richiesto l’applicazione del più favorevole trattamento per le vittime del terrorismo previsto dalle leggi nn. 302 del 1990, 407 del 1998, 388 del 2000 e 206 del 2004 Consiglio di Stato 2021-
Pubblicato il 17/02/2021
N. 01466/2021REG.PROV.COLL. N. 08745/2012 REG.RIC.
R E P U B B L I C A
I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8745 del 2012, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato .. contro Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12 per la riforma della sentenza del -OMISSISVisti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa; Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2021, tenuta ai sensi dell’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 conv. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, il Cons. Cecilia Altavista; udita per la parte appellante l’avvocato Maria Cristina Osele; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO L’odierno appellante, durante il servizio militare di leva, svolto tra il 1974 e il 1975, quale sergente dell’Esercito, era stato impiegato in una missione per complessivi 37 giorni con l’incarico operativo di Capo Centro presso una struttura militare con annesso ponte radio ubicata in località -OMISSIS-, sulle montagne soprastanti il Comune di -OMISSIS-, in cui per la difficili condizioni climatiche (altitudine pari a circa 2000 metri) e delle modalità di svolgimento del servizio (continuativo anche notturno), aveva contratto una infermità permanente (derivante dalla tubercolosi e dalla successiva epatite contratta a seguito delle trasfusioni), per cui gli era allora stata riconosciuta una invalidità permanente e la pensione privilegiata dal 1975 . Successivamente, il 5 novembre 2004, ha richiesto l’applicazione del più favorevole trattamento per le vittime del terrorismo previsto dalle leggi nn. 302 del 1990, 407 del 1998, 388 del 2000 e 206 del 2004, in quanto la missione effettuata sarebbe rientrata in attività di prevenzione del terrorismo. Tale istanza è stata respinta dal Ministero della Difesa con nota dell’8 febbraio 2005, essendo l’invalidità seguita non ad un “attentato terroristico, ma solo durante lo svolgimento di una normale attività di istituto”. A seguito di richiesta di riesame, e di successive istanze la domanda è stata nuovamente respinta con nota del 17 settembre 2007, in cui veniva escluso il presupposto relativo all’attività di vigilanza di obiettivi sensibili contro atti di
terrorismo, ma successivamente riaperta l’istruttoria con nota del 18 ottobre 2007. Il 5 marzo 2008, il signor -OMISSIS- chiedeva il riconoscimento delle provvidenze per le vittime del dovere, previste dall’art. 1, commi 562, 563 e 564 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, dal D.P.R. n. 243/2006 e dalla legge 13 agosto 1980, n. 466. Tale richiesta è stata respinto dall’Amministrazione della difesa con nota del 6 giugno 2008 n. 119714, avverso cui è stato proposto ricorso al Tribunale di giustizia amministrativa della Provincia di Trento, che lo accoglieva con sentenza n. 210 del 2009, ritenendo sussistente il presupposto individuato dalla legge della “missione di ordine pubblico a tutela e sorveglianza di infrastruttura civile e militare” (art.1 comma 563 lettera c) della legge 266 del 2005). Con ulteriore istanza in data 10 novembre 2010 richiedeva nuovamente il più favorevole trattamento previsto per le vittime del terrorismo. L’istanza è stata respinta con la nota del 18 novembre 2010, “trattandosi di infermità contratta in assenza di un evento violento”. Avverso tale nota e per l’accertamento della spettanza del beneficio per le vittime del terrorismo è stato proposto ricorso al Tribunale di giustizia amministrativa-OMISSIS-, per vari motivi di violazione di legge, in relazione all’art. 82 comma 8 della legge n. 388 del 2000 e all’art. 1 della legge 302 del 1990, per il difetto di motivazione, e di eccesso di potere per travisamento dei fatti, contraddittorietà, illogicità, irragionevolezza; nonché per la violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 per la mancanza del preavviso di rigetto. Nel giudizio di primo grado, si era costituita in giudizio l’Amministrazione della difesa, contestando la fondatezza del ricorso, deducendo l’incumulabilità dei benefici, che comunque l’attività di vigilanza svolta dal militare fosse
