Tar 2022-i ricorrenti lamentano la mancata erogazione degli aumenti stipendiali calcolabili ai fini

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Tar 2022-i ricorrenti lamentano

la mancata erogazione degli aumenti stipendiali calcolabili ai fini del TFS in conseguenza del rapporto lavorativo intercorrente tra gli ex militari e il Ministero stesso Pubblicato il 18/01/2022 N. 00007/2022 REG.PROV.COLL. N. 00117/2021 REG.RIC.

R E P U B B L I C A

I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento (Sezione Unica)

ha pronunciato la presente SENTENZA

nel giudizio introdotto con il ricorso numero di registro generale 117 del 2021, proposto

da:

OMISSIS OMISSIS, OMISSIS OMISSIS, OMISSIS e OMISSIS, rappresentati e difesi dall’avvocato OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Trento, via OMISSIS, n. X, presso la Segreteria di questo Tribunale regionale di giustizia amministrativa per la Regione autonoma del Trentino-Alto Adige/Südtirol di Trento; contro Istituto Nazionale della Previdenza Sociale - INPS, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Carlo Costantino De Pompeis, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Trento, via delle Orfane, n. 8, presso l’ufficio legale

e

nella

sede

della

Direzione

provinciale

INPS;


Ministero dell’Economia e delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Trento, largo Porta Nuova, n. 9, presso gli uffici della predetta Avvocatura; per l’accertamento del diritto dei ricorrenti ai benefici economici normativamente contemplati all'art. 6 bis del decreto legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito con modificazioni dalla legge 20 novembre 1987, n. 472, con il conseguente obbligo dell'Amministrazione di provvedere alla rideterminazione dell'indennità di buonuscita, mediante l'inclusione nella relativa base di calcolo, dei sei scatti stipendiali. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti l’atto di costituzione in giudizio e la memoria difensiva dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – INPS; Visti l’atto di costituzione in giudizio e la memoria difensiva del Ministero dell’Economia e delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza; Viste le ulteriori memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visto il decreto n. 16 del 10 agosto 2021, successivamente modificato con decreto n. 18 del 21 settembre 2021, del Presidente del T.R.G.A. di Trento e per quanto non diversamente disposto il suo decreto n. 24 del 31 agosto 2020; Relatore nella udienza pubblica del giorno 13 gennaio 2021, il consigliere Antonia Tassinari e udito per l’INPS l’avvocato Carlo Costantino De Pompeis; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue: FATTO


1. Gli odierni ricorrenti OMISSIS OMISSIS, OMISSIS OMISSIS, OMISSIS e OMISSIS sono ex appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza, tutti congedatisi a domanda successivamente al compimento di cinquantacinque anni di età e con oltre trentacinque anni di servizio utile contributivo. Più precisamente, il signor OMISSIS OMISSIS, iscritto all’INPS in data 10 maggio 1973, si è congedato con 44 anni di servizio utile contributivo all’età di 57 anni, il signor OMISSIS OMISSIS, iscritto all’INPS in data 6 gennaio 1982, si è congedato con 42 anni di servizio utile contributivo all’età di 55 anni, il signor OMISSIS, iscritto all’INPS in data 1 maggio 1981, si è congedato con 42 anni di servizio utile contributivo all’età di 56 anni e il signor OMISSIS, iscritto all’INPS, in data 1 aprile 1982, si è congedato con 39 anni di servizio utile contributivo all’età di 55 anni. Costoro riferiscono che in sede di liquidazione del trattamento di fine servizio (TFS), le Amministrazioni intimate hanno errato nella determinazione del conteggio della base di calcolo, escludendo la maggiorazione derivante dal riconoscimento dei sei scatti stipendiali di cui all’articolo 6-bis del decreto legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito con modificazioni dalla legge 20 novembre 1987, n. 472, come introdotto dall’articolo 21, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 232, e attribuendo loro, pertanto, un importo inferiore rispetto a quello dovuto. Merita sin da subito evidenziare che l’istituto previdenziale dei cosiddetti sei scatti stipendiali è stato introdotto dalla legge 10 dicembre 1973, n. 804. La categoria di beneficiari era originariamente circoscritta ai soli generali e colonnelli nei casi di cessazione del servizio per limiti di età (“Ai generali ed ai colonnelli nella posizione di a disposizione, all'atto della cessazione dal servizio, ai fini della liquidazione della pensione e dell'indennità' di buonuscita sono attribuiti, in luogo della promozione, soppressa con l'articolo 1 della presente legge, 6 aumenti periodici di stipendio in aggiunta a qualsiasi altro beneficio spettante.”). Poichè i limiti di età per la cessazione del servizio dei destinatari originari


