Corte dei Conti 2022- conferimento pensione diretta anticipata (ex anzianità) liquidata con il siste

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Corte dei Conti 2022- conferimento pensione diretta anticipata (ex anzianità) liquidata con il sistema misto nella errata misura annua lorda di Euro 37.059,85 Corte dei Conti Sicilia Sez. giurisdiz., Sent., (ud. 30/03/2021) 06-04-2022, n. 305 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA Il Giudice monocratico per le pensioni cons. Gioacchino Alessandro ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di pensione, iscritto al n. (...) del registro di segreteria, promosso con ricorso depositato il 27 ottobre 2020 ad istanza di: omissis contro - I.N.P.S. (gestione ex INPDAP), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Tiziana Giovanna Norrito, pec: avv.tiziana.norrito@postacert.inps.gov.it, unitamente e disgiuntamente con l'avv. Gino Madonia, pec: avv.gino.madonia@postacert.inps.gov.it, elettivamente domiciliato in Palermo presso l'avvocatura regionale dell'istituto sita in via M. Toselli n. 5; Visti il ricorso e gli altri atti e documenti di causa; Premesso che, giusto quanto disposto dall'art. 16, c. 7, del D.L. 30 dicembre 2021, n. 228, convertito in L. 25 febbraio 2022, n. 15 ("I termini di cui all'articolo 85, commi 2, 5, 6 e 8bis, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, relativi a misure urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia contabile, sono prorogati al 31 marzo 2022"), la trattazione del presente giudizio avviene con le modalità di cui all'art. 85, comma 5, del D.L. n. 18 del 17 marzo 2020, convertito nella L. n. 27 del 24 aprile 2020, modificata dal D.L. n. 28 del 2020, e s.m.i.; In data 30 marzo 2022, secondo quanto disposto dalla richiamata disposizione le causa è passata in decisione; Ritenuto in Svolgimento del processo I. Col ricorso sopra epigrafato, la sig.ra G. avversava la nota dell'INPS (...) del 03.08.2019, a firma del responsabile dott. S., con cui l'Ente ha trasmesso l'atto n. OMISSIS di conferimento pensione diretta anticipata (ex anzianità) liquidata con il sistema misto nella errata misura annua lorda di Euro 37.059,85 per ottenere l'accertamento del diritto al trattamento pensionistico calibrato sulla percepita retribuzione del dirigente amministrativo ex area III, ruolo sanità, da includere nella cd. quota A, con il pagamento delle relative differenze pensionistiche a decorrere dal 1.09.2019, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, adeguando per il futuro la pensione nella misura corretta annua lorda di Euro 47.421,27. Parte ricorrente - rammentato che l'importo della pensione con il sistema retributivo si compone di due quote ex art. 13 del D.Lgs. n. 503 del 1992 e precisamente: quota A) determinata sulla base dell'anzianità contributiva maturata al 31 dicembre 1992 e sulla retribuzione pensionabile alla cessazione (ultimo stipendio ); quota B) determinata sulla base dell'anzianità contributiva maturata dal 10 gennaio 1993 alla data di decorrenza


della pensione e sulla media delle retribuzioni degli ultimi 10 anni per i lavoratori dipendenti - deduceva che l'INPS avrebbe errato la base di riferimento per il calcolo della prima quota, prendendo una retribuzione più bassa di quella percepita e determinando un decremento nella pensione. In particolare, avrebbe dovuto tener conto dell'indennità perequatrice ex art. 31 D.P.R. n. 761 del 1979, poiché concorrerebbero a formare la prima quota di pensione tutte le voci facenti parte del trattamento fondamentale goduto. Ed invece, lamenta che ai fini del calcolo della quota A emergeva che sarebbe stato utilizzato come importo di retribuzione pensionabile alla cessazione Euro 31.338,14 e non quella erogata al dipendente quale dirigente sanitario non medico, indicata nei modelli di calcolo in atti dalla stessa A.O.U. Policlinico di Messina, pari a Euro 57.815,72. L'errata base pensionabile cui applicare i coefficienti di legge avrebbe conseguentemente determinato nell'atto di conferimento della pensione un decremento della prima quota pensione (Euro 11.297,40 risultante dalla moltiplicazione di Euro 31.338,14 per il coefficiente 0,36050, piuttosto che Euro 21.658,82 - risultante dalla moltiplicazione di Euro 57.815,72 + 13^ (Euro 2.264,23) x il coefficiente 0.36050 - con pregiudizio al trattamento complessivo. Parte ricorrente lamentava, con articolare e diffuse argomentazioni, la violazione dell'art. 31 del D.P.R. n. 761 del 1979, come modificato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 