Corte dei Conti 2021- cagionato, con dolo, un danno all'immagine della Guardia di Finanza per l'importo quantificato, in via equitativa, in Euro 10.000,00. Corte dei Conti Puglia (ud. 27-05-2021) 17-06-2021, n. 574 . REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA PUGLIA composta dai seguenti magistrati: Romanelli Francesco Paolo - Presidente Daddabbo Pasquale - Consigliere relatore De Corato Rossana - Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 36397 del registro di Segreteria, promosso dalla Procura regionale presso la Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la Puglia nei confronti del ………….. Visto l'atto di citazione depositato in data 12 novembre 2020 presso la Segreteria di questa Sezione Giurisdizionale. Esaminati gli atti ed i documenti tutti della causa. Uditi, nella pubblica udienza del 27 maggio 2021 - relatore il consigliere Pasquale Daddabbo e segretario del collegio il dott. Francesco Gisotti - il Pubblico Ministero nella persona del Vice Procuratore Generale, dott. Cosmo Sciancalepore e l'avv. Luigi Doria per il convenuto. Svolgimento del processo Con atto di citazione depositato in data 12 novembre 2020, la Procura regionale ha agito in giudizio nei confronti del sig. ................... - in qualità di appuntato scelto della Guardia di Finanza - per sentirlo condannare al pagamento, in favore del Ministero dell'Economia e delle Finanze, della somma di Euro. 10.000,00, oltre interessi, rivalutazione monetaria e spese di giudizio.
Ha esposto il requirente che il sig. ................... è stato condannato dal Tribunale Militare di Napoli con sentenza n.46 del 18 dicembre 2013 - confermata in appello e divenuta irrevocabile in data 25 gennaio 2016 a seguito del rigetto del ricorso per cassazione - per il reato di collusione continuata aggravata (art.3 della L. n. 1383 del 1941), per aver esposto e detenuto per la vendita (insieme ad alcuni familiari), in un appartamento ubicato in ................... ..................., un ingente quantitativo di capi ed accessori di abbigliamento di illecita provenienza e con marchi contraffatti. La Procura regionale ha allegato che tale vicenda penale era stata riportata dai mezzi di informazione e che pertanto ha notificato apposito invito a dedurre al sig. ................... contestandogli di aver cagionato, con dolo, un danno all'immagine della Guardia di Finanza per l'importo quantificato, in via equitativa, in Euro 10.000,00. Le deduzioni presentate dall'intimato non sono state ritenute sufficienti a superare i motivi di addebito ed il requirente, dopo aver configurato il danno all'immagine quale lesione del rapporto di fiducia che deve sussistere tra i cittadini e l'istituzione pubblica danneggiata, ha sostenuto che tale tipo di danno, dopo l'entrata in vigore del Codice di giustizia contabile, secondo la prevalente giurisprudenza contabile può essere perseguito quando è intervenuta una sentenza penale definitiva di condanna, senza la pregressa limitazione del riferimento della condanna ai soli reati contro la pubblica amministrazione ed ha richiamato anche la giurisprudenza della Cassazione penale che si è pronunciata nel senso della risarcibilità del danno all'immagine della PA anche in caso di commissione di reati comuni. Il requirente ha poi illustrato gli elementi ed i caratteri del reato di collusione del militare della Guardia di Finanza previsto dall'art. 3 della L. n. 1383 del 1941 rappresentando che esso è volto a tutelare il prestigio di un organo militare e, tramite esso, della personalità finanziaria dello Stato ex art.53 della Costituzione e che la lesione si realizza ogni volta che un organo dello Stato, specificamente deputato ad assicurare, attraverso la repressione di qualsiasi frode fiscale, la realizzazione del primario interesse dello stesso Stato alla normalità dell'afflusso delle risorse finanziarie
