ISSN 2281-0994
Trimestrale culturale a diffusione gratuita - Lug-Set 2015 ♦ anno V - numero 18
Anemos neuroscienze
Trimestrale INTERDISCIPLINARE PER L'INTEGRAZIONE TRA NEUROSCIENZE E ALTRE DISCIPLINE
PENSIERO AL FEMMINILE ANTROPOLOGIA E SOCIOLOGIA
ISABELLA D'ESTE La decima musa
la NOTTE IMmAGINARIA E REALE
Incursione nella storia delle religioni e nell'antropologia
SOCIOLOGIA E PSICOLOGIA
trappole chimiche Vecchie e nuove droghe alla conquista della notte
Carpe noctem
Il fascino della notte tra neurobiologia, psicologia sociale e divagazioni letterarie
Psicologia e biologia
Sociologia e letteratura
Gli orologi: da quelli sul polso a quelli nell’organismo. Cosa accade al nostro organismo quando vengono alterati i normali ritmi biologici interni?
Il notturno poetico. La notte in letteratura tra risvolti metaforici e poetici
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CENTRO DI NEUROSCIENZE ANEMOS Direttore sanitario: Dott. Marco Ruini
PSICOLOGIA CLINICA Psicologia (Dott.ssa Anna Maria Sangiorgi) Psicoterapia di coppia e famigliare (Dott Federico Gasparini) Psicotraumatologia e EMDR (Dott.ssa Federica Maldini) Psicopatologia dell'apprendimento (Dott.ssa Enrica Giaroli) Logopedia (Dott.ssa Sandra Cocca) NEUROPSICOLOGIA ADULTI (Dott. Federico Gasparini)
NEUROPSICOLOGIA dello SVILUPPO (Dott.ssa Lisa Faietti, Dott.ssa Linda Iotti) AREA DI PSICHIATRIA Dott. Giuseppe Cupello Dott. Raffaele Bertolini
AREA DI OCULISTICA Dott. Valeriano Gilioli Dott. Vicenzo Vittici
SERVIZIO DI NEUROCHIRURGIA Dr. Marco Ruini: Responsabile Dr. Marco Ruini: Neurochirurgo Dr. Andrea Veroni: Neurochirurgo Dr. Andrea Seghedoni: Neurochirurgo Dr. Nicola Nicassio: Neurochirurgo Dr. Raffaele Scrofani: Neurochirurgo
Collaborazioni Dr. Ignazio Borghesi, Neurochirurgo Prof. Vitaliano Nizzoli, Neurochirurgo Prof. Lorenzo Genitori, Neurochirurgia Pediatrica Dr. Bruno Zanotti, Neurochirurgo SERVIZIO DI TERAPIA ANTALGICA
Dr. Roberto Bianco, Anestesista, Terapia infiltrativa, Agopuntura Dr. Ezio Gulli, Anestesista, Terapia infiltrativa
SERVIZIO DI RIABILITAZIONE E RIEDUCAZIONE FUNZIONALE Dr. Aurelio Giavatto, Manipolazioni viscerali Dr. Nicolas Negrete, Fisioterapista Dr. Giorgio Reggiani, Fisiatra SERVIZIO DI NEUROLOGIA E DI NEUROFISIOLOGIA Dr. Mario Baratti, Neurologo, Elettromiografia e Potenziali evocati Dott. Devetak Massimiliano, Neurologo, doppler tronchi sovraortici e transcranico Dr.ssa Daniela Monaco, Neurologia, Doppler transcranico per Parkinson ANEMOS | Centro Servizi di Neuroscienze Poliambulatorio Medico | Libera UniversitĂ | Ass. Culturale Via Meuccio Ruini, 6 | 42124 Reggio Emilia tel. 0522 922052 | Fax 0522 517538 | www.anemoscns.it info@anemoscns.it | www.associazioneanemos.org
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Anemos neuroscienze
Lug-Set 2015 | anno V - numero 18
Editoriale
L'importanza della “divagazione”
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a notte, tema “estivo” per il numero di lugliosettembre 2015. Tema che sotto l'apparenza di evasione nasconde interessanti riflessioni che spaziano dall'ambito biologico, passando per quello sociologico, fino ad arrivare alla letteratura e alla poesia. L'introduzione al tema, a pagina 16, permetterà al lettore di sapere più nel dettaglio a quali punti di vista hanno ricorso gli autori dei contributi. A questo proposito, è utile ricordare che l'approccio interdisciplinare di “Neuroscienze Anemos” è frutto anche delle diverse competenze che arricchiscono il comitato di redazione. È infatti riunendo diverse sensibilità, diversi percorsi formativi e figure professionali intorno ad un tavolo e ad un tema, che si raggiungono conclusioni inaspettate. Il lettore tipo di “Neuroscienze Anemos” dovrebbe cercare anche altro, oltre un semplice nozionismo scientifico e interdisciplinare (anche se oltremodo utile perché ormai trascurato dalle sedi di formazione). Nell'editoriale del numero precedente avevamo spiegato come l'idea di una cultura interdisciplinare fosse indispensabile per avere un punto di vista critico sul nostro mondo e come l'illusione di un sapere diffuso, sempre a disposizione, determinasse un certo scarto tra sapere e fare. Ora, per entrare dietro le quinte del lavoro redazionale, basti dire che in fase di discussione di un tema, ci poniamo
domande di questo tipo: come può essere visto un determinato problema neuroscientifico dal punto di vista dell'antropologia, dell'architettura, dell'arte? Esercizio intellettuale gratificante ma, riteniamo, non fine a se stesso. Questo, tuttavia, non ci esime dal rigore scientifico qualora vengano presentate teorie, box guida di impostazione didattica ed esplicativa, o accuratezza dell'informazione nel caso vengano riportate notizie dal mondo della ricerca scientifica. Insomma, l'importanza della “divagazione”, se da una parte consente di mutare punto di vista ed arricchire la visione di un tema di discussione, d'altra parte non deve essere licenza di parlare senza un approccio sempre razionale.
In copertina: Il sabba delle streghe Francisco Goya (1795) Si possono inviare proposte di articoli, segnalazioni di eventi, commenti o altro all’indirizzo redazione@clessidraeditrice.it
Ci trovate anche su Facebook https://www.facebook.com/Rivista.Anemos https://www.facebook.com/LaClessidraEditrice
Gli Editori La Clessidra Editrice Libera Università di Neuroscienze Anemos
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SOMMARIO
Editore: Editrice La Clessidra / Anemos Redazione Via 25 aprile, 33 42046 Reggiolo (RE) redazione@clessidraeditrice.it Tel 0522 210183 Direttore Responsabile Davide Donadio davidedonadio@clessidraeditrice.it Direttore Scientifico Marco Ruini info@anemoscns.it Redazione: Marco Barbieri, Catia Corradini, Tommy Manfredini, Paola Torelli. Comitato scientifico* Adriano Amati Laura Andrao Mario Baratti Mauro Bertani Raffaele Bertolini Vitaliano Biondi Ilenia Compagnoni Giuseppe Cupello Lorenzo Genitori Enrico Ghidoni
Aurelio Giavatto Franco Insalaco Danilo Morini Antonio Petrucci Sara Pinelli Giorgio Reggiani Ivana Soncini Leonardo Teggi Bruno Zanotti
Lug-Set 2015 | anno V - numero 18
carpe noctem Il fascino della notte tra neurobiologia, psicologia sociale e divagazioni letterarie
Rubriche e notizie 06
Neuronews Il dolore cronico: una questione di genere ▪ Un GPS nel cervello dei moscerini ▪ Adolescenti e impazienza ▪L'ippocampo produce nuovi neuroni
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L'uomo macchina
La fatica della memoria
Hanno inoltre collaborato:
Arcangelo Dell'Anna, Enrico Meglioli.
di Davide Donadio
Luogo di stampa
E.Lui Tipografia - Reggiolo (RE) Registrazione n. 1244 del 01/02/2011 Tribunale di Reggio Emilia Iconografia: alcune immagini presenti in «Neuroscienze Anemos» sono tratte da siti internet contenenti banche dati di immagini di libero utilizzo. Qualora vi fossero stati errori e omissioni relativi al diritto d’autore l’editore rimane a disposizione per sanare la sua posizione. * Il comitato scientifico è composto da persone che partecipano a vario titolo e con continuità differente alle attività organizzate dalla Libera Università di Neuroscienze Anemos e di La Clessidra Editrice.
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Incontri 12 Festival e master Incontri in programma nei prossimi mesi
Anemos neuroscienze
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Carpe noctem
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Neuroscienze / Biologia L'orologio interno e i ritmi circadiani
Il fascino della notte tra neurobiologia, psicologia sociale e divagazioni letterarie
Tutte le creature, uomo compreso, adeguano il proprio comportamento all'alternarsi dei cicli di luce e buio
di Marco Ruini
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Psicologia / Biologia Gli orologi: da quelli sul polso a quelli nell'organismo
Cosa accade al nostro organismo quando vengono alterati i normali ritmi biologici interni? di Ilenia Compagnoni
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Sociologia / Psicologia Trappole chimiche
Vecchie e nuove droghe alla conquista della notte di Enrico Meglioli
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Psichiatria / Psicoanalisi Il sogno della porta morta
Il complesso rapporto tra uomo e spazio di Arcangelo Dell'Anna
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Antropologia / Sociologia Carpe noctem
La notte come sede, immaginaria e reale, di convegni stregonici e diabolici
di Vitaliano Biondi
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Sociologia / Antropologia La luna, la notte e il femminino
Lo sviluppo antropologico tra la figura della donna e la notte di Danilo Morini
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Sociologia / Letteratura Il notturno poetico
La notte in letteratura tra risvolti metaforici e poetici di Adriano Amati
Isabella d'Este: il personaggio
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Isabella d'Este www.clessidraeditrice.it
di Adriano Amati
Neuronews
Lug-Set 2015 | anno V - numero 18
Rassegna di notizie tra neuroscienza, filosofia e scienze cognitive
Un GPS nel cervello dei moscerini Gli stimoli visivi del paesaggio e le informazioni sulla posizione del corpo sono integrati in un'unica regione cerebrale
Il dolore cronico: una questione di genere Il dolore cronico negli uomini e nelle donne è mediato da cellule differenti
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no studio pubblicato su “Nature” da Johannes D. Seelig e Vivek Jayaraman dell'Howard Hughes Medical Institute di Ashburn (Virginia) getta nuova luce sul funzionamento del cervello dei moscerini della frutta: i moscerini, infatti, proprio come i mammiferi, si orienterebbero nello spazio grazie ad un'area del cervello che integra i riferimenti visivi del paesaggio con le informazioni che riguardano la posizione del corpo. La scoperta riveste una particolare importanza per il campo delle neuroscienze, perchè esplicita i parallelismi esistenti tra il sistema di navigazione del moscerino e quello dei mammiferi, consentendo così di studiare l'elaborazione cerebrale delle informazioni spaziali in un contesto più semplice. Durante i loro esperimenti i ricercatori hanno messo alcuni esemplari di Drosophila melanogaster dentro una palla, dove potevano muoversi e ricevere input visivi. Mentre i moscerini compivano i loro spostamenti, i ricercatori ne rilevavano l'attività cerebrale e l'orientamento. Analizzando i dati raccolti, hanno scoperto che i neuroni che si trovano nel corpo ellissoide, una regione situata nel cervello, si attivano coordinandosi con il movimento e che l'attività cerebrale dei moscerini riflette la loro posizione in base ad alcuni punti di riferimento del loro campo visivo.
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no studio, condotto dai ricercatori della McGill University di Montreal, pubblicata recentemente su "Nature Neuroscience” apre nuove prospettive di ricerca nel campo del dolore cronico. In particolare, la ricerca ha mostrato come esistano differenti cellule che mediano il dolore cronico nel cervello negli uomini e nelle donne: mentre nei maschi la trasmissione è mediata dalla microglia, un particolare gruppo di cellule di sostegno e immunitarie presenti nel sistema nervoso centrale, nelle femmine ad agire sono altri tipi di cellule. I risultati ottenuti aprono così la strada alla possibilità di sviluppare una nuova generazione di farmaci destinati alla cura del dolore cronico nelle donne, dal momento che gli analgesici attualmente in commercio si basano sul meccanismo maschile. Conducendo esperimenti su un gruppo di topi, i ricercatori hanno notato come fosse vero solo nei maschi che le cellule della microglia fungono da mediatrici nella trasmissione del dolore dalla sede della lesione al cervello.
Durante gli esperimenti l'equipe di ricerca ha provato in vari modi a ridurre il dolore cronico provocato nei topi da un'infiammazione o da una lesione nervosa tramite l'inibizione della capacità di risposta della microglia ai segnali dolorifici. Osservando i risultati, gli scienziati hanno notato che esisteva una differenza tra i topi maschi e femmine: nei primi il dolore veniva efficacemente soppresso, mentre nelle seconde no. Questa differenza risultava legata agli elevati livelli dell'ormone maschile testosterone, che interagisce con la microglia. Conducendo un'ulteriore serie di esperimenti, hanno così scoperto che nelle femmine il dolore non viene trasmesso tramite la microglia, ma attraverso altre cellule immunitarie, le cellule B e T. Dal momento che il sistema nervoso umano è particolarmente simile a quello dei topi, soprattutto per quanto riguarda le componenti coinvolte in funzioni importanti dal punto di vista evolutivo, come quella del dolore, secondo i ricercatori il risultato può essere trasferibile anche all'uomo.
Anemos neuroscienze
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Adolescenti e impazienza L'impazienza negli adolescenti ha radici neuronali e dipende dallo sviluppo ancora non completo dei circuiti che collegano due aree del cervello
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'adolescenza viene considerata un'età difficile e a caratterizzare il comportamento degli adolescenti sono spesso scatti di impazienza, definiti tipici della loro età. Una nuova ricerca compiuta da un gruppo di ricercatori del Max Planck Institut per lo sviluppo umano a Berlino e della Cornell University, pubblicata sui “Proceedings of the National Academy of Science”, getta nuova luce su questo comportamento: l'impazienza degli adolescenti dipenderebbe non dalla ricerca di una gratificazione immediata, ma della difficoltà di inserire le proprie azioni in un quadro temporale adeguato, che tenga conto delle
conseguenze. Man mano che si cresce e si matura, invece, l'impazienza diminuisce e si consolidano quei circuiti cerebrali che collegano lo striato con la corteccia prefrontale dorsolaterale e ventrolaterale. L'equipe di ricerca nell'indagare l'impazienza ha sottoposto un gruppo di adolescenti a una batteria di test psicologici (Zimbardo Time Perspective Index) al fine di valutane sia il livello di edonismo e la relativa sensibilità alla ricompensa, sia la capacità di collocare il loro comportamento in un quadro temporale. Oltre ai test, i soggetti esaminati sono stati sottoposti anche a risonanze. Confrontando i risultati ot-
Ridurre le disabilità motorie con le neuroprotesi
da ricercatori del Politecnico di Losanna, con a capo Jose del R. Millán, e pubblicata in un numero di "IEEE Proceedings" dedicato alle neuroproGrazie alla possibilità di comandare tesi. con il pensiero dispositivi robotizzati La conclusione a cui possono essere un valido aiuto per i sono giunti i ricercatori è soggetti con mobilità limitata che soggetti affetti da diversi tipi di disabilità fisiche possono controllare egli ultimi anni si sono compiuti molti passi avanti nella a distanza un robot anche semplicemenricerca in ambito delle inter- te indossando una speciale cuffia per la facce neurali. Se all'inizio molte di queste registrazione dell'elettroencefalgramma. interfacce sono state applicate ad anima- Secondo i ricercatori, quindi, le neuroli o soggetti umani senza disabilità,oggi protesi, basate su speciali interfacce di molte ricerche si concentrano sulle po- connessione tra sistema nervoso e cirtenzialità dell'applicazione delle interfac- cuiti di un computer, sono quindi ormai ce a utenti umani affetti da diverse for- mature per passare dalle sperimentazioni me di disabilità. In quest'ultimo campo alle applicazioni pratiche. si colloca la sperimentazione condotta Lo studio ha coinvolto per la sua speri-
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tenuti con quelli dei gruppi di controllo (bambini di età non inferiore agli 8 anni e giovani di non più di 25 anni) gli studiosi hanno notato una correlazione tra età, impazienza, livello di maturazione cerebrale e di sviluppo delle connessioni fra striato mediale e la corteccia prefrontale dorsolaterale e ventrolaterale. Come spiegato dai ricercatori, i risultati ottenuti possono aiutare a comprendere meglio alcuni disturbi dello sviluppo neurologico, come il disturbo da deficit dell'attenzione e iperattività (ADHD), che spesso si manifestano con comportamenti impazienti.
mentazione nove soggetti disabili e dieci sani tra Italia, Svizzera e Germania ed è stato sviluppato un dispositivo di telepresenza, grazie al quale i soggetti potevano controllare un robot remoto per interagire con altre persone. Ai volontari è stato dato un casco fornito di elettrodi in grado di analizzare i segnali elettrici del cervello e di controllare il movimento di un robot collocato a Losanna. I comandi per muovere il robot venivano trasmessi tramite internet, mentre il robot usava Skype per mostrare ai soggetti le immagini che riprendeva tramite una video camera. Dopo solo dieci giorni di addestramento, tutti i soggetti coinvolti nella sperimentazione hanno gestito senza alcun tipo di sforzo il controllo da remoto del robot, interagendo con chiunque il robot incontrasse e dimostrando l'efficacia del sistema.
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Neuronews
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Rassegna di notizie tra neuroscienza, filosofia e scienze cognitive
L'ippocampo produce nuovi neuroni
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Nell'ippocampo le cellule staminali sono in grado di produrre nuovi neuroni
n'equipe di ricerca del Queeesland Brain Institute dell’Università del Queensland di Brisbane, in Australia, ha pubblicato uno studio su “The Journal of Neuroscience”, che mostra come nell’ippocampo, una piccola struttura del cervello, esistano due popolazioni di cellule staminali in grado di generare nuovi neuroni, se opportunamente stimolate. La ricerca evidenzia così per la prima volta come queste cellule così importanti per il fun-
zionamento delle funzioni cerebrali superiori vengano isolate e purificate. Queste cellule staminali vengono trasformate in neuroni maturi grazie ad un complesso meccanismo nel quale sono coinvolti diversi neurotrasmettitori, ma anche l’attività fisica. Si è così visto che più si è attivi fisicamente, più, anche in età avanzata, viene facilitata la progressione delle cellule staminali verso i neuroni adulti. Dal momento che con il progredire dell'età questa progressione
ha una naturale riduzione, l'attività fisica porterebbe anche a vantaggi di tipo cognitivo. Come spiegato da Perry Bartlett a capo della ricerca: «Fino a oggi si credeva che tutti questi neuroni fossero uguali, così non si riusciva a capire come facesse questa regione cerebrale a regolare comportamenti così diversi tra loro, come l’apprendimento e il tono dell’umore». Secondo Dhanisha Jhaveri, uno degli autori dell’articolo, la ricerca può fornire una risposta a questa domanda: «I due gruppi di cellule sono situati in regioni differenti dell’ippocampo, il che lascia ipotizzare che aree diverse di questa struttura cerebrale controllino l’apprendimento spaziale o il tono dell’umore».
Gli steroidi da palestra provocano danni alla memoria
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L'uso continuo di ormoni compromette le capacità cognitive e in particolare le capacità mnemoniche
li effetti negativi che l'uso cronico degli steroidi anabolizzanti provoca tra i loro consumatori è risaputo, ma una nuova ricerca ha indagato le ripercussioni che il loro abuso ha sui processi cognitivi. Gli steroidi sono degli ormoni utilizzati soprattutto da bodybuilder in quanto permettono di aumentare più rapidamente la massa muscolare. Se assunti per un tempo prolungato provocano una serie di disturbi fisici e psichiatrici, come problemi alla pelle, palpitazioni cardiache, malattie cardiovascolari, danni ai reni e al fegato, compromissione delle capacità riproduttive, disfunzioni sessuali, ma anche aggressività, depressione e comportamenti maniacali. Uno studio recente compiuto dalla Northumbria University (Newcastle, Regno
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Unito) ha aggiunto a questa già lunga serie di ripercussioni negative sullo stato di salute un nuovo disturbo: i danni alla memoria. La ricerca pubblicata su “The Open Psychiatry Journal” ha visto i ricercatori studiare un centinaio di uomini, frequentatori di palestre, di cui una metà assumeva steroidi. Hanno scoperto che chi li utilizzava presentava, rispetto a chi non li assumeva, maggiori alterazioni della memoria pro-
spettica (39% in più), di quella retrospettiva (28% in più) e della capacità di esecuzione (32%). In particolare, la memoria prospettica è quel processo mentale che ci permette di ricordare quello che abbiamo pianificato di fare nel futuro. La memoria retrospettiva, invece, ci permette di ricordare fatti passati. Mentre la “capacità di esecuzione” si riferisce ad una serie di processi cognitivi che sono utilizzati per gestire le informazioni già memorizzate, per pianificare e coordinare azioni. Gli steroidi compromettono, quindi, la capacità di ricordarci cosa dobbiamo fare in futuro, di ricordarci eventi passati e ci impediscono di programmare le attività quotidiane, provocando importanti ripercussioni negative nella vita di tutti i giorni.
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BREVI Una proteina contro l’Alzheimer La relina ha effetti positivi nella prevenzione e nel rallentamento della malattia
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Delusioni amorose: le differenze tra donne e uomini Gli uomini si affliggono soprattutto per un tradimento, le donne per una bugia
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onne e uomini reagiscono in modo differente alle delusioni d'amore. È quanto è emerso da una nuova ricerca compiuta dall’Università di Saint Louis, che ha evidenziato anche come uomini e donne si comportino in modo differente: gli uomini si affliggono prevalentemente per un tradimento, mentre le donne per una bugia. Per reagire ad una delusione il cervello cerca di consolarsi producendo dopamina, una sostanza prodotta nel tronco dell’encefalo che in caso di bisogno è trasportata verso i lobi frontali della corteccia cerebrale. Meccanismi di questo tipo sono comuni a tutti i mammiferi, sono un modo per reagire ad un dolore o ad una delusione. Pensiamo, ad esempio, agli animali che, a differenza degli uomini non hanno la cultura e i mezzi di supporto necessari per compensare queste situazioni. La produzione di sostanze, come la dopamina, che ci permettono di consolarci rappresenta una specie di “trucco” sviluppatosi nel corso dell'evoluzione che agisce direttamente sull’organo dolente, il cervello. Da ciò si evince come anche nei momenti più difficili da affrontare il cervello cerchi di proseguire, di tirare avanti, simulando una grossa soddisfazione. Il risultato che, almeno per qualche momento, ci si percepisce più forti e combattivi.
no studio americano ha dato nuove conferme dell’effetto neuroprotettivo che la relina, una proteina situata nel cervello, ha nella prevenzione e nel rallentamento dell'Alzheimer. Con 36 milioni di pazienti colpiti nel mondo da questa malattia, destinati a triplicare entro il 2050, l’Alzheimer costituisce una sfida per i ricercatori. In Italia, i pazienti con Alzheimer sono oltre 500.000. Dal momento che finora non esiste una cura in grado di far regredire i sintomi e di arrestare il progredire della malattia, gli scienziati si stanno concentrando sullo studio di nuovi metodi in grado di mettere il cervello al riparo dalla neurodegenerazione. E uno di questi sarebbe proprio questa proteina. Lo studio è stato guidato dal professor Joachim Herzt del dipartimento di genetica molecolare della University of Texas e del Center for Neuroscience della Albert-Ludwigs-University di Friburgo, e pubblicato su “Science Signaling”.
