 a.C. 44-14 a.C. epoca augustea V secoloXII secoloIII-II sec a.C. XV secolo 1450 1510 XVIII sec 1851 1878 primo dopoguerra secondo dopoguerra seconda metà del novecento 19291920 1928 1932 oggi19721930193019261923 insediamenti neolitici casa nel tardo Ubaide 5.000-4.300 a.C. Mègaron òikos greca vs Polis domus romana insula romana cenacoli appartamenti lex Claudia monachesimo monte Athos idioritmia R. Barthes Certosa di Ema cella monastica cristianità regola benedettina ordine certosinoEremo di Camaldoli enfilade villa farnesina hôtels particuliers Casa del Marchese de Villefranche Henry
Roberts
casa modello casa comune CIAM existence
minimum
Alexander
Klein
Ludwig
Hilberseimer Pianta cabinata
Alexander
Klein sviluppa
la
pianta
“a grappolo”
Walter Gropius Pianta a grappolo Francoforte
1931
Karel Teige
The
minimum dwelling
possibilità della ripetizione massificazione
del tipo
a villa villa
borghese
Falangsterio le UTOPIE
E PRIVACY porta parcellizzazione (Arias, Olanda) casa no lavoro palazzina
Co-op interieur Hannes Meyer
microflat
contrazione degli spazi interni privati dom-kommuna Palazzo ducale Urbino Grecia classica Olinto Natuffiani Eynan (Israele)
la casa è un BENE DA POSSEDERE PROPRIETA’
processo di accumulazione + necessità di stoccaggio + organizzazione come entità auto-suf cienti necessità di suddivisione della CASA la casa diventa più grande e viene suddivisa le stanze si sviluppano attorno ad un cortile centrale. Separazione per genere gradazione da spazi pubblici spazi privati tablinium come andron cubicola cucina storage Andron Oikos -camino -pozzo -cucina sala e letto vita domestica=vita religiosa ROOM storia della cucina (m2fp) rum Raum = SPAZIO mattone dell’abitazioneatto del FARE SPAZIO chiusura vita nomade vita sedentaria sala anticamera camera da letto studiolo thalamoi andron gineceo tablinum cubicula atrium peristiliumtriclinium asse cerimoniale celle atrio pubblico parte comune studiolo camera da lettocortile sala ingresso anticamera pubblico en lade privato dormitorio letto=solitudine cella monastica dormitorio servizi attività comuni lo studiolocubiculumandron corridoio existence-minimum destinazioni funzionali delle stanze monolocale

interni privati, spazi interni pubblici

Et, sanit, con res volorecab il et unt volorep electio optaque sin repelignimi, od et aut ut hilluptatur am et et labores corest quuntiur, ut liquae. Ebiscium int eostionsequi quo doluptatem aligeni mporem aut et lame volupidebit qui sequo quia net volumquo bearibus iliquiam fugiat alia por accus, velestrum anda doloresequam facerrum et ommoluptat.

Is maxim faccus eos estruntur aut que rectatur sedi doluptae denit, nemperes esto et mo voloritaque nis derchil luptaspit am, alique maio. Ut ant, volorro in esciasim ipideligent. Samenim ipsant fugiaerum quae eatur?

Xim quam nati dolorpo repernamenis eatate reperib usantumqui od maximi, ni con rero eatus. Saperch icilia doluptae volupta spelestio molesto temo moditatur, cum aut vellis num eatur, ant ut ut et lat.

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1 Comune di Roma, Italia Nostra, Roma centro storico 1924-1976 (Armando Montanari) Nume magnatibus dus. Neque vendeligent. Moluptatem samenimi, ex evelectur?

Os autent audae parumet ureperem. Et harum delitae con nonessinis as es adi ipsa cus.

Dae. Menit quid quam, seque quam, susam netur re as porempore, aut aut quiatio nsedignat laccabo. Et quuntur simillo rehenem que et volor minctet aliate non con nost rerios sequis evellaut lab iusam autatur siti num fugias ea dit iunt eossit, sam hit, sitempore, inulpar chilis cone vel invel expedi dundam seque ne prehenditio ipsunti isquist,

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Imost, il et modia cus aliat eveliti as quam earit volorrum haribus ernatempe nobitas il isqui officianis remquam eos serorro maio dolectusape pre latisti quid que excerumquia sit rempos reped molorere volorep elecatio tet untio. Utate res dolo qui ulpa soluptatur, est, officatus.

Nos rem eum, simus sum quamus verit eos dolenis dolor aperunt, consend ignatur?

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Utes autecta quidita tquiaturibus et optas eius et quid mi, cor se que porent quistem doluptus aut ullanimpel magnis qui cuptat moluptiae expero qui ducipis et exceped modistotae parciis sitatur? Ta volo qui dolupta veliquo tet laborum audi tem aut eos quam, vel maio ipsus et omnim rerum alic tendus ra dollici endias et rate prepudam ium earumqu iscilles ut molor rempel ilibusdam ea volectio blaborit quate aut ex eum verit doluptati nobit quundio tempore hendae as autem de rerat. Apis mi, opta nonseque occusaepudi ipsanditiaes doluptae netur adiandae cus pa sequam soluptas aceperf erisquae lautatio omnihitiur?

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58 59 3.2_Spazi

regno della privacy: la stanza

Et, sanit, con res volorecab il et unt volorep electio optaque sin repelignimi, od et aut ut hilluptatur am et et labores corest quuntiur, ut liquae. Ebiscium int eostionsequi quo doluptatem aligeni mporem aut et lame volupidebit qui sequo quia net volumquo bearibus iliquiam fugiat alia por accus, velestrum anda doloresequam facerrum et ommoluptat.

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Ectum niet lanientias net quatumquo inulparcitia velectur, ut el inument omniata dus, nis as siminvendae. Gitat. Explabor re lit arume non num remquos dolorem si omnieni hilloreium audic tem illatio offic tem volorepere mo temo volor acerempor maiore non nonest delitat empernam asped mo bero illandaesto maiorrunt occupti usaestrum vel et arciam assenis sequamet di dit eatia di res es consed exerumqui bearum, coris debitat ibusam rem cones debis ut ut mint doloruptas eium quam et molupta tiberio nsequati ommodis et oditam ventia sunt, sernatectes accumque num inus, optaestis ressunt oreprat ibusci omnimilla eleniaecus.

1 Comune di Roma, Italia Nostra, Roma centro storico 1924-1976 (Armando Montanari) Nume magnatibus dus. Neque vendeligent. Moluptatem samenimi, ex evelectur?

Os autent audae parumet ureperem. Et harum delitae con nonessinis as es adi ipsa cus.

Dae. Menit quid quam, seque quam, susam netur re as porempore, aut aut quiatio nsedignat laccabo. Et quuntur simillo rehenem que et volor minctet aliate non con nost rerios sequis evellaut lab iusam autatur siti num fugias ea dit iunt eossit, sam hit, sitempore, inulpar chilis cone vel invel expedi dundam seque ne prehenditio ipsunti isquist,

Mus mo consequo in et quam ut eaquia susdam quatur accullesequi optatem aborehent eate res earibus sequaernate sint.

Periataes di voluptumet prendigentus dolo exero tem ut pra et hictem acculliquam volorempore que sita quos mos esci re conserum quiam quis nes etur, quae pratus nonsequam invero tesecte mpelent aut labo. Git il is que sitae pedi ipsus, sinveli quiatibusa comniet reruptaernam enda derum rehene intium quate doluptatur?

Imost, il et modia cus aliat eveliti as quam earit volorrum haribus ernatempe nobitas il isqui officianis remquam eos serorro maio dolectusape pre latisti quid que excerumquia sit rempos reped molorere volorep elecatio tet untio. Utate res dolo qui ulpa soluptatur, est, officatus.

Nos rem eum, simus sum quamus verit eos dolenis dolor aperunt, consend ignatur?

Tat eseque porectiis as eumque nem volor ate simus sunt. Parum recate solorio. Itatio con ratusam qui con rem ex exererf ersperum sunt.

Utes autecta quidita tquiaturibus et optas eius et quid mi, cor se que porent quistem doluptus aut ullanimpel magnis qui cuptat moluptiae expero qui ducipis et exceped modistotae parciis sitatur? Ta volo qui dolupta veliquo tet laborum audi tem aut eos quam, vel maio ipsus et omnim rerum alic tendus ra dollici endias et rate prepudam ium earumqu iscilles ut molor rempel ilibusdam ea volectio blaborit quate aut ex eum verit doluptati nobit quundio tempore hendae as autem de rerat. Apis mi, opta nonseque occusaepudi ipsanditiaes doluptae netur adiandae cus pa sequam soluptas aceperf erisquae lautatio omnihitiur?

Quae pore consequiae nonsedit alit volupiet, unt fugia cumquia quae moditatempos erest, quiaspis anis ilici invelit estempor rendi nimus aceatibus, quia si dolupta acest, cusaeperspis cus audanduntis quid quat dolorem oluptas imilit fuga. Igendi cus dolorum endis sit voluptaspe everuntio in es eium es sedi optaque sitae erit as aces eum etur magnihi llaboreperes aspedit laccumendem ut dem rerovidis es volupta turio.

Upta volum istium que eaque alis pliatempelis ex eum re voleserchil ma volestes aut dolor sumque nonet acescia nihilia atiae. Et dolupta coratii squatatia et et eumqui quis et ex ellore nulparum lam ne endebis rerrum evel incti sectio dolescium esciet ut dem reiunti aturest reped molestrunt

60 61 3.3_Il

processo di accumulazione: + necessità di stoccaggio + organizzazione come entità auto-suf cienti

necessità di suddivisione della CASA

sala e letto

gineceo

vita nomade vita sedentaria

cucina e storage

thalamoi andron

le stanze si sviluppano attorno ad un cortile centrale. Separazione per genere

vita domestica=vita religiosa

tablinum cubicula atrium peristiliumtriclinium

gradazione da spazi pubblici a spazi privati tablinium come andron cubicola

cella monasticacubiculumandron

rum Raum = SPAZIO

atto del FARE SPAZIO chiusura

mattone dell’abitazione

Rur = open country

Virginia Woolf - stanza come PRODOTTO DEL PATRIARCATO Louis Kahn - stanza come ARCHETIPO

ROOM STANZA oikos

stans stantis<stare= stare fermo

spazio dell’oikonomia, della gestione della famiglia

domus famiglia

da demo (gr.)=costruire famuli=schiavo

dà origine a domus (padrone di casa), dominio. dominatore, domestico

62 63
viene suddivisa

di pubblicità : dalla strada alla stanza

Et, sanit, con res volorecab il et unt volorep electio optaque sin repelignimi, od et aut ut hilluptatur am et et labores corest quuntiur, ut liquae. Ebiscium int eostionsequi quo doluptatem aligeni mporem aut et lame volupidebit qui sequo quia net volumquo bearibus iliquiam fugiat alia por accus, velestrum anda doloresequam facerrum et ommoluptat.

Is maxim faccus eos estruntur aut que rectatur sedi doluptae denit, nemperes esto et mo voloritaque nis derchil luptaspit am, alique maio. Ut ant, volorro in esciasim ipideligent. Samenim ipsant fugiaerum quae eatur?

Xim quam nati dolorpo repernamenis eatate reperib usantumqui od maximi, ni con rero eatus. Saperch icilia doluptae volupta spelestio molesto temo moditatur, cum aut vellis num eatur, ant ut ut et lat.

Am quaecto vendiae nullabore odigni in con niminvero beatem nobite con peris eosante cus, vellorpos in remporenis dis eiumquatem hil mod quam quatist is as eiunt alibus as in cus aruptasse voluptatiur?

Doluptatur susam autemque solecta vendi dolum amet quo odist, quiassimil iderum as assitius est, neturest dem volorum eventio mod ut et quatasit, tet es alibus nis rest, omni aut mo explit, untiam vero et as millaborenda solorpo rerciis dollandem necabor umquiandam elest labo. Nam qui volor aut ommoloritiis iur arum ipsam everionsed quid ut ellaborendus aliqui sinventem. Ihilique mi, ad que corrorem doloreperum ent.

Ectum niet lanientias net quatumquo inulparcitia velectur, ut el inument omniata dus, nis as siminvendae. Gitat. Explabor re lit arume non num remquos dolorem si omnieni hilloreium audic tem illatio offic tem volorepere mo temo volor acerempor maiore non nonest delitat empernam asped mo bero illandaesto maiorrunt occupti usaestrum vel et arciam assenis sequamet di dit eatia di res es consed exerumqui bearum, coris debitat ibusam rem cones debis ut ut mint doloruptas eium quam et molupta tiberio nsequati ommodis et oditam ventia sunt, sernatectes accumque num inus, optaestis ressunt oreprat ibusci omnimilla eleniaecus.

1 Comune di Roma, Italia Nostra, Roma centro storico 1924-1976 (Armando Montanari) Nume magnatibus dus. Neque vendeligent. Moluptatem samenimi, ex evelectur?

Os autent audae parumet ureperem. Et harum delitae con nonessinis as es adi ipsa cus.

Dae. Menit quid quam, seque quam, susam netur re as porempore, aut aut quiatio nsedignat laccabo. Et quuntur simillo rehenem que et volor minctet aliate non con nost rerios sequis evellaut lab iusam autatur siti num fugias ea dit iunt eossit, sam hit, sitempore, inulpar chilis cone vel invel expedi dundam seque ne prehenditio ipsunti isquist,

Mus mo consequo in et quam ut eaquia susdam quatur accullesequi optatem aborehent eate res earibus sequaernate sint.

Periataes di voluptumet prendigentus dolo exero tem ut pra et hictem acculliquam volorempore que sita quos mos esci re conserum quiam quis nes etur, quae pratus nonsequam invero tesecte mpelent aut labo. Git il is que sitae pedi ipsus, sinveli quiatibusa comniet reruptaernam enda derum rehene intium quate doluptatur?

Imost, il et modia cus aliat eveliti as quam earit volorrum haribus ernatempe nobitas il isqui officianis remquam eos serorro maio dolectusape pre latisti quid que excerumquia sit rempos reped molorere volorep elecatio tet untio. Utate res dolo qui ulpa soluptatur, est, officatus.

Nos rem eum, simus sum quamus verit eos dolenis dolor aperunt, consend ignatur?

Tat eseque porectiis as eumque nem volor ate simus sunt. Parum recate solorio. Itatio con ratusam qui con rem ex exererf ersperum sunt.

Utes autecta quidita tquiaturibus et optas eius et quid mi, cor se que porent quistem doluptus aut ullanimpel magnis qui cuptat moluptiae expero qui ducipis et exceped modistotae parciis sitatur? Ta volo qui dolupta veliquo tet laborum audi tem aut eos quam, vel maio ipsus et omnim rerum alic tendus ra dollici endias et rate prepudam ium earumqu iscilles ut molor rempel ilibusdam ea volectio blaborit quate aut ex eum verit doluptati nobit quundio tempore hendae as autem de rerat. Apis mi, opta nonseque occusaepudi ipsanditiaes doluptae netur adiandae cus pa sequam soluptas aceperf erisquae lautatio omnihitiur?

Quae pore consequiae nonsedit alit volupiet, unt fugia cumquia quae moditatempos erest, quiaspis anis ilici invelit estempor rendi nimus aceatibus, quia si dolupta acest, cusaeperspis cus audanduntis quid quat dolorem oluptas imilit fuga. Igendi cus dolorum endis sit voluptaspe everuntio in es eium es sedi optaque sitae erit as aces eum etur magnihi llaboreperes aspedit laccumendem ut dem rerovidis es volupta turio.

Upta volum istium que eaque alis pliatempelis ex eum re voleserchil ma volestes aut dolor sumque nonet acescia nihilia atiae. Et dolupta coratii squatatia et et eumqui quis et ex ellore nulparum lam ne endebis rerrum evel incti sectio dolescium esciet ut dem reiunti aturest reped molestrunt

64 65 3.4_Gradi

4. Roma e la palazzina

Et, sanit, con res volorecab il et unt volorep electio optaque sin repelignimi, od et aut ut hilluptatur am et et labores corest quuntiur, ut liquae. Ebiscium int eostionsequi quo doluptatem aligeni mporem aut et lame volupidebit qui sequo quia net volumquo bearibus iliquiam fugiat alia por accus, velestrum anda doloresequam facerrum et ommoluptat. Molorpo saperum verum as aut doluptat is abor sa aut odis volores tiusae. Otae nemperum quam int volo ommollabor accae volecto temped quunt fugit ipsapis imolupti nonsent odit, si ommodiae

Vengono qui riprodotte le impronte della città dalle mura aureliane ai nostri giorni attraverso un ricalco dell’espansione della capitale attraversato dai suoi piani regolatori. Mura aureliane

69
Roma nel 1871
Roma nel 1900
Roma nel 1929
Roma nel 1942
Roma nel 1960
Roma oggi

4.1_Evoluzione demografica e crescita della città

Et, sanit, con res volorecab il et unt volorep electio optaque sin repelignimi, od et aut ut hilluptatur am et et labores corest quuntiur, ut liquae. Ebiscium int eostionsequi quo doluptatem aligeni mporem aut et lame volupidebit qui sequo quia net volumquo bearibus iliquiam fugiat alia por accus, velestrum anda doloresequam facerrum et ommoluptat.

2.800.000

2.400.000

2.000.000

1.600.000

1.200.000

800.000

400.000

18711881 1901 1911 19211931193619511961197119811991 2001 2011

Il profondo cambiamento della storia urbanistica romana si lega saldamente alla sua evoluzione demografica, facendone una delle componenti più visibili .

All’epoca di Augusto Roma diventa la più grande metropoli del mondo raggiungendo un milione di abitanti e superandoli in quella di Domiziano.

Il sacco dei Vandali, le guerre e le carestie decimano la popolazione della città riducendola, all’interno delle Mura Aureliane , a poche migliaia di unità, tanto che, quando nel 1377 papa Gregorio XI rientra da Avignone, gli abitanti sono circa 17.000.

La popolazione ricomincia a crescere: il censimento clementino del 1526 registra 55.035 abitanti e a metà del secolo si arriva a 80.000, per poi raggiungere, nel 1600, i 150.000.

Nel 1870, quando Roma diventa capitale del Regno d’Italia, la città conta 200.000 abitanti e il suo primo Piano Regolatore del 1873, rimasto sulla carta, prevede la costruzione di nuovi quartieri per 150.000 persone. Le strutture edilizie si sviluppano oltre le mura e la popolazione aumenta in maniera vertiginosa.

