REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA in composizione monocratica in persona del Giudice Francesco Antonino Cancilla ha emesso la seguente SENTENZA N. 540/2021 nel ricorso in materia di pensione, iscritto al n. 66425 del registro di segreteria, depositato in data 3 maggio 2019, promosso da: S.
D.
A.
M.,
c.f.:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall’avv. Enrico Tedeschi ed elettivamente domiciliato in Avellino in via Circumvallazione n. 24 presso lo studio del medesimo avvocato, come da mandato in calce al ricorso contro I.N.P.S., in persona del legale rappresentante, difeso dall’avv. Tiziana G. Norrito e dall’avv. Gino Madonia Esaminati gli atti ed i documenti della causa; visto l’art. 1, comma 1, D.L. 14 gennaio 2021, n. 2 che ha prorogato la dichiarazione dello stato di emergenza da COVID-19, di cui all’art. 1 D.L. 19/2020 (convertito, con modificazioni, in L. 35/2020), dal 31 gennaio 2021 al 30 aprile 2021; visto l’art. 26 ter della legge 13 ottobre 2020 n. 126, di conversione in legge del decreto legge 14 agosto 2020, n. 104, che richiama e modifica l’art. 85 del decreto legge n. 18 del 2020, convertito dalla legge 24 aprile 2020 n. 27;
2 FATTO Il ricorrente S. D. A. M., premesso di essersi arruolato nella Polizia di Stato nel 1981, in quiescenza dal 20 novembre 2017, titolare di trattamento pensionistico calcolato con il c.d. "sistema misto", atteso che alla data del 31.12.1995 egli aveva maturato un’anzianità di servizio inferiore ai 18 anni (precisamente: anni 17 e mesi 10 di servizio utile), lamenta che il trattamento pensionistico in godimento gli è stato calcolato con l’attribuzione della minore e più sfavorevole aliquota di cui all’art. 44 del medesimo DPR n. 1092/1973 (per il quale la pensione spettante al personale civile con anzianità di quindici anni di servizio effettivo è pari al 35 per cento della base pensionabile, aumentata di 1,80% per ogni ulteriore anno di servizio fino al raggiungimento del massimo dell’ottanta per cento). Lo stesso ha allegato di avere inviato all’INPS, prima di proporre ricorso, diffida per il ricalcolo della pensione con l’applicazione dell’art. 54 D.P.R. 1092/1973 e che l’Istituto non ha dato alcun riscontro. Per tale motivo con il ricorso introduttivo del presente giudizio il ricorrente, a valle di un articolato percorso argomentativo suffragato dal richiamo di precedenti giurisprudenziali favorevoli, ha chiesto a questo giudice di dichiarare il diritto al ricalcolo, riliquidazione e pagamento del trattamento pensionistico in godimento con applicazione sulla quota calcolata con il sistema retributivo dell’aliquota di rendimento di cui all’art. 54 del D.P.R. n. 1092/1973 pari al 44% della base pensionabile, con la corresponsione degli arretrati, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria sui ratei maturati, ed adeguamento del trattamento corrente, con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa.
3 Nella comparsa di risposta l’INPS ha preliminarmente evidenziato l’inapplicabilità dell’art. 54 T.U. 1092/1973 al personale della Polizia di Stato, trattandosi di corpo di polizia smilitarizzato in virtù della legge n. 121 del 1981; ha poi sottolineato che, diversamente da quanto prospettato da parte ricorrente, alla luce della sentenza delle Sezioni riunite n. 1/2021/QM, l’aliquota di rendimento da applicare alla quota retributiva della pensione liquidata con il sistema misto sia da determinare tenendo conto dell’effettivo numero di anni di anzianità maturati, e non con l’applicazione invariabile dell’aliquota del 44%. L’INPS ha chiesto il rigetto del ricorso. La causa è stata posta in decisione il 27 aprile 2021 ai sensi dell’art. 26 ter della legge 13 ottobre 2020 n. 126, di conversione in legge del decreto legge 14 agosto 2020, n. 104, che richiama e modifica l’art. 85 del decreto legge n. 18 del 2020, convertito dalla legge 24 aprile 2020 n. 27, tenuto conto dell’art. 1, comma 1, D.L. 14 gennaio 2021, n. 2 che ha prorogato la dichiarazione dello stato di emergenza da COVID-19, di cui all’art. 1 D.L. 19/2020 (convertito, con modificazioni, in L. 35/2020), dal 31 gennaio 2021 al 30 aprile 2021. DIRITTO Il ricorso va respinto. La presente controversia impone preliminarmente di verificare se l’art. 54 del DPR 1092 del 1973 si applicabile anche ai dipendenti della Polizia di Stato. Il Decidente condivide il consolidato orientamento, espresso anche dalla Sezione di appello per la Regione siciliana nella sentenza n. 63/A/2021, che nega l’estensione dell’art. 54 del DPR 1092 del 1973 ai pensionati della Polizia di Stato.