L’effetto del gas esilarante sul cervello Considerato il più antico anestetico, causa onde elettriche lente e ampie nel cervello
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l protossido di azoto, conosciuto anche come “gas esilarante”, è un gas incolore che dall'Ottocento è stato utilizzato come anestetico. Può essere considerato il primo anestetico della storia, ma tuttora non sono chiari i meccanismi del suo funzionamento. A chiedersi come faccia il protossido di azoto a modificare così tanto l’attività cerebrale da renderci incoscienti solamente inalandolo, sono stati i ricercatori del MIT di Boston che hanno monitorato l’attività elettrica cerebrale di 19 pazienti sottoposti ad intervento chirurgico in anestesia generale. Hanno così visto che nei tre minuti successivi alla somministrazione del gas, necessari affinchè entri in circolo nell'organismo, l’elettroencefalogramma dei pazienti ha rivelato onde delta lente e ampie propagarsi ogni 10 secondi nella corteccia frontale. Queste sono le stesse onde che compaiono nelle fasi di sonno profondo, ma quelle osservate dai ricercatori erano più ampie, come se improvvisamente il paziente fosse entrato in uno stato di sonno profondissimo..
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L'uomo macchina
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Appunti liberi tra filosofia della mente, divagazioni antropologiche e letterarie
La fatica della memoria Conciliare un traguardo dell'evoluzione culturale con il nostro arcaico cervello di Davide Donadio
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er molto tempo l'idea di sapere è stata associata a quella di fatica, di sforzo fisico. La didattica del passato, dei secoli remoti fino a non molti decenni fa, fu a lungo incentrata sul faticoso obiettivo di assimilare dati in modo permanente. È quello che viene spregiativamente definito “nozionismo”. Non solo l'assimilazione del sapere, ma anche la sua trasmissione e conservazione richiedeva sforzo fisico. Ci sono rimaste suggestive note di partecipata sofferenza dei monaci copisti nell'età di mezzo. Queste note, apposte furtivamente ai margini delle pagine di antichi manoscritti, ricordano al lettore quanta fatica fosse costata la lenta ricopiatura del testo, giorno dopo giorno nel freddo dello scriptorium. Per copiare una Bibbia, infatti, occorreva un anno intero di lavoro con impegno quotidiano. Benché, a detta dei teologi e dei predicatori, la ricopiatura dei testi corrispondesse a “coltivare i frutti dello spirito e di cuocere il pane celeste dell'anima” (Pietro il Venerabile), questo riportare l'attenzione sulla fatica, sullo sforzo delle mani, degli occhi, della schiena per ore e ore di semi-immobilità, è talmente frequente da renderlo più di un semplice luo-
go comune. L'invenzione della stampa comportò mutamenti nella fase produttiva del sapere, la didattica incentrata sullo sforzo mnemonico rimase uguale a se stessa ancora a lungo. È vero che occorre distinguere il fatto educativo (formazione del bambino) da quello puramente intellettuale e volontario (si pensi agli umanisti). Tuttavia, in entrambi i casi vi era una permanente necessità di ricorrere alla memorizzazione da parte del discente, vista l'endemica penuria di mezzi e strumenti dai quali attingere le informazioni. Oggi tutto questo ci appare superato, persino inutile e crudele. Inutile perché l'accesso in tempo reale a banche dati infinite come il web hanno reso
superfluo lo sforzo della memorizzazione di una grande quantità di informazioni, e crudele perché alcune visioni pedagogiche attuali ritengono l'età infantile non adatta a sforzi prolungati e l'esperienza addirittura negativa sotto il profilo della motivazione. Se spostare l'attenzione sulle “procedure” piuttosto che sui “dati” è stata tendenzialmente una conquista positiva, non sono così tanto sicuro che il pesante ridimensionamento nel percorso formativo di una “fatica” mnemonica sia stata così produttiva. Non è sufficiente conoscere le procedure per sviluppare un pensiero critico. Spesso un certo grado di conoscenza pregressa dei dati è condizione necessaria per argomentare con cogni-
Anemos neuroscienze
Lug-Set 2015 | anno V - numero 18
Immagini - In alto, Italo Calvino negli anni Sessanta. A sinistra, miniatura bassomedievale che ritrae lo scriptorium di un monastero. Sono ben visibili i deschi inclinati e gli strumenti di scrittura e preparazione della pergamena. zione di causa di qualcosa. La possibilità (quasi) immediata di accesso ai dati è illusione di conoscenza, non conoscenza organica. Quanto detto finora potrebbe apparire un discorso nostalgico, persino conservatore. In realtà, l'auspicio di un ritorno parziale ad una didattica della fatica può essere considerato una questione di opportunismo evolutivo biologico-culturale. L'accesso immediato alle banche dati di informazioni è frutto di uno svuluppo dell'evoluzione culturale. Come è successo per ogni invenzione di strumenti, là dove non arrivava la biologia ha sopperito uno strumento esterno. Ma il fatto evolutivo biologico è rimasto tale a quale. Il nostro vecchio cervello, giunto a questo grado di sviluppo migliaia e migliaia di anni fa, e in contesti del tutto diversi dalla società contemporanea, non ha verosimilmente subito grandi mutamenti da allora. Apparirà un po' forzato (e certo non provato o documentato), ma la diminuzione delle capacità logico-matematiche e di comprensione del testo
così spesso ravvisate nelle nuove generazioni nelle tante rivelazioni statistiche effettuate in contesto scolastico, potrebbero trovare in parte ragione in questo uso evolutivamente sbagliato del nostro strumento cognitivo. Molto difficile, d'altra parte, capire dove un risultato dell'evoluzione culturale sia conciliabile e adatto al nostro sostrato biologico, e come ottenere il maggiore vantaggio dalla combinazione di entrambi. Forse gli effetti collaterali sono ineliminabili? Per fare un'analogia, si pensi al mutamento delle abitudini di vita avvenuto dalla comparsa di homo sapiens (cacciatore-raccoglitore) alla vita sedentaria odierna del mondo occidentale. Se da un lato le condizioni di vita sono enormemente migliorate con la diminuzione della fatica che usurava il corpo, un organismo nato per sostenere sforzi e movimento continui incorre facilmente nell'obesità e in patologie cardio-vascolari. Se queste argomentazioni potranno apparire non convincenti, il ritorno alla fatica della memoria sia giusti-
ficato semplicemente dalle parole che Italo Calvino pronuciò in un'intervista: “Imparare delle poesie a memoria, molte poesie a memoria, da bambini, da giovani, anche da vecchi, perchè fanno compagnia, uno se le ripete mentalmente. E poi lo sviluppo della memoria è molto importante. Anche fare dei calcoli a mano, delle divisioni, delle estrazioni di radici quadrate. [...] Combattere l'astrattezza del linguaggio che ci viene imposto con delle cose molto precise e sapere che tutto quello che abbiamo ci può essere tolto da un momento all'altro.” ♦
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Incontri
Lug-Set 2015 | anno V - numero 18
Festival della scienza Genova, 22 ottobre - 1 novembre
È
in fase di definizione il programma del prossimo Festival della Scienza, che si svolgerà a Genova dal 22 ottobre al 1 no-
vembre. Il festival è uno dei più grandi eventi di diffusione della cultura scientifica a livello internazionale ed è diventato un punto di riferimento per la divulgazione della scienza, oltre ad un'occasione di incontro per ricercatori, appassionati, scuole e famiglie. È un appuntamento per tutti, grazie alle sue molteplici proposte didattiche, come incontri, laboratori, spettacoli e conferenze per raccontare la scienza in modo innovativo e coinvolgente, con eventi interattivi e trasversali. Inoltre, ogni anno negli undici giorni del Festival vengono proposti eventi ispirati alle questioni più attuali e scottanti del dibattito scientifico, prime assolute di spettacoli e mostre dedicate all’incontro tra arte e scienza, riservando una particolare attenzione alle novità della ricerca più avanzata e ai ricercatori dei Paesi emergenti. Per maggiori informazioni si rimanda al sito internet della manifestazione: www. festivalscienza.it
Festival della mente Sarzana, 4 - 6 settembre
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ppuntamento a settembre con la dodicesima edizione del Festival della Mente di Sarzana, il primo festival europeo dedicato alla creatività. Il Festival della Mente è un cantiere aperto dove si produce un insolito tipo di cultura. Non quella che si trasmette nelle aule universitarie, né quella che si elabora nei convegni scientifici, né quella per pochi che viene veicolata dai libri, ma una divulgazione intelligente e raffinata che possa coinvolgere il vasto e variegato pubblico presente ogni anno. Per maggiori info e per conoscere il programma dettagliato di quest'anno: http://portale.festivaldellamente.it
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Master in crimonologia e psicopatologia del comportamento sessuale
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Sono aperte le iscrizioni al master
l master in "Criminologia e psicopatologia del comportamento sessuale" è promosso dalla Scuola di Sessuologia per l'educazione sessuale, la consulenza e la terapia delle disfunzioni sessuali, con il patrocinio del Comune di Reggio nell'ambito del progetto “Reggio Emilia senza barriere” e del Centro italiano di sessuologia. Scopo del percoso formativo è fornire strumenti di intervento per affrontare le particolari situazioni in cui la psicopatologia sessuale diventa crimine perseguibile, con particolare attenzione al tema dei diritti violati e alla sessualità dei disabili, anche in costanza di reato dai profili penalistici. Il master si compone di tre moduli didattici: Criminal profiling, parafilie e omicidi seriali (23 e 24 ottobre - 13 e 14 novembre) Violenze sessuali (5 e 6 febbraio - 3, 4 e 5 marzo) - Minori abusati, minori abusanti (8 e 9 aprile - 6 e 7 maggio). Il master si rivolge a professionisti e laureati, con laurea triennale o magistrale, in ambito medico, psicologico forense, pedagogico, socio-antropologico e socio-assistenziale. Altre categorie di professionisti possono partecipare in qualità di auditori. È prevista una quota di iscrizione di 1.000 euro più iva se versata entro il 31 luglio, e di 1.100 euro più iva se versata il 30 settembre. Ciascun singolo modulo ha un costo di 400 euro più iva. È prevista la partecipazione di professionalità specifiche del settore. Tra queste: Francesca Agostini, professoressa associata di Psicologia dinamica dell'Università di Bologna; Laura Andrao, giurista; Gemma Brandi, psichiatra e psicoanalista; Annamaria Capponcelli, psicoterapeuta, Consulente tecnico di ufficio (Ctu) per i Tribunali; Claudio Cernesi, professore a contratto di Relazioni interculturali dell'Università degli studi di Modena e Reggio Emilia; Michele Frigieri, criminologo e sessuologo; Sergio Garcia de Diego, project manager di Save the Children; Luciano Garofano, presidente dell'Accademia italiana di scienze forensi; Paolo Giulini, criminologo clinico; Margherita Graglia, psicoterapeuta e sessuologa; Giada Mondini, psicoterapeuta e sessuologa; Nicola Termanini, cultore della materia in Procedura penale all'Università degli studi di Modena e Reggio Emilia; Matteo Tudini, medico legale; Stefania Valanzano, psicoterapeuta e sessuologa. Per info e iscrizioni: Segreteria Cis, Beatrice Mariotto - tel 338 6615228 - email: scuolacisbo@cisonline.net. Sede del corso: Villaggio del fanciullo, via Scipione dal Ferro 4 40138 Bologna.
A Il tema del numero
CARPE NOCTEM
Il fascino della notte tra neurobiologia, psicologia sociale e divagazioni letterarie
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carpe noctem
Il fascino della notte tra neurobiologia, psicologia sociale e divagazioni letterarie Mappa concettuale: il Tema del numero
Percorsi interdisciplinari
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PSICOLOGIA e biologia
Cosa accade al nostro organismo quando vengono alterati i normali ritmi biologici interni?
sociologia e psicologia
Vecchie e nuove droghe alla conquista della notte
1 neuroscienze e biologia
Tutte le creature, uomo compreso, adeguano il proprio comportamento all'alternarsi dei cicli di luce e buio
Dalle neuroscienze alle scienze umane e sociali 14
Anemos neuroscienze
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Strumenti di lettura I testi di ÂŤNeuroscienze AnemosÂť sono idealmente suddivisi in In - Interdisciplina App - Approfondimenti R/Np - Ricerca e nuove proposte Agli articoli viene inoltre assegnato un numero che indica la complessitĂ di comprensione del testo da 1 a 5.
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psichiatria e psicoanalisi
antropologia e sociologia sociologia La notte come sede, e antropologia immaginaria e reale, di convegni stregonici e diabolici
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Lo sviluppo antropologico tra la figura della donna e la notte
sociologia e letteratura
La notte in letteratura tra risvolti metaforici e poetici
Altri approfondimenti
Il complesso rapporto tra uomo e spazio
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PENSIERO AL FEMMINILE Isabella d'Este
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Approfondimenti interdisciplinari e altri punti di vista 15
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INTRODUZIONE AL TEMA
carpe noctem Il fascino della notte tra neurobiologia, psicologia sociale e divagazioni letterarie
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Anemos neuroscienze
Il tema del numero
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a notte rientra tre le più potenti metafore dell'arte e della letteratura. Questo avviene perché costituisce parte importante della vita biologica degli esseri viventi e perché la contrapposizione luce/tenebre si presta particolarmente ad assumere connotazioni simboliche. Il numero di luglio-settembre 2015 di “Neuroscienze Anemos” cerca di trattare un tema decisamente ampio, con un taglio fresco. Un numero estivo, dunque, se ci passate l'espressione, ma senza perdere la visione scientifica del mondo accompagnata da altre discipline di ambito umanistico e sociologico. Come di consuetudine, diamo in apertura il punto di vista strettamente “biologico” della notte, qui intesa come notte vissuta da parte dell'individuo e quindi del suo sistema nervoso centrale. Marco Ruini (neurologo e neurochirurgo), introduce il tema mettendo in chiaro il ruolo della luce diurna e della tenebra notturna nel determinare alcune fondamentali funzioni vitali e sociali. Ilenia Compagnoni (studi psicologici) approfondisce il tema introdotto da Marco Ruini, presentando una descrizione di quello che accade nel nostro organismo quando è sottoposto a oscillazioni dei normali ritmi biologici interni, causate da fattori esterni o endogeni. Enrico Meglioli (studi linguistici) affronta un peculiare aspetto sociale della notte vissuta come
spazio di divertimento e di svago, in particolare dalle giovani generazioni, ma attraverso le “trappole chimiche” delle droghe e dell'alcool che alterano artificialmente prestazioni e rappresentazione della realtà. Arcangelo Dell'Anna (psichiatra e psicoanalista) ricostruisce il complesso rapporto tra uomo e paesaggio, o meglio tra uomo e spazio, discorso che fornisce uno sfondo al nostro tema attraverso il sogno e casi clinici concreti. Si effettua poi un'ncursione nell'antropologia e nella storia delle religioni da parte di Vitaliano Biondi (architetto attento a questioni antropologiche), il quale ci ritrae una notte sede, immaginaria e reale, di convegni notturni, stregonici e diabolici. Un ulteriore approfondimento di questo tema si deve a Danilo Morini (storico) che delinea lo sviluppo mitologicoantropologico tra la figura della donna e la notte (e/o la Luna). Il tema del numero si conclude con ulteriori divagazioni di ambito letterario con il contributo di Adriano Amati (giornalista e scrittore), il quale porta l'attenzione su alcuni autori della letteratura mondiale che hanno parlato della notte come dimensione fitta di risvolti metaforici e poetici. ♦
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Neuroscienze
Biologia
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L’OROLOGIO INTERNO E I RITMI CIRCADIANI Tutte le creature, uomo compreso, adeguano il proprio comportamento all'alternarsi dei cicli di luce e buio
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Anemos neuroscienze
di Marco Ruini
parole chiave. Ritmi circadiani, orologio interno, luce, buio. Abstract. L'uomo, proprio come tutte le creature viventi, ha trovato il modo di adeguare il proprio comportamento ai cicli giornalieri di luce e buio, sviluppando dei propri ritmi biologici di attività o riposo detti circadiani. L’attività ritmica circadiana coinvolge processi fisiologici e biochimici del corpo come la temperatura corporea, i livelli ormonali, la crescita dei capelli, il ritmo sonno veglia, l’attenzione e la prestanza fisica, ed è regolata da un orologio interno influenzato sia da fattori esterni ambientali che da fattori interni all’organismo.
S
ole e luna, giorno e notte. Sono talmente importanti per la vita da essere all’inizio di ogni mito, in ogni cultura. Il loro alternarsi influenza le maree, le coltivazioni, la pesca, la vita di tutti gli esseri viventi che debbono adeguare i ritmi della propria esistenza al fatto di vivere principalmente di notte o di giorno. Tutte le creature che nascono, crescono, si riproducono e alla fine muoiono, quindi anche le piante, hanno trovato il modo di adeguare il proprio comportamento ai cicli giornalieri di luce e buio e hanno sviluppato dei propri ritmi biologici di attività o riposo detti circadiani. Quando pensiamo all’evoluzione dell’essere umano, ci rapportiamo a un progenitore comune con gli altri primati. Non discendiamo quindi dalle scimmie, come comunemente si dice, ma siamo rami collaterali di un tronco comune. Dimentichiamo però che anche questo tronco comune è a sua volta un ramo di altre evoluzioni e che, alla fine, condividiamo alcune caratteristiche con tutti gli esseri viventi, compresi i vegetali. I ritmi circadiani così diffusi in natura, ne sono la testimonianza. Anche le piante, per inciso, hanno la necessità di adattarsi all’ambiente nel quale crescono e per farlo debbono sondarlo, lo tengono costantemente monitorato, per capirne i mutamenti, percepire i momenti giusti per fiorire o per allargare la chioma, modificare il proprio assetto in base alla posizione in cui sono nate, se sono esposte al vento, in pieno sole o all’ombra. Hanno, per questo, degli apparati che permettono di adeguarsi alle varie situazioni. La cosa straordina-
ria è che hanno geni simili ai nostri e che servono a dare le stesse risposte. Noi riusciamo a vedere la luce e le forme attraverso recettori fotosensibili localizzati nella retina, la rodopsina per la luce e le ombre, e tre fotopsine per il rosso, il blu e il verde. Il cervello, poi, interpreta ciò che l’occhio vede e lo rende cosciente. Le piante non hanno autocoscienza nel senso che noi intendiamo, ma, come dice Daniel Chamoviz in Quel che una pianta sa, utilizzano i sensi come noi per interpretare il mondo che sta loro attorno: possiamo dire che le piante vedono, annusano, sentono i rumori, percepiscono dove si trovano, apprendono e ricordano. Percepiscono la luce attraverso un sistema altrettanto complesso del nostro occhio, alcune hanno oltre dieci recettori, localizzati nelle foglie, tra i quali fototropine, fitocromi e criptocromi. Usano la luce blu per sapere verso quale direzione piegarsi e la luce rossa per misurare la lunghezza della notte. Distinguono dalla diversa lunghezza d’onda la luce rossa lontana, quella del tramonto e, come gli esseri umani, si fermano se sono piante diurne o si attivano se sono notturne e si comportano in modo opposto con la luce rosso brillante dell’alba. Riescono a percepire anche luci improvvise della durata di pochi secondi, ma non distinguono tra luce naturale e sintetica se hanno le stesse lunghezze d’onda. È per questo che in serra riusciamo a ingannarle e a fare in modo che fioriscano quando lo vogliamo noi, anticipandone o posticipandone la fioritura. E’ la luce, quindi, a determinare i loro ritmi circadiani e le similitudini con i ritmi degli animali, compreso l’uomo, confermano la ◄
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Neuroscienze
Biologia
◄ partenza da un gene comune che
riesce a codificare la stessa funzione con comportamenti e organi diversi. Anche nell’uomo la luce ha una funzione fondamentale. L’attività ritmica circadiana che coinvolge processi fisiologici e biochimici del corpo come la temperatura corporea, i livelli ormonali tra i quali cortisolo e melatonina, la crescita dei capelli, il ritmo sonno veglia, l’attenzione e la prestanza fisica, è regolata da un orologio interno influenzato sia da fattori esterni ambientali che da fattori interni all’organismo, endogeni. Alcuni di questi fungono da veri sincronizzatori di questa ritmicità delle attività fisico chimiche dell’organismo e sono detti “zeitgeber”. I più importanti sono, appunto, l’alternanza luce – buio e attività sociali come pranzare o cenare alla stessa ora, avere ritmi di lavoro fissi o orari costanti nei trasferimenti. Sono i sensi che percepiscono questi stimoli ambientali e trasmettono le informa-
Figura 1.1 - Il buio stimola la produzione di melatonina che favorisce il sonno. La melatonina è prodotta da una ghiandola posta alla base del cervello, la ghiandola pineale (o epifisi). Agisce sull'ipotalamo e ha la funzione di regolare il ciclo sonnoveglia. In basso la formula di struttura della formula bruta C13H16N2O2
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zioni al sistema nervoso centrale che li sincronizza con i fattori endogeni che intervengono nella regolazione circadiana, soprattutto quelli endocrini, ormonali. Esiste un orologio interno che mantiene sincronizzate le varie funzioni dell’organismo, nei mammiferi è collocato nel nucleo soprachiasmatico, un gruppo di cellule dell’ipotalamo, molto vicine al chiasma, dove si incrociano i nervi ottici, e quindi agevolato nel ricevere informazioni sull’illuminazione dell’ambiente attraverso i fotorecettori della retina e in grado di collegare sistema visivo e sistema endocrino. Il ritmo di vita imposto da questo orologio interno non è uguale per tutte le persone ed è di origine genetica. Nella maggior parte di noi, verso le ore 21 il buio stimola la produzione di melatonina che favorisce il sonno, diminuisce l’attenzione e la reattività, riduce la pressione arteriosa e la temperatura e inibisce la liberazione di serotonina e beta-endorfine. Alcune persone iniziano tardi a produrre la melatonina e quindi avranno difficoltà ad addormentarsi e ad alzarsi presto perché il loro ritmo di produzione è sempre vicino alle otto ore, anche quando cambia la durata del giorno tra l’estate e l’inverno. Altre persone la producono prima ed ecco che al mattino presto sono già in piedi e attivi. Negli anziani la produzione di melatonina si riduce e questo fa sì che dormano poco. Nei giovani
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l’orario di produzione è ritardato verso le 23 e questo giustifica il fatto che non hanno mai sonno di sera e non si alzerebbero mai al mattino. Negli Stati Uniti alcune scuole hanno modificato l’orario d’inizio delle lezioni portandolo alle 9.30 con risultati sorprendenti e migliorativi sul rendimento scolastico. Con la luce del giorno, mediamente verso le otto di mattina, ha termine la produzione di melatonina ed ecco che la serotonina viene di nuovo liberata e ci dà l’energia necessaria per il giorno. Riparte la produzione di cortisolo e la liberazione di insulina che provoca la ipoglicemia che ci fa sentire il bisogno della colazione. Aumenta anche la produzione di testosterone ed ecco perché tanti maschi sentono il desiderio di praticare sesso al mattino mentre per le donne l’orario migliore è di pomeriggio, verso sera. Di notte la percentuale di orgasmi si riduce di quasi il 40%. Un’altra costante di questi ritmi circadiani la notiamo nelle capacità psico-fisiche. Di mattino il pensiero offre le prestazioni più alte, alle 17 è il momento migliore per i risultati sportivi. Intorno alle 20 il fegato raggiunge il culmine della sua attività e un bicchiere di alcool a quest’ora viene rapidamente metabolizzato mentre di notte resta a lungo nel sangue. È possibile in tutti gli organismi variare questi ritmi, ma solo in modo parziale. Nell’uomo, in particolare, l’adattamento può anche essere rapido se semplicemente si spostano gli orari del giorno e della notte senza variarne la durata. Lo si vede nel fenomeno del Jet-lag, la desincronizzazione dei ritmi circadiani dopo voli transcontinentali con superamenti di cinque o più fusi orari. Il ritmo sonno veglia si sfasa, siamo avvinti da stanchezza, spossatezza, giramenti di testa, nausea, calo delle prestazioni e dell’attenzione che regrediscono prima se il nuovo ritmo notte giorno è più netto con luce più forte. Di fatto,
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Figura 1.2 - A fianco visuale di una metropoli contemporanea illuminata di notte. La luce elettrica ha permesso di estendere alla notte le attività umane, ma in questo modo alcuni ritmi legati al ciclo sonno/veglia vengono desincronizzati e le nostre prestazioni calano decisamente, costringendoci a correggere artificialmente le nostre prestazioni con farmaci o eccitanti.
