Tar 2022- in
base alle norme sopra richiamate i carabinieri saranno tutti promossi Luogotenenti per scrutinio (grado equipollente al Sostituto Commissario della Polizia Penitenziaria)
Pubblicato il 24/01/2022 N. 00748/2022 REG.PROV.COLL. N. 08878/2021 REG.RIC.
R E P U B B L I C A
I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8878 del 2021, proposto da OMISSIS contro Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato
e
difeso
dall'Avvocatura
Generale
dello
Stato,
domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; e con l'intervento di ad
adiuvandum
OMISSIS OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avvocato OMISSIS per la declaratoria di illegittimità del silenzio
serbato dall'amministrazione sulla istanza presentata dai ricorrenti in data 10 marzo 2021. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2022 il dott. Agatino Giuseppe Lanzafame e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. I ricorrenti sono tutti dipendenti del Ministero della Giustizia, appartenenti al corpo di Polizia Penitenziaria, che hanno conseguito la qualifica di Ispettore Superiore con decorrenza dal 1 gennaio 2017. Con
istanza
del
10
marzo
2021,
gli
stessi
hanno
evidenziato
all’amministrazione che «l’entrata in vigore del D. Lgs. n. 172 del 2019 (“Disposizioni integrative e correttive, a norma dell'articolo 1, commi 2 e 3, della legge 1° dicembre 2018, n. 132, al decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95”) ha determinato una disparità di trattamento tra il personale appartante alla qualifica di Ispettore Superiore del Corpo di Polizia Penitenziaria (decorrenza dal 1° gennaio 2017) e i colleghi parigrado delle Forze Armate dei Carabinieri», osservando che in base alle norme sopra richiamate «questi ultimi saranno, tutti, promossi Luogotenenti per scrutinio (grado equipollente al Sostituto Commissario della Polizia Penitenziaria) con decorrenza dal 1 gennaio 2021 mentre per gli appartenenti parigrado della Polizia Penitenziaria è, ad ora, previsto un concorso interno che limita l’avanzamento di carriera a (solo) 150 unità».
In ragione di ciò gli stessi hanno chiesto al Ministero – ai sensi e per gli effetti dell’art. 2, l. n. 241/1990 – di adottare «gli opportuni provvedimenti al fine di applicare agli istanti i medesimi criteri di avanzamento già previsti per il personale delle Forze Armate, consentendo agli stessi di conseguire il grado di sostituto commissario del Corpo di Polizia Penitenziaria con le stesse modalità (scrutinio per merito comparativo) senza limite numero, ovvero anche in esubero, con avvertenza che in difetto, si procederà nelle competenti sedi al fine segnalare la evidenziata disparità di trattamento per violazione per principio di uguaglianza formale e sostanziale, stabilito dall’art. 3 della Carta Costituzionale e di buon andamento e imparzialità della Pubblica Amministrazione previsto dall’art. 97 Cost.». 2. In assenza di riscontro da parte dell’amministrazione, in data 3 settembre 2021, i ricorrenti hanno chiesto a questo Tribunale, ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a., di accertare e dichiarare «l’illegittimità del silenzio serbato dall’amministrazione sull’istanza del 10 marzo 2021». A sostegno delle proprie ragioni i ricorrenti hanno affermato che il Ministero
«anche
se
avesse
ritenuto
l’istanza
manifestamente
irricevibile [o] inammissibile, avrebbe dovuto, in ogni caso, adottare un provvedimento seppur in forma semplificata» e hanno inoltre sostenuto che «il silenzio serbato sulla istanza oltre che una evidente violazione di legge, poiché vi è un obbligo specifico di rispondere, costituisce anche comportamento contrario al buon andamento dell’attività della p.a., contrario anche al principio di efficienza, dovere di correttezza». Per tali ragioni hanno quindi chiesto a questo Tribunale di ordinare alla pubblica amministrazione resistente di «pronunciarsi sulla istanza sopra indicata adottando un provvedimento espresso nel termine di 30 giorni dalla comunicazione dell’emananda sentenza».