risultavano inferiori rispetto a quelli previsti per altri dipendenti pubblici, la ratio dell’istituto andava evidentemente ravvisata nella opportunità di riconoscere a tali soggetti un aumento di stipendio in ragione della precoce cessazione del servizio. Il novero dei beneficiari dell’istituto è stato in seguito ampliato con l’articolo 6-bis del decreto legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito con modificazioni dalla legge 20 novembre 1987, n. 472, come introdotto dall’articolo 21, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 232 nonché con l’art.1, comma 15-bis del decreto legge 16 settembre 1987, n. 379, convertito dalla legge 14 novembre 1987, n. 468 e poi cosí sostituito dall'art. 11 della legge 8 agosto 1990, n. 231. 2. L’istanza di liquidazione del beneficio economico avanzata dagli odierni ricorrenti è rimasta priva di riscontro da parte degli Enti interpellati e, quindi, gli ex

militari hanno

adito

questo Tribunale

al

fine

di

conseguire

l’accertamento del loro diritto ai benefici economici in questione e la condanna delle Amministrazioni alla rideterminazione dell’indennità di buonuscita, mediante l’inclusione nella base di calcolo dei sei scatti stipendiali previsti dal citato art. 6-bis del decreto legge n. 387 del 1987. Il ricorso è affidato al seguente unico, articolato, motivo di diritto: I. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. art. 6 bis D.L. n. 387/1987 come modificato dall’art. 21 Legge 232/1990. Eccesso di potere. Illogicità manifesta. Disparità di trattamento. Ingiustizia manifesta. Arbitrarietà. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 97 Cost. Violazione e/o falsa applicazione articolo 3 legge 241/1990. Il mancato riconoscimento della maggiorazione dei sei scatti stipendiali discende da un’erronea interpretazione della normativa da parte delle Amministrazioni: la tesi secondo la quale il beneficio economico sarebbe applicabile esclusivamente al personale cessato dal servizio per limiti di età o perché divenuto permanentemente inabile al servizio incondizionato o perché


deceduto, con esclusione del personale congedato a domanda – nel quale rientrano i ricorrenti – contrasta con il dato letterale dell’articolo 6-bis del decreto legge n. 387 del 1987. Infatti, dal combinato disposto del comma 1 e del comma 2 della citata disposizione si evince che i sei scatti stipendiali da computarsi ai fini del calcolo della base pensionabile e della liquidazione dell’indennità di buonuscita si applicano anche “al personale che chieda di essere collocato in quiescenza a condizione che abbia compiuti i 55 anni di età e trentacinque anni di servizio”. Considerato che i ricorrenti, congedatisi a domanda, risultano pacificamente in possesso di entrambi i richiesti requisiti relativi all’età e al servizio, le Amministrazioni, al momento della liquidazione del TFS, avrebbero dovuto applicare i sei scatti stipendiali come del resto in generale affermato dalla giurisprudenza che si è espressa al riguardo. 3. Con memoria del 20 agosto 2021 si è costituito in giudizio l’INPS evidenziando, in primo luogo, che, contrariamente a quanto assunto dai ricorrenti, la disposizione attualmente vigente in materia non sarebbe l’articolo 6-bis del decreto legge n. 387 del 1987, bensì l’articolo 4 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 165, il quale esclude dal novero dei beneficiari dei sei scatti stipendiari il personale militare che è stato collocato a riposo a domanda e prescrive che tali soggetti possano essere destinatari del beneficio economico solamente a condizione del previo pagamento della restante contribuzione. Dal momento che possono accedere a tale beneficio solamente coloro che sono stati collocati a riposo per il raggiungimento del limite di età, oppure per invalidità o per decesso e coloro che, pur essendo collocati a riposo a domanda, hanno pagato la restante contribuzione, i ricorrenti, essendo cessati dal servizio volontariamente e non avendo corrisposto la somma di denaro prevista, difettano dei requisiti richiesti e, di conseguenza, non hanno alcun diritto all’ottenimento del beneficio invocato. Ferme restando le ragioni di infondatezza illustrate con la propria memoria, l’INPS si è soffermato, altresì,