indispensabili per la sua stessa esistenza, pone in essere atti volti a frodare la finanza. La Procura ha evidenziato che la sussistenza delle condizioni per l'esercizio dell'azione di responsabilità per danno all'immagine nel caso di sentenza irrevocabile di condanna per il reato militare di collusione è stata riconosciuta dalla richiamata giurisprudenza contabile anche dopo la sentenza della Corte costituzionale n.191/2019 che ha solo dichiarato l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale sollevata. Nel confutare, poi, le altre deduzioni difensive svolte dall'intimato in sede pre processuale, il requirente, tenendo conto dei parametri di quantificazione del danno all'immagine identificati dalla giurisprudenza contabile e considerato quanto definitivamente accertato in sede penale, la diffusione della notizia tuttora reperibile sul web a distanza di anni in più siti e la circostanza che lo ................... era appuntato scelto della Guardia di Finanza, Corpo militare di Polizia dipendente dal Ministero dell'Economia e delle Finanze con specifica competenza anche in materia fiscale e di lotta alla contraffazione, ha ritenuto equo quantificare il danno all'immagine della Guardia di Finanza cagionato dal convenuto nella misura di Euro 10.000,00 (diecimila/00), oltre accessori di legge. Ha contestato a costui una condotta dolosa per essere stata accertata pure in sede penale l'intenzionalità del comportamento produttivo dell'evento lesivo, ed ha formulato la richiesta risarcitoria innanzi riportata. Il convenuto si è costituito in giudizio con il patrocinio dell'avv. Luigi D'Oria che ha depositato la relativa memoria in data 29 aprile 2021. Preliminarmente il difensore, evidenziando che i fatti addebitati risalgono al mese di aprile 2009, ha sostenuto che in merito alla prescrizione non si applicherebbe quanto previsto né dal D.L. n. 78 del 01 luglio 2009 né dal codice di giustizia contabile, essendo entrambe le normative successive ai fatti, ma troverebbe applicazione il termine di cinque anni decorrente, ai sensi dell'art. 1 comma 1 septies n. 2 della L. 14 gennaio 1994, n. 20, dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso, ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta. Di conseguenza ha eccepito la già intervenuta prescrizione del danno evidenziando che
anche a voler considerare l'ipotesi di occultamento del danno la Procura era a conoscenza del procedimento penale sin dal 2011. Nel merito la difesa, riportando pedissequamente il contenuto della sentenza n. 35447 del 21.10.2020 della Se................... II^ penale della Corte di cassazione, ha sostenuto l'infondatezza della richiesta di risarcimento del danno all'immagine perché riguardante una ipotesi di reato estranea al novero di quelle espressamente contemplate dal combinato disposto di cui al D.L. n. 78 del 2009, art. 17, comma 30ter, e della L. 27 marzo 2001, n. 97, art. 7. In via subordinata il difensore del convenuto osservando che il danno all'immagine, inteso come "danno conseguenza", non sussiste "in re ipsa" e che lo stesso andrebbe dimostrato attraverso presunzioni gravi, precise e concordati circa la diffusione dello scritto, la rilevanza dell'offesa e la posizione sociale della vittima, ha sostenuto la mancanza di prova dello stesso disconoscendo, a tal uopo, le stampe delle pagine web prodotte in giudizio dal requirente. All'udienza del 27 maggio 2021 il pubblico ministero ha contestato l'eccezione di prescrizione e confermato le argomentazioni e conclusioni contenute nell'atto di citazione sostenendo l'assoluta infondatezza del disconoscimento sostenuto dal difensore del convenuto; costui ha specificato che intendeva contestare l'esistenza giuridica delle notizie riguardanti la vicenda penale riportate nelle stampe delle pagine web depositate dal requirente. Il giudizio, all'esito della discussione, è stato trattenuto per la decisione. Motivi della decisione Il presente giudizio riguarda la richiesta risarcitoria per il danno