3. Con atto del 23 dicembre 2021, notificato in pari data e depositato il 26 dicembre 2021, è intervenuto ad adiuvandum nel presente ricorso il sig. OMISSIS OMISSIS – a sua volta firmatario dell’istanza del 10 marzo 2021 – che, trovandosi nella medesima posizione dei ricorrenti, ha insistito per l’accoglimento del gravame. 4. Il ricorso è infondato e va respinto, previa declaratoria di inammissibilità dell’intervento spiegato dal sig. OMISSIS. È noto, infatti, che secondo consolidata giurisprudenza, da cui il Collegio non ritiene vi siano ragioni per discostarsi, «l’intervento ad adiuvandum è inammissibile se proposto nel processo amministrativo da chi sia ex se legittimato a proporre direttamente il ricorso giurisdizionale in via principale, considerato che in tale ipotesi l'interveniente non fa valere un mero interesse di fatto, bensì un interesse personale all'impugnazione di provvedimenti immediatamente lesivi, che però deve essere azionato mediante la proposizione di un ricorso principale nel termine di decadenza fissato dalla legge» (cfr. per tutti Tar Lazio, I-bis, 18 febbraio 2021, n. 2041). Tale principio non può che valere anche con riferimento alle ipotesi di intervento nel giudizio ex art. 31 e 117 c.p.a. atteso che anche per tali giudizi l’art. 31, comma 2, c.p.a. prevede un termine decadenziale che potrebbe essere aggirato mediante un utilizzo surrettizio dello strumento dell’intervento processuale. Sotto altro profilo, poi, è chiaro che l’utilizzo improprio dello strumento processuale previsto dall’art. 28 c.p.a. si presta inevitabilmente a condotte elusive degli obblighi contributivi connessi alla proposizione delle azioni in sede giurisdizionale. Per queste ragioni, l’intervento nel presente giudizio spiegato dal sig. OMISSIS – peraltro meramente riproduttivo del contenuto del ricorso
principale e svolto con l’assistenza dello stesso difensore dei ricorrenti – va dichiarato inammissibile. 5. Nel merito, la pretesa dei ricorrenti deve essere rigettata. Come si è già ricordato, infatti, con l’istanza del 10 marzo 2021 i ricorrenti hanno
chiesto
all’amministrazione
di
adottare
«gli
opportuni
provvedimenti» per porre fine a una presunta disparità di trattamento, relativa alle procedure di avanzamento di carriera, tra gli Ispettori Superiori del Corpo di Polizia Penitenziaria e i pari grado dell’Arma dei Carabinieri che – per stessa ammissione dei ricorrenti – troverebbe il proprio fondamento nelle disposizioni del d.lgs. n. 172/2019. E, infatti, come sottolineato dagli istanti/ricorrenti è stato proprio il summenzionato decreto legislativo, all’art. 39, comma 1, lett. b) ad aver modificato l’art. 44, d.lgs. n. 95/2017,“Disposizioni transitorie e finali per il Corpo di polizia penitenziaria”, aggiungendo a tale disposizione il comma 14-septiesdecies, secondo cui nell’anno 2020 è «bandito un concorso straordinario, per titoli, per 150 posti di sostituto commissario, riservato al personale in possesso della qualifica di ispettore superiore alla data del bando che indice il concorso e che, al 31 dicembre 2016». Con la propria istanza, quindi, i ricorrenti censurano la summenzionata disposizione contenuta in un atto avente forza di legge – appunto per la presunta disparità di trattamento determinata dal diverso regime previsto dal d.lgs. n. 173/2019 per i militari dell’Arma – e chiedono all’amministrazione di agire in palese contrasto con il dettato normativo. Alla luce di tali premesse, la mancata risposta dell’amministrazione a un’istanza non solo priva di fondamento ma anche pretestuosa (atteso che gli stessi istanti identificano nella domanda le disposizioni legislative che impediscono alla p.a. l’accoglimento della loro pretesa) non può essere
