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giovedì 5 settembre 2002
Liberazione
NOI LORO GLI ALTRI
L’EDITORIALE
D’Alema, l’inemendabile ....di Rina Gagliardi....
A
i vertici dell’Ulivo, Ds e Margherita, i girotondini in tutta evidenza non piacciono: li percepiscono come “estremisti”, anche se nella realtà sono portatori di istanze semplicemente democratiche. Li avvertono come “disordine” dei percorsi “ordinati” (?) della Politica, quella con la P maiuscola. Li vivono, insomma, come gente che disturba il manovratore. Perciò, nei loro confronti, oscillano tra diffidenza e arroganza, tra toni paternalistici e messaggi di malevolenza. Che dire del sublime Rutelli quando avverte, dalle colonne della Repubblica che «i girotondi non bastano»? Se fossi uno dei promotori della manifestazione del 14 settembre, mi sentirei alquanto offesa da un’osservazione così ridondante e così banalotta - nemmeno Nanni Moretti (che pure non scherza quanto a senso d’onnipotenza di sé) può aver mai pensato davvero di stare svolgendo una missione politica risolutiva. Ma che dire, soprattutto, di Massimo D’Alema che, da un altro importante quotidiano, il Corriere della Sera, lancia una specie di scomunica? ll presidente dei Ds non solo fa sapere che, lui, il 14 settembre non ci sarà (e questa libertà di scelta appartiene in effetti agli inalienabili diritti di ogni persona), ma spiega che, nella sostanza, il movimento dei girotondini aiuta soprattutto il governo Berlusconi. Finalmente, un po’ di chiarezza. Manca solo un avverbio, tante volte detto e nel ’900 sentito: oggettivamente. Ma il concetto è proprio quello lì: la radicalità è sempre complice (appunto oggettivamente) del nemico. E chi protesta troppo fa, oggettivamente il «gioco dei padroni». Come dire: D’Alema perde il pelo, ma non il vizio.
I
n realtà, la vera novità di questo ultimo D’Alema a tutto campo è un’altra: la sua adesione ad un’idea esplicitamente neo-autoritaria, ultradecisionista, quasi schmittiana, della politica. Nell’intervista al Corriere, il leader della Quercia dichiara testualmente: «Sono così favorevole al sistema maggioritario che, fosse in me, la legge finanziaria non dovrebbe essere emendabile». Un’affermazione che ha dell’incredibile, ma che non ha nulla di casuale: è il punto di arrivo di una cultura politica dove l’assolutizzazione della dimensione del governo si salda “logicamente” con la rinuncia ad ogni ottica di classe e con l’idea, conseguente, della neutralità delle «leggi dell’economia». Alla politica in senso proprio resta solo uno spazio, quello riservato alle questioni di coscienza, alla morale. Perché D’Alema vorrebbe una finanziaria non emendabile? Perché, nella visione postcomunista (e nella sua), la politica sociale ed economica, appunto definita da questo tipo di legge, è una prerogativa per eccellenza dell’esecutivo, del governo: il quale deve poter esercitare le sue scelte fuori e oltre ogni mediazione, e ogni concessione alla logica della rappresentanza. E perché è concepita come un’operazione di natura sostanzialmente tecnica, non connessa cioè a un’idea di società, a ideologie politiche, o a rapporti di classe. In effetti, non è questa la modalità con la quale i governi di centrosinistra hanno presentato le loro ultime finanziarie? Più in generale, la sinistra moderata ha davvero rotto con la sua storia quando ha assunto il capitalismo come l’unico modo di produzione possibile. Correggibile, magari, in qualcuna delle sue storture più gravi, ma pur sempre nella sua essenza eterno - anzi, “naturale”, proprio come le leggi dell’economia (?). Proprio come le leggi finanziarie. Quello di D’Alema, in fondo, è un approdo politico annunciato: un conservatorismo che ha pochissimo di liberale e ancor meno di democratico. Solo una domanda: ma da dove gli viene la persuasione, così pertinace e insistita, di avere «governato bene» quando ha governato, di essere ancor oggi a a capo di una una «classe dirigente» credibile, insomma di essere il migliore? Non è forse vero che, almeno negli ultimi dieci anni anni, non ne ha azzeccata una?