generica attività di ordine pubblico e non tesa alla tutela di uno specifico rischio terroristico; aveva eccepito poi la prescrizione dell’eventuale credito. Con la sentenza n. 283 del 14 settembre 2012, il ricorso è stato respinto, escludendo la spettanza del beneficio, in quanto la disposizione dell’art. 1 comma 3 della legge 302 del 1990 art. 1, per cui “la medesima elargizione è corrisposta anche a chiunque subisca un'invalidità permanente, per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza dello svolgersi nel territorio dello Stato di operazioni di prevenzione o repressione dei fatti delittuosi di cui ai commi 1 e 2, a condizione che il soggetto leso sia del tutto estraneo alle attività criminose oggetto delle operazioni medesime” sarebbe entrata in vigore dopo i fatti di causa; il ricorrente, comunque, aveva ottenuto il riconoscimento dei benefici quale vittima del dovere, mentre l’ulteriore beneficio avrebbe richiesto lo specifico nesso di causalità tra le ferite o lesioni riportate e le azioni di stampo terroristico, ovvero perpetrate dalla criminalità organizzata, assente nel caso di specie, trattandosi di una attività di generica vigilanza di un sito militare; è stata respinta la censura relativa alla violazione dell’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, sulla base della disciplina dell’art. 21 octies della medesima legge. Avverso tale pronuncia è stato proposto il presente appello formulando motivi di error in iudicando e omessa motivazione relativamente alla censura di falsa applicazione dell’art. 82 comma 8 della legge 388 del 2000; di violazione e falsa applicazione di norme, sostenendo che il beneficio era stato richiesto ai sensi dell’art. 82 della legge 388 del 2000, che tale disposizione lo prevedeva anche per i fatti pregressi; che, quindi, tale beneficio, era effettivamente spettante, avendo l’appellante svolto una missione tesa alla prevenzione dell’attività terroristica diffusa a quel tempo in -OMISSIS-, non essendo dalla disciplina normativa l’elargizione del beneficio ristretta all’evento violento. Il Ministero della difesa si è costituito in giudizio solo con atto di mero stile.
La difesa appellante in vista dell’udienza pubblica ha presentato memoria, insistendo
per
le
proprie
tesi
difensive
ed
ha
depositato
copiosa
documentazione. All’udienza pubblica del 12 gennaio 2021, tenuta ai sensi dell’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 conv. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, a seguito della discussione orale da remoto del difensore della parte appellante, il giudizio è stato trattenuto in decisione. DIRITTO La presente vicenda riguarda una domanda di riconoscimento del beneficio delle vittime del terrorismo, in base alla disposizione estensiva dell’art. dell’art. 82 comma 8 della legge 23 dicembre 2000, che ha esteso al personale per cui era prevista la disciplina delle vittime del dovere “magistrati ordinari, ai militari dell'Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza, del Corpo degli agenti di custodia, al personale del Corpo forestale dello Stato, ai funzionari di pubblica sicurezza, al personale del Corpo di polizia femminile, al personale civile dell'Amministrazione degli istituti di prevenzione e di pena, ai vigili del fuoco, agli appartenenti alle Forze armate dello Stato in servizio di ordine pubblico o di soccorso, i quali, in attività di servizio”) il beneficio previsto dalla legge 20 ottobre 1990, n. 302 per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata. In particolare, la istanza è stata presentata ai sensi dell’art. 82 comma 8 della legge 388 del 2000, per cui “le disposizioni della legge 20 ottobre 1990, n. 302, si applicano anche in presenza di effetti invalidanti o letali causati da attività di tutela svolte da corpi dello Stato in relazione al rischio del verificarsi dei fatti delittuosi indicati nei commi 1 e 2 dell'articolo 1 della legge medesima”, ovvero “atti di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico” ( comma 1)