4 Orbene, l’art. 54, comma 1, del D.P.R. n. 1092/1973, vigente al 31 dicembre 1995, disponeva che “la pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile […]”. La lettera di tale disposizione, dunque, limita ai militari il suo campo di applicazione. Nondimeno, l’art. 3 della L. n. 121/1981 dispone che “l’Amministrazione della pubblica sicurezza”, nei cui ruoli sono confluiti – fra gli altri – il personale del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza e quello del Corpo di polizia femminile, “è civile”. Al riguardo, relativamente all’interpretazione da adottare nel caso in esame, va peraltro osservato che, ai sensi dell’art. 12 delle Disposizioni preliminari al Codice civile, “nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore”. Pertanto, il primo canone ermeneutico, quello dell’interpretazione letterale, esclude in nuce l’applicabilità dell’art. 54 del DPR 1054/1972 ai pensionati della Polizia di Stato, per via dell’espressa esclusione del loro carattere militare. A fronte di tale chiaro dato letterale, non è consentita alcuna interpretazione analogica o estensiva, specialmente considerando le differenze che intercorrono tra Polizia di Stato e Forze Armate e la loro origine storica. Al riguardo, si ricorda che la L. n. 121/1981, accogliendo anche sollecitazioni provenienti da una parte dell’amministrazione interessata, ha deliberatamente effettuato la c.d. “smilitarizzazione” della Polizia di Stato. L’art. 23 ha, infatti, “disciolto” (e non semplicemente trasformato) il corpo militare delle Guardie
5 di Pubblica Sicurezza, prevedendo l’assegnazione dei dipendenti al nuovo corpo della Polizia di Stato, vale a dire un corpo civile. Questo passaggio ha, da un lato, comportato la riorganizzazione del personale; dall’altro lato, ha mutato il regime sostanziale delle forze interessate, attribuendo alla Polizia alcune prerogative che erano precluse alle Guardie di Pubblica Sicurezza in ragione del loro status militare. Il personale della Polizia di Stato, infatti, è unificato in un’unica scala gerarchica; gli Ufficiali di Polizia (militari), peraltro, sono entrati a far parte del ruolo unico “funzionari direttivi e dirigenti” della Polizia di Stato (a carattere civile). Si ricorda, inoltre, che il fatto di essere un corpo civile ha consentito alla Polizia di assumere personale femminile ben prima che la L. n. 380/1999 consentisse l’ingresso delle donne nelle Forze Armate. Il passaggio all’ordinamento civile ha poi comportato la possibilità per i dipendenti di aderire a sigle sindacali interne e di diventare così maggiormente compartecipi dell’organizzazione delle condizioni di lavoro e di quelle economiche, attenuando,
altresì,
il
carattere
gerarchico-verticistico
proprio
dell’organizzazione dei corpi militari. Inoltre, la Polizia di Stato è stata svincolata dall’applicazione di alcuni plessi normativi rivolti ai militari, come, per esempio., il Codice Penale Militare di Pace. Rispetto alle Forze Armate, la Polizia di Stato si caratterizza anche per diversi criteri di assunzione e formazione dei direttivi. Le Forze Armate, infatti, dispongono di accademie, che formano i futuri ufficiali con un percorso pluriennale assimilato alla laurea, selezionando le reclute tra i diplomati; i Vice-commissari di Polizia sono, invece, selezionati tramite appositi concorsi riservati ai laureati in alcune discipline, in modo non dissimile da quanto
6 avviene per la selezione di funzionari e dirigenti della Pubblica Amministrazione. È pur vero che alcuni compiti delle Forze Armate (e specialmente dell’Arma dei Carabinieri) e della Polizia di Stato sono in parte sovrapponibili (si pensi, per esempio, alle attività di presidio del territorio e pubblica sicurezza svolte anche dai Carabinieri o allo svolgimento di funzioni di polizia giudiziaria). Alla luce di quanto precede, appare chiaro che la Polizia di Stato e le Forze Armate hanno caratteristiche e finalità istituzionali diverse; lo status civile non è semplicemente formale, ma corrisponde alla diversa organizzazione e al diverso regime sostanziale della Polizia di Stato. Va aggiunto che, a seguito della smilitarizzazione della Polizia di Stato, il trattamento previdenziale degli agenti e dei dirigenti di Polizia è stato oggetto di espressa disciplina, proprio per regolamentare la transizione verso il regime delle pensioni civili. La legge ha
