Tar 2021-la
Prefettura di -OMISSIS- decretava a carico del ricorrente il divieto di detenzione d'armi e munizioni di cui all'art. 39 del T.U.L.P.S.
Pubblicato il 04/01/2021
N. 00007/2021 REG.PROV.COLL. N. 01268/2016 REG.RIC.
R E P U B B L I C A
I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1268 del 2016, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati x contro Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Venezia, San Marco, 63; per l'annullamento - del provvedimento di data 29.8.2016, prot. n. -OMISSIS-, con il quale la Prefettura di -OMISSIS- decretava a carico del ricorrente il divieto di detenzione d'armi e munizioni di cui all'art. 39 del T.U.L.P.S.; - del provvedimento n-OMISSIS-con il quale la Questura di -OMISSISdecretava la revoca della licenza di porto di fucile ad uso caccia -OMISSIS-di ogni altro atto presupposto, consequenziale e connesso
Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di U.T.G. Prefettura di -OMISSIS- e di Questura di -OMISSIS-; Visti tutti gli atti della causa; Visto l’art. 25 del decreto legge n. 137/2020; Visto l’art. 4 del decreto legge n. 28/2020, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 70/2020 Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2020 il dott. Alessio Falferi Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Con ricorso depositato in data 8.11.2016, -OMISSIS-ha impugnato, formulando anche istanza cautelare, il provvedimento di data 29.8.2016, meglio indicato in epigrafe, con cui la Prefettura di -OMISSIS- ha disposto, a carico del medesimo, il divieto di detenere armi, munizioni e materiale esplodente, nonché il conseguente provvedimento del Questore di -OMISSIS- di revoca della licenza di porto di fucile per uso caccia. Il suddetto provvedimento di divieto risulta particolarmente articolato e con esso la Prefettura ha, dapprima, ricostruito la complessa vicenda riguardante l’odierno ricorrente e, di seguito, ha formulato il giudizio di inaffidabilità nell’uso delle armi sulla base di articolate argomentazioni e considerazioni. In particolare, in relazione alla ricostruzione della vicenda la Prefettura ha precisato: -che in data 18.10.2012 era archiviato il procedimento volto all’adozione nei confronti del sig. -OMISSIS- del divieto di detenere armi e munizioni, in conseguenza dell’intervenuta archiviazione del procedimento penale, a carico
del medesimo, per furto aggravato in concorso, alla luce della dichiarata falsità della sottoscrizione in calce al verbale di spontanee dichiarazioni con le quali il -OMISSIS- aveva ammesso le proprie responsabilità in merito al reato ascrittogli, dichiarazioni successivamente ritrattate con disconoscimento dell’autenticità della propria firma; -che, alla luce di quanto sopra, era aperto a carico dei Pubblici Ufficiali che avevano redatto il suddetto verbale un procedimento penale per aver falsificato la firma in calce al verbale, procedimento definito in data 26.6.2014 con sentenza n. -OMISSIS-di piena assoluzione dei medesimi militari, giusta la nuova perizia grafologica svolta sulla firma contestata; -che, contestualmente alla sentenza di assoluzione dei due carabinieri, era ordinata la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero per procedere nei confronti del sig. -OMISSIS- per il reato di cui agli artt. 81 e 368 c.p. per calunnia ai danni dei Pubblici Ufficiali; -che, con nota del 16.4.2015, il Comando Stazione dei Carabinieri di OMISSIS-comunicava che il procedimento penale carico del sig. -OMISSISper i reati di cui agli artt. 110, 624, 625 c.p., in un primo momento archiviato, era stato riaperto alla luce della sentenza n. -OMISSIS-di assoluzione dei due militari dall’accusa di aver falsificato la firma del verbale di spontanee dichiarazioni; -che, con nota del 6.6.2015, il Comando Provinciale dei Carabinieri di OMISSIS- esprimeva parere contrario all’archiviazione, nei confronti del OMISSIS-, del procedimento ex art. 39 TULPS (nel frattempo nuovamente avviato), in considerazione della sussistenza di una condanna del Tribunale di OMISSIS- di data 25.10.2011 per il reato di falsità ideologica e a causa della pendenza del procedimento penale per il reato di calunnia nei confronti di personale dell’Arma;