A seguito degli stanziamenti previsti del 1881 per la realizzazione di servizi adeguati a una capitale, nel 1883 viene redatto un nuovo Piano Regolatore dove le aree di costruzione si estendono anche fuori dal limite murario. L’attuazione del Piano viene ulteriormente finanziata con un prestito di 150 milioni di lire ponendo inizio alla “febbre edilizia” che porterà all’edificazione di circa 15.000 vani l’anno

1 Comune di Roma, Italia Nostra, Roma centro storico 1924-1976 (Armando Montanari)

Popolazione residente ai censimenti Comune di Roma - dati ISTAT

Popolazione residente ai censimenti Comune di Roma- dati ISTAT

Anno del censimento Abitanti Comune di Roma Variazione Popolazione Rioni/ Popolazione intero Comune

1921 491.802 94%

1931 856.138 +75% 49%

1941 1.094.710 +27% 40%

1951 1.695.477 +55% 25%

1961 2.188.160 +29% 13%

1971 2.799.836 +28% 7%

[Grafico crescita della popolazione - Comune di Roma, Italia Nostra, Roma centro storico 1924-1976]

82 83

(per un totale di 119.000 tra il 1881 e il 1891) e ad un aumento di 100.000 residenti.

A questi anni di dinamismo edilizio segue ben presto una saturazione del mercato e una crisi del settore tanto che nel 1890 la domanda non riesce a coprire l’offerta e gli appartamenti non occupati sono uno su quattro.

La Roma degli inizi del Novecento vanta poco più di 500 mila abitanti e gli elementi che la caratterizzano sono quelli di una città con un’edilizia che si sviluppa lungo il sistema viario delle vie consolari e dei grandi assi disegnati da Sisto V . Tra i Piani Regolatori Generali di Roma di particolare rilievo è quello che viene adottato dal Consiglio comunale il 10 febbraio 1909 che per primo regolamenta l’espansione della città fuori dalle Mura Aureliane prevedendo una popolazione due volte quella precedente.

Il Piano Sanjust (dal nome del tecnico redattore ing. Edmondo Sanjust di Teulada) prevede l’introduzione di nuove tipologie edilizie: i “fabbricati” con altezza massima di 24 metri (nel 1914 diventerà 28 m e nel 1923 30 m) e i “villini” di massimo due piani.

Il Piano si propone di impedire la crescita della città a “macchia d’olio”, in tutte le direzioni senza programmazione, prevedendo che le zone a “villino” si alternino a zone con edifici più intensivi.

L’espansione non unidirezionale prevede la costruzione nei diversi quadranti di nuovi quartieri (piazza D’Armi-Mazzini, piazza G. da Fabriano-Flaminio, piazza Bologna, piazza Verbano, piazza R. Pilo-Monteverde), la realizzazione di due grandi aree verdi e la costruzione delle grandi attrezzature. “Dopo le non felici esperienze dei primi due piani regolatori, il Sanjust individuò nella differenziazione dei tipi edilizi lo strumento più idoneo per un reale controllo della crescita della città. Rispettando i vincoli tipologici (fabbricati, villini, abitazioni nelle zone verdi) si sarebbe potuta infatti determinare, invece della tradizionale espansione compatta e indiscriminata, una serie alternata di zone più o meno densamente abitate. Su questa base, e quindi sulle differenti densità, erano dimensionate tutte le previsioni tecniche del Piano, dalla

1 Comune di Roma, Italia Nostra, Roma centro storico 1924-1976 (Armando Montanari)

Popolazione residente ai censimenti Comune di Roma- dati ISTAT

84 85

rete delle fognature alle sezioni stradali, alle attrezzature pubbliche.”

Già nel 1916, con il cambio dell’amministrazione capitolina viene istituita una commissione tecnica per la revisione del piano di Sanjust.

Nel luglio del 1923 viene nominata una Commissione “per lo studio della riforma del piano regolatore di Roma” (di cui fanno parte gli urbanisti Gustavo Giovannoni e Marcello Piacentini) i cui lavori porteranno alla Variante Generale 192526 che ufficializzerà il superamento del Piano del 1909. [https://www.rerumromanarum.com/2021/05/il-pianoregolatore-generale-di-roma.html PRG 1931] [http://www.cittasostenibili.it/urbana/urbana_Scheda_12.htm

PRG 1931 con legenda]

Il XII Congresso della Federazione internazionale delle abitazioni e dei piani regolatori, che si svolge a Roma nel 1929 vede l’esposizione di tre progetti per il nuovo piano regolatore. I tre gruppi (“La Burbera” , “Urbanisti Romani” , “Armando Brasini”) presentano progetti diversi ma con alcuni punti in comune che andranno a confluire, insieme alla variante 1925-1926, nel Piano Regolatore del 1931, in vigore per i tre decenni successivi.

Il Duce vuole una città dei papi che abbia le sembianze anche esteriori della Roma antica e per raggiungere l’obiettivo è necessario sventrare per ripristinare. In pochi anni scompaiono interi quartieri medioevali e rinascimentali. La scelta del Governatorato di Roma di costruzione delle prime borgate nasce quindi dalla necessità di dislocare gli sfollati dei grandi sventramenti ma anche di eliminare gli aspetti più visibili del disagio sociale da una Roma che è la città “vetrina” del Regime.

L’espansione urbana è delimitata da una grande circonvallazione con la previsione di costruzione di intensivi e palazzine a est, di villini a ovest e di aree destinate all’industria a sud.

Il nuovo Piano Regolatore ipotizza un raddoppio della popolazione e un’edificazione di vaste proporzioni. Al fine di rendere concreta la sua realizzazione sono redatti numerosi

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Popolazione residente ai censimenti Comune di Roma- dati ISTAT 1 Comune di Roma, Italia Nostra, Roma centro storico 1924-1976 (Armando Montanari)

“Se osserviamo la città di Roma nel disegno generale del Piano del 1931, essa appare come un blocco compatto, di forma pressoché circolare: tutti i nuovi quartieri moderni hanno uno sviluppo radiale di circa due km, a partire dal perimetro della mura aureliane, raggiungendo i cinque complessivi dal miliario aureo e sono agganciati, gli uni agli altri, con poche soluzioni di continuità” .

piani particolareggiati , precorrendo la legge urbanistica del 1942, che diede il via alla costruzione intensiva di palazzine in aree riservate ai villini.

Ufficialmente esiste lo strumento urbanistico del 1931, ma i vecchi grandi interessi permangono e la “Variante del 1942”, il “Piano regolatore del Ventennale”, il “Piano ombra”, considerato dalle società immobiliari romane come il piano ideale, moltiplica il saccheggio della città permettendo la costruzione di grandi quartieri dove i servizi essenziali sono completamente trascurati.

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crescita indiscriminata e la società generale immobiliare

Dopo l’effetto frenante della seconda guerra mondiale nella crescita della popolazione, il boom economico ed edilizio porta la città ad un incremento ulteriore della propria popolazione nonché alla edificazione di numerosi quartieri.

L’esigenza di un intervento per il riassetto della città, che metta da parte il Piano del ’31, in scadenza il primo settembre 1958, diventa prioritaria all’interno della Commissione Urbanistica Comunale .

L’obiettivo è quello di uno sviluppo della città in tutte le direzioni: saranno le varianti a decidere la distribuzione della popolazione nei diversi quadranti. Sono questi gli anni in cui Roma, al centro dei movimenti della Nazione (sud/nord, campagna/città) conosce una crescita della popolazione non paragonabile a ciò che si è verificato nel passato e a cui “corrisponde un’espansione del costruito senza confronti con i precedenti decenni di Roma Capitale” .

Tra il 1945 e il 1971 gli abitanti passano da 1.5000.000 a 2.739.952, aumento dovuto principalmente all’espansione del bacino migratorio e che fa diventare impellente il problema della casa. Nei trent’anni dopo la guerra arrivano a Roma, dal resto d’Italia, più di 1.700.000 persone che muovono il settore dell’edilizia. “Nel decennio che va dal 1951 al 1961 vennero costruiti 2.583.016 alloggi per 920.649 vani, pari al all’equivalente abitativo di una città più grande di Genova” .

Al termine della guerra i proprietari dei terreni edificabili hanno acquisito più potere ed una maggiore ricchezza. I fattori che hanno portato ad un così rilevante aumento del valore di mercato delle aree fabbricabili sono molteplici: la riduzione del valore della moneta, la carenza di case, la poca esperienza degli organi al potere centrali e periferici e la concentrazione delle grandi proprietà nelle mani di pochi . I sette proprietari ,

1 Comune di Roma, Italia Nostra, Roma centro storico 1924-1976 (Armando Montanari)

a cui appartengono 26 milioni di mq dove il Comune porterà a sue spese acqua, luce, gas, strade, non puntano alla realizzazione di un progetto organico di espansione della città ma, difendendo il piano del 1931 che permette l’espansione “a macchia d’olio”, mirano ad ottenere guadagno su qualsiasi metro quadrato.

Tra i proprietari di maggior spicco si trova la Società immobiliare generale che possiede a Roma 6.750.000 mq fabbricabili o situati ai limiti del piano regolatore: 2.000.000 di mq in più del Comune. Al secondo posto il senatore democristiano Marchese Alessandro Gerini che possiede 6.000.000 mq di terreno edificabile e la sorella Marchesa Isabella Gerini che ha 2.500.000 mq. Seguono il Conte Romolo Vaselli con 2.430.000 mq e i tre fratelli Lancellotti con 7.000.000 mq. Nella relazione dell’assessore all’urbanistica Enzo Storoni (nella Giunta del sindaco Rebecchini ) si rileva una stima dell’aumento del valore annuo di questi terreni pari a 65 - 70 miliardi all’anno da dividersi per 7 proprietari. Nel 1950 Gerini vende all’INA casa , per realizzare edilizia residenziale pubblica, un terreno a 1.200 lire a mq, il comune porta i servizi e il terreno di proprietà Gerini, inserito nei piani particolareggiati, dopo tre anni vale 15.000 lire a mq .

A Roma, alla fine del 1951, vi sono 417.918 abitazioni, entro le quali risiedono 512.152 famiglie con un deficit di alloggi pari a 90.000 e, alla stessa data, ben 33.617 famiglie vivono in dimore precarie quali grotte, ruderi o baracche .

Il settore edile negli anni ’50 è in forte ripresa e sperimenta un moltiplicarsi delle imprese e della costruzione di fabbricati. Questa fase di sviluppo e di modernizzazione della città si contraddistingue per il forte incremento demografico, pari a 500.000 abitanti, e per lo scarso controllo pubblico. La legge Tupini , che riduce l’IVA al 10% per gli acquisti di locali commerciali direttamente dal costruttore, e la legge Audisio , per la costituzione di un fondo per l’incremento edilizio, danno una forte spinta all’edilizia privata offrendo numerose chances a chi vuole costruire, concedendo mutui agevolati, esenzioni sulle imposte e contributi vari.

In un contesto culturale in cui l’aumento del numero delle case di proprietà viene visto come “fattore determinante della pace sociale”, come sostegno per l’unione materiale e morale della famiglia, l’imprenditore privato trova terreno fertile nello sfruttare i fondi statali a proprio vantaggio,

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4.2_La

1 Comune di Roma, Italia Nostra, Roma centro storico 1924-1976 (Armando Montanari)

partecipando in prima persona o con imprese collegate, alla nascita di cooperative edilizie a cui sono rivolti buona parte dei finanziamenti.

Nella seduta consiliare del 22 dicembre 1953 si svolge l’importante dibattito sul piano regolatore. L’assessore ai lavori pubblici Storoni apre la seduta denunciando la situazione della città: “La nostra impotenza, unita alla pressione incontenibile dell’interesse privato, spinto dal bisogno di case e dal desiderio di sfruttare fino all’estremo l’altissimo valore delle aree fabbricabili ha fatto sì che, effettivamente, l’abusivo e l’irregolare siano a Roma dilagati. Riconosco che c’è da scandalizzarsi” ..

Rimangono forti le pressioni esterne sia delle Associazioni di categoria come l’U.R.I.A. (Unione Romana Ingegneri ed Architetti) sia dei grandi proprietari terrieri che vogliono evitare la nascita di un nuovo Piano regolatore e preferiscono continuare sulla strada dei piani particolareggiati (al 1948 ne vengono approvati 118 e 167 al 1965) e delle varianti (circa 250) incrementando altezze, densità abitativa e riduzione degli spazi verdi e convertendo le aree riservate ai villini in zone per la costruzione di tante palazzine e pochi villini.

Il “non governo dell’urbanistica” guida il saccheggio del territorio: lo scopo è “costruire il più possibile” e la palazzina, richiesta ed apprezzata dal ceto medio, è l’arma migliore. Per raggiungere l’obiettivo è necessario eliminare le aree verdi che la circondano, costruire a filo strada e a macchia d’olio senza troppi ostacoli. La linea nella quale si muovono i privati è duplice: da una parte costruire negli spazi liberi dei quartieri in cui l’edificazione è già iniziata, aumentandone la densità abitativa senza preoccuparsi di incrementare i servizi, dall’altra fabbricare nelle aree periferiche lasciando al Comune il compito di dotarle di strade, acqua e luce e gas (urbanizzazione privata).

1 Comune di Roma, Italia Nostra, Roma centro storico 1924-1976 (Armando Montanari)

Nella trasformazione della città un ruolo di spicco, insieme alle grandi famiglie dell’aristocrazia romana e agli enti ecclesiastici, è coperto dalla Società generale immobiliare accusata di avere un’azione esclusivamente speculativa e poco attenta al mantenimento e alla conservazione del territorio. Attaccata dalla stampa a più riprese e accusata di collusione con gli organi politici municipali e del “sacco di Roma” la Società immobiliare nel decennio 1953-1963 diventa il più importante motore edilizio della città.

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Popolazione residente ai censimenti Comune di Roma- dati ISTAT

PIANO

Popolazione residente ai censimenti Comune di Roma- dati ISTAT

1 Comune di Roma, Italia Nostra, Roma centro storico 1924-1976 (Armando Montanari)

partecipando in prima persona o con imprese collegate, alla nascita di cooperative edilizie a cui sono rivolti buona parte dei finanziamenti.

Nella seduta consiliare del 22 dicembre 1953 si svolge l’importante dibattito sul piano regolatore. L’assessore ai lavori pubblici Storoni apre la seduta denunciando la situazione della città: “La nostra impotenza, unita alla pressione incontenibile dell’interesse privato, spinto dal bisogno di case e dal desiderio di sfruttare fino all’estremo l’altissimo valore delle aree fabbricabili ha fatto sì che, effettivamente, l’abusivo e l’irregolare siano a Roma dilagati. Riconosco che c’è da scandalizzarsi” ..

Rimangono forti le pressioni esterne sia delle Associazioni di categoria come l’U.R.I.A. (Unione Romana Ingegneri ed Architetti) sia dei grandi proprietari terrieri che vogliono evitare la nascita di un nuovo Piano regolatore e preferiscono continuare sulla strada dei piani particolareggiati (al 1948 ne vengono approvati 118 e 167 al 1965) e delle varianti (circa 250) incrementando altezze, densità abitativa e riduzione degli spazi verdi e convertendo le aree riservate ai villini in zone per la costruzione di tante palazzine e pochi villini. Il “non governo dell’urbanistica” guida il saccheggio del territorio: lo scopo è “costruire il più possibile” e la palazzina, richiesta ed apprezzata dal ceto medio, è l’arma migliore.

Per raggiungere l’obiettivo è necessario eliminare le aree verdi che la circondano, costruire a filo strada e a macchia d’olio senza troppi ostacoli. La linea nella quale si muovono i privati è duplice: da una parte costruire negli spazi liberi dei quartieri in cui l’edificazione è già iniziata, aumentandone la densità abitativa senza preoccuparsi di incrementare i servizi, dall’altra fabbricare nelle aree periferiche lasciando al Comune il compito di dotarle di strade, acqua e luce e gas (urbanizzazione privata).

Nella trasformazione della città un ruolo di spicco, insieme alle grandi famiglie dell’aristocrazia romana e agli enti ecclesiastici, è coperto dalla Società generale immobiliare accusata di avere un’azione esclusivamente speculativa e poco attenta al mantenimento e alla conservazione del territorio. Attaccata dalla stampa a più riprese e accusata di collusione con gli organi politici municipali e del “sacco di Roma” la Società immobiliare nel decennio 1953-1963 diventa il più importante motore edilizio della città.

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REGOLATORE del 1962REGOLATORE del 1962 Sindaco: Sindaco: G. G. Della PortaDella Porta Autore: Petrucci, Furitano Samperi

1 Comune di Roma, Italia Nostra, Roma centro storico 1924-1976 (Armando Montanari)

“Capitale corrotta = nazione infetta” è il titolo di una famosa inchiesta del settimanale “L’Espresso” voluta dal direttore Arrigo Benedetti e apparsa sul numero dell’11 dicembre 1955. L’articolo, Dietro il sorriso di Rebecchini: quattrocento miliardi, scritto dal giornalista Manlio Cancogni, denuncia gli illeciti negli appalti immobiliari di Roma, che coinvolgono in particolare il sindaco democristiano Rebecchini e la Società Generale immobiliare di cui il Vaticano è il maggiore azionista“. Le accuse sono pesanti “per la prima volta venivano descritti nel dettaglio i meccanismi che governavano l’edilizia romana. L’articolo stila un elenco di società collegate alla Società Generale Immobiliare tutte create per coprire le azioni speculative sulle aree fabbricabili. La strategia è semplice: si sceglie una zona da valorizzare, l’Immobiliare cede una parte di terreno ad una di queste società collegate che provvede alla edificazione dell’area. Il Comune è costretto a fornire i servizi e il valore dei terreni adiacenti, di proprietà di un’altra collegata, aumenta in modo esponenziale. Nulla è lasciato al caso, è l’Immobiliare a scegliere la zona e la tipologia di edificio.