e “fatti delittuosi commessi per il perseguimento delle finalità delle associazioni di cui all'articolo 416-bis del codice penale” ( comma 2). Anche il comma 3 dell’art. 1 della legge n. 302 del 1990 prevede: “la medesima elargizione è corrisposta anche a chiunque subisca un'invalidità permanente, per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza dello svolgersi nel territorio dello Stato di operazioni di prevenzione o repressione dei fatti delittuosi di cui ai commi 1 e 2, a condizione che il soggetto leso sia del tutto estraneo alle attività criminose oggetto delle operazioni medesime”. L’appello è fondato. In primo luogo, si deve rilevare che il comma 5 dell’art. 82 della legge n. 388 del 2000 ha previsto espressamente, che “i benefici previsti dalla legge 20 ottobre 1990, n. 302, e dalla legge 23 novembre 1998, n. 407, in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, si applicano a decorrere dal 1 gennaio 1967”, con la conseguenza che tutti i benefici previsti dalla norma possono essere concessi, al ricorrere dei presupposti, “per gli eventi verificatisi a partire da tale data” (cfr. Cass. civ. Sez. V, 16 febbraio 2010, n. 3575). Ha errato, dunque, il giudice di primo grado nel fare riferimento alla entrata in vigore della disposizione successiva ai fatti, essendo espressamente estesa dalla disciplina legislativa la spettanza del beneficio a fatti successivi al 1967. Né la spettanza del beneficio quale vittima del terrorismo poteva essere in astratto esclusa dalla percezione, a seguito della sentenza n. 209 del 2010, delle somme previste quale vittima del dovere, ai sensi della legge n. 466 del 1980 e dell’art. 1 comma 563 della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Infatti, in base al comma 4 dell’art. 82 della legge n. 388 del 2000, “gli importi già corrisposti a titolo di speciale elargizione di cui alla legge 13 agosto 1980, n. 466, e successive modificazioni, ai superstiti di atti di terrorismo, che per effetto di ferite o lesioni abbiano subito una invalidità permanente non
inferiore all'80 per cento della capacità lavorativa o che comunque abbia comportato la cessazione dell'attività lavorativa, sono soggetti a riliquidazione tenendo conto dell'aumento previsto dall'articolo 2 della legge 20 ottobre 1990, n. 302”. Inoltre, ai sensi dei commi 3 e 4 dell’art. 13 “in caso di concorso di benefici pubblici non cumulabili è richiesta esplicita e irrevocabile opzione da parte dei soggetti interessati, con espressa rinuncia ad ogni altra provvidenza pubblica conferibile in ragione delle medesime circostanze”. Il giudice di primo grado ha errato anche nel considerare la spettanza del beneficio riferita solo ad uno specifico nesso di causalità tra le lesioni riportate e l’attività terroristica. Infatti, la disposizione sopra richiamata, dell’art. 82 comma 8 della legge n. 388 del 2000 estende il beneficio anche a effetti invalidanti “causati da attività di tutela svolte da corpi dello Stato in relazione al rischio del verificarsi dei fatti delittuosi”…“di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico” Pertanto, nel caso di specie, la spettanza del beneficio non poteva essere esclusa né dalla ritenuta mancanza di uno specifico nesso di causalità con la condotta attiva terroristica- come affermato dal giudice di primo grado- che effettivamente non si è verificata, né - come indicato, nella nota di diniego del 18 novembre 2010, impugnata con il ricorso di primo grado- per la mancanza di un evento violento, anch’esso non verificatisi. Il presupposto richiesto dalla legge per l’assegnazione del beneficio, nel caso relativo alla richiesta formulata dal signor -OMISSIS- è, infatti, costituito dall’essere l’invalidità connessa allo svolgimento di un’attività di “tutela svolta da corpi dello Stato in relazione al rischio del verificarsi di fatti” di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico o di fatti commessi dalla criminalità organizzata.