126 del 24.6.1981, in relazione alla disciplina della base pensionabile e ai criteri di determinazione della pensione e dei contratti collettivi. Inoltre, affermava di aver versato i contributi previdenziali calcolati sulla retribuzione da dirigente, con ingiustificato arricchimento dell'INPS in considerazione del fatto che il trattamento pensionistico non corrisponderebbe ai contributi versati. A sostegno delle proprie tesi richiamava ed illustrava diffusamente, oltre alla ricostruzione del quadro normativo in materia, la sentenza della Corte Costituzionale n. 126 del 24.6.1981 che dichiarava incostituzionale l'art. 31 del D.P.R. n. 761 del 1979 nella parte in cui non prevedeva che l'indennità equiparativa non fosse utile ai fini previdenziali ed assistenziali per il personale universitario in servizio presso i Policlinici; la prassi applicativa dell'INPS (tra cui, la nota operativa n. 3 del 02.02.2009, con cui il dirigente generale della Direzione centrale Pensioni, Ufficio I normativo, precisava, al punto 4, che "concorre a determinare la cd. quota A di pensione tutte le voci facenti parti del trattamento fondamentale", precisando, nel precedente punto 3 della stessa nota, che ai sensi dell'art. 83 del CCNL 2006-2009, comparto università, "rientra nel trattamento fondamentale anche l'equiparazione stipendiale prevista dall'art. 31 del D.P.R. n. 761 del 1979"; il messaggio INPS del 29.03.2019 e la circolare INPS n. 1 del 2005, e la nota operativa INPS n. 18 del 4.4.2005 che, ad integrazione della circolare n. 1/2005 testè citata prevede che "deve essere prevista la valutabilità, ai fini pensionistici, dell'indennità perequatrice di cui all'art. 31 del D.P.R. n. 761 del 1979, attribuita al personale docente e tecnico-amministrativo delle Università che presta servizio presso i policlinici e cliniche universitarie".). Richiamava la giurisprudenza di questa Sezione giurisdizionale della Corte dei conti e, segnatamente, anche la sentenza della I sez. centr. App. n. 346/2017. Evidenzia, con diffuse argomentazioni, altresì l'irrilevanza del possesso della qualifica dirigenziale ai fini del riconoscimento della pensionabilità delle voci di cui all'art. 31 poiché nel sistema equiparativo nessun emolumento è legato al possesso della qualifica ospedaliera ma discende dalla qualifica universitaria e dalla effettiva attività svolta presso la struttura sanitaria. Inoltre, rileva che tutti gli emolumenti sono stati pagati per la sussistenza (accertata in via amministrativa o giudiziale) dei relativi presupposti di legge ovvero per il servizio prestato presso l'Azienda ospedaliera con l'aggiunta, rispetto all'attività universitaria, di ulteriori attività ospedaliere (in ossequio a quanto letteralmente previsto ex art. 31 del D.P.R. n. 761 del 1979: a "parità di mansioni, funzioni ed anzianità con il personale U.") e che l'erogazione di tali voci nonché i relativi presupposti di legge


(siano essi funzioni o responsabilità), poiché parte del rapporto di lavoro già oggetto di accertamento, non sono sindacabili innanzi alla Corte dei Conti. Allegava di avere presentato ricorso in via amministrativa, inoltrato telematicamente all'INPS in data 26.11.2019, rimasto privo di riscontro. Rassegnava le seguenti conclusioni: 1) accertare e dichiarare il diritto del ricorrente alla rideterminazione del trattamento pensionistico calibrato sulla retribuzione pensionabile del dirigente sanitario di I livello, non medico, previo riconoscimento dell'intero periodo di servizio utile e previa disapplicazione e/o annullamento di ogni atto contrario, liquidandolo nella misura annua lorda di Euro 47.421,27 oltre 13^ mensilità, o nella diversa misura che sarà accertata in esito alla disponenda CTU contabile, con corresponsione dei relativi arretrati, con decorrenza dal 1.09.2019, maggiorati di interessi e rivalutazione monetaria come per legge, fino all'effettivo soddisfo; 2) condannare l'INPS resistente alla corresponsione della pensione come sopra adeguata e al pagamento della differenza delle precedenti rate non adeguate pari ad Euro 10.361,42 annui lordi (Euro 863,45 mensili) oltre tredicesima mensilità, a decorrere dal 1.09.2019, o nel diverso importo che sarà determinato all'esito della disponenda CTU, oltre ad interessi e rivalutazione come per legge; 3) In virtù dell'art. 116, 20 comma della L. n. 388 del 2000 in caso di indebito previdenziale soggettivo, consistente nell'effettuazione del versamento contributivo a ente pubblico diverso da quello titolare del rapporto assicurativo, dichiarare l'effetto liberatorio per il ricorrente con l'obbligo dell'ente erroneamente beneficiario di trasferire le somme incassate all'ente titolare della contribuzione. 