Corte dei Conti 2021-’accertamenti effettuati dal competente nucleo della Guardia di Finanza, era risultato che il x, in realtà, non disponeva di un’autonoma sistemazione presso la sede di Roma, venendo così meno la causa dei rimborsi ottenuti.’ Giudizio n. 13068 – Sentenza n. 40/2021 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI Sezione giurisdizionale regionale per l’Umbria composta dai seguenti Magistrati: Rosalba Di Giulio Presidente f.f. Pasquale Fava Consigliere Marco Scognamiglio Referendario relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 13068 del Ruolo Generale, promosso dalla Procura regionale presso questa Sezione giurisdizionale per l’Umbria nei confronti di ........................... ........................... (cod. fisc. ...........................J), nato a ........................... il 11.8.1973 ed ivi residente in via ........................... n. 9/A, con domicilio eletto in ..........................., Via ..........................., n. ..........................., presso lo studio degli Avv.ti ........................... e ..........................., che lo rappresentano e difendono come da delega in atti. Visto l’atto introduttivo del giudizio. Visti tutti gli altri atti e documenti del fascicolo processuale. Uditi alla pubblica udienza del 24 marzo 2021, tenuta online mediante la piattaforma Teams, con l’assistenza del Segretario dott.ssa Elena Errico, il relatore nella persona del Ref. Marco Scognamiglio, il P.M. nella persona del Vice Procuratore Generale Enrico Amante e l’avv. ........................... per il convenuto. FATTO
1. Con atto di citazione depositato in data 19 ottobre 2020 e ritualmente notificato, la Procura regionale presso questa Sezione giurisdizionale ha convenuto in giudizio il Sig. ........................... ..........................., per sentirlo condannare a risarcire i danni prodotti, quantificati nella somma di € 2.547,30, in favore del Comune di ..........................., oltre a rivalutazione secondo gli indici ISTAT, nonché interessi legali dal deposito della sentenza sino all’effettivo soddisfo e spese di giudizio. 2. La Procura ha rappresentato che il convenuto, all'epoca dei fatti svolgente le funzioni di Assistente Capo della Polizia di Stato, presso la Direzione Centrale Risorse Umane - Dipartimento della Pubblica sicurezza Polizia di Stato - Servizio Personale Tecnico Scientifico e Professionale, Via di Castro Pretorio nr. 5 (Caserma Ferdinando di Savoia) - 00185 Roma, aveva percepito dal Comune di ..........................., nella qualità di Consigliere comunale, rimborsi per spese di viaggio ex art. 84 del d. lgs. n. 267/2000, anche se formalmente residente in ..........................., sostenendo di essere domiciliato per motivi di lavoro in Roma, presso la Caserma della Polizia di Stato in cui prestava servizio ed in ragione della necessità di dover raggiungere dal proprio domicilio romano la sede di espletamento del mandato elettivo presso il Comune di ............................ 3. Dagli accertamenti effettuati dal competente nucleo della Guardia di Finanza, era risultato che il ..........................., in realtà, non disponeva di un’autonoma sistemazione presso la sede di Roma, venendo così meno la causa dei rimborsi ottenuti. 4. Secondo la prospettazione attorea al ........................... sarebbe dunque imputabile una fattispecie produttiva di danno, costituita dall’aver indebitamente percepito dei rimborsi di spese di viaggio per l’espletamento del mandato elettivo di Consigliere comunale, per aver egli fittiziamente dichiarato un domicilio differente da quello effettivo (ubicato non a Roma ma a ...........................), sicché egli non avrebbe avuto alcun titolo ad ottenere il rimborso delle spese predette; la Procura ha, pertanto, concluso nel senso di ritenere sussistenti tutti i requisiti posti a fondamento dell’azione di responsabilità, poiché sussisterebbe il nesso causale tra il comportamento contestato e il danno contestato, nonché l’elemento soggettivo costituito, nella specie, dal dolo.