-che, con provvedimento di data 11.8.2015, era disposto a carico del OMISSIS- il divieto di detenere armi e munizioni, in quanto privo dei requisiti di affidabilità nell’uso delle armi, per le ragioni sopra esposte; -che, con sentenza n. -OMISSIS-, il TAR Veneto, in accoglimento del ricorso proposto dal -OMISSIS-, annullava il suddetto provvedimento per difetto di motivazione e di istruttoria, sentenza di cui era, altresì, chiesta l’esecuzione. Dopo aver ricostruito la vicenda pregressa, con riferimento alle argomentazioni poste a base del nuovo divieto la Prefettura ha rilevato: -che sulla base di successivi elementi informativi forniti dal Comando dei Carabinieri e sulla base di una accurata valutazione, è emerso che l’interessato è privo dei necessari requisiti di affidabilità e buona condotta, per cui è stato riavviato il procedimento per l’applicazione del divieto di detenere armi e munizioni; -che sono state valutate le memorie difensive prodotte dal legale del sig. OMISSIS- e che il Comando provinciale dei Carabinieri, con note del 21.4.2016 e del 31.5.2016, ha confermato il parere favorevole all’adozione dell’atto di divieto in quanto: -condannato in data 25.10.2011 dal Tribunale di OMISSIS- alla pena di 15 giorni di reclusione, sostituita con multa di euro 600, per il reato di falsità ideologica; -imputato nel procedimento penale presso la Procura della Repubblica di -OMISSIS- per il reato di calunnia aggravata nei confronti di personale della Stazione Carabinieri di-OMISSIS-; - imputato nel procedimento penale n. -OMISSIS-per il reato di furto aggravato in concorso, vicenda penale che ha già condotto alla condanna del coimputato alla pena di 4 mesi di reclusione; - risulta sospettato di attività di bracconaggio con mezzi proibiti, in quanto, durante un controllo effettuato il 29.12.2012 alle ore 02.15, il -OMISSIS-, in abiti mimetici, si trovava a bordo di un fuoristrada sul quale erano rinvenuti -OMISSIS-”;
-che, pertanto, alla luce delle considerazioni sopra riportate e dei fatti che hanno visto come protagonista il -OMISSIS-, come emerso sia dalla precedente che dalla nuova istruttoria, sono sussistenti i presupposti per adottare il provvedimento di divieto di cui all’art. 39 del TULPS, non potendosi esprimere nei suoi confronti, senza riserve e in serenità, i necessari giudizi di “buona condotta” e piena “affidabilità” richiesti per il detentore di armi, tenuto conto che “la condotta mantenuta in più circostanze dall’interessato -come emerso all’esito dell’ulteriore istruttoria svolta -ha evidenziato come lo stesso sia proclive ad atti contrari ai principi di affidabilità che sono alla base dell’ordinamento giuridico per consentire all’interessato di detenere armi e munizioni”. Il provvedimento del Questore di -OMISSIS- di revoca della licenza di porto di fucile per uso caccia (parimenti impugnato) è stato assunto in stretta consequenzialità al provvedimento prefettizio. Il ricorrente, nelle premesse in fatto, ha richiamato la sentenza n. -OMISSIS- di questo Tribunale, chiarendo che la propria posizione giuridico-soggettiva avrebbe potuto essere adeguatamente tutelata tramite il giudizio di ottemperanza di tale pronuncia - già radicato - facendo valere la nullità del nuovo divieto adottato dalla Prefettura e ha poi ricostruito la vicenda che lo ha visto coinvolto fin dalla contestazione del contenuto del verbale di spontanee dichiarazioni del 24.9.2012. In punto di diritto, il ricorrente, in sintesi, ha formulato le seguenti censure: 1) nullità ex art. 21 septies della legge n. 241/90 per violazione o elusione del giudicato di cui alla sentenza del TAR Veneto n. -OMISSIS-, basandosi i provvedimenti impugnati sui medesimi presupposti già ritenuti insufficienti in sede giurisdizionale; 2) violazione dell’art. 39 TULPS e dell’art. 3 della legge n. 241/1990, illogicità e travisamento dei presupposti, in quanto i fatti materiali posti a base degli atti impugnati, in ragione della loro inconsistenza, non