sulla legittimazione passiva del Ministero dell’Economia e delle Finanze, in qualità di datore di lavoro dei ricorrenti, i quali lamentano la mancata erogazione degli aumenti stipendiali calcolabili ai fini del TFS in conseguenza del rapporto lavorativo intercorrente tra gli ex militari e il Ministero stesso. Poiché l’INPS si qualificherebbe come mero erogatore del trattamento di fine servizio, estraneo alle scelte decisionali del Ministero circa l’erogazione delle quote aggiuntive di TFS, “sarebbe unicamente il M.E.F. e non certo l’INPS il resistente/convenuto in via principale che andrebbe condannato nelle ipotesi di accoglimento dell’avverso ricorso”. 4. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze si è costituito in giudizio con memoria del 7 dicembre 2021, eccependo, preliminarmente, la propria carenza di legittimazione passiva, per non aver adottato, ai fini della liquidazione del TFS, alcun atto potenzialmente lesivo di cui sono destinatari i ricorrenti; infatti, al Ministero compete unicamente la redazione e la trasmissione all’INPS del progetto di liquidazione di cui agli articoli 25 e 28 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, nel quale vengono indicati i dati effettivi circa il servizio svolto dai dipendenti. Nel merito, l’intimata Amministrazione ha evidenziato che il contestato incremento della buonuscita derivante dai sei scatti stipendiali è attribuibile solamente al personale militare che cessi il servizio per limite di età, per inabilità al medesimo o per decesso e qualora il dipendente abbia compiuto 55 anni di età e 35 anni di anzianità utile e la domanda di quiescenza sia presentata entro il 30 giugno dell'anno in cui sono maturati entrambi i requisiti e il trattamento abbia decorrenza dal 1° gennaio dell'anno successivo. 5. In vista dell’udienza di merito, l’INPS, in data 10 dicembre 2021, ha depositato memoria di replica, con la quale ha ribadito le considerazioni già versate nel precedente atto difensivo richiamando quella giurisprudenza che recentemente ha statuito che il riconoscimento della maggiorazione derivante


dai sei scatti stipendiali non opera per i dipendenti collocati a riposo volontariamente, a seguito di domanda. 6. I ricorrenti, a mezzo della memoria di replica depositata il 23 dicembre 2021, hanno, in primo luogo, insistito per la legittimazione passiva del Ministero, sulla base dell’assunto che il Dicastero sarebbe l’ordinatore primario della spesa, mentre l’INPS si qualificherebbe come Istituto meramente erogatore del trattamento economico. Nel merito, hanno rilevato che la normativa citata dall’Ente previdenziale – vale a dire, l’articolo 4 del decreto legislativo n. 165 del 1997 – sarebbe inconferente al caso di specie, in quanto attinente al calcolo della base pensionabile e non al trattamento di fine servizio: al contrario, la disciplina regolatrice della maggiorazione della base di calcolo dell’indennità di buonuscita sarebbe, come assunto in sede di ricorso, l’articolo 6-bis, primo e secondo comma, del decreto legge n. 387 del 1987. A sostegno della propria tesi, gli ex militari hanno anche ricordato che l’attuale formulazione dell’articolo 1911 del Codice dell’Ordinamento Militare prescrive quanto al beneficio dei sei scatti periodici “continua ad applicarsi l'articolo 6-bis, del decreto legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 1987, n. 47”. 7. Alla pubblica udienza del 13 gennaio 2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione. DIRITTO I) In via preliminare, occorre scrutinare l’eccezione di carenza di legittimazione passiva del Ministero dell’Economia e delle Finanze. II) Questo Collegio, aderendo all’orientamento giurisprudenziale prevalente e non discostandosi dai propri precedenti in materia, ritiene fondata l’eccezione, sulla base dell’assunto che “l’unico soggetto obbligato a corrispondere il TFS è il competente Ente previdenziale, nei cui esclusivi confronti deve essere