4) In via subordinata ove la Corte adita dovesse rigettare le superiori domande ritenere e dichiarare il diritto del ricorrente a ripetere dall'INPS la differenza tra quanto allora indebitamente versato per contributi previdenziali trattenuti mese per mese dalle buste paga sulla retribuzione del dirigente nella misura versata in eccedenza rispetto alla retribuzione della categoria (...), condannando la stesse amministrazione a versare tale differenza nella misura di Euro 40.000,00 per le quote di contributi previdenziali versati in più dal dipendente, o nella diversa somma che verrà quantificata in sede di disponenda CTU . In ogni caso, con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa. In via istruttoria. Si chiede che venga disposta C.T.U. al fine di determinare il trattamento pensionistico spettante al ricorrente sulla scorta del petitum di cui alle rassegnate conclusioni per l'effettiva retribuzione percepita di dirigente sanitario, con ulteriore la quantificazione degli importi arretrati dal 1.09.2019, oltre interessi e rivalutazione monetaria. In ordine alla domanda subordinata formulata al punto 4, disporre CTU al fine di quantificare gli importi versati in eccedenza a titolo di contributi previdenziali sulla posizione del dirigente amministrativa sino alla quiescenza e, ove occorra, ordinare alla resistente la produzione in giudizio degli estratti contributivi per il medesimo periodo. II. Con memoria depositata il 17 marzo 2022 si costituiva l'INPS, chiedendo: -Ritenere e dichiarare che il trattamento pensionistico in godimento dell'odierno ricorrente non vede la valorizzazione per legge della indennità piccola D.M. in quota A, se non rispetto alle voci relative allo stipendio e alla IIS, nonché le altre voci strettamente legate alle mansioni svolte per come risultanti dagli atti. - Ordinare all'Amministrazione datoriale di indicare dettagliatamente (come ordine di esibizione nei confronti di Amministrazione non resistente) le voci retributive inserite nella c.d. indennità piccola D.M.. - Con ogni conseguenza di legge sulle spese del giudizio Richiamata la normativa di riferimento, l'Istituto previdenziale evidenziava che i dipendenti dell'Università statale sono iscritti alla Cassa Stato e non cambiano tale iscrizione per effetto dell'assegnazione al servizio presso i policlinici, le cliniche e gli istituti universitari di ricovero e cura convenzionati con le Regioni e con il SSN. Secondo la difesa dell'istituto, la disciplina tendente a garantire l'equiparazione economica non fa venire meno, all'atto della cessazione del servizio, lo status di dipendente statale


del personale universitario che presta servizio presso le aziende sanitarie: essi rimangono iscritti alla cassa CTPS ed è a quella disciplina (fondamentalmente D.P.R. n. 1092 del 1973) che bisogna fare riferimento. Deduce che un'interpretazione legalmente orientata del complesso normativo che regola le indennità D.M. e piccola D.M. non può indurre a ritenerne la fondamentalità nell'ambito della struttura retributiva indipendentemente dalla qualifica di appartenenza. La indennità ospedaliera può essere considerata parte del trattamento fondamentale solo se è riferita alla qualifica giuridica del comparto Statale, trattandosi di pensione liquidata secondo quella disciplina. Perciò essa può essere considerata una voce fissa e continuativa per i dipendenti dell'Università che hanno in quel comparto la ex IX e X qualifica, poi Dirigente, cui sono connesse le relative funzioni, e ai quali spetta l'indennità equiparativa, per l'esclusività (indennità di esclusività) per la posizione (indennità di posizione) per il risultato ( indennità di risultato): solo nel loro caso, se nella base di calcolo consideriamo le voci retributive fisse e continuative, in base alla qualifica di appartenenza, possiamo individuare anche queste indennità. Lo stesso non sarebbe a dirsi, invece, per chi non possiede la qualifica nel comparto di appartenenza, rispetto al quale la retribuzione fondamentale ai fini del computo del trattamento pensionistico non può essere rapportata a quella della dirigenza. Rileva altresì la difesa dell'istituto previdenziale che, in applicazione di questi principi, l'Inps ha liquidato il trattamento pensionistico come segue: l'Università considera un valore di retribuzioni fisse