all'immagine che il convenuto avrebbe provocato a seguito della commissione del reato di collusione per il quale risulta condannato dal giudice penale militare con sentenza irrevocabile. Il reato di collusione è previsto dall'art. 3 della L. 9 dicembre 1941, n. 1383, a mente del quale soggiace alle pene stabilite dagli articoli 215 e 219 del Codice penale militare di pace il militare della Regia guardia di finanza che commette una violazione delle leggi finanziarie, costituente delitto, o collude con estranei per frodare la finanza. La Procura regionale ha dedotto che anche dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 191/2019 la giurisprudenza della Corte dei
conti ha ritenuto sussistenti le condizioni per l'esercizio dell'azione di risarcimento per il danno all'immagine in ipotesi di condanna penale per il reato di collusione. Le due sentenze richiamate nell'atto di citazione (Se................... giur. Liguria, 10 dicembre 2019, n.204; Se................... giur. EmiliaRomagna, 20 gennaio 2020, n.5) che hanno ritenuto proponibile la richiesta risarcitoria per danno all'immagine derivante dalla commissione del reato di collusione di militare della Guardia di Finanza si fondano su argomentazioni diverse. La Sezione Emilia-Romagna ha ritenuto possibile promuovere l'azione risarcitoria per danno all'immagine anche per reati diversi da quelli previsti dall'abrogato art. 7 della L. n. 97 del 2001 ritenendo che le condizioni di proponibilità dell'azione del danno all'immagine devono ora evincersi dall'art.1, comma 1sexies, della L. n. 20 del 1994, introdotto dalla L. n. 190 del 2012, che fa espressamente riferimento alla "commissione di un reato contro la stessa pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato". La Sezione Liguria ha ritenuto sussistenti le condizioni per l'esercizio dell'azione di responsabilità per danno all'immagine, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 17, comma 30 ter, del D.L. n. 78 del 2009 e art. 51, comma 7, dei c.g.c., trattandosi di delitto commesso ai danni della P.A.. Tale Sezione ha sostenuto che: - con l'art. 17, c. 30 ter, del D.L. 1 luglio 2009, n. 78,convertito dalla L. 3 agosto 2009, n. 102, come modificato dall'art. 1, c. 1, lett. c), n. 1), del D.L. 3 agosto 2009, n. 103, convertito dalla L. 3 ottobre 2009, n. 141, il legislatore ha circoscritto per le procure regionali della Corte dei conti l'ambito della tutela della lesione del diritto all'immagine della P.A. ai soli casi e modi di cui all'art. 7 della L. n. 97 del 2000, e cioè, alle sole ipotesi di condanna irrevocabile del pubblico dipendente per uno dei delitti commessi dai pubblici ufficiali contro la P.A., di cui al capo I del titolo II del libro secondo del codice penale; - il codice di giustizia contabile con l'art. 51 ha ridefinito i presupposti dell'azione del danno all'immagine della pubblica amministrazione; - il codice contabile, all'art. 4, letto h), dell'allegato 3 (norme transitorie e abrogazioni), ha abrogato, a decorrere dalla sua
entrata in vigore, il primo periodo dell'art. 17, co. 30 ter, del predetto D.L. n. 78 del 2009, lasciando però in vita il secondo periodo, il quale limita la proponibilità dell'azione per il risarcimento del danno all'immagine ai soli casi e modi previsti all'art. 7 della L. 27 marzo 2001, n. 97; - anche quest'ultima disposizione è stata abrogata dal succitato art. 4, co. l, lett. g), dell'allegato 3 del c.g.c., per cui sarebbe venuta meno la previgente limitazione della responsabilità per danno all'immagine alle sole ipotesi tassativamente individuate dall'art. 7 della L. n. 97 del 2001 ed il medesimo art. 4 statuisce, al comma 2, che "quando disposizioni vigenti richiamano disposizioni abrogate dal comma 1, il riferimento agli istituti previsti da queste ultime si intende operato ai corrispondenti istituti disciplinati nel presente codice"; - a seguito dell'abrogazione dell'art. 7 della L. n. 97 del 2001 