il riadattamento dopo un volo da Est a Ovest nel quale la giornata si allunga, è più rapido rispetto a quello di un volo da Ovest a Est nel quale la giornata nella quale avviene il volo si accorcia. Altri adattamenti obbligati da abitudini comportamentali legate ad esempio ai ritmi del lavoro, ai turni notturni o a luoghi di lavoro con sola luce artificiale come certi uffici o sale operatorie, sono decisamente più difficili da ottenere e inefficaci. Tanti impiegati è come se vivessero nell’oscurità in quanto anche lampade potenti sono sempre da 50 a 100 volte meno luminose dei raggi del sole. L’adattamento è negativo, l’orologio corporeo non viene più regolato per mancanza di luce, aumenta la produzione di melatonina e si riduce la serotonina. Aumentano così i disturbi del sonno, diminuisce il rendimento lavorativo, compaiono malattie tra le quali la più importante e frequente è la depressione. Proprio per questo sono nate nuove terapie per la depressione trattata con la luce, con lampade cento volte più potenti che continuano a illuminare la casa quando in autunno la giornata si accorcia. Le ore di riposo sono quindi codificate geneticamente e
regolate dalla luce e ci sono indispensabili. L’adattamento ai nuovi orari reso necessario dalla cosiddetta conquista della notte non è mai efficace. Non è ancora ben chiaro perché dormiamo, riposiamo sì le membra, ma l’attività cerebrale tende ad aumentare e si fa frenetica nelle fasi REM di sonno profondo. Sappiamo, però, che la carenza di questi momenti di eccitazione cerebrale notturni provoca disturbi importanti del sistema nervoso. Inoltre, questi ritmi circadiani spingono il nostro organismo a essere più pronto per le attività fisiche al pomeriggio con un netto calo di riflessi e prestazioni di notte, anche in coloro che non bevono, che si ripercuote sulla vita notturna nelle città e sugli incidenti automobilistici. L’alcool attenua ulteriormente tutte le facoltà. Il tempo del corpo fissa, quindi, a livello individuale le nostre capacità nel compiere determinate azioni e la sincronizzazione è molto lunga e, anche se influenzata dalle abitudini, per ogni nostra attività esiste un tempo giusto. Alterare i ritmi o lottare contro i propri ritmi biologici è deleterio sia a livello fisico che mentale, l’organismo ha orari precisi nei quali è più vulnerabile: è ad esempio più probabile nascere e morire nelle prime ore del giorno, le statistiche dicono tra le ore quattro e le cinque, quando anche la pressione arteriosa e la temperatura sono più
Indicazioni bibliografiche Mark F. Bear, Barry W. Connnors, Michael A. Paradiso, Neuroscienze, Masson, 2009 Daniel Chamovitz, Quel che una pianta sa, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2013
Atefan Klein, Il tempo, Bollati Boringhieri, Torino, 2015
basse. Queste stesse sono più alte di pomeriggio quando l’organismo necessita di più energia per le normali prestazioni. La luce elettrica ha permesso di conquistare la notte e allargare le nostre ore lavorative e di svago, ma alcuni ritmi legati al ciclo sonno veglia vengono desincronizzati e le nostre prestazioni calano decisamente mettendo, a volte, a rischio noi stessi e gli altri. L’errore più grave è utilizzare farmaci o eccitanti per aumentare queste prestazioni. È un mascherare una carenza che alla lunga diventerà sempre più evidente e difficile da correggere. Abbiamo conquistato la notte a prezzo di un aumento delle patologie da stress, tensione, nevrosi, depressione perchè siamo ancora legati a un corpo che ha un suo modo di funzionare frutto di una evoluzione di milioni di anni legata alla natura e ai suoi tempi e spiazzata dall’evoluzione tecnologica e culturale che ha invece tempi velocissimi non legati alla sedimentazione e alla selezione naturale. Siamo ormai schiavi della velocità, del tempo meccanico dell’orologio, di ritmi di lavoro e di luoghi di lavoro che non tengono in considerazione le esigenze del nostro organismo, meno che meno quelle del nostro orologio interno. I nostri ritmi di vita sono codificati geneticamente, il tempo soggettivo non è il tempo dell’orologio meccanico, ma a quello abbiamo sottomesso la nostra vita lavorativa e ora anche lo svago con conseguenze sempre più deleterie sulla qualità di vita. ♦
Marco Ruini. Neurologo e neurochirurgo e responsabile del Centro Medico Anemos di Reggio Emilia.
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Psicologia
Biologia
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di Ilenia Compagnoni
parole chiave. Ritmi Circadiani, Sindromi da Desincronizzazione, orologi biologici, alterazioni fisiologiche. Abstract. Nel presente articolo si vuole tentare una sommaria descrizione di quello che accade nel nostro organismo quando viene sottoposto a oscillazioni dei normali ritmi biologici interni, causate da fattori esterni o endogeni. Da tempo gli organismi viventi si sono adattati, ognuno secondo modalità proprie e in base ai mezzi a disposizione nel proprio ambiente naturale, alla periodicità dei fenomeni ambientali; succede, però, che queste ciclicità, riprodotte a livello autonomo dall’organismo, secondo meccanismi filogeneticamente molto antichi, subiscano alterazioni in grado di compromettere, non solo gli orologi biologici interni, ma anche molte altre funzioni organiche che su questi si basano, portando un disequilibrio e una desincronizzazione dell’intero organismo. Anche i box di approfondimento sono a cura dell'autrice.
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sia qualitative nei suoi processi biologici (Fig. 2.1). I ritmi biologici possono essere di vario tipo, in base al periodo di oscillazione che si prende in considerazione (Fig. 2.2). - Ritmi circadiani: sono quelli di gran lunga più studiati perchè consentono all’organismo di sincronizzarsi e adattarsi adeguatamente ai cambiamenti dell’ambiente esterno; il loro ciclo è di circa 24 ore (tra le 24,1 e le 24,7 ore). Essi influenzano il ritmo sonno-veglia, la termoregolazione, la pressione arteriosa, l’attività surrenalica, la divisione cellulare, l’attività ipofisaria ed epifisaria (necessarie per la sintesi di melatonina). Questi ritmi sono legati al movimento di rotazione terrestre. - Ritmi ultradiani: influenzano in modo particolare il battito cardiaco e hanno una periodicità inferiore alle 20 ore. - Ritmi infradiani: con periodicità di 28 ore circa. - Ritmi circaseptani: con periodicità tra i 4 e i 10 giorni, riguardanti particolari ormoni. - Ritmi circadiseptani (dagli 11 ai 17 giorni) e circavigintani (tra i 18 e i 24 giorni): riguardanti alcune variabili urinarie. - Ritmi circatrigintani: riguardanti il ciclo mestruale e la produzione degli ormoni riproduttivi, con periodicità di circa 25-35 giorni; essi sono lega-
ti al movimento di rotazione della Luna attorno alla Terra. - Ritmi circannuali: la periodicità è di 10-14 mesi circa e influenza la produzione di ormoni corticosteroidi, con picco massimo in autunnoinverno e minimo in primavera; essi sono legati al moto di rotazione della Terra attorno al Sole. - Ritmi diani: con periodicità di circa 22-26 ore e detto anche “a decorso libero” (free running). In particolare, quest’ultimo ciclo “a decorso libero” si riferisce al ritmo biologico, mantenuto dall’organismo grazie a meccanismi endogeni autorigeneranti e altamente specializzati, che funzionano in modo autonomo in condizioni di temperatura e luce costante. Questi meccanismi, definiti anche orologi biologici circadiani, regolano la ritmicità di alcune funzioni organiche a vari livelli, dalle singole cellule ai tessuti e agli organi, permettendo all’organismo di rispondere efficacemente alle variazioni ambientali e agli stimoli esterni (Fig. 2.3). Un sistema biologico circadiano si definisce in base a tre componenti essenziali: - L’input: ovvero un segnale esogeno che mette in collegamento l’orologio biologico interno con l’ambiente circostante. - L’oscillatore endogeno autonomo: ovvero l’orologio biologico propria-
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itmicità circadiana. Le prime osservazioni sull’esistenza di una ritmicità circadiana nelle funzioni biologiche sono di Jacques De Mairan (1729), il quale notò che l’apertura e la chiusura delle foglie avviene con periodicità giornaliera, anche in condizioni di buio totale e a temperatura costante. I ritmi biologici, in origine, hanno interessato principalmente la metereologia e la climatologia; oggi, sono divenuti di diffuso interesse e, grazie allo sviluppo di nuove tecnologie in ambito medico-biologico e scientifico, hanno permesso a discipline quali la biologia e la psicologia lo studio di questi fenomeni e l’avanzamento delle ricerche e conoscenze in questo settore. In particolare: la cronobiologia è la scienza che studia i fenomeni della vita e le loro oscillazioni cicliche (o periodiche); la cronopsicologia è la scienza che studia l’organizzazione dei ritmi delle funzioni psicologiche e la loro interazione con i ritmi biologici e sociali. L’attività ritmica della vita è fondamentale per qualsiasi essere vivente. Ogni organismo vivente, infatti, dal più semplice, quale per esempio un procariote, al più complesso, quale un mammifero o un essere umano, presenta oscillazioni sia quantitative
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Gli orologi:
da quelli sul polso a quelli nell’organismo Cosa accade al nostro organismo quando vengono alterati i normali ritmi biologici interni?
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Psicologia
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Inizio secrezione melatonina Massima temperatura corporea
Tempo di reazione veloce
21.00
2.00
Sonno profondo 4.30
19.30
6.45
15.30
Migliore coordinazione
14.30
10.00
Minima temperatura corporea
Aumento pressione arteriosa
Massima vigilanza
Figura 2.1 - Ogni attività periodica del corpo ha un picco di funzionamento massimo durante le 24 ore. Nella figura
sono, schematicamente, illustrati gli orari di massima attività di alcune delle principali funzioni biologiche umane. Da qui, è facilmente comprensibile come una qualche alterazione del normale ritmo circadiano, possa comportare scompensi nell’organismo a vari livelli.
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mente detto, localizzato all’interno di ciascuna cellula. - L’output: ovvero la trasduzione della ritmicità biologica dell’oscillatore in un cambiamento corrispondente nel comportamento cellulare, nei tessuti, negli organi e quindi anche nell’organismo. Un orologio biologico ha tre caratteristiche principali: - Un oscillatore interno con periodo circadiano di circa 24 ore. - L’adattabilità del ritmo del suddetto oscillatore all’alternanza stagionale di luce/buio. - Il controllo di specifici comportamenti (per esempio il sonno e la veglia, la locomozione, ecc..) attraverso segnali precisi inviati dall’oscillatore stesso.
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Il ruolo del Sistema Nervoso Centrale. Il SNC (Sistema Nervoso Centrale) controlla e coordina i ritmi circadiani, integrando la sua attività a quella degli altri orologi periferici, attraverso messaggi ormonali, regolati da particolari geni. Il primo di questi geni fu scoperto
nel 1997 da Joseph Takahashi e venne denominato Clock (Circadian Locomotor Output Cycles Kaput); questo gene è responsabile del controllo e del coordinamento degli orologi periferici attraverso messaggi ormonali. Un orologio biologico circadiano è spesso costituito da un sistema a feedback negativo, dove cioè le proteine responsabili dell’oscillazione reprimono la trascrizione di particolari geni. Studi sui moscerini di Drosophila hanno identificato due geni, in particolare, in grado di modificare la ritmicità dell’attività locomotoria: il gene Per (period) e il gene Tim (timeless). Questi geni iniziano a essere trascritti al mattino e proseguono durante tutto l’arco della giornata. Per poter essere attivate le proteine devono legarsi tra loro ed entrare nel nucleo cellulare, dove bloccano la trascrizione dei geni bersaglio (geni Tim e Per compresi), regolando l’espressione dei geni che controllano i ritmi biologici. Questo sistema a regolazione negativa entra in azione solo a fine giornata,
in quanto l’alto livello di degradazione della proteina Tim da parte della luce riduce notevolmente la sua disponibilità nell’organismo, e quindi la possibilità di legarsi con la proteina Per durante le ore di luce. Altri studi sperimentali, effettuati nei ratti, hanno identificato un altro gene che sembra regolare la durata e la persistenza del ciclo sonno-veglia. Questo complesso meccanismo di autoregolazione a feedback negativo avviene, nei mammiferi, grazie a un circuito che trasmette le informazioni dall’occhio al Sistema Nervoso: lo stimolo luminoso raccolto dalla retina viene trasmesso ai nuclei soprachiasmatici (NCS) attraverso il tratto retino-ipotalamico: esso, localizzato anteriormente all’ipotalamo, costituisce la sede dell’orologio circadiano, composto da migliaia di neuroni ad attività circadiana, collegati anatomo-funzionalmente con la ghiandola pineale. La ghiandola pineale è di particolare rilievo nella regolazione circadiana a causa della produzione di melatonina. Il sistema
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Anemos neuroscienze
Il tema del numero
particolare fotopigmento chiamato melanopsina, e le ritrasmette al SNC attraverso il fascio retinoipotalamico. Studio dei ritmi biologici. Lo studio dei ritmi biologici è ormai divenuto, soprattutto nel corso degli ultimi decenni, un area di studio multidisciplinare, che spazia dalla genetica alla neurofisiologia, dalla medicina alla clinica psichiatrica, dall’etologia alla biochimica, interessando ormai un gran numero di settori di ricerca. Inizialmente, la cronobiologia umana si concentrò sullo studio dei ritmi sonno-veglia e della loro alterazione, portando notevoli contributi soprattutto in ambito clinicopatologico. È noto che, nel corso della nostra vita, le ore dedicate al sonno e quelle dedicate alla veglia mutano con gli anni: alla nascita le ore di sonno totali in una giornata sono circa 17-18, diminuiscono fino a 10-12 ore di sonno giornaliero totale a quattro anni, e raggiungono le 7-8 ore totali di sonno dai 20 anni e per gran parte della vita adulta; durante la vecchiaia tende, invece, a manifestarsi uno slittamento nelle fasi di sonno-veglia, che risultano anticipate rispetto a quelle dell’età adulta, probabilmente a causa di una minor efficacia nei ritmi circadiani del cortisolo. Questi ritmi possono, ovviamente, divergere da individuo a individuo, anche a causa di differenze genetiche: è stato infatti dimostrato, attraverso esperimenti su gemelli omozigoti ed eterozigoti, che la quantità e la qualità del sonno sono regolati soprattutto a livel-
NUOVE FRONTIERE NEL CAMPO DELLA CRONOTERAPIA
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circadiano umano è quindi costituito da moltissimi oscillatori, i quali sono interconnessi tra loro e influenzati da fattori esterni (detti zeitebergers, ovvero sincronizzatori). L’importanza dei NCS nella periodicità circadiana è stata ampiamente dimostrata da studi sperimentali su ratti e criceti: la rimozione chirurgica del 75% di quest’area porta ad annullare la ritmicità dell’attività locomotoria, dell’assunzione di cibo, della temperatura corporea, della pressione arteriosa e della secrezione di alcuni ormoni (tra i quali, la melatonina); la lesione determina, invece, un alterazione nell’organizzazione del sonno, tanto più grave quanto più ampia è l’area danneggiata. I NCS sono quindi importanti regolatori di funzioni biologiche fondamentali per l’organismo. In particolare nell’essere umano: l’ipotalamo rappresenta il centro regolatore della temperatura corporea; l’asse ipotalamo-ipofisisurrene controlla la secrezione di ormoni quali il cortisolo, l’adrenalina e l’aldosterone, ovvero importanti regolatori del ritmo sonno-veglia. In particolare, l’ipotalamo sembra essere ampiamente coinvolto nell’organizzazione neuroendocrina dei ritmi biologici umani: durante le prime ore del mattino secerne CRF (corticotropinreleasingfactor), il quale attiva l’asse ipofisisurrene (rilasciando un ormone che ha la funzione di attivatore ergotropico dell’organismo, il cortisolo); riceve poi segnali dalle cellule gangliari della retina, le quali rilevano i cambiamenti di luce nel corso delle 24 ore grazie ad un
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seguito dell’aumento di patologie correlate ad alterazioni o desincronizzazioni dei ritmi circadiani, sono aumentate le ricerche nel settore della cronofarmacologia e della cronoterapia. In particolare, quest’ultima mira all’identificazione del tempo ottimale di somministrazione di un farmaco per migliorarne l’azione e ridurne gli effetti collaterali. Una delle terapie più studiate oggi è la fototerapia, ovvero la somministrazione di particolari frequenze d’onda tramite tre strumenti principali: la light box; il light visor (HMU, Head-Mounted Light Unit), costituito da una lampada montata a un casco; il down simulator, ovvero un simulatore d’alba più maneggevole e funzionale. È stato notato che le lunghezze d’onda ad ampio spettro funzionano meglio; inoltre, l’efficacia della fototerapia non sembra essere correlata all’orario in cui viene somministrata. Per quanto riguarda gli effetti collaterali, essi sono transitori e comprendono: cefalea, nausea, affaticamento oculare, fotofobia, offuscamento, vertigini, stordimento, insonnia. La fototerapia risulta essere particolarmente indicata nel caso di malati terminali, vista la velocità di azione della terapia, e gli anziani ai quali è sconsigliabile somministrare farmaci potenzialmente tossici o peggiorativi del quadro clinico. Oltre al campo clinico e medico, la fototerapia può essere usata anche per migliorare le prestazioni. Recenti studi hanno dimostrato gli effetti nonvisivi sulla fisiologia e sulla psicologia umana: la luce blu, proveniente dalle nuove sorgenti a Led, è in grado di migliorare l’allerta, la vigilanza, i processi cognitivi e la regolazione dell’umore, consentendo al SN di mantenere simultaneamente attive molteplici rappresentazioni mentali, senza che queste interferiscano tra loro. In un esperimento di C. Burattini et all. è stato indagato l’effetto della luce blu sui processi di Backward Inhibition e di Switch Cost, ovvero processi inibitori che riducono l’interferenza tra rappresentazioni mentali multiple di un compito per facilitarne l’esecuzione di uno nuovo e consentendo al cervello di passare da uno all’altro. Nei suoi esperimenti, notò soprattutto una riduzione dei processi inibitori quando i soggetti erano esposti alla luce, senza particolari modificazioni nei processi di slittamento da un processo all’altro e, quindi, nell’esecuzione efficace dei compiti. Essa è, inoltre in grado di diminuire il numero di errori, aumentare la comprensione, rendere la lettura più veloce (Park et all. 2013).
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Psicologia
Biologia
◄ lo genetico; questo fa ipotizza-
re una natura filogenetica dei ritmi circadiani, fondamentali per fronteggiare nel modo migliore possibile le diverse sfide ambientali a cui le varie specie sono e sono state sottoposte. L’alterazione di questi ritmi può essere transitoria, come avviene per esempio nel caso di un cambiamento di fuso orario, o persistente. È stato dimostrato, per esempio, che una riduzione delle ore dedicate al sonno o una cattiva qualità dello stesso hanno conseguenze assai dannose per la salute fisica e mentale. Un sonno quantitativamente o qualitativamente non ottimale tende a ridurre la fase REM e portare a squilibri nel funzionamento cognitivo e nell’equilibrio glicemico. Quest’ultimo è particolarmente rilevante ai fini del trattamento
Figura 2.2 - Ogni tipo di ritmo
biologico oscilla tra un tempo massimo e uno minimo per manifestarsi. Ad ogni ritmo biologico, inoltre, corrisponde un attività specifica dell’organismo umano; queste ultime, infatti, tendono a riproporre, in modo adattativo, i periodi biologici naturali proposti dall’ambiente in cui l’organismo vive e ha vissuto.
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dell’obesità: il cervello percepisce un maggior bisogno di energia, conseguentemente tende a ripristinare l’equilibrio glicemico durante il giorno attraverso la maggior assunzione di carboidrati (energia pronta per il Sistema Nervoso) e grassi saturi; alla lunga, questa condizione determina un aumento delle energie che vengono immagazzinate e depositate nell’organismo sotto forma di grasso, probabilmente a causa della conseguente ridotta secrezione della Grelina (ormone prodotto dallo stomaco e responsabile del senso di fame). Oltre ad una riduzione della temperatura corporea e a una diminuita attività locomotoria, sia nella quantità di movimenti compiuti sia nella velocità generale del moto, sempre finalizzate alla conservazione del glucosio di cui il cervello ha bisogno, è stato osservato che, dopo una riduzione delle ore di sonno, i soggetti tendevano a manifestare una riduzione anche nella quantità di insulina prodotta e nella sensibilità alla stessa, forse correlata alla produzione di Orexina (neurone importante per restare svegli durante le ore di attività e significativamente compromesso, ad esempio, nei narcolettici).