e continuative di 54103,12, comprensivo di: Stipendio: 20625,54 (valore base soggetto al 18%) IIS: 6545,24 Integrazione ospedaliera: 20637,62 Indennità di posizione variabile: 6294,72; le voci maggiorabili del 18% sommano un valore totale di 57815,72. Aggiunge che la sede si è discostata da questo valore in sede di pagamento della pensione poiché è stata presa in considerazione una retribuzione fissa e continuativa di 27.625,54 e una base maggiorabile del 18% di 20.625,54, per un totale, come indicato nel foglio di calcolo e nella determina, di 31.338,14. Deduce che è stata esclusa la indennità D.M. dalla retribuzione fondamentale, ma non è dato sapere dalla documentazione allegata, quali voci rientrano nella suddetta indennità quantificata in Euro 20.637,62. Richiama sul punto i diversi orientamenti giurisprudenziali maturati presso questa Sezione; contesta, in ogni caso, le quantificazioni (relative al trattamento pensionistico) effettuate posto che ogni riliquidazione dovrà avvenire mediante procedimento amministrativo per il tramite degli applicativi dell'Inps ed anche per questo si oppone alla CTU richiesta da parte ricorrente. III. Con note di trattazione scritte del 23 marzo 2022, parte ricorrente rileva che l'indirizzo minoritario invocato dall'INPS può ormai dirsi superato alla luce della sentenza della locale sezione di Appello n. 156/A/2021 e della recente sentenza n. 967/2021. Pertanto, sostiene che nella materia oggetto del presente procedimento è intervenuto ormai pacifico e consolidato orientamento della Corte adita, la quale ha aderito alla tesi omnicomprensiva della Sezione di Appello che ha dato piena valorizzazione in quota A all'indennità ex art. 31 del D.P.R. n. 761 del 1979. Tutto ciò premesso, la ricorrente insisteva in tutte le domande, difese ed eccezioni spiegate in atti di causa, chiedendo la vittoria di spese, competenze ed onorari del giudizio, secondo il D.M. n. 155 del 2014, come da nota che allegava, alla luce della resistenza avversaria malgrado le conosciute sentenze di appello. Considerato in Motivi della decisione 1. Il ricorso verte sulla valorizzazione ai fini pensionistici della c.d. indennità ospedaliera riconosciuta dall'art. 31 del D.P.R. n. 761 del 1979. Le parti controvertono delle corrette modalità del suo computo nell'ambito del trattamento pensionistico "misto", da liquidarsi ai sensi della L. n. 335 del 1995 alla dipendente universitaria priva di qualifica dirigenziale. La questione è dunque se il differenziale retributivo, corrisposto in maniera fissa e


continuativa, a titolo di equiparazione economica ai sensi della citata disposizione, al dipendente di una Università che presti servizio in un Policlinico Universitario, costituisca emolumento fondamentale e vada, quindi, computato ai fini pensionistici in quota A, a prescindere dalla qualifica posseduta dal soggetto interessato nel comparto d'appartenenza (ossia quello universitario), oppure se esso si configuri come emolumento accessorio, divenuto pensionabile soltanto per effetto della L. n. 335 del 1995, e come tale da valutarsi in quota B. La domanda di parte ricorrente è meritevole di accoglimento nei limiti appresso specificati. 2. Per quanto riguarda la dettagliata ricostruzione del quadro normativo di riferimento si può fare riferimento ai numerosi precedenti in materia di questa Sezione giurisdizionale e segnatamente alle sentenze n. 429 e 430 del 2020, ove ne è stata illustrata l'evoluzione. In particolare, si deve in sintesi premettere che: 2.1. L'art. 4 della L. 25 marzo 1971, n. 213 stabiliva che al personale docente in servizio presso cliniche ed istituti universitari convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, gestiti dalle università, fosse attribuita un'indennità economica tale da equiparare il trattamento economico a quello in godimento del personale ospedaliero di pari funzioni, mansioni ed anzianità (cd. indennità D.M.). La L. 15 maggio 1974, n. 200, art. 1 estese tale indennità al personale non medico (cd. indennità piccola D.M.). Il D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, all' art. 31 stabilì l'erogazione della indennità perequativa per il personale universitario docente. È poi intervenuto l'articolo 6 del D.Lgs. n. 517 del 1999 che ha mutato il sistema di equiparazione del trattamento loro spettante sostituendo di fatto l'articolo 31 del D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761. Il D.I. 9 novembre 1982, recante l'approvazione degli schemi tipo di convenzione tra regione e università