ad opera del codice di giustizia contabile, il rinvio operato dall'art. 17, comma 30 ter, del D.L. n. 78 del 2009, dovrebbe ora ritenersi effettuato all'art. 51, comma 7, del medesimo testo normativo; - alla luce di alcune delle considerazioni svolte dalla Corte Costituzionale nella sentenza del 19 luglio 2019 n. 191, con cui quest'ultima ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 51, comma 7, del D.Lgs. n. 174 del 2016, la disciplina recata da tale ultima disposizione unitamente all'abrogazione dell' art. 7 della L. n. 97 del 2001 ad opera del codice di giustizia contabile, dovrebbe essere interpretata nel senso che non è più tassativamente richiesta come condizione dell'azione la perpetrazione di uno dei delitti dei pubblici ufficiali contro la P.A., di cui al capo I, titolo II, libro secondo c.p., ma la commissione di un delitto a danno della stessa, come indicato dall'art. 51, ossia oltre a quelli specificamente rubricati contro la PA tutti gli altri delitti commessi direttamente e immediatamente in suo danno. 2. Reputa il Collegio che le argomentazioni poste a fondamento delle decisioni delle citate Sezioni territoriali della Corte dei conti in tema di danno all'immagine per reati diversi da quelli indicati dall'art. 7 della L. n. 97 del 2001 non siano condivisibili. Appare, infatti, maggiormente coerente con il quadro normativo di riferimento, alla luce delle pronunce della Corte Costituzionale, l'interpretazione più restrittiva fatto propria sia da una parte della
giurisprudenza anche recente della Corte di cassazione penale che dall'orientamento del giudice di appello contabile. La Sezione terza centrale della Corte dei conti con la sentenza n. 66/2020, aderendo all'interpretazione del quadro normativo operata dalla Sezione Toscana (sentenze nn. 174/2018 e 373/2019), ha escluso che il rinvio all'art. 7 della L. n. 97 del 2001 fosse un rinvio dinamico ma lo ha considerato come rinvio materiale, statico e recettizio sulla base di argomentazioni pienamente condivisibili tratte dalle pronunce della Corte costituzionale: - il richiamo "a norme determinate ed esattamente individuate" che costituisce ipotesi di rinvio materiale e non alla fonte; - l'intento del legislatore (art. 17 comma 30 ter del D.L. n. 78 del 2009) di circoscrivere l'azione di responsabilità erariale per le ipotesi di danno all'immagine ai reati (quelli di cui all'art. 7 della L. n. 97 del 2001) la cui consumazione in ultima analisi realizza la lesione all'efficienza ed effettività dell'agere amministrativo, tale da incrinare la fiducia dei cittadini nei confronti dello Stato; ratio legis ritenuta non in contrasto con norme e principi costituzionali, in considerazione della "peculiarità del diritto all'immagine della p.a." (cfr. Corte Cost. 15 dicembre 2010). Il giudice di appello ha quindi affermato che il rinvio operato dall'art. 17 comma 30 ter all'art. 7 L. n. 97 del 2001, per il contenuto letterale dello stesso, per l'interpretazione datane reiteratamente (e per ultimo proprio con la recentissima ordinanza n.167 del novembre 2019) dalla Corte costituzionale, e soprattutto per il richiamo ad una norma esattamente individuata, depone nel senso di ritenere realizzatasi, col rinvio recettizio, l'incorporazione, o l'integrazione, nella norma rinviante (cioè nell'art. 17 comma 30 ter ) della norma rinviata (art. 7 L. n. 97 del 2001). Oltre a ciò il giudice di appello contabile ha anche osservato che tra i principi e i criteri direttivi della legge di delega per la compilazione del codice di giustizia contabile (art. 20 della L. n. 124 del 2015) è totalmente assente alcun anche indiretto riferimento ad una innovativa disciplina sostanziale relativa alla estensione della risarcibilità del danno all'immagine e che nemmeno dai lavori preparatori e dalla relazione illustrativa del D.Lgs. n. 174 del 2016 si ricava che il legislatore abbia voluto innovare anche la disciplina di tale tipo di danno.
