Consiglio di Stato 2021- ottenere l'annullamento del collocamento in congedo e la riammissione in s

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ottenere l'annullamento del collocamento in congedo e la riammissione in servizio, con conseguente ricostruzione della posizione di carriera economica e giuridica Cons. Stato Sez. II, Sent., (ud. 27/04/2021) 05-05-2021, n. 3493 Consiglio di Stato 2021-

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 5564 del 2019, proposto dal sig.-OMISSIS-, rappresentato e difeso. contro Ministero della Difesa e Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, ex lege rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato e domiciliati presso gli Uffici della stessa, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12 per l'annullamento e/o la riforma, previo provvedimento cautelare, della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per OMISSIS-, resa tra le parti, con cui è stato respinto il ricorso OMISSIS-, proposto dal -OMISSIS- per ottenere l'annullamento del provvedimento del Ministero della Difesa del -OMISSIS- di collocamento in congedo e la riammissione in servizio, con conseguente ricostruzione della posizione di carriera economica e giuridica. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Vista l'istanza di sospensione dell'esecutività della sentenza del T.A.R. -OMISSIS-, presentata in via incidentale dall'appellante; Vista l'ordinanza della Sezione IV -OMISSIS-, con cui è stata respinta l'ora vista istanza cautelare; Vista l'istanza ex art. 71-bis del D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (c.p.a.) presentata dall'appellante;


Visto il decreto presidenziale n. -OMISSIS-, con cui, in accoglimento dell'istanza ora citata, è stata fissata la camera di consiglio del 27 aprile 2021; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri; Vista la documentazione depositata dalla difesa erariale; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'art. 25 del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con L. 18 dicembre 2020, n. 176; Visto l'art. 4 del D.L. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con L. 25 giugno 2020, n. 70; Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2021 il Cons. Pietro De Berardinis e udito per l'appellante l'avv. Giulio Marabini, in collegamento da remoto in videoconferenza; Visti gli artt. 71, comma 2, 71-bis e 74 c.p.a. Svolgimento del processo - Motivi della decisione Considerato: - che con l'appello indicato in epigrafe il OMISSIS OMISSIS dei Carabinieri in congedo -OMISSIS- ha impugnato la sentenza del T.A.R. -OMISSIS-, chiedendone la riforma previa tutela cautelare; - che la sentenza appellata ha respinto il ricorso proposto dal OMISSIS- per ottenere l'annullamento del decreto del Ministero della Difesa che ha disposto il suo collocamento a riposo a far data dal 5 aprile 2019, senza consentirgli di restare in servizio fino all'agosto del 2023 (come da lui richiesto), nonché per ottenere la riammissione in servizio e la ricostruzione della sua posizione di carriera, economica e giuridica; - che l'appellante, OMISSIS dei Carabinieri, espone in fatto di essere stato inquisito penalmente, condannato in primo grado e poi assolto in secondo grado "per non aver commesso il fatto". Fu quindi riammesso in servizio da un decreto del Ministero della Difesa del -OMISSIS-, con il "recupero" del periodo di sospensione subito (e di servizio non prestato), perciò con possibilità di prolungare il servizio fino al 17 agosto 2023, salvo il compimento dell'età prevista per il collocamento a riposo per raggiungimento del limite anagrafico (65 anni); - che avendo egli raggiunto il suddetto limite anagrafico nell'aprile del 2019 (è, infatti, nato in data OMISSIS OMISSIS), con il decreto