così indicato puntualmente quali
disposizioni previste per le Forze Armate rimanessero applicabili alla Polizia di Stato e in quali casi (per esempio, art. 112 della L. n. 121/1983). Pertanto, in base al principio dell’interpretazione letterale, deve ritenersi che non si applichino le disposizioni non espressamente richiamate (ubi voluit dixit). Orbene, fra le disposizioni espressamente applicabili non figura l’invocato art. 54 del D.P.R. n. 1092/1973, relativo al trattamento di quiescenza dei militari. Inoltre, se è vero che, in base all’art. 5, comma 6, del D.L. n. 387/1987, “al personale della Polizia di Stato continuano ad applicarsi, ai fini dell’acquisizione del diritto al trattamento di pensione privilegiata, le norme previste per il personale delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento militare”, tale equiparazione è limitata alle pensioni privilegiate.
7 Tale norma, essendo eccezionale, è, dunque, di stretta interpretazione. Peraltro, la disposizione riguarda solo l’acquisizione del diritto alla pensione, e non la determinazione della sua misura. Ai fini di equiparare il trattamento pensionistico degli agenti di polizia a quello dei militari, non si può neppure invocare l’art. 6 bis del D.L. n. 387/1987, secondo cui “al personale della Polizia di Stato, nonché a quello del Corpo forestale dello Stato in possesso delle qualifiche di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza, ai soli fini dell’acquisizione del diritto al trattamento di pensione normale, si applica l’articolo 52 del testo unico approvato con D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092”. L’art. 52 del D.P.R. n. 1092/1973 disciplina, infatti, solamente l’acquisizione del diritto alla pensione, non la misura del trattamento. Quanto precede evidenzia, pertanto, l’intenzione di assoggettare gli agenti di Polizia a un regime diverso da quello militare, fattisalvi i casi espressamente indicati (in tal senso, cfr. già Corte dei Conti, Sez. Toscana, n. 283/2019). Il fatto che il ricorrente si sia arruolato prima della smilitarizzazione nel Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, inoltre, non vale ad attribuirgli il diritto a una pensione militare. In primo luogo, giova ricordare che la Polizia dello Stato non deriva dalla trasformazione del Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, ma lo ha sostituito (pur assorbendone personale, insegne, beni e rapporti giuridici). Si tratta dunque, formalmente, di un corpo nuovo e diverso. Pertanto, il fatto che il ricorrente si sia arruolato come militare nel disciolto Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza è irrilevante ai fini della qualifica civile nella Polizia di Stato. In ogni caso, ai fini del calcolo della quota retributiva della pensione occorre
8 aver riguardo, in generale, al momento del cristallizzarsi del diritto (Sez. Piemonte, n. 255/2019). Il diritto a pensione sorge nel momento in cui si verificano i presupposti soggettivi e contributivi previsti della legge, conseguentemente -alla stregua dei principi generali in materia di successione della legge nel tempo- deve trovare applicazione la legge vigente pro tempore (Sez. II Giur. Centrale Appello n. 231/2020) e, dunque, al momento del pensionamento. Poiché a tale data il ricorrente era già parte di un corpo civile, egli non potrebbe comunque invocare la qualifica di militare eventualmente ricoperta all’inizio della carriera. Quanto precede non è scalfito dall’art. 110 L. n. 121/1981, ai sensi del quale “le denominazioni Corpo delle guardie di pubblica sicurezza e Corpo della polizia femminile, previste dalle leggi vigenti, sono sostituite dalla denominazione Polizia di Stato”. Tale norma mira, infatti, a sostituire la denominazione prevista negli atti, ma non vale ad ampliare l’applicazione di atti e istituti previsti per i corpi disciolti e non estesi alla Polizia di Stato. In definitiva, gli appartenenti alla Polizia di