La giurisprudenza di appello della Corte dei conti, che questo collegio condivide appieno, sostiene, quindi, che anche nell'attuale formulazione dell'art. 51 del c.g.c. la risarcibilità del danno d'immagine resta circoscritta alle ipotesi previste dall'art. 7 della L. n. 97 del 2001, per l'avvenuta incorporazione di tale norma nell'art. 17 comma 30 ter D.L. n. 78 del 2009. Ad analoga conclusione è giunta una parte della giurisprudenza penale della Corte di cassazione (cfr. da ultimo Se................... 2^, sent. n. 35447/2020). Tale pronuncia ha preliminarmente evidenziato come la Corte costituzionale, nel vagliare la legittimità costituzionale dell'art. 17, comma 30ter del D.L. n. 78 del 2009, aveva ritenuto che "... la scelta di non estendere l'azione risarcitoria anche in presenza di condotte non costituenti reato, ovvero costituenti un reato diverso da quelli espressamente previsti, può essere considerata non manifestamente irragionevole" osservando che "... il legislatore ha ritenuto... nell'esercizio della predetta discrezionalità, che soltanto in presenza di condotte illecite, che integrino gli estremi di specifiche fattispecie delittuose, volte a tutelare, tra l'altro, proprio il buon andamento, l'imparzialità e lo stesso prestigio dell'amministrazione, possa essere proposta l'azione di risarcimento del danno per lesione dell'immagine dell'ente pubblico". Ha ancora evidenziato che il riferimento alla "commissione di reati contro la stessa pubblica amministrazione", contenuto nella L. n. 20 del 1994, art. 1, comma 1sexies (come novellato dalla L. n. 190 del 2012, art. 1, comma 62) che è stato invocato da alcune decisioni per sostenere che il danno all'immagine patito dalla PA sia risarcibile ove legato "... a qualsiasi reato, anche contravvenzionale, contro la P.A., e non ai soli delitti di cui al capo I del titolo II del libro II del codice penale" costituisce un appiglio normativo inadeguato in considerazione del fatto che l'immutato combinato disposto della L. n. 141 del 2009, art. 17 e L. n. 97 del 2001, art. 7 in forza di una scelta ritenuta legittima in quanto rientrante nella discrezionalità del legislatore, delimita espressamente la iniziativa delle Procure della Corte dei conti per l'azione risarcitoria relativa al danno all'immagine della P.A. ai soli delitti ivi indicati: in sostanza la norma del 2012 riguarda il quantum del danno all'immagine mentre le disposizioni previgenti del 2009 riguardano l'an ed il quomodo dell'azione risarcitoria.
La condivisa giurisprudenza penale della Cassazione, al pari della richiamata pronuncia del giudice di appello contabile, ha poi sostenuto che l'intervenuta abrogazione dell'art. 7 della L. n. 97 del 2001 ad opera del D.Lgs. 26 agosto 2016, n. 174, (art. 4, comma 1, lett. g), dell'All. 3 del "Codice di giustizia contabile, adottato ai sensi dell'art. 20 della L. 7 agosto 2015, n. 124") non ha inciso sul delineato quadro normativo di riferimento. In proposito ha osservato che il nuovo quadro normativo è stato sottoposto al vaglio della Corte Costituzionale che, con sentenza n. 191 del 2019, nel dichiarare inammissibile la questione sottoposta alla sua attenzione ha tuttavia colto la necessità di ricostruire l'evoluzione della disciplina facendo presente che, nel disciplinare la risarcibilità del danno all'immagine da reato patito dalla P.A., la L. del 2009, art. 17, aveva fatto riferimento ai "casi" ed ai "modi" di cui alla L. n. 97 del 2001, art. 7; ha fatto presente che, con l'entrata in vigore del Codice di Giustizia Contabile, è stato abrogato il primo periodo della L. del 2009, art. 17, comma 30-ter ma è rimasto invariato il secondo periodo contenente per l'appunto la limitazione dell'azione risarcitoria per danno all'immagine ai "casi" ed ai "modi" di cui alla L. del 2001, abrogato art. 7; ha inoltre osservato "... che il giudice a quo non ha vagliato la possibilità che il dato normativo di riferimento legittimi un'interpretazione secondo cui, nonostante l'abrogazione della L. n. 97 del 2001, art. 7 che si riferisce ai soli delitti dei pubblici ufficiali contro la PA, non rimanga privo di effetto il rinvio ad