ritualmente instaurata la controversia” (C.d.S., Sez. III, n. 1231/2019; TRGA Trentino – Alto Adige/Südtirol, Trento, 1 luglio 2021, n. 114. In termini, TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 28 ottobre 2021, n. 2386; TAR Friuli-Venezia Giulia, Trieste, Sez. I, 17 dicembre 2021, n. 384). Ne consegue che il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in quanto mero ex datore di lavoro, è stato erroneamente evocato in giudizio e ciò esclusivamente in ragione del fatto che, ai sensi dell’articolo 1 della legge 23 aprile 1959, n. 189 e dell’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68, il Corpo della Guardia di Finanza dipende direttamente dal Ministro dell’Economia e delle Finanze. Nel procedimento giurisdizionale de quo, viceversa, l’unico legittimato passivo è l’INPS, al quale solo compete provvedere alla liquidazione e all’erogazione del beneficio che attiene alla buonuscita. III) Nel merito il ricorso è infondato. IV) I ricorrenti, cessati dal servizio a domanda, in possesso dei requisiti, anagrafici e di servizio, dei 55 anni di età e dei 35 anni di prestazioni lavorative utili contributivamente, radicano la propria pretesa di riconoscimento della liquidazione nell’indennità di buonuscita dei sei scatti stipendiali, sul combinato disposto del primo e del secondo comma dell’articolo 6-bis del decreto legge n. 387 del 1987 (così come sostituito dall’articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 232). Ed, invero, le disposizioni di cui al comma 1 di tale articolo ( “1. Al personale della Polizia di Stato appartenente ai ruoli dei commissari, ispettori, sovrintendenti, assistenti e agenti, al personale appartenente ai corrispondenti ruoli professionali dei sanitari e del personale della Polizia di Stato che espleta attività tecnico-scientifica o tecnica ed al personale delle forze di polizia con qualifiche equiparate, che cessa dal servizio per età o perché divenuto permanentemente inabile al servizio o perché deceduto, sono attribuiti ai fini del calcolo della base pensionabile e della liquidazione dell’indennità di buonuscita, e in aggiunta a qualsiasi altro beneficio spettante, sei scatti