Liberazione Quotidiano del Partito della Rifondazione Comunista
Direttore Alessandro Curzi Condirettore (responsabile) Rina Gagliardi Amministratore unico Mauro Belisario Vicedirettori Salvatore Cannavò Simonetta Cossu Caporedattori Carla Cotti Giuseppe D’Agata, Romina Velchi
2-3
«Forza “Sciuscià”» e «non rinunciamo a “Il Fatto”»: la decisione Rai di chiudere le trasmissioni sgradite a Berlusconi provoca una spontanea ondata di proteste… Fischi benedetti
Una famiglia
Caro direttore, ti invio questa e-mail per aggiungere la mia firma all’appello in favore di “Sciuscià” e per sottolineare la mia soddisfazione alla notizia, appresa in questo momento alla radio, dei fischi al rappresentante degli Stati Uniti d’America al vertice ufficiale di Johannesburg. Presidenti e ministri di mezzo mondo hanno sonoramente fischiato il rappresentante dell’Impero come fossero dei ragazzi no-global. Qualcosa si muove nel mondo: altro che fine della Storia! Antonella Astaldi via e-mail
Siamo una famiglia di Lacedonia (Av) e siamo lieti di sostenere la lotta affinché la libertà di stampa non muoia. Antonio Di Ninno, Serafina Scola, Francesca e Rossana Di Ninno via e-mail
Chiamiamola libertà
In difesa del pluralismo Come dirigenti del sindacato lavoratori della comunicazione della Cgil di Perugia aderiamo all’appello in difesa del pluralismo nell’informazione. Mauro Bucarini, Marcello Sartori, Maurizio Evangelisti, Corrado Corradetti
Caro direttore, entusiasmano le tante firme sotto l’appello per “Sciuscià” (aggiungi anche la mia) come l’adesione alla manifestazione del 14 settembre. Il comun denominatore di tutte le iniziative deve essere per il diritto all’informazione che per me significa “libertà”, infatti non può agire liberamente chi non è informato, come dimostra la passiva accettazione della politica di Berlusconi causata dalle notizie distorte o incomplete o addirittura nascoste, della nuova Rai. Sto coinvolgendo anche alcuni miei amici che non sempre condividono quello che Santoro mette in scena, ricordando che il problema non è sostenere coloro che rispecchiano le nostre idee, ma garantire che tutti i giornalisti Rai abbiano il loro spazio nel rispetto del pluralismo. I governanti prendano esempio proprio dagli Stati Uniti, dove giornali dell’importanza del “Washington Post” o del “New York Times” attaccano ferocemente il governo, quando lo colgono in castagna, senza guardare se il presidente si chiama Clinton o Bush. Katia Perdomi Università di Bologna
No alle epurazioni
Insieme
Perché l’11 settembre non mandate in diretta sul sito di Liberazione con una webcam la puntata di “Sciuscià” che si terrà alla festa nazionale in corso a Castel Sant’Angelo. Permettamo a tutti di vedere ciò che vogliono oscurare. Donella Taddei via e-mail
