Trimestrale culturale a diffusione gratuita - Gen-Mar 2016 ♦ anno VI - numero 20
ISSN 2281-0994
Anemos neuroscienze
Trimestrale INTERDISCIPLINARE PER L'INTEGRAZIONE TRA NEUROSCIENZE E ALTRE DISCIPLINE
NEUROSCIENZE
PENSIERO AL FEMMINILE
QUANDO LA MUSICA CI FA OSCILLARE
elisabetta sirani
UN VIAGGIO NELLA SINCRONIZZAZIONE NEURALE
Il Barocco al femminile a Bologna
PSICOLOGIA
Percezione e movimento
LA PERCEZIONE MULTIMODALE
DARE PIù SENSO (SENSI) ALLA REALTà
Fenomeno complesso che coinvolge fisiologia, aspetti cognitivi, culturali e simbolici FILOSOFIA
Il caso Nietzsche: profilo del suo pensiero e ipotesi sulla sua pazzia
MEDICINA
Il corpo nello spazio: valutazione clinica e strumentale della postura
PSICOLOGIA
Oggetti "smart": ridimensionano i modi in cui percepiamo la tecnologia
CENTRO DI NEUROSCIENZE ANEMOS Direttore sanitario: Dott. Marco Ruini
PSICOLOGIA CLINICA Psicologia (Dott.ssa Anna Maria Sangiorgi) Psicoterapia di coppia e famigliare (Dott Federico Gasparini) Psicotraumatologia e EMDR (Dott.ssa Federica Maldini) Psicopatologia dell'apprendimento (Dott.ssa Enrica Giaroli) Logopedia (Dott.ssa Sandra Cocca) NEUROPSICOLOGIA ADULTI (Dott. Federico Gasparini)
NEUROPSICOLOGIA dello SVILUPPO (Dott.ssa Lisa Faietti, Dott.ssa Linda Iotti) AREA DI PSICHIATRIA Dott. Giuseppe Cupello Dott. Raffaele Bertolini
AREA DI OCULISTICA Dott. Valeriano Gilioli Dott. Vicenzo Vittici
SERVIZIO DI NEUROCHIRURGIA Dr. Marco Ruini: Responsabile Dr. Marco Ruini: Neurochirurgo Dr. Andrea Veroni: Neurochirurgo Dr. Andrea Seghedoni: Neurochirurgo Dr. Nicola Nicassio: Neurochirurgo Dr. Raffaele Scrofani: Neurochirurgo
Collaborazioni Dr. Ignazio Borghesi, Neurochirurgo Prof. Vitaliano Nizzoli, Neurochirurgo Prof. Lorenzo Genitori, Neurochirurgia Pediatrica Dr. Bruno Zanotti, Neurochirurgo SERVIZIO DI TERAPIA ANTALGICA
Dr. Roberto Bianco, Anestesista, Terapia infiltrativa, Agopuntura Dr. Ezio Gulli, Anestesista, Terapia infiltrativa
SERVIZIO DI RIABILITAZIONE E RIEDUCAZIONE FUNZIONALE Dr. Aurelio Giavatto, Manipolazioni viscerali Dr. Nicolas Negrete, Fisioterapista Dr. Giorgio Reggiani, Fisiatra SERVIZIO DI NEUROLOGIA E DI NEUROFISIOLOGIA Dr. Mario Baratti, Neurologo, Elettromiografia e Potenziali evocati Dott. Devetak Massimiliano, Neurologo, doppler tronchi sovraortici e transcranico Dr.ssa Daniela Monaco, Neurologia, Doppler transcranico per Parkinson ANEMOS | Centro Servizi di Neuroscienze Poliambulatorio Medico | Libera UniversitĂ | Ass. Culturale Via Meuccio Ruini, 6 | 42124 Reggio Emilia tel. 0522 922052 | Fax 0522 517538 | www.anemoscns.it info@anemoscns.it | www.associazioneanemos.org
Centro di riferimento: Centro di Neuroscienze Anemos, Reggio Emilia. Centri Ospedalieri per la Neurochirurgia del rachide e le tecniche mininvasive: Casa di Cura Salus Hospital (Re), Ospedale di Suzzara (Mn), Casa di Cura San Clemente (Mn), Casa di Cura Villa Maria Cecilia di Cotignola (Ra). Ambulatori: Reggio Emilia, Correggio, Suzzara, Poggio Rusco, Mantova, Carpi, Modena, Fiorenzuola, Olbia e Agrigento.
Anemos neuroscienze
Gen-Mar 2016 | anno VI - numero 20
Editoriale
Un sobrio rinnovo grafico
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CONTATTI. Si possono inviare proposte di articoli, segnalazioni di eventi, commenti o altro all’indirizzo che segue: redazione@clessidraeditrice.it Su Facebook. Neuroscienze Anemos LaClessidraEditrice
uesto nuovo numero di “Neuroscienze Anemos” è parzialmente rinnovato nella veste grafica. Si tratta di un rinfresco necessario, come gli addetti all'editoria periodica sanno bene. Infatti, se è certamente il contenuto a fare la qualità di una pubblicazione, è altrettanto vero che la fruizione di un periodico a carattere divulgativo necessita anche di una piacevolezza visiva, e quindi dell'introduzione, talvolta, di novità. Come il lettore potrà verificare, si tratta comunque di una veste grafica in continuità con quella del numero precedente, che rispetta il compromesso tra leggibilità, sobrietà ed estetica. La linea editoriale di “Neuroscienze Anemos”, per così dire mediana tra divulgazione e pubblicazione scientifica per gli addetti ai lavori, si sposa bene con un impaginato ricco di illustrazioni, ma che non cede troppo al gusto del gioco grafico, e parallelamente non adotta
la soluzione opposta di proporre una pubblicazione di solo testo e grafici. La via mediana, a cui si accennava sopra, è una metafora che va oltre l'aspetto puramente visivo di una scelta di impaginato. Infatti, il lettore potrà notare anche che i contributi contenutistici dovuti ad autori che operano nella ricerca accademica (università o laboratori di ricerca, pubblici e privati), si caratterizzano per il desiderio di rendere il discorso intellegibile anche per i non addetti ai lavori, senza snaturare il senso e la pregnanza dei contenuti esposti. Rimangono quasi invariati gli apparati ausiliari alla lettura: la mappa concettuale del numero, l'indicazione della tipologia di articolo (interdisciplinare, approfondimento, ecc.) e l'indicazione di una arbitraria, ma utile perché indicativa, scala di difficoltà della lettura. Gli Editori La Clessidra Editrice Libera Università di Neuroscienze Anemos
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PERCEZIONE E MOVIMENTO
Gen-Mar 2016 | anno VI - numero 20
Fenomeno complesso che coinvolge fisiologia, aspetti cognitivi, culturali e simbolici
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Neuronews ▪ La velocità della memoria episodica ▪ Esiste il sesto senso? ▪ Il mistero delle nonne ▪ Aggressività e inverno ▪ Sonno efficiente
C'erano quattro gatti. Relativismo linguistico: imbarazzi e tranelli filosofici delle lingue
Editore Editrice La Clessidra / Anemos Redazione Via 25 aprile, 33 42046 Reggiolo (RE) redazione@clessidraeditrice.it Tel 0522 210183 Direttore Responsabile Davide Donadio davidedonadio@clessidraeditrice.it
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L'uomo macchina
Direttore Scientifico Marco Ruini info@anemoscns.it
www.clessidraeditrice.it
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Incontri
Pensiero al femminile Elisabetta Sirani. Il barocco al femminile
▪ Congressi di neurologia ▪ Neuroestetica. L'invenzione della bellezza ▪ Festival della matematica Redazione:
Marco Barbieri, Federica Castagnoli, Tommy Manfredini, Paola Torelli. Comitato scientifico* Adriano Amati Laura Andrao Mario Baratti Mauro Bertani Raffaele Bertolini Vitaliano Biondi Ilenia Compagnoni Giuseppe Cupello Lorenzo Genitori Enrico Ghidoni
Aurelio Giavatto Franco Insalaco Danilo Morini Antonio Petrucci Sara Pinelli Giorgio Reggiani Ivana Soncini Leonardo Teggi Bruno Zanotti
* Il comitato scientifico è composto da persone che partecipano a vario titolo e con continuità differente alle attività organizzate dalla Libera Università di Neuroscienze Anemos e di La Clessidra Editrice.
Hanno inoltre collaborato:
Alessandro Carlini, Pierluigi Dalla Rosa, Laura Ferreri, Sara Uboldi, Angela Verlicchi, Luogo di stampa
E.Lui Tipografia - Reggiolo (RE) Registrazione n. 1244 del 01/02/2011 Tribunale di Reggio Emilia Iconografia: alcune immagini presenti in «Neuroscienze Anemos» sono tratte da siti internet contenenti banche dati di immagini di libero utilizzo. Qualora vi fossero stati errori e omissioni relativi al diritto d’autore l’editore rimane a disposizione per sanare la sua posizione.