ciascuno del 2,50 per cento da calcolarsi sull’ultimo stipendio ivi compresi la retribuzione individuale di anzianità e i benefìci stipendiali di cui agli articoli 30 e 44 della L. 10 ottobre 1986, n. 668, all’articolo 2, commi 5, 6 10 e all’articolo 3, commi 3 e 6 del presente decreto”) si applicano anche “al personale che chieda di essere collocato in quiescenza a condizione che abbia compiuto i 55 anni di età e trentacinque anni di servizio utile” (comma 2). Del resto pure parte della giurisprudenza amministrativa di primo grado, in ciò conformandosi a quanto sostenuto dal giudice d’appello (C.d.S., Sez. III, n. 1231/2019), ha propugnato la tesi suddetta ritenendo che il secondo comma del citato art. 6 bis smentisca la tesi secondo cui il beneficio in questione si applica solamente ai militari collocati a riposo per raggiungimento del limite di età, oppure per invalidità o per decesso. V) Sennonché, come già riconosciuto da questo stesso Tribunale (TRGA Trentino – Alto Adige/Südtirol, Trento, 1 luglio 2021, n. 114), coglie nel segno l’INPS laddove afferma che la normativa applicabile non è quella citata dai ricorrenti, bensì quella successivamente sopravvenuta di cui al decreto legislativo 30 aprile 1997 n. 165 e, più precisamente, l’articolo 4, che richiama, tra gli altri, anche l’art. 1, comma 15-bis del decreto legge 16 settembre 1987, n. 379, convertito dalla legge 14 novembre 1987, n. 468 e poi cosí sostituito dall'art. 11 della legge 8 agosto 1990, n. 231. (“15-bis. Ai sottufficiali delle Forze armate, compresi quelli dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza sino al grado di maresciallo capo e gradi corrispondenti, promossi ai sensi della legge 22 luglio 1971, n. 536, ed ai marescialli maggiori e marescialli maggiori aiutanti ed appuntati, che cessano dal servizio per età o perché divenuti permanentemente inabili al servizio incondizionato o perché deceduti, sono attribuiti, ai soli fini pensionistici e della liquidazione dell'indennità di buonuscita, sei scatti calcolati sull'ultimo stipendio, ivi compresi la retribuzione individuale di anzianità e gli scatti generici, in


aggiunta a qualsiasi altro beneficio spettante. Detto beneficio si estende anche ai sottufficiali provenienti dagli appuntati che cessano dal servizio per gli stessi motivi sopra specificati a condizione che abbiano compiuto trenta anni di servizio effettivamente prestato. Del predetto beneficio non si tiene conto per il calcolo dell'indennità di ausiliaria di cui all'articolo 46, L. 10 maggio 1983, n. 212”). Nello specifico, al di là della norma segnatamente applicabile al personale appartenente alla Guardia di Finanza (il citato art. 1, comma 15-bis che expressis verbis comprende il Corpo della Guardia di Finanza piuttosto che il più volte richiamato art. 6-bis del decreto legge n. 387 del 1987 che più genericamente si riferisce al personale della Polizia di Stato) rileva che il primo comma dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 165 del 1997 dispone che “A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo i sei aumenti periodici di stipendio di cui all’articolo 13 della legge 10 dicembre 1973, n. 804 , all’articolo 32, comma 9-bis, della legge 19 maggio 1986, n. 224 , inserito dall’articolo 2, comma 4, della legge 27 dicembre 1990, n. 404 , all’articolo 1, comma 15-bis, del decreto-legge 16 settembre 1987, n. 379, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1987, n. 468, come sostituito dall’articolo 11 della legge 8 agosto 1990, n. 231, all’articolo 32 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196, e all’articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 232, sono attribuiti, in aggiunta alla base pensionabile definita ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, all’atto della cessazione dal servizio da qualsiasi causa determinata, con esclusione del collocamento in congedo a domanda, e sono assoggettati alla contribuzione previdenziale di cui al comma 3”, mentre il secondo comma sancisce che “Gli aumenti periodici di cui al comma 1 sono, altresì, attribuiti al personale che cessa dal servizio a domanda previo pagamento della restante contribuzione previdenziale di cui al comma 3, calcolata in relazione ai limiti di età anagrafica previsti per il grado rivestito”. In definitiva, ai sensi della