Studi in ambito psichiatrico. Tra i primi studi in ambito psichiatrico, ve ne sono stati alcuni mirati all’identificazione di una possibile relazione tra i disturbi psichiatrici maggiormente diffusi e i ritmi biologici circadiani e circannuali. Nella Depressione Maggiore, per esempio, è stato notato che picchi anomali nella secrezione diurna di cortisolo e l’aumento del picco notturno possono essere collegati alle disfunzioni del sonno (in particolare, al risveglio precoce e alla diminuzione delle ore totali di sonno, soprattutto della fase REM del sonno) e alle alterazioni nella normale termoregolazione dell’organismo (come l’avanzamento di fase nella temperatura basale fisiologica e il picco termico notturno). Nel Disturbo Bipolare, le alterazione del ciclo sonno-veglia sembrano essere legate soprattutto a fattori genetici, in particolare ad una ipersensibilità del Sistema di Regolazione Circadiano a stimoli neurochimici sia endogeni sia ambientali. È stato notato che l’ipersensibilità della ghiandola pineale agli stimoli luminosi potrebbe essere connessa ai livelli plasmatici di melatonina, i quali si dimostrano aumentati nelle fasi depressive e ridotti durante le
Ritmi biologici per classi di periodo Periodo <20 ore
Definizione ULTRADIANO
Alcune attività Battito cardiaco Respirazione
20 ± 4 ore
CIRCADIANO
Sonno-veglia
24 ± 2 ore
DIANO
Temperatura corporea
>28 ore
INFRADIANO
Pressione arteriosa
7 ± 3 giorni
CIRCASEPTANO
Alcuni ormoni
14 ± 3 giorni
CIRCADISEPTANO
Alcune variabili urinarie
21 ± 3 giorni
CIRCAVIGINTANO
Alcune variabili urinarie
30 ± 5 giorni
CIRCATRIGINTANO
Ciclo mestruale Ormoni della riproduzione
12 ± 2 mesi
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CIRCANNUALE
Alcuni ormoni
I ritmi presentano un margine di fluttuazione (da meno di un giorno a circa un anno), segnando gli alti e bassi della vita biologica. N. Valerio 1984 (da Aa. Vv)
A
Figura 2.3 Viene schematicamente riproposto il meccanismo di azione che si attiva in risposta a stimoli luminosi provenienti dall’esterno: le cellule oculari captano la luce e trasmettono questa informazione all’ipotalamo, il quale provvede a informare altre regioni del SNC e a produrre ormoni specifici, in base al tipo di segnale ricevuto. fasi maniacali. Nella Schizofrenia, la minor secrezione diurna di melatonina e l’avanzamento di fase nel ritmo di secrezione della stessa sono stati collegati all’anticipazione nel picco della temperatura basale diurna e agli alti livelli di temperatura generale dei soggetti colpiti, anche se resta da indagare il ruolo di altri neurotrasmettitori, quali Dopamina e Noradrenalina. Per quanto riguarda i Disturbi del Comportamento Alimentare, nei quadri di Bulimia sembra manifestarsi un peggioramento estivo rispetto alla distorsione cognitiva della propria immagine corporea, alternato a meccanismi neurofisiologici simili a quelli presenti nel SAD, Disturbo Affettivo Stagionale, (vedi approfondimento Il Disturbo Affettivo Stagionale) nel periodo invernale. Anche la relazione tra ore di luce e attività fisica compensatoria sembrano avere effetti sul sincronismo circadiano biologico, in riferimento ai diversi pattern stagionali, ma gli elementi a disposizione non sono ad oggi conclusivi. Nonostante la ricerca abbia ancora molta strada prima di arrivare ad avere dati certi sulle complesse interrelazioni tra meccanismi psicofisiologici umani e ritmicità ambientali, in ambito clinico e medico si parla sempre più spesso di Sindromi da Desincronizzazione, in riferimento a quadri patologici legati proprio ad una alterazione dei normali ritmi biologici, la cui caratteristica comune risulta essere un disaccoppiamento tra i ritmi endogeni e i ritmi provenienti dai sincronizzatori ambientali. Il DSM-IV pone i Disturbi da Desincronizzazione tra i Disturbi del
Anemos neuroscienze
Il tema del numero
occhio
Tratto retinoipotalamico
NUCLEO SOPRACHIASMATICO
luce
NUCLEO PARAVENTRICOLARE
IPOTALAMO Triptofano Midollo spinale 5-idrossitriptofano
ATP
5-idrossitriptamina
cAMP
nat
Ganglio cervicale superiore
Sintesi proteica
N-acetilserotonina
MELATONINA
β α
Fibra postgangliare LEGENDA: NA = noradrenalina NAT = N-acetiltransferasi α = recettore α-adrenergico β = recettore β-adrenergico
Controllo della sintesi della melatonina da parte della luce (Arendt J.; 1995)
Ritmo Circadiano e li suddivide in primari (Sindrome da Ritardo di fase del sonno, Sindrome da Avanzamento di fase del sonno, Sindrome Ipernictemerale) e secondari (Sindrome del Jet-Lag e Sindrome dei turnisti). La Sindrome da Ritardo di fase del sonno: ovvero l’incapacità nell’addormentarsi o svegliarsi spontaneamente all’orario voluto, con un progressivo ritardo nell’orario di addormentamento; le conseguenze comprendono una ridotta concentrazione e una minor energia diurna. La Sindrome da Avanzamento di fase del sonno: i soggetti manifestano una anticipazione nell’ora di addormentamento e risvegli precoci; colpisce in prevalenza gli anziani, i quali manifestano anche frequenti risvegli notturni e oscillazioni irre-
golari nella temperatura corporea. Questo disturbo potrebbe quindi essere legato all’invecchiamento dei normali sincronizzatori circadiani endogeni. La Sindrome Ipernictemerale: si manifesta in quei soggetti nel cui luogo di lavoro il ciclo luce-buio viene riprodotto artificialmente; l’organismo, impossibilitato a rispondere all’effetto sincronizzante della luce solare, reagisce attivando un ritmo sonno-veglia di tipo free running, di circa 25-26 ore, con conseguente avanzamento dell’orario di addormentamento di circa 1-2 ore ogni notte, che porta inevitabilmente a sonnolenza diurna e insonnia periodica. La Sindrome del Jet-Lag: colpisce quei soggetti che viaggiano, per motivi spesso lavorativi, tra continenti aventi fusi orari diversi
◄
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Psicologia
Biologia
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IL DISTURBO AFFETTIVO STAGIONALE
I
l SAD, o Disturbo Affettivo Stagionale, è un disturbo cronico caratterizzato da episodi depressivi circannuali: esordisce generalmente in autunno, con picco invernale e risoluzione in primavera. I sintomi comprendono: una marcata depressione dell’umore unita a d una certa reattività fisica, iperfagia e insonnia. Già i greci avevano notato una relazione tra variazioni stagionali e malinconia. Ad oggi, sono molte le ipotesi che tentano
◄ (transmeridiani);
nei soggetti che non riescono ad adattarsi in tempo alle nuove condizioni ambientali si sviluppano sintomi quali nausea, disturbi gastro-intestinali, inappetenza, spossatezza, malessere generale, insonnia, irritabilità, deflessione dell’umore e diminuzione dell’efficienza mentale. Il quadro clinico peggiora, in particolare, con l’età e con la frequenza dei viaggi transmeridiani, ma soprattutto se si viaggia da ovest a est. La Sindrome dei turnisti: molto simile alla Sindrome del Jet-Lag, si manifesta soprattutto in quei soggetti costretti a variare ripetutamente, nel corso della settimana, le ore dedicate al sonno e l’orario di addormentamento, principalmente per motivi lavorativi. Oltre ad insonnia ed affaticamento cronico durante il giorno, vi è anche una disfunzione nella struttura ritmica circadiana del sonno. Inoltre, possono manifestarsi aspettative psicologiche che condizionano lo stato psicofisico del soggetto: in negativo, con ansia e irritabilità, nelle ore precedenti l’inizio del turno; in positivo, con stati emotivi positivi, in prossimità della fine del turno. Il quadro tende a peggiorare in relazione alle capacità di adattamento del singolo.
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Alterazioni. Numerose evidenze scientifiche hanno, infatti, ampiamente dimostrato che il lavoro notturno, o una riduzione delle ore
di spiegarne, almeno in parte, le cause: - Ipotesi del fotoperiodo: una ipersensibilità genetica all’ accorciamento invernale del fotoperiodo causerebbe l’esordio della malattia (Aschoff, 1981). - Ipotesi dello spostamento di fase: un ritardo fisiologico nel ciclo di secrezione della melatonina determinerebbe i sintomi che caratterizzano il disturbo (Avery, 1981). - Ipotesi della Serotonina: che
totali di riposo, portano ad alterazioni, non solo biologiche, ma anche psichiche e sociali. Tra le alterazioni biologiche vi sono: - Anomalie nel normale funzionamento dei master clock ipotalamici, che causano un aumento nella produzione di cortisolo (a funzione immunodepressiva e stimolante) e una riduzione nella secrezione di prolattina e melatonina. - Anomalo funzionamento dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e conseguente riduzione del numero di linfociti prodotta dall’organismo. - Desincronizzazione della gerarchia esistente tra orologi biologici periferici e orologio biologico centrale, con conseguente funzionamento isolato dei due regolatori circadiani e disaccoppiamento nei meccanismi di regolazione dell’organismo agli stimoli ambientali e centrali/periferici. - Disfunzione dei geni Clock periferici, i quali controllano proliferazione e riparazione cellulare, oltre a svolgere un importante funzione oncosoppressiva. - Alterazioni gastro-intestinali quali: reflusso gastro-esofageo, Sindrome del colon irritabile, ulcera peptica, colite ulcerosa, gastroduodeniti, cancro e tumori. Il gene Clock è, infatti, presente anche nell’apparato gastroenterico e, durante l’orario dei pasti, viene attivato e aiuta nella difesa dall’organismo contro elemen-
coinvolge disfunzioni del Sistema Serotoninergico (Mellerup, 1993). - Ipotesi della Melatonina: con riduzione nella secrezione normale notturna della stessa Lewy, 1980). - Ipotesi del photo-counting: simile alla prima ipotesi, che prende in causa la riduzione invernale delle ore totali di luce giornaliera (Kasper, 1989).
ti potenzialmente pericolosi, come l’Helicobacter Pylori. - Disturbi cardiovascolari e circolatori, con aumentato rischio di cardiopatia ischemica e di infarto del miocardio. Si è, inoltre, osservato che una secrezione anomala di catecolamine produce una conseguente anomala regolazione della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, le quali possono peggiorare il quadro clinico e portare allo sviluppo di ipertensione arteriosa e disfunzioni della termoregolazione. - Disordini metabolici: in particolare, la Sindrome Metabolica, caratterizzata da insulino-resistenza e iperglicemia, può aumentare il rischio di ipertensione arteriosa e malattie cardiovascolari in genere. Gli scompensi nel metabolismo del glucosio e nella produzione di insulina possono anche portare a sviluppare Diabete di tipo II, caratterizzato da intolleranza al glucosio e insulinoresistenza notturna. - Patologie neoplasiche: tra queste ultime vi sono tumori alla mammella e al seno, in percentuale maggiore nel genere femminile, soprattutto dopo molti anni di lavoro notturno: la minor produzione di melatonina influisce, infatti, sull’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi riducendo il livello di estrogeni rilasciati da queste ultime, questo porta ad una maggior proliferazione di estradiolo e ad una maggior invasività delle cellule tumorali mammarie pre- ◄
APPROFONDIMENTI ♦ arte
A
Il tema del numero
Anemos neuroscienze
arte e cervello
La notte degli artisti
Q
uante volte, appena prima di addormentarci, ci è venuta una illuminazione geniale? Quante volte la soluzione a un problema viene in mente appena ci corichiamo? Sembra che la nostra mente voglia prendersi beffa di noi e suggerirci idee nuove solo quando, finalmente, vogliamo riposarci e porre fine a una giornata piena di impegni e di stress. Già Freud aveva parlato di creatività notturna, ovvero di immagini ed emozioni nuove che vengono prodotte dalla mente durante il sogno, attraverso la rielaborazione e l’integrazione originale dei ricordi immagazzinati durante il giorno. In realtà, esiste un meccanismo specifico a livello neuronale che funge da periodo di passaggio tra lo stato di coscienza vigile e quello del sonno, detto dormiveglia. In questo frangente di tempo, il cervello è sdoppiato tra due stati, della veglia e del sonno, mantenendoli contemporaneamente attivi e coesistenti. È in questo momento di transizione che avvengono le idee più geniali e le illuminazioni più creative, le quali possono essere memorizza-
te e provocare reazioni analoghe a stimoli o pensieri manifestati durante un normale stato di veglia attiva. Inoltre, grazie alla PET, è stato possibile osservare come la concentrazione mentale possa essere migliorata riducendo il ritmo del cervello, come nel caso del dormiveglia nel quale la frequenza cerebrale è di 4-7 Hz (Onde Teta). Quando il SNC è accelerato, la corteccia è pronta a rispondere a una miriade di stimoli diversi provenienti dall’esterno, o dall’interno; la riduzione della frequenza di trasmissione cerebrale può, invece, favorire attività mentali più selettive e intense. Numerosi studi, nati grazie al sempre maggior interesse nell’ambito della Neuroestetica, indagano proprio come sia possibile sviluppare i processi creativi, attraverso l’indagine dei processi neuronali sottostanti: sembra, per esempio, che sia necessario il rilassamento mentale e il distacco dai processi attentivi e di vigilanza, tipici dello stato di veglia attiva, per poter uscire dagli schemi stereotipati appresi dalla società ed entrare in un tipo di ragionamento “laterale”, il quale può portare all’elaborazione di nuove
idee e pensieri. Sembra, inoltre, che l’ambito in cui si manifesta la genialità creativa sia collegato anche alle aree cerebrali attivate, di volta in volta, dal SNC (aree visive, manipolative, uditive, etc.). Lo stato di dormiveglia sembra, inoltre, essere di fondamentale importanza per la rigenerazione psicofisica dell’organismo, permettendo il rilassamento e la rielaborazione della moltitudine di informazioni con cui è entrato in contatto durante la giornata, soprattutto oggi che siamo così occupati a seguire il frenetico ritmo imposto dalla società moderna e dai suoi prodotti. Bibliografia:
Pia Abelli, Processo onirico, creatività e TSGN, 1997, on-line, www.psychomedia.it/pm/science/psybyo/abelli1a. htm Giovanni Chetta, Ritmi del cervello, 2010, on-line, www.giovannichetta.it/ ritmicervello.html. Nicla Panciera, Estetica, creatività, e paura della neuroestetica. Ora le neuroscienze esplorano la genialità. Che cosa accende la “scintilla” decisiva? Ed è possibile educare alla creatività?, "La Stampa Tuttoscienze", 2014.
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Psicologia
Biologia
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◄ senti nell’organismo, con con-
seguente iperestrogenismo che causa il tumore. Tra le alterazioni psicologico-sociali vi sono: disturbi nevrotici (ansia, depressione, abuso di alcool e tabacco, abuso di sostanze psicotrope), riduzione dell’efficienza mentale e della concentrazione, riduzione dell’autostima e alterazione della personalità generale, maggior rischio di burnout e stress. Questi disturbi psichici si ripercuotono, inevitabilmente, sulla sfera sociale e familiare del soggetto che può trovare difficoltà nella gestione individuale del tempo non lavorativo, nell’organizzazione degli impegni extra-lavorativi, nel ripristino delle ore totali di sonno (con conseguente crescita del debito di sonno e, quindi, aggravamento delle conseguenze sopra elencate); vi possono, poi, essere frequenti litigi con i familiari, riduzione della motivazione e delle performance generali, con conseguente peggioramento dei quadri clinici sopra descritti. La trasformazione dei disturbi da lievi a gravi dipende molto dal contesto
sociale nel quale il soggetto è inserito, dalla presenza e dal tipo di aiuti a disposizione, dalle strategie di coping e problem-solving sviluppate fino a quel momento, nonché da caratteristiche e tratti di personalità peculiari di ognuno. Numerosi studi hanno, inoltre, sottolineato come molti dei disturbi potenzialmente sviluppati dai turnisti dipendano dall’ ambiente di lavoro: la temperatura, il livello di rumore, l’illuminazione, il tipo di sforzo compiuto, la durata del turno, le ore di veglia precedenti il turno, la durata del sonno principale, la pressione psicologica e fisica del lavoro, la vicinanza o meno al luogo di lavoro, e altre variabili connesse alle condizioni di lavoro generali. Importanti scoperte vengono dalle ricerche effettuate sui disturbi nel sonno nel genere femminile, in particolare quando legato a orari lavorativi irregolari. Le implicazioni di un sonno irregolare sono molteplici: riduzione dell’energia vitale, depressione dell’umore, maggior irritabilità e soprattutto disturbi della sfera
sessuale. Questi ultimi comprendono manifestazioni di autoerotismo e iper-eccitazione generale durante il sonno. Durante la gravidanza, molte sperimentano una miglior qualità del sonno, grazie al rilascio di ormoni ad azione sedativa ed ipnoinducente, quali il progesterone. Il russare e le apnee notturne risultano, obiettivamente, più rischiose se sono manifestate durante una gravidanza, associandosi ad un maggior rischio di ipertensione e possibili complicazioni per il feto. Implicazioni del ritmo circadiano. Il ritmo circadiano risulta pertanto essere la conseguenza di una complessa interazione tra molteplici fattori (variabilità genetica, età, stile di vita, stato di salute) che rendono ogni sistema circadiano unico e diverso dagli altri, ma comunque fondamentale per la sopravvivenza dell’organismo. Ogni organismo regola i ritmi di attività soprattutto in base alla disponibilità quotidiana e stagionale di luce solare e questa, in conseguenza a specifici equilibri
Figura 2.4 - La Sindrome del Jet-Lag causa una desincronizzazione dei normali ritmi circadiani, agendo su due
tipi di cellule oculari, entrambe responsabili della ricezione di informazioni utili al mantenimento dell’orologio interno dell’organismo: le cellule luce-dipendenti e le cellule non dipendenti dalla luce. Entrambi i tipi cellulari subiscono una alterazione nella periodicità del loro ritmo di funzionamento.
Mechanism of jet lag syndrome Dissociation SNC
Type A: Light unresponsive
DMSCN
VLSCN DMSCN VLSCN
OC
Light
Type B: Light responsive Jet lag syndrome
Resynchronization DMSCN
VLSCN
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Anemos neuroscienze
Il tema del numero
CONSIGLI PER VIAGGIATORI E VACANZIERI
U ormonali, influenza gli orologi biologici. Non a caso, negli ultimi decenni si parla di “inquinamento luminoso”, dovuto principalmente alla disponibilità di illuminazione notturna e al moltiplicarsi delle aree urbane limitrofe ai vecchi ecosistemi naturali. Le implicazioni sono molteplici, sia a carattere prettamente economico sia a carattere ecologico, e riguardano sia piante sia animali, ambienti sia terrestri sia acquatici. Alcune ricerche hanno, infatti, dimostrato che l’inquinamento luminoso ha effetti dannosi sui processi migratori e sulle capacità di orientamento dei volatili in genere; altre ricerche hanno evidenziato un aumento dei fenomeni di competizione interspecifica, in quanto l’alterazione dei normali tempi dedicati alla ricerca di cibo porta inevitabilmente alcune specie a competere tra loro quando si trovano all’interno dello stesso territorio. La conseguenza è
che alcune specie vanno verso l’estinzione, a causa del mancato o ritardato adattamento alle nuove condizioni ambientali proposte. Alcuni Enti sono, ad oggi, alla ricerca di misure in grado di ridurre le conseguenze negative dell’inquinamento luminoso, come i moderni sistemi di green economy studiati dall’illuminotecnica per ridurre il dispendio energetico collegato all’illuminazione artificiale, anche se risulta essere un ambito di ricerca ancora poco approfondito sul versante ecologico. ♦
Indicazioni bibliografiche Chiara Burattini, Effetti positivi della luce blu sulle funzioni esecutive: future implicazioni per i controllori di volo, “Italian Journal of Aerospace Medicine”, p. 24-35. Giuseppe Camerini, Impatto dell’illuminazione artificiale sugli organismi viventi, Dipartimento di Scienze della Terra e dell’ambiente, Università di Pavia. Alfredo Copertano e Mariella Barbaresi, La desincronizzazione dei ritmi circadiani ed effetti sulla salute dei lavoratori turnisti, “Health Professionals Magazine” 2014, 2(2), 49-63. Simona Gaudi, Grigor Zoraqi, Vincenza Falbo, Domenica Taruscio, Orologi biologici circadiani: meccanismi molecolari autorigeneranti che mantengono il ritmo, “Ann. Ist. Sup. Sanità” 2000, 36(1), 99-109. Daniele Russo e Giuseppe Bersani, La cronobiologia nella ricerca psichiatrica, Dipartimento di Scienze psichiatriche e Medicina psicologica, Università
n ultimo consiglio per chi viaggia, per motivi di lavoro o anche solo per andare in vacanza, riguarda i viaggi transmeridiani e transcontinentali. Si è detto che il Jet-Lag colpisce chi viaggia verso paesi con fusi orari diversi (Fig. 2.4). È, però, anche vero che viaggiare verso est è diverso rispetto agli spostamenti compiuti verso ovest: nel primo caso, infatti, i ritmi naturali dell’organismo vengono accorciati e il recupero dei normali ritmi biologici risulta più difficoltoso (il numero di giorni necessari per il ripristino della ritmicità endogena equivale a circa 2/3 del numero di fusi orari attraversati), rispetto al secondo caso, nel quale i ritmi naturali vengono allungati (impiegando, per il recupero, solo 1/3 del numero di fusi orari attraversati). È, quindi, bene seguire alcune regole per favorire il ripristino dei ritmi circadiani: iniziare, già nei giorni precedenti la partenza, a spostare l’orario dell’addormentamento e quello del risveglio in base alla direzione che si deve prendere (anticipandoli, nel caso di viaggi verso est; posticipandoli, nel caso si viaggi verso ovest); prenotare un volo mattutino, nel primo caso, e pomeridiano o notturno, nel secondo caso; preferire acqua ed evitare l’alcool; può essere di aiuto assumere caffeina o teina, di sera nel primo caso, di pomeriggio nel secondo caso; infine, nel caso si tratti di un viaggio di piacere, godetevi la vacanza!
Ilenia Compagnoni. Nel 2014 si è laureata presso l'Università degli Studi di Parma in Scienze e Tecniche Psicologiche. La sua tesi di laurea, svolta con relatore il Professor L. Fogassi, che ha avuto un ruolo importante nelle ricerche che portarono alla scoperta dei neuroni specchio, faceva riferimento agli studi di Libet e dei suoi successori sui correlati neuronali del libero arbitrio.
La Sapienza (Roma), “Rivista di psichiatria” 2007, 42(5), 299-307. Virginia Schiavello, Alessandra Garavini, Giuseppe Bersani, Disturbi periodici del comportamento ed il campo d’impiego clinico della fototerapia, Facoltà di Clinica psichiatrica, Università La Sapienza (Roma), “Rivista di psichiatria” 2001, 36(3), 115-134.
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Sociologia Psicologia
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TRAPPOLE CHIMICHE Vecchie e nuove droghe alla conquista della notte di Enrico Meglioli
App 2 parole chiave. Droghe, tossicodipenza, assuefazione.
Abstract. La notte da sempre simboleggia il dominio della trasgressione e la perdita delle inibizioni, rispetto alla vita quotidiana che si svolge durante il giorno. Le persone possono così spogliarsi, più o meno volontariamente, dei loro tratti più "umani", per dare libero sfogo agli istinti primordiali. Per compiere ciò, per abbattere quelle barriere che, durante il giorno, sentiamo tanto massicce ed opprimenti, spesso si ricorre ad alleati chimici, che si pensa non possano tradire: sostanze psicotrope, allucinogeni, stupefacenti, sedativi, anabolizzanti. Ovvero a droghe.
G
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uerra di maschere. La sveglia del mattino come un trapano nella testa. Un caffé amaro i vestiti giusti. La maschera da indossare, il sorriso da mostrare. Il traffico le code di smog i ruggiti di metallo la furia tra i denti il sudore l'ufficio. La maschera da indossare, il sorriso da mostrare. La guerra fredda del lavoro gli ordini da eseguire i problemi tra cui annegare i soldi da chiedere dare estorcere il capo da adulare sopportare insultare evitare. La maschera da indossare, il sorriso da mostrare. La corsa immobile al computer lo schermo che abbaglia il telefono che assorda ed è come una sveglia che non puoi mettere a tacere. Il buio che arriva senza aver mai guardato il cielo e ancora ruote e veleno nell'aria negli sguardi dai finestrini. Il parcheggio per cui lottare la chiave da trovare la casa fredda la cena da preparare il divano su cui crollare. Il cellulare che squilla e ti incatena alla scrivania alla maschera
da indossare al sorriso da mostrare. Tutto questo senza una virgola, un respiro, un attimo di riposo. Ogni giorno è una guerra senza tregua, dal momento in cui riprendiamo coscienza sotto le lenzuola a quello in cui riusciamo a lasciarci sprofondare nell'oblio, con o senza l'aiuto di una prescrizione medica. E se, fino a qualche decennio fa, la fine dell'orario di lavoro rappresentava una labile parentesi di pace fino al giorno successivo, ora, con l'avvento di sempre più incalzanti ed invadenti mezzi di comunicazione, non ci è permesso di sottrarci neppure un istante alla corrente travolgente. C'è sempre un messaggio su Whatsapp a cui rispondere, una notifica Facebook da condividere e commentare, una email di lavoro da esaminare vacuamente e cestinare. L'ambito di influenza professionale è stato bulimizzato a tal punto da fagocitare completamente le esistenze private, ridotte a mera, improduttiva appendice.