Caro direttore, aderiamo all’appello in favore di “Sciuscià” e verremo a Roma il 14 settembre a manifestare per una giustizia giusta e per la libertà di informazione. Siamo contenti che i parlamentari dell’Ulivo e di Rifondazione abbiano trovato un’intesa per contrastare in Parlamento gli avvocati di Berlusconi. Sonia Vergonbelli, Flavia e Cinzia Donati, Elisabetta Fray Milano
Il Mamiani c’è Aderiamo all’appello per una Rai che rispetti i suoi doveri di servizio pubblico. Un gruppo di studenti (allegate 17 firme) liceo Mamiani, Roma
Da Mediaset Caro Curzi, ricordando il tuo Tg3 (TeleKabul) aderiamo all’appello per Santoro e Biagi. Noi lavoriamo a Mediaset, ma sappiamo che senza una Rai competitiva non c’è avvenire per la libertà di comunicazione. Un gruppo di lavoratori Mediaset Milano
Punto di incontro Chiediamo a “Liberazione” di rendere pubblico il punto di incontro di piazza del Popolo dove vogliamo abbracciare la redazione di “Sciuscà”. Vi chiediamo di aggiungere i nostri nomi all’appello. Ciro De Grandis, Tullio Blasi, Francesco e Nunzia Lombardi e Giulietta Mainardi via e-mail
Il silenzio è morte Carissimo direttore, ho letto su “Liberazione” l’appello in difesa del pluralismo nell’informazione; e due 2 minuti fa mi sono collegata ad internet per aggiungere con orgoglio e fermezza la mia firma. Ho 18 anni, e sono profondamente delusa dai programmi televisivi: ormai da tempo guardavo la televisione solo per Sciuscià. Perciò anch’io oggi urlo contro l’impossibilità che ora mi vien data di accendere il televisore... anch’io oggi urlo, perché il silenzio è uguale a morte! Paola Andriulo Francavilla Fontana (Br)
Una webcam
Queste le ulteriori adesioni giunte in redazione fino alle ore 13 del 4 settembre: Gennaro Franciosi prof. alla II Università di Napoli; Federica Rappini, Paola Amici, Fabrizio Rappini Forlì; Milena Mancini Bologna; Lina Degortes Genova; Carlo Ghione Genova; Elisabetta Caravati e Gianpaolo Borgo Crugnola di Mornago (Va); Alessio Ciacci Lucca; Elda Pedruzzi, Odille Ceccarelli, Umberto e Valentina Rubini Marina di Massa; Roberto Marani Bologna; Franca Romagnani San Polo D’Enza (Re); Luca Cacciari Bologna; Maria Libra Catania; Luciano Di Fiore Napoli; Marco Beatrici Dercolo (Tn); Franco Gargiulo; Giovanni Mariani Sant’Oreste (Rm); Maria Pia Bottone Roma; Biagio Strocchia Milano; Ludovico Lamarra; Ernesto Cairoli Meda (Mi); Riccardo Vinciguerra e Sergio Accornero Alessandria; Sabrina e Bruno Fusari, Claudia Bacchileda; Luisa Berselli Modena; Edoardo Minuto San Benedetto del Tronto; Sara Nicusanti; Eliseu Mariano De Castro Leao, Marilena Deana Milano. AMBIENTE
Senza se e ma… Senza tanti “se” e senza tanti “ma” firmiamo per la libertà dell’informazione. Aurelio Dentici, Marco Zandigiacomo Milano
REDAZIONE Roma, viale del Policlinico, 131 - 00161 tel. 06441831 (15 linee r.a.) fax 0644183247; MRC srl Roma, viale del Policlinico, 131 - 00161 DIFFUSIONE tel. 0644183226/7 fax 0644183229. AMMINISTRAZIONE tel. 06/44183230 DISTRIBUZIONE SODIP “Angelo Patuzzi” S.p.A., via Bettola, 18 20092 Cinisello Balsamo (Mi).