sopravvenuta normativa di cui al combinato disposto del primo e del secondo comma dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 165 del 1997, i sei aumenti periodici di stipendio sono attribuiti al personale di cui trattasi purché il loro collocamento in congedo non sia avvenuto a domanda oppure, in questo caso, previo pagamento della restante contribuzione previdenziale. Tale beneficio, diversamente da quanto pretenderebbero i ricorrenti, è dunque escluso nell’ipotesi di congedo a domanda (se non viene pagata la restante contribuzione) ancorché il congedo sia accompagnato, come nella fattispecie in esame, dal possesso dei requisiti dei 55 anni di età nonché dei 35 anni di contributi di servizio utile. VI) Non giova a scalfire le considerazioni che precedono neppure la censura, da ultimo sollevata dalla difesa dei ricorrenti con la memoria del 23 dicembre 2021, secondo cui l’art. 4 del decreto legislativo n. 165 del 1997 avrebbe testualmente riguardo solo alla base pensionabile e non troverebbe applicazione nel caso che ci occupa di indennità di buonuscita. Infatti, a prescindere dal dato letterale della normativa, intrecciatasi e sovrappostasi nel tempo e che effettivamente non si connota per perspicuità impedendo di per sé il ricorso al principio “in claris non fit interpretatio”, in subiecta materia concernente benefici economici a favore dei dipendenti pubblici, gravanti sul bilancio dello Stato, si impone a fortiori una esegesi logico - sistematica improntata a criteri costituzionalmente orientati. VII) Vale allora evidenziare in primo luogo che l’art. 4 del decreto legislativo n. 165 del 1997 pur riferendosi letteralmente alla base pensionabile, nondimeno richiama disposizioni normative (per quanto qui interessa l’art. 21 della legge 7 agosto 1990, n. 232 che ha modificato l’art. 6-bis del decreto legge n. 387 del 1987 convertito con modificazioni dalla legge n. 472 del 1987 relativo alla Polizia di Stato ed anche l’art. 1, comma 15-bis, del decreto-legge 16 settembre 1987, n. 379, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1987, n.


468, come sostituito dall’articolo 11 della legge 8 agosto 1990, n. 231, relativo alla Guardia di Finanza) che hanno riguardo all’applicazione del beneficio ad entrambe le fattispecie, vale a dire sia a quella che appunto attiene alla base pensionabile sia a quella concernente l’indennità di buonuscita (cfr. TAR Campania, sez. VI, n. 7221/2021 e n. 7749/2021). Il richiamo di tali disposizioni normative esclude che l’interpretazione logica di seguito qui proposta contrasti con la lettera della legge, confermando semmai che il perimetro dell’efficacia della disciplina delineata dal suddetto art. 4 non va circoscritto all’ambito pensionistico. D’altra parte, e in tutta evidenza nel caso di congedo a domanda, il “pagamento della restante contribuzione previdenziale” determina non solo l’attribuzione dei sei aumenti periodici di stipendio in aggiunta alla base pensionabile, ma porta con sé automaticamente ed inevitabilmente l’applicazione del beneficio anche all’indennità di buonuscita. In tal senso l’indennità di buonuscita risulta strettamente connessa alla base pensionabile, di talchè la prima discende dalla seconda, logicamente mutuandone anche i presupposti. Ne consegue che il riferimento alla sola base pensionabile contenuto nell’art. 4 del decreto legislativo n. 165 del 1997 appare del tutto relativo, senza pertanto assumere la rilevanza limitativa pretesa dai ricorrenti. Ed ancora, e soprattutto, va poi tenuto conto del fatto che una interpretazione costituzionalmente orientata impedisce di ritenere che l’indennità di buonuscita, a differenza della base pensionabile, nel caso di cessazione del servizio a domanda,

sia

sottratta

“al

pagamento

della

restante

contribuzione

previdenziale” al fine del riconoscimento dei sei aumenti periodici di stipendio, atteso che ciò finirebbe per contrastare, incidendolo, con il principio del pareggio di bilancio introdotto all’art. 81 e confermato all’art. 97 della Costituzione. Le medesime ragioni di sostenibilità finanziaria che hanno determinato l’introduzione del sistema contributivo collegando la pensione alla