Adulti e giovani del terzo millennio condividono la stessa sorte: vite vissute in continua, frenetica competizione, soffocate dalle pressioni sociali, dominate da ansie, pregiudizi e dal terrore dell'esclusione. Un mondo che sembra capace solo di chiedere e pretendere, appiattire ed annichilire, ridurre tutto e tutti ad un numero di serie o di cellulare. Di fronte a tante, insostenibili pressioni, come sfogarsi? Come liberare la propria identità soffocata dalle onnipresenti maschere? La risposta, quella più comoda e facile, è quasi inevitabile... se il giorno è il regno delle catene sociali, rimane un solo momento in cui tentare di spezzarle, tentare di evadere: il calare delle tenebre. Ma, come un fiume che, dopo un mese di piogge, all'aprirsi delle diga spazza via ogni cosa invece che irrigare, così la notte, molto spesso, non offre nessun conforto, bensì tormenti peggiori di tutti quelli sofferti alla luce del sole.
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Il tramonto della ragione. Apollo-Dioniso, Legge-Caos, VitaMorte, Bene-Male. Da sempre la notte simboleggia il dominio della trasgressione, la perdita delle inibizioni, il tramonto della logica e della ragione. La persona si spoglia, più o meno volontariamente, dei suoi tratti più umani, per dare libero sfogo agli istinti primordiali, al proprio Mr. Hyde latente, all'ansia di vivere che le sembra negata dalle tante costrizioni, formule di facciata e architetture psicologiche cui siamo soggetti alla luce del sole. Per compiere ciò, per abbattere quelle barriere che, durante il giorno, sentiamo tanto massicce ed opprimenti, spesso si ricorre ad alleati chimici, che si pensa non possano tradire: sostanze psicotrope, allucinogeni, stupefacenti, sedativi, anabolizzanti. Droghe. Storia Sintetica. La specie umana ne ha fatto uso fin dagli albori del-
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la sua storia. Per alcune realtà sociali, esse erano o sono tutt'oggi elementi imprescindibili delle tradizioni rituali, pregni di significati sacri e trascendentali. Così per alcune tribù amazzoniche, centro africane e aborigene australiane, che fanno utilizzo di stupefacenti naturali durante cerimonie di intenso valore spiriturale. Ma anche la nostra società occidentale non ha mai ricusato di avvalersene: dall'Impero Romano a quello Britannico, i traffici e l'utilizzo di droghe sono sempre stati pratica comune. Cosa dunque è cambiato dalle danze attorno al fuoco e dagli eleganti uffici di Baker Street alle moderne piazze virtuali dello spaccio? Di certo, la conoscenza e percezione dei danni fisici e psichici spesso irreparapibili causati dalle sostanze psicotrope, ben più approfondite che in passato, non hanno avuto come conseguenza la riduzione del consu-
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mo delle stesse. Anzi. Pare quasi che, più devastanti siano gli effetti di tali sostanze, più abbiano il potere di attrarre chi è alla ricerca disperata di una scossa, uno “sballo” che lo strappi dal grigiore del quotidiano. Lo stesso fascino potrebbe avere un tuffo tra gli squali. Non solo. Quello che in precedenza era un commercio primitivo, basato su un semplice circuito produttore-intermediario-consumatore, si è evoluto nel tempo fino ad assumere le titaniche proporzioni di una rete di traffici che avvolge il globo più e più volte, una filiera con migliaia di “dipendenti”, ciascuno con il proprio ruolo: dai campesinos ai chimici, dai broker ai corrieri, fino ai pusher che vendono alle folle di clienti, concentrati soprattutto nei paesi "sviluppati". Quelli delle maschere e dei sorrisi truccati. Un sistema industriale e distributivo di ineguagliate vette di sofisticatezza, giustificate dai guadagni strato- ►
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Sociologia Psicologia
«Adulti e giovani del terzo millennio condividono la stessa sorte: vite vissute in continua, frenetica competizione, soffocate dalle pressioni sociali, dominate da ansie, pregiudizi e dal terrore dell'esclusione.» ► sferici (ed illegali) che scaturisco-
no dai bisogni agonizzanti di chi è disposto a pagare qualsiasi cifra pur di farsi “un'altra dose”. Proliferano così i cosiddetti Smart Shops (“negozi intelligenti”), dove si commerciano sostanze illegali pubblicizzate come sali da bagno, fertilizzanti, incensi ed erbe medicinali. Ma la nuova frontiera del commercio degli stupefacenti è soprattutto l'e-commerce, la vendita online, facile, immediata, apersonale e “sicura”, in quanto bastano pochi click per farsi recapitare direttamente a casa propria un pacco dall'apparenza innocua, ma pieno invece di morte concentrata, un sinistro regalo da scartare alla prima festa in discoteca. Cosa contengono queste bombe chimiche spedite dall'altra parte del mondo? La scelta è talmente vasta da rendere difficile una generalizzazione.
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MPS, un catalogo infinito. Le sostanza psicoattive (MPS) vengono classificate dal Dipartimento Politiche Antidroga, periodicamente costretto ad aggiornare una lista in continua espansione. Solo dal 2009 ad oggi, più di 450 sono state le nuove molecole identificate, il cui commercio è stato quindi reso perseguibile per legge. Ma è pressocché impossibile stabilire quali e quante combinazioni degli stessi componenti siano effettivamente in circolazione. La guerra tra i sintetizzatori di veleni e le forze dell'ordine sembra davvero eterna, come lo scontro tra il figlio di Zeus e l'idra, che, per ogni testa tagliata, ne fa scaturire altre due di rinnovata ferocia. Eppure, ciò che rende davvero titanica la sifda, è che non sono solo due i contendenti nell'arena, bensì tante e tante vite, giovani e meno giovani, che, alla disperata ricerca di luce per le notti della loro esistenza, scambiano gli occhi fiammeggianti del mostro per fari di speranza. Etichette e forme nuove, dunque, per mostri spesso antichi. Veri e popri flagelli delle notti europee ed italiane sono infatti droghe dai nomi esotici, ma dal lungo passato sulle spalle. Come il Crystal Meth, metanfetamina in cristalli, diffusa fin dai tempi della Seconda Guerra Mondiale, quando veniva utilizzata dai soldati per placare i morsi della fame o per iniettare quelle scariche di adrenalina ed incoscienza necessarie ad accettare missioni suicide. Una sostanza, però, che sembra sintetizzata apposta anche per il nostro tempo presente, tempo
di insicurezze e ansie, grazie ad i suoi effetti euforici ed esaltanti, cui fanno però da contraltare la devastante dipendenza, l'insonnia, le allucinazioni e la depressione. E non è solo la mente a pagare il prezzo delle bugie della metanfetamina. Nel giro di poche settimane, infatti, il consumatore vede la propria pelle impallidire, cospargersi di piaghe e ferite, gli occhi spegnersi e gli anni posarsi sul suo viso come fossero minuti. Ancora più terrificante, se possibile, è il cocktail infernale di desomorfina e sostanze acide impure di uso quotidiano (benzina, olio detersivo industriale, iodio...) che sta mettendo in ginocchio la Russia intera, come una peste creata dall'uomo e che miete, ogni anno, più vittime di una carestia (dell'ordine delle 100.000). Il tristemente famoso Krokodil (così chiamato per gli effetti rovinosi che esso provoca fin dalla prima iniezione endovenosa sulla pelle, resa verdastra e squamosa, simile a quella di un coccodrillo), corrode il tessuto osseo e spezza ogni volontà, causando dipendenza cronica dopo pochissime assunzioni. Si calcola che l'aspettativa di vita di un dipendente da Krokodil si spinga a stento fino ai tre anni, meno della metà dell'eroina. Più diffusa nel nostro paese è invece Shaboo, la cosiddetta “droga dei filippini”, perché prodotta in estremo Oriente e, in principio, consumata soprattutto dalle comunità asiatiche. Ma anche gli italiani hanno scoperto gli effetti altamente stimolanti di quella che è, di fatto, metanfetamina purissima, costosa e perciò destinata ad una
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Il tema del numero
Figura 3.1 e 3.2 - Il mondo contemporaneo richiede una vita con ritmi altamente frenetici e una competizione continua, soprattutto nel mondo del lavoro. Di fronte ad una tale pressione, la notte che da sempre simboleggia il dominio della trasgressione, la perdita delle inibizioni, il tramonto della logica e della ragione, può rappresentare una vita di fuga dalla realtà e dai problemi quotidiani. clientela “ d ' é l i t e ”. Shaboo è la droga dell'uomo e della donna in carriera, di chi non si ferma mai e ne fa utilizzo per vivere “al massimo” la lunga notte della festa, del divertimento e della discoteca, dopo una frenetica giornata di lavoro nella grande città. Scarica di energia, eccitazione, reattività, su un piatto della bilancia. Sull'altro, dipendenza fortissima, ansia, paranoie, comportamenti violenti, disturbi di personalità. È l'inevitabile contrappasso dantesco della droga: per un soldo che dà, cento ne estorce in cambio. È usura. E poi, ancora, Superman, originale pastiglia dall'aspetto variopinto ed accattivante venduta come ecstasy, ma basata su un nuovo principio attivo: non più l'MDMA, bensì il PMMA, più tossico e facile all'overdose. E il Blue Stuff, la sostanza che cita nell’immagine stampata sulla confezione la serie tv Breaking Bad. O, infine, il GHB, acido gamma-idrossibutirrico, noto come "droga dello stupro" (in inglese rape drug), capace non solo di far perdere i freni inibitori, ma di provocare anche un'amnesia a breve termine e perciò somministrato a tradimento per abusare delle ragazze senza che conservino il ricordo dell'aggressore. Ma le orribili conseguenze della violenza e l'eredità della droga nel sangue, quelle no, quelle nessuno le cancella. Impossibile, purtroppo, elencare tutte
le vecchie e nuove “belve” della notte, armi potenti che il cartello della droga utilizza per raccogliere proseliti e ingigantire i propri incassi, ma che sono guardati dai consumatori, almeno al principio, come ancore di salvezza, vere e proprie “medicine” contro i mali di vivere in questa nostra società. Tossicodipendenza: malattia o sintomo? L'uso e abuso di droghe, in particolar modo al calar della notte, quando si affievoliscono le inibizioni e si dà sfogo ai rancori accumulati, è quindi da considerarsi causa, o, piuttosto, sintomo e conseguenza del malessere sociale? Perché dallo spinello si precipita nell'overdose? Perché l'individuo è solo, abbandonato a se stesso e alle sue paure. La droga lo fa sentire parte di una realtà più grande. Ma diventa presto il suo tumore, la sua sanguisuga. La notte è l'ambiente ideale per questa fuga illusoria, perché copre e giustifica qualunque trasgressione, perché ci concede di fare tutto ciò che vogliamo e non vogliamo, dopo un giorno che non ci ha riservato nessun piacere. Eppure, quando ci si risveglia nel proprio letto, con solo un pallido ricordo di come ci si è arrivati, il “pieno di energia” che ci si illudeva di aver realizzato con una notte di “sballo”, svanisce come vapore da un bagno bollente quando si apre la finestra. Ci rialziamo più arrabbiati, infelici, feriti e sottomessi che mai. Forse perché, nel profondo, sappiamo che, facendoci inghiottire dalle sostanze, non ci siamo liberati da nessun padrone, da nessun boss arrogante. Anzi, ne abbiamo aggiunto uno ben peggiore, a cui, se lo ascolteremo troppo a lungo, non riusciremo mai più a rassegnare le dimissioni. E così accettiamo di in-
Indicazioni bibliografiche R. Bricolo, Nuove droghe. Ragioni e prevenzione, Giunti, Milano 2012 F. Riboldi, E. Magni, Droghe ricreative. Le life skills per crescere in-dipendenti, Franco Angeli, Roma-Milano 2010 J. Robert, M. Advokat, D. Claire, J. Comaty, Droghe e farmaci psicoattivi, Zanichelli, Bologna 2012. AA.VV, Le rotte del divertimento e il consumo di sostanze psicoattive. Nuovi compor-
tamenti, interventi di prevenzione e riduzione dei rischi, Franco Angeli, Roma-Milano 2011
dossare le nostre maschere di sempre, pur di nascondere a noi stessi e agli altri ciò che siamo diventati. La cura più efficace di tutto, perciò, l'unica preventiva, l'unica che non deve far ricorso a nessun surrogato, a nessun metadone, è quella che rafforza la volontà, rendendola forte, libera, indipendente, capace di dire di no alla consolazione traditrice delle droghe, sonnifero della coscienza, morte camuffata da felicità apparente. Facciamo sì che la notte torni ad essere la finestra sull'infinito e non più il crepaccio sulla distruzione. Restituiamo al giorno la sua gioia, la sua vita e il suo entusiasmo, perché torni ad essere il momento in cui la donna e l'uomo possano mostrare al mondo che abitano tutti i talenti di cui sono ricchi e i sogni che li animano. Solo così, ritrovando la dignità individuale, il valore speciale di ciascuno, potremo avere gli occhi puliti e attenti per distinguere le maschere che noi stessi ci imponiamo, per scorgere le trappole sul cammino e rispondere, a chi ci propone scorciatoie chimiche, che quello in cui ci si rinchiude con una pastiglia in gola o un ago nel braccio non è il mondo perfetto e non potrà darci la felicità, quanto un piatto di sabbia potrebbe sfamare il nostro appetito o una statua di gesso rispondere al nostro abbraccio. ♦
Enrico Meglioli. Dopo la maturità scientifica al Liceo A.F. Formiggini di Sassuolo, frequenta il corso di laurea triennale di Lingue e Culture Europee all'Università di Modena e Reggio Emilia, laureandosi nel 2014 con il massimo dei voti. Accetta poi la domanda di partecipazione al Master in Global Marketing, Comunicazione e Made in Italy propostagli dal Centro Studi Comunicare Impresa e dalla Fondazione Italia-Usa, a seguito della quale ha ricevuto la qualifica di Professionista Accreditato dalla Fondazione Italia-Usa. Attualmente si occupa di educazione, traduzione, stesura articoli e testi di vario genere, progetti di volontariato.
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Psichiatria
Psicoanalisi
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Il sogno
della porta morta Il complesso rapporto tra uomo e spazio App 2
di Arcangelo Dell'Anna
parole chiave. Spazio, uomo, paesaggio, porta morta. Abstract. L'articolo indaga il complesso rapporto esistente tra uomo e spazio attraverso il sogno e casi clinici concreti. In particolare il termine Porta morta è la dizione impiegata nella pianura reggiana per designare l’andito di disimpegno che, a partire dalla seconda metà del secolo scorso, costituisce l’elemento distintivo delle case contadine della zona.
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mmanuel Kant non fu solo insigne filosofo. Oltre ad accordare un certo interesse alla biologia, si occupava con discreto profitto anche di astronomia e, soprattutto, di geografia. La cosiddetta ipotesi di Kant-Laplace sulla formazione del sistema solare e le sue lezioni di geografia fisica documentano l’impegno e i risultati della sua applicazione. “Se Kant [quindi] diventa filosofo quando si accorge che non si tratta di fare la geografia di quel che vediamo, bensì dello spazio buio della nostra mente”1 , egli rimane pur sempre un geografo. Un geografo della mente, che nella giuntura fra la geografia di quel che vediamo e la geografia di quel che siamo avvia un percorso che di lì a poco Charles Darwin porterà a compimento. Entrambi, Kant e Darwin, alle prese con un Ego che il cogito cartesiano aveva sottratto al proprio habitat nativo per esiliarlo in un luogo isolato, inaccessibile e spoglio, arredato com’era da un unico oggetto. Lo stesso cogito a far da specchio
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F. Farinelli, Geografia, Einaudi, Torino 2003, p. 58.
pensante per qualsiasi Ego vi posasse lo sguardo: ego cogito, ergo ego sum. Inizia invece ad aprire porte e finestre, Kant, nei muri del munito fortino cartesiano. E agli occhi disabituati e un po’ stropicciati dell’Ego può finalmente ripresentarsi un panorama più vasto (boschi, fiumi, laghi, colline, mari, montagne e anche villaggi e città) ma soprattutto animato e popolato da tanti altri Ego e piante e animali quanto il suo sguardo è ora in grado di contenere. E di fronte gli si dischiude uno spazio di cui anche il cogito può tornare a far parte. Dal ripristino di un principio di continuità e familiarità tra apparato psichico e cose della natura ne deriva una comunanza di struttura che riconosce a entrambi l’attributo della spazialità: consapevolezza che autorizzò Freud ad avvertire che, anche se non ne sa nulla, “l’apparato psichico è esteso”. ***
Per un lungo tratto iniziale, l’elaborazione della teoria psicoanalitica e l’intelligenza della clinica ad essa collegata andarono ordinandosi rispettando la coesione naturale dei parametri spaziotemporali di riferimento. Si pensi, ad esempio, a come Freud si sia attenuto a quest’impostazione nel proporre, ad esempio, il caso dell’Uomo dei lupi in cui l’elemento geografico si rivela decisivo per lo sviluppo e l’intendimento della malattia. E parimenti nel caso di Dora, grande attenzione dedicò alla descrizione dei paesaggi e degli spostamenti dei protagonisti nel loro contesto. Ma è indubbiamente nella presentazione del caso del piccolo Hans che la necessità di contestualizzare geograficamente la fobia del bambino evidentemente convinse Freud a tracciare di suo pugno e ad allegare al manoscritto le mappe che ne riproducevano gli elementi distintivi. Da un certo punto in avanti, invece, il pensiero psicoanalitico prese a privilegiare nettamente i contesti di tipo tem-
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porale teorizzando fasi, periodi, stadi, età disviluppo e della vita e che, a loro volta prevedendo eccezioni, anomalie, fissazioni e ritorni, hanno finito per disegnare un vortice temporale divenuto progressivamente immemore del ruolo strutturante dello spazio nella vita psichica. *** Ma nello spazio ci si può perdere, come in un labirinto senza pareti. All’interno dello spazio, infatti, tutte le parti sono fra loro equivalenti, ciascuna potendo essere “sostituita da un’altra senza che nulla venga alterato, proprio come quando due cose che hanno lo stesso peso vengono spostate da un piatto all’altro della bilancia senza che l’equilibrio venga compromesso”2 . Facendone parte e condividendone la struttura anche la psiche rischia di smarrirsi, di perdersi. Di perdere preci-
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Il tema del numero
samente la propria individualità e dunque proprio ciò che la rende unica, distinguibile e irripetibile. La psiche nello spazio deve trovare un luogo; meglio, deve essa stessa farsi luogo; perché solo il luogo presenta quelle proprietà che lo rendono “una parte della superficie terrestre che non equivale a nessun altra, che non può essere scambiata con nessun altra senza che tutto cambi”3 . *** In tal senso, è vero quel che scrive Mark Haddon: “Poiché il tempo non è come lo spazio. E quando si appoggia qualcosa da qualche parte, ad esempio un goniometro o un biscotto, nella propria testa si può disegnare una cartina del punto in cui si trova, ma anche se non si ha una cartina non importa perché l’oggetto continuerà ad essere lì. Una cartina è la rappresentazione di qualcosa che esiste realmente, e quindi
2 Idem, op. cit., p. 11. 3 Ibidem. 4 Mark Haddon, Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte, Einaudi, Torino 2003.
Figura 4.1 - Nella foto il filosofo tedesco Immanuel Kant (17241804). è stato uno dei più importanti esponenti dell'illuminismo tedesco. sarà possibile ritrovare il goniometro o il biscotto».4 Secondo la vecchia lezione aristotelica era un “limite immobile” a individuare e presidiare un luogo all’interno dello spazio. A noi questo vecchio concetto di limite, che potremmo anche chiamare confine o barriera, ci basta. Soltanto l’esistenza di un limite, infatti, consente di scoprire o costruire nello spazio “un campo di attenzione” o quel “piccolo mondo” in cui il luogo consiste. Il biscotto (o il goniometro) di Haddon funziona dunque da limite nel momento in cui trasforma lo spazio in un luogo: propriamente il luogo nel quale è collocato il biscotto. A questo pun- ◄
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Figura 4.2 e 4.3 - A fianco, la copertina del libro Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte,
il romanzo di Mark Haddon, pubblicato nel 2003. La voce narrante del libro è quella del protagonista, il quindicenne Christopher Boone, affetto dalla sindrome di Asperger. Nella pagina a fianco Sigmund Freud (1856-1939) il fondatore della psicoanalisi.
◄ to posso tentare un esperimento.
Mi allontano dal biscotto, oppure resto lì vicino ma chiudo gli occhi; e provo a riprodurre nella mia mente la disposizione e le caratteristiche di quel luogo ed, eventualmente, anche l’itinerario per arrivarci partendo da un’altro luogo. Scopro così che “nella propria testa si può disegnare una cartina del punto in cui [il biscotto] si trova … . Una cartina è la rappresentazione di qualcosa che esiste realmente, e quindi sarà possibile ritrovare il goniometro o il biscotto.” *** Ecco che la cartina, ovvero lo spazio della rappresentazione – anche il protagonista del libro di Haddon è un bambino - ci riporta nuovamente al caso del piccolo Hans e all’impostazione cartografica secondo cui Freud lo elaborò. Come alcuni studi hanno dimostrato, l’intera vicenda clinica di Hans (eziopatogenesi, decorso e risoluzione della fobia) può essere ricondotta all’intenso lavoro cui, su due differenti registri, si dedicano sia il bambino sia lo psicoanalista che lo cura. Il primo. Hans, intento a individuare nello spazio che gli si offre dalla finestra di casa confini, varchi e barriere: scoprendone e annullandone qualcuno, addirittura inventandone altri. All’altro capo Freud impegnato con matita e su foglio a ricostruire passo dopo passo – cioè seduta dopo seduta - le vicissitudini del giovanissimo paziente, sino a individuare lo «spazio logico» al cui interno i sintomi iniziano a manifestarsi, si dipanano e si risolvono. Ricavandone due mappe, che non si limitavano a riprodurre meccanicamente il mondo reale che Hans guardava ma tentavano di determinare soprattutto il modo con cui lo osservava e lo considerava. Dopo quelle di spazio e di luogo, affiora una terza nozione parametro fondamentale della geografia: il paesaggio, “che infatti non si compone di cose ma è soltanto la maniera di vedere e rappresentarsi le cose del mondo. Esso [il paesaggio] è la forma con cui … il 5 6
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mondo viene guardato dal punto di vista del luogo… . Il paesaggio è insomma la maniera con cui [il soggetto] concepisce il mondo sottoforma di luogo, dunque, una rappresentazione …” 5. *** Il rapporto del soggetto con il paesaggio ed i suoi movimenti all’interno di esso non sono quasi mai semplici e lineari occorrendo, per regolarlo ed aggiornarlo, una lavorazione che a volte dura quanto una vita. Ho notato che di questa lavorazione e dei suoi esiti emerge prima o poi in ogni analisi il tracciato, assieme alla possibilità di riprenderlo là dove, eventualmente, si fosse interrotto. *** L’escursione sulla collina di proprietà dello zio sempre rinviata, favolosi viaggi in Patagonia o in Australia mai effettuati oppure sì, una volta, alle Barbados, ma risoltosi con un ricovero d’urgenza per una vecchia malattia da tempo sopita ed imprevedibilmente riacutizzatasi proprio in vacanza. Trasloco dal paese in città e viceversa, ma anche da una stanza all’altra dell’appartamento; oppure, rinunciando alla tranquillità del proprio studio, la perseveranza nel preparare la tesi di laurea in tinello o in cucina venendo di continuo disturbato dai familiari. Incessanti cambiamenti nella disposizione del mobilio. Difficoltà a raggiungere la sede dell’Università, neppure così lontana; vertigini da ipermercato ed inconsuete esitazioni sull’uscio del droghiere sotto casa. Controversie con la suocera, solitamente sistemata al piano di sotto; tensioni e liti con il fratello assieme a cui, forse incautamente, aveva costruito una villetta bifamiliare, ma a quel tempo il padre era ancora vivo. Farsi accompagnare dalla madre all’appuntamento con la morosa; raggiungere l’orgasmo solo sul divano di casa, deludendo puntualmente l’aspettativa erotica del fidanzato che conti-
F. Farinelli, Geografia, cit., p. 41. G. Deleuze, Quel che dicono i bambini, in Idem, Critica e clinica, Cortina, Milano 1996, p. 87.