In difesa dei principi fondamentali sanciti dagli articoli 3 e 21 della Costituzione è d’obbligo garantire il pluralismo di idee, di informazione e la libertà di espressione senza emarginazioni ed epurazioni di sorta. Massimiliano Valdannini segretario provinciale Siulp, Roma
Mercato uguale spreco Ho visto al Tg1 che nel cuneese si butteranno tonnellate di pesche che al coltivatore
PUBBLICITÀ Omnimedia s.r.l., Viale del Policlinico, 131 00161 Roma Tel. 064416281 Fax 0644202000 e-mail omnimedia@omnimediabrief.it Enti pubblici, legali, aste e appalti: Intel Media Pubblicità s.r.l. - Tel. 0883347995 Fax 0883347996 TIPOGRAFIE Rotopress s.r.l., via del Trullo 560 - 00148 Roma Tel. 066536800. Satim spa, S.S. dei Giovi, 137 20037 Paderno Dugnano (MI) - Tel. 029104679
vengono pagate pochi centesimi, ossia meno del prezzo di raccolta, mentre nei negozi costano fino a due euro il chilo. Possibile che non ci siano giovani o pensionati o immigrati che si mettono magari in cooperativa e raccolgono la frutta gratis per se stessi o per venderla a poco prezzo o regalarla alle mense dei poveri e ai vari centri assistenziali che pure ci sono certamente in Piemonte? So che la mia proposta fa a pugni con la sbandierata legge del mercato, ma non è ora di finirla di mandare al macero generi alimentari, mentre due terzi del mondo muore di fame e anche in Italia i prezzi vanno alle stelle? Gianfranco Bigazzi via e-mail
Civiltà occidentale Caro Curzi, qualcuno avrà informato la signora Fallaci degli esiti di Johannesburg? La tanto decantata civiltà occidentale è ben rappresentata dall’atteggiamento dei suoi maggiori campioni, quali Usa e Canada (e ora anche Cina). Benché i due ultimi paesi citati abbiano alla fine acconsentito a firmare il protocollo di Kyoto, la superpotenza supercivile che ha la maggiore responsabilità per le emissioni di gas nocivi se ne “frega” altamente e dichiara che seguiterà a fare come le pare. E poi ci volevano far credere che i talebani fossero la feccia del mondo perché distruggevano gli antichi idoli scolpiti nella roccia. I talebani certamente si dimostrano anche per questo incivili, ma Bush e i suoi gli stanno alla pari, anzi li superano. Quanti monumenti, foreste, paesi, popolazioni saranno sacrificate alla “civiltà occidentale” di Bush e compagnia? Anna Bevione via e-mail
“LIBERAZIONE” Uno sfogo Caro direttore, oggi voglio concedermi uno sfogo. Essere militanti di Rifondazione costa molto (in euro). La tessera del partito, è ovvio; il quotidiano, tutti i giorni e va benissimo. Io vivo a Milano e quindi ho pagato il “mattone rosso” per comprare la nuova federazione. Poi c’è la festa provinciale di “Liberazione” al Palavobis che mi impegna per venti giorni. Poi nel mio circolo, a Cornaredo, organizziamo un’altra festa di “Liberazione” insieme a 13 altri circoli della zona. Altri 11 giorni di lavori. E così ho speso (bene!) tutte le mie ferie. Senza contare le riunioni di circolo settimanali e gli impegni politici i banchetti per le firme referendarie ecc. ecc. Tutto bene, è una mia scelta militante. State tranquilli, il 28 settembre ci sarò a Roma alla manifestazione nazionale. Non ti ho scritto tutto questo solo per dirti che i comunisti sono gente speciale, questo lo sappiamo tutti! Ma solo per farti notare un grave errore che avete commesso vendendo il giornale (una volta al mese) a due euro. Non sono d’accordo! Obbligare i compagni a comprare il giornale più l’inserto (che molti non leggono) a due euro mi sembra una forzatura verso quello zoccolo duro di Rifondazione che non vuole rinunciare mai al quotidiano. Non so quale concetto politico o economico vi abbia fatto fare una scelta così sbagliata. Per piacere, volete lasciare decidere a noi se l’inserto lo compriamo o no? Caro direttore, cari compagni di “Liberazione” a voi, naturalmente, la scelta su cosa fare ma aiutateci a sostenere (senza nuove spese) il nostro stupendo giornale. Luigi Foschi Settimo Milanese (Mi)