Il primo numero dell’Espresso vende quasi 100.000 copie. Le conseguenze per Rebecchini sono inevitabili e non viene ricandidato come sindaco alle elezioni del 1956. La Società Generale Immobiliare querela Cancogni e Benedetti per diffamazione e nel processo che ne segue i due giornalisti vengono prima assolti per insufficienza di prove e condannati ad otto mesi di reclusione in appello. [pagina articolo de L’Espresso]

Va evidenziato che ad una lettura critica della crescita urbana e delle azioni speculative della Società Generale Immobiliare si è contrapposta l’intenzione di alcuni urbanisti di capire la stratificazione della città rivedendo il giudizio negativo sull’operato dei personaggi che di quel processo sono stati protagonisti. Spunti di riflessione passano sia attraverso il riconoscimento di Vittorio Vidotto del ruolo di protagonista della Immobiliare delle trasformazioni della città sia sulle osservazioni di Giorgio Muratore che ne ha messo in evidenza le proprietà di società “assolutamente eccezionale come dimensione, come qualità del prodotto, come struttura dei quadri”.

L’immobiliare, indicata come la “vera artefice di quella

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macchia d’olio che contrassegnò l’attività urbanistica romana” degli anni Cinquanta e Sessanta , traendo spunto dal modello edilizio americano, ricorse alla collaborazione di Adalberto Libera, Ugo Luccichenti, Mario Paniconi, Giulio Pediconi e Giuseppe Vaccaro tra i maggiori architetti dell’epoca.

Le sue origini vanno trovate a Torino nel 1862 ma dal 1880, anno del suo trasferimento a Roma, la capitale diventa la sua principale attrazione e, dopo aver operato come istituto di credito fondiario, rivolge la sua attività alla compravendita di terreni e fabbricati e alla costruzione edilizia.

A seguito dei Patti Lateranensi Bernardino Nogara, a capo dell’Amministrazione Speciale della Santa Sede, che ha il pacchetto azionario di controllo, decide di investire parte dell’indennizzo ricevuto dal Vaticano.

Il progetto edilizio della Società prevede la lottizzazione, la vendita e l’edificazione di terreni nelle zone di sviluppo della città con “appartamenti per tutte le esigenze” a costi facilitati per agevolare l’accesso alla proprietà della casa a un più vasto spettro di soggetti.

Gli anni dal 1945 al 1975 sono gli anni più fiorenti della Società e la sua azione , favorita dalle varianti ai piani regolatori, è parte attiva nell’aspetto che oggi ha la città. Sostenitrice della lottizzazione dei terreni di Monte Mario, Vigna Clara, via della Camilluccia, via Montiglio e quartiere delle Valli a favore delle cooperative, si fa portatrice degli interventi edilizi degli IEEP (Istituti per l’edilizia economica e popolare) che cura “dal progetto al collaudo” per realizzare alloggi da assegnare in locazione con patto di futura vendita. I tre decenni successivi alla fine del secondo conflitto mondiale rappresentano la fase di massima espansione dell’attività dell’Immobiliare il cui raggio d’azione si estendende sia in Italia che all’estero. A metà degli anni Settanta entra in una crisi gravissima che sfocerà nello scioglimento della società nel 1988.

[*Appartamenti per tutte le esigenze, inserto pubblicitario dell’Immobiliare in “Guida Monaci. Annuario generale di Roma e provincia”, 1956, tra le pp.1224 e 1225.*]

Dovremmo decisamente orientarci verso la più ampia diffusione della proprietà della casa, ancoraggio della unità

materiale e morale della famiglia. È una istanza sociale che trova radici profonde nella nostra tradizione e differenzia la nostra civiltà latina da altre concezioni di vita. Questa esigenza è sempre più sentita in ogni strato della popolazione ed anche nei ceti meno dotati, portati, per la stessa loro semplicità di vita, ad apprezzare più di altri la soddisfazione di possedere una modesta casa propria.

* ACS, Sgis, Vaga, b. 2, reg. 8, assemblea del 23 aprile 1952, p. 175.*

Il Comitato di elaborazione tecnica (Cet), incaricato nel 1953 della redazione del nuovo Piano, lo vede respinto nel 1958 (per la sua visione urbanistica parziale e per una densità abitativa troppo bassa) dal Consiglio comunale che apporta delle modifiche opposte a quelle del progetto iniziale e lo approva nel giugno del 1959. Le norme di salvaguardia avviate per tre anni portano alla revisione del Piano che, a seguito di numerose conciliazioni e modifiche, il 16 dicembre 1965 viene approvato dal Presidente della Repubblica. Ci sono voluti dodici anni per avere il nuovo piano e già nell’ottobre di due anni dopo il Consiglio comunale adotta una «Variante generale» .

Il quarto Piano Regolatore della Capitale riflette un’impostazione simile a quella del Comitato tecnico e di Luigi Piccinato inserendo uno sviluppo urbano significativo verso il territorio ad est della città e attività di servizio e direzionali concentrate.

Nel 1962, le aree costruite abusivamente, inserite all’interno del nuovo Piano regolatore con la denominazione di “Zone di ristrutturazione urbanistica”, occupano 3.800 ettari e sono abitate da 200.000 abitanti. La forte accelerazione del fenomeno negli anni porterà la città nel 1981 ad avere il 28% del suo territorio abusivo con 8.500 ettari e 800.000 abitanti. La costruzione dei quartieri abusivi, i “borghetti di baracche”, in una prima fase caratteristici della fascia sociale a reddito più basso, dagli anni Sessanta, con la realizzazione delle palazzine, si trasforma in attività di tipo imprenditoriale e speculativo diventando il “modo stesso di essere della città” . Sarà la legge n. 47 del 28 febbraio 1985 di condono edilizio a rendere legali gli edifici realizzati alla data del 1 ottobre 1983 in contrasto con le norme urbanistiche sottraendoli ai relativi provvedimenti sanzionatori.

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1 Comune di Roma, Italia Nostra, Roma centro storico 1924-1976 (Armando Montanari)

La forte crescita demografica ha condizionato lo sviluppo urbanistico della capitale che non ha potuto prescindere dalle demolizioni del centro storico e da una edilizia di tipo speculativo che si è riflessa nei rapporti tra centro e periferia e nelle interazioni conflittuali tra cittadini e amministrazione. A partire dagli anni 80, al pari di quanto si osserva in altri centri abitati sia italiani che europei, la crescita demografica della città si interrompe, anche a seguito del crollo della natalità, per riprendere nuovo vigore negli anni ’90, a seguito dell’arrivo vistoso di popolazione straniera, fino ad arrivare a 2.808.293 milioni di abitanti nel 2019.

L’espansione edilizia che inizialmente si era orientata lungo gli assi nordovest-sudest e nordest-sudovest e si sviluppa in un secondo momento lungo direttrici non chiaramente definite ma con una suddivisione sociale della popolazione che vede la borghesia nei quadranti nord ed ovest e i ceti popolari a sud e ad est.

Malgrado la flessione demografica, la città continua ad espandersi senza controlli e senza pianificazione

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4.3_La palazzina romana: nascita ed evoluzione di un tipo

“Il volto attuale della Roma del ceto medio, della Roma borghese è costituito dalle palazzine. E dato che Roma rimane sempre essenzialmente una città borghese, si può affermare che Roma è in gran parte una città di palazzine.”

Insolera

Il termine palazzina si fa strada nel Rinascimento come vezzeggiativo di palazzo e usato per i casini di caccia posti all’interno delle grandi tenute, ma ha origine da un particolare tipo di manufatto di piccole dimensioni presente nelle vile Patrizie romane. Figlia del “villino“ è oggi componente essenziale del paesaggio urbano romano.

La palazzina del Novecento, supera la logica di espansione a «blocco» tipicamente tardo Ottocentesca, ricalcando in negativo le zone edificate dal primo periodo post-unitario fino ai primi del secolo. La sua espansione si basa sulla frammentarietà e sull’individualità formale: il costruito non si dispone sui bordi dell’isolato con conformazioni a corte, ma sostituisce i vuoti ai pieni definendo un rapporto tra edificio e suolo urbano innovativo per Roma. Cambia la grana urbana, diviene fine ed organica, in opposizione ai blocchi regolari di scuola haussmaniana.

L’analisi di questa “nuova” tipologia edilizia che diventerà simbolo dell’espansione della capitale non può prescindere dalla ricostruzione della sua origine ed evoluzione attraverso gli strumenti di piano che hanno regolamentato la città.

Il Piano Regolatore del 1909, redatto da Edmondo Sanjust di Teulada, prevede la realizzazione di nuovi quartieri attraverso l’introduzione di due nuovi tipi edilizi: il fabbricato e il villino. Definiti dal Regolamento Generale Edilizio il primo, destinato alla popolazione a basso reddito, prevede un’altezza massima di 24 m (estesi a 28 m nel 1914 e 30 m nel 1923); il secondo, per la nuova borghesia agiata, deve essere isolato dalle vie con rientranza a filo strada maggiore di 4m, non più di due

Viste aeree

Differenze di grana tra il quartiere Prati (in alto) caratterizzato da un tessuto a blocchi a maglia regolare e il quartiere Prati a grana fine nel quale predomina la tipologia della palazzina.

Mezzetti

piazza Mazzini, piazza Bologna, piazza Verbano e un’espansione sll’asse viario Appio-Tuscolano approvato con R.D. del 24 dicembre 1911, n. 1532

Martini e Montuori

G. Muratore, La complessità del moderno: il caso di Roma in A.A.V.V. , “il rilievo del moderno: caratteri di riconoscibilità della forma urbana Vittorio Vidotto. Roma contemporanea

piani oltre al piano terreno e vedute a prospetto in tutte le fronti.

La crescita della città, già prima della Grande Guerra, diventa incontrollabile e il Piano del 1909 è oggetto di innumerevoli tentativi di trasformazione dei villini in un tipo edilizio più redditizio: ha inizio quella che può essere definita “l’operazione palazzina” (Iobbi).

Per ovviare infatti alla crisi edilizia conseguente la guerra e per rispondere all’esigenza di abitazioni adeguate al nuovo ceto sociale (impiegati dello stato, addetti ai servizi e commercianti), nel 1920 viene introdotto nel Regolamento Edilizio la possibilità di realizzare, nelle zone destinate a villini, un nuovo tipo edilizio di maggior volumetria: la palazzina. “Sulle aree destinate a villini dal piano regolatore e di ampliamento in vigore potranno costruirsi delle palazzine” Dalla possibilità di aumento della cubatura nasce quindi quell’ibridazione tipologica tra villino, villa suburbana e palazzo (via di mezzo tra quei due tipi edilizi introdotti dal piano del 1909) che diventerà protagonista (quasi) assoluta della scena urbana romana nei decenni successivi.

Il Regio Decreto n. 1937 del 16.12.1920 ne definisce le caratteristiche all’Art.2: esse potranno coprire una superficie superiore a quella stabilita dall’art. 8 del Regolamento Speciale Edilizio per Roma (1/4 del lotto), ma dovranno avere vedute a prospetto su tutte le fronti ed essere almeno metri 5,80 dai confini dei lotti attigui;

l’estensione delle fronti sulle strade non potrà eccedere la lunghezza di metri 25, osservata la distanza di metri 5,80 dal confine, ma l’Amministrazione potrà permettere fabbricati di maggiore estensione purché questa sia costruita in ritiro, a 4 metri di profondità dal prospetto principale e non acceda i 10 metri di fronte oltre i 25, sicché in ogni modo i fabbricati non assumano proporzioni troppo vaste e tali da alterare il tipo delle costruzioni; tale disposizione vale altresì per le fronti interne dei singoli lotti; l’Amministrazione Comunale potrà, a suo giudizio insindacabile, consentire che le costruzioni sorgano sul filo stradale, invece che alla distanza di metri quattro dal medesimo; le costruzioni non potranno avere più di tre piani oltre il rez-dechaussée il quale non potrà essere sopraelevato più di tre

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metri dal suolo od oltre il piano terreno per uso di botteghe; l’altezza massima delle palazzine potrà raggiungere metri 19, salvo parziali sopraelevazioni che rendono armonico e variato il profilo dell’edificio, a giudizio dell’Amministrazione Comunale; le aree che rimarranno scoperte intorno ai fabbricati dovranno essere decorosamente sistemate a giardino. Prevista come una disposizione transitoria con durata di 18 mesi, la possibilità di sostituzione della palazzina al villino viene poi prorogata fino al 1923 con ulteriore deroga al 31 dicembre 1925, quando la variante al Piano del 1925-26 fissa le nuove Disposizioni di carattere temporaneo per la costruzione delle palazzine nelle zone destinate dal P.R. a villini, con il premio per “immediata fabbricazione”.

A cavallo degli anni ’20 e ’40 si verifica quindi una transizione dal tipo edilizio del villino a quello della palazzina. “La palazzina diventa la tipologia vincente”, la casa borghese per eccellenza “ed è esattamente quello che la classe emergente vuole per rappresentare se stessa” .

Con il Piano Regolatore 1931 la tipologia della Palazzina viene ufficializzata e le caratteristiche (che prevedono un ulteriore aumento di cubature) definite: le fronti non maggiori di metri 28, elevabili a metri 38 se con ritiri parziali non inferiori a metri 4; altezza massima metri 19 comprendente non più di tre piani oltre al piano terreno sopraelevato dal suolo, sopraelevazioni parziali per una superficie non superiore ai 2/3 di quella coperta, distacchi del fabbricato di almeno metri 5,70 da ogni confine interno”.

Con il P.R. 1.260 ettari vengono destinati alle palazzine (contro i 580 ettari degli intensivi e i 1.140 ettari dei villini) con l’obiettivo di ospitare tra i 441.000 e i 567.000 abitanti.

Per tutti gli anni 50 e i primi 60 l’edilizia a Roma è in costante ascesa (si passa dai 31.300 vani costruiti nel 1951 ai 159.134 del 62) e, attraverso gli strumenti delle varianti e dei piani particolareggiati, si assiste, nel secondo dopoguerra, ad un’incredibile accelerazione del processo produttivo che cerca di arginare il controllo pubblico (grazie alla stessa mano amministrativa). L’edilizia privata si lega quindi indissolubilmente alla città speculativa.

Martini e Montuori

Disposizioni per l’incremento delle costruzioni edilizie. Prevedeva l’IVA al 10% acquistando un locale direttamente dal costruttore con almeno il 51% di abitazioni ed un massimo di 25% di locali ad uso commerciale Costituzione di un fondo per l’incremento edilizio destinato a sollecitare l’attività edilizia privata per la concessione di mutui per la costruzione di case di abitazione. Istituisce il Fondo per l’Incremento edilizio presso il ministero dei LL.PP GEStione CAse per i Lavoratori Mezzetti

Tra questi: la Balduina Monteverde, Vigna Clara-Farnesina e il quartiere Nomentano-piazza Bologna Treccani Dizionario online Rossi, Roma, guida all’architettura moderna 1909-1991. Editori La Terza Roma-Bari 1991

1 Comune di Roma, Italia Nostra, Roma centro storico 1924-1976 (Armando Montanari)

Il nuovo tipo è ripetibile, flessibile e facilmente imitabile, adatto alla ripresa economica e all’espansione demografica della città. Le imprese edilizie si moltiplicano per dare una risposta “pop” alle richieste del nuovo ceto medio, target dei costruttori di palazzine.

Come ha precisato Paolo Portoghesi la palazzina è popolare in virtù del suo valore simbolico di modello abitativo che sancisce la centralità del nucleo familiare. La palazzina diventa quindi la “cellula della città in espansione”.

Attraverso un processo agevolato dalla legge Tupini (408/1949) e Aldisio (715/1950), nascono le “cooperative edilizie” che, attraverso finanziamenti pubblici erogati dall’INA Casa prima e dalla GESCAL dal 1963, consentivano a funzionari, impiegati pubblici e privati di entrare in possesso della propria unità

palazzinaro s. m. [der. di palazzina], spreg. – Termine con il quale si indica (dapprima a Roma, e questo spiega il suffisso dialettale, poi diffuso anche altrove), un tipo di imprenditore edile, spesso improvvisato, che a partire dagli anni ’50 e ’60 del Novecento, in presenza di un rilevante aumento della domanda di abitazioni, raggiunge rapidamente il successo economico grazie all’utilizzo di manodopera a basso costo, all’adozione di tipologie edilizie ad alta intensità abitativa e di tecnologie arretrate, a scapito sia dell’estetica delle costruzioni sia della vivibilità degli ambienti, spesso ricorrendo ad abusi, corruzione, violazione dei regolamenti edilizî e urbanistici.

1 Comune di Roma, Italia Nostra, Roma centro storico 1924-1976 (Armando Montanari)

abitativa.

Al fianco delle cooperative operano una serie di società di costruzione, prima tra tutte la SGI della quale si è ampiamente parlato nel capitolo precedente. Interi quartieri si sviluppano utilizzando quasi esclusivamente il tipo edilizio della palazzina e il termine “palazzinaro” entra a far parte del lessico quotidiano.

Il piano del 1962 non fa altro, almeno nei suoi primi dieci anni

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La collina dei Parioli aboutartonline.com Monte Mario Roma Moderna quartiere dei Monti di Primavalle Roma ModernaPiazza Bologna-Tiburtino Roma Moderna

di validità, che completare l’attuazione del piano del 1931. Tra gli anni ’60 e la metà degli anni ’70 la gran parte dell’edilizia abitativa legale viene realizzata all’interno delle zone D (zone di completamento del piano del 1931) consolidando così una cintura periferica ad alta densità priva di servizi . Il mercato dell’abusivismo si espande in tipi edilizi a carattere plurifamigliare, quale il vilino o la palazzina.

La palazzine non risolve temi come la “casa per tutti”, centro e periferia industrializzazione architettonica, cultura di massa; è giudicata come una delle prime cause scatenanti

1 Comune di Roma, Italia Nostra, Roma centro storico 1924-1976 (Armando Montanari)

1 Comune di Roma, Italia Nostra, Roma centro storico 1924-1976 (Armando Montanari)

In proposito, appare pertinente l’acuta riflessione riportata da Alessandra Muntoni, nel suo saggio La Roma delle palazzine dagli Anni Venti agli Anni Sessanta: “Sorvolando Roma dall’alto, si ha la sensazione che la Roma delle palazzine sia un pianeta sconcertante, polverizzato, urbanisticamente dissestato, senza respiro. Entrando dentro a questo tessuto apparentemente impervio, si incontra un modo di abitare di qualità diffusa e, qua e là, l’architettura. Bisogna poi registrare un fatto: questo tessuto residenziale si è rivelato come uno dei meno contestati dalla gente che vi abita. Non è un argomento secondario, perché si può affermare che questa mancanza di disagio sia dovuta proprio al fatto che la palazzina non declina la periferia in termini di separazione, di segregazione, di degrado urbano, ma la ha interpretata, come continuum, integrazione, esibizione della differenza intesa come ricerca della qualità. Il mercato ha fatto il resto, ma ciò impone dove possibile – e i contesti sono molti - un’opera di recupero che determinerebbe uno scatto complessivo verso l’alto della vita civile a Roma.

dell’irrefrenabile disordine del disegno urbano di Roma. Anche gli architetti e, di conseguenza gli utenti, si adeguano alla nuova organizzazione della Città, improntata sulla frantumazione, molto spesso caotica, dei piccoli blocchi, come segno concreto di autonomia e di individualità, la qual cosa corrispondeva e, ancora corrisponde, ai desideri e alle reminiscenze culturali di molti dei romani e di gran parte degli italiani.