sarebbero idonei a giustificare un giudizio di inaffidabilità; 3) violazione dell’art. 39 TULPS per mancanza di elementi idonei a comprovare l’effettiva sussistenza dei comportamenti illeciti attributi al ricorrente; 4) violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90 in quanto il provvedimento si fonderebbe anche su circostanze (“sospetto bracconaggio avvenuto nel 2012”) non indicate nella comunicazione di avvio del procedimento. Si è costituito in giudizio il Ministro dell’Interno con il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, la quale ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza. Con ordinanza n. -OMISSIS-, assunta alla Camera di Consiglio dell’1 dicembre 2016, è stata respinta l’istanza di sospensione cautelare dei provvedimenti impugnati. In vista dell’udienza di discussione, la parti hanno depositato memorie difensive e di replica con cui hanno ribadito le rispettive argomentazioni. In particolare, la difesa erariale ha precisato che in relazione al procedimento penale n. -OMISSIS-per il reato di furto aggravato in concorso è stata emessa sentenza di condanna in data 21.11.2017 alla pena di mesi 8 di reclusione, sentenza impugnata dal ricorrente; in relazione al procedimento penale n. OMISSIS-per il reato di calunnia, risultano emesse sentenza di data 14.2.2018 di condanna alla pena di anni 3 e mesi 6 di reclusione, ridotta in appello alla pena di anni 2 e mesi 6 di reclusione, sentenza poi annullata senza rinvio in data 22.9.2020 dalla Corte di Cassazione; parte ricorrente ha ribadito l’irrilevanza dei pregiudizi riportati nel provvedimento di divieto impugnato, la completa assoluzione in relazione al reato di calunnia e la non definitività della condanna per il reato di furto aggravato che comunque, anche ove confermata, non potrebbe costituire in alcun modo indice di inaffidabilità nell’uso delle armi. Alla Pubblica Udienza del 18 novembre 2020, il ricorso è passato in decisione, come da verbale di causa.
Il ricorso è infondato e va, pertanto, respinto. Il primo motivo non può trovare accoglimento. Parte ricorrente, oltre al presente ricorso, ha proposto anche un ricorso rubricato sub R.G. n. 1128/2016 - ex art. 112 CPA per l’ottemperanza della sentenza n. -OMISSIS- di questo Tribunale, lamentando, dapprima, l’inerzia dell’Amministrazione nel dare esecuzione alla sentenza e, in seguito, la violazione e/o elusione del giudicato in relazione agli ulteriori atti assunti dalla medesima in sede di riedizione del potere, con conseguente nullità degli atti stessi. Con sentenza n. -OMISSIS-, questo Tribunale ha respinto il ricorso, precisando che dalla sentenza n. -OMISSIS- di annullamento dei provvedimenti impugnati per difetto di motivazione “non derivava l’obbligo per la P.A., assolutamente puntuale e vincolato, di restituire al ricorrente la licenza del porto di fucile, ma solo quello di riesercitare il potere, con salvezza degli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione: il giudicato, pur favorevole al privato, lasciava alla P.A. margini di discrezionalità in sede di riedizione del potere. Va, quindi, esclusa la nullità degli atti impugnati per violazione e/o elusione del giudicato, avendo l’amministrazione riesercitato il proprio potere discrezionale (sulla natura discrezionale del potere del Prefetto di vietare la detenzione di armi ex art. 39 TULPS, R.D. n. 773 del 1931, si vedano, tra le tante, Cons. Stato, Sez. III, 1° agosto 2014, n. 4121; Sez. III, 12 giugno 2014, n. 2987; Sez. III 11 0tt0bre 2016, n. 4197), muovendosi nei residui spazi bianchi lasciati dal giudicato di annullamento. L’eventuale sussistenza di vizi di legittimità dei nuovi atti sarà scrutinata dal Collegio nel parallelo giudizio di annullamento, già instaurato dal ricorrente nelle forme del rito ordinario (RG. 12-OMISSIS-)”. Dunque, le doglianze relative alla pretesa violazione e/o elusione del giudicato sono già stata ritenute infondate nella sede a ciò deputata ex art. 114, comma 4, lett. b), CPA:
Il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso possono essere esaminati unitamente essendo connessi sotto il profilo logico-giuridico. Giova premettere, in linea generale, che, come noto, la facoltà di detenere e portare armi corrisponde ad un interesse del privato ritenuto cedevole di fronte al ragionevole sospetto di abuso della facoltà medesima, il cui soddisfacimento recede al cospetto dell’esigenza di evitare rischi per l’incolumità pubblica e per la tranquilla convivenza della collettività, sicché la P.A. può legittimamente negare la detenzione e il porto d’armi anche qualora la condotta dell’interessato presenti soltanto segni di pericolosità o semplici indizi di inaffidabilità (in tal senso, TAR Piemonte, sez. I, 5 giugno 2018, n. 693; Consiglio di Stato, sez. VI, 29 gennaio 2010, n. 379). La giurisprudenza ha, inoltre, chiarito che, nel valutare la affidabilità del soggetto circa il possesso e l’uso corretto delle armi, i poteri dell’Autorità di P.S. sono ampiamente discrezionali e finalizzati alla tutela dell’ordine e della sicurezza
pubblici,
sicché
i
relativi
provvedimenti
negativi
sono
sufficientemente motivati mediante il riferimento a fatti idonei a far dubitare, anche solo per indizi, della sussistenza dei requisiti di affidabilità richiesti dalla normativa, fermo restando che rientra nella discrezionalità amministrativa la valutazione, ai fini del giudizio di affidabilità rispetto al non abuso dell’arma, di singoli episodi anche privi di rilevanza penale (TAR Piemonte n. 693/2018 cit.; ex multis, TAR Sicilia, Palermo, sez. I; 6 luglio 2018, n. 1556; TAR Marche, 1 giugno 2018, n. 407; TAR Puglia, Lecce, sez. I, 1 giugno 2018, n. 930; TAR Abruzzo, Pescara, 27 febbraio 2018, n. 73). L’autorità di Pubblica Sicurezza è, dunque, tenuta ad operare una valutazione, come detto caratterizzata da ampia discrezionalità, che consenta di prevenire, per quanto possibile, l’abuso di armi da parte di soggetti non pienamente affidabili, e il giudizio di non affidabilità è giustificabile anche in situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o all’applicazione di misure di
pubblica sicurezza, ma a situazioni genericamente non ascrivibili a buona condotta (TRGA Trento, 10 novembre 2017 n. 302). Pertanto, anche un semplice sospetto di abuso può essere sufficiente a legittimare un provvedimento che impedisca l’utilizzo o la detenzione di armi, a condizione che la valutazione discrezionale rimessa all’Amministrazione (ispirata a finalità preventive e cautelari) investa il complesso della condotta di vita del soggetto interessato e sia frutto di una adeguata istruttoria, tradotta in una altrettanto adeguata motivazione. Alla luce dei principi sopra esposti, le censure di parte ricorrente non sono condivisibili, giusta la situazione complessiva sussistente al momento dell’adozione del provvedimento contestato. Invero, nel provvedimento prefettizio di divieto di detenere armi, munizioni e materiali esplodenti sono stati evidenziati plurimi pregiudizi a carico del ricorrente,
i
quali,
complessivamente
considerati
e
correttamente
contestualizzati, hanno condotto l’Autorità di P.S. a formulare un giudizio, adeguatamente e puntualmente motivato, di insussistenza dei presupposti per affermare
la
“buona
condotta”
e
la
piena
“affidabilità”,
requisiti
imprescindibilmente necessari per detenere armi. Tale giudizio, che è espressione del potere discrezionale riconosciuto all’Autorità di P.S. in questa materia, non è inficiato da profili di irragionevolezza, illogicità ovvero da macroscopica erroneità dei presupposti di fatto. L’Amministrazione, dunque, ha fatto corretto uso del potere ad essa attribuito, nel rispetto delle coordinate ermeneutiche sopra evidenziate, e ha concluso nel senso di non poter escludere l’abuso delle armi. I presupposti di fatto per giungere a tale giudizio, che devono essere complessivamente valutati, sono analiticamente indicati nel provvedimento gravato e, tra questi, appaiono di particolare rilievo i seguenti elementi di giudizio: -precedente penale consistente in una sentenza di condanna del
Tribunale di -OMISSIS- del 2011 per il reato di falsità ideologica; procedimento penale in qualità di “imputato” per il reato di furto aggravato in concorso, perché con terza persona (già condannata in via definitiva con sentenza ex art. 444 c.p.p.) si impossessava di materiale di tipo -OMISSIS-kg sottraendolo dall’area ecologica del Comune di-OMISSIS-, laddove il ricorrente prestava servizio; - procedimento penale in qualità di “imputato” per il reato di calunnia nei confronti di due carabinieri, successivamente assolti dall’accusa di falsificazione della sottoscrizione del verbale di spontanee dichiarazioni. Ebbene, tenuto conto della tipologia e delle finalità