impugnato innanzi al T.A.R., datato -OMISSIS-, il Ministero della Difesa, lo ha collocato in congedo assoluto dal 5 aprile 2019; - che in data 18 settembre 2018 egli formalizzava istanza di permanenza in servizio sino al 17 agosto 2023, ma che a detta istanza il Ministero rispondeva negativamente con nota del 10 gennaio 2019, da lui conosciuta, per la via gerarchica, il 26 gennaio 2019; - che la richiesta di permanenza in servizio è stata avanzata dal ricorrente ai sensi dell'art. 2, comma 32, del D.L. n. 225 del 2010 (conv. con L. n. 10 del 2011), il quale ha stabilito che il militare sospeso perché ingiustamente sottoposto a procedimento penale, può rimanere in servizio anche dopo aver raggiunto il limite d'età, fino a un massimo di cinque anni. In proposito l'appellante sottolinea che il periodo supplementare da lui richiesto, dal OMISSIS 2019 (data di raggiungimento dell'età di 65 anni) al 17 agosto 2023 (data che si ottiene aggiungendo il periodo di servizio non prestato per la sospensione), è inferiore al suddetto periodo massimo di servizio in più di cinque anni; Considerato, inoltre: - che il Tribunale Amministrativo, adito dal -OMISSIS-, ne ha respinto il ricorso con la sentenza oggetto di gravame, osservando come, in base alla disciplina transitoria dettata dal D.L. n. 225 del 2010, per i casi (quale quello del ricorrente) in cui il proscioglimento in sede penale sia intervenuto in epoca anteriore all'entrata in vigore della legge di conversione (L. n. 10 del 2011) del predetto decreto legge, la domanda del militare volta a fruire del beneficio di cui all'art. 2, comma 4, del D.L. n. 66 del 2004, come modificato dall'art. 2, comma 32, del d.l. n. 225 cit. (prolungamento del servizio oltre i limiti di età e fino ad un massimo di cinque anni) avrebbe dovuto essere presentata nel termine di novanta giorni dalla data di entrata in vigore della citata legge di conversione. Pertanto, essendo la L. n. 10 del 2011 entrata in vigore il 27 febbraio 2011, il ricorrente - evidenzia il T.A.R. - avrebbe dovuto presentare la propria istanza entro novanta giorni a decorrere dalla suddetta data del 27 febbraio 2011, mentre egli stesso riferisce di averla presentata il 18 settembre 2018, quindi tardivamente; - che il primo giudice ha inoltre respinto le censure di illegittimità costituzionale della normativa ora riferita, poiché l'impossibilità per l'interessato di andare in pensione il 17 agosto 2023 è dipesa dal


ritardo nella presentazione della domanda di permanenza in servizio, che è da addebitare al medesimo ricorrente, e non dipende dalle scelte del Legislatore; - che nell'atto di appello il OMISSIS OMISSIS -OMISSIS- deduce i motivi di: 1) error in iudicando: erroneità della sentenza per carenza ed intrinseca illogicità della motivazione, violazione del combinato disposto dell'art. 3, comma 57, della L. 24 dicembre 2003, n. 350, per come modificato dall'art. 2, comma 4, del D.L. 16 marzo 2004, n. 66, conv. con L. n. 126 del 2004, e dell'art. 2, comma 32, del D.L. n. 225 del 2010, conv, con L. n. 10 del 2011, entrata in vigore il 27 febbraio 2011, nonché travisamento dei fatti e difetto di istruttoria; 2) violazione di legge in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, 97 e 111, Cost., all'art. 2, comma 32, del D.L. n. 225 del 2010, conv. con. L. n. 10 del 2011, nella parte in cui riferisce che "il termine di cui all'articolo 2, comma 1, del citato D.L. 16 marzo 2004, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 maggio 2004, n. 126, decorre dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.", in quanto omette di considerare i diritti quesiti dei dipendenti pubblici che in tale data avevano già presentato istanza ex art. 3, comma 57, della L. n. 350 del 2003, così discriminando irragionevolmente nell'ambito di una medesima species (dipendenti dello Stato) una sottocategoria di essa (il "personale delle Forze Armate e di Polizia a ordinamento militare"); - che, in estrema sintesi, con il primo motivo di gravame l'appellante, oltre a contestare nel merito l'iter argomentativo seguito dal primo giudice e ad invocare i propri "diritti quesiti", lamentando la disparità di trattamento rispetto ad altre categorie di dipendenti pubblici, sostiene che, in realtà, egli avrebbe presentato in epoca anteriore all'istanza del 18 settembre 2018, ritenuta tardiva dal T.A.R., non una, ma ben quattro istanze di permanenza in servizio. Tali istanze, tre delle quali anteriori al D.L. n. 225 del 2010, rileverebbero senz'altro ai fini del beneficio per cui è causa, di tal ché non vi sarebbe ragione per sostenere che egli, dopo l'entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto legge, dovesse presentare nuovamente richiesta di prolungamento del servizio; - che l'appellante ha precisato come alla produzione per la prima volta nel giudizio di appello delle istanze in discorso non possa ostare il divieto dei nova di cui all'art. 104, comma 2, c.p.a., poiché