Stato, a seguito della riforma disposta dalla L. 1° aprile 1981, n. 121, sono stati espressamente qualificati dipendenti pubblici ad ordinamento civile, come si evince, oltre che dall’art. 3, comma 1, della legge, anche dall’art. 23, che istituisce i ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza, ai quali si applicano, in quanto compatibili, le norme relative agli impiegati civili dello Stato (comma 5). L’art. 43, commi 14 e 15, della L. n. 121/1981, disciplina le equiparazioni del trattamento economico tra la Polizia di Stato e gli appartenenti ai corpi di Polizia ad ordinamento militare. Dall’insieme delle citate disposizioni si evince che al personale della Polizia
9 di Stato, in quanto qualificato personale civile dello Stato, si applica il trattamento previdenziale proprio del personale civile, ad eccezione degli istituti espressamente previsti dalla legge, quale, ad esempio, -come già rilevato- la disciplina delle pensioni previlegiate ordinarie, per la quale l’art. 5, comma 6, del D.L n. 387 del 1987 prevede l’applicazione delle disposizioni previste per i militari (tra le tante, Corte dei Conti, Sez. II Appello, 14 maggio 2015, n. 244). La Sezione osserva, inoltre, che l’art. 7, comma 1, della L. 12 agosto 1982, n. 569, dispone che “Al personale appartenente ai ruoli degli agenti e degli assistenti, dei sovrintendenti e degli ispettori, proveniente dal disciolto Corpo delle guardie di pubblica sicurezza continua ad applicarsi l'articolo 6 della legge 3 novembre 1963, n. 1543”. A sua volta, l’art. 6, comma 2, della L. n. 1543/1963 dispone che “La pensione è liquidata sulla base dell'importo complessivo dell'ultimo stipendio o paga e delle indennità pensionabili godute. Essa è ragguagliata, al compimento del ventesimo anno di servizio, al 44 per cento della base pensionabile come sopra determinata”. In applicazione delle ordinarie regole di successione delle leggi nel tempo, per il trattamento pensionistico del personale di Polizia proveniente dal disciolto Corpo delle guardie di pubblica sicurezza, cessato dal servizio successivamente all’entrata in vigore della L. n. 569/1982, si applica l’art. 6, comma 2, che prevede espressamente l’aliquota di rendimento del 44% al solo compimento del ventesimo anno di servizio, come avviene per il restante personale civile. Correttamente, pertanto, l’INPS, in sede di liquidazione della pensione
10 spettante al ricorrente, ha applicato l’aliquota di rendimento prevista dall’art. 44 del D.P.R. n. 1092/1973, corrispondente a quella prevista dall’art. 6, comma 2, della L. n. 1543/1963, non rinvenendosi alcuna norma di legge che attribuisca al personale della Polizia di Stato, in deroga allo stato giuridico di personale civile e alle specifiche norme pensionistiche vigenti, l’applicazione delle differenti aliquote previste dall’art. 54 per il solo personale militare (conforme: Corte dei Conti, Sez. Piemonte, 12 marzo 2019, n. 30). Va, altresì, considerato che l’art. 6 bis del D.L. 21.9.1987 n. 387 conv. in L. 20.11.1987 n. 472 ha esteso, al personale appartenente alla Polizia di Stato, soltanto l’art. 52 del richiamato DPR n. 1092/1973 e non anche il successivo art. 54 (Parere n. 636/1998, reso dall’Adunanza della Prima Sezione del Consiglio di Stato il 14 giugno 2001). In proposito, il Consiglio di Stato, ha avuto modo di ritenere che “…..per la Polizia di Stato il d.l. 21 settembre 1987 n. 387, nel testo risultante dalla legge di conversione 20 novembre 1987 n. 472, ha previsto l’applicazione ai soli fini dell’acquisizione del diritto al trattamento di pensione, dell’art. 52 e non anche dell’art. 54 del d.P.R. n. 1092 del 1973”. L’art. 54 del DPR 1092 del 1973, dunque, trova applicazione, in soltanto nei confronti degli appartenenti alle Forze Armate (Esercito italiano, Marina militare, Aeronautica militare, Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza ex art. 1 D.lgs n. 68/2001) e non anche nei confronti del personale del Corpo smilitarizzato della Polizia di Stato nei cui ruoli il ricorrente ha prestato servizio fino al collocamento in pensione. Va pure osservato che il legislatore non ha esteso il regime previdenziale più favorevole dei militari alla Polizia di Stato, mentre tale estensione è avvenuta nei confronti della Guardia di