5. Con decreto n. 36 del 27 ottobre 2020, il Presidente della Sezione giurisdizionale determinava la somma da pagare dal ........................... a ristoro del contestato danno a favore del Comune di ........................... nell’importo di € 2.547,30, oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese del giudizio, onde poter definire la questione col rito monitorio, senza addivenire al processo contabile dibattimentale ordinario. Decorso tuttavia infruttuosamente il termine assegnato, il giudizio è stato discusso nell’odierna udienza. 6. ........................... ........................... si è costituito ed ha preliminarmente chiesto, ai sensi dell'art. 106 c.g.c., la sospensione del giudizio per contemporanea pendenza del procedimento penale, nonché eccepito l’intervenuta prescrizione della pretesa erariale, per decorso del termine quinquennale, in quanto l’ultimo pagamento da lui ricevuto era avvenuto il 15 gennaio 2015, mentre l’invito a dedurre è stato notificato in data 23 luglio 2020. La difesa del convenuto ha contestato la fondatezza dell’accusa sulla base di quattro argomentazioni: a) il ........................... aveva ritualmente posto al Comune di ........................... un quesito sulla specifica debenza o meno dei rimborsi richiesti, ottenendone esiti favorevoli (nota via e-mail del Segretario Comunale del 7 settembre 2010, ribadente la piena correttezza dell'operato del Consigliere e la sussistenza del suo diritto al rimborso; parere favorevole del medesimo Segretario, rilasciato con nota prot. 150771 del 9 settembre 2010; nota via email del Segretario Comunale del 10 settembre 2010, con cui, in risposta alla richiesta del Consigliere di domandare parere alla Corte dei conti, si era esclusa tale necessità, per chiara sussistenza dei presupposti di rimborso); b) sussisterebbe una carenza d’istruttoria, non avendo la Procura preso in debita considerazione le suddette interlocuzioni tra convenuto e Amministrazione, attestanti la legittimità dei rimborsi spese; c) difetterebbe l’elemento psicologico necessario ad integrare la responsabilità del convenuto, perché la relativa condotta sarebbe sempre stata improntata alla massima trasparenza e correttezza; d) non vi sarebbe mai stata alcuna falsa dichiarazione in ordine alla propria situazione, essendo noto che è imposto ai dipendenti della Polizia di Stato, l’obbligo di dimorare nel luogo ove ha sede l’ufficio
o reparto di appartenenza, ferma la possibilità di ottenere dal capo dell’ufficio l’autorizzazione a risiedere in luogo diverso da quello di servizio (con riferimento alla Circolare del 2001 n. 333/A/9808A del Corpo della Polizia di Stato, che richiama il parere n. 590 del 17 aprile 1984 del Consiglio di Stato il quale, sul dovere di residenza presso il luogo di lavoro posto al dipendente civile dello Stato dall'art. 12 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, ha precisato che esso “si concretizza nell'obbligo di stabilire effettiva e permanente dimora nel luogo in cui si trova l'ufficio e non anche nell'obbligo dell'iscrizione anagrafica"). 7. Alla pubblica udienza del 24 marzo 2021, svolta telematicamente, previa acquisizione dei prescritti consensi, con l’ausilio della piattaforma istituzionale Teams, stante il persistere della situazione emergenziale ed in ottemperanza all’art. 85, co. 3, lett. e) decreto-legge 17 marzo 2020, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, ed ai decreti del Presidente della Corte dei conti n. 138 del 1° aprile 2020 e n. 287 del 27 ottobre 2020, le parti hanno discusso la causa illustrando le reciproche conclusioni in conformità a quelle rassegnate in atti. DIRITTO 1. La richiesta preliminare di sospensione del presente giudizio, avanzata ai sensi dell'art. 106 c.g.c. per contemporanea pendenza di procedimento penale, va respinta, oltre che per la nota autonomia dei due giudizi, anche per essere già stato definito il penale con decreto di archiviazione del 9 luglio 2020. 