contribuzione versata nell’arco dell’intera vita lavorativa, ostano ora al riconoscimento relativamente all’indennità di buonuscita di tale beneficio economico disgiunto da un corrispondente obbligo contributivo. Alla luce delle considerazioni che precedono, neppure il richiamato parere del Consiglio di Stato n. 1906 del 2019 (“Dalla predetta data pertanto l’assoggettamento del beneficio all’obbligo contributivo previdenziale è previsto solo ai fini del trattamento di quiescenza mentre l’indennità di buonuscita rimane a carico della fiscalità generale”), ad avviso del Collegio, è in grado di convincere della diversa interpretazione circa l’art. 4 del d. lgs. n. 165 1997 sostenuta dai ricorrenti. E ciò a tacere del fatto che la portata di tale “parere” va in ogni caso ridimensionata, trattandosi di un mero obiter dictum espresso incidentalmente dal Consiglio di Stato nell’ambito di un parere richiesto e reso, a ben vedere, a riguardo della legittimità dell’azione di rivalsa nei confronti dei soggetti tenuti al versamento dei contributi previdenziali e al termine di prescrizione della stessa, nel caso dell’applicazione del beneficio dei “sei scatti”. Infine è appena il caso di rilevare che pure l’art. 1911 del Codice dell’Ordinamento Militare, approvato con decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, non è idoneo a suffragare la tesi dei ricorrenti. La disposizione che, quanto al beneficio dei sei scatti periodici, recita “continua ad applicarsi l'articolo 6bis, del decreto legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 1987, n. 47”, appare, invero, derivare da una mancanza di coordinamento. Si è già detto che l’art. 6 bis del decreto legge n. 387 del 1987 riguarda il personale appartenente alla Polizia di Stato: ebbene, oltre a ciò si consideri che l’art. 2268 del suddetto decreto legislativo n. 66 del 2010 non ha abrogato l’art. 1, comma 15-bis del decreto legge 16 settembre 1987, n. 379 (riguardante il personale della Guardia di Finanza) bensì l'art. 11 della legge 8 agosto 1990, n. 231 che lo aveva sostituito, con conseguente


riviviscenza del testo originario che si riferisce ai fini pensionistici e alla liquidazione dell’indennità di buonuscita. Dunque il legislatore non ha inteso applicare al personale appartenente alla Guardia di Finanza l’art. 6 bis citato. VIII) In conclusione ai ricorrenti, ex appartenenti della Guardia di Finanza, in quanto collocati in congedo a domanda, non sono sufficienti i requisiti dei 55 anni di età e dei 35 anni di contributi di servizio utile al fine di beneficiare dei sei aumenti periodici di stipendio al fine della determinazione dell’indennità di buonuscita (TFS), essendo essi comunque tenuti al “previo pagamento della restante contribuzione previdenziale” similmente a quanto previsto per l’attribuzione degli anzidetti sei scatti in aggiunta alla base pensionabile. Ciò secondo quanto stabilito dall’art. 4 del decreto legislativo n. 165 del 1997 che trova applicazione nella circostanza: e ciò diversamente da quanto sostenuto dalla difesa dei ricorrenti che invece ritiene nella specie applicabile l’art. 6-bis del decreto legge n. 387 del 1987 convertito con modificazioni dalla legge n. 472 del 1987. Atteso che i ricorrenti, pur soddisfacendo i requisiti anagrafici e di servizio tuttavia non hanno corrisposto la contribuzione prevista - e tale circostanza risulta pacifica, non avendo le parti in alcun modo dedotto o controdedotto alcunché al riguardo - agli stessi ineludibilmente non spetta il beneficio economico richiesto. IX) Tenuto conto delle considerazioni che precedono, in conclusione il ricorso deve essere rigettato, non avendo i ricorrenti diritto alla invocata rideterminazione dell’indennità di buonuscita mediante l’inclusione nella relativa base di calcolo dei sei scatti stipendiali. X) I contrastanti orientamenti giurisprudenziali sussistenti in materia giustificano la compensazione integrale delle spese processuali tra tutte le parti del giudizio. P.Q.M.


Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa della Regione autonoma Trentino - Alto Adige/Südtirol, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 117/2021, dispone l’estromissione dal giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze e respinge il ricorso perché infondato. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Trento nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2022 con l’intervento dei magistrati: Fulvio Rocco, Presidente Aurora Lento, Consigliere Antonia Tassinari, Consigliere, Estensore L'ESTENSORE Antonia Tassinari

IL PRESIDENTE Fulvio Rocco

IL SEGRETARIO


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