e tra università e unità sanitaria locale, stabilì, quindi, che per il personale universitario non medico la corrispondenza con quello in servizio presso le unità sanitarie locali avvenisse secondo le indicazioni contenute nella tabella D allegata al medesimo decreto (art. 7). Tale equiparazione venne poi rimandata ai CCNL che, con la privatizzazione del pubblico impiego, subentrarono nella disciplina del rapporto di lavoro limitatamente ad alcuni aspetti fondamentali quali, tra quelli in questa sede rilevante, gli inquadramenti in qualifiche e livelli, il sistema della retribuzione non tabellare e la declaratoria delle mansioni. L'art. 51, comma 4, del C.C.N.L. 1998-2001 del personale delle Università, nelle more della definizione di una tabella nazionale di equiparazione, conferma l'attribuzione delle indennità di cui all'art. 31 del D.P.R. n. 761 del 1979. Il CCNL 27 gennaio 2005, del comparto del personale delle università per il quadriennio 2002-2005 ed il biennio economico 2002-2003, all'art. 28 (personale che opera presso le A.O.U.), pur non recando una tabella nazionale delle corrispondenze tra le figure professionali del CCNL dell'Università e quelle previste dal CCNL della sanità, ha operato un inquadramento giuridico in fasce A.O.U., dalla IV alla IX, delle categorie economiche e profili professionali riscontrabili nel SSN. L'articolo 28 ha, infatti, previsto che: (comma 1) "a decorrere dall'entrata in vigore del presente CCNL il personale dipendente dalle A.O.U. di cui all'art. 13 del CCNQ per la definizione dei comparti di contrattazione, sottoscritto il 18.12.2002, e il personale dipendente dalle Università così come definito dall'art. 51, comma 1, del CCNL 9.8.2000, è collocato nelle specifiche fasce di cui alla colonna A della successiva tabella "; (comma 6) Sono fatte salve, con il conseguente inserimento nella colonna A della precedente tabella, le posizioni giuridiche ed economiche, comunque conseguite, del personale già in servizio nelle A.O.U. alla data di entrata in vigore del presente CCNL. Per il personale che, anch'esso già in servizio nelle A.O.U. alla data di entrata in vigore del presente CCNL, non trova collocazione nella medesima tabella di cui al comma 2, ivi comprese le EP, sono


fatte salve le posizioni conseguite per effetto delle corrispondenze con le figure del personale del SSN. Dette corrispondenze sono state, poi, aggiornate e modificate dall'art. 64 del CCNL relativo al personale del comparto Università per il quadriennio normativo 2006/2009 e per il biennio economico 2006/2007. 2.2. La giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenza 16 maggio 1997, n. 136) ha ben messo in luce che la peculiarità natura di tale voce: "L'indennità c.d. D.M. prevista dagli art. 4 L. 25 marzo 1971, n. 213, 31 D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 e 102 D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, per i docenti universitari in servizio presso cliniche o istituti convenzionati non ha un contenuto corrispettivo dell'attività assistenziale da loro prestata, oltre quella didattica (tenuto anche conto che non si può parlare di lavoro supplementare o aggiuntivo alla docenza), ma esprime un semplice carattere perequativo, essendo finalizzata soltanto ad equiparare il trattamento economico del personale sanitario docente a quello del personale medico ospedaliero di pari funzioni e anzianità, funzione perequativa, anzi, estesa dal D.P.R. n. 761 del 1979 a tutto il restante personale in servizio presso le cliniche universitarie." La giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 2153/2001), dopo avere richiamato la citata giurisprudenza costituzionale evidenzia: Ne consegue che, come peraltro già rilevato dal Consiglio di Stato in sede consultiva, occorre, in sede di raffronto, tener conto di tutte le voci stipendiali e non che concorrono a costituire il trattamento economico del personale universitario, compresi, quindi, gli assegni non pensionabili (v. il citato parere 1 marzo 1995, n. 233). Anche la giurisprudenza della Corte di Cassazione coglie attentamente tale distinzione laddove afferma che "L'indennità di perequazione spettante al personale universitario non docente in servizio presso strutture sanitarie, riconosciuta dall'art. 1 della L. n. 200 del 1974 per remunerare la prestazione assistenziale resa dal personale universitario non medico nelle cliniche e negli istituti di ricovero e cura convenzionati con gli enti ospedalieri o gestiti direttamente dalle Università, deve essere determinata