2. Nel merito, il giudizio è finalizzato all’accertamento della fondatezza della pretesa azionata dal Pubblico Ministero contabile in relazione ad un’ipotesi di danno erariale derivante dalla percezione, contestata come indebita, di € 2.547,30 a titolo di rimborso delle spese di viaggio, relative al periodo dal settembre 2011 al marzo 2014, finalizzate all’espletamento del mandato elettivo, svolto in qualità di Consigliere del Comune di ..........................., di cui è stato autorizzato il pagamento con Determina dirigenziale prot. n. 143296 del 13 ottobre 2014, per € 393,00, e con Determina dirigenziale prot. n. 17...........................79 del 15 dicembre 2014 per € 2.154,30. 3. In proposito, va ricordato quanto disposto dall’art. 84, comma 3, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (T.U.E.L.), in base al quale: “Agli amministratori che risiedono fuori del capoluogo del
comune ove ha sede il rispettivo ente spetta il rimborso per le sole spese di viaggio effettivamente sostenute per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi, nonché per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate”. 4. Il quantum di cui la Procura chiede il risarcimento discende da due distinti mandati di pagamento, rispettivamente del 4 novembre 2014 e del 14 gennaio 2015, relativi al rimborso delle spese di viaggio asseritamente sostenute per recarsi presso la sede di svolgimento del mandato elettivo, in occasione di differenti sedute del Consiglio comunale, tra l’anno 2011 e l’anno 2014. 5. In via preliminare di merito va analizzata l’eccezione relativa al decorso della prescrizione. Evidenzia infatti la difesa che il termine quinquennale sarebbe già inutilmente decorso prima della notifica dell’invito a dedurre, datata 23 luglio 2020. 5.1. Sostiene invece la Procura attrice che, nella fattispecie, la prescrizione inizierebbe a decorrere non dal momento dell’ultimo pagamento, ma dal successivo momento della esteriorizzazione obiettiva del danno stesso, da individuarsi, secondo la prospettazione attorea, nella data di richiesta di archiviazione del procedimento penale, presentata per il convenuto il 10 giugno 2020 in relazione ai medesimi fatti oggetto del presente giudizio. 5.2. Va a tale riguardo preliminarmente rammentato che, anche in materia di responsabilità amministrativa, vale la regola generale dell'art. 2935 c.c., secondo cui “la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere” e, secondo l’art. 1, comma 2, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, “il diritto al risarcimento del danno si prescrive in ogni caso in cinque anni decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso”. Quindi il verificarsi del fatto dannoso come conseguenza di una condotta indebita realizza quell’eventus damni, quale effettivo depauperamento del patrimonio pubblico, che legittima il Requirente all’esercizio dell’actio damni, non appena la deminutio patrimonii si esteriorizza, divenendo percepibile dal danneggiato secondo un criterio di ordinaria diligenza (sulla esteriorizzazione e conoscibilità del danno secondo l’ordinaria diligenza, cfr. ex plurimis Corte dei conti App. Sez. I n. 222 del 2019, Corte conti App. Sez. II n. 190 del 2019, Corte conti App.Sez. III n. 20 del 2020).
5.3. La regola generale è, tuttavia, derogata in caso di occultamento doloso del danno, che impedisce tale esteriorizzazione e, quindi, la percepibilità e conoscibilità del danno stesso: ai sensi della successiva parte del citato art. 1, comma 2, in tal caso la prescrizione decorre: “dalla data della sua scoperta”, il che si configura quando è necessario il dispiegamento di accorte attività finalizzate al disvelamento del fatto dannoso e delle sue conseguenze. In sostanza, il doloso occultamento implica un quid pluris, richiedendo, oltre alla produzione del danno, una condotta volutamente ingannatrice e fraudolenta, diretta intenzionalmente ad occultare l’esistenza del danno già cagionato ed altresì idonea ad ingenerare una situazione di obiettiva preclusione, da parte del creditore, della possibilità̀ di fare valere il diritto di credito (cfr. Corte conti App. Sez. III n. 16 del 2020). “L’attività intenzionale di occultamento è per sua natura