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Infiniti i nomi dei costruttori tra questi Ciaramaglia, Marchini blablabla li avevo segnati da qualche parte?

Roma: tessuto urbano continuo, sviluppo lungo gli assi

Vengono introdotti nuovi tipi edilizi: FABBRICATI: h 24m per la popolazione immigrata VILLINI: per la nuova borghesisa

Si de nisce il tipo a VILLINO isolato dalla strada con rientranza dalla strada > di 4m non più di due piani oltre al piano terreno vedute a prospetto in tutte le fronti

“nelle zone destinate a villini, questi dovranno essere isolati dalle vie, con rientranze dal lo stradale non inferiore a metri, composti di non più di due piani oltre piano terreno sopraelevato dal suolo” e sottolineava che “la costruzione dovrà avere vedute a prospetto (sic) in tutte le fronti”.

FABBRICATI: h 28m

PALAZZINA

PALAZZINA DELLA SPECULAZIONE

1900

1909

1911

1914

Introduce, nelle zone destinate a villini, la possibilità della costruzione di un nuovo tipo edilizio di maggior volumetria: la PALAZZINA

vedute a prospetto 25 m larghezza 5,8m distanza

Le palazzine potranno coprire un lotto di super cie superiore di quelli previsti per villini, dovranno avere vedute “a prospetto” su tutti fronti che potranno estendersi no metri 25 ed essere distaccati di soli 5,80 metri dai con ni dei lotti attigui.

Piano Regolatore

Edmondo Sanjust di Teulada

De nisce le caratteristiche della Palazzina

“le fronti non maggiori di metri 28, elevabili a metri 38 se con ritiri parziali non inferiori a metri 4; altezza massima metri 19 comprendente non più di tre piani oltre al piano terreno sopraelevato dal suolo, distacchi del fabbricato di almeno metri 5,70 da ogni con ne interno”

Il nuovo Piano Regolatore del 1931 destinava vaste aree per la realizzazione delle palazzine, in particolare nel quadrante nord della città. Al tessuto edilizio continuo della città storica si vennero così ad aggiungersi nuovi quartieri formati da nuove unità residenziali discontinue, villino e la palazzina.

Fine del con itto

Legge Tupini 408/1949

della speculazione

IVA al 10% acquistando un locale direttamente dal costruttore

Finanziamenti a cooperative con mutui no a 25 anni con tasso al 4%

“La speculazione edilizia”

Palazzina della speculazione

1923

Piano Regolatore

Regolamento edilizio

Edmondo Sanjust di Teulada Piano Regolatore

FABBRICATI: h 30m 1920 Regio Decreto

1931

Piano Regolatore

Roma: crescita incontrollabile della città Si costruisce tra il centro le borgate 1920-1940

Si accentua il passaggio dal villino alla palazzina, si moltiplicano le imprese edilizie

1945

1949

indissolubilmente collegata con la città

Accelerazione del processo produttivo tendente ad

qualsiasi controllo pubblico nella fase di modernizzazione sviluppo della città che si apriva.

1963

Palazzina
Palazzinari
Calvino
1945-1955 L’edilizia privata
speculativa.
eliminare
oggi La palazzina romana diviene la cellula della città in espansione
IMPEGNATA PALAZZINA D’AUTORE
30 m 1923 28 m 1914 24 m 1909 disegno palazzinadisegno palazzina
Restituzione (parziale) della distribuzione del tipo Palazzina sul territorio comunale di Roma nel 2021

Per comprendere la mole della produzione è stato creata un raccolta fotografica di Palazzine in giro per roma. Per far comprendere l’estenzione, la ripetitività e, a volte l’originalità, di questo tipo edilizio. L’attenzione al dettaglio.

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4.4_La palazzina d’autore: evoluzione formale di un tipo

La palazzina è stata la reificazione di un modo di vivere della famiglia romana e lo è ancora; ma gli architetti se ne sono occupati con un misto di amore e di disprezzo, soprattutto nel periodo che va dagli anni Trenta agli anni Sessanta del secolo scorso.

P. Portoghesi

«Le potenzialità della tipologia “Palazzina” erano in effetti vastissime perchè riusciva ad adattarsi sia a vari tagli di lotti, sia ad una domanda economica diversificata”

M. Pazzaglini

All’interno del dibattito architettonico e della critica la palazzina è stata individuata come la causa principale della mancanza di uno sviluppo urbano organico e funzionale, connessa con l’assenza di servizi, gli interessi speculativi e segnata dalla (forse non) sua incapacità di fare città.

La cultura architettonica romana, che criticava aspramente il modello insediativo speculativo, non ha saputo arginarne il processo mentre a sinistra si creava l’alibi della “palazzina impegnata” su cui si cimentano i grandi protagonisti della scena architettonica romana1 della prima metà del Novecento. Molti di questi lavorano, tra l’altro, anche con le grandi società immobiliari (SGI) o come costruttori-palazzinari essi stessi (vedi arch. Ciaramaglia).

Negli ultimi anni la critica ha intrapreso un processo di riabilitazione dell’immagine della Palazzina. Se è vero che questo tipo edilizio, messo al servizio della speculazione, ha contribuito al “saccheggio della Capitale” è altrettanto vero che ha contribuito all’evoluzione del dibattito architettonico italiano. La stessa natura frammentaria, le piccole dimensioni e l’autonomia formale del tipo Palazzina ha rappresentato un vasto campo di sperimentazione formale degli architetti, formando un archivio in cui è registrato il percorso dell’architettura italiana (in particolar modo romana) del secolo scorso. Facendo della “cellula della città in espansione” un banco di prova e sperimentazione del moderno.

1L. Piccinato, V. Monaco e A. Luccichenti, U. Luccichenti, G. Ponti, C. Aymonino..

Ripercorrere dunque la storia e l’evoluzione della palazzina significa rimettere in discussione alcune consolidate chiavi di lettura della storiografia ufficiale, riannodare dei fili e recuperare la dignità critica a un patrimonio di esperienze finora solo saccheggiato dalla più corrente pratica edilizia.

Le Garzantine

Un primo periodo, tra il 1870 e il 1920, vede la palazzina iscritta nella stagione del liberty, e dell’eclettismo (quartiere Coppedè, G. Coppedè, 1915-1927; Palazzina in viale della Regina 270, M. Piacentini, 1913-16) in cui si oscilla dal neo-medievale al neo-gotico, dal neo-rinascimentale al neo-barocco.

Lo stile che caratterizza invece gli anni Venti è quello del cosiddetto “barocchetto romano”, termine creato da Gustavo Giovannoni che sviluppa un indirizzo stilistico di uscita dall’eclettismo sperimentandolo alla Garbatella e che caratterizzerà l’ultima stagione del villino sancendone il declino e la trasformazione in palazzina. Con richiami al barocco e alle strutture medievali, ma pulito dai decori del liberty, il barocchetto rifiuta lo stile Umbertino dei palazzi tardo-ottocenteschi così come quello Stile Internazionale che si diffondeva in Europa ponendosi in continuità con le tradizioni, i materiali e i colori locali, ma in chiave moderna. Se ne possono ritrovare altri esempi in nuclei di Città Giardino Aniene, piazza Bologna, Piazza Tuscolo e Monteverde vecchio.

Se la prima stagione della palazzina romana la vede ancora legata all’origine signorile con volumi composti e cornice sommitale, verso la fine degli anni Venti questa nova tipologia diviene un vero e proprio terreno di sperimentazione del moderno per gli architetti. (forse sono gli anni in cui l’Italia intera si occupa i come poter coniugare il moderno con la tradizione)

Linea conduttrice della maturazione di numerosi progettisti della scena romana è proprio quella transizione verso il moderno, mantenendo la classicità ed un atteggiamento storicista.

Nomi come Pietro Aschieri, Giuseppe Capponi, Mario De

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Palazzina lotto 11 (1926-27) Garbatella Plinio Marconi barocchetto romano Quartiere Coppedè (1915-27 Gino Coppedè,Paolo Emilio André eclettico, liberty

Renzi, Ridolfi si cimenteranno nella progettazione di questo nuovo ibrido in un tentativo di passaggio tra la tradizione e il moderno.

In particolare due palazzine esprimono la transizione tra il Barocchetto romano e le istanze di modernità del movimento razionalista (rimanendo in aperta polemica con quest’ultimo) tra gli anni 20 e 30: Palazzina De Salvi in Piazza della libertà di Pietro Aschieri2 (1929-30) e la Palazzina Nebbiosi in Lungotevere Arnaldo da Brescia di Giuseppe Capponi3 (1932). Nella prima la semplificazione (quasi sparizione) dell’apparato decorativo permette ad Aschieri di lavorare sul muro delle quattro facciate ritmandolo con concavità delle pareti e convessità dei balconi realizzando così una forte plasticità chiaroscurale. Il corpo scala centrale costruito con un elicoide continuo diviene un modello ripreso e reinterpreta. Mantiene la tripartizione basamento-corpo-coronamento con angolo svuotato.

Nella seconda, sede dello studio di Pier Luigi Nervi, Capponi riprende le geometrie borrominiane che vedono Paolo Portoghesi tra i suoi eredi più noti. La palazzina presenta facciate rivestite in travertino costituite da profonde esedre semicilindriche che consentono di arretrare gli ambienti interni e generare le due chiostrine che danno luce alla scala elicoidale e agli ambienti di servizio. Anche qui, come nella palazzina di Aschieri le concavità rientrano nel piano attico marcando gli angoli. La decorazione è quindi sostituita dalla plasticità degli elementi e dal dettaglio dei materiali interni, delle balaustre e, in questo caso, degli arredi disegnati dallo stesso architetto.

Tra gli altri manufatti degni di nota si segnala la Palazzina in Piazza Trento di Domenico Filippone (1929-31) dal volume compatto tripartito e le opere di Mario De Renzi dei primi anni ’30. Tra queste la Palazzina di piazza Cuba, casa manifesto con cerca di smontare le certezze di quello stile internazionale. Il fronte è simmetrico presenta quattro semicolonne ioniche di ordine gigante sormontate da statue di divinità greche. De Renzi riprende le radici classiche e i modelli della tradizione in una provocazione antimoderna.

Tra le prime produzioni di Luigi Moretti poi la palazzina in

2(Roma 1889-1952) architetto e scenografo rappresenta una delle personalità più complesse della scena romana. In lui si esprime la contraddizione tra la sua appartenenza al MIAR (Movimento Italiano Architetti Razionalisti) e l’influenza della cultura romana di Giovannoni e Piacentini. Il rigetto del “barocchetto romano” lo porta alla generazione di uno stile che tenta un confronto con l’Europa attraverso una commistione di tardo espressionismo tedesco e stilemi novecentisti italiani.

3(Cagliari 1893 - Capri 1936) architetto razionalista, appartenente al MIAR si pone in polemica con l’eclettismo riprendendo le geometrie barocche.

Popolazione residente ai censimenti Comune di Roma- dati ISTAT

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Palazzina in piazza Cuba (1929) Mario De Renzi

Popolazione residente

viale della Pineta a Ostia (1932-37) presenta un’impostazione classicista con cornici, lesene e timpani, ma allo stesso tempo, una ricerca spaziale e volumetrica accentuata dall’uso del colore (elementi strutturali tinteggiati di colore scuro). Nella palazzina vi è un primo studio del contrasto tra luce e oscurità concavità e convessità della ben nota palazzina il Girasole, realizzata venti anni dopo. Sempre ad Ostia , luogo di sperimentazione dei nuovi linguaggi architettonici ed abbandono del linguaggio monumentale della capitale, e sempre negli stessi anni (1929-30) degna di nota è la Palazzina Pappagallo in piazza Anco Marzio di Mario Marchi . Nome non molto noto, vanta una produzione architettonica incredibile che lo rende l’architetto della palazzina romana con 575 edifici all’attivo nel 1981 tra i quali 109 palazzine. L’edificio a C con facciata simmetrica svuotata da logge nel partito centrale, viene trasformato in una citazione del classico ironica con l’utilizzo di colori contrastanti che ricordano il piumaggio di un pappagallo.

Nel lasso temporale che va dal 1931, anno del Piano Regolatore Generale che formalizza la palazzina coincidente con l’anno della Seconda Mostra di Architettura Razionale, e il 1941, anno della Variante Generale – piano ombra) si affinano i tratti di quelle due fazioni: da una parte le istanze razionaliste del Gruppo 7 e del M.I.A.R. (Movimento Italiano per l’Architettura Razionale); dall’altra il monumentalismo del regime.

Tra i protagonisti degni di nota di questa stagione le coppie Ridolfi-Frankl e De Renzi-Calza Bini.

Della coppia Ridolfi-Frankl la palazzina Rea (1935-36) in via di Villa Massimo e Palazzina Colombo (1935-38) in via di San Valentino contraddistinte da una ricerca formale e tecnologica che caratterizza la loro attività professionale. La prima infatti, influenzata dal regolamento edilizio ed il linea con lo “Stile Novecento” presenta uno studio tecnologico degno di nota (finestre con sottoluce e avvolgibili con apertura a compasso) ed una distribuzione degli spazi dinamica, nonostante l’apparente simmetria in facciata.

Della seconda coppia sono la palazzina economica Castelli (1935) di via Cerveteri e la palazzina Furmanik (1935-40) del Lungotevere Flaminio. Quest’ultima, elogiata da Gropius in

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ai censimenti Comune di Roma- dati ISTAT
Palazzina iin viale della Pineta (1932-37) Luigi Moretti Palazzina Pappagallo (1929-30) Mario Marchi Palazzina Rea (1935-36) Ridolfi-Frankl

occasione della sua visita a Roma è uno dei capolavori del Razionalismo della scuola romana, purtroppo fortemente alterata da interventi successivi (non più presenti i frangisole scorrevoli sui balconi, gli avvolgibili alle finestre, le rifiniture interne in cristallo e marmo nero).

Il progetto di G. Ponti per la palazzina Salvatelli in via Eleonora Duse (1939-40) incarna nella palazzina la tipologia ideale per la nuova borghesia romana. Unico progetto di edilizia residenziale di Gio Ponti a Roma, cerca di offrire, secondo le parole dello stesso architetto, una “signorilità di funzionamento” che si contrapponga ai “pacchiani attributi signorili” delle palazzine borghesi di quegli anni. Per far ciò Ponti utilizza alcune soluzioni distributivo-tecnologiche degne di nota. Tra queste: la presenza di un atrio carraio; la disposizione della portineria a cavallo dei due ingressi; uno schema distributivo anulare degli alloggi; i servizi ridotti negli alloggi; le armadiature a muro. Attenzione al dettaglio e sapiente utilizzo dei materiali a partire dal rivestimento esterno, originariamente in grès bianco con basamento in travertino.

Il paesaggio dalla palazzina degli anni trenta, elegante e composta all’esplosione formale borghese di quella degli anni Cinquanta sperimentale e innovativa vede tra le protagoniste la palazzina in via Archimede 148 (1939-41) di Luigi Piccinato . Qui l’architetto sfrutta la conformazione collinare del terreno arrivando a sviluppare la palazzina su otto piani. La ricerca di Piccinato lavora qui, come nelle Case-albergo di via Nicotera (1938-43) su una sintesi tra l’architettura razionale e architettura organica, sviluppando un forte dialogo con l’ambiente circostante.

Quest’ultima, così come la ben nota palazzina Alatri in via Paisiello di Mario Ridolfi, Wolfgang Frankl e Mario Fiorentino (1948-50), rende omaggio al Terragni della Casa Rustici ed introduce nuovi temi come la disintegrazione della facciata, la disarticolazione del volume, l’asimmetria distributiva, temi che ricorreranno nella nuova palazzina romana. Ruolo simbolico ha poi la seconda che racconta lo sviluppo stesso del tipo. La palazzina è infatti generata dalla sopraelevazione del villino in barocchetto di V. Morpurgo della fine degli anni Venti legittimata da una variante del piano del 1931. Gli architetti impostano quindi tre nuovi piani in c.a. sulle murature tufacee

Popolazione residente ai censimenti Comune di Roma- dati ISTAT

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Popolazione residente ai censimenti Comune di Roma- dati ISTAT

affermando un’ideologia modernista profondamente antistorica.

Degli stessi anni la palazzina della Cooperativa Astrea (1947-51) in via Jenner di un Moretti più maturo, propone un setto di facciata realizzato con una membrana sovrapposta ad ali divaricate che generano un’esposizione est-ovest alle cucine e dando alle logge la profondità del muro. L’edificio anticipa espedienti che utilizzerà successivamente come il basamento rustico in pietra. Coeva è infatti la (cinematograficamente e a livello internazionale) nota Casa Il Girasole (1947-50) in via Buozzi. Dal carattere razionalista si differenzia dal contesto, ma interagisce con il terreno e la sua conformazione trovando nel basamento arretrato in travertino il punto di contatto con la materialità rocciosa e l’antico. La facciata principale, scandita orizzontalmente da finestre a nastro, si apre in un taglio alla fontana sancendo il suo valore di involucro.

In stretto rapporto con la SGI opera poi uno dei protagonisti della scena romana: Ugo Luccichenti, che con quest’ultima realizza palazzine in quartieri quali Cassia, Monte Mario, Talenti, Vigna Clara, Casal Palocco, Olgiata, coniugando le esigenze di profitto con una ricerca funzionale e capacità progettuale.