SOMMARIO
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Anemos neuroscienze
Introduzione al tema
Percezione e movimento
Fenomeno complesso che coinvolge fisiologia, aspetti cognitivi, culturali e simbolici
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Neurofisiologia | Psicologia
Neurofisiologia della percezione Un glossario minimo di B. Zanotti, A. Verlicchi
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Neurofisiologia | Psicologia
La percezione multimodale Dare piĂš senso (sensi) alla realtĂ di Alessandro Carlini
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Tecnologia | Psicologia
L'intelligenza degli oggetti
Oggetti "smart": sono basati su principi informativi completamente nuovi di Pierluigi Dalla Rosa
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Neuroscienze | Musica
Quando la musica ci fa oscillare
Un viaggio nella sincronizzazione neurale di Laura Ferreri
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Neuroscienze | Narratologia
Narrazione e spazio incarnato
Lo spazio: un medium attraverso cui si sviluppa la conoscenza umana. di Sara Uboldi
37 Letteratura e percezione del movimento di Adriano Amati
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Approfondimenti medici
Il corpo nello spazio
La valutazione clinica e strumentale della postura di Giorgio Reggiani
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Filosofia | Psichiatria
La follia di un filosofo
Il caso Nietzsche: profilo del suo pensiero e ipotesi sulla sua pazzia di Antonio Petrucci
neuronews
RUBRICHE
Rassegna di notizie dal mondo della scienza
La velocità della memoria episodica
Esiste il sesto senso? Identificata nel cervello un'area in grado di percepire in 200 millisecondi i pericoli
Recuperare i ricordi del passato è più veloce di quanto creduto finora
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na ricerca condotta in collaborazione dall'Università di Costanza, in Germania, e dall'Università di Birmigham, in Gran Bretagna, ha mostrato come il recupero di ricordi del nostro passato avvenga in modo più rapido di quanto ritenuto finora. Non solo, ad essere attivate in questa operazione sono aree della corteccia somatosensoriale e sarebbe possibile interferire con questo processo. I risultati dello studio sono stati pubblicati su “Journal of Neuroscience”. Tramite un sistema di registrazione elettroencefalografia ad altissima risoluzione temporale, i ricercatori hanno potuto identificare la successione in cui vengono attivate le diverse aree cerebrali. Hanno così scoperto non solo che per recuperare eventi della memoria episodica è richiesta la rivisitazione delle informazioni sensoriali registrate al momento dell'evento in questione, ma anche che ciò avviene in tempi più brevi di quanto finora pensato: tra 0,1 e 0,2 secondi rispetto al mezzo secondo che si credeva. Inoltre, attraverso diversi esperimenti, i ricercatori hanno dimostrato che si può interferire con questo processo di recupero applicando una stimolazione magnetica ripetitiva (rTMS) a quelle determinate aree sensoriali: se si blocca la loro attivazione, la persona non è in grado di rievocare il ricordo.
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el nostro cervello esiste una speciale area dedicata a captare i pericoli imminenti, eredità dei nostri antenati preistorici. È questa la conclusione a cui è giunta l'equipe di ricerca di Marwa El Zein dell'Inserm (Istituto francese di sanità e ricerca medica) e della Scuola Normale Superiore di Parigi. Pubblicata su “eLife”, la ricerca fornisce una spiegazione scientifica sul perchè i nostri neuroni sembrano impegnarsi di più in caso di cattiva sorte o di pericolo. Quando ci troviamo di fronte ad una minaccia, infatti, si attiva nel nostro cervello una sorta di “sesto senso” in grado di captare in modo automatico ed estremamente rapido quello che ci sembra un pericolo: sono sufficienti 200 millisecondi affinché il nostro cervello attivi un segnale di pericolo. Lo studio ha dimostrato che ad essere collegata al senso del pericolo è una specifica area del cervello. Inoltre, i ricercatori hanno notato che mentre nelle persone ansiose il segnale di allarme viene elaborato nella regione cerebrale responsabile dell'azione, accrescendo la
capacità di reagire dei soggetti, nelle persone di indole più tranquilla il segnale viene processato dai circuiti deputati al riconoscimento facciale. Ecco, quindi, che chi ha un'espressione arrabbiata e guarda dritto verso di noi viene percepito come particolarmente minaccioso. L'équipe di ricerca è giunta a queste conclusioni esaminando i segnali elettrici di un gruppo di volontari. Ai soggetti sono stati mostrati diversi volti modificati con strumenti digitali e chiesto loro di identificare l'emozione trasmessa da ogni volto. In alcuni casi l'espressione delle facce era la stessa, ma cambiava la direzione dello sguardo. Hanno così scoperto che se una persona mostra paura e guarda in una direzione particolare, questo suo sentimento viene percepito più rapidamente rispetto a quanto accadrebbe se ad essere trasmessa fosse un'emozione positiva. Ciò probabilmente è eredità del nostro processo evolutivo, di quando l'uomo viveva insieme ai predatori. In questo caso riconoscere la paura su un'altra faccia poteva aiutare a individuare il pericolo imminente e a mettersi in salvo.
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Il mistero delle nonne A tenere in forma le nonne sono dei geni, che si sono evoluti come protezione dal declino cognitivo e per favorire la trasmissione dei propri geni
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empre più spesso nella nostra società viene attribuito un ruolo fondamentali ai nonni. Eppure, dal punto di vista evolutivo le nonne rappresentano una sorta di mistero: vivono per molti anni dopo aver superato l’età per fare figli, un fatto che le rende diverse dalle femmine della maggioranza delle altre specie, che sono invece destinate a morire poco dopo aver portato a termine il loro compito riproduttivo. Uno studio pubblicato su “Pnas” e condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università della California a San Diego ha fornito una spiegazione a questo “miste-
ro”: ciò sarebbe dovuto ad un insieme di geni che assicurano la sopravvivenza in salute dei nonni, permettendo loro di portare a termine con successo il loro compito di cura dei nipoti. Inoltre, secondo la cosiddetta “ipotesi della nonna” aiutando le mamme nell'accudire i figli, le nonne permettevano alle giovani di avere più tempo per generare altra prole, favorendo la trasmissione dei propri geni. I ricercatori sono arrivati a questa conclusione studiando un gene, il CD33. Questo gene permette di controllare la risposta dell’or-
ganismo all’infiammazione ed è collegato al morbo di Alzheimer: in particolare una sua variante proteggerebbe dalla malattia, mentre un’altra la favorirebbe. Analizzando la loro frequenza e quella di diversi altri geni associati a malattie legate alla vecchiaia, come la demenza o l’ipertensione, gli studiosi hanno scoperto che mentre i livelli delle varianti che predispongono alle malattie sono presenti in ugual modo in uomini e animali, al contrario quelli delle varianti protettive sono più numerosi nelle persone.
Per essere felici dite stop alle e-mail Controllare compulsivamente le e-mail è fonte di stress
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olete essere felici? Non leggete le e-mail. È questa la conclusione a cui è giunto un team di psicologi britannici. Le e-mail, infatti, rappresentano quasi una forma di dipendenza per chi è abituato a controllarle in modo ossessivo e ad aggiornarne continuamente il flusso sui computer portatili, tablet e smartphone. Controllare compulsivamente la casella di posta elettronica può diventare "una fonte tossica di stress" se-
condo i ricercatori. La tecnologia sta avendo un impatto sempre più importante nelle nostre vite con ripercussioni per quello che gli psicologi chiamano il “benessere emozionale” delle persone. I nuovi dispositivi elettronici, come gli smartphone e i recenti smartwatch, rendono, infatti, le persone costantemente reperibili e in allerta per quanto riguarda non solo il lavoro, ma tutti gli aspetti della vita quotidiana.
La ricerca ha evidenziato come il flusso continuo delle mail o di altri messaggi, oltre al susseguirsi di bip e vibrazioni, influisce negativamente sulle persone, producendo un aumento della tensione e delle preoccupazioni fra gli individui. Il consiglio, quindi, è quello di imparare a distaccarsi dai dispositivi elettronici, effettuando delle pause tra una lettura e l'altra delle e-mail.
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neuronews
RUBRICHE
Rassegna di notizie dal mondo della scienza
Aggressività e inverno Con l'accorciarsi delle giornate si diventa più aggressivi
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i chiama “effetto inverno” ed è quel meccanismo che fa sì che nelle brevi e buie giornate invernali si scateni più facilmente l'aggressività. A scatenare l'aggressività è un meccanismo ormonale differente da uomo e donna, retaggio del nostro passato quando poteva conferire un vantaggio nei periodi in cui il cibo era più scarso. Lo studio, condotto dai ricercatori dell'Indiana University, è stato pubblicato su “Proceedings of the Royal Academy Bed”. L'equipe
ha esaminato le reazioni dei criceti, roditori altamente territoriali, ad un inverno simulato, valutandone poi i loro comportamenti in situazioni in cui un esemplare era percepito come un intruso. In questo modo hanno esaminato i cambiamenti legati all'effetto inverno nelle femmine. «I risultati - ha spiegato Nikki Rendon, autrice dello studio - mostrano per la prima volta che la melatonina agisce direttamente sulle ghiandole adrenaliniche nelle femmine per accendere un inter-
ruttore dell'aggressività stagionale». Un meccanismo del tutto «diverso da quello che agisce nei maschi». Inoltre, come ha spiegato la stessa ricercatrice: «appare sempre più chiaro che gli ormoni sessuali giocano un ruolo importante nel controllare l'aggressività in maschi e femmine. Ma le femmine, umane e non, sono molto poco studiate nella scienza. Conducendo questa ricerca proprio sulle femmine stiamo contribuendo a comprendere gli effetti degli ormoni sul comportamento sociale, in un campo attualmente dominato da discussioni sul testosterone che regola l'aggressività nei maschi».
Arrossite e vi imbarazzate spesso? Allora siete persone buone L'imbarazzo è sintomo che ci si interessa del benessere altrui
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na ricerca pubblicata sul “Journal of Personality and Social Psychologist” getta nuova luce sui meccanismi dietro all'imbarazzo. Secondo i ricercatori, infatti, l'imbarazzo non sarebbe un segno di debolezza, ma evidenzia che si ha a cuore il benessere altrui e la volontà di non creare situazioni sgradevoli. Inoltre, l’imbarazzo si può considerare un sintomo di fedeltà sentimentale: chi è monogamo fa fatica a interagire con persone che lo attraggono. L'equipe di ricerca è partita dal lavoro del sociologo canadese Erving Goffman, che negli anni '50 dichiarò che il rossore e le reazioni simili rappresentano la comunicazione non verbale per
esprimere il proprio dispiacere per quanto è appena successo. Partendo da queste indicazioni, gli studiosi e docenti americani Robert Boyd e Peter J. Richerson sono giunti alla conclusione che le guance che diventano rosse per la vergogna, l'abbas-
sare gli occhi e il ridere nervosamente hanno contribuito all’evoluzione della specie, in quanto sono una manifestazione del tutto simile alla remissività degli animali, usata per scongiurare reazioni aggressive da parte dei loro simili. Da queste ricerche si è giunti all'ultimo studio di Matthew Feinberg, Robb Willer e Dacher Keltner, pubblicato sul “Journal of Personality and Social Psychologist”: secondo i ricercatori quando ci imbarazziamo stiamo dando un indizio del nostro comportamento pro sociale, cioè del fatto che siamo maggiormente portati a rispettare le regole sociali, a preoccuparci del benessere altrui e a evitare che le altre persone si trovino a disagio.
