L’uso di dispositivi ionizzatori, che generano in situ radicali liberi a partire da acqua e aria con finalità “disinfettanti”, è in fase di valutazione come biocida sulla base del Regolamento (UE) 528/2012 (BPR) sui biocidi (56). A tale scopo, un documento di orientamento della Commissione Europea (Guidance to specify information requirements for free radicals generated in situ from ambient water or air for substance approval in the context of the BPR) descrive i radicali liberi e le altre specie chimiche reattive con emivita molto breve (inferiore al millisecondo) in dipendenza della tipologia del sistema adottato (lampade UV, tipologia di elettrodi, ecc.) e le informazioni che devono essere fornite per la valutazione del rischio associato all’utilizzo dei dispositivi che si basano su questi principi (61). Il summenzionato documento di orientamento non contempla i sistemi che utilizzano precursori diversi da aria e acqua e i sistemi per la generazione in situ di ozono e cloro attivo, né sistemi e prodotti utilizzati per abbattere i (micro) inquinanti recalcitranti in acqua o su superfici come cemento o piastrelle. Sulla base di quanto illustrato i dispositivi UV utilizzati per la formazione di radicali liberi rientrano pertanto nel campo di applicazione del BPR (56). I radicali liberi prodotti da aria e acqua, essendo in fase di valutazione a livello europeo come biocidi, sulla base della nota del Ministero della Salute del 20 febbraio 2019 (55), sono definiti “sanitizzanti / sanificanti” in attesa di essere approvati come biocidi a livello europeo; sulla base delle disposizioni vigenti non possono essere considerati Dispositivi Medici ma essere immessi in commercio nel rispetto del Codice del Consumo.
Valutazione tecnico-scientifica Ionizzatori Al fine di tutelare gli utilizzatori sia professionali sia non professionali, e in linea con l’approccio generale in uso per i prodotti disinfettanti o per i sanitizzanti/sanificanti, qualora le apparecchiature in grado di generare radicali di vario tipo rivendichino nelle specifiche efficacia nel ridurre la carica microbica, compresi i virus presenti nell’ambiente, tale azione deve essere dimostrata sperimentalmente in relazione al claim e alla destinazione d’uso e presentata nel dossier per l’eventuale domanda come biocida all’Agenzia ECHA. Quanto sopra anche per evitare la pubblicità ingannevole che, rivendicando un’efficacia disinfettante non dimostrata, potrebbe indurre in errore l’utilizzatore comportando l’alleggerimento di altre precauzioni (rispetto della distanza interpersonale, mascherina, ecc.), contribuendo alla diffusione piuttosto che al contenimento della pandemia. L’efficacia di tali sistemi può essere verificata utilizzando, come riferimento norme proprie del “mondo” disinfettanti. Tra queste, si può citare come utile la norma EN17272 (“Disinfettanti chimici e antisettici Metodo per la disinfezione ambientale mediante processi automatici - Determinazione dell’attività battericida, micobattericida, sporicida, fungicida, lieviticida, virucida e fagocida”) che riguarda specificamente la disinfezione di superfici non porose (non quella dell’aria) per disinfettanti “airborne”, cioè diffusi nell’ambiente indoor mediante processi automatici. La corretta applicazione di tale norma consentirebbe di valutare l’efficacia contro numerosi target (batteri, fungi, virus, spore, ecc.), fornendo anche evidenze sperimentali relativamente ai diversi parametri (volume degli ambienti, tempo di utilizzo, ecc.) necessari a determinare l’efficacia di ogni apparecchio. Si precisa che i dispositivi in commercio per la verifica della capacità abbattente nei confronti dei microorganismi dovrebbero fornire una serie di informazioni, quali ad esempio le condizioni di utilizzo, l’influenza sull’efficacia della distanza dalla sorgente di emissione dei radicali liberi, il volume massimo trattabile (espresso in m3) con ciascun apparecchio, anche in dipendenza dell’eventuale ricambio di aria (finestre e/o porte aperte o altri sistemi), afferenza di persone, arredamento, ecc.
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