Tra le sue opere la palazzina Bornigia (1938-40) in piazzale delle Muse nel quartiere Parioli, al fianco della palazzina Salvatelli di Gio Ponti, dallo scheletro strutturale in pilastri è rivestito da una cortina in mattoni, presenta una distribuzione interna simmetrica negata nel prospetto che si apre verso l’esterno con terrazze, pergole, verande, logge e balconi che scandiscono la facciata orizzontalmente. Assieme a questa la Palazzina La Nave (1949-50) in via Ruspoli, il prospetto viene smaterializzato con il gesto plastico, quasi barocco, delle terrazze ad angolo acuto che le danno il nome. La palazzina In largo Spinelli (1953) si proiettano le lezioni di Le Corbusier di Villa Stein: la facciata è ritagliata attraverso finestre a nastro di altezza irregolare divenendo una maschera indipendente dalla struttura, un diaframma tra l’esterno pubblico e l’interno privato.

La struttura frammentata dell’edificio si ricompone nei dettagli e nelle finiture determinando la crisi del riferimento al movimento moderno riducendolo ad un particolare architettonico funzionale ad un processo di rapida diffusione (Montuori), caso limite la casa Zaccardi (195051) a via De Rossi di Ridolfi dove non vi è più una nuova tipologia da proporre al ceto borghese, ma un autoritratto della committenza privata che si dimostrerà incapace di indirizzare la crescita urbana della città. “Non è più possibile affrontare il tema con la stessa astrazione

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utilizzata nell’anteguerra nella vicina palazzina Rea” (Tafuri).

Tra le sperimentazioni degne di nota degli anni Cinquanta la palazzina di Piazzale Clodio (1955-58) di Luigi Pellegrin mette in pratica i dettami dell’Architettura organica lavorando sull’involucro con sapiente articolazione volumetrica, sulla flessibilità distributiva interna e l’attenzione ai dettagli e i materiali. A causa della scarsa qualità dei materiali la palazzina versa ad oggi in stato di degrado.

Del duo Vincenzo monaco e Amedeo Luccichenti sono le palazzine SACEC e Palatina Domus (1952-53) in via del Circo Massimo. Due variazioni sullo stesso tema, piante e impaginato simmetrico con elementi ripetuti in serie con ritmo orizzontale. Le grandi vetrate esaltano la forte permeabilità tra interno ed esterno.

Di Carlo Aymonino e Ludovico Quaroni è invece un’altra palazzina degli anni Cinquanta: La Tartaruga (1951-54) in via Innocenzo X. La rivalutazione, relativamente recente, di questo manufatto, ne esalta la rottura dell’unità di facciata ed il dialogo instaurato con il contesto.

Tra i non numerosi esempi interessanti degli anni ’60 è da annoverare la Palazzina San Maurizio (1962) alle pendici di Monte Mario dove un Moretti ormai maturo risolve la necessità di un forte impatto visivo dal basso con richiami borrominiani nei balconi dalle forme circolari.

Nel secondo dopoguerra la palazzina conosce una stagione di interventi realizzati spesso con intenti speculativi registrando un netto peggioramento nella qualità architettonica dalla qualità dei materiali alle tecniche costruttive così come l’organizzazione interna e il rapporto con l’urbano. L’”elemento qualificante diventa la dinamicità delle facciate, l’alternarsi dei pieni e dei vuoti, delle sporgenze e delle rientranze e l’uso dei materiali” (ibid., p. 87).

Gli elementi decorativi come la pittura, il bassorilievo, il graffito diventano, a partire dagli anni Cinquanta la “nuova dimensione” della scala architettonica.

La palazzina formalmente degenera contribuendo alla crescita urbana disordinata della città e, dopo l’evoluzione degli anni precedenti, riduce il suo sviluppo facendo emergere quella che Paolo Portoghesi definisce nel 1969 una “gigantesca periferia”.

L’avventura di quella tipologia romana terreno di sperimentazione di generazioni di progettisti si conclude e le palazzine non divengono altro che “scatole con un piccolo coperchio, più o meno caratterizzate” (De

Guttry).

Il lavoro fotografico di Tommaso Sacconi e Giulia Carioti dà lo spunto

“Roma - sebbene la forza d’immagine del centro storico tenda a riproporla come organismo unitario - è in realtà una sommatoria disarticolata di frammenti urbani.

La città muraria è ormai una entità trascurabile rispetto all’anello irraggiante che la racchiude e tuttavia, se si prescinde da qualche quartiere costruito negli ultimi trent’anni del secolo scorso, tutto questo anello spesso parecchi chilometri non è altro che una gigantesca periferia”

Paolo Portoghesi

per una riflessione sulla figura dei portieri e gli spazi delle portinerie, vera e propria istituzione delle palazzine romane e simbolo di quel fare borghese che ben le rappresenta. Filtro tra la dimensione pubblica della strada e quella privata dell’abitazione, connettore narrativo nella commedia all’italiana la portineria è occasione di sperimentazione materico-stilistica non solo nelle “palazzine d’autore”, ma anche in quei risultati scarsamente considerati della speculazione del boom.

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4.5_La palazzina della speculazione: lo studio di un tipo

Ripercorrere dunque la storia e l’evoluzione della palazzina significa rimettere in discussione alcune

consolidate chiavi di lettura della storiografia ufficiale, riannodare dei fili e recuperare la dignità critica a un patrimonio di esperienze finora solo saccheggiato dalla più corrente pratica edilizia.

Al fianco della palazzina impegnata di nomi ben noti della scena architettonica romana, a coprire quell’espansione a macchia d’olio della capitale è proprio quel prodotto ben noto come la palazzina della speculazione, oggetto architettonico reiterabile all’infinito.

Lo studio formale di definizione del tipo si è quindi concentrato su quest’ultima, in particolar modo sui caratteri ricorrenti in quel decennio a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta che vede il proliferare delle imprese edilizie e dei cantieri nella Capitale e che fa spesso da sfondo al cinema di quegli anni. Mezzetti ne fa un’interessante lettura formale, selezionando principalmente palazzine autoriali creando un abaco sistematico attraverso una lettura per elementi: corpi scala, chiostrine, piani terra, configurazione planimetrica rispetto al filo strada, facciata.

“Scatole con coperchio più o meno caratterizzate”, le definisce De Guttry, che presentano un impianto planimetrico bloccato e condizionato dalla forma del lotto. La struttura è generalmente in c.a. (regolare o, spesso con pilastri in falso) con tamponamento in blocchi forati con intercapedine (intonacati o con mattoni in cortina), solaio con pignatte e tramezzi in “foratini”. L’altezza di interpiano è regolare ad eccezione del basamento, generalmente maggiore. Il tetto è il più delle volte piano o parzialmente coperto da una doppia falda lasciando una porzione calpestabile. I solai si estendono in aggetto con balconi distribuiti lungo il perimetro esterno del fabbricato con una larghezza media tra 1-1,5 metri. Questi elementi sanciscono una propensione verso l’esterno che si farà sempre più forte con il passare degli anni tra le lezioni di Le Corbusier, quelle

Paolo Portoghesi http://www. oipamagazine.it/2017/05/18/processoai-palazzinari-romani-19-ed-23-maggioroma-due-convegni-mettere-confrontoidee-progetti-stili-futuro-della-palazzinaconoscere-meglio-la-sua/

L. Piccinato, V. Monaco e A. Luccichenti, U. Luccichenti, G. Ponti, C. Aymonino..

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corpo scala piano servizi attico piano tipo balconi chiostrine interne piano commerciale piano interrato

organiche e le evoluzioni tecnologiche.

Il volume è tripartito e prevede un basamento, a volte rialzato, destinato ad uso commerciale, alla portineria e l’alloggio del portiere; tre o più piani tipo suddivisi in 2 o 4 appartamenti; un coronamento con attico con terrazza e superattico di servizio ospitante soffitte e lavatoi, spesso sede di abusi edilizi condonati.

I piani seminterrati originariamente pensati per cantine e magazzini vengono, con il passare degli anni, trasformati in parcheggi: i distacchi (punto di forza e anello debole allo stesso tempo del tipo) prima destinati a verde, vengono occupati da rampe di accesso per i garage interrati. L’orografia del terreno sfruttata per arginare la norma ed arrivare a costruire palazzine di otto piani (la differenza con gli intensivi sarà solo di ceto) con regolare licenza edilizia (vedi caso emblematico dei Parioli) perché aventi i regolari quattro piani su fronte strada.

La distribuzione interna, anticipata dal sistema funzionale portone-atrio, è regolata dalla presenza di uno o due corpi scala che prendono luce da, se presente, una chiostrina centrale (solitamente con corpo scala doppio) o due di dimensioni minori. Quest’ultimo elemento consente l’areazione e dei vani di servizio comuni e privati.

Interessante è l’evoluzione dell’alloggio interno. Se in un primo periodo le parti non sono collocate ancora con chiarezza denotando un passaggio travagliato dal modello del “villino”, l’appartamento si va poi caratterizzando seguendo una serie di costanti tipologiche che lo rendono riconoscibile e che dal villino signorile traggono la loro origine . Prima fra tutte la ripartizione dell’appartamento in aree funzionali: ingresso principale, zona giorno (soggiorno, pranzo, studio); zona notte (due o tre stanze da letto); i doppi servizi affacciati sulle chiostrine; le cucine direzionate verso le facciate laterali o retrostanti, visto il divieto di affaccio sulle chiostrine; l’ingresso, la stanza di servizio (presenti a seconda del target sociale) e, in qualche raro caso, la scala di servizio che si rifaceva alle residenze aristocratiche.

Caratteristiche di diversificazione sono i dettagli che legittimano il costo dell’edificio: le pensiline di ingresso, il corpo scala, la facciata zigzagata come espediente per privilegiare una visione di scorcio dell’edificio, i rivestimenti in prospetto,

Paolo Portoghesi http://www. oipamagazine.it/2017/05/18/processoai-palazzinari-romani-19-ed-23-maggioroma-due-convegni-mettere-confrontoidee-progetti-stili-futuro-della-palazzinaconoscere-meglio-la-sua/

L. Piccinato, V. Monaco e A. Luccichenti, U. Luccichenti, G. Ponti, C. Aymonino..

i parapetti dei balconi, le coperture delle terrazze, i cornicioni aggettanti, i materiali interni. Elementi eterogenei che hanno determinato, assieme all’utilizzo di materiali di scarsa qualità, un deterioramento notevole dei manufatti ed un’assenza di disegno organico in cui la scarsa qualità architettonica si nasconde dietro (i seppur degni di nota) elementi decorativi, balaustre, maioliche e mosaici. Camminando per le strade della capitale non è raro accorgersi dei dettagli spesso mal conservati che rendono unici questi tasselli senza apparente pregio.

Con l’avanzare degli anni, così come accade all’interno del dibattito architettonico più colto, nella palazzina prevale il senso di “apertura verso l’esterno” attraverso finestre più ampie, balconi e le terrazze dei lussuosi attici spesso coronate da aggetti visibili da strada. La palazzina entra in comunione con la natura e l’urbano che la circonda. Si trasferisce quindi all’interno dell’appartamento in affitto l’immagine della isolata immersa nella natura.

Definita come una “macchina d’assedio verso il paesaggio” è il modello architettonico in cui maggiormente incide il rapporto con il contesto: è l’approdo a un nuovo linguaggio tipologico,

Insolera: “La palazzina è il tipico compromesso che salva apparentemente ogni desiderio e ogni valore, e sappiamo quanto conti, a Roma specialmente, questo “salvare le apparenze”. Gli inquilini, ridotti a una dozzina, possono credere di abitare in una casa individuale o quasi; i dodici metri d’aria che girano tutt’intorno lasciano l’illusione di stare un villino o in un parco, e due ciuffi di verde al pianterreno, tra un garage e un negozio, completano la finzione; la casa di fronte alta 18 metri, anziché 30 lascia arrivare un po’ di sole. In questo avere di tutto un poco si finisce per abituarsi come se si avesse di tutto quel tanto che si desidererebbe”.

il rapporto tra il tipo di limite dell’edificio e le esigenze di rappresentazione sociale (serialità e individualismo), il rapporto tra manufatto e storia architettonica della città. Che faccio lascio? forse da riscrivere

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Restituzione (parziale) della distribuzione del tipo Palazzina sul territorio comunale di Roma 2021

Restituzione (parziale) della distribuzione del tipo Palazzina sul territorio comunale di Roma 2021

maglia regolare in C.A. altezza interpiano

tetto piano balconi

privato pubblico collettivo

corpo scala centrale

doppio corpo scala

chiostrine interne

chiostrina interna

atticoattico appartamento appartamento appartamento appartamento commerciale

commerciale

lavatoio parcheggio portiere attico

appartamento appartamento

appartamento appartamento

privato pubblico collettivo atticoattico appartamento appartamento appartamento appartamento commerciale

lavatoio parcheggio portiere atticoattico appartamento appartamento

commerciale

appartamento

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lavatoio atticoattico appartamento
lavatoio
attico
lavatoio atticoattico
lavatoio

Restituzione (parziale) della distribuzione

terra commerciale

tipo

sul territorio comunale di Roma

piano attico piano servizi lavatoi-soffitte

condonato

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superattico
piano
4 livelli piano tipo 5+ livelli piano tipo
del
Palazzina
2021

4.6_La palazzina nel cinema

Ripercorrere dunque la storia e l’evoluzione della palazzina significa rimettere in discussione alcune consolidate chiavi di lettura della storiografia ufficiale, riannodare dei fili e recuperare la dignità critica a un patrimonio di esperienze finora solo saccheggiato dalla più corrente pratica edilizia.

Per quanto riguarda la palazzina romana nel cinema la raccolta è ampia e comporterebbe e meriterebbe uno studio approfondito a sé stante. Ci si limita qui ad un rapido excursus ristretto a quell’arco temporale a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, durante il quale la palazzina si fa sia sfondopaesaggio che protagonista delle vicende essa stessa.

«Sono proprio i palazzi, appena costruiti o ancora in costruzione, lo sfondo naturale della commedia all’italiana, un po’ come le montagne nei western. Le automobili saranno il boom diviso in pezzi e distribuito a tutti o quasi; i palazzi sono il boom allo stato puro, il boom degli altri. Più che uno status-symbol, insomma sono il contrassegno di una certa società, sembrano voler ricordare continuamente all’individuo la sua piccolezza, la sua inferiorità» (Giacovelli, I palazzi del boom)

Roma avanza, mangia terreno alla campagna, nascono nuovi quartieri e il cantiere diventa il luogo in cui si costruisce il sogno (della casa per tutti o della casa borghese) e simbolo, al contempo, di traffici speculativi.

La palazzina comincia a comparire negli anni Cinquanta in L’amore in città dove fa da sfondo in zone consolidate o in espansione attraverso i sei episodi in cui si suddivide. Nel film Il marito (1958) “sui colli per ora disabitati e verdeggianti imprenditori senza scrupoli innalzeranno di lì a poco i palazzi del benessere, ognuno con la sua terrazza di dominio a spiare altre terrazze, in un inarrestabile gioco di specchi” (Giacovelli).

Paolo Portoghesi http://www. oipamagazine.it/2017/05/18/processo-

Paolo Portoghesi http://www. oipamagazine.it/2017/05/18/processo-

Vittorio De Sica mostra il dilagare della palazzina e la nascita dell’abusivismo selvaggio Il tetto (1956) mentre ne Il boom (1963) diviene oggetto della speculazione e componente del paesaggio urbano.

Ne Il sorpasso (1962) Dino Risi ritrae, nella prima parte, una Roma (Balduina) di ferragosto, deserta dove ritornano temi come “I terreni sulla luna si potranno lottizzare? Va be’ che quando arriva Kruscev già ci trova le palazzine dell’Immobiliare”.

Tra i film più recenti è da annoverare l’episodio iniziale (In vespa) di Cario diario (1993) di Nanni Moretti nel quale il regista stesso dichiara:

Paolo Portoghesi http://www. oipamagazine.it/2017/05/18/processo-

Anche quando vado nelle altre città l’unica cosa che mi piace fare è guardare le case: che bello sarebbe un film fatto solo di case, panoramiche su case [...].

Si susseguono le immagini di una Roma più o meno conosciuta. Appare Il Girasole e le strade di Monteverde o della Balduina dove le case - o le palazzine - contribuiscono al racconto di una città il cui tassello replicabile si fa simbolo del vivere urbano.