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brevi La “super” vista dei piccioni Possiedono incredibili capacità di discriminare oggetti e immagini
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Sonno efficiente Gli esseri umani riescono a sfruttare i benefici del riposo anche dormendo poche ore
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apevate che gli esseri umani sono biologicamente predisposti a sonni corti e ristoratori? A differenza dei primati, infatti, per godere dei benefici del riposo gli uomini necessitano di una minore quantità di sonno, questo perchè il nostro sonno è più efficiente. A rivelarlo una ricerca della Duke University che ha esaminato i sonni di centinaia di specie di mammiferi. Tra le diverse specie analizzate anche 21 gruppi di primati: babbuini, oranghi, lemuri e scimpanzé, fino ad arrivare all'uomo. Si è così visto che l'uomo è un dormitore "rapido": per noi sono sufficienti 7 ore di sonno, rispetto alle 14 ore di un macaco nemestrino e alle 17 di un Microcebus murinus (un lemure del Madagascar). Ciò è possibile grazie alla maggiore efficienza delle dormite dell'uomo, che puntano dritte “alla meta”: trascorriamo meno tempo nelle fasi leggere del sonno e più tempo in quelle più profonde. Ciò non dipen-
de da notti più brevi grazie alla luce elettrica e all'uso massiccio di tablet e cellulari. Studi compiuti su popolazioni non ancora raggiunte dalle moderne tecnologie, come alcune popolazioni tribali della Tanzania, Namibia e Bolivia, hanno mostrato che anche chi è lontano dalla tecnologia e si regola seguendo esclusivamente i ritmi naturali dorme poco più di sei ore a notte e si trattiene a parlare a lungo al buio intorno al fuoco. Secondo i ricercatori ciò sarebbe un'eredità dei nostri antenati. Quando questi passarono dai giacigli sospesi a quelli a terra intorno al fuoco, stabilirono turni di guardia per difendersi dai predatori, sviluppando così la capacità di dormire di meno ma in modo più efficiente. Il tempo guadagnato venne così usato per stringere legami sociali e imparare nuove abilità.
astano 15 giorni di addestramento per trasformare un piccione in un bravo radiologo. Un risultato sorprendente se si pensa che il cervello di un piccione è grande come la punta del nostro mignolo. Eppure una ricerca della University of Iowa e della University of California di Davis, ha esaminato le potenzialità di apprendimento e il sistema visivo dei piccioni, valutandone la capacità di riconoscere masse sospette all'interno di immagini di mammografie. I risultati, pubblicati su “Plos One”, hanno mostrano che con il giusto addestramento possono riconoscere la presenza di un tumore al seno in alcuni tipi di immagini con un'accuratezza paragonabile a quella di uno specialista umano. Come ha spiegato Richard Levenson, coautore della ricerca: “gli uccelli si sono rivelati incredibilmente capaci nel riconoscere la presenza di tumori al seno maligni nelle immagini. Il primo giorno la loro accuratezza nel riconoscere le immagini a bassa risoluzione era del 50%, ed è salita fino all'85% nel giro di 13-15 giorni".
QI e speranza di vita
Chi ha un quoziente di intelligenza più alto, ha una speranza di vita più lunga
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umerosi studi compiuti recentemente hanno dimostrato che esiste una correlazione tra quoziente di intelligenza e speranza di vita: chi ha un QI più alto ha una speranza di vita più lunga. Le ragioni di questo legame non sono state ancora del tutto chiarite, ma sembra certa una correlazione di tipo genetico, mentre da studi di epidemiologia cognitiva, non risulta pienamente spiegabile con fattori di tipo socioeconomico.
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L'uomo macchina
RUBRICHE
Appunti liberi tra filosofia della mente, divagazioni antropologiche e letterarie
C'ERANO QUATTRO GATTI Relativismo linguistico: imbarazzi e tranelli filosofici delle lingue di Davide Donadio
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ella conversazione quotidiana i termini lingua e linguaggio tendono a sovrapporsi e a confondersi. In realtà, il primo termine indica un idioma proprio di una comunità linguistica determinata, culturalmente, storicamente e spesso anche geograficamente (lingua italiana, lingua tedesca, lingua inglese), mentre il secondo indica la capacità cognitiva umana e, per estensione, l'insieme di codici verbali, non verbali, naturali, artificiali, umani, animali, ecc che, tra le varie e innumerevoli funzioni, trasmettono informazioni, suscitano reazioni (emotive o pratiche). Va detto che questa distinzione non esiste, ad esempio in inglese. Il termine language comprende l'intera area semantica dei due termini italiani. La filosofia, in particolare nel Novecento, ha caricato il linguaggio di aspettative metafisiche spesso eccessive. È senz'altro vero che l'utilizzo e l'esistenza del linguaggio - concretamente e storicamente espresso in lingue specifiche - implichi problemi fondamentali della filosofia; si pensi al dibattito sull'arbitrarietà del segno, al valore di verità presupposto da un certo tipo di proposizioni linguistiche. Tuttavia, questa direzione d'indagine apre questioni metafisiche talmente ampie da portare alla fine l'oggetto d'indagine - il linguaggio appunto - fuori dalla discussione. La fantasia dei filosofi, in questo caso, si è contrapposta alla concretezza dei linguisti. Qualche volta i primi sono caduti in imba-
razzanti equivoci o hanno preso a pretesto l'etimologia (in particolare del greco antico, con l'aura nobilitante che ne derivava) per sostenere argomentazioni filosofiche confuse, anche se non prive di fascino ed elegante erudizione. Già di per sé la concretezza dell'indagine linguistica comporta implicazioni filosofiche che possono essere metodologicamente studiate con più profitto; questo perché tale concretezza, circoscritta al particolare, è più vicina alla metodologia empirico-sperimentale delle scienze naturali. Con ciò non si vuole sostenere che occorra “ridurre” tout court le questioni sociali, semantiche, psicologiche e ontologiche implicate dal linguaggio alle metodologie scientifiche. Forse, però, ritornare all'approccio linguistico, cioè, in quanto operato dai linguisti, allo studio del linguaggio - si perdoni il bisticcio di parole - eviterebbe quegli equivoci di cui parlavamo prima. E anche il filosofo del linguaggio, prima di essere un logico o un metafisico, dovrebbe essere un linguista.1 Un esempio concreto. È noto come l'impiego di una determinata lingua (non del linguaggio!) determini alcune componenti delle nostre credenze sul mondo. Alcune lingue organizzano concettualmente il mondo in modo diverso dalle lingue indoeuropee, utilizzando morfemi specifici o forme combinatorie di elementi elementari2. Tra gli ambiti di queste argomentazioni, c'è la questione di genere. L'utilizzo del termine “uomo” come universale dell'umano, oltre alla coniugazione al
maschile del linguaggio (in senso simbolico, non flessivo), determinerebbe un mondo al maschile. Se la conclusione è storicamente esatta poiché sotto gli occhi di qualsiasi osservatore di buon senso, la premessa linguistica rientra negli abbagli linguistici. È noto, infatti, che solo alcune lingue impiegano il termine comune maschile singolare analogo a “uomo” per indicare l'umanità in genere. Anche solo rimanendo nell'ambito delle lingue indoeuropee, una lingua slava come il russo impiega il termine человек (čelovek, traducibile come un generico persona) nelle proposizioni che in italiano contengono “uomo”. Non vi è una connotazione di genere nelle proposizioni di questo tipo pronunciate dai parlati di questa lingua. Il relativismo linguistico è una conquista intellettuale spesso fraintesa o, al contrario, dimenticata. Se è vero che il rapporto tra pensiero e linguaggio è determinante per l'attività mentale, non dobbiamo dimenticare che tale rapporto si manifesta all'interno di una cultura storicamente determinata e quindi di una lingua. Non possiamo pensare, come faceva
Anemos neuroscienze
Gen-Mar 2016 | anno VI - numero 20
il buon Heidegger con il tedesco, che la lingua utilizzata per parlare del mondo sia il linguaggio universale della filosofia. Il linguaggio
Immagine. Sopra una tribù della Nuova Guinea. Esistono migliaia di culture e di lingue che concettualizzano il mondo in modo radicalmente diverso dalla cultura occidentale.
organizza l'esperienza, ma la lingua che lo esprime, relativa, è una trappola se scambiamo la nostra posizione particolare di parlanti di una lingua x come posizione universale. Spesso sono stati linguisti di impostazione antropologica, studiando lingue e culture specifiche e inscrivendole in un contesto contrastivo con le lingue-culture europee, ad aver apportato importanti progressi nella nostra conoscenza, concorrendo ad elaborare il relativismo linguistico. Altro ambito di studio linguisticocontrastivo (come dicevamo, filoIl lavoro prezioso svolto dalla filosofia analitica ha riportato alcuni problemi metafisici all'alveo del linguaggio. Un approccio di questo tipo è rimasto inizialmente legato alla logica degli enunciati. Anche quando, negli ultimi decenni, è tornato l'interesse per i cosiddetti problemi metafisici (essere-esistenza, persistenza nel tempo, sostanza, ecc), l'impostazione è rimasta logica. Pur rendendo un utilissimo servizio di chiarificazione concettuale, si corre un pericolo analogo: la scomparsa della realtà e il ripiego totale sulla logica del linguaggio.