Sotto tale profilo, l’Amministrazione avrebbe dovuto valutare se l’ attività di tutela svolta presso il traliccio di -OMISSIS- fosse considerata a quel tempo effettivamente una generica attività di vigilanza ad una infrastruttura militare (circostanza che ha consentito l’assegnazione del beneficio previsto per le vittime del dovere) oppure una specifica attività di prevenzione dell’attività terroristica, tenuto conto sia delle concrete modalità di svolgimento del servizio, con isolamento per molti giorni consecutivi, sia del contesto geografico e storico - temporale in cui era stato effettuato e assegnato tale tipo di servizio. Si deve, infatti, considerare che sia la parte appellante che l’Avvocatura dello Stato hanno depositato in giudizio in primo grado (l’Avvocatura essendo costituita in appello con atto di mero stile) la nota del Capo dell’Ufficio storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, del 14 settembre 2007, che, in relazione al Piano d'impiego “Adige” (n. 49/61 SS) del IV Corpo d’armata alpino, indica i settori considerati ad alto rischio attentati e tra questi menziona anche le aree limitrofe a Lana, ove si trova la struttura militare in questione; inoltre l’Avvocatura dello Stato ha altresì depositato la nota del detto Ufficio storico del 17 ottobre 2007 che fa riferimento ad “attività di vigilanza dei Centri Nodali”. Ritiene, dunque, il Collegio che il diniego opposto dal Ministero con la nota del 18 novembre 2010, oggetto del presente giudizio, basata sulla mancanza dell’evento violento non sia corrispondente ai presupposti previsti dalla disciplina normativa. Né possono rilevare in questa sede i precedenti dinieghi dell’8 febbraio 2005 e del 17 settembre 2007, in quanto del tutto superati dal successivo diniego del 18 novembre 2010, a seguito di una riedizione del procedimento, a partire dalla nota del 18 ottobre 2007. Peraltro, anche tali precedenti note contenevano indicazioni generiche, che non manifestavano una completa attività istruttoria
effettuata con riferimento alle concrete circostanze di fatto della vicenda e agli atti posti a base della scelta di tale missione presso il -OMISSIS-. Il provvedimento di diniego impugnato basato su un errato presupposto e su una carente istruttoria e motivazione è pertanto illegittimo e deve essere annullato, con conseguente obbligo di riesame della intera vicenda da parte dell’Amministrazione della Difesa, che dovrà considerare le concrete circostanze della missione svolta dall’odierno appellante presso la struttura militare di -OMISSIS- e dovrà altresì tenere conto delle risultanze delle note dell’Ufficio storico dello Stato Maggiore dell’Esercito del 14 settembre 2007 e del 17 ottobre 2007, nonché di ulteriori atti ed elementi in possesso dell’Amministrazione, al fine di individuare la specifica attività di prevenzione effettuata con il servizio di vigilanza presso la detta struttura. Non può, invece, essere accolta sic et simpliciter la domanda di attribuzione del beneficio, essendo necessaria una nuova e completa attività istruttoria da parte dell’Amministrazione, finalizzata alla individuazione della specifica missione svolta presso la struttura militare di -OMISSIS-. In conclusione l’appello è fondato e deve essere accolto e, in riforma della sentenza impugnata, deve essere accolto il ricorso di primo grado nei limiti sopra indicati. In considerazione della particolarità della vicenda e del mancato accertamento circa l’effettiva spettanza del beneficio richiesto, sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio. Non può essere, infatti, accolta l’istanza di porre integralmente le spese del presente giudizio a carico dello Stato, ai sensi dell’art. 10 della legge 3 agosto 2004, n. 206, non essendo applicabile tale disposizione alla presente vicenda. Infatti, l’art. 1 comma 1 della detta legge prevede espressamente: “Le disposizioni della presente legge si applicano a tutte le vittime degli atti di terrorismo e delle stragi di tale matrice, compiuti sul territorio nazionale o
extranazionale, se coinvolgenti cittadini italiani, nonché ai loro familiari superstiti. Ai fini della presente legge, sono ricomprese fra gli atti di terrorismo le azioni criminose compiute sul territorio nazionale in via ripetitiva, rivolte a soggetti indeterminati e poste in essere in luoghi pubblici o aperti al pubblico”, con ciò restringendo il suo ambito di applicazione, rispetto alla disciplina generale della legge n. 302 del 1990 e dell’art. 82 della legge n. 388 del 2000, alle attività terroristiche espressamente definite. Ne deriva che le previsioni di tale legge non possono essere estese all’attività di tutela svolte da corpi dello Stato, in relazione al rischio del verificarsi dei fatti di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico contemplata dall’art. 82 comma 8 della legge n. 388 del 2000, oggetto del presente giudizio. Tale interpretazione trova conferma nel comma 2 dell’art. 1 della legge n. 206 del 2004, per cui “per quanto non espressamente previsto dalla presente legge si applicano le disposizioni contenute nelle leggi 20 ottobre 1990, n. 302, 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni, nonché l'articolo 82 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ad eccezione del comma 6”. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado nei limiti di cui in motivazione. Spese del doppio grado di giudizio compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all'articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n.
196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute della parte appellante. Così deciso dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato con sede in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2021 convocata con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati: Claudio Contessa, Presidente Italo Volpe, Consigliere Antonella Manzione, Consigliere Cecilia Altavista, Consigliere, Estensore Carla Ciuffetti, Consigliere L'ESTENSORE Cecilia Altavista
IL PRESIDENTE Claudio Contessa
IL SEGRETARIO In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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