senza includere automaticamente nel criterio di computo la retribuzione di posizione dei dirigenti del comparto sanità, la quale può essere riconosciuta solo se collegata all'effettivo conferimento di un incarico direttivo" (Cass. SS.UU. n. 9279/2016; in termini cfr. Cass., sez. lavoro, n. 5510/2018, n. 7737/2018 nonché, in precedenza Cass. n. 12908/2013). "In altre parole - come testualmente affermato dalle Sezioni Unite - l'intento perequativo del trattamento economico del personale universitario rispetto a quello del personale sanitario, che costituisce la ratio legis dell'art. 31 e che viene realizzato con la previsione di una indennità (appunto perequativa) che fa riferimento al trattamento complessivo spettante ai dipendenti del SSN e che si applica in modo sostanzialmente automatico trova un limite logico, oltre che giuridico, in quelle componenti del trattamento economico complessivo del personale sanitario che non dipendono direttamente ed esclusivamente dall'inquadramento contrattuale, ma sono erogate in correlazione al conferimento di incarichi come quello dirigenziale". 3. Ciò premesso in ordine alla ricostruzione normativa e alla natura della indennità, sul punto si deve segnalare che, accanto a un primo prevalente indirizzo nella giurisprudenza di questa Sezione che riconosceva la pensionabilità della indennità "piccola D.M." in quota A (senza la maggiorazione del 18%) integralmente e senza discernerne la composizione e le voci che la componevano, salvo l'esclusione dell'eventuale componente riferita alla retribuzione di risultato (cfr. ex multis sentenza n. 579/2019), si è sviluppato un secondo orientamento (sentenze n. 429 e 430 del 2020 e n. 840, 841, 842 del 2020) secondo cui occorre distinguere ai fini della più corretta valorizzazione ai fini pensionistici della "indennità c.d. piccola D.M." i casi in cui quest'ultima includa voci di trattamento stipendiale pertinenti a uno status giuridico dirigenziale avulso dalla qualifica posseduta dal personale universitario, come ad esempio le c.d. "indennità di posizione conglobata" e "di risultato conglobate".


3.1. Le conclusioni cui perviene tal ultimo indirizzo e le argomentazioni da cui muovono possono essere così sintetizzate: -la spendibilità ai fini pensionistici della c.d. "indennità ospedaliera", predicata dalla giurisprudenza costituzionale con riferimento ai professori universitari svolgenti l'incarico di primario ospedaliero (sentenza n. 126/1981), non può intendersi nel senso di una indiscriminata valorizzazione in quota A di tutte le voci che concorrono a determinarla nella sua globalità qualora essa sia goduta da personale universitario privo di qualifica dirigenziale. -Le corrispondenze funzionali disposte da atti pattizi e non di rango primario hanno, invero, valenza esclusivamente per il trattamento economico attribuito in attività lavorative mentre la materia pensionistica è riservata alla legge talché le disposizioni tassative che individuano le voci utili ai fini pensionistici - in primis la nozione da prendere a riferimento a norma dell'art. 43 del D.P.R. n. 1092 del 1973 per i dipendenti del comparto statale - non può essere indiscriminatamente determinata dall'applicazione delle tabelle equiparative del D.I. 9 novembre 1982 e dalle disposizioni dei CCNL che le hanno rinnovate (cfr. l'art. 28 del C.C.N.L. 2002/2005 per il biennio economico 2002/2003 con cui è stata predisposta una tabella unica nazionale, in cui il personale universitario in servizio presso le Aziende O.U. è stato inquadrato per fasce, in rapporto alle categorie professionali ed economiche vigenti nel Servizio Sanitario Nazionale, con la conseguenza che l'indennità in questione viene ad essere erogata sulla base delle corrispondenze ivi specificate, fatte salve, comunque, le posizioni giuridiche ed economiche già conseguite dal personale in servizio alla data d'entrata in vigore del suddetto C.C.N.L; nonché l'art. 83 del C.C.N.L. 2006/2009 per il biennio economico 2006/2007, che ha ribadito che l'indennità di equiparazione ospedaliera fa parte del trattamento economico fondamentale del personale universitario in servizio presso i Policlinici. -Ai fini delle pensionabilità della c.d. indennità "piccola D.M." o "integrazione ospedaliera" attribuita in servizio a dipendenti universitari privi di qualifica dirigenziale, "equiparati" a dirigenti del comparto sanitario, occorre, invece, discernere le diverse voci stipendiali che concorrono a determinarla: è noto che, tra queste, la c.d. "indennità di