nua ad organizzare week-end in spiagge per naturisti. *** Quando nel corso di un’analisi si presentano passaggi di questo tipo, è bene proporsi un’elaborazione che non si esaurisce nella comprensione del livello del conflitto intrapsichico o delle relazioni interpersonali. Si tratta di affiancare a questa lettura un approccio comprensivo che restituisca allo spazio un ruolo che non è semplicemente di sfondo alle vicissitudini che ad esso si riferiscono e alle dinamiche che vi si svolgono. Lo spazio, per il tramite del paesaggio, struttura la scena psichica. *** In analisi, insomma, non si può mai prescindere da una fine lavorazione del rapporto fra il soggetto e lo spazio e una particolare attenzione, in tal senso, va riservata al rapporto con la casa, che può anche essere quella del soggetto in prima persona, ma che il più delle volte fa segno a quella prima casa, a quel primo spazio ‘formativo’ che è la casa dei genitori, meglio ancora la casa del padre. Se è da qui che il bambino prende a muoversi, è sempre qui che il nevrotico, il perverso e lo psicotico continuano a ritornare e ad aggirarsi nella realtà come nei sogni, sicché, contrariamente a ciò che ritiene Gilles Deleuze6, non vi è, e non deve esserci, antinomia fra una psicoanalisi cartografica e una psicoanalisi archeologica, a patto di disporre di una teoria dello spazio e di un modello di apparato psichico in grado di esprimerne la correlazione. Della necessità, per l’apparato psichico
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umano, di scandirsi secondo l’ordine dello spazio, articolato e composto in luogo, paesaggio, rappresentazione, fa fede la passione del sogno per la Darstellung, una presentazione che, di notte in notte, viene allestita dai sognatori per raccontarsi la loro vicenda. Dò allora la parola al sogno, e, per il ragionamento svolto finora, a un sogno in particolare nel quale la composizione della scena onirica e la localizzazione del soggetto sognante rappresentano al meglio passaggi cruciali, o anche, se si vuole, paesaggi importanti, per la comprensione della vita del soggetto. *** La scena si svolge in una casa colonica e, più precisamente, nell’ingresso di questa. È arredata con buon gusto, il suo, e sobrietà: l’impressione che se ne ricava è di gradevole soddisfazione. L’ingresso è arredato con quattro cassettoni ai muri e, per terra, tappeti. Lei è in alto, all’altezza della porta morta, tanto che per osservare meglio la scena di cui è spettatrice deve sporgersi pericolosamente. Dunque: lei osserva se stessa nell’ingresso. Suonano all’uscio e lo apre: si trova di fronte una donna che non conosce e che le consegna un fagottino che ha fra le braccia, un bimbo che non ha mai visto. Lei
Il tema del numero
lo prende con sé, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Il sogno si chiude con l’immagine, vista dall’alto, di lei e del bimbo che giocano tranquillamente sul tappeto. Si tratta di un sogno ricorrente che, con poche varianti, accompagna la paziente sin dall’adolescenza e si ripresenta, ora, in analisi in corrispondenza di una fase che potrebbe aprire nuove prospettive. Tormentata da anni da gravi ed improvvise malattie che richiesero a più riprese importanti interventi chirurgici, alla manipolazione medica cui accorda senza esitazioni il suo corpo fa eco l’austera intransigenza con cui lo negava alla passione, sua e del compagno cui poteva concederlo soltanto – come diceva – “in forma di dono”. E poiché i regali si fanno solo quando si sente il desiderio di donare, non bisogna né richiederli né fare commenti: attendere e tacere. Contratta torpidità probabilmente correlata a una rigida gerarchia domestica che al vertice prevede una figura paterna da sempre adusa al comando e ancora oggi in grado di decidere della disposizione del mobilio nella camera della figlia, ormai adulta. Precisamente, per motivi noti soltanto a se stesso, egli ha stabilito che un let-
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to su misura fosse incastrato nell’esile interstizio racchiuso fra un pilastro portante e il muro più lontano dalla finestra. Scomodo giaciglio che, assai più stretto della media dei letti singoli, costringe la sognatrice all’immobilità assoluta e a subire, durante le stagioni calde, l’assalto di un caldo senza rimedio. Ricondotta a questa angheria dalla sua analisi, con molta circospezione e non senza sorpresa la paziente si scopre a considerare la possibilità di spostare il letto in una zona meno angusta e più ariosa della stanza. Ed è in corrispondenza di queste ‘audaci’ congetture che le si ripresenta l’antico sogno, il sogno della porta morta. *** Porta morta è la dizione impiegata nella pianura reggiana per designare l’andito di disimpegno che, a partire dalla seconda metà del secolo scorso, costituisce l’elemento distintivo delle case contadine della zona, precisamente del tipo detto “dimora unifamigliare ad elementi giustapposti”7. Si tratta, presumibilmente, dell’evoluzione di un modello abitativo già presente nel medioevo quando i contadini più poveri abitavano in misere casupole ◄
7 W. Baricchi (a cura di), Insediamento storico e beni culturali. Pianura Reggiana. Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia Romagna. Provincia di Reggio Emilia. Un affettuoso grazie a Giorgio Cagnoli, della sez. Conservazione della Biblioteca “B. Panizzi” di Reggio E., per l’aiuto nella ricerca e selezione del materiale bibliografico.
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Psicoanalisi
morta si stendevano ad appassire le erbe della primavera ed, in autunno, le foglie di olmo per non darle troppo fresche al bestiame; qui si Figura 4.4 - P.m. sta per porta morta; a destra, celebravano “i l’abitazione del contadino; a sinistra, a pianterreno la stalla e ‘riti’ della spanlo stallino; al piano superiore il fienile (visibile nella fig. 4.5, in nocchiatura del cui i versanti sono invertiti). frumentone, della ‘rottura’ ◄ isolate che comprendevano l’abi- della canapa, della pigiatura e della tazione, la stalla ed il portichetto. macellazione del suino”10. Nella porta Quest’ultimo, in seguito evolutosi in morta, inoltre, si ricoveravano carri, portico con classico architrave ad arco aratri, erpici, e si procedeva alla loro riribassato, occupò sempre una posizio- parazione. In questo spazio era spesso ne mediana con il compito di tenere sistemato “l’èlbi”, l’abbeveratoio dove separate, da terra a tetto, “le due parti venivano condotti gli animali e dove si più importanti della casa: l’abitazione lavavano gli attrezzi; incassato vicino del contadino da un lato e la stalla-fie- al muro c’era un pozzo “a camicia” per nile dall’altro”8. poter utilizzare l’acqua senza doverla trasportare con pesanti secchi dal granAttualmente la porta morta non rag- de pozzo del cortile. giunge più il tetto, essendo tagliata A questo spazio che appena al di là del circa a mezz’altezza da un solaio che Secchia, nel modenese, si chiama portiserve ad aumentare la capienza del co e ancora un po’ più avanti, verso Bofienile o a creare una cameretta abi- logna, viene definito loggia, nel reggiatabile, di solito destinata ai ragazzi. no è stato denominato porta morta11. Nelle costruzioni più recenti, inoltre, Perché porta, considerato che di porta in corrispondenza della porta morta, non si tratta, e come mai morta visto la parte abitativa è separata dalla zona il ruolo vitale che svolge nell’econorustica mediante il “muro tagliafuoco”, mia della casa contadina? Interrogativi un prolungamento del muro portante destinati a rimanere, almeno per ora, “maestro”, per proteggere la zona resi- senza risposta, poiché non ho trovato denziale dal rischio non trascurabile di alcuna indicazione bibliografica che incendio formatosi dal fienile9. proponesse se non una spiegazione, almeno un’ipotesi. Né indicazioni utili La zona della porta morta era il croce- mi sono state date da quanti ho intervia di tutte le attività della casa-azien- pellato12. da: si accedeva alla stalla, allo stallino Ho trovato invece, in un racconto13, del cavallo, alla cantina, al fienile so- intitolato La porta morta, degli elemenpraelevato mediante una scala nonché ti suggestivi e in particolare due espresall’entrata principale della casa; davan- sioni che mi consentono di confermare ti proseguiva nell’aia, mentre sul retro quanto detto all’inizio sull’importanza immetteva nei campi. Sotto la porta dello spazio in analisi e, relativamente
al sogno della paziente, di comprenderne un po’ meglio la funzione. Ecco il racconto. È lasciando l’autostrada che ho scoperto l’esistenza della porta morta. Scivolando in acqua come dalla fiancata di una nave dentro la pianura, dove le linee si sovrappongono in una trama che sorregge cose e persone. Una volta entrato, sei obbligato a seguire mentalmente l’ésprit della pianura, una geometria che si arresta soltanto in vista del mare e delle montagne, preferendo questa o quella diagonale, cercando riparo in un angolo retto o sostando lungo il lato. Qui, tutto converge sull’osservatore, nell’indefinibile sensazione di trovarsi sotto mira. Eppure, il grande spazio segmentato, sottratto alla natura, invoglia alla passeggiata, perché mille ostacoli, comprese la nebbia e le brume estive, si intromettono tra lo sguardo e l’orizzonte. Ma anche l’orizzonte è in fondo una nozione vaga. Meglio il concetto di scacchiera, di campo di gioco, che per sua natura accoglie un’infinita varietà di mosse. Questa moltiplicazione di effetti sta alla base della porta morta, della sua necessità. Essa rappresenta l’unico luogo senza precisi confini in una terra percorsa da ogni tipo di retta, le cui distanze sono state calcolate e ricalcolate. Paradossalmente, ha due ingressi, due archi che si staccano verso l’alto e una sua intimità che collega, attraverso la porta di casa e quella della stalla – aperte una di fronte all’altra – il mondo umano e quello animale, reciprocamente dipendenti. Osservandone la suddivisione (due ingressi, orientati est-ovest e due porte, nord-sud) si è colpiti dall’analogia con la rosa dei venti, con il percorso del sole e l’asse magnetico. Vi transita ancora il carro, emissario tra il fuori e il dentro. E qui, stava la vasca dell’acqua, elemento proteiforme che più di tutti predispone l’animo alle fantasticherie. Un irriducibile arcade potrebbe immaginarsela come un ninfeo che, con la sua architet-
M. Ortolani, La casa rurale nella pianura emiliana, Centro Studi per la Geografia Etnologica, Firenze 1953. pp. 114-121. Ibidem. 10 A. Spaggiari: “Le case morte”, pag. 295-297. Estratto da “Strenna Artigianelli”, 1991. Reggio Emilia. 11 Secondo il parere di M. Ortolani “la porta morta reggiana ricorda, per il suo aspetto e per sue funzioni, l’arie della casa rurale nella pianura friulana: un piccolo portico aperto nel quale vengono tenuti i carri e gli attrezzi; ma l’arie, talvolta, invece di interporsi, fra l’abitazione e la stalla, viene ridotto ad una semplice tettoia laterale al rustico, esternamente al corpo edile. Anche la parata della casa toscana, che adempie ai medesimi scopi, è laterale. Viceversa, sta al centro l’andito che talora spartisce in due sezioni la casa della pianura forlivese. Corrisponde perfettamente alla porta morta lo Scheunen Tor della casa alpina bavarese d’un sol corpo di fabbrica”(M. Ortolani, op. cit., pag. 117). 12 Tranne la notizia dell’esistenza di una porta morta in antiche case contadine dell’alto Appennino, sia nel versante reggiano che in quello lunigiano, e forse in certe zone della Toscana e dell’Umbria: in tutti questi casi il termine si riferisce ad una porta situata ad un paio di metri da terra, simile in ciò alla porta longobarda, da cui tuttavia differisce per essere una porta murata la quale veniva aperta, per essere chiusa subito dopo, unicamente per far passare la salma di un congiunto. Testimonianza di una remota struttura tesa ad esorcizzare l’angoscia della morte istituendo una rigida barriera fra il morto ed il vivente. 13 Di Bartolomeo di Monaco, che si può leggere al seguente indirizzo http://www.bartolomeodimonaco.it/online/due-brevi-racconti/ 8 9
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Figura 4.5 - Entrambe le figure sono tratte da M.
Ortolani. La casa rurale nella pianura emiliana (Firenze, Centro Studi per la Geografia Etnologica,1953).
tura uterina e il continuo brusio d’acqua e d’insetti, ulceri la simmetria un po’ vanesia del parco. In un recente passato di braccia, la porta morta, corridoio dell’al di noi, serviva, nelle giornate di trebbiatura, a mettere a tavola chi dava e prendeva lavoro. Su questa soglia allungata che è “stanza del fuori” e “fuga del dentro” trova asilo da sempre la voce, in cerca di un posto comune, né stretto né ampio, dove i pensieri si raccolgano un attimo in suoni, prima di rivolar via nella pianura. Insomma, transitando dalla porta morta, si resta in bilico, ingoiati e risputati dalla gola della balena che attraversa gli oceani come un carro di fieno. *** Isolo dal racconto due momenti espressivi: a) la porta morta rappresenta, nella sua ‘strana’ intimità (il suo dentro, come la psiche estesa di cui parlava Freud, è aperto in effetti verso il fuori), il luogo di congiunzione e di passaggio di/tra due mondi: quello animale e quello umano, b) essa è, in quanto “soglia allungata”: insieme, “stanza del fuori” e “fuga del dentro”, immagine precisa e corposa dell’apparato psichico: “un posto comune, né stretto né ampio, dove i pensieri si raccolgono un attimo in suoni, prima di rivolar via nella pianura”, a dire, con estrema precisione, l’essere insieme un ri-taglio nel paesaggio con il suo arredo di viventi (piante e animali). Se tento, allora, tenendo fermo queste due ‘definizioni’ della porta morta, e tornando al sogno della mia pazien14
te, di farle ‘reagire sul sogno, vi ritrovo innanzitutto, nell’uso della porta morta da parte della sognatrice, quella funzione di barriera-soglia, o anche barriera molle14, elastica ed aperta alla vita, che ‘compone’ mondo umano e mondo animale in una prospettiva che le consente di ridisegnare la propria figura spostandosi all’interno dello spazio domestico con una sua prospettiva. Ponendosi all’intersezione tra i due mondi, localizzandosi a quell’altezza di ‘visuale’, la sognatrice tenta di riprendersi, opponendosi all’inclusione in uno spazio angusto voluta dal padre, una certa sua ‘mobilità’ scegliendo per sé di spostarsi in un altro spazio, “né stretto né ampio”, esattamente in quel punto di soglia, che è la porta morta, intesa come “la stanza del fuori” che è insieme “fuga del dentro”. Come il piccolo Hans dalla loggetta che gli consente una comoda osservazione della piattaforma del dazio, altrettanto la sognatrice dal suo rifugio sulla porta morta scruta dall’alto quanto si offre alla sua vista. Posizione che restituisce alla curiosità infantile l’invenzione di una scena primaria a suo tempo impedita da un eccesso di realismo. E può vedersi accogliere, come se fosse la cosa più naturale del mondo, un bimbo arrivato per mano di donna e non per via di un coito fecondante negato dalla ritrovata credenza, nel sogno evocata dai cassettoni, nelle teorie sessuali infantili. E scoprirsi impegnata nel gioco, in passato precocemente interrotto dalla pressione di un sapere che presto la irrigidì nel ruolo della donnina. Come nel caso del piccolo Hans, anche qui si impone la stretta relazione fra forme di pensiero e forme dello spazio. Ad uno spazio che si organizza attorno ad una barriera inventata, una porta che si dice esserci ma non c’è allo stesso modo del varco inesistente immaginato dal piccolo Hans, e
che si precisa, al pari della piattaforma del dazio del caso freudiano, in piani prospettici scansioni e linee di confine corrisponde nel sogno una forma di pensiero affrancato dalle ipoteche imposte dalla genitalità. Libera di ripristinare le basi troppo presto smarrite della sua vita psichica, la sognatrice può ritrovarle nel gioco, nella fantasia e nell’invenzione. Strumenti di un pensiero teorico che le consentono di dare una nuova forma ai propri sintomi senza più ricorrere ad ulteriori dolorose iscrizioni sul corpo e di avviare un percorso di estraneazione dalla domesticità che presto le fa trovare nella camera una diversa collocazione al suo letto. Buon viatico per costruirsi più avanti un posto nel mondo commisurato alle sue passioni ed ambizioni, che si appresta a riconoscere. ♦
Arcangelo Dell'Anna. Laureato in Medicina e Chirurgia, Specialista in Psichiatria. Psicoterapeuta e Psicoanalista. Perfezionato in Psicopatologia Forense. Lavora come psicoterapeuta, psicoanalista, formatore e supervisore nonché consulente psicogiuridico a Montecchio Emilia (RE) e Reggio Emilia. Per molti anni ha lavorato nei Servizi Psichiatrici territoriali della Provincia di Reggio Emilia. Ha preso parte, in qualità di relatore, a numerosi Convegni e Seminari di rilevanza regionale e nazionale. Ha scritto recensioni, articoli, interventi e saggi pubblicati su riviste specializzate. Tra i saggi, vanno ricordati: Una lisca di sogno (Il Piccolo Hans n.65), Il Presidente e l’uovo (Il Piccolo Hans n. 74), Credulità e consenso giuridico: il Caso di Barbara (Ambulatorio, n. 3/4); Sogni e silenzi (in AA.VV. Singolari intrecci. Modi del patire e pratiche di libertà, a cura di F.C. Papparo-G. Borrelli, Filema, Napoli 2001). Ha pubblicato, in collaborazione con il filosofo Felice Ciro Papparo, L’Impresentabile. Sulla natura primaria del trauma, Filema, Napoli 2003; assieme al poeta Andrea Zanzotto, Qualcosa di necessariamente futile (parole su vecchiaia e altro fra un poeta e uno psicoanalista), Trento, New Magazine Ed., 2009; La memoria del trauma, dai paradigmi freudiani alle recenti scoperte delle neuroscienze. Note di lettura, Trento, New Magazine Ed., 2010. Collabora alle attività e alle iniziative del Centro Metandro di Milano, de La Pratica Freudiana di Milano e della rivista Il Piccolo Hans.
Sul concetto di barriera molle, cfr. Sergio Finzi “Nevrosi di guerra in tempo di pace”, op. cit., in particolare i capitoli II e III.
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CARPE NOCTEM La notte come sede, immaginaria e reale, di convegni stregonici e diabolici di Vitaliano Biondi
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parole chiave. Antropologia, religioni, notte, streghe. Abstract. L'articolo è un'incursione nella storia delle religioni e nell'antropologia. Vi viene ritratta la notte come sede immaginaria di convegni notturni diabolici, incontri lugubri e terrificanti come i sabba delle streghe e incontri con il demonio, secondo leggende, credenze popolari e devozione.
“Dio disse: vi siano luminari nel firmamento del cielo per distinguere il giorno dalla notte e siano segni dei tempi, dei giorni e degli anni, e risplendano nel firmamento del cielo per illuminare la terra. E così fu. E Dio fece i due grandi luminari; il luminare maggiore affinché presiedesse al giorno; il luminare minore affinché presiedesse alla notte; e fece pure le stelle. E le mise nel firmamento del cielo perché dessero luce alla terra e presiedessero al giorno e alla notte, e separassero la luce dalle tenebre. E Dio vide che ciò era buono». Libro della Genesi
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iti e leggende. In questo inizio secolo molte tradizioni che hanno accompagnato silenziose le civiltà rurali d’Europa sembrano per sempre essersi dissolte, ridotte, tranne forse nei più sperduti recessi delle campagne, a comportamenti festosi, o a semplici occasioni di vacanze. Fra le tante leggende, ve n’è una in particolare che avvince ed affascina: è la leggenda della Caccia Selvaggia, dif-
fusa in tutta l’area europea. Narra che in talune notti dell’anno, anime dannate, spettri inquieti, streghe e perdute divinità lascino i loro lidi ed irrompano nel mondo dei vivi inscenando fra boschi e campagne, illuminate da poche e lontane stelle, lugubri e terrifici cortei. In quelle notti la soglia che separa l’universo degli uomini e quello degli dei si schiude per poche, fatali e terribili ore, nelle quali spazio e tempo si annullano. In questi attimi di tregenda antica prende vita un teatro di ar-
caici terrori, misteriose apparizioni, raggelanti premonizioni e visioni dell’Altro Regno. Sono notti, queste (il Samain, Capodanno celtico del 1 Novembre; la notte di S. Giovanni; i giorni solstiziali d’Inverno; la magica Notte di Valpurga del 1 Maggio e quella, in febbraio, della Candelora), nelle quali l’accensione di fuochi e candele simboleggia la lotta tra il Sole e le tenebre. Ma il nostro tempo ha perso ormai il contatto con la notte, e per spiegare quest'affermazione dovremmo ►
Figura 5.1 - A fianco Il sabba delle streghe, quadro di Francisco Goya, realizzato nel 1795 e oggi conservato al
Museo del Prado di Madrid. Nel dipinto, l'artista capovolge il rapporto tra mostruoso e umano, facendo diventare il demoniaco il lato oscuro della stirpe umana e non due forze indipendenti e contrapposte.
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Figura 5.2 - A fianco, La cucina delle streghe, Ulrich Molitor, 1485, immagine tratta da Lamiis et pythonicis mulieribus.
► ripercorre le fasi storiche del
rapporto umano con la notte: dall'illuminazione stradale ai turni di notte, fino agli studi sul sonno. Scopriremmo che sulla notte si potrebbe costruire anche un discorso di classe, ripensando all'epoca in cui la luce artificiale costava cara e solo alle classi più agiate era permesso di restare sveglie e attive durante le ore del buio. Momento dei sogni, rimane il fascino che la notte ha esercitato nelle poesia e nella letteratura. Infine il nostro pensiero approderebbe "all'altro buio, il buio della morte, la notte che ci afferra tutti alla fine, la notte che nessuna luce elettrica potrà mai dominare". In questo buio finale si aggirano, come è ovvio, le creature della notte sorte da superstizioni antiche. Come il vampiro. Senza il buio della notte, il vampiro non apre il coperchio della sua bara e resta addormentato, incapace di divertirsi e nutrirsi. Il popolo della notte, che si aggira nella realtà, ormai è numeroso ma quando il vampiro è nato e cresciuto la notte era esclusivamente il momento del pericolo e della paura. I rumori della vita cessavano, i divertimenti serali terminavano presto, lasciando il campo agli ubriachi, ai tavernieri, alle puttane. Solo i dandy o gli avventurieri intellettuali condividevano le ore notturne con i “diversi”, i rifiuti della luce. Oggi, tra media no stop e locali pieni di musica, le metropoli sono attraversate da signori della notte molto moderni. Non sono più solo i lupi a vagare nella notte. “Listen to them... children of the night... what music they make!”, sussurrava Dracula-Bela Lugosi negli anni Trenta, alludendo ai suoi parenti che ululavano nelle tenebre.