11 Finanza con la previsione dell’art. 1 del d.lgs. 68/2001, che individua la Guardia di Finanza come corpo di polizia ad ordinamento militare. Occorre sottolineare che manca nei confronti degli appartenenti della Polizia di Stato una norma analoga al citato 1 del d.lgs. 68/2001. Oltretutto, la necessità di uno specifico intervento normativo, come quello avvenuto con il d.lgs. 68/2001, lascia intendere che, in assenza di puntuale previsione normativa, il regime previdenziale dei militari non può applicarsi alle altre forze di polizia. Il Giudice, conclusivamente, osserva che il legislatore -nell’ambito della sua discrezionalità- ha ritenuto di non estendere alla Polizia di Stato il trattamento pensionistico più favorevole previsto dall’art. 54 del DPR 1092/1973, applicabile agli appartenenti all’Arma dei Carabinieri e -ai sensi dell’art. 1 D.lgs n. 68/2001- anche alla Guardia di Finanza. Si tratta una scelta legislativa, che, da un lato, dal punto di vista sostanziale, potrebbe suscitare qualche dubbio di legittimità costituzionale in considerazione dell’importanza del ruolo e delle funzioni svolte dalla Polizia di Stato per la tutela dell’ordine pubblico, della sicurezza e per la repressione del crimine, oltre che per l’espletamento dell’attività di polizia giudiziaria. Bisogna anche evidenziare il sacrificio di tutti quegli appartenenti della Polizia di Stato che, proprio per l’impegno nell’adempimento del dovere, sono stati uccisi dalla criminalità. Dall’altro lato, tale scelta legislativa può giustificarsi unicamente per le ragioni formali sopra illustrate in relazione allo status dei militari. Non sussistono, conseguentemente, i presupposti per l’applicazione al personale della Polizia di Stato delle aliquote previste dall’art. 54 del D.P.R. n. 1092/1973. In tal senso si è già espressa anche la giurisprudenza largamente
12 prevalente di questa Corte (ex multis, sez. Toscana, n. 9/2020; sez. Piemonte, n. 255/2019; sez. Calabria n. 148/2019; sez. Emilia Romagna n. 142/2019; sez. Lombardia n. 8/2020; sez. Lazio n. 14/2020; sez. Veneto n. 33/2020; sez. Sardegna n. 168/2020; sez. Puglia n. 210/2020; Sez. Liguria n. 14/2020) e , da ultimo, anche dalla summenzionata sentenza n. 63/A/2021 della Sezione di appello per la Regione siciliana. Il ricorso deve essere pertanto respinto. Alla luce della particolarità della fattispecie sopra illustrata, tenuto conto della complessità della normativa, sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di lite. Non vi è luogo a provvedere sulle spese di giudizio, in relazione al principio di gratuità posto per le cause previdenziali dall’art. 10 della legge n. 533/1973. P.Q.M. La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando: -rigetta il ricorso; -compensa integralmente le spese di lite. -dispone che, ai sensi del d.lgs. 196/2003, in conseguenza della natura dei dati personali trattati, si provveda all’oscuramento delle generalità del ricorrente in sede di pubblicazione nella banca dati o di rilascio di copie. Manda alla segreteria per gli adempimenti conseguenti. Così deciso in Palermo, in data 27 aprile 2021 Il Giudice Dott. Francesco Antonino Cancilla Firmato digitalmente
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Visto l’art. 52 del d.lgs. 196/2003, in caso di diffusione, si dispone di omettere le generalità e gli altri dati identificativi anche indiretti della parte ricorrente. Palermo il 27 aprile 2021 Il Giudice Dott. Francesco Antonino Cancilla Firmato digitalmente
Depositato oggi nelle forme di legge Palermo, 27 aprile 2021 Pubblicata il 30 aprile 2021 Il Funzionario Responsabile del servizio pensioni Dott.ssa Mariolina Verro (firmato digitalmente)
Ai sensi dell’art. 52 del D. lgs 196/2003, in caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi di S. D. A. M. c.f. OMISSIS, nonché di altre persone fisiche eventualmente citate. Palermo, 30 aprile 2021 Il Funzionario Responsabile del servizio pensioni Dott.ssa Mariolina Verro (firmato digitalmente)
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