posizione minima contrattuale" ed una parte dell'indennità di risultato previste nel CCNL dei dirigenti sanitari sono state "conglobate" nello stipendio tabellare dei "dirigenti sanitari" (art. 41 del CCNL dirigenti 2002-2005) e in tale misura può dirsi che, dalla data di vigenza di tale disciplina pattizia, siano diventate componenti fisse e continuative della retribuzione tipica del dirigente ma non anche di quella del dipendente che non possiede tale qualifica. -Non essendo tipiche del trattamento tabellare o fondamentale del personale non dirigenziale, cui il ricorrente appartiene, la circostanza della loro fruizione in costanza di rapporto lavorativo, quale beneficio economico a titolo di "equiparazione" - ossia per mezzo di un istituto a valenza meramente economica e di natura non corrispettiva bensì perequativa (cfr. Corte cost. sentenza 16 maggio 1997, n. 136; Cons. St., sentenza n. sez. VI, n. 2153/2001, Cass. sez. VI, n. 2153/2001) - non può trasformarle in voci valorizzabili ai fini pensionistici in quota A, ancorché di esse se ne predichi il godimento con carattere di fissità e continuità. -Ed invero, il concetto di "stipendio" assunto dall'art. 43 del D.P.R. n. 1092 del 1973 per i dipendenti dello Stato, da un lato prescinde dalla natura fissa e continuativa dell'emolumento (diversamente da quanto previsto per gli enti locali) e, dall'altro, neppure coincide con la nozione allargata di "retribuzione" che viene recepita negli accordi contrattuali (cfr., ex multis, Corte dei Conti Sez. I App., n. 408/2007). -Inoltre è principio consolidato che la fissità e continuità va riferita alla qualifica posseduta dal dipendente che la percepisce, tanto è vero che anche lo svolgimento pieno ed effettivo di funzioni provvisorie dirigenziali dà, sì, diritto ad un trattamento economico più elevato di quello proprio della qualifica di appartenenza, ma, pur possedendo i caratteri della fissità e continuità, mai potrebbe dare titolo a un inquadramento giuridico automatico nel ruolo


dirigenziale e, in ogni caso, alla possibilità di valorizzarlo in quota A ai fini pensionistici (cfr. ex multis Corte dei conti, II sez. App., sent. n. 512/2019). 3.2. Di contro, il diverso indirizzo giurisprudenziale maggioritario di questa Sezione (cfr., ex multis, sentenza n. 578/2019), poi consolidatosi anche presso la locale Sezione di Appello (cfr. ex plurimis, le sentenze della locale sezione di Appello nn. 5, 6, 15, 16, 35 nonché più di recente le sentenze n. 111/A, 116/A, 119/A e 155/A, 156/A, 188/A e 203/A del 2021), ritiene che una volta introdotta, nell'ambito del sistema retributivo di computo della pensione, da parte dell'art. 13 del D.Lgs. n. 503 del 1992, la distinzione tra quota A e quota B, l'indennità di cui all'art. 31 del D.P.R. n. 761 del 1979, che era già pensionabile per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 126/1981, non poteva che continuare ad essere inserita nella quota A (senza la maggiorazione del 18%) , e che a tal riguardo rilevano le corrispondenze funzionali disposte dagli atti pattizi, a prescindere dalla qualifica dirigenziale del personale beneficiato. 3.3. Orbene, ferma restando la riferita ricostruzione normativa e dogmatica dell'istituto (di cui al superiore punto 2) e le descritte peculiarità in ordine alla natura giuridica dell'indennità "piccola D.M.", ritiene questo Giudice di aderire a quest'ultimo indirizzo giurisprudenziale come recentemente riaffermato dalla locale Sezione di Appello (sentenze n. 111, 116 e 119 del 2021 e n. 156/A/2021 cui si rinvia ex art. 17 dell'all. 2 al D.Lgs. n. 174 del 2016). Secondo tali pronunce, invero, pur muovendo dalle medesime premesse normative e dal riconoscimento della funzione perequativa dell'indennità sopra riferite, appare dirimente considerare che le finalità di equiparazione risulta perseguita non già mediante il collegamento del relativo trattamento economico alla qualifica ed alla carriera di ciascun dipendente nell'ambito dell'Amministrazione di formale appartenenza (Università) bensì sulla base delle risultanze di un analitico raffronto tra le mansioni concretamente svolte nella struttura sanitaria, nonché la circostanza che tale indennità, erogata in maniera fissa e continuativa, è stata dichiarata pensionabile dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.126/1981, ossia quand'era ancora in vigore, per la liquidazione delle pensioni, esclusivamente il sistema "retributivo puro", che non prevedeva alcuna distinzione in quote (Sez. App. per la Regione siciliana n. 