estrinseca all’elemento oggettivo del danno – riguardato come evento e, dunque, come inerente al fatto costitutivo della responsabilità amministrativa – ed è rinvenibile laddove il responsabile, od un terzo, si sia comunque adoperato, anche a mezzo di un comportamento negativo, per impedire la conoscibilità od evidenza del fatto dannoso” (Corte conti App. Sez. II n. 129 del 2017). In tali evenienze, integranti, di norma, condotte anche penalmente rilevanti, il legislatore ha pertanto voluto affermare la diversa regola della decorrenza della prescrizione dalla conoscenza effettiva del danno, per cui il dies a quo della prescrizione è da identificare nel momento della scoperta del fatto dannoso pregiudizievole per le finanze pubbliche, ex art. 1, comma 2, della legge n. 20/1994. Come chiarito dalla giurisprudenza contabile “Tale norma, caratterizzata da un'identità di ratio rispetto all'art. 2941, n. 8, c.c., in materia di sospensione della prescrizione, presuppone l’esistenza di un'attività consapevole del titolare del rapporto di servizio diretta ad occultare il fatto generatore del danno erariale ed un elemento obiettivo dato da una situazione che precluda la scoperta del fatto stesso” (così, riprendendo un orientamento consolidato, Corte conti App.Sez. III n. 114 del 2020). 5.4. L’occultamento doloso del danno va quindi attentamente differenziato dal mero dolo, inteso quale elemento strutturale dell’illecito contabile. Secondo la giurisprudenza, infatti: “tale occultamento non può coincidere, puramente e semplicemente, con
la commissione (dolosa) del fatto dannoso in questione, ma richiede un’ulteriore condotta, indirizzata ad impedire la conoscenza del fatto. Occorre, in altri termini, un comportamento che, pur potendo comprendere la causazione stessa del fatto dannoso, deve tuttavia includere atti specificamente volti a prevenire la scoperta di un danno ancora in fieri, oppure a nascondere un danno ormai prodotto” (Corte dei conti, App. Sez. II., sent. n. 314 del 2020, App. Sez. I, sent. n. 432 del 2017 App. Sez. III., sent. n. 474 del 2006)”. 6. Ritiene il Collegio che, nel caso all’odierno esame, non sussistano i presupposti per poter qualificare la condotta del convenuto come finalizzata all’occultamento doloso del danno, non risultando provato alcun elemento dimostrativo di tale condotta e volontà occultatrici. 6.1. È verosimile, in effetti, che le spese di viaggio (abbonamento ferroviario) siano state funzionali non all’adempimento del mandato elettorale in ..........................., ma al tragitto contrario che, da ..........................., ........................... percorreva per la necessità di recarsi a lavorare in Roma per poi rientrare a ........................... (dove effettivamente risiedeva e dimorava in modo stabile). Tuttavia, il convenuto ha chiaramente esternato, sia nel 2010, prima degli articoli di stampa e del clamor fori sulla questione dei rimborsi, sia dal 2012, di ritenersi legittimato ad ottenere il rimborso, come si evince dalle interlocuzioni avute con l’Amministrazione e, in particolare dalla conclusiva istanza del 17 marzo 2014 con la quale richiedeva al Comune di ........................... il saldo di quanto non ancora pagato, probabilmente anche sulla scorta della positiva conclusione di analoghe vicende processuali in cui erano incorsi altri Consiglieri comunali, alcuni dei quali erano stati assolti nell’ambito della precedente istruttoria n. 1587/2011/FRA. La medesima era scaturita dalla relazione n. 44963 del 15 maggio 2012 del Nucleo di Polizia Tributaria sui rimborsi di spese di viaggio liquidati a tre Consiglieri comunali nel periodo intercorrente dal 30 aprile 2009 al 30 aprile 2011. A differenza che in tali situazioni, i rimborsi chiesti dal ........................... erano stati, peraltro, sin dall’inizio limitatati non al rimborso in base alla distanza kilometrica ma al costo dell’abbonamento mensile, in quanto da lui ritenuto “forma di viaggio più conveniente in termini di basso costo per l’ente” rispetto alla corresponsione del costo del biglietto di ogni singolo viaggio.