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“Vedere” è un concetto universale linguistico? No, se si pensa che lingue come il kalam (Nuova
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soficamente interessante) è quello sull'uso idiomatico del linguaggio e la traducibilità interlinguistica dei realia3, detti e proverbi. Ciò va oltre l'interesse linguistico di teoria della traduzione, perché spesso il folklore di una cultura, espresso linguisticamente e dalla cultura materiale e dai riti, è indice del legame lingua-mentalità di cui parlavamo. Rimaniamo alla lingua citata poco sopra, il russo4. Il parlate italiano, recandosi in un luogo meno affollato del previsto, vi racconterà che c'erano “quattro gatti”, mentre il russo, vi dirà che c'era mezza persona (полтара человека); l'italiano è “ubriaco fradicio” e bestemmia “come un turco” (il riferimento è alla paura del turco che ha terrorizzato l'Europa per tutta l'epoca moderna?), ma il russo è ubriaco e bestemmia “come un ciabattino” (он пияный как сапожник и ругается как сапожник); l'area semantica idiomatica occupata dal nostro “scaricatore di porto” è spesso rappresentata nel russo dal povero ciabattino. In fin dei conti l'Italia è stata civiltà di mare per secoli. Un italiano “bello come il sole” sarebbe per i russi, meno avvezzi allo splendore dell'astro nostrano, “bello come se fosse dipinto” (пысаный краавец), mentre il “magro come un chiodo” sarà “magro come un fiammifero (он худой как спичка), quest'ultima come quella che segue, varianti più di colore che indicanti differenze tra sostrato culturale delle due lingue: gli italiani che si alzano presto, “si alzano con le galline”, mentre i russi preferiscono “alzarsi
con i galli” (вставать с петухами). Queste varianti idiomatiche che, come dicevamo, hanno particolare importanza nella pratica traduttiva, sono però emblematiche e suggeriscono che a tutti i livelli del linguaggio si possa celare un fattore di relativismo linguistico-culturale. Linguaggi non verbali e lingue, in fin dei conti, sono gli strumenti principali per studiare e interpretare il mondo, e il loro utilizzo approssimativo e inconsapevole non può che rendere confuse le idee che cerchiamo di esprimere. Ovviamente, in queste stesse argomentazioni si cela il pericolo di confondere linguaggio e lingua. Oggi risulta problematico riproporre l'identità totale linguaggio/ pensiero, e occorre sempre tenere presente il relativismo linguistico all'interno di cui ci muoviamo, pur con la consapevolezza che i problemi semantici possono essere affrontati da una prospettiva diversa da quella puramente linguistica (psicologica, sociologica, logica, ecc.). Certo, anche la pretesa di cercare nel linguaggio naturale una precisione univoca e formale che non può avere, compromette l'indagine suddetta e renderebbe impossibili l'arte e la letteratura. Forse ogni percorso formativo dovrebbe prevedere uno studio propedeutico dell'ambito semiotico e linguistico, così che abbagli semantici (ma anche morfo-sintattici!) non ci facciano vedere assoluti là dove non ce ne sono, permettendoci allo stesso tempo, incolpevoli, di fare poesia con sublime ambiguità e imprecisione.
Guinea) associano ad una parte del corpo “occhi” il morfema verbale generico “percepire”. Ne parla C. Hagège in L'uomo di parole. Linguaggio e scienze umane, Einaudi, Torino 1989. Gli esempi sono numerosissimi quante lo sono le soluzioni linguistiche proposte dalle migliaia di lingue esistenti.
e a maggior ragione extraeuropeo.
3 I realia sono termini impiegati in senso idiomatico che si riferiscono a fatti storici, riferimenti a persone, opere, eventi specifici di una cultura. Ad esempio, “ritirarsi sull'Aventino” è riferito alla storia romana e probabilmente non è inteso immediatamente da un parlante europeo non italofono (che comunque lo coglie anche senza la conoscenza del fatto storico)
Si perdoni la pedante precisazione “manualistica”, ma è strumentale al discorso ed evita i fastidiosi usi impropri del termine “slavo” della pubblicistica. La lingua russa fa parte della famiglia linguistica indoeuropea, quindi geneticamente imparentata con le lingue neolatine, germaniche, indo-ariane, il greco, ecc. Fa parte del gruppo slavo, sottogruppo slavo orientale che comprende russo, ucraino e bielorusso; le altre l. slave sono l. slave settentrionali: polacco, ceco e slovacco; l. slave meridionali: sloveno, serbocroato, e bulgaro-macedone.
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INCONTRI
RUBRICHE
Eventi scientifici e culturali
Congressi di neurologia
Gli appuntamenti congressuali del 2016
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i segnaliamo in sintesi i principali appuntamenti riguardanti congressi di neurologia e discipline affini. Per le date più avanzate nel corso dell'anno si consiglia di verificare se l'evento è confermato. Consultate il sito della società italiana di Neurologia (http://www.neuro.it/). 6 Febbraio 2016, Savona Update on Ischemic Stroke Segreteria Organizzativa: MedicaLink tel. 010 594541 email gabriella.averame@medicalink.it 18 - 20 Febbraio 2016, Venezia Corso Update diagnostico-terapeutico in neurofisiologia clinica: neuropatie e neuronopatie. X Edizione Segreteria Organizzativa: ACC Med tel. 051 0569163 email castaldo@ accmed.org 19 Febbraio 2016, Bologna Riabilitazione motoria e Sclerosi Multipla: i meccanismi del danno e le strategie del recupero Segreteria Organizzativa: Planning Congressi tel. 051300100 19 Febbraio 2016, Verona Encefalomieliti: uno sguardo d’insieme Segreteria Organizzativa: Eolo Congressi tel. 0429767381 – email info@ eolocongressi.it 10 Marzo 2016, Gallarate Quali nuovi spazi terapeutici si aprono nel 2016? 11 - 13 Marzo 2016, Frascati XIV Corso ASC Le Cefalee Primarie
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7 - 8 Aprile 2016, Milano III European Days of Albinism
Neuroestetica. L'invenzione della bellezza Importante convegno che si terrà l'11 marzo 2016 presso l'Università di Modena e Reggio Emilia (sede di Reggio)
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rogramma I sessione: Arte, musica, fotografia e neuroscienze cognitive Ore 9.00: Saluti e apertura dei lavori Ore 9.20 - 11.30 Moderatore: Bruno Zanotti Interventi di: - MARCO RUINI, Neuroscienze e giudizio estetico: l’invenzione della bellezza - ENRICO GRASSI, Il bello musicale: dalla percezione al piacere (Coffee break) - SALVATORE SPINNATO, Sulla bellezza anatomica del corpo: dalla preistoria al mondo fluttuante - MARCO AGUGGIA, La bellezza fotografica, tra realtà, errore e inganno 11.40-12.30 discussione II sessione Letteratura, poesia e neuroscienze cognitive Ore 14.30 - 16.00 Moderatore: Adriano Amati
Interventi di: - STEFANO CALABRESE, Per una definizione scientifica di bellezza - ALBERTO BERTONI, Poesia e Alzheimer - MARCO PIVATO, Noverar le stelle. Che cosa hanno in comune scienziati e poeti 16.00-16.30 discussione Ore16.30-18.00 Interventi di dottorandi e dottorande della Scuola di Dottorato in Scienze Umanistiche dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Segreteria organizzativa: Libera università di Neuroscienze Anemos, associazione culturale, via Meuccio Ruini, 6, Reggio Emilia. In fondo al presente numero il programma con il profilo dei relatori e dei moderatori. Contatti: www.anemoscns.it info@anemoscns.it
Festival della Matematica L'appuntamento è per il 4 marzo 2016, "8 Gallery" Lingotto, Torino
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a XIII Festa della Matematica si svolgerà il giorno 4 marzo 2016 negli spazi del Centro Commerciale "8 Gallery" situato nell'area del Lingotto, a Torino. Tra le varie conferenze si segnala: Ferdinando Arzarello (Università di Torino) “Viag-
gio nella quarta dimensione e oltre” Ore 11,30 – 13,00 Conferenza (Multisala UCI Cinemas): ; Simonetta Di Sieno (Università di Milano) “La Bellezza della Matematica” Ore 10,00 – 11,30 Conferenza (Multisala UCI Cinemas).
A Il tema del numero
Percezione e movimento
Fenomeno complesso che coinvolge fisiologia, aspetti cognitivi, culturali e simbolici
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Dalle neuroscienze alle scienze umane e sociali
neurofisiologia e psicologia
Neurofisiologia della percezione: un glossario minimo
tecnologia e psicologia
1 neurofisiologia e psicologia Dare piĂš senso (sensi) alla realtĂ
Oggetti "smart": sono basati sui principi informativi completamente nuovi, che ridimensionano i modi in cui percepiamo la tecnologia
2 3 Percezione e movimento
Fenomeno complesso che coinvolge fisiologia, aspetti cognitivi, culturali e simbolici Mappa concettuale: il Tema del numero 14
Percorsi interdisciplinari
Anemos neuroscienze
Approfondimenti interdisciplinari e altri punti di vista
8 Altri approfondimenti
PENSIERO AL FEMMINILE
neuroscienze e musica
Un viaggio nella sincronizzazione neurale
Elisabetta Sirani: il barocco al femminile
filosofia e psichiatria
neuroscienze e narratologia medicina Lo spazio: un medium attraverso cui si sviluppa la conoscenza umana.
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Il caso Nietzsche: profilo del suo pensiero e ipotesi sulla sua pazzia
La valutazione clinica e strumentale della postura
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Strumenti di lettura I testi di ÂŤNeuroscienze AnemosÂť sono idealmente suddivisi in In - Interdisciplina App - Approfondimenti R/Np - Ricerca e nuove proposte Agli articoli viene inoltre assegnato un numero che indica la complessitĂ di comprensione del testo da 1 a 5.