111/2021, cit.), talché essa andava necessariamente inserita, sin dall'origine, tra gli emolumenti pensionabili, senza, tuttavia, assoggettamento alla maggiorazione del 18%, di cui all'art. 43 del D.P.R. n. 1092 del 1973 (non essendovi alcuna specifica norma in proposito), in favore di tutti i dipendenti universitari assegnati a prestare servizio presso i Policlinici, e ciò a prescindere dalla qualifica da essi giuridicamente posseduta nell'ambito dell'Università, dovendosi, infatti, tener conto delle mansioni effettivamente svolte nella struttura ospedaliera, in quanto classificate come equipollenti a quelle espletate dai dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale. 4. Nel caso di specie è pacifico che la ricorrente era una funzionaria amministrativa, già inquadrata in VIII qualifica universitaria, e quindi, in categoria (...) del nuovo sistema di classificazione del personale, equiparato, ai soli fini economici, al nono livello sanitario (poi dirigente sanitario non medico di I livello) secondo le tabelle di equiparazione di cui al D.I. 9 novembre 1982; equiparazione, quest'ultima, rilevante ex art. 31, c.4, del D.P.R. n. 761 del 1979 ai fini della corresponsione dell'indennità equiparativa, mentre non rileva la sopravvenuta perdita di efficacia del citato decreto interministeriale atteso che la contrattazione collettiva successivamente intervenuta ha avuto l'effetto di comportare l'adeguamento della suddetta indennità di perequazione (cfr. Cass. sez. lavoro n. 13382/2015). La domanda del ricorrente può, pertanto, essere accolta, sulla scorta dei fatti costitutivi e del titolo giuridico invocato dalla stessa (violazione dell'art. 31 del D.P.R. n. 761 del 1979), relativamente all'applicazione della indennità ospedaliera in questione (c.d. piccola D.M.) e non anche in relazione al più ampio petitum concernente l'applicazione tout court della retribuzione del dirigente amministrativo ex area III, ruolo sanità.


5. Alla luce del condiviso indirizzo giurisprudenziale sopra richiamato e delle considerazioni da ultimo svolte, si ritiene, pertanto, di dover accogliere parzialmente le domande di parte ricorrente stabilendo che la pensione annua lorda deve essere individuata includendo l'indennità ex art. 31 D.P.R. n. 761 del 1979 nella quota A senza, però, essere assoggettata alla maggiorazione del 18% ex art. 43 D.P.R. n. 1092 del 1973, e con esclusione dell'eventuale componente di essa riferita alla retribuzione di risultato. Ne consegue la condanna di INPS a riliquidare la pensione spettante alla ricorrente avuto riguardo ai riferiti criteri e, per l'effetto, a pagare alla ricorrente tutte le differenze sui ratei arretrati, maggiorati degli interessi legali e, soltanto per l'ipotesi e per i periodi in cui l'indice di svalutazione dovesse essere superiore, anche della rivalutazione monetaria ai sensi dell'art. 167, co. 3, c.g.c. Il tutto a far data dal pensionamento. Rimane assorbita ogni altra domanda e/o questione. 6. Quanto alle spese di lite, data la peculiarità e complessità della controversia ed il richiamato contrasto giurisprudenziale si ritiene di compensare integralmente le stesse tra le parti ex art. 31, c.3. c.g.c. (in tal senso cfr. anche la più recente giurisprudenza della locale Sezione di Appello già richiamata per il merito della controversia). P.Q.M. La Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana - in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, sul ricorso iscritto al numero di R.G. 67684: - accoglie parzialmente il ricorso e, per l'effetto, dichiara il diritto della ricorrente alla riliquidazione della pensione in godimento con il computo, senza la maggiorazione del 18% ex art. 43 D.P.R. n. 1092 del 1973, dell' indennità ex art. 31 D.P.R. n. 761 del 1979 nella quota A calcolata con il sistema retributivo, con esclusione dell'eventuale componente di essa riferita alla retribuzione di risultato; - condanna l'INPS alla corresponsione del trattamento pensionistico così come riliquidato nonché al pagamento delle differenze dei ratei arretrati, che vanno maggiorati degli interessi nella misura legale e della rivalutazione monetaria ex art. 167, co. 3, c.g.c. e art. 21, co. 2, disp. att. c.g.c., con decorrenza dalla data di scadenza di ciascun rateo e sino al pagamento; - compensa integralmente le spese di lite. Manda alla Segreteria per gli adempimenti conseguenti. Così deciso nella camera di consiglio del 30 marzo 2021. Depositata in Cancelleria il 6 aprile 2022.


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