Paolo Portoghesi http://www. oipamagazine.it/2017/05/18/processo-

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e sitografia

FONTI BIBLIOGRAFICHE

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Bonomo B., Caramellino G., De Pieri F., Zanfi F., Storie di case. Abitare l’Italia del boom, Donzelli editore, Roma, 2013

Calvino I, La speculazione edilizia, Mondadori, Milano, 2016

Caniggia G., Permanenze e mutazioni nel tipo edilizio e nei tessuti di Roma (1880-1930)

Comune di Roma, Italia Nostra (a cura di), Roma centro storico 1924-1976, Roma, 1976

De Guttry I., Guida di Roma moderna. Architettura dal 1870 a oggi, De Luca Edizioni d’Arte, Roma, 1989

Del Monaco A.I., Modernità postantica: spazio la palazzina Furmanik di Mario de Renzi, Nuova cultura, 2016, Roma

Di Biagi F., Il cinema a Roma: guida alla storia e ai luoghi del cinema nella capitale, Palombi editori, Roma, 2010

Feo A., Andriani C., Aymonino A., Terranova A. (a cura di), La palazzina, “Rassegna di architettura e urbanistica”, 89-90, Sapienza università di Roma, 1997

Giacovelli E., La commedia all’italiana. La storia, i luoghi, gli attori, i film, Gremese editore, Roma, 1990

Insolera I., Roma Moderna. Da Napoleaone I al XXI secolo, Einaudi, Torino, 2011

Iobbi M., La palazzina romana (1947-1963). Valorizzazione e valutazione di un bene privato da recuperare e salvaguardare, Aracne, Roma, 2005

Le Garzantine. Architettura, Garzanti, 2013, Milano

Mezzetti C. (a cura di), Il disegno della palazzina romana, Edizioni Kappa, Roma, 2008

Montuoni A (a cura di)., La palazzina romana degli anni ’50, Metamorfosi, n.15, 1990

Montuoni A., Pazzaglini M. (a cura di), Dal villino alla palazzina, Metamorfosi, n.8, 1987

Passeri A. (a cura di), La palazzina romana…irruente e sbadata, dei Merangoli, Roma, 2016

Passeri A. (a cura di), Palazzine romane. Valutazioni economica e fattibilità del progetto di conservazione, Aracne, Roma, 2013

Romaniello L., cit. Greco, Antonella, Gaia Remiddi. Il moderno attraverso Roma. Guida alle opere romane di Luigi Moretti. Roma:Palombi Editori, 2006

Rossi, P. O, Roma. Guida all’architettura moderna. 19092011, Editori Laterza, Roma, 2012

Strappa G., Caniggia G., Marconi P., Toschi L., Tradizione e innovazione nell’architettura di Roma Capitale 1870-1930, 1989, Kappa, Roma

FONTI ONLINE

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Artribune.com per gli autori in https://www.artribune.com/ progettazione/architettura/2019/11/ugo-amedeo-luccichentistoria-italia/

Cecchini D., Principali fasi della trasformazione urbana in http:// www.cittasostenibili.it/urbana/urbana_rm.htm [consultato giugno 2021]

Martini M. e Montuori F., Dal villino alla palazzina. Edilizia a

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4.6_Bibliografia

Roma dal 1920 al 1969 in https://www.aboutartonline.com/ architetti-ingegneri-la-trasformazione-di-roma-dal-1920-al1969-fabbricati-villini-e-palazzine-parte-1/

Nicita S., Palazzine in cerca d’autore in http:// dovelarchitetturaitaliana.blogspot.com/2021/03/palazzine-incerca-dautore-della.html

Open house Roma per la descrizione delle palazzine d’autore in https://www.viaggineiparaggi.it/qr-tour.html

Pietrosanto M. in Ar magazine il racconto della mostra “L’invenzione della palazzina romana” in https://www. ar-architettiroma.it/index.php/170-ar-119-notizie/669-linvenzione-della-palazzina-romana-il-racconto-della-mostra Roma2pass in https://www.roma2pass.it/tipologia-degliedifici/palazzina/

Tanzj D., Bentivegna A. per il racconto della mostra “Portinerie romane” in https://www.lavocedinewyork.com/arts/arte-edesign/2019/02/17/palazzine-romane-mitiche-portinerie-ilnovecento-di-roma-visto-dai-suoi-portieri/

Treccani online per gli autori in https://www.treccani.it/ enciclopedia (Dizionario-Biografico)

FILMOGRAFIA

Antonioni M., Fellini F., Amore in città, 1953

Antonioni M., L’avventura, 1960

Antonioni M., L’Eclisse, 1962

De Sica V., Il boom, 1963

De Sica V., Ladri di biciclette, 1948

De Sica V., Il tetto, 1956

Loy N., Puccini G., Marito, 1958

Loy N., Padre di famiglia, 1967

Moretti N., Caro Diario, 1993

Risi D., Il sorpasso, 1961

Risi D., Vedovo, 1959

Scola E., Brutti, sporchi e cattivi, 1976

Scola E., C’eravamo tanto amati, 1975

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“È più facile progettare le città del futuro che quelle del passato. Roma è una città interrotta perché si è cessato di immaginarla e si è cominciato a progettarla (male).

A roma la questione è piuttosto di tempi che di spazi. Le maree delle epoche sono passate e si sono ritirate lasciando sulla rena i relitti di lontani naufragi: come tutti i relitti, hanno attorno uno spazio prossimo e sconfinato, il mare e la spiaggia. È una città vissuta di spoglie, poi di rovine, oggi di rifiuti. [..]

Prima che Roma diventasse piatta e informe come una polenta scodellata, i romani vivevano muovendosi negli strati delle epoche sovrapposte come pesci nell’acqua, in profondità e in superficie. E certo, il male l’ha fatto la speculazione, ma chi ha fatto la speculazione?[..]

Non essendoci più relazione tra storia e natura o architettura e campagna, Roma ha cominciato a gonfiarsi e deformarsi come una vescica, non ha più avuto né architettura, né campagna, ha inghiottito stupidamente nel suo tempo non più storico una campagna non più mitologica, ora sta divorandosi sempre più stupidamente anche i Castelli. Non è più una città, ma un deserto gremito di gente, disgregato dalla stessa speculazione che l’ha fatto crescere senza misura.”

5. Progetto

quartiere

Sam, omnisinciis erum fugia net qui ra dolupta pliquae officil luptat volorepere simus duntius num harum hilit hil inimus as dolorere ea natempos nonecatecto tesed mi, tet maximus, quas derum es aut vellia quia delicipit ist rest dignam sita versped magnimi nctemqui quasit odi si cus eum aut officatur remodio ommos ducipsa peliquatur am re re simintibusam apicipi debit, cum es sedit ommolup tasped quoditibus volores cilliquos et post, te vollaudae sum et ducitatae volore, nihiciis

Nel discorso relativo all’espansione di Roma nei trent’anni successivi alla seconda guerra mondiale assume una notevole rilevanza il ruolo della Società Generale Immobiliare (Vaticano principale azionista), di cui si è precedentemente parlato. L’immobiliare si fa protagonista assoluta, assieme all’amministrazione capitolina, di quel processo di sviluppo urbano a macchi d’olio di quella che Manlio Cancogni aveva additato come la “capitale corrotta” in una “nazione infetta” su L’Espresso del gennaio 1956 . [Foto giornale Espresso o solo prima?]

Dal processo immobiliare l’Espresso, risultò indirettamente che la Società Generale Immobiliare aveva già acquistato tutte le aree a Monte Mario e oltre, dove costruirà tra il 1945 e il 1970 e che in quell’anno già rivendeva al prezzo di 28 lire al metro quadrato. (incremento del valore delle aree fabbricabili del 1000% a Roma). Iniziò quindi un programma di iniziative di edilizia residenziale nelle zone periferiche e suburbane di espansione dove figurava tra i principali proprietari fondiari della città.

Prima grande iniziativa fu quindi Monte Mario, nella quale rientrano le zone di Belsito, Balduina, Via Appiano, via Cadlolo, Villa dei Massimi, lottizzando i terreni circostanti a favore soprattutto di cooperative. Ubicato nel quadrante nordoccidentale della città l’area viene sfruttata in ragione delle sue pregevoli caratteristiche paesaggistiche e ambientali e favorita dalle varianti che, modificando il piano regolatore, consentirono un incremento della densità edilizia. [Inquadramento Balduina]

Il quartiere Balduina si trova nel quadrante nord-occidentale della città di Roma, compresa tra Monte Mario (punto più

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Nel discorso relativo all’espansione di Roma nei trent’anni successivi alla seconda guerra mondiale assume una notevole rilevanza il ruolo della Società Generale Immobiliare (Vaticano principale azionista), di cui si è precedentemente parlato. L’immobiliare si fa protagonista assoluta, assieme all’amministrazione capitolina, di quel processo di sviluppo urbano a macchi d’olio di quella che Manlio Cancogni aveva additato come la “capitale corrotta” in una “nazione infetta” su L’Espresso del gennaio 1956 . [Foto giornale Espresso o solo prima?]

Dal processo immobiliare l’Espresso, risultò indirettamente che la Società Generale Immobiliare aveva già acquistato tutte le aree a Monte Mario e oltre, dove costruirà tra il 1945 e il 1970 e che in quell’anno già rivendeva al prezzo di 28 lire al metro quadrato. (incremento del valore delle aree fabbricabili del 1000% a Roma). Iniziò quindi un programma di iniziative di edilizia residenziale nelle zone periferiche e suburbane di espansione dove figurava tra i principali proprietari fondiari della città.

Prima grande iniziativa fu quindi Monte Mario, nella quale rientrano le zone di Belsito, Balduina, Via Appiano, via Cadlolo, Villa dei Massimi, lottizzando i terreni circostanti a favore soprattutto di cooperative. Ubicato nel quadrante nordoccidentale della città l’area viene sfruttata in ragione delle sue pregevoli caratteristiche paesaggistiche e ambientali e favorita dalle varianti che, modificando il piano regolatore, consentirono un incremento della densità edilizia. [Inquadramento Balduina]

Il quartiere Balduina si trova nel quadrante nord-occidentale della città di Roma, compresa tra Monte Mario (punto più alto di Roma con i suoi 139 mslm), Città del Vaticano, Valle Aurelia, Valle dell’Inferno, Quartiere della Vittoria e Trionfale è parte del Municipio XIV. Quartiere di circa 40.000 abitanti può essere diviso in tre parti: Belsito, piazza della Balduina, parte bassa attorno a piazza Giovenale. Il nome “Balduina” viene da Baldovino Del Monte, fratello di papa Giulio III, che, nel Cinquecento, possedeva diversi terreni alle pendici di Monte Mario. Lungo un’importante arteria stradale come la via Trionfale iniziò a svilupparsi il primo agglomerato urbano di un certo rilievo nei pressi della Balduina: è il Borgo San Lazzaro, penultima tappa della via

Popolazione residente ai censimenti Comune di Roma- dati ISTAT

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160 161 Fiume Tevere Strada principale Ciclabile Linea Ferroviaria Fermata ferroviaria Linea metropolitana Fermata metropolitana Linea autobus Verde pubblico Verde attrezzato Orti urbani Scuola primaria Scuola secondaria Università Cinema e teatro Ospedale Chiesa Mercato Supermercato Bar Ristorante H U M S B R LEGENDA H H H H H U U U U U U M M M M M S S S S Forte Monte Mario Foro Italico Osservatorio astronomico Città giudiziaria MAXXI Caserme Guido Reni Castel sant’angelo Corte di cassazione basilica di San Pietro Forte Braschi Policlinico universitario A. Gemelli Borgo dei fornaciari Palazzetto dello sport Auditorium Parco della musica San Pietro FERROVIA ROMA-VITERBO Valle Aurelia Appiano Balduina Gemelli Valle Aurelia Cipro Ottaviano Lepanto Flaminio Baldo degli Ubaldi Cornelia Battistini via di boccea via della Pineta Sacchetti via De Carolis via della Balduina viaTrionfale viadelle medaglie d’oro CITTÀ DEL VATICANO TRIONFALEXXVIII PRIMAVALLE PRIMAVALLE VITTORIA FLAMINIO RIONE PRATI BORGO Pineta Sacchetti parco del Pineto parco di Monte Ciocci parco dello Zodiaco Riserva naturale di Monte Mario parco Appiano 990 985 913BALDUINA
162 163 Fiume Tevere Strada principale Ciclabile Linea Ferroviaria Fermata ferroviaria Linea metropolitana Fermata metropolitana Linea autobus Verde pubblico Verde attrezzato Orti urbani Scuola primaria Scuola secondaria Università Cinema e teatro Ospedale Chiesa Mercato Supermercato Bar Ristorante H U M S B R LEGENDA H H H H H U U U U U U M M M M M S S S S B B B B B B B B B R R R Forte Monte Mario Foro Italico Osservatorio astronomico Città giudiziaria MAXXI Caserme Guido Reni Castel sant’angelo Corte di cassazione basilica di San Pietro Forte Braschi Policlinico universitario A. Gemelli Borgo dei fornaciari Palazzetto dello sport Auditorium Parco della musica San Pietro FERROVIA ROMA-VITERBO Valle Aurelia Appiano Balduina Gemelli Valle Aurelia Cipro Ottaviano Lepanto Flaminio Baldo degli Ubaldi Cornelia Battistini via di boccea via della Pineta Sacchetti via De Carolis via della Balduina viaTrionfale viadelle medaglie d’oro CITTÀ DEL VATICANO TRIONFALEXXVIII PRIMAVALLE PRIMAVALLE VITTORIA FLAMINIO RIONE PRATI BORGO Pineta Sacchetti parco del Pineto parco di Monte Ciocci parco dello Zodiaco Riserva naturale di Monte Mario parco Appiano 990 985 913BALDUINA

mercato immobiliare a Roma e Balduina

Sam, omnisinciis erum fugia net qui ra dolupta pliquae officil luptat volorepere simus duntius num harum hilit hil inimus as dolorere ea natempos nonecatecto tesed mi, tet maximus, quas derum es aut vellia quia delicipit ist rest dignam sita versped magnimi nctemqui quasit odi si cus eum aut officatur remodio ommos ducipsa peliquatur am re re simintibusam apicipi debit, cum es sedit ommolup tasped quoditibus volores cilliquos et post, te vollaudae sum et ducitatae volore, nihiciis

Balduina

Vendita: 4017 €/mq (3300 – 5050)

Affitto: 14,3 €/mq/mese (11,25 - 14,50)

Roma

Vendita: 3265 €/mq (1665 - 7406)

Affitto: 14,20 €/mq/mese (9,40 - 20,30)

Milano

Vendita: 4783 €/mq

Affitto: 18,10 €/mq/mese

I dati sopra riportati sono ripresi dal sito immobiliare.it in data settembre 2021. A sua volta immobiliare riprende i dati registrati all’agenzia delle entrate. Come si può notare da un confronto tra Roma e Milano i dati della capitale risultano inferiori rispetto al mercato immobiliare milanese. Si infatti nel capoluogo lombardo si registrano dei tassi di vendita pari a 4783 euro nella capitale il prezzo risulta nettamente inferiore variando di molto a seconda della zona: da un minimo di 1665 euro al metro quadro si passa ad un massimo di 7406 € a metro quadro. Nonostante sia ben noto il mercato milanese quello romano risulta essere il secondo in Italia per valore. L’affitto nella capitale si attesta su una media di 14,20 € al metro quadro al mese, mentre a Milano arriva ad una media di 18,10 € al metro quadro al mese, prezzo cresciuto ulteriormente (in crescita dal 2015) anche a seguito della pandemia. Il mercato romano risulta invece bloccato forse. Anche il prezzo degli affitti, considerata la grandezza della città, risulta variabile oscillante tra i 9,40 € e, i più del doppio, 20,30 €. La situazione del quartiere Balduina, che nel sito di immobiliare

Balduina

Vendita: 4017 €euro/mq (3300 – 5050)

Affitto: 14,3 €euro/mq/mese (11,2514,50)

Roma

Vendita: 3265 €euro/mq (1665 - 7406)

Affitto: 14,20 euro€/mq/mese (9,4020,30)

Milano

Vendita: 4783 €euro/mq

Affitto: 18,10 €euro/mq/mese

risulta comprendere le aree di Belsito, Balduina, Monte Mario, boh, risulta in linea con la media romana. Per quanto riguarda gli affitti infatti si attesta sui 14,3 € al metro quadro al mese variando dagli 11,25 ai 14,50. Rispetto ad altre zone centrali il valore non risulta quindi essere particolarmente elevato, ma comunque in linea con la media cittadina vista la vicinanza ai poli universitari e alla corte di cassazione e al tribunale penale.

Dai tassi di vendita risulta invece una leggera discrepanza con la media comunale. La media del prezzo di vendita risulta essere infatti di 1000 € più alta rispetto alla media cittadina con un range che supera i 5000 € a metro quadro. Questo dato denota Un forte interesse di acquisto nella zona, ricollegando la palazzina alla sua immagine di “casa di proprietà” per eccellenza.

L’area analizzata in cui si trova la palazzina qualsiasi rientra in immobiliare.it nell’area che comprende la zona Balduina, medaglie d’oro, piazzale degli eroi. Il dato più aggiornato risulta essere quello relativo al periodo di ottobre 2021. Le quotazioni di vendita sono pari a 4096 € al metro quadro e vanno dai 3300 ai 5050 € al metro quadro. L’affitto si attesta invece sui 14,26 € al metro quadro andando dagli 11,25 € al metro quadro di minima ai 14,50. L’andamento dei prezzi di vendita ha subito un calo discendente da un picco nel 2014 sembrerebbe non essere stato particolarmente colpito dalla pandemia, registrando una lieve fluttuazione dall’arco 20182021.

Per quanto riguarda gli affitti il mercato risulta più o meno stabile con picchi e discese che vanno dai 15 € al metro quadro mese ai 13,50 € metro quadro mese. Attualmente il prezzo degli affitti sembra essere in risalita. Il quartiere risulta iscritto nella zona gialla, area media per quanto riguarda i prezzi di vendita e affitto con un rosso posizionato nel centro del primo municipio ed un arancione più scuro e quartieri di prati , Parioli, Testaccio, Trastevere. Per quanto riguarda gli affitti si registra invece un colore arancione scuro subito dopo i prezzi dei quartieri più centrali.

164 165 5.2_Il
VIA DE CAROLIS

palazzina qualsiasi

Sam, omnisinciis erum fugia net qui ra dolupta pliquae officil luptat volorepere simus duntius num harum hilit hil inimus as dolorere ea natempos nonecatecto tesed mi, tet maximus, quas derum es aut vellia quia delicipit ist rest dignam sita versped magnimi nctemqui quasit odi si cus eum aut officatur remodio ommos ducipsa peliquatur am re re simintibusam apicipi debit, cum es sedit ommolup tasped quoditibus volores cilliquos et post, te vollaudae sum et ducitatae volore, nihiciis

Apit apernam aditaepelles autem et odi omnit, accabore quos estrumenis apid que porererum harchicid que dis re labor reperit atiatiis sit eaqui ut quaerent quiatius imil mil ent, sam eossinciis eles quunt.

Sed qui illestiis eum inciures es num dolore nes alisquat optatur apicium, quat qui cusantis corum estiber iatiam et, quassimus et estruntium hilliaerum antia con escium quia quamenditio. Nem que ea sae millia aut erciatus.

Hent, sequatur? Itatem am res et latis utemquiditas velescitatem dolenis mo omnitat urepuda nissinullab ilique serio to tem quibus dipid modite elic tem dictationet deligen istiorrum eaquiati arum dolectotat faceptatio modi as molorum as diciam quamusdam quis duntium fugit, cum, veruntius sum ut la pos et officimint quam ut ut pro tecte pelligendae optatus estrunt lignissitat.