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Anemos neuroscienze
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introduzione al tema
Percezione e movimento Fenomeno complesso che coinvolge fisiologia, aspetti cognitivi, culturali e simbolici
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l verbo “percepire” è dotato di una certa estensione. Nel suo significato base, percepire significa acquisire “la coscienza di una realtà esterna o interna attraverso l’elaborazione organica e psichica di stimoli sensoriali” (Vocabolario Treccani). Il percepire, quindi, coinvolge non solo la sfera psichica, ma anche i media sensoriali che concorrono a formarla e mutarla: l'olfatto, l'odorato, la vista, il tatto. Percepire è anche una questione più complessa e può indicare l'esito ultimo di un processo che somma sensi e reazione psichica: percepire un pericolo, una dissonanza, un disagio. Nelle pagine che seguono, abbiamo accostato in particolare la percezione con il movimento e lo spazio. La postura e il nostro occupare uno spazio, infatti, sono prerequisiti essenziali affinché l'essere umano – esistendo – sia anche soggetto di percezione. Come si capisce, le conseguenze filosofiche di queste indagini sono varie e profonde, e porterebbero fino ad indagare le credenze (scarto tra ciò che credo di percepire e ciò che percepisco, come nelle illusioni sensoriali) e verità (che rapporto c'è tra realtà effettuale, la verità, e ciò che percepisco?). Ma l'approccio scientifico, si sa, è spesso fruttuoso se si concentra sul particolare, estrapolando eventualmente da questo un discorso generale a posteriori. Certo, senza illudersi di non basarsi su una qualche visione del mondo (una filosofia, per così dire, presupposta). Per questo, in luogo di discussioni metafisiche sul percepire, di seguito troverete alcune visuali particolari della problematica: la percezione multimodale, la percezione relativa ad oggetti “intelligenti”, la percezione relativa alla narrazione, la percezione e la musica e così via. Partendo da una prospettiva così volutamente parziale, quindi, non ci si pone l'obiettivo di dare una chiave generale delle problematiche affrontate, ma di introdurre una riflessione che il lettore interessato andrà ad approfondire autonomamente, magari con l'ausilio delle bibliografie in calce agli interventi che seguono. ■
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Neurofisiologia Psicologia
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NEUROfisiologia della percezione Un glossario minimo
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Il tema del numero
Anemos neuroscienze
di B. Zanotti, A. Verlicchi
parole chiave. Percezione, neurofisiologia, stimoli, recettori somato-sensoriali, illusioni percettive. Abstract. Si descrive il percorso della percezione di un qualsiasi stimolo sensoriale dal recettore periferico fino alla presa di coscienza a livello corticale. L'articolo è impostato a voci con la finalità di fornire una sorta di “glossario” introduttivo al tema.
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ntroduzione. In estrema sintesi la percezione si definisce come il processo neuropsichico che porta alla presa di coscienza da parte del soggetto di una realtà esterna o interna. Tale processo si avvale di un sistema sostanzialmente formato da un insieme di strutture nervose rappresentate dal recettore, dalle vie di conduzione e dalle circuitazioni centrali, corticali e sottocorticali, per l’elaborazione cosciente. Le percezioni sono molteplici, ma lo schema dei sistemi sen- Figura 1.1 - In alto recettori somatosensoriali; sono organelli posti alla periferia, soriali è univoco, fatto salvo all'inizio di terminazioni nervose sensitive di differenti forme e funzioni. Se ne riportano il cambiamento del recettore alcuni tipi a titolo di esempio. A sinistra il corpuscolo di Krause, a destra il corpuscolo e delle vie di trasmissione e di di Pacini. elaborazione cosciente. Appare quindi ovvio, vista la spe- tutte le informazioni che, opporTutti i sistemi sensoriali sono fina- cificità, che ogni recettore ha una tunamente elaborate, forniranno la lizzati a categorizzare le proprietà propria caratterizzazione e si attiva percezione cosciente. fondamentali degli stimoli, vale a ad un determinato stimolo. Anche dire qualità, intensità, durata e po- se questa regola può presentare del- Prerequisiti. Un determinato stisizione nello spazio al fine di sinte- le eccezioni dove uno stimolo im- molo deve avere dei requisiti per tizzare le informazioni in una rap- proprio può comunque eccitare un fare sì che il quid energetico sia presentazione coerente e cosciente recettore altrimenti silene. capace di indurre un’eccitazione che porti il soggetto alla precisa co- Il recettore, detto di I tipo, può esse- recettoriale e generare conseguentenoscenza dello stimolo stesso. re rappresentato dalle terminazioni mente un potenziale d’azione nella periferiche dei neuroni sensoriali o fibra nervosa afferente a specifiche Recettore. I recettori possono da cellule nervose specificatamente aree encefaliche. essere raccolti in un unico organo differenziatesi come nei recettori di Lo stimolo però deve trovare anche sensoriale, pensiamo alla retina per II e III tipo, che, tramite un poten- un recettore che sia programmato i fotorecettori, al bulbo olfatto- ziale elettrico generatore o la libe- per rispondere alla sollecitazione. rio per i recettori dell’olfatto, alle razione di un mediatore chimico Negli esseri umani, ad esempio, papille gustative per i recettori del danno il via ad un potenziale elet- non vi è la capacità di evocare gusto, alla coclea per i recettori trico post-sinaptico. Quest’ultimo, un’esperienza cosciente di una radell’udito, ecc. o diffusi come i re- viaggiando dalla periferia porterà diazione luminosa nella gamma cettori somato-sensoriali. alle aree sottocorticali e corticali dell’infrarosso od un suono della ◄
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Neurofisiologia Psicologia
«C’è da chiedersi se ciò che definiamo libero arbitrio o autodeterminazione cosciente di fatto non sia un prodotto mentale che “sfugge” al nostro controllo e soggiace interamente ad un processo elettro-chimico autoalimentato ed autocontrollato»
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banda degli ultrasuoni. Mancano i recettori adatti. Ma anche in possesso di recettori idonei lo stimolo deve raggiungere una soglia di intensità minima, sotto la quale non è percepito, ed una durata adeguata. Quest’ultimo parametro svela una proprietà delle cellule nervose, vale a dire l’adattamento. Questo fenomeno porta i neuroni sottoposti ad una eccitazione a tornare sileni dopo un variabile lasso di tempo.
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Vie di trasmissione. Semplificando quindi sappiamo che, indipendentemente dalla natura dello stimolo e dei meccanismi di elaborazione implicati, il recettore trasduce la forma di energia propria dello stimolo (meccanica, luminosa, chimica, ecc.) in un segnale nervoso, il potenziale d’azione, trasmissibile ai centri nervosi superiori. Le informazioni concernenti le varie proprietà dello stimolo viaggiano dalla periferia al centro in modo segregato, in parallelo, e man mano che si avvicinano al
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ALCUNI CONCETTI FILOSOFICI UTILI Nell'ambito delle neuroscienze prevale l'idea che la nostra percezione del mondo, mediata da ciò che ci dicono i sensi e dall'interpretazione del cervello, sia soggettiva e non sia possibile esperire una realtà o una verità oggettive. Riportiamo in questo box alcune concezioni molto popolari nell'ambito scientifico DETERMINISMO. Concezione di una sequenzialità degli eventi per cui nulla avviene a caso. Ogni nostra azione avviene in relazione causa-effetto alla situazione precedente, è quindi determinata dalle condizioni iniziali. Tutto avviene come conseguenza obbligata e determinata dalla situazione precedente. In psicanalisi Sigmund Freud chiama “determinismo psichico” l’influenza dei processi inconsci sulle nostre azioni. Per le Neuroscienze, e per alcune correnti in filosofia della mente, le nostre decisioni vengono prese prima a livello inconscio, influenzate e determinate da valori, morali, conoscenze, esperienze introitati soprattutto nell’infanzia, che condizioneranno le nostre decisioni per tutta la vita. Sotto questa veste il libero arbitrio diventa un’illusione e a noi resta solo la percezione di essere in grado di governare desideri e convinzioni e di decidere in modo autonomo. La meccanica quantistica, la teoria del caos e quella del caso, il probabilismo, hanno smussato questa nostra mancanza di libertà e lasciato alcune possibilità di autonomia senza dover negare l’influenza dei fattori causali. Interessanti alcune posizioni come quella del filosofo americano Daniel Dennett che cerca di conciliare il determinismo con la libertà umana, dimostrando concettualmente come determinismo non significhi ineluttabilità, e come la causalità sia categoria filosofica più aperta di quanto si poss ritenere.
RELATIVISMO. È una posizione filosofica che nega l’esistenza di verità assolute o, perlomeno, la possibilità di arrivare alla verità assoluta. Ogni essere vivente percepisce il mondo attraverso degli organi di senso; anche gli animali, le piante i batteri debbono capire come varia l’ambiente nel quale vivono per potersi adattare. Negli esseri più evoluti queste informazioni che entrano attraverso i sensi vengono elaborate a livello centrale da centri nervosi specializzati come il nostro cervello. La nostra visione della realtà che ci circonda è quindi sempre una interpretazione del nostro cervello e non può che essere relativa. Se ogni conoscenza viene filtrata dalle percezioni umane, le nostre conoscenze precedenti, le esperienze passate, la nostra posizione sociale o di salute o di cultura produrranno visioni della realtà diverse da individuo a individuo. Per relativismo culturale s’intende, ad esempio, il fatto che i valori, i riti, le credenze, gli eventi della vita non abbiano interpretazioni univoche e non siano universali: ogni cultura ha i propri che considera superiori a tutti gli altri. L’idea che il “vero”, il “bello” e il “buono” della riflessione umanistica e scientifica fino all'illuminismo e della cultura cattolica non siano assoluti, ma relativi, è il motivo per il quale le autorità religiose così tanto si oppongano al relativismo della cultura filosofica e scientifica secolarizzata dei nostri giorni.