6.2. Ciò posto, manca a corredo della condotta tenuta dal convenuto quel quid pluris che deve contraddistinguere la volontà occultatrice, posto che, sulla base delle chiare dichiarazioni fornite dallo stesso, l’Amministrazione ben avrebbe potuto agevolmente procedere alla verifica della sussistenza o meno delle condizioni legittimanti i richiesti rimborsi ed avrebbe invero dovuto farlo, in quanto era ben nota all’opinione pubblica la vicenda dei discutibili rimborsi concernenti i rappresentanti politici locali, avendone la stampa dato ampia notizia, tanto che la stessa competente Procura ne era venuta a conoscenza quanto meno dal 17 marzo 2015, data della annotazione brevi manu “aprire istruttoria” dall’Organo requirente apposta sull’articolo del 5 febbraio 2015 e prodotta agli atti di causa. Non appare, pertanto, condivisibile l’assunto della Procura in base al quale il dies a quo per il computo del termine prescrizionale dovrebbe identificarsi con la richiesta di archiviazione in sede penale, intervenuta il 10 giugno 2020, in quanto è la stessa citazione a premettere che l’istruttoria è “scaturita da notizie di stampa” (cfr. articolo del 5 febbraio 2015 prodotto agli atti) e non dalle indagini penali. 6.3. Il caso in esame, pertanto, non integra gli estremi dell’occultamento doloso, in quanto il procedimento penale non ha concorso al disvelamento di alcun fatto ulteriore, che non fosse già autonomamente accertabile dall’Amministrazione interessata e dalla Procura stessa; né si può ritenere appurata nel convenuto la piena consapevolezza della mancanza dei presupposti per il conseguimento dei benefici, in quanto ben poteva egli far affidamento sul favorevole esito processuale sortito da altre analoghe vicende (cfr. sentenza di assoluzione del convenuto Cons. Alessandro Chiappalupi n. 142/2013 del 17 dicembre 2013). 7. Tanto premesso, il Collegio ritiene che non emerga dagli atti prova della sussistenza di una condotta di occultamento doloso del danno erariale imputabile al ..........................., tanto più che le eventuali condotte decettive sarebbero state imputabili in primis al dirigente comunale della Direzione Affari Generali erogatore (infatti, nell’ambito della precedente istruttoria n. 1587/2011/FRA, erano stati condannati, con la sentenza-ordinanza n. 15/2013 di questa Sezione, i due dirigenti comunali). Ciò anche considerato che i medesimi fatti sono stati, tra l’altro, oggetto del procedimento
penale n. 2694/19, incardinato dalla Procura della Repubblica di ........................... per il reato di truffa aggravata ex art. 640, comma 2, c.p., per cui è stato emanato, da parte del Tribunale di ..........................., il decreto di archiviazione del 9 luglio 2020, senza che sia stato neppure disposto il rinvio a giudizio. 8. Pertanto, escluso un doloso occultamento del fatto dannoso, va applicata, ai fini del computo della prescrizione, la regola generale secondo cui essa va fatta decorrere dal momento in cui si è verificata la conseguenza patrimoniale negativa per l’erario, coincidente nel caso in esame con i rimborsi pagati al ..........................., avvenuti il 4 novembre 2014 ed il 14 gennaio 2015, o quantomeno dal 17 marzo 2015, data della annotazione brevi manu “aprire istruttoria” dall’Organo requirente apposta sull’articolo del 5 febbraio 2015 e prodotta agli atti di causa; eventi rispetto ai quali, per ognuno di essi, la notifica dell'invito a dedurre effettuata il 23 luglio 2020 si rivela comunque tardiva, essendo in tale data già maturata, per inutile decorso del termine quinquennale, la prescrizione del diritto al risarcimento del danno erariale oggetto del presente giudizio. 9. È appena il caso di precisare che la declaratoria di prescrizione lascia impregiudicate e pienamente azionabili le eventuali pretese civilistiche recuperatorie che, in relazione ai medesimi fatti ma in ragione di altri titoli giuridici, il Comune di ........................... decida di azionare. 10. In conclusione, il Collegio, definitivamente pronunciando, dichiara la prescrizione del diritto al risarcimento del danno erariale, con conseguente rigetto della domanda di risarcimento attorea ed assorbimento di tutte le altre questioni. 11. In ragione dell’accoglimento dell’eccezione preliminare di merito concernente la prescrizione, il Collegio ritiene vi siano i presupposti previsti dall’art. 31, comma 3, c.g.c. per dichiarare compensate le spese del giudizio. P.Q.M. La Corte dei conti Sezione giurisdizionale regionale per l’Umbria Disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, definitivamente, pronunciando sul giudizio di responsabilità iscritto al n. 13068 del registro di segreteria, promosso ad istanza della
Procura regionale della Corte dei conti, respinge la domanda attorea per intervenuta prescrizione e compensa le spese. Così deciso in Perugia, nella camera di consiglio del 24 marzo 2021. L’Estensore Il Presidente f.f. F.to Marco Scognamiglio F.to Rosalba Di Giulio Depositata in Segreteria il giorno 17 maggio 2021. Il Direttore della Segreteria F.to Melita Di Iorio --