- Chiusura in redazione ore 21,00 REGISTRAZIONE Trib. di Roma n. 00278/91 del 9/5/'91. La consegna delle copie d’obbligo ai sensi degli artt. 1 e 9 L. 374/1939 è effettuata presso la Prefettura e la Procura della Repubblica di Roma
Prezzo di copertina Arretrati
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Sregolatezze
N
on capita tutti i giorni a un giornalista di sentirsi dare pubblicamente del «voltagabbana, pazzoide e canguro della professione» dal segretario nazionale del sindacato unitario dei giornalisti. Perciò Oliviero Beha ha deciso di querelare Paolo Serventi Longhi. Querela che potrebbe rientrare se Serventi dichiarasse di aver voluto semplicemente «stimolare un dibattito sul servilismo, passato, presente e magari futuro, che la categoria manifesta come carattere dominante e non recessivo del suo Dna». Ma chi dovrebbe partecipare al dibattito? Sempre loro. Beha: comunista, poi forse leghista, «ha sfiorato Rifondazione», oggi legato ad An e in lizza per diventare il Santoro del centrodestra. Serventi: comunista, poi sindacal-craxiano, infine girotondista. E naturalmente: Renzo Foa, Minoli, La Porta, Mentana, Rossella, Fede, Paolo Guzzanti, Mimun, Rondolino, Mastella, Di Pietro, Velardi, Vespa, Saccà, Baldassarre (sono gli eroi del tempo indicati da Serventi). Ma è un dibattito cui assistiamo da sempre. Non facciamo altro - da quando non ci sono più il primato della politica e la mai troppo deprecata partitocrazia lottizzatrice - che assistere agli insulti di «cortigiano» e di «voltagabbana» che si scambiano i lottizzatori dei partiti. Forse per delegittimarsi, ma in realtà legittimandosi reciprocamente. Tutti voltagabbana, nessun voltagabbana. Don Pancrazio donpancrazio@email. it
GIORNALI & TV
Girotondi e girotondini tra apprezzamenti formali e prese di distanza del presidente dei Ds e di quello della Margherita
“G
iro, giro tondo… casca il mondo, casca la terra, tutti quanti giù per terra…” chissà se ancora è un gioco da bambini e bambine. Molti se lo ricorderanno: tutti quelli che potevano passare ore nel cortile o sul prato davanti casa, quando la città non era asfissiata dalle macchine e la televisione non era il totem fagocitante di ogni ora libera dalla scuola e dai compiti. No, per carità nessuna nostalgia del bel tempo che fu. Ma solo una veloce riflessione su come le parole con il passar degli anni perdono il loro significato per assumerne un altro assai diverso dall’originale. Oggi i girotondi significano manifestazioni di protesta, insomma momenti di impegno politico. Fuori dai partiti come dagli schieramenti politici. Sono aggregazioni di “democratici” borghesi e illuminati che stanchi di una certa inerzia di certi uomini politici della sinistra riformista hanno deciso di esprimere la loro protesta in piazza contro una maggioranza che fa leggi ad personam, che in quanto tali offendono il senso della giustizia e dello stato di diritto. Vorrebbero anche aiutare chi ha sbagliato, votando Berlusconi, ad aprire gli occhi, a riflettere sulle scelte del
Cavaliere. Hanno poi il fascino, questi girotondi, di portare in piazza uomini dello spettacolo o della musica leggera, insieme a docenti, giornalisti e scrittori: il che non guasta mai in una società dominata dall’immagine e dalla televisione. Ma fanno politica, anzi servono alla politica questi girotondi in un sistema maggioritario (imperfetto)? Rappresentano un fenomeno nuovo, nato spontaneamente in un mondo ormai privo di una rete capillare di luoghi e sedi dove poter parlare di politica - come erano le sezioni del Pci – per dare a tutti il diritto di esprimere le proprie opinioni contro l’arroganza di questo governo, le sue censure in Rai, la difesa degli interessi più meschini del premier e dei suoi amici. Sono a nostro avviso l’espressione di vitalità della società civile italiana: il che non ci sembra poco in questi tempi oscuri. Ma… sì… però… niente da dire… eppure non bastano… non ci bastano… sono positivi… solo che… Volete sapere chi esprime tutti questi distinguo, chi si premura di prendere le distanze, pur apprezzando, chi insomma il 14 settembre a Roma, in piazza del Popolo «non ci sarà perché è impegnato altrove» oppure ci sarà dal momento che gli