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centro subiscono elaborazioni ed integrazioni sempre più complesse dove l’analisi sensoriale prevede una organizzazione in parallelo. Percezione cosciente. Al di là della complessità e distribuzione anatomica delle varie vie percettive si ritiene che il talamo rappresenti il principale nucleo di arrivo ed elaborazione sensoriale delle sensibilità somatica, uditiva e visiva. Da questo nucleo partirebbero poi le proiezioni dirette alle aree corticali superiori. Ma quando e come la stimolazione sensoriale diventa percezione cosciente? Sebbene medicina, psicologia, filosofia, ingegneria, ecc. se ne stiano occupando da molto tempo non si è ancora giunti ad una definizione univoca di come avviene il processo della coscienza. Il limite, forse insuperabile, è dato anche dal fatto che l’indagine è autoreferenziale, vale a dire che si studia la coscienza con i limiti della propria percezione cosciente. Si è comunque giunti ad un possibile scenario che è implicato nel processo cosciente: la necessità di una attività sottocorticale di “stimo-
Anemos neuroscienze
Il tema del numero
lo” data da alcune aree del tronco cerebrale comunemente identificate come “sostanza reticolare attivatrice ascendente” e la necessità che la circuitazione corticale arrivi ad una risonanza di frequenza minima oltre la quale scatterebbe l’esperienza cosciente. Particolari percezioni. Meno di un individuo ogni 200 oltre a percepire un determinato stimolo vi associa una qualità derivata da un processo menale avulso dalla recezione sensoriale. Come il colore di una nota musicale o il sapore di una forma. Siamo nel campo delle sinestesie e la prima descrizione viene attribuita a Francis Galton, cugino di Charles Darwin, che ne rendicontò nel 1880. Conosciamo una cinquantina di tipi diversi di sinestesie e pare che questa particolare elaborazione percettiva sia data da attivazioni crociate di vie e processi nervosi naturalmente separati.
passando per una complessa rete nervosa va da sé che il tutto può essere sottoposto a difetti di trasduzione-trasmissione-interpretazione. La percezione quindi può non corrispondere alla realtà oggettiva. Non solo. C’è da chiedersi se ciò che definiamo libero arbitrio o autodeterminazione cosciente di fatto non sia un prodotto mentale che “sfugge” al nostro controllo e soggiace interamente ad un processo elettro-chimico autoalimentato ed autocontrollato. Ma anche se così fosse, per convenzione sociale, dobbiamo accettare l’esistenza del libero arbitrio in quanto l’agire umano ha bisogno di trovare nel soggetto-persona il responsabile, altrimenti gli stessi delitti sarebbero deresponsabilizzati e rimarrebbero impuniti. La percezione cosciente diventa quindi un dogma della realtà e le conseguenti azioni del soggetto un prodotto della mente e quindi, per convenzione, di sua diretta responsabilità. ■
Illusioni percettive e libero arbitrio. Se la percezione cosciente è l’esito di un meccanismo biologico che dal recettore arriva alla mente
Bruno Zanotti Bruno Zanotti. Ph.D. in Scienze e Tecnologia Cliniche, Specialista in Neurologia e Neurochirurgia. Segretario Nazionale della Società di Neuroscienze Ospedaliere (SNO). Direttore Scientifico della rivista “Topics in Medicine” ed Editorial Assistant del periodico “Progress in Neuroscience”.
Indicazioni bibliografiche
Angela Verlicchi. Specialista in Neurologia, collabora con la “Libera Università di Neuroscienze Anemos” di Reggio Emilia e l’Associazione “SOS Cervello”. Con B. Zanotti ha pubblicato, fra l’altro, “Il coma & Co.” ed ha curato il volume “Statovegetativo.it - I limiti della medicina che salva”. È Direttore editoriale della new Magazine edizioni.
De Caro M., Lavazza A., Sartori G. (a cura di): Siamo davvero liberi? Le neuroscienze e il mistero del libero arbitrio. Codice edizioni. Torino, 2010. Galton F.: Visualised numerales. Nature 1880; 15: 252-256. Lang F.: M. Il mostro di Düsseldorf (Film). Berlino, 1931. Treccani: Dizionario di Medicina (2010) Voce “percezione”. Treccani.it [visualizzato il 17 dicembre 2015].
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Neurofisiologia Psicologia
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La percezione multimodale Dare piĂš senso (sensi) alla realtĂ
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Anemos neuroscienze
di Alessandro Carlini
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parole chiave. Percezione multimodale, sensi, fusione percettiva, binding problem. Abstract. L'articolo illustra come la percezione sia un fenomeno complesso, risultante dalla combinazione di diversi fattori, in particolare soffermandosi sulla percezione multimodale, vale a dire la percezione risultante da condizioni di stimolo di più modalità contemporaneamente. In certe condizioni, l'apparato percettivo - metaforicamente parlando - va incontro anche ad “inganni”.
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remessa. Il nostro io sarebbe un’isola in un mare vuoto, se non disponessimo dei nostri sensi per entrare in relazione con il mondo. Grazie ad essi vediamo il cielo ed il sole, sentiamo suoni e parole, godiamo di sapori e profumi.
un sesto di misteriosa fattura… ma un’analisi più accorta ne svela altri, fondamentali, di continuo ma poco cosciente utilizzo. Scopriamone i principali. È esperienza comune e quotidiana percepire la temperatura; questo ci è permesso non attraverso un unico “sensore”,
ne meccanica (vedi articolo nelle pagine seguenti). Percepiamo il passare del tempo, anche se non vi è ancora chiarezza su quali meccanismi lo permettano. Percepiamo velocità ed accelerazione grazie ai recettori situati nell’orecchio interno, ma anche attraverso recettori presenti nei muscoli e nelle viscere.
Figura 2.1 - In condizioni di
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La percezione dei sensi è forse una delle parti più importanti e multiformi che caratterizzano il nostro sistema nervoso, ed al tempo stesso una delle cose che consideriamo più scontate e normali. Così semplice da studiarli nei primi anni di scuola, ma così complessa da riservare ancora molti misteri per la scienza che li indaga. Cinque sono i sensi che enumeriamo per tradizione, più
ma grazie ad una rete complessa di recettori presenti in quasi tutto il nostro corpo (tanto nella pelle che negli organi interni). Un’analoga rete di recettori ci permette di percepire il dolore in qualunque parte del nostro corpo. Percepiamo le vibrazioni della musica non solo tramite l’apparato auditivo, ma anche attraverso la superficie del nostro corpo, così come per il prurito o la pressio-
percezione multimodale risultano attive non solo le aree corticali delle singole vie sensoriali, ma anche nuove aree funzionali ibride e polifunzionali come la corteccia parietale, indicata con CP nell'illustrazione.
Sono quindi molti i canali che portano al nostro cervello informazioni diverse di ogni evento. Se l’origine di più stimoli è univoca, questi verranno riunificati in un unico elemento di cui avremo coscienza. Infatti vediamo una sola pagina davanti a noi, su cui è scritto questo testo, nonostante essa sia percepita da due occhi, e da due punti di vista differenti. Per la strada percepiamo i veicoli che ci passano accanto in modo bimodale, ovvero attraverso sia la loro immagine che il loro rumore. A casa riconosciamo come unico l’evento del bicchiere che abbiamo visto cadere a terra ed infrangersi in mille pezzi in modo assordante (questa volta non l’abbiamo preso al volo…), associandone immagine, movimento e rumore, nonostante l’immagine ci arrivi prima del ◄ suono.
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Neurofisiologia Psicologia ◄
Studi sul funzionamento di ciascuna modalità percettiva, e delle condizioni di stimolo di più modalità contemporaneamente (condizione detta di Percezione Multimodale), ci svelano come l’apparente semplicità della percezione sensoriale nasconda delle problematiche molto complesse – in primis l’eterogeneità delle informazioni – e come il nostro sistema nervoso sia capace di far fronte a queste difficoltà in modo sorprendente.
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tosensoriali, auditivi e vestibolari, a supporto della rappresentazione cognitiva dell’ambiente circostante (Andersen et al., 1997). Accanto ad analoghe ricerche sull’integrazione cross-modale, troviamo anche studi sulle singole vie sensoriali in un contesto multimodale, con risultati inaspettati: Kohler e colleghi, in una ricerca del 2002 sul sistema nervoso delle scimmie, identificarono nell’area F5 (area frontale premotoria) un gruppo di neuroni attivi sia quando una specifica azione viene osservata, sia nel caso in cui venga solamente ascoltata. In studi sull’uomo di qualche anno successivi (2005 e 2006), Poirier e colleghi hanno verificato che alcune aree della corteccia visiva di soggetti non vedenti venivano attivate da stimoli in movimento… di tipo acustico (in particolare le aree V5, V3 e V1).
in cui il sistema percettivo viene ingannato; in questo modo possiamo scoprire quali siano i limiti percettivi affinché la fusione tra i differenti percetti sia ancora garantita. I risultati degli studi mostrano come il nostro sistema operi la fusione di stimoli acustici e visivi anche se originati da sorgenti non coincidenti (condizione che ha garantito il successo di tanti pupazzi, ma anche della televisione stessa). Si è inoltre verificato che la fusione percettiva è garantita solo se gli stimoli sono Fusione e sostituzione. Il proseparati da una distanza spaziale (o blema della fusione degli stimoli temporale) piuttosto piccola (Hosensoriali in un unico elemento è ward e Templeton, 1966; Moreinnoto nel campo della ricerca come Zamir et al., 2003). In alcuni casi Binding Problem. Studi funzionaqueste condizioni possono comporli sul cervello hanno verificato che tare anche altre alterazioni della perin condizioni di percezione mulcezione dello spazio, del tempo, o timodale risultano attive – a volte di alcune caratteristiche degli oggetin modo sorprendente – non solo ti stessi (Slutsky e Recanzone, 2001; le aree corticali delle singole vie Morein-Zamir et al., 2003; Shams et sensoriali, ma anche nuove aree Giocando a fare il ventriloquo. al., 2002; Watkins et al., 2006). In funzionali ibride e polifunzionali. L’effetto ventriloquismo è uno degli quest’ultimo studio, ad esempio, si Solo a titolo d’esempio: l’area LIP effetti legati alla percezione multi- è verificato in modo sistematico che (posta nella corteccia parietale) ap- modale. Si tratta di un effetto molto la semplice presenza di due brevi pare combinare segnali visivi, soma- studiato, e si basa su una condizione suoni ravvicinati durante l’accensione di una luce, può Figura 2.2 - Contesto multimodale: in una ricerca del 2002 sul sistema nervoso delle illudere l’osservatoscimmie, Kohler e colleghi hanno identificato nell’area F5 (area frontale premotoria) un gruppo re di aver visto due di neuroni attivi sia quando una specifica azione viene osservata, sia nel caso in cui venga accensioni luminosolamente ascoltata. se successive.