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La notte oggi. Non c'è solo la musica dei lupi, oggi, nelle notti/ metropoli/tane di fine secolo. E il buio, da parte sua, invade anche il giorno: giovani di nero vestiti, popolano anche le ore diurne delle nostre città. Il vampiro, oggi, si mimetizza meglio, non è più eccentrico
e appariscente nelle sue scorribande notturne. Non ha più bisogno di celarsi sotto le ali di un pipistrello per solcare le metropoli e mordere sul collo. Sono finiti i tempi in cui fanciulle britanniche di buona famiglia lasciavano aperte le finestre nella speranza che un Dracula-Cristopher Lee penetrasse nelle camerette, per nutrirsi dei loro desideri adolescenziali. Oggi le fanciulle ballano fino a tardi, compagne del vampiro ormai alla pari. Se la notte diventa di massa anche i discepoli del vampiro paiono aumentare. Ma il vampiro, che è per natura aristocratico, non so se riuscirà a trovarsi a suo agio nella folla. La notte di massa, forse, è il nuovo antidoto che lo uccide perché gli toglie l'ultima esclusiva, l'ultimo dominio e l'ultimo latifondo. La notte, appunto. La notte di San Giovanni. Avvicinandoci al solstizio d’estate il nostro pensiero corre alla notte di
San Giovanni che ci apprestiamo a festeggiare a suon di tortelli d’erba o di zucca. Certo, del grande intreccio fra natura e magia che era fino a pochi decenni fa, non è rimasta che qualche trama perduta, priva di pathos. “Dì, pazzo folletto, che avvien stanotte nel magato bosco” chiede Oberon, il re delle fate de Il sogno di una notte di mezza estate. All’epoca di Shakespeare, un pò di tutto, amori, streghe, incantesimi. Ai giorni nostri restano solo i brandelli di una festa antica. Ancora arde qualche fuoco, e i ragazzi dei paesi di montagna, sull’Appennino, si affumicano i pantaloni per saltare il falò più alto. Notte delle streghe, notte d’estate: Giovanni Battista è l’unico santo cristiano di cui si celebra la nascita e non la morte e il martirio. Come per il natale di Cristo, la festa cade attorno al giorno del solstizio: quello estivo, in questo caso il 24 giugno. Ma se il 25 dicembre si celebra la speranza della rinascita, Giovanni è
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Figura 5.3 e 5.4 - Sopra, a sinistra Lucifero divora Giuda, stampa di Bernardino Stagnino (1512, Venezia). A destra, invece, il diavolo amante della strega dal De lamiis et pythonicis di Ulrich Molitor.
l’esplosione della natura non ancora disseccata dalla canicola, nel massimo del suo splendore. È quindi nel massimo pericolo, nella più grande vulnerabilità. È la festa di una civiltà agricola, una notte che si passa nei campi di grano appena trebbiato, accendendo fuochi che aiutino il sole a risollevarsi, la mattina successiva, dopo il massimo della sua fatica. Fuoco, quindi, ma anche acqua: la rugiada di San Giovanni è magica, e rende alle donne il potere della generazione. Il più lungo giorno del sole, ma anche la “notte d’ombra spessa, la notte presente ognor che il di non è”, come canta Shakespeare che di simbolismi si intendeva parecchio. Un dualismo senza contrasti: nelle culture antiche l’opposto è continuità, non ci sono rotture nette. Così, la magia, è vicina alla religione, la luce nasce dal buio e viceversa, i santi cristiani vivono con quelli pagani e via accoppiando gli apparenti opposti. La festa di San Giovanni vive di questa ambiguità. “Chiamando col nome di San Giovanni Battista i fuochi di mezza estate gli si è
data una leggera tinta cristiana, ma non possiamo dubitare che la loro celebrazione dati da molto tempo prima del principio dell’era nostra”, scrive James Frazer, padre riconosciuto dell’antropologia moderna in quell’incredibile repertorio di usi e costumi che è il “ramo d’oro”. E racconta di falò rituali accesi in tutta Europa, dalla Provenza alla Grecia, dal Galles alla Sicilia, alla Scozia. Il grande rogo di quella notte, fino a qualche tempo fa, arrivava a bruciare i paesi dell’Africa settentrionale, unificando in un unico credo differenti religioni, dimostrando con Frazer che San Giovanni “è la reliquia di un paganesimo assai più antico”. Certamente questo si può dire di tutte le feste, ma sul natale estivo la patina di cristianesimo è particolarmente leggera. Troppo forte il simbolismo del sole, troppo radicati i riti di fertilità della civiltà agricola. È infatti San Giovanni la notte delle streghe, le pie donne di un’antica primitiva religione, che venerava il caprone prima ancora di quei raffinati di Pan e Dionisio, il sole piut-
tosto che l’etereo Apollo. Un credo conservato senza troppe scosse nelle aie lontane da templi e basiliche. è quindi nella notte della vigilia che si radunano le streghe per partecipare al grande appuntamento del sabba. Le più potenti volano a Benevento, a ballare sotto il gran noce, albero malefico, sotto le cui fronde non si può dormire, secondo la leggenda ampiamente confortata dall’esperienza, pena il mal di testa. E visto che tutto torna, il nocino si può fare solo con i gherigli freschi raccolti a San Giovanni, e tutte le erbe più potenti della farmacopea naturale si colgono nello stesso giorno. Fra erboristi e streghe, del resto, non c’è grande differenza. Nella leggenda sono Erodiade e Salomè, ispiratrici della decapitazione di Giovanni Battista, ad aver generato la stirpe delle streghe. I loro fantasmi si chiamano, rimproverandosi a vicenda attorno alle mura della basilica romana dedicata al santo. Ma la curia è anche capace di intervenire imponendo comportamenti più morali alle ragazze da marito che nella ◄
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Figura 5.5 - Sopra, l'incisione Volo al sabba tratta dal Compendium Maleficarum di F. M. Guazzo, 1608, Milano.
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tradizione romana vagavano per i campi suburbani per consumare pratiche propiziatorie del matrimonio non troppo innocenti: c’è un editto di diffida, che risale al 1600. Sull’altro lato, un sinodo dello stesso secolo prescrive che le campane di tutte le chiese suonino a distesa per l’intera notte per accompagnare la raccolta di erbe medicamentose e magiche. Misteri del sincretismo. La salvia, ad esempio, che serve ad insaporire i cibi ma anche a guarire gran parte dei mali conosciuti, peste compresa, secondo i medici della trecentesca scuola salernitana. E la felce maschio cicatrizza le ferite: se raccolta la notte di San Giovanni poi rende anche invisibili. E ancora, in una commistione di magia, medicina popolare e cucina, il viburno, la margherita, l’artemisia sono considerate le erbe più potenti per le guarigioni, proprio perché raccolte nel giorno in cui il sole ha
confermato loro la massima potenza, appena dopo che la rugiada della notte è svanita. Solo per l’iperico, la voce popolare raccomanda che si aspetti il mezzogiorno, la pianta che in tutti i dialetti d’Europa viene comunemente chiamata “erba di San Giovanni” serve a curare le bruciature e le “cotture del fuoco” come le definisce il primo grande sistematore della medicina delle erbe, il senese Pier Andrea Mattioli, nel ‘500. Gabrina degli Albeti. La notte di San Giovanni è notte di streghe e per questo il pensiero non può non andare a Gabrina degli Albeti, la strega reggiana per antonomasia. In un giorno di piena estate del 1375, il 28 di luglio nella città di Reggio Emilia una donna di nome Gabrina degli Albeti, “mulier malefica” come sin dall’inizio viene nominata nel documento, viene portata in Tribunale, di fronte a una corte civile,
presieduta dal Vicario del Podestà. Gabrina degli Albeti non era donna di umili origini poiché la famiglia a cui apparteneva risultava tra la borghesia cittadina e dava il nome ad una via della vicina di San Giacomo. Gabrina era accusata di aver insegnato incantesimi, pozioni con le erbe e gesti proibiti e poco onesti. Il “facere cum herbis” di Gabrina non era cosa da poco, non si trattava soltanto di avere diffuso o venduto rimedi medicinali, ma di essere entrata in un ambito che la chiesa considerava attività dei medici del diavolo. Le magie di Gabrina, descritte nel processo variano a seconda delle necessità: in uno dei capi d’accusa si riporta la testimonianza di una certa Franceschina Avanzi, tradita dal marito che l’abbandonò e andò a vivere con l’amante. Gabrina, per farlo tornare, le consigliò un intruglio composto da vari ingredienti tra i quali peli delle proprie gambe,
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«Do not go gentle into that good night, Old age should burn and rave at close of day; Rage, rage against the dying of the light...» Do not go gentle into that good night (Dylan Thomas, 1914-1953)
unghia tagliate del marito, cuore di gallina nera, polvere di ramoscelli secchi che l’uomo avrebbe dovuto mangiare quando veniva a trovarla. In questo caso e anche in quello di una certa Masina che voleva sposare Giovanni di cui si era innamorata, le pratiche ebbero l’effetto voluto. Per i mariti frequentemente in preda all’ira, Gabrina consigliava decotti a base di camomilla, ma anche l’innocua camomilla assunse significati diabolici: l’infuso offerto al marito sarebbe dovuto essere accompagnato da un gesto sacrilego, che mai la Chiesa in quei tempi, orientata a reprimere la sessualità, avrebbe potuto
accettare. La sua posizione venne aggravata anche da un’altra sua confessione. Anche lei si serviva del sacro crisma (che altro non era che olio d’oliva): il rimedio per conquistare un uomo era quello di ungersi la bocca con l’olio prima di baciarlo. « Pochi giorni dopo il processo, in quell’estate del 1375 a Reggio Emilia, Gabrina uscì dal tribunale marchiata a fuoco e con la lingua amputata. Non a caso fu scelta questa pena: Gabrina non sapeva né leggere e né scrivere. Venne così ridotta al silenzio». Gabrina, come nome, ricompare nell’Orlando Furioso proprio nei panni di una strega. “Gabrina è il nome di costei che nacque/sol per tradire ognun che in man le cade”. Dai tempi di Gabrina degli Albeti all’Ariosto era passato più di un secolo, ma il ricordo della donna e del suo processo dovette perdurare a lungo nella memoria dei cittadini di Reggio Emilia. Essa diventò simbolo di malvagità e se ne impadronirono poeti cantastorie, preti e scrittori. Scomparve Gabrina tra i nomi di donna restò solo un nome di strega. E per restare in clima notturno, mi piace lasciarvi con una leggenda diffusa nel reggiano e che riguarda la signora della notte: la luna Si tratta della storia di Salvagna che era un poverissimo bracciante innamorato di Desolina, figlia di un contadino
Indicazioni bibliografiche C. Ginzburg, Storia notturna. Una decifrazione del sabba, Einaudi, Torino, 2008 B. Giordano, Storia della stregoneria. Origini, credenze, persecuzioni e rinascita nel mondo contemporaneo, Mondadori, Milano, 2010 F. Guazzo, Compendium Maleficarum, cur. Tamburini L., Einaudi, Torino, 1992
proprietario. Per questo invalicabile divario sociale, i due giovani potevano incontrarsi solo di notte, protetti dall’oscurità delle sere senza luna. Una notte però Salvagna, nonostante la luna piena, fu preso da un desiderio incontenibile di vedere la sua Desolina, così si arrampicò su di una lunga scala a pioli, armato di una grossa fascina ed un forcone, cercando di oscurare la luna. Ma la Luna, trovandolo bello, lo trattenne lassù per sempre. Le macchie lunari che noi vediamo sono il viso di Salvagna che dalla Luna sorride a Desolina. ♦ Carpe Noctem era il nome di una manifestazione che l’autore ha curato dal 1998 al 2004 a Novellara (Reggio Emilia) per conto del Comune in collaborazione con l’assessore Marco Ruini. L’autore ha progettato, dedicandolo a Gabrina degli Albeti, anche un piccolo giardino pubblico a Montecavolo di Quattro Castella. Il progetto resta ancora incompleto perché le piante velenose che a scopo didattico erano previste poi non sono state messe a dimora. Tuttavia il giardino conserva al centro un cerchio magico inciso nel marmo che reca la scritta: “A Gabrina degli Albeti ed a tutte le vittime dell’intolleranza umana”.
Vitaliano Biondi. Architetto, si occupa di architettura, giardini, paesaggio ed eventi culturali. Suoi lavori sono stati esposti alla Biennale di Venezia, al Beaubourg e al Grand Palais di Parigi.
P. Levack Brian, La caccia alle streghe in Europa, Laterza, RomaBari, 2012 I. Sprenger Iacobo, K Institoris, Malleus Maleficarum, Ed Castelnegrino, 2006
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La luna, la notte e il femminino Lo sviluppo antropologico tra la figura della donna e la notte In 1
di Danilo Morini
parole chiave. Donna, notte, luna, divinitĂ , simbolismo. Abstract. Cosa lega tra loro la luna, la notte e la figura della donna? L'articolo indaga dal punto di vista mitologico e antropologico lo sviluppo di questo parallelismo, indagando il culto delle diverse divinitĂ femminili fin dall'antichitĂ , arrivando alla figura delle streghe nel Medioevo e concludendo con il ruolo della donna nella cristianitĂ .
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'elemento femminile. Fin dalla preistoria l’uomo ha sempre espresso il mistero della vita nel nostro mondo con l’adorazione dell’elemento femminile, quale simbolo di creazione, rigenerazione e veicolo di continuità della specie avente in sé la magia dell’esistenza che nasce e rinasce. Questo antichissimo culto si è espresso con la venerazione della Grande Madre, da sempre segno ed emblema del potere delle energie femminili sul visibile e sull’invisibile, portatore di tutto quel mondo interiore che si esprime nel femminino composto di una potente forza istintuale che spesso, nel tempo, è stato legato a quei sensi che oggi definiremmo paranormali e, di conseguenza, anche all’occulto ed a tutta la sfera esoterica che sottintende a questo elemento. Questo culto ha avuto nei millenni innumerevoli forme di espressione, ma è sempre stato connotato da un elemento ben specifico: la Luna e
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la Notte, un’endiadi che dall’età romano-ellenica ed anche etrusca rappresenta l’elemento femminile per eccellenza, legato al culto di Artemide/Diana e Tana, come la chiamavano gli Etruschi o Jana, l’appellativo usato in Sardegna per identificare la Dea Luna. Diana era la Signora dei boschi, delle sorgenti d’acqua, della caccia, di tutto ciò che nutre e che fornisce cibo e del mistero che si nasconde nella profondità delle selve, facile metafora del mistero della fertilità e dell’animo istintivo femminile. Diana è cacciatrice e dunque procura il cibo, ma conosce anche il segreto delle erbe perché governa i boschi, e tutto questo la lega strettamente ai culti celtici che si praticavano nelle foreste trasformate in veri e propri templi, al chiarore della Luna, celebrati da sacerdotesse che raccoglievano erbe con il falcetto d’argento, metallo che, contrapposto al solare oro, rappresentava invece proprio la Luna e il suo argenteo brillare.
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Diana. Diana si identificava perciò anche con la madre che dona fecondità e, in questo senso, un filo sottile ma resistente la lega con la Dea egizia Iside, la madre di Horus, identificata con la stella Sirio che appariva in cielo nel momento in cui il Nilo si gonfiava per le piene e dava fecondità ai campi: anche in questo caso il legame tra notte e fecondità è evidente, come allo stesso modo lo è quello delle fasi della Luna con la crescita del ventre materno. Sì, Diana aveva insegnato la libertà alle donne che in suo nome avevano imparato a nutrire ed a curare con le erbe la propria prole, e il suo mondo trovò così nella notte il suo confine, mentre il giorno fu riservato all’elemento maschile, al sole che fa crescere ciò che la Luna, l’elemento femminile, aveva fatto nascere. Ma Diana era anche l’emblema della castità ed essa puniva severamente chi attentava alle sue virtù oppure la guardava mentre di notte, nuda, faceva il bagno con le sue ninfe; l’immaginario umano aveva però ◄
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Sociologia Antropologia ◄
Streghe e Medioevo. Il medioevo trasformò dunque la notte nel regno del demonio, contrapposto al sole, il regno della luce quindi di Gesù Cristo, e quell’elemento notturno e femminile che una vastissima cultura mediterranea e nordica aveva glorificato come emblema della fertilità e della natura generatrice e rigeneratrice fu convertito nel mondo dell’occulto e del male, trasformando gli adoratori della Luna e della Notte in adoratori del demonio. I boschi, da tempio della natura e della nascita della vita, divennero il regno della paura e dei fantasmi, dove si praticavano riti pagani da estirpare per mano dei Santi; luoghi da purificare mettendoli a cultura in cui dovrà regnare la luce del SignoFigura 6.1 - Sotto, il dipinto Diana cacciatrice del Guercino (1591-1666) re e non la notte del diavolo. L’elerealizzato nel 1658. L'opera raffigura il momento in cui la dea romana interrompe mento femminile che li governava la caccia per volgere lo sguardo verso l'amato Endimione, assopito per suo divenne così portatore di malocchio volere in un sonno eterno al fine di preservare intatta la bellezza del suo volto. e malvagi sortilegi e la notte non portava più con sé il mistero della maternità e del sesso procreatore, ma divenne il tempo dei sabba delle streghe che compivano il cosiddetto volo di Diana alla luce, manco a dirlo, della Luna. Scomparve così per sempre la sacralità dei luoghi che i romani chiamavano lucus, quelle radure naturali nei boschi dove entrava la luce, quelle dove i Celti amavano così tanto onorare i loro Dei, che si trasformarono nel posto per eccellenza dei rituali delle streghe. Le streghe, quelle brutte megere presenti ovunque anche oggi in ambito letterario e televisivo che si divertono a gettare malvagi sortilegi a discapito altrui, oppure a fare del male al prossimo per scopi di vanità o ricerca del potere, come faceva la bellissima Grimilde, matrigna di Biancaneve, emblema per eccellenza del male al femminile, contrapposto al buon cacciatore – maschio antagonista di Diana cacciatrice impossessatosi ormai dei boschi – che non se la sente di uccidere una fanciulla. E’ interessante a questo proposito l’analisi del termine strega. I filologi lo collegano a strix o striges sostantivo che richiama la figura mitologica dell’uccello notturno che in tempi antichi si riteneva succhiasse il sangue dei bambini nella culla ed istilasse sulle loro labbra anche ben compreso che le sue nudità suscitavano le passioni ed allora nacque il bisogno di trovare un senso alla lussuria, a quel potente senso di libertà che dà il piacere e la passione sessuale. Così nacque Lilith, conosciuta dai Sumeri con il nome di Lil, Lulu o Lalu, dagli Egizi identificata con Nephtis e Nut, la Notte; Lilith incarna l’elemento erotico dell’oscurità: l’atto sessuale con cui si genera, l’elemento oscuro della creazione, legato alla libido. Essa esprimeva i riti celtici della fertilità e dell’iniziazione sessuale, quelli legati al fuoco come metafora dell’ardore dell’eros, celebrati al solstizio d’estate o all’equinozio di primavera, quando la natura rinasceva dal freddo dell’inverno e gli uomini
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festeggiavano la rinascita della vita con la celebrazione della sessualità. La notte venne così ammantata del mistero della passione e questi culti, che avevano valore puramente celebrativo, divennero nel medioevo oscuri rituali legati al demoniaco e Lilith - come già era accaduto nella tradizione ebraica che la vedeva come il demone che si nutriva prendendo la vita dei bambini nella culla – divenne nel tempo l’incarnazione di Ecate, la Dea romana degli incantesimi e della magia, legata al mondo delle ombre, trasformandosi così lentamente in un demone dalle sembianze femminili che si accoppiava con il principio di ogni male, Satana.
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Il tema del numero
Figura 6.2 - A fianco, opera di F.
Anemos neuroscienze
Dulbecco raffigurante San Bernardo di Chiaravalle. San Bernardo (10901153) fu un monaco e abate francese dell'ordine cistercense, fondatore dell'abbazia di Clairvaux e di altri monasteri.
il proprio latte avvelenato facendoli così morire: una specie di antenato del vampiro nota con il nome di Lamia che i Longobardi chiamavano Masca, collegato direttamente al demone Lilith della cultura ebraica cui abbiamo accennato sopra, il cui intervento malefico spiegava ciò che allora era inspiegabile, le morti in culla. Neppure Diana nel medioevo sfuggi all’identificazione con le streghe e dunque con il male. Il termine Dianaria o Dianiana divenne l’equivalente di strega trascinando con sé nel gorgo del “male” anche tutto il meraviglioso portato di culto legato alla Notte ed alla Luna ad essa connesso e connaturato, mutando la casta Dea che personificava l’astro d’argento e colmava i campi ed i boschi di frutti ascoltando le preghiere delle partorienti in un demone contrario alla vita, personificante la paura ed il lato oscuro e omicida dell’uomo. La donna nella cristianità. Fu il culto mariano a riportare nell’alveo della cristianità l’elemento femminile, soddisfacendo quella che era sentita come un’esigenza del profondo dell’animo umano, la venerazione della maternità e della vita; ed è quasi un paradosso che sia stato un santo profondamente conoscitore della cultura celtica come san Bernardo di Chiaravalle a contribuire decisamente al culto della madre di Gesù, quel santo che diceva spesso ai suoi confratelli che si imparava più dalle foreste che dai libri. La Luna, Diana, e la Notte non ripresero più il loro posto come simbolo
e controparte dell’elemento maschile nella dualità in cui si articola il nostro mondo, ma gli uomini che hanno Fede ritrovarono finalmente nella Madonna la Gran Madre e le donne un modello di castità cui fare riferimento ed una Dea da pregare nei momenti di difficoltà. La Notte è invece ancora per noi il tempo della paura e dell’ambiguità, in cui il buio nasconde il male, non il mistero che genera la vita. Ma Diana, nella mitologia e nella bellezza, per chi la sa cercare ancora vive e si specchia nei laghi di Nemi e di Albano che gli antichi identificavano con i suoi occhi, occhi in cui, per nostra fortuna, ancora si riflette la
Indicazioni bibliografiche J. Champeaux, La religione dei romani, Il Mulino, Bologna, 2002 G. G. Merlo, Streghe, Il Mulino, Bologna, 2012 A. Romanazzi, Guida alla dea madre in Italia. Itinerari fra culti e tradizioni popolari, Venexia 2005
J. Scheid, Rito e religione dei romani, Sestante, 2009 H. Winckler, La cultura spirituale di Babilonia, Editori Riuniti, 2004
Luna che rende le notti così chiare da cacciare ogni paura. ♦
Danilo Morini. Ha un Dottorato in Storia Medioevale presso l'Università di Bologna, oltre alla laurea in Lettere Moderne. Ha collaborato con l'Università come responsabile per l'area reggiana del "Progetto Castelli, castelli medioevali dell'Emilia-Romagna" e ha tenuto lezioni sui castelli dell'Emilia Romagna. Da Giugno 2010 ad Aprile 2013 ha lavorato come collaboratore presso l'Assemblea Regionale dell'Emilia Romagna. Dal 1996 al 2002 ha ricoperto la carica di Consigliere di Amministrazione del Consorzio "I Teatri" di Reggio Emilia. Dal 2002 al 2008 è stato Consigliere di Amministrazione della "Fondazione Nazionale della DanzaAterballetto" di Reggio Emilia. Dal 2009 al 2014 ha ricoperto la carica di Consigliere Comunale del Comune di Quattro Castella dove, dall'Aprile 2013, ha assunto anche la carica di Presidente del Consiglio Comunale. Dal 27 Maggio 2014 ha ricevuto la delega alla Cultura, promozione del Territorio, Beni Storici, Sicurezza, Sport e Trasporti nell'Amministrazione Comunale di Quattro Castella.
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Sociologia Letteratura
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IL NOTTURNO POETICO La notte in letteratura tra risvolti metaforici e poetici
â&#x20AC;&#x153;â&#x20AC;Ś La notte si manifesta simbolo terribilmente ambivalente e nella produzione letteraria di un tempo inquieto e lontano possiamo ritrovare una miriade di immagini ben delineate e, non di rado, ancora appassionanti di notti oscure e luminose, di notti bramate e odiate, di notti feconde e sterili, di notti lieti e disperate, di notti d'intenso amore umano e di lacerante solitudine affettiva...â&#x20AC;? Davide Monda 52
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Il tema del numero
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di Adriano Amati
parole chiave. Letteratura, notte, poesia, simboli. Abstract. L'articolo indaga la notte dal punto di vista letterario, portando l'attenzione su alcuni autori della letteratura mondiale e su come questi hanno descritto la notte come una dimensione piena di risvolti metaforici e poetici.