Aximusam doluptas et ipsunda ditation cori cullorem faccabo. Henimust, sin nam voles aut ipsapiducid ut la que consecepudit volo quaectus de por soluptur sus eserum duciati rem quam rero dolorpor res aspeles et, alibus, se quuntur rem fugiaep ratectiosto te nost plab inis ari omnissequi blab iunt rero tem ab isim ut lisqui int quaepre rspella borio. Enda sit volupta cus. Arum essitiur? Ehenimus seque none necestium quiant atus magnihi libusdam, qui il molo excestrunt, sit, quunt enimuscia voles aute nobis aut asperum re quidenditest fuga. Id molupta dolorrovid quas dignimus mo tem reperumquos am voloremquam doluptis pro velis volessi conet quatenis mo odias apideli tatquam fugia quae conse sit in comnitiosam rendiss untisimpel int. Bus pro teniaspedi odignam eictotas mi, volor rent, con ni remperuptur aut et ex est, tem litaquisit eum exerunducium

174 175 G G G G G G G G G G G G G G G G G G G G G G G G G GG G G G G G 5.3_Una

Popolazione residente ai censimenti Comune di Roma- dati ISTAT

Popolazione residente ai censimenti Comune di Roma- dati ISTAT

Popolazione residente ai censimenti Comune di Roma- dati ISTAT

Popolazione residente ai censimenti Comune di Roma- dati ISTAT

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Popolazione residente ai censimenti Comune di Roma- dati ISTAT

Popolazione residente ai censimenti Comune di Roma- dati ISTAT

Popolazione residente ai censimenti Comune di Roma- dati ISTAT

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Popolazione residente ai censimenti Comune di Roma- dati ISTAT

Popolazione residente ai censimenti Comune di Roma- dati ISTAT

Popolazione residente ai censimenti Comune di Roma- dati ISTAT

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ANNO DI COSTRUZIONE EDIFICIO

fine ‘50- inizio ‘60

COSTRUTTORE

Società Generale Immobiliare

SUPERFICIE PIANO TIPO (h. 3m)

area totale interna: 695 mq + 82 mq balconi = 777 mq

area totale interna senza chiostrine: 655 mq area totale interna senza chiostrine e scale: 638.3 mq

RAPPORTO SPAZI COMUNI - SPAZI PRIVATI

BALDUINA - VIA DE CAROLIS BALDUINA - VIA DE CAROLIS

superficie interna: in nero gli spazi comuni compresa la distribuzione verticale

ANNO DI COSTRUZIONE EDIFICIO

fine ‘50- inizio ‘60

area comune attuale piano tipo: 52.4 mq (di cui 16.7 scale) + 26mq chiostrine

COSTRUTTORE

8% spazi aperti comuni 6,7%

RAPPORTO SPAZI COMUNI - SPAZI PRIVATI

Società Generale Immobiliare

spazi chiusi comuni 3,5% spazi aperti privati 10,5%

SUPERFICIE PIANO TIPO (h. 3m)

spazi chiusi privati 10,5%

chiostrine: 26 mq scale: 16.7 mq balconi: 82 mq 8%

area totale interna: 695 mq + 82 mq balconi = 777 mq

area totale interna senza chiostrine: 655 mq area totale interna senza chiostrine e scale: 638.3 mq

area comune attuale piano tipo: 52.4 mq (di cui 16.7 scale) + 26mq chiostrine

chiostrine: 26 mq scale: 16.7 mq balconi: 82 mq

spazi aperti comuni 6,7%

spazi chiusi comuni 3,5%

superficie interna: in nero gli spazi comuni compresa la distribuzione verticale

spazi aperti privati 10,5%

spazi chiusi privati 10,5%

182 183

Gli

abitanti

abitanti

16 abitanti

184 185 K B Sub.24 (int.2) B Sub.25 (int.3) Sub.27 (int.5)Sub.26 (int.4) R RR H= 3,00 m H= 3,00 H= 3,00 H= 3,00 160 mq 40 mq/ab 43 mq/ab 32 mq/ab 130 mq 130 mq SUPERFICIE COMUNE 42 mq (+17 mq scale) = 59 mq 3,7 mq di superficie comune per persona (piano tipo) 160 mq 80 mq/ab 130 mq/ab 130 mq/ab 160 mq 40 mq/ab 130 mq 130 mq 8 abitanti 596 mq 74,5 ma/ab 16 abitanti 596 mq 37 ma/ab 16
596 mq 37 ma/ab 160 mq 40 mq/ab 43 mq/ab 32 mq/ab 160 mq 32 mq/ab 130 mq 130 mq SUPERFICIE COMUNE 42 mq (+17 mq scale) = 59 mq 3,7 mq di superficie comune per persona (piano tipo) SUPERFICIE COMUNE 42 mq (+17 mq scale) = 59 mq 7,4 mq di superficie comune per persona (piano tipo, escluse scale) 160 mq 32 mq/ab + + + 160 mq 40 mq/ab 43 mq/ab 32 mq/ab 130 mq 130 mq SUPERFICIE COMUNE 42 mq (+17 mq scale) = 59 mq 3,7 mq di superficie comune per persona (piano tipo) 160 mq 80 mq/ab 130 mq/ab 130 mq/ab 160 mq 40 mq/ab 130 mq 130 mq 8
596 mq 74,5 ma/ab 16 abitanti 596 mq 37 ma/ab SUPERFICIE COMUNE 42 mq (+17 mq scale) = 59 mq 7,4 mq di superficie comune per persona (piano tipo, escluse scale)
596 mq 37 ma/ab CONNETTIVO-DISTRIBUZIONE 132 mq 8,3 mq di superficie di connettivo (corridoi, disimpegni) a persona CONNETTIVO COMUNE + PRIVATO 59 mq + 132 mq = 191 mq 12 mq di superficie di connettivo (corridoi, disimpegni, pianerottolo, scale) a persona 160 mq 32 mq/ab + + +
abitanti di ieri, gli abitanti di oggi

abitanti

186 187 130 mq/ab 160 mq 40 mq/ab 130 mq 16 abitanti 596 mq 37 ma/ab SUPERFICIE COMUNE 42 mq (+17 mq scale) = 59 mq 7,4 mq di superficie comune per persona (piano tipo, escluse scale) SERVIZI (bagno e cucina) 97 mq 6 mq di superficie di servizi (privati) a persona 16 abitanti 596 mq 37 ma/ab 16 abitanti 596 mq 37 ma/ab 16 abitanti 596 mq 37 ma/ab CONNETTIVO-DISTRIBUZIONE 132 mq 8,3 mq di superficie di connettivo (corridoi, disimpegni) a persona CONNETTIVO COMUNE + PRIVATO 59 mq + 132 mq = 191 mq 12 mq di superficie di connettivo (corridoi, disimpegni, pianerottolo, scale) a persona SUPERFICIE COMUNE PRIVATA 132 mq + 132 mq = 262 mq 16,4 mq di superficie comune privata (connettivo privato+soggiorno) a persona SUPERFICIE COMUNE SEMI-PUBBLICA + PRIVATA 59 mq + 262 mq = 321 mq 20 mq di superficie comune semi-pubblica (pianerottolo, scale) e privata (corridoi, disimpegni, soggiorno) a persona STANZE PRIVATE 165 mq 10,3 mq di superficie di stanze private (zona notte) a persona STANZE PRIVATE + COMUNI 132 mq + 165 mq= 297 mq 18,6 mq di superficie di stanze private (zona notte) e di stanze comuni (sala) a persona + + + + + K Sub.24 (int.2)Sub.25 (int.3) Sub.27 (int.5)Sub.26 (int.4) R RR H= 3,00 m H= 3,00 m H= 3,00 H= 3,00 160 mq 40 mq/ab 43 mq/ab 32 mq/ab 130 mq SUPERFICIE COMUNE 42 mq (+17 mq scale) = 59 mq 3,7 mq di superficie comune per persona (piano tipo) 160 mq 80 mq/ab 130 mq/ab 130 mq/ab 160 mq 40 mq/ab 130 mq 130 mq 8 abitanti 596 mq 74,5 ma/ab 16 abitanti 596 mq 37 ma/ab 16 abitanti 596 mq 37 ma/ab 160 mq 40 mq/ab 43 mq/ab 32 mq/ab 160 mq 32 mq/ab 130 mq SUPERFICIE COMUNE 42 mq (+17 mq scale) = 59 mq 3,7 mq di superficie comune per persona (piano tipo) 16 abitanti 596 mq SUPERFICIE COMUNE 42 mq (+17 mq scale) = 59 mq 7,4 mq di superficie comune per persona (piano tipo, escluse scale) 16 abitanti 596 mq 37 ma/ab 16 abitanti 596 mq 16
596 mq 37 ma/ab CONNETTIVO-DISTRIBUZIONE 132 mq 8,3 mq di superficie di connettivo (corridoi, disimpegni) a persona CONNETTIVO COMUNE + PRIVATO 59 mq + 132 mq = 191 mq 12 mq di superficie di connettivo (corridoi, disimpegni, pianerottolo, scale) a persona STANZE PRIVATE 165 mq 10,3 mq di superficie di stanze private (zona notte) a persona STANZE PRIVATE + COMUNI 132 mq + 165 mq= 297 mq 18,6 mq di superficie di stanze private (zona notte) e di stanze comuni (sala) a persona 160 mq 32 mq/ab + + + + + 16 abitanti 596 mq 37 ma/ab SERVIZI (bagno e cucina) 97 mq 6 mq di superficie di servizi (privati) a persona 37 ma/ab 16 abitanti 596 mq 37 ma/ab 37 ma/ab CONNETTIVO-DISTRIBUZIONE 132 mq 8,3 mq di superficie di connettivo (corridoi, disimpegni) a persona CONNETTIVO COMUNE + PRIVATO 59 mq + 132 mq = 191 mq 12 mq di superficie di connettivo (corridoi, disimpegni, pianerottolo, scale) a persona SUPERFICIE COMUNE PRIVATA 132 mq + 132 mq = 262 mq 16,4 mq di superficie comune privata (connettivo privato+soggiorno) a persona SUPERFICIE COMUNE SEMI-PUBBLICA + PRIVATA 59 mq + 262 mq = 321 mq 20 mq di superficie comune semi-pubblica (pianerottolo, scale) e privata (corridoi, disimpegni, soggiorno) a persona STANZE PRIVATE 165 mq 10,3 mq di superficie di stanze private (zona notte) a persona STANZE PRIVATE + COMUNI 132 mq + 165 mq= 297 mq 18,6 mq di superficie di stanze private (zona notte) e di stanze comuni (sala) a persona + + + +
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al progetto

Sam, omnisinciis erum fugia net qui ra dolupta pliquae officil luptat volorepere simus duntius num harum hilit hil inimus as dolorere ea natempos nonecatecto tesed mi, tet maximus, quas derum es aut vellia quia delicipit ist rest dignam sita versped magnimi nctemqui quasit odi si cus eum aut officatur remodio ommos ducipsa peliquatur am re re simintibusam apicipi debit, cum es sedit ommolup tasped quoditibus volores cilliquos et post, te vollaudae sum et ducitatae volore, nihiciis

Gradi di pubblicità

Si è già ampliamente parlato dei gradi di pubblicità tra pubblicobene comune e privato-individuale.

Il progetto si sviluppa sulle basi teoriche tracciate. Sulla scia quindi degli studi di Chermayeff e Alexander si definiscono dei gradi di pubblicità dell’edificio, non più palazzina terreno del privato, dell’appartamento per la famiglia tradizionale con parte del piano terreno destinata ad attività commerciali. Bensì la palazzina si struttura come un “Open building” per dirla alla John Habraken (per quanto il suo termine si apoi connesso anche ad un’indeterminatezza del progetto che diviene frutto della mano dell’architetto in collaborazione con l’individuo, via di mezzo tra il progetto top down e il bottom up in “Supports: alternative to mass housing”). La città entra al suo interno e l’edificio residenziale per eccellenza della capitale diviene così servizio alla città. Le sue radici, il tronco ed il cappello divengono uban semi-public (servizi ad uso pubblico) e group public (a servizio degli abitanti), mentre group private il collettivo all’interno dei cluster, family private il privato costituito da più unit, individual private la cella minima dell’hardware con la presenza o meno della zona di living.

Secondo i criteri del New European Bauhaus, nuova agenda, i criteri di adeguamento delle strutture devono avvenire su tre fronti principali: da una parte la sostenibilità della quale tanto si parla, la qualità dell’esperienza e l’estetica del progetto e l’inclusività, tra i quali precetti viene inclusa l’affordability.

Riuso e sostenibilità

Il progetto prende le mosse dalle conoscenze maturate ed analizzate precedentemente sui temi di domanda abitativa, coabitazione e rapporto tra spazio pubblico-collettivo e sfera privata. Cerca quindi di trovare una risposta senza lavorare su un singolo edificio, bensì cercando di integrare una strategia in una tipologia architettonica endemica (che sicuramente non gode di grande fama, ma è anche fondamento del panorama costruito romano) elevandola a modello ripetibile (seppur nelle sue variazioni) e potenzialmente collaborante (? Sinergico boh).

Dove si può quindi lavorare? Lavorare su una tipologia ricorrente. Quale la tipologia ricorrente sul suolo romano? La palazzina, con le sue infinite variazioni, quella più bisfrattata, seriale, priva di qualità: la palazzina della speculazione edilizia del dopoguerra.

Città come risorsa riciclabile e rinnovabile (Viganò-riciclare città)

Il progetto rigetta l’idea di consumo di suolo e decide di intervenire sul costruito riciclando, come scrive Paola Viganò, brani di città proponendone un nuovo ciclo di vita vedendo le “città come risorse rinnovabili”. Attraverso un processo di “riciclo omeopatico” senza distruzioni ed espulsioni violente che mostri il ruolo della porosità urbana (Viganò).

Cradle to cradle. Adattamento, spazio resiliente: eccesso di capienza. È l’unità residenziale, scrive Lynch, l’elemento stabile. Adattabile è la struttura crescente o aperta. Non la neutralità o genericità, ma la generosità, la struttura aperta, l’appartenenza a reti sociali. Gli studi mostrano che l’ipotesi di contrentrare gli sforzi nella nuove costruzioni avrà effetti del tutto marginali sulla riduzione del consumo e l’immissione di CO2 in atmosfera. Anche procedere per demolizioni e ricostruzioni non sarà la mossa più efficace dal punto di vista energetico: l’energia grigia1 contenuta negli edifici esistenti andrebbe persa. Necessario considerare l’energia nascosta. Il consumo di energia totale di un edificio nel corso della sua vita è dato dalla somma dell’energia grigia e dell’energia richiesta nel corso del suo ciclo di vita per coprire i bisogni. Studi mostrano che rinnovare, recuperare, riutilizzare un edificio è più favorevole energeticamente (energia grigia

190 191 5.4_Premesse

meno importante).

Non è importante solo la “porosità di frattura”, ma la “porosità di materiale”, la capacità di accogliere e di adattarsi non solo a nuovi parametri energetici, ma a stili di vita, pratiche diverse dal passato. (Viganò)

Riuso, ri-utilizzazione, ri-ciclo. Non in negativo (contro il consumo di suolo), ma valorizzazione di ciò che già c’è. 2016 Aravena all’arsenale. Opportunità per costruire città di superiore qualità. Patrimonio vecchio e obsoleto (55% realizzato prima del 1971 guerra dello yon kippur consumo energetico) misura di quanto sia grande il tema del riuso, necessario pensare a politiche per questo tipo di intervento. Legge 1971/1086. Costi di costruzione/ costi di recupero.

L’edilizia del dopoguerra rappresenta sicuramente un occasione di intervento. Ne parlano a lungo G. Caramellino, Banfi nella loro raccolta di Storie di case. Il 70% degli edifici su suolo italiano è stato costruito dopo la fine della seconda guerra mondiale, il 50% tra il 1946 e il 1981.

Spazialmente definito, funzionalmente generico (polivalenza)

uolo italia

Abitare come servizio alla città

Se fosse una mappa del Nolli? Ma se la mappa del Nolli diventasse molto meno campita. Se i piani terra degli edifici fossero i commons che costruiscono, fanno parte della città pubblica. Le radici e il tronco dell’albero che sostengono il residenziale.

Costruzione delle condizioni di porosità dei tessuti urbani entro le quali si possono sospingere processi di percolazione (passaggio di un liquido attraverso una massa porosa) reciproca dei diversi gruppi sociali (La ville poreuse). Infrastrutturazione capillare e isotropa tale da conferire alla città e al territorio maggiore porosità, permeabilità e

accessibilità, che si disegnino spazi pubblici ambiziosi, tenendo conto della qualità di quelli delle città che ci hanno preceduto, che si torni a ragionare sulle dimensioni del collettivo.

A city is a shared space

Scale

Tiburtino (cit. Quaroni), scale come elemento di distribuzione e relazione, intermediatore;

Perec – Specie di spazi: Scale.

Non si pensa abbastanza alle scale. Niente era più bello, nelle vecchie case, delle scale. Niente è più brutto, più freddo, più ostile, più meschino, nei palazzi di oggi. Si dovrebbe imparare a vivere di più sulle scale. Ma come?

Perec – La vita. Istruzioni per l’uso: tutto potrebbe iniziare così nel luogo neutro che appartiene a tutti e a nessuno, dove la gente si incontra senza vedersi, in cui la vita dell’edificio si ripercuote, lontana e regolare. Tutto quello che passa, passa per le scale, tutto quello che arriva arriva dalle scale.

ReCoDe

Si è paritti per la configurazione degli alloggi dalle linee guida della ricerca ReCoDe (con qualche variazione): per prima cosa la definizione di stanza-cella, nucleo, cluster, sovracollettico-commons, collettivo.

Le linee guida :

a) ogni nucleo familiare” è ospitato in un cluster composto da un bagno e da un gruppo di camere (stabilite in relazione al numero specifico di persone che lo compongono);

b) lo spazio destinato al letto si affaccia sulla zona centrale del cluster principale, senza occuparne il centro (se possibile, il letto e collocato in una nicchia, misura 140 cm e non è necessariamente illuminato da luce diretta);

c) l’ambiente principale del cluster ha come fulcro centrale uno spazio di socializzazione e di lavoro in grado di contenere almeno un tavolo e due poltrone;

d) ogni ulteriore individuo afferente allo stesso “nucleo” (ad esempio,

192 193

un bambino, un badante ecc.) avrà la propria camera indipendente (ma non un bagno indipendente) e un accesso diretto allo spazio principale del cluster; e) l’aggregazione di diversi cluster (uno per ogni nucleo) definisce quello che abbiamo chiamato “aggregation” (corrispettivo di ciò che prima era l’appartamento), in cui gli spazi collettivi e la/le cucinale sono il tessuto connettivo; f) gli spazi collettivi sono sempre suddivisi in più luoghi e hanno dimensioni in relazione al numero di occupanti e di nuclei, in modo da poter essere utilizzati simultaneamente.

Materiali e tecnologie

MURATURA A CASSA VUOTA

INSUFFLAGGIO IN PERLE DI EPS ADDITIVATO CON GRAFITE

PAVIMENTI IN RESINA PAVA PANCOTTI ARTEVIVA ECORESINE

COPERTURA FOTOVOLTAICA

SOLARE/FOTOVOLTAICO

FOTOVOLTAICO TRASPARENTE

VENTILAZIONE

Tra i venti presenti a Roma (principali) si annovera il Ponentino. Vento lieve occidentale proveniente dal mare che investe, durante la stagione estiva, le coste occidentali dell’Italia centrale: in particolare quelle toscane e laziali. In corrispondenza del litorale romano arriva ad avere una forza attorno ai 20 nodi.