qualificata come inadempimento censurabile mediante l’azione di cui agli artt. 31, comma 2 e 117 c.p.a. È noto infatti che «perché possa sussistere silenzio inadempimento dell'Amministrazione non è sufficiente che questa, compulsata da un privato che presenta una istanza, non concluda il procedimento amministrativo entro il termine astrattamente previsto per il procedimento del genere evocato con l'istanza, ma è anche necessario che essa contravvenga ad un preciso obbligo di provvedere sulla istanza del privato, che sussiste non solo nei casi previsti dalla legge, ma anche nelle ipotesi che discendono da principi generali, ovvero dalla peculiarità della fattispecie, e, ai sensi dell'art. 2 della l n. 241 del 1990, allorché ragioni di giustizia ovvero rapporti esistenti tra Amministrazioni ed amministrati impongano l'adozione di un provvedimento, soprattutto al fine di consentire all'interessato di adire la giurisdizione per la tutela delle proprie ragioni» (cfr. Consiglio di Stato, III, 14 novembre 2014, n. 5601 e V, 9 marzo 2015, n. 1182). Nessuna delle siffatte ipotesi sussiste nel caso di specie, in cui – come si è già notato – i ricorrenti hanno inviato all’amministrazione un’istanza finalizzata a sollecitare genericamente l’adozione di atti («gli opportuni provvedimenti») contra legem, ovvero ad assumere iniziative in contrasto con il dettato del d.lgs. n. 172/2019. Sotto altro profilo, va evidenziato che – impregiudicata ogni valutazione sulla censura spiegata dai ricorrenti nei confronti delle disposizioni d.lgs. n. 172/2019 (atteso che le stesse costituiscono pur sempre espressione di discrezionalità legislativa e che le diversità di regime tra le diverse forze dell’ordine e i diversi corpi militari non sono sempre ex se irragionevoli) – la mancata risposta della p.a. non impedisce ai ricorrenti di fare valere la propria pretesa nella sede competente, ovvero in sede di impugnazione del bando che l’amministrazione resistente ha già emanato (secondo quanto
dedotto in atti dagli stessi ricorrenti) ai sensi dell’art. 44, comma 14septiesdecies, n. 95/2017. Va da sé, peraltro, che ove i ricorrenti non avessero tempestivamente impugnato il bando adottato ai sensi della predetta disposizione (facendo valere in quella sede la doglianza relativa alla presunta illegittimità, per disparità di trattamento, delle scelte adottate dal legislatore) la proposizione dell’istanza del 10 marzo 2021 – al solo fine di ottenere un inevitabile provvedimento di diniego da impugnare innanzi al giudice amministrativo – costituirebbe un modo per aggirare i termini decadenziali previsti per l’impugnazione del bando. Fermo restando quanto sopra, è noto poi che anche le sentenze che hanno sostenuto che «in presenza di una formale istanza l'amministrazione è tenuta a concludere il procedimento anche se ritiene che la domanda sia irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondata» (cfr. Consiglio di Stato, III, 13 luglio 2021, n. 5284, relativa peraltro alla diversa fattispecie di silenzio della p.a. su un’istanza di accreditamento) hanno sempre evidenziato che un siffatto obbligo non si applica ai «casi limite di palese pretestuosità» (cfr., oltre alla già richiamata Consiglio di Stato, III, n. 5284/2021, anche Tar Lazio, I-quater, 16 luglio 2021, n. 8486), come quello di cui al presente giudizio. D’altronde se è vero che il dovere dell’amministrazione di rispondere alle istanze dei cittadini non discende solamente «da specifiche previsioni di legge, attributive del potere amministrativo in capo alla P.A. … bensì anche dai doveri solidaristici di correttezza e buona fede, che obbligano la P.A. a dare, comunque, riscontro alle istanze quando esigenze di giustizia sostanziale e di certezza dei rapporti impongano l'adozione di un provvedimento espresso, in ossequio al dovere di correttezza e buona amministrazione di cui all'art. 97 Cost.» (cfr. ancora Tar Lazio, I-quater, n.
8486/2021), sono gli stessi principi di correttezza, leale collaborazione e buon andamento che impongono a tutti i consociati di non aggravare l’attività della pubblica amministrazione con istanze pretestuose. Per tutte le superiori ragioni, la domanda spiegata dai ricorrenti non può essere accolta. 6. La peculiarità della vicenda e il mancato espletamento di attività difensiva da parte del Ministero resistente giustificano la compensazione delle spese. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta. Dichiara inammissibile l’intervento del sig. OMISSIS OMISSIS. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2022 con l'intervento dei magistrati: Concetta Anastasi, Presidente Mariangela Caminiti, Consigliere Agatino Giuseppe Lanzafame, Referendario, Estensore L'ESTENSORE Agatino Giuseppe Lanzafame
IL PRESIDENTE Concetta Anastasi
IL SEGRETARIO