nel caso di specie sussisterebbero i presupposti, in presenza dei quali lo stesso art. 104, comma 2, c.p.a. consente di derogare al predetto divieto; - che attraverso il secondo motivo di gravame il -OMISSIS- ha lamentato un secondo profilo di (asserita) illegittimità costituzionale della normativa di riferimento - oltre a quello di disparità di trattamento, dedotto con il primo motivo - per non avere il Legislatore previsto un onere (rectius: obbligo) a carico dell'Amministrazione di informare il personale militare che, alla data di entrata in vigore del D.L. n. 225 del 2010, già aveva presentato domanda, della facoltà di chiedere il prolungamento del servizio, con decorso del termine di presentazione dell'istanza dal giorno dell'informativa; Considerato, ancora: - che l'istanza di sospensione dell'esecutività della sentenza appellata è stata respinta con ordinanza della Quarta Sezione OMISSIS-; - che l'appellante ha presentato istanza ex art. 71-bis c.p.a. di fissazione di camera di consiglio per l'eventuale definizione del giudizio con sentenza cd. in forma semplificata; - che l'istanza è stata accolta con decreto presidenziale n. OMISSIS-, il quale ha fissato all'uopo la camera di consiglio del 27 aprile 2021; - che si sono costituiti in giudizio il Ministero della Difesa ed il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, depositando la relazione sui fatti di causa già prodotta in primo grado e resistendo alle censure di controparte; - che all'esito della camera di consiglio del 27 aprile 2021 - tenutasi in collegamento da remoto in videoconferenza ai sensi dell'art. 25 del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. con l. 18 dicembre 2020, n. 176 - dopo sintetica discussione da remoto da parte del difensore dell'appellante, la causa è stata trattenuta in decisione; Ritenuta la sussistenza degli estremi per definire il giudizio con sentenza cd. semplificata, ai sensi degli art. 71, comma 2, 71-bis e 74 c.p.a., essendo stata accertata la completezza del contraddittorio e dell'istruttoria e dopo aver sentito la parte "comparsa"; Ritenuto, in particolare, che l'appello sia infondato e da respingere;