preventive e cautelari del provvedimento prefettizio di cui si discute, gli esposti elementi –da valutarsi, evidentemente, al momento dell’adozione dell’atto – appaiono idonei a legittimare un provvedimento che impedisca l’utilizzo o la detenzione di armi. Con riferimento, in particolare, all’imputazione per il reato di furto aggravato in concorso –che secondo parte ricorrente non potrebbe costituire in alcun modo indice di inaffidabilità nell’uso delle armi – si osserva, al contrario, che il reato di furto, proprio per le sue caratteristiche, appare del tutto incompatibile con la detenzione e il porto di armi e che, quindi, ben rappresenta un elemento idoneo a concretizzare quei “sospetti” di abuso dell’arma, sufficienti a radicare i presupposti per l’adozione del provvedimento di divieto. Né è possibile affermare –come, invece, sostiene parte ricorrente - che il provvedimento in questa sede gravato sia fondato sui medesi presupposti di quello adottato in precedenza dalla Prefettura (in data 11.8.2015) e poi annullato con la ricordata sentenza n. -OMISSIS-, atteso che –in disparte quanto già evidenziato in ordine all’esito del giudizio di ottemperanza definito con sentenza di rigetto n. -OMISSIS-– il divieto qui contestato specifica che il ricorrente risultava non solo “indagato” (come nel precedente provvedimento) ma “imputato” per il reato di calunnia aggravata, nonché “imputato” per il reato di furto aggravato in concorso (con condanna già intervenuta per il coimputato),
laddove il precedente provvedimento di divieto di detenere armi si limitava a menzionare il riavvio del procedimento penale relativo al furto del materiale presso l’isola ecologica del Comune di-OMISSIS-. Sotto distinto profilo, va ribadito che la valutazione della congruità degli elementi posti a base del provvedimento impugnato deve essere effettuata con riferimento al momento di adozione del provvedimento stesso e che nuovi e sopravvenuti elementi (quali, ad esempio, l’intervenuta assoluzione del ricorrente dal reato di calunnia, giusta pronuncia della S.C. di Cassazione di data 22.9.2020) potranno, se del caso, essere allegati dal ricorrente in sede di richiesta all’Autorità –che dovrà valutarli unitamente ad altri eventualmente in suo possesso –al fine di verificare la sussistenza dei prescritti requisiti per superare il divieto qui censurato, ma evidentemente non sono idonei ad incidere sulla validità del provvedimento di divieto a detenere armi a suo tempo assunto dall’Amministrazione, fondato su plurimi elementi concreti ed idonei a giustificare il giudizio di inaffidabilità al mantenimento delle armi e dei relativi munizionamenti. Infine, anche la dedotta violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, di cui al quarto motivo di ricorso, non può trovare accoglimento, atteso che il riferimento all’episodio di “sospetto bracconaggio” avvenuto nel 2012 appare, nel complesso degli elementi di giudizio delineati nel provvedimento impugnato, del tutto marginale e sicuramente non determinate ai fini dell’espressione del giudizio di non affidabilità posto a base del contestato divieto. L’infondatezza delle censure formulate nei confronti del decreto prefettizio di divieto di detenere armi e munizioni determina, altresì, l’infondatezza delle censure articolate nei confronti del provvedimento del Questore di -OMISSISdi revoca della licenza di porto di fucile, assunto, quale atto vincolato, in conseguenza del provvedimento del Prefetto.
In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto. Le spese di causa sono liquidate in base alla regola della soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di causa che liquida in complessivi euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre oneri di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità del ricorrente e di ogni altro soggetto citato nel provvedimento. Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2020 con l'intervento dei magistrati: Alessandra Farina, Presidente Alessio Falferi, Consigliere, Estensore Paolo Nasini, Referendario L'ESTENSORE Alessio Falferi
IL PRESIDENTE Alessandra Farina
IL SEGRETARIO
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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