esso operato da parte del D.L. n. 78 del 2009, art. 17, comma 30-ter, e non si è chiesto se si tratta di rinvio fisso o mobile" per cui "... l'ordinanza trascura di approfondire la natura del rinvio, per stabilire se è tuttora operante o se, essendo venuto meno, la norma di riferimento è oggi interamente costituita dal censurato art. 51, comma 7". E quindi, la Cassazione penale, qui condivisa, nel rilevare che il rinvio operato dalla L. del 2009, tuttora vigente art. 17, comma 30ter a quella del 2001 è assolutamente specifico, ha sostenuto che nel caso di specie si sia in presenza proprio di un rinvio "recettizio" o "fisso", consistente nella integrazione della disposizione del 2009 con quella del 2001 che entra così a far parte del contenuto precettivo della disposizione in cui questa viene "incorporata" risultando perciò, la disposizione "incorporante", insensibile alle
vicende modificative o abrogative che riguardino la norma richiamata. Conseguentemente la giurisprudenza penale della Cassazione, come la giurisprudenza di appello della Corte dei conti, ritiene tuttora vigente la limitazione all'azione risarcitoria per il danno all'immagine ai soli reati previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale. Come si è innanzi preannunciato questo Collegio condivide appieno l'approdo ermeneutico in materia di danno all'immagine sopra riportato e fatto proprio sia dal giudice di appello contabile che dalla giurisprudenza penale della Cassazione in quanto maggiormente aderente alla ratio della norma indicata dalla stessa Corte costituzionale. Tale interpretazione, ancorata mediante rinvio ricettizio ad un riferimento normativo, quello dell'abrogato art. 7 della L. n. 97 del 2001, certo e circoscritto, consente di evitare che la perimetrazione del danno all'immagine della pubblica amministrazione sia rimessa di volta in volta alla valutazione discrezione del singolo giudice con possibili decisioni tra loro contrastanti. Alla luce di quanto fin qui considerato, la domanda risarcitoria promossa dal requirente contabile non può essere accolta in quanto risulta carente l'elemento costitutivo della responsabilità amministrativa contestata al convenuto, ossia lo stesso danno all'immagine per la pubblica amministrazione di appartenenza. Il reato di collusione per il quale il sig. ................... è stato condannato in sede penale con sentenza irrevocabile, invero, non rientra nei reati dei pubblici ufficiali nei confronti della pubblicazione, previsti dal Capo I del Titolo II del Libro II del codice penale. Di conseguenza la normativa sopra esaminata esclude che la commissione di un tale reato possa costituire il presupposto per la configurazione del danno all'immagine della pubblica amministrazione. L'assenza di uno degli elementi costituivi della responsabilità contestata al convenuto comporta il proscioglimento dello stesso, rimanendo assorbite tutte le diverse deduzioni difensive da costui svolte con la memoria di costituzione. Il proscioglimento comporta, ai sensi dell'art. 31 del D.Lgs. 26 agosto 2016, n. 174, che approva il nuovo "Codice della giustizia contabile", la liquidazione, a carico dell'Amministrazione di
appartenenza, dell'ammontare dei compensi professionali per la difesa del convenuto. Per l'ammontare della liquidazione indicata in dispositivo si è tenuto conto dei "parametri" dettati dal Regolamento adottato con D.M. 10 marzo 2014, n. 55 (come modificato dal D.M. 08 marzo 2018, n. 37); è stata applicata la riduzione di circa il 50% sul valore medio di tutte le fasi tenuto conto della non particolare complessità della controversia. P.Q.M. la Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Puglia, definitivamente pronunciando nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 36397, assolve il convenuto ...................G.F.. Liquida, a carico della Guardia di Finanza, l'ammontare dei compensi spettanti alla difesa del convenuto, nella misura di Euro. 1.500,00, oltre spese forfettarie nella misura del 10%, IVA e CAP, come per legge. Così deciso in Bari, nella camera di consiglio del 27 maggio 2021. Depositata in Cancelleria il 17 giugno 2021.