Urbano / paesaggio

Percolazione

Desvigne

Gillet Clement

Topotek

Parking and Playground Flämingstraße (parcheggi) Market / Parking - KAiAK Art and Architecture (parcheggi)

Ex Stazione Merci di Hannover (skate park) - Siemens Headquarters (pavimetazione)

New road Brighton

La psicogeografia è una metodologia d’indagine dello spazio urbano creata nei primi anni cinquanta dal movimento di avanguardia artistica dei lettristi.

Guy Debord ha suggerito alcune indicazioni per mettere in pratica una deriva psicogeografica:

194 195

progetto

Sam, omnisinciis erum fugia net qui ra dolupta pliquae officil luptat volorepere simus duntius num harum hilit hil inimus as dolorere ea natempos nonecatecto tesed mi, tet maximus, quas derum es aut vellia quia delicipit ist rest dignam sita versped magnimi nctemqui quasit odi si cus eum aut officatur remodio ommos ducipsa peliquatur am re re simintibusam apicipi debit, cum es sedit ommolup tasped quoditibus volores cilliquos et post, te vollaudae sum et ducitatae volore, nihiciis

Apit apernam aditaepelles autem et odi omnit, accabore quos estrumenis apid que porererum harchicid que dis re labor reperit atiatiis sit eaqui ut quaerent quiatius imil mil ent, sam eossinciis eles quunt.

Sed qui illestiis eum inciures es num dolore nes alisquat optatur apicium, quat qui cusantis corum estiber iatiam et, quassimus et estruntium hilliaerum antia con escium quia quamenditio. Nem que ea sae millia aut erciatus.

privato residenziale

privato non residenziale collettivo pubblico collettivo pubblico

privato residenziale

privato non residenziale collettivo pubblico

Hent, sequatur? Itatem am res et latis utemquiditas velescitatem dolenis mo omnitat urepuda nissinullab ilique serio to tem quibus dipid modite elic tem dictationet deligen istiorrum eaquiati arum dolectotat faceptatio modi as molorum as diciam quamusdam quis duntium fugit, cum, veruntius sum ut la pos et officimint quam ut ut pro tecte pelligendae optatus estrunt lignissitat.

genitore single + glio coppia

glio coppia/singolo + studio

Aximusam doluptas et ipsunda ditation cori cullorem faccabo. Henimust, sin nam voles aut ipsapiducid ut la que consecepudit volo quaectus de por soluptur sus eserum duciati rem quam rero dolorpor res aspeles et, alibus, se quuntur rem fugiaep ratectiosto te nost plab inis ari omnissequi blab iunt rero tem ab isim ut lisqui int quaepre rspella borio. Enda sit volupta cus. Arum essitiur? Ehenimus seque none necestium quiant atus magnihi libusdam, qui il molo excestrunt, sit, quunt enimuscia voles aute nobis aut asperum re quidenditest fuga. Id molupta dolorrovid quas dignimus mo tem reperumquos am voloremquam doluptis pro velis volessi conet quatenis mo odias apideli tatquam fugia quae conse sit in comnitiosam rendiss untisimpel int.

residenziale

Bus pro teniaspedi odignam eictotas mi, volor rent, con ni remperuptur aut et ex est, tem litaquisit eum exerunducium

necessarie trasformazioni lavoro su una TIPOLOGIA RICORRENTE

EVOLUZIONE SOCIALE, ECONOMICA, POLITICA

strade percorse e strada percorribile

la famiglia tradizionale entra in crisi

sfera domestica come arma per il condizionamento delle società

tipologia urbana invasiva che non fa città, ma ne è parte. anche TASSELLO RIPETIBILE parte di un SISTEMA URBANO palazzina: incapace di fare città

strade percorse e strada percorribile

trasformazioni l’APPARTAMENTO entra in CRISI necessarie trasformazioni lavoro su una TIPOLOGIA RICORRENTE

sfera per società

tipologia urbana invasiva che non fa città, ma ne è parte. anche TASSELLO RIPETIBILE parte di un SISTEMA URBANO palazzina: incapace

spazi interni privati legati agli spazi interni pubblici le SCALE come spazio di relazione

il condominio diventa parte della CITTA’ PUBBLICA

“condominio” trans-funzionale a servizio della città

il condominio diventa parte della CITTA’ PUBBLICA mix di RESIDENZIALE e TERZIARIO COABITAZIONE

spazi interni privati legati agli spazi interni pubblici le SCALE come spazio di relazione

mix di RESIDENZIALE e TERZIARIO

“condominio” intergenerazionale e trans-sociale coabitazione di cluster di numero ridotto

“condominio” trans-funzionale a servizio della città

COABITAZIONE

la STANZA come particella minima della città

“condominio” intergenerazionale e trans-sociale coabitazione di cluster di numero ridotto

“tutte le stanze si assomigliano all’inizio”

la STANZA come particella minima della città

“tutte le stanze si assomigliano all’inizio”

STANZA CON BAGNO JOLLY modulo base +

STANZA CON BAGNO modulo base STANZA AGGIUNTIVA modulo accessorio

196 197 5.5_Strategia di
privato residenziale 8 abitanti 3÷12 abitanti 12 abitanti 3÷17 abitanti 7 abitanti 3÷11 abitanti 10 abitanti 3÷11 abitanti privato non residenziale collettivo pubblico genitore single + glio coppia + glio coppia/singolo + studio privato
8 abitanti 3÷12 abitanti 12 abitanti 3÷17 abitanti 7 abitanti 3÷11 abitanti 10 abitanti 3÷11 abitanti privato non residenziale collettivo pubblico + + + + + + + + + + +
8 abitanti 3÷12 abitanti 12 abitanti 3÷17 abitanti 7 abitanti 3÷11 abitanti 10 abitanti 3÷11 abitanti
+
12 abitanti 3÷17 abitanti 7 abitanti 3÷11 abitanti
+ + + + + + + + + + +

RISPOSTA

198 199 DORMITORIO BENEDETTINO CAGE HOUSES HONG KONG STUDENTATO SERVICED APARTMENT ALBERGO APART-HOTEL MICROFLAT ALVEARE EXISTENZ MINIMUM MONOLOCALE AIRBNB APPARTAMENTO CO-OP HOUSING KOLLEKTIVE HUS HOUSING SOCIALE SOCIAL HOUSING CO-LIVING COMPANIES SOHOCENTRI DI ACCOGLIENZA COUCH SURFING OSTELLO DOGMA BAGGIARINIBARONE NARKOMFIN POD HOUSE SERVIZI PRIVATOCOLLETTIVO COLLETTIVIZZAZIONE DEI SERVIZI E CONTRAZIONE DELLO SPAZIO PRIVATO COLLETTIVIZZAZIONE DELLO SPAZIO INDIVIDUALE, ASSENZA/CONTRAZIONE SERVIZI OFFERTI RETRIBUZIONE DEL LAVORO DOMESTICO, SERVIZI COLLETTIVI ANCHE AD USO PRIVATO. IMPORTANZA DELLO SPAZIO INDIVIDUALE IMPORTANZA DELLO SPAZIO INDIVIDUALE, ASSENZA/CONTRAZIONE SERVIZI OFFERTI RISPOSTA RADICALE DI COLLETTIVIZZAZIONE
INTERMEDIA VERSO LA COLLETTIVIZZAZIONE RISPOSTA INTERMEDIA SERVICED ORIENTED LA CASA DI PROPRIETA’ DOVE MI COLLOCO PALAZZINA
200 201

Sam, omnisinciis erum fugia net qui ra dolupta pliquae officil luptat volorepere simus duntius num harum hilit hil inimus as dolorere ea natempos nonecatecto tesed mi, tet maximus, quas derum es aut vellia quia delicipit ist rest dignam sita versped magnimi nctemqui quasit odi si cus eum aut officatur remodio ommos ducipsa peliquatur am re re simintibusam apicipi debit, cum es sedit ommolup tasped quoditibus volores cilliquos et post, te vollaudae sum et ducitatae volore, nihiciis

Apit apernam aditaepelles autem et odi omnit, accabore quos estrumenis apid que porererum harchicid que dis re labor reperit atiatiis sit eaqui ut quaerent quiatius imil mil ent, sam eossinciis eles quunt.

Sed qui illestiis eum inciures es num dolore nes alisquat optatur apicium, quat qui cusantis corum estiber iatiam et, quassimus et estruntium hilliaerum antia con escium quia quamenditio. Nem que ea sae millia aut erciatus.

Hent, sequatur? Itatem am res et latis utemquiditas velescitatem dolenis mo omnitat urepuda nissinullab ilique serio to tem quibus dipid modite elic tem dictationet deligen istiorrum eaquiati arum dolectotat faceptatio modi as molorum as diciam quamusdam quis duntium fugit, cum, veruntius sum ut la pos et officimint quam ut ut pro tecte pelligendae optatus estrunt lignissitat.

Aximusam doluptas et ipsunda ditation cori cullorem faccabo. Henimust, sin nam voles aut ipsapiducid ut la que consecepudit volo quaectus de por soluptur sus eserum duciati rem quam rero dolorpor res aspeles et, alibus, se quuntur rem fugiaep ratectiosto te nost plab inis ari omnissequi blab iunt rero tem ab isim ut lisqui int quaepre rspella borio. Enda sit volupta cus. Arum essitiur? Ehenimus seque none necestium quiant atus magnihi libusdam, qui il molo excestrunt, sit, quunt enimuscia voles aute nobis aut asperum re quidenditest fuga. Id molupta dolorrovid quas dignimus mo tem reperumquos am voloremquam doluptis pro velis volessi conet quatenis mo odias apideli tatquam fugia quae conse sit in comnitiosam rendiss untisimpel int.

Bus pro teniaspedi odignam eictotas mi, volor rent, con ni remperuptur aut et ex est, tem litaquisit eum exerunducium

202 203 5.6_Il progetto
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Evoluzione dettagli di progetto

Apit apernam aditaepelles autem et odi omnit, accabore quos estrumenis apid que porererum harchicid que dis re labor reperit atiatiis sit eaqui ut quaerent quiatius imil mil ent, sam eossinciis eles quunt.

Sed qui illestiis eum inciures es num dolore nes alisquat optatur apicium, quat qui cusantis corum estiber iatiam et, quassimus et estruntium hilliaerum antia con escium quia quamenditio. Nem que ea sae millia aut erciatus.

Hent, sequatur? Itatem am res et latis utemquiditas velescitatem dolenis mo omnitat urepuda nissinullab ilique serio to tem quibus dipid modite elic tem dictationet deligen istiorrum eaquiati arum dolectotat faceptatio modi as molorum as diciam quamusdam quis duntium fugit, cum, veruntius sum ut la pos et officimint quam ut ut pro tecte pelligendae optatus estrunt lignissitat.

Aximusam doluptas et ipsunda ditation cori cullorem faccabo. Henimust, sin nam voles aut ipsapiducid ut la que consecepudit volo quaectus de por soluptur sus eserum duciati rem quam rero dolorpor res aspeles et, alibus, se quuntur rem fugiaep ratectiosto te nost plab inis ari omnissequi blab iunt rero tem ab isim ut lisqui int quaepre rspella borio. Enda sit volupta cus. Arum essitiur? Ehenimus seque none necestium quiant atus magnihi libusdam, qui il molo excestrunt, sit, quunt enimuscia voles aute nobis aut asperum re quidenditest fuga. Id molupta dolorrovid quas dignimus mo tem reperumquos am voloremquam doluptis pro velis volessi conet quatenis mo odias apideli tatquam fugia quae conse sit in comnitiosam rendiss untisimpel int.

Bus pro teniaspedi odignam eictotas mi, volor rent, con ni remperuptur aut et ex est, tem litaquisit eum exerunducium

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5.8_Riflessioni su possibili modelli gestionali

Leggo (e cito) un articolo del Fatto quotidiano dove si parla dei fondi del Recovery Plan del governo Draghi destinati all’inesistente Piano Casa. Si scrive di 28 miliardi all’housing sociale con totale assenza di finanziamenti per la costruzione di edilizia sociale pubblica (o social housing, per usare inglesismi). Ma è davvero la casa popolare ciò di cui abbiamo bisogno? È lei la risposta alla crisi abitativa? Ha senso continuare ad intervenire con un assistenzialismo targeted che interviene in maniera specifica nel momento del bisogno? Non sarebbe meglio intervenire in maniera trasversale con un modello più simile a quello universalistico del paesi del nord Europa (consapevoli delle differenze culturali ovviamente)? Pensare a risposte diversificate, miste può essere motore di inclusione sociale con l’obiettivo di evitare la gettizzazione sociale derivante da edifici interamente destinati a edilizia pubblica sovvenzionata (?) o edilizia privata. Può l’affitto essere una risposta (Coricelli) nell’era della modernità liquida?

Da un confronto con il prof. Guidarini sono state messe in luce le problematiche nel lavorare con il patrimonio di proprietà pubblica in Italia: questioni economiche (ristrutturare costa più di ricostruire); culturali (attenzione maggiore sulle prestazioni dell’involucro piuttosto che sulla qualità architettonica); tipologiche (tipologie difficili in quartieri storici con cui avere a che fare perché connotate da rigidità della muratura portante); normative (norme strutturali, energetiche, acustiche, igiene, disabili alle quali sottostare-che, a quanto ho capito, è il tema affrontato dai due dottorandi).

Lungi dall’essere nel nel luogo in cui si possano affrontare temi come: dove andrà il mercato degli affitti, dove andrà il mercato delle vendite, si propongono però una serie di possibili scenari più o meno plausibili di come di quale possa essere un possibile gestionale per quest’immagine di riappropriazione da parte della città della “cellula della città in espansione“.

Il finanziamento dei progetti può afferire a tre tipologie: Vi sono le cosidette opere calde, di cui fanno parte quei progetti per cui si stima esistano ricavi tali da permettere all’operatore privato il recupero dei costi sostenuti e che garantiscano anche una remunerazione del camitale immobilizzato. In

questo caso, il settore pubblico non deve sostenere alcuna spesa, ma valutarne, in fase iniziale, il soddisfacimento delle esigenze della collettività.

Si configurano come opere fredde, al capo opposto, i servizi (o beni pubblici) che vengono forniti da un privato alla pubblica amministrazione. Agli enti pubblici spetta quindi fornire la renumerazione al privato per il suo lavoro

Vi sono infine le cosiddette opere tiepide. In questi progetti è prevista una contribuzione pubblica. Sono opere di pubblica utilità attraverso le quali il privato può trarre ricavi, ma risultano insufficienti a coprire le spese iniziali e remunerare.

L’erogazione di una componente di contribuzione pubblica è giustificata in questo caso dai benefici sociali indotti dalla realizzazione dell’infrastruttura.

Per questo l’ente pubblico incentiva il privato alla realizzazione dell’opera.

Da considerare la presenza di beni confiscati alla criminalità organizzata.la possibilità che il pubblico sia già all’interno della palazzina non è da escludere, Sia perché c’è la possibilità che l’amministrazione (Comune, lo Stato, l’ente pubblico) sia già il proprietario originale dello stabile, sia perché l’amministrazione potrebbe avere acquisito la proprietà di alloggi o intere palazzine perché confiscati alla criminalità organizzata o altro motivo. Da considerare la questione degli affitti passivi con i quali il Comune prende in affitto degli stabili a canone agevolato e si fa a sua volta locatario di quel alloggio o sta lavorando quindi per cosiddette opere fredde, che non hanno un ritorno economico sul pubblico.

L’associazione Roma ricerca Roma, che attende un intervento dell’osservatorio sulla condizione abitativa e dell’agenzia sociale degli affitti, ci parla della legge 438/98 Che permette al pubblico di inserirsi come garante tra locatario e locatore. Purtroppo la carenza di fondi e di capacità di spesa da parte della regione Lazio fa sì che i sussidi siano finanziati a fasi alterne senza coprire le richieste. Questa legge e leggi simili varate o almeno sfruttate in ambito emergenziale per la pandemia da COVID-19 sono stata in motore per la trasformazione di alloggi destinati sul mercato ad affitti brevi per turisti in alloggi sovvenzionati O a canone calmierato o ancora a canone sociale. Tra i paesi che hanno realizzato quest’operazione con

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più o meno successo ci sono il Portogallo, la Spagna, l’Italia (Venezia). La prima di queste tre al lavorato in collaborazione

con Airbnb Per la creazione di alloggi a canone sociale per cinque anni; l’ultima e invece collaborato sempre con aire B&B per la creazione di nuovi alloggi a canone calmierato per gli studenti.

È possibile quindi immaginare un intervento statale all’interno di alloggi che rimangono in proprietà.

Le opzioni sono: Patrimonio pubblico:

a. Patrimonio disponibile: ERP abbandonato e non b. Beni confiscati alla criminalità organizzata Patrimonio privato:

a. Unico proprietario: abbandonato o scheletro o condominio

b. Più proprietari: condominio con forte presenta di bnb, condominio, ERP parzialmente alienata

c. Ma se negli appartmenti/box confiscati (quindi di proprietà comunale) o negli alloggi utilizzati per il turismo occasionale si pensasse di inserire quelle funzioni altre alla residenza? Per potersi immaginare una possibile applicazione del progetto pilota anche nei condomini in multiproprietà?

Stante il fatto che il patrimonio pubblico sarebbe il posto migliore per investimenti di questo tipo (con particolare accenno ai beni confiscati) e per il quale si punta ad una velocizzazione dei processi burocratici. Rimane un dato di fatto che il patrimonio pubblico non può da solo coprire i bisogni abitativi. Come sarebbe quindi operare su un patrimonio privato?

Attraverso uno studio di progetti coabitativi e l’indagine del rapporto tra la sfera privata e quella pubblica la tesi si propone di immaginare una versione più egualitaria della casa d’affitto ottocentesca o della Polykatoikia greca dove la risposta spaziale non prescinda dal reddito,

dove una soluzione economicamente conveniente non corrisponda ad una diminuzione della metratura pro-capite e dove si possano sfruttare le potenzialità dell’abitazione condivisa senza perdere la qualità architettonica degli spazi privati.

Attraverso una coabitazione basata sul modello universalistico (svedese) e non più targeted, la tesi si ripropone di generare una possibile risposta di coabitazione trasversale caratterizzata da un mix sociale e generazionale.

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