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Benefici inaspettati. Gli studi volti ad identificare le performances della percezione multimodale sono numerosi. I risultati ottenuti hanno evidenziato che la percezione multimodale rappresenta una condizione di doppio beneficio: essa rende disponibile una quantità e varietà maggiore di informazioni, permettendoci una conoscenza più ricca del fenomeno percepito, ed inoltre aumenta in maniera considerevole la precisione e la
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Anemos neuroscienze
Figura 2.3 - A
fianco un famoso pupazzo della televisione americana. L'effetto ventriloquismo è uno degli effetti legati alla percezione multimodale: il sistema percettivo viene ingannato e si ha una fusione percettiva; ma ciò avviene solo se gli stimoli sono separati da una distanza spaziale (o temporale) piccola.
reattività del nostro sistema percettivo. Le combinazioni possibili tra i diversi sensi sono molteplici; la condizione più comune di percezione visiva ed acustica è anche una delle più indagate. I risultati mostrano i molti aspetti che ne traggono beneficio: se lo stimolo è percepito sia visivamente che acusticamente, la nostra attenzione viene meglio gestita (Bahrick et al. 2004); diventiamo inoltre più efficaci nel riconoscimento dello stimolo stesso (Giard e Peronnet 1999), e nella sua localizzazione nello spazio (TederSälejärvi et al. 2005). In uno studio più recente è stato possibile verificare che anche la propriocezione (la percezione che abbiamo del nostro stesso corpo) affiancata alla percezione visiva, ne migliora la percezione del movimento e del tempo (Carlini e French, 2012).
Il futuro dietro l’angolo. La capacità di acquisire una stessa informazione tramite vie sensoriali differenti è alla base di quanto chiamato sostituzione sensoriale. Ad esempio, possiamo ottenere le misure di un oggetto sia tramite la vista che tramite il tatto. In condizioni normali questo meccanismo ci permette di disporre di un’utile ridondanza di informazioni, ma non è tutto. Alcune ricerche da tempo attive si prefiggono di studiare ed utilizzare questa capacità del nostro sistema nervoso, al fine di colmare la mancanza di una via sensoriale qualora perduta. L’esempio più ricorrente riguarda le persone non vedenti: per poter dare loro la possibilità di percepire l’ambiente circostante, diversi dispositivi vengono periodicamente sviluppati e testati; i più comuni hanno
Indicazioni bibliografiche I riferimenti bibliografici sono compresi all'interno del testo (cit. bibliografica autore-anno per la quale si rinvia alle specifiche bibliografie degli autori citati).
il (difficile) compito di trasporre l’informazione visiva in informazione acustica (Proulx e Harder, 2008) o tattile (Johnson e Higgins, 2006). Ad oggi questo tipo di ausili non è ancora giunto a maturazione, ma la velocità con la quale scienza e tecnologia avanzano lascia pensare che ciò che fino ad oggi è appartenuto solo all’immaginario della fantascienza, presto possa divenire realtà, permettendoci (forse) di disporre di devices in grado di eguagliare le performances stupefacenti del nostro sistema nervoso. ■
Alessandro Carlini. Ing. PhD - “Laboratory for Research on Learning and Development” LEAD - CNRS 5022, Università della Borgogna (FR). Ricercatore in neuroscienze e psicologia cognitiva. Il suo campo di ricerca è incentrato sullo studio della percezione visiva nell’uomo e l’interazione con l’ambiente, e si amplia fino alla realizzazione di modelli ed applicazioni per la robotica e l’intelligenza artificiale.
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Tecnologia Psicologia
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di Pierluigi Dalla Rosa
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parole chiave. Tecnologia, Smart, Interaction Design, user experience. Abstract. L'articolo illustra brevemente come “l'intelligenza degli oggetti” si sia adattata all'uso in modo molto efficiente negli ultimi anni. La disciplina che applica alle tecnologie la scienza dell'ergonomia (capacità di eseguire un lavoro) e il design si definisce Interaction Design.
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ecnologia e vita quotidiana. La disciplina dell’Interaction Design ha avuto un ruolo centrale negli ultimi 10 anni nel trasformare il modo con cui utilizziamo i dispositivi elettronici che fanno parte della nostra quotidianità. Vi ricordate i manuali d’uso di computer o telefoni cellulari? L’Interaction Design applica alle tecnologie la scienza dell’ergonomia e i principi del design, per-
mettendo all’interfaccia di essere piacevole e funzionale, e quindi superando la necessità di complicate operazioni per interagire con la tecnologia. In questo settore una delle avanguardie degli ultimi cinque anni è quella che passa sotto il nome di “internet of things”. I computer si sono evoluti diventando piccolissimi ed efficienti in termini di consumo energetico. Questi micro-computer sono integrati non solo in smart-phones e smartwatches, ma sempre di più anche
negli oggetti che ci circondano, gli elettrodomestici, i giocattoli. La prossima rivoluzione nella user experience (quando si parla di user experience ci si riferisce a tutti gli aspetti di un’oggetto od un servizio con cui l’utente interagisce) sta proprio nel sviluppare le potenzialità dell’intelligenza distribuita in oggetti ed ambienti. La potenzialità degli oggetti smart. La domanda che sorge spontanea è: perché dovremmo
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Anemos neuroscienze
L'intelligenza degli oggetti
Oggetti “smart”: sono basati su principi informativi completamente nuovi, che ridimensionano i modi in cui percepiamo la tecnologia hanno le qualità di un vaso o di una sedia, ma si portano dietro anche le qualità degli ambienti virtuali. La prima diffusione dei media a schermo è stata la televisione, che offre immagini in movimento. Il dinamismo di televisione e cinema è solo uno degli elementi caratterizzanti degli smart-objects, che sono ulteriormente animati grazie ad elementi cinetici come motori o luci led. Queste performances di luci, movimento, stimoli tattili e suono possono rappresentare sia
sequenze predefinite ma anche informazioni che provengono dallo spazio digitale. Immaginate per esempio di comprare un bicchiere durante un viaggio in Australia, una volta arrivati a casa la luce led integrata nel bicchiere si collega alla rete e cambia colore mostrando lo stato meteorologico di Sydney, luogo dove l’oggetto è stato comprato; un senso di connessione, seppur discreto, ora vive nel nostro ambiente domestico. L’impatto di questo nuovo me-
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avere oggetti intelligenti o connessi? Quali sono le potenzialità? Un oggetto fisico ha una materialità che nessuna interfaccia a schermo può offrire, per quanto eccellente quest’ultima possa essere. La terza dimensione (la profondità, in cui viviamo quotidianamente) è fondamentale nel creare una reale e costante presenza, ma anche una qualità tattile e visiva che è impossibile ricreare in uno schermo, almeno con le tecnologie odierne. Gli “smart objects” però non solo
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Tecnologia Psicologia ◄
dium può essere qualitativamente diverso dagli altri media digitali solo considerando le proprietà cinetiche e materiali. Inoltre, percepiamo questi oggetti con un’aura ancora maggiore quando complessi algoritmi di intelligenza artificiale muovono i piccoli calcolatori nel cuore degli “smart objects”. Gli algoritmi di “machine learning” imparano a riconoscere la nostra voce, i nostri movimenti a casa, la planimetria del nostro appartamento, e così via. Il comportamento di questi oggetti è legato fortemente dall’influenza degli stimoli che li
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le volontà della programmazione di compagnie terze che sentiamo raramente rappresentarci. Quindi un messaggio che ci inciti al movimento è difficile da accettare per gran parte degli utenti, ed è probabilmente accolto solo da parte di quelli che attivamente cercano di muoversi di più. In senso generale è difficile accettare dei media che richiedano attivamente la nostra attenzione, ma se un medium diventa un’entità
Siamo di fronte alla nascita di un medium comunicativo, informativo ed espressivo basato su principi completamente nuovi, che ridimensionano i modi in cui percepiamo la tecnologia rendendola elemento onnipresente attorno a noi. La troviamo nella texture delle nostre case e degli spazi pubblici,
Figura 3.1 - Nell'immagine un moderno smartwatch. Questi oggetti assolvono funzioni molto complesse, ma con essi non si percepisce una relazione "intelligente", rappresentano le volontà della programmazione esterna. circondano, un po’ come un bambino che cresce, si adatta, impara la lingua che sente parlare attorno a lui e riconosce gli spazi in cui vive. L’oggetto infatti evolve con il suo utente e nel contesto in cui è immerso, imparando dai segnali che provengono da percettori di ogni tipo come, per esempio, sensori di luce, di polvere, di inquinamento, di rumore, videocamere etc. L’imitazione di una personalità porta ad una ridefinizione dell’esperienza utente, che non è più pianificata a tavolino, ma basata su un set di regole. Proprio queste regole danno carattere agli oggetti e possono modificare il comportamento degli utenti in maniera positiva. L’aspirapolvere connesso può incitarci ad uscire di casa quando siamo seduti per troppo tempo senza muoverci, inducendo un comportamento più salutare nella nostra routine. È vero che questa funzione può essere assolta anche da uno smartwatch, ma la reazione che abbiamo è completamente diversa. Lo smartwatch non è un’entità che percepiamo senziente, anzi, rappresenta
che percepiamo come animata si attivano nuove risposte emotive ai messaggi veicolati, come nell’esempio dell’aspirapolvere. I fattori che abbiamo visto, la presenza fisica, il dinamismo e la capacità di imparare, hanno anche un altro risvolto positivo e basilare per una grande opportunità, ovvero allungare il ciclo di vita di prodotti altamente tecnologici. L’affezione che lega l’uomo allo smart-object lo rende meno usa e getta, e illumina il mondo del prodotto fisico con la speranza di maggiore sostenibilità. Oggetti oltre il consumismo. Gli smart-object devono essere progettati usando materiali più durevoli, con strategie che non si basino sulla moda, ma piuttosto che valorizzino gli aspetti distintivi, uscendo dalle regole della produzione di massa e dell’efficienza di costo a discapito della qualità percettiva.