organizzatori non vogliono presentarsi come «una forza radicale, né troppo di sinistra»? Ma certo: sono due alti esponenti dell’Ulivo: il presidente dei diesse Massimo D’Alema e quello dell’Ulivo Francesco Rutelli. Il primo in un’intervista di Paolo Franchi, sul Corriere della Sera, sottolinea che «se la sfida è girotondini-governo, si fa solo un piacere a Berlusconi» (come leggiamo nel grande titolo) per aggiungere che non bastano i movimenti, né tanto meno lo sciopero generale, anche se «davvero non è infondato». «Il problema – dice - è accumulare forze, far crescere il profilo di un’alternativa di governo, allargare il consenso per vincere le elezioni»: giusto, ma perché non considerare i movimenti, le lotte operaie e gli stessi girotondi come parte integrante di questo progetto? Comunque una cosa di sinistra questa volta la dice. E’ contrario all’aggressione americana contro l’Iraq. «Tutta la politica verso quel paese è stata disastrosa: l’embargo con i suoi terribili costi umani è servito a rafforzare Saddam. Non se ne esce con la guerra, ma restituendo una funzione arbitrale all’Onu e prima di tutto imponendo la pace nel Medio-Oriente». E questo, visto le precedenti adesioni
a inutili guerre di aggressione, Serbia e Afghanistan, non è poca cosa. Anche per Francesco Rutelli – intervistato da Massimo Giannini, per la Repubblica - i girotondi non bastano. Non vede poi alcun rischio di frattura fra società e ceto politico perché ci sono differenze culturali anche in questi movimenti, ma riflettono quelle dei partiti e in ultima analisi di tutta la società italiana. D’accordo i girotondi non esprimeranno una frattura con i vari Rutelli che formano la sinistra riformista, ma certamente una sveglia piccola, particolare, interclassista, l’hanno fatta suonare in casa di un certo ceto politico. Insiste molto l’ex sindaco di Roma sul carattere peronista di questo governo, sulle bugie del Cavaliere, e sul suo perdurante e gravissimo conflitto d’interessi. A questo proposito vi vogliamo segnalare un esemplare articolo di Federico Rampini, sempre sulla Repubblica, che spiega, inchiodando il Foglio di Ferrara alla sfilza delle sue imprecisioni e inesattezze pro-Berlusconi, come il sindaco di New York, il magnate Bloomberg non sia stato costretto a vedere la sua televisione solo perché la società in questione non è concessionaria del Comune. Mentre il presidente del Consiglio
possiede Mediaset che è una concessionaria dello Stato italiano. Ridicola quindi l’esultanza della destra, del Cavaliere e del Foglio che hanno tentato di spiegare che le misure contro il conflitto di interessi di Bloomberg sono state molto più leggere di quelle previste dalla legge Frattini, che la Camera si appresta a discutere. La spettatrice P. S. Il New York Times, nei giorni scorsi ha ironizzato sulla mania tutta italiana per veline, letterine e quant’altro indichi ragazze svestite presenti in video per fare da contorno al maschio conduttore. Quel gran genio televisivo di Antonio Ricci, padre di “Striscia la notizia” e dell’uso sfacciato del corpo di belle ragazze replica sul Corriere della Sera: «Ma siamo in un mondo di veline (termine giornalistico che indica una notizia sotto controllo politico, ndr) E loro non ne sono la causa… ma la parodia». Si incarta su se stesso per difendersi. Sembra impossibile che l’intelligente Ricci sottovaluti in modo così smaccato il ruolo della televisione. Se oggi milioni di ragazze sognano solo di fare da grandi le veline sarà pure colpa, o merito (?) di “Striscia la notizia”.