Considerato, infatti, relativamente al primo motivo: - che l'art. 2, comma 32, del D.L. 29 dicembre 2010, n. 225 (conv. con L. 26 febbraio 2011, n. 10), così dispone: "Per i provvedimenti di proscioglimento di cui all'articolo 3, commi 57 e 57-bis, della L. 24 dicembre 2003, n. 350, pronunciati in data antecedente a quella di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il termine di cui all'articolo 2, comma 1, del citato D.L. 16 marzo 2004, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 maggio 2004, n. 126, decorre dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Dall'applicazione delle norme dei commi da 30 al presente comma, primo periodo, del presente articolo non può derivare una permanenza in servizio superiore di oltre cinque anni ai limiti massimi previsti dai rispettivi ordinamenti"; - che a loro volta i commi 57 e 57-bis dell'art. 3 della l. 24 dicembre 2003 n. 350 così recitano: "57. Il pubblico dipendente che sia stato sospeso dal servizio o dalla funzione e, comunque, dall'impiego o abbia chiesto di essere collocato anticipatamente in quiescenza a seguito di un procedimento penale conclusosi con sentenza definitiva di proscioglimento perché il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso o se il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero con decreto di archiviazione per infondatezza della notizia di reato, anche se pronunciati dopo la cessazione dal servizio, anche se già collocato in quiescenza alla data di entrata in vigore della presente legge, ha il diritto di ottenere, su propria richiesta, dall'amministrazione di appartenenza il prolungamento o il ripristino del rapporto di impiego, anche oltre i limiti di età previsti dalla legge, comprese eventuali proroghe, per un periodo pari a quello della durata complessiva della sospensione ingiustamente subita e del periodo di servizio non espletato per l'anticipato collocamento in quiescenza, cumulati tra loro, anche in deroga ad eventuali divieti di riassunzione previsti dal proprio ordinamento, con il medesimo trattamento giuridico ed economico a cui avrebbe avuto diritto in assenza della sospensione. Alle sentenze di proscioglimento di cui al presente comma sono equiparati i provvedimenti che dichiarano non doversi procedere per una causa estintiva del reato pronunciati dopo una sentenza di assoluzione del dipendente imputato perché il fatto non sussiste o perché non lo ha commesso o se il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato. (…...)


57-bis. Ove il procedimento penale di cui al comma 57, ricorrendo ogni altra condizione ivi indicata, si sia concluso con provvedimento di proscioglimento diverso da decreto di archiviazione per infondatezza della notizia di reato o sentenza di proscioglimento perché il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso, o se il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato anche pronunciati dopo la cessazione dal servizio, l'amministrazione di appartenenza ha facoltà, a domanda dell'interessato, di prolungare e ripristinare il rapporto di impiego per un periodo di durata pari a quella della sospensione e del servizio non prestato, secondo le modalità indicate nel comma 57, purché non risultino elementi di responsabilità disciplinare o contabile all'esito di specifica valutazione che le amministrazioni competenti compiono entro dodici mesi dalla presentazione dell'istanza di riammissione in servizio"; - che, da ultimo, l'art. 2, comma 1, del D.L. 16 marzo 2004, n. 66, conv. con L. 11 maggio 2004, n. 126, stabilisce al primo periodo che: "Le domande di cui all'articolo 3, commi 57 e 57-bis, della L. 24 dicembre 2003, n. 350, sono presentate, a pena di decadenza, entro novanta giorni dalla data della sentenza definitiva di proscioglimento o del decreto di archiviazione per infondatezza della notizia di reato, all'amministrazione di appartenenza"; - che dalla lettura delle disposizioni normative ora riferite emerge indubbiamente come il OMISSIS OMISSIS -OMISSIS-, al fine di godere del beneficio del prolungamento del rapporto d'impiego oltre il limite di età previsto dalla legge, stabilito dall'art. 3, comma 57, della L. n. 350 del 2003, fino al limite massimo di n. 5 anni introdotto dall'art. 2, comma 32, del D.L. n. 225 del 2010, avrebbe dovuto presentare istanza alla propria Amministrazione d'appartenenza nel termine di novanta giorni decorrente, ai sensi del citato art. 2, comma 32, dall'entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 225 del 2010. Quest'ultima (L. n. 10 del 2011) è entrata in vigore - secondo quanto recita l'art. 1, comma 2, della stessa - il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U., avvenuta il 26 febbraio 2011 e, dunque, il 27 febbraio 2011, cosicché l'istanza relativa al beneficio di che trattasi avrebbe dovuto essere presentata dall'appellante nel termine di novanta giorni dal 27 febbraio 2011: termine che l'art. 2, comma 1, del D.L. n. 66 del 2004 qualifica espressamente come decadenziale;