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n tema complesso. Bisogna sfogliare migliaia di pagine per riuscire a cogliere la complessità letteraria del tema che si affronta in questo numero della rivista. E l'indagine risulta talmente vasta che è giocoforza limitarsi a citare alcuni autori che, per l'autorevolezza del nome e per gli scritti prodotti, hanno determinato la fortuna espressiva del “notturno poetico”; è infatti nella poesia che il tema di cui si tratta raggiunge i livelli più suggestivi, e le immagini relative acquisiscono l'acutezza emotiva che la critica ha celebrato come indimenticabile. Il padre della lingua italiana ne fa solo un cenno, ma è sufficiente per rendere universale il concetto del travaglio psicologico che il singolo individuo si appresta a vivere sul far della sera. Scrive Dante: Lo giorno se n'andava, e l'aere bruno toglieva li animai che sono in terra da le fatiche loro; e io sol uno m'apparecchiava a sostener la guerra
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Figura 7.1 - A fianco, Notte stellata, una delle opere più famose di Vincent Van Gogh. Il dipinto raffigura il paesaggio stellato di SaintRémy-de-Provence, poco prima del sorgere del sole.
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Sociologia Letteratura
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Figura 7.2 e 7.3 - Sopra, Torquato Tasso (1544-1595) poeta, scrittore e drammaturgo italiano. La sua opera più importante è la Gerusalemme liberata (1581). A sinistra Dante Alighieri (1265-1321) è considerato uno dei padri della lingua italiana. ◄ sì del cammino e sì de la pietate,
che ritrarrà la mente che non erra (Dante, Inf. II 1 ss.)
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Il Poeta si accinge a una dura fatica, così come gli esseri viventi si accingono al riposo. Egli rievoca la dura prova che sta per subire, simile a quella degli umani che si apprestano ad affrontare la notte: un altro tipo di guerra. Ecco, la notte – le tenebre, l'oscurità, il buio – rappresentano per il Poeta un conflitto da affrontare e risolvere, possibilmente con una vittoria; così, se talvolta l'oscurità spegne le fatiche diurne, altre volte sollecita la mente a sopportare una prova difficile, dagli esiti incerti. E questa sfida che ciascuno è impegnato a svolgere si perde “nella notte dei tempi”, cioè affonda nelle tenebre che avvolgono gli avvenimenti più remoti. Il tema del notturno è costante nella letteratura europea, si ripete incessantemente con intervallate fortune e alterni significati. Ecco le diverse sfumature che ha assunto tra Sette e Novecento: la notte come momento per vedere con più chiarezza la ve-
rità delle cose, l'occasione migliore per affrontare le profonde tematiche dell'esistenza, la paura ancestrale e primordiale del buio, l'opportunità di affrontare il complesso universo onirico (e con esso di approfondire le tematiche dell'inconscio), la quiete degli occhi che riposano, e la perdita di controllo sugli istinti erotico-sessuali. Una metafora letteraria. Insomma, questa figura retorica di significato ha funzionato e ancora funziona abbondantemente; è infatti una delle metafore letterarie più conosciute, con la quale si associa l'immagine del buio notturno con l'impossibilità di vedere e capire con chiarezza fatti e vicende accaduti alla luce del giorno. La notte è il lemma impiegato anche per significare l'oscurità della ragione, della razionalità, della consapevolezza, della conoscenza (la notte del Medioevo), è il tòpos letterario che ricorre ogni qual volta la mente umana incontra lo scacco della mancata visione. Oppure il poeta si lascia andare, semplicemente e romanticamente,
«Ecco, la notte - le tenebre, l'oscurità, il buio - rappresentano per il Poeta un conflitto da affrontare e risolvere, possibilmente con una vittoria; così, se talvolta l'oscurità spegne le fatiche diurne, altre volte sollecita la mente a sopportare una prova difficile, dagli esiti incerti.» alla suggestione del buio, limitandosi a vivere le insolite sensazioni che l'oscurità gli procura, senza sottintendere alcun dramma. Poliziano, ad esempio, scrive (Stanze I 60): La notte che le cose ci nasconde
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Il tema del numero
L tornava ombrata di stellato ammanto: e l'usignol sotto le amate fronde cantando ripetea l'antico pianto; ma solo a' suoi lamenti Eco risponde ch'ogni altro augel quetato avea già 'l canto: dalla cimmeria valle uscian le torme de' sogni negri con diverse forme.
Vale la pena di citare anche la Gerusalemme liberata di Torquato Tasso, sebbene risulti poco più che una riscrittura dei versi di Virgilio, dai quali purtuttavia si discosta perché più greve è la scelta semantica: Era la notte, allor ch'alto riposo han l'onde e i venti, e parea muto il mondo. Gli animali lassi, e quei che 'l mar ondoso o dei liquidi laghi alberga il fondo, e chi si giace in tana o in mandra ascoso, e i pinti augelli, ne l'oblio profondo sotto il silenzio de' secreti or-
rori sopian gli affanni e raddolciano i cuori.
Qui la notte riscatta tutti gli esseri viventi dai turbamenti diurni, e invece di recare turbamento toglie gli affanni e produce il riposante oblio che cancella i secreti orrori. Analogamente Annibal Caro, sempre imitando il Sommo Poeta, scrive: Era la notte, e già di mezzo il corso cadean le stelle, onde la terra e il mare, le selve, i monti e le campagne tutte e tutti gli animali, i bruti e i pesci e i volanti e i serpenti e ciò che vive avea da ciò che la lor vita affanna tregua, silenzio, oblio, sonno e riposo.
Insomma, come accade per le antinomiche interpretazioni dei tarocchi, anche la letteratura propone sul tema della notte apparenti contraddizioni, che pure ◄
L'ambiguità della notte
a notte romantica, cioè vissuta dalla letteratura con vivida passione, ha almeno tre sbocchi narrativi: quello poetico-leopardiano, quello misterico-cosmologico e quello tragico-céliniano. Il primo e il secondo scaturiscono dalla suggestione provocata dalle particolari atmosfere dell'animo create dall'oscurità, poiché quasi sempre l'autore che ne parla si trova immerso nel buio a contemplare la volta stellata, la vastità del nero orizzonte che rimanda all'infinito, ad ascoltare i rumori misteriosi della notte, e a posare lo sguardo sui giochi d'ombra che la notte disegna nel paesaggio circostante. Ciò lo spinge a svolgere indagini solitarie e introspettive, lunghe e silenziose meditazioni in cui i pensieri lasciano affiorare le emergenze spirituali che lo affliggono, in una parola in questa notte romantica il buio è foriero di pensieri lungamente meditati e profondi. Il terzo aspetto è di tutt'altra natura; qui la notte è l'allegoria del buio morale in cui si trova immerso il protagonista, ed anche del buio esistenziale in cui questi conduce la sua greve esistenza. Da questo punto di vista Céline può essere considerato il narratore archetipico di queste difficili atmosfere psicologiche, nelle quali non c'è serenità né prospettiva di salvezza. Qui infatti la notte rimanda alla disperante situazione di esistenze marginali e tormentate, in cui la natura umana mostra il suo lato peggiore, ed i personaggi vivono la costante oppressione di una vita senza alcuna possibilità di riscatto: la notte è un lungo tunnel buio in fondo al quale non c'è alcuna via d'uscita, alcuna luce di salvezza. Insomma la narrativa tragica-céliniana è un viaggio nelle tenebre dell'anima, nell'universo di umane bassezze, in cui tutta la narrazione sembra riassumere in sé la disperazione del Novecento. Infatti nel suo “Viaggio al termine della notte” coglie i drammi di quel periodo – gli anni Trenta – a cavallo tra le due guerre mondiali, in cui non si è ancora spenta l'eco dell'immane tragedia della Prima, e già si va preparando la drammatica escalation che porterà allo scoppio della Seconda; per queste ragioni nella sua notte non c'è ottimismo né speranza, ma la cruda consapevolezza di un presente difficile e lo sgomento per un futuro terribile. Dunque la notte letteraria è un Giano bifronte, in cui l'antichissimo dio latino suggerisce due facce narrative uguali e contrarie: una di quieta e struggente serenità, l'altra di cupi e terribili turbamenti esistenziali. Di questa duplice capacità evocativa la letteratura ha saputo sfruttare appieno le opposte opportunità, ora lasciandoci l'immagine del poeta rapito dalla solenne bellezza del mondo silenzioso in cui gli uomini finalmente tacciono, ora proponendoci l'inferno dell'esistenza terrena in cui quello stesso mondo appare sfregiato dalla natura malvagia degli uomini.
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Figura 7.4 e 7.5 - A sinistra
Giovanni Pascoli (1855-1912). è stato una figura emblematica della letteratura italiana di fine Ottocento. Sotto il poeta romano Publio Virgilio Marone (70 a.C19 a.C.).
te alla nascita e quella che segue la morte. A chiederci come mai la prima non ci faccia nessuna paura, mentre la seconda ci terrorizzi (malgrado sia la stessa tenebra), si spalanca un nuovo capitolo letterario che
convivono armoniosamente nella millenaria produzione editoriale, con intuizioni sempre nuove che ne ampliano la portata semantica. E i moderni? Dalla fatal quiete di Foscolo alla falce di luna calante di D'Annunzio, dalla notte, serene ombre di Quasimodo alla notte che confonde gli oggetti di Leopardi – che dirà inoltre come l'immagine della notte è la più propizia per descrivere il suono del silenzio -, dal silenzio religioso della notte di Fogazzaro alla di tenebre involta e di perigli di Parini, il nostro tema è lo scenario dolce e struggente in cui il poeta otto-novecentesco sprofonda nelle riflessioni più intime e, a tratti, più disperanti. Per ampliare l'argomento sui moderni, ecco la lirica di Dino Campana, intitolata Il canto della tenebra, pubblicata nei Canti orfici (1914): La luce del crepuscolo si attenua: inquieti spiriti sia dolce la tenebra al cuore che non ama più! Sorgenti sorgenti abbiam da ascoltare, sorgenti, sorgenti che sanno sorgenti che sanno che spiriti stanno che spiriti stanno ad ascoltare... Ascolta: la luce del crepuscolo attenua ed agli inquieti spiriti è dolce la tenebra: ascolta: ti ha vinto la sorte:
Indicazioni bibliografiche
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D. Alighieri, Tutte le opere, Newton Copton, D. Campana, Canti orfici, Garzanti, Milano, 2007 Roma, 2015 A. Poliziano, Stanze, Orfeo, Rime, Garzanti, Milano, 2004
ma per i cuori leggeri un'altra vita è alle porte: non c'è dolcezza che possa uguagliare la morte più più più intendi chi ancora ti culla: intendi la dolce fanciulla che dice all'orecchio: Più Più.
Resta da aggiungere: forse che si possono evitare i fiori notturni di Pascoli o il suo gelsomino notturno? E la pia Luna imminente di Carducci? Ebbene, abbiamo citato appena pochi italiani e già si profila una lista infinibile, che anche un breve elenco delle opere di autori stranieri (Hamann, Novalis, Ossian, Eliot, Goethe) renderebbe ancor più vertiginosa. Allora bisogna fermarsi. E per farlo prendiamo a prestito la sentenza impietosa di Vladimir Nabokov, che con piglio nichilistico concepisce un aforisma che da solo vale a spiegare la valenza esistenziale della notte nella narrazione letteraria: La nostra esistenza è solo un breve spiraglio di luce tra due eternità fatte di tenebra. Intende l'eternità preceden-
andrà necessariamente affrontato in un'altra occasione. ♦ “Molte le cose che si apprestano meglio nella fredda notte o quando l'oriente all'alba cosparge di rugiada le terre. di notte si tagliano meglio le leggere stoppie e gli aridi prati: alle notti non manca la molle guazza...”
(Georgiche di Virgilio, I-287, trad. Luca Canali)
Adriano Amati. Scrittore. Oltre a libri di turismo ed arte ha pubblicato: Turista a Tebaide (1991) e Bertrand il matematico (1994) per Paolini Editore; Dialoghi del namoro (1997) per Severgnini Editore; Domicilio Mantova (2003) per l'Editoriale La Cronaca; Detto tra noi (2005) per Prospecta Editore; I miei (2006) per il Cartiglio Mantovano; Una voglia di Sur (2008) e L'iride azzurra (2010) T. Tasso, La Gerusalemme liberata, BUR, Milano, per Lui Editore; Ballate (2013) per Clessidra 2009 Editrice; Nebbia a teatro (2014) per Paolini P. Virgilio, Georgiche, Garzanti, Milano, 2009 Editore. Partecipa attivamente alle iniziative editoriali di Clessidra Editrice.
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Pensiero al femminile
Isabella d'Este
Il ritratto della prima donna del Rinascimento italiano Pensiero al femminile. L'approccio multidisciplinare di ÂŤNeuroscienze AnemosÂť guarda anche al mondo della psicologia sociale. La questione delle discriminazioni di genere e del ruolo della donna nella societĂ rientra tra le problematiche anche della nostra epoca. Da qui l'esigenza di puntare la lente sul contributo del genere femminile ai settori importanti della scienza e della cultura.
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IL PERSONAGGIO
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Anemos neuroscienze
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ISABELLA La decima musa* In
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parole chiave. Isabella D'Este, Rinascimento, arte. Abstract. Isabella d'Este Gonzaga (1474- 1539) è universalmente ricordata come la “prima donna del Rinascimento italiano”, e il suo mito rimane intramontabile tanto da essere ancora vivo ai giorni nostri. Fu in grado di reggere con grande saggezza le sorti dello stato in assenza del marito, di dettare la propria volontà a papi e imperatori, tanto da riuscire a portare a Mantova il meglio della nobiltà dell'epoca.
V
◄
ita di Isabella d'Este. Isabella d'Este Gonzaga (Ferrara 1474- 1539), marchesa di Mantova, era la figlia del duca Ercole d'Este e di Eleonora d'Aragona. Nel 1490 sposò Francesco Gonzaga, marchese di Mantova, col quale condivise la responsabilità del governo dello stato: col marito, dopo la battaglia di Fornovo (1495) cercò la pace con Milano e Venezia e l'amicizia francese; in buoni rapporti con i Borgia, ottenne poi con grande abilità dal papa Giulio II la liberazione del marito, fatto prigioniero dai Veneziani. Rimasta vedo-
Figura 7.1 - A fianco, Ritratto di Isabella d'Este di Tiziano (1534-1536). Il dipinto è un olio su tela (102x64 cm) conservato al Kunsthistorisches Museum di Vienna. *
Testo di Adriano Amati
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IL PERSONAGGIO
Figura 7.2 - Sopra, La Lotta tra Amore e Castità (1503). L'opera di Pietro Perugino è un dipinto a tempera su tela
(160x191 cm) oggi conservato nel Museo del Louvre a Parigi. Originariamente fu dipinto per lo studiolo di Isabella d'Este nel Castello di San Giorgio a Mantova.
◄ va nel 1519, ottenne per il figlio
Federico la carica di capitano generale della Chiesa. Ma per dissidi con questo, dal 1525 si stabilì per oltre due anni a Roma, dove si mostrò, al tempo del famoso sacco (1527) organizzatrice energica e oculata. Di raffinata educazione umanistica, la sua fama è legata alla notevole collezione di quadri e di oggetti d'arte nonché alla splendida corte che raccolse a Mantova attorno a sé, onorata dai più bei nomi delle lettere e delle arti del tempo: Castiglioni, Bandello, Ariosto, Leonardo, Mantegna, Correggio, Raffaello, ecc.
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La prima donna del Rinascimento italiano. Isabella è
universalmente ricordata come la “prima donna del Rinascimento italiano”, e il suo mito rimane intramontabile tanto da essere ancora vivo ai giorni nostri: donna bella, affascinante, di grande intelligenza e carattere fermo e volitivo, amante delle arti e del lusso, capace di dettare la moda all'intera Europa, di reggere con grande saggezza le sorti dello stato in assenza del marito, di dettare la propria volontà a papi e imperatori, tanto da riuscire a portare a Mantova il meglio della nobiltà dell'epoca. Quando arrivò nella città dei Gonzaga venne accolta da una folla festante, tutti i mantovani vennero sopraffatti dalla sua raffinatezza ed ella non tardò a legarsi alla nuova
«Isabella fu l'unica nobildonna italiana ad avere uno studio, a riprova della sua fama di dama colta del rinascimento, che preferiva gli interessi intellettuali e artistici a uno stile di vita frivolo.»
Anemos neuroscienze
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comunità che l'aveva ospitata. Tanto da scrivere al padre: “Io ho già preso tanto amore a questa città che non posso fare che non piglia cura de li honori ed utilitate de li cittadini”. Il suo contributo fu determinante per l'avvento di un nuovo e fecondo clima culturale; alla sua corte invitò letterati e musicisti, tenne corrispondenza con i più affermati artisti del suo tempo, molti dei quali arricchirono con le loro opere i suoi appartamenti nel palazzo Ducale di Mantova, e in particolare la Grotta e lo Studiolo. Lo Studiolo era un ambiente privato situato inizialmente al piano nobile del castello di San Giorgio; nel 1523 venne però trasferito negli appartamenti della Corte Vecchia. Isabella fu l'unica nobildonna italiana ad avere uno studio, a ri-
prova della sua fama di dama colta del rinascimento, che preferiva gli interessi intellettuali e artistici a uno stile di vita frivolo. Qui la marchesa si ritirava per dedicarsi ai suoi passatempi, alla lettura, allo studio e alla corrispondenza; vi radunò i pezzi più pregiati delle sue collezioni, che inizialmente raccolsero solo reperti di archeologia, e in seguito anche opere contemporanee, secondo quel confronto tra “antichi e moderni” che all'epoca dominava le speculazioni in campo artistico. Lei amava ritenersi ispiratrice di poesia, musica e arte, tanto che si guadagnò il soprannome di “decima musa”; non a caso dunque le rappresentazioni di Muse abbondano nello studiolo, sia nella tela di Mantegna che nei rilievi sul portale che porta alla Grotta. Studiolo e Grotta divennero presto
tra i luoghi più interessanti da mostrare ai dignitari in visita nella città di Mantova, ma con le dovute cautele, dovute alle piccole dimensioni di alcune opere, e alle tentazioni in cui poteva cadere anche l'ospite migliore; infatti, dopo una visita della scorta del duca Borbone, nel 1509, mancarono all'appello alcuni argenti di valore. A parte le arti più alte Isabella coltivò anche la moda, il galateo, la cosmesi e la bellezza in genere: spendeva enormi cifre per le sue mise e per i gioielli, ed i livelli ◄
Figura 7.3 - Sotto, il dipinto di Lorenzo Costa il Vecchio Isabella d'Este nel regno di Armonia (o Allegoria dell'incoronazione di Isabella d'Este). Realizzato tra il 1505 e il 1506, il dipinto è stato realizzato a tempera e olio su tela (164,5x197,5 cm).
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IL PERSONAGGIO
una Venere nuda anziché vestita, la marchesa, tramite i suoi consulenti che visitavano periodicamente lo studio del pittore, protestò vivacemente. Nel 1505, alla consegna del dipinto, Isabella non rimase pienamente soddisfatta: avrebbe preferito l'olio e non la tempera... ma pagò ugualmente i 100 ducati pattuiti. Isabella oggi. Recentemente, il ritrovamento di un quadro attribuito a Leonardo, ha riportato il nome di Isabella d'Este alla ribalta della cronaca: sarebbe infatti il suo ritratto quello che compare sulla tela sequestrata in Figura 7.4 - A fianco Parnaso, dipinto a tempera su tela di Andrea Mantegna del 1497. Svizzera dalla Guardia La tela è la prima della serie di decorazioni pittoriche per lo studiolo di Isabella d'Este nel di Finanza di Pesaro. Il dipinto, individuato in Castello di San Giorgio a Mantova. Oggi è conservata a Parigi al Louvre. un caveau di un istituto fiduciario svizzero ◄ di raffinatezza che raggiunse fu- fortuna li avevamo”. con sede a Lugano è un'opera ad rono tali che i sovrani di diversi Una curiosità: negli archivi è conolio, di dimensioni 61x46,5 e sulla stati chiesero ai loro ambasciatori servata una fitta corrispondenza tra base di pareri e di perizie effettuate di copiare vesti ed ornamenti (che, Isabella e il Perugino, attivo allora con la fluorescenza, è compatibile, va detto per dovere di cronaca, era- a Firenze, per la creazione dell'opequanto a datazione, con la pittura no disegnati da artisti del calibro di ra Lotta tra Amore e Castità. Essa dei primi decenni del XVI secolo.♦ Leonardo). E fu la prima a portare consente di ricostruire il metodo i caleçon, tanto che, quando il pal- di ordinazione di un dipinto, in co in legno sul quale si trovava con quanto ogni dettaglio del quadro altre dame crollò, le cronache rac- viene indicato nel contratto notacontano che mentre tutte quante le rile e comprende un disegno su cui signore mostrarono impudicamen- il pittore doveva basarsi. Egli non te le pudenda, lei disse con sollie- doveva assolutamente aggiungere vo: “fecero uno bellissimo vedere, figure non previste o realizzare moche erano senza calzoni; nui per difiche: quando il Perugino dipinse
Indicazioni bibliografiche
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E. Garin, La cultura del Rinascimento, Laterza, Roma-Bari, 2010 D. Pizzagalli, La signora del Rinascimento. Vita e splendori di Isabella d'Este alla corte di Mantova, BUR, Milano, 2013
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Gli Editori
L'Associazione Anemos
Presidente: dr. Marco Ruini
L
’Associazione culturale e di volontariato Anemos, fondata nel marzo 2009, nasce per coordinare e ampliare le attività di volontariato sociale di un gruppo di amici di Novellara (RE), nonchè le attività culturali del Centro di Neuroscienze Anemos, l’attività editoriale scientifica in collaborazione con la casa editrice New Magazine Edizioni e con la casa editrice La Clessidra. Tra i vari campi d’attività accennati: ♦ Libera Università di Neuroscienze Anemos: organizza convegni, seminari e corsi multidisciplinari sul tema delle neuroscienze in collaborazione con La Clessidra Editrice (vedi testo sotto). Pubblicazione della rivista «Neuroscienze Anemos» ♦ “Libri Anemos”. Attività editoriale con la Casa Editrice New Magazine con una collana di Neuroscienze e una collana di Narrativa e Poesia ♦ Biblioteca di Neuroscienze Anemos ♦ Promozione e valorizzazione di giovani artisti ♦ Programmi di volontariato sociale nei paesi in via di sviluppo e in Italia
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N
ell’autunno del 2010 è nato il progetto «Neuroscienze Anemos», trimestrale di neuroscienze, scienze cognitive, psicologia clinica e filosofia della mente. Il periodico di divulgazione scientifica, distribuito gratuitamente nelle biblioteche pubbliche della provincia di Reggio Emilia e Mantova e in altri circuiti distributivi, si sviluppa in stretta correlazione con La Clessidra Editrice, giovane casa editrice Reggiana (con sede a Reggiolo, RE) nata in un contesto di associazionismo culturale nel 2004 e costituitasi come casa editrice nel 2006. ditrice La Clessidra è specializzata in editoria periodica locale e settoriale. La giovane casa editrice raduna intorno a sé un attivo gruppo di intellettuali, collaboratori abituali e occasionali, che agiscono oltre la sfera dell'editoria. otto questo aspetto, le attività promosse dall'editore contribuiscono ad alimentare il dibattito sulla contemporaneità, non solo presentando e divulgando la propria attività e quella di altri operatori culturali, ma anche promuovendo convegni e seminari (riguardanti l'ambito scientifico e le scienze umane) , divulgando l'attività di artisti, scrittori, studiosi di varie discipline.
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