- che, pertanto, la presentazione della domanda da parte del OMISSIS OMISSIS -OMISSIS- in data 18 settembre 2018 è irrimediabilmente tardiva rispetto al termine decadenziale di legge, come già rilevato in sede cautelare dalla Quarta Sezione; - che a nulla vale opporre in questa sede le istanze presentate in epoca anteriore dal militare, le quali, in disparte la questione della tempestività della loro produzione in giudizio, non contengono elementi in grado di supportare le pretese dell'appellante; - che, in particolare, le istanze dell'11 febbraio, 23 marzo e 19 ottobre 2004 (all.ti 8, 9 e 10 all'appello) sono tutte anteriori al decreto del Ministero della Difesa n. -OMISSIS-del -OMISSIS-, con cui è stata disposta la riammissione del militare in servizio, il quale già recava in sé, all'art. 2, la limitazione del beneficio della permanenza in servizio (con "recupero" del periodo di sospensione) al compimento, da parte del militare stesso, dell'età prevista per il collocamento in congedo assoluto. Detto decreto (all. 7 all'appello) è rimasto inoppugnato, non avendo, a quanto risulta, giammai formato oggetto di impugnativa, sicché è preclusa in questa sede ogni contestazione della regolamentazione del rapporto d'impiego dallo stesso dettata; - che per quanto riguarda, poi, l'istanza presentata il 5 dicembre 2013 dal militare (all. 11 all'appello), essa, sebbene posteriore al D.L. n. 225 del 2010, risulta largamente tardiva rispetto al termine di decadenza previsto dal più volte citato art. 2, comma 32; - che, ancora, all'istanza del 18 settembre 2018 il Ministero ha fornito, per esplicita ammissione del -OMISSIS-, riscontro negativo, da ultimo con nota del 10 gennaio 2019 da lui conosciuta il successivo 26 gennaio, senza, però, che egli si sia gravato contro siffatto diniego (tanto che la nota in questione non è stata impugnata nel ricorso di primo grado); - che, infine, è infondata la censura di disparità di trattamento, in quanto l'assegnazione di un termine di novanta giorni per la presentazione dell'istanza volta all'ottenimento del beneficio per cui è causa deve reputarsi senz'altro congrua; - che, quindi, le doglianze dedotte con il primo motivo d'appello sono nel loro complesso destituite di fondamento; Considerato, relativamente al secondo motivo dell'appello: - che non è condivisibile la doglianza incentrata sulla mancata previsione normativa di un obbligo a carico della P.A. di avvisare il


dipendente della possibilità di avvalersi del beneficio di cui all'art. 2, comma 32, D.L. n. 225 del 2010 nei termini ivi fissati, trattandosi di una scelta rimessa alla discrezionalità del Legislatore. Tale scelta non può essere tacciata d'irragionevolezza, alla luce del noto brocardo - menzionato dallo stesso appellante - per cui "ignorantia legis non excusat"; - che, dunque, va confermato il giudizio espresso dalla sentenza appellata, per il quale l'impossibilità per il militare di godere del beneficio di che trattasi è ascrivibile esclusivamente al ritardo in cui egli è incorso nella presentazione della relativa istanza: ciò, sia che si consideri l'istanza del 2018, sia che si tenga conto, invece, di quella del 2013; - che, per l'effetto, anche il secondo motivo è nel suo complesso infondato; Ritenuto, in conclusione, di dover respingere l'appello per la sua integrale infondatezza, meritando la sentenza impugnata di essere confermata; Ritenuto, da ultimo, di dover compensare le spese del giudizio di appello, in virtù della particolarità delle questioni trattate; P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sezione Seconda (II^), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Compensa le spese. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, ed all'art. 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti e della dignità dell'interessata, manda alla Segreteria di procedere ad oscurare le generalità, nonché qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l'appellante. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2021, tenutasi, ai sensi dell'art. 25 del D.L. n. 137 del 2020, conv. con L. n. 176 del 2020, tramite collegamento da remoto in videoconferenza, con l'intervento dei magistrati Giulio Castriota Scanderbeg, Presidente Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere Italo Volpe, Consigliere


Francesco Frigida, Consigliere Pietro De Berardinis, Consigliere, Estensore


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