Indicazioni bibliografiche Bibliografia orientativa a cura della redazione
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D. Benyon, Progettare l'interazione. Metodi e tecniche per il design di media interattivi , Torino 2012. G. Dall'ò, Smart city. La rivoluzione intelligente delle città, Bologna 2014.
e risulta essere motore di cambiamenti sia della user-experience, con nuove sfide sulla capacità di influenzare in maniera positiva gli utenti, ma anche di rivoluzione di settore, quello del product design, che fin’ora è stato complice di una corsa alla produzione che ha tenuto scarso conto degli effetti ambientali legati alla creazione di oggetti che popolano in gran numero le nostre case. ■ Pierluigi Dalla Rosa. Esplora il rapporto tra uomo, tecnologia e natura. La sua pratica tocca l’interaction design applicato a spazi pubblici ed il design di oggetti cinetici e connessi. Gli strumenti che utilizza sono la teoria dell’animazione, la fotografia sperimentale, l’elettronica e le scienze informatiche. Ha lavorato nella progettazione e sviluppo di esibizioni museali ed installazioni interattive in ambito internazionale. Vive e lavora ad Amsterdam.
F. Nocera (a cura di), Ergonomia cognitiva, Firenze 2011. D. Saffer, Design dell'interazione. Creare applicazioni intelligenti e dispositivi ingegnosi con l'interaction design, Torino 2007. D. Voghera, Smart city. Progetti per una città sostenibile, Torino 2014.
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Il tema del numero
Anemos neuroscienze
APPROFONDIMENTO
La filosofia
della percezione
"Percepire" il mondo è un'attività molto complicata da sempre indagata dalla filosofia. Anche la vita nel quotidiano presenta problematiche insospettabili
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a percezione è solitamente indagata attraverso la psicologia e la neurofisiologia. Ma percepire il mondo è affare complicatissimo. Tra le questioni filosofiche rilevanti, c'è senz'altro la seguente: se la percezione è uno stato mentale che come altri tipi di stati mentali rappresenta il mondo e hanno un contenuto, quale differenza corre tra una credenza, intesa sempre come stato mentale di questo tipo, e la percezione? E ancora: è possibile riconoscere oggetti senza averne il concetto preliminare. Infatti, l'oggetto tavolo è inteso come tale se lo si conosce, altrimenti è percepito come oggetto con funzione indefinita, ma la cui percezione è decisamente diversa dall'oggetto tavolo e dall'uso (nonché dall'immagine astratta) che caratterizza la percezione stessa. La percezione, che riguarda
principalmente i sensi come canale primario, è importante anche perché i dati Figura 4.1 - Le due linee delimitate dai sensoriali sono, insieme segmenti minori danno l'illusione di essere alle teorie che li descridi differenti dimensioni. In realtà si tratta di vono, i dati principali un'illusione precettiva. Le due linee sono infatti della stessa dimensione. della scienza. Quindi sensi e percezione starebbero in possiedono. relazione stretta tra di loro. Ma si Per capire come la percezione tratta di una relazione diretta? La nuda e cruda implichi importanrisposta intuitiva e positiva, ma le ti questioni filosofiche, alcune illusioni sensoriali, nello specifiteorie sulla percezione insistono co quelle visive, smentiscono in sul fatto che la percezione stessa parte questa certezza. Se infatti sia un fatto primariamente espila percezione di una dimensione stemologico: ovvero sia, perceè un fatto immediato tra sorgente piamo qualcosa solo all'interno di luminosa, occhio e che quindi teorie precostituite al di fuori delle diviene percezione, perché ci quali esistono solo dati sensoriali inganniamo sulle dimensioni di disordinati e senza senso. alcune tipiche rappresentazioNon passeremo qui in esame ni? (si veda l'immagine). In altre altre teorie. Ci basti ribadire come parole, alcune immagini percetun fenomeno considerato del tive si manifestano con qualità tutto naturale e ordinario sia in fenomeniche che in realtà non realtà decisamente complesso. ■
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Neuroscienze
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Musica
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Anemos neuroscienze
Il tema del numero
Quando la musica ci fa oscillare
un viaggio nella sincronizzazione neurale
App 3
di Laura Ferreri
parole chiave. Musica, oscillazioni, sincronizzazione, entrainment, risonanza. Abstract. Questo articolo si propone di analizzare i meccanismi neurofisiologici alla base della capacità dell’essere umano di percepire la musica (e più in particolare un ritmo musicale) e sincronizzarsi ad essa. A questo fine, saranno introdotti i concetti di sincronizzazione delle oscillazioni cerebrali (neural entrainment) e risonanza neurale. Saranno inoltre discusse le conseguenze comportamentali di tali fenomeni sia su un piano percettivo sia su quello cognitivo.
Un piccolo esperimento. Facciamo un passo indietro. Mettete il vostro indice sul tavolo e iniziate a tamburellare alla frequenza (ovvero alla velocità) che preferite, cercando di mantenerla costante. è probabile che lo stiate facendo ad una frequenza che si aggira attorno ai 2 Hz (due battiti per secondo), una velocità spontanea anche definita “frequenza naturale”. Adesso accendete la radio o selezionate un brano
musicale e cercate di fare lo stesso. A questo punto è molto probabile che il vostro indice tamburellante, che prima seguiva una pulsazione interna, si sia adattato al percetto, ovvero alla musica. è anche probabile che abbiate messo più forza in corrispondenza dei principali accenti percepiti nei punti più salienti, o che abbiate raddoppiato o dimezzato la pulsazione seguendo ciò che la musica vi suggeriva o vi risultava più facile. Si tratta di qualcosa che l’essere umano conosce bene: dal piede che si muove a tempo con i suonatori di fisarmonica in metro, fino alle migliori (o peggiori) performance in discoteca, al canto, a un semplice ascolto “passivo”, l’uomo è capace di sincronizzarsi con una stimolazione acustica complessa, in una forma di coordinazione temporale tra le più elaborate osservabili in natura. Le oscillazioni neurali. Il mondo delle neuroscienze ha provato a
indagare e spiegare tale fenomeno attraverso le oscillazioni neurali. Un’oscillazione neurale è un’attività ritmica o ripetitiva dei neuroni. Il tessuto nervoso può generarla in diversi modi: da meccanismi all’interno del singolo neurone, a interazioni tra neuroni eccitatori e inibitori che danno luogo a risposte elettriche coerenti (fig. 5.1), visibili su larga scala grazie a tecniche come l’elettroencefalogramma (EEG) e la magnetoencefalografia (MEG). (fig 5.1) Il primo ad accorgersi della loro esistenza fu Hens Berger che, nel 1929, osservò oscillazioni attorno ai 10 Hz in soggetti a riposo e la loro modulazione durante compiti cognitivi. Da allora, moltissimi studi hanno approfondito il tema investigando soprattutto fenomeni oscillatori tra l’1 e i 100 Hz, con particolare interesse nelle bande di frequenza delta (1-4 Hz), theta (4-8 Hz), alfa (8-12 Hz), beta (12-30 Hz) e gamma (30-70 Hz) (fig.
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I
ntroduzione. La musica è un uno stimolo complesso in grado di attivare l’intero cervello attraverso un’ampia gamma di operazioni percettive e cognitive. Uno degli effetti più potenti della musica sul cervello è quello di provocare specifiche risposte neurali a specifici ritmi, dando luogo all’entrainment e alla risonanza neurale, ovvero alla sincronizzazione di oscillazioni cerebrali. A cosa si riferiscono questi termini?
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Neuroscienze
Musica
Figura 5.1 - Rappresentazione di un’attività
neurale oscillatoria. Ogni punto della parte superiore della figura rappresenta un potenziale d’azione di un neurone. Quando queste scariche (in inglese, spiking o firing) neurali avvengono secondo pattern sincronizzati (come mostrato in figura), a livello macroscopico si osservano vere e proprie oscillazioni (parte bassa della figura) che possono essere misurate anche dall’esterno dello scalpo. Adattamento da Deco et al., 2012.
◄ 5.2).
L’aspetto più interessante ai fini di questo articolo è che le oscillazioni cerebrali, caratterizzate da un’ampiezza e una fase, possono essere spontanee o evocate da uno stimolo esterno. I vari modelli matematici che le descrivono sono infatti d’accordo su alcune proprietà fondamentali che ci riconducono all’indice tamburellante sperimentato sopra. Sincronizzarsi al percetto. Un oscillatore non lineare (come un neurone o un network di neuroni), in assenza di uno stimolo esterno, può infatti presentare un’oscillazione spontanea. Tale ritmo endogeno può quindi spiegare l’esperienza della pulsazione interna che porta al tamburellare con l’indice a una data frequenza in assenza dello stimolo musicale. Quando però il network di neuroni in oscillazione viene a contatto con uno stimolo esterno, le oscillazioni interne tendono a spostare la loro fase e a modificare la loro ampiezza, sincronizzandosi con ciò che viene percepito all’esterno. Ecco quindi che siamo in grado di adattare la nostra pulsazione a quella del brano musicale, mentre i nostri neuroni si sincronizzano al percetto dando luogo al cosiddetto neural entrainment. Se vi ricordate, abbiamo anche parlato di accenti e cambi di pulsazione. A questo punto è importante sottolineare che le oscillazioni neurali evocate compaiono anche a frequenze che non sono direttamente presenti nello stimolo. Per quanto la risposta neurale con maggior ampiezza si trovi alla frequenza dello stimolo (rapporto 1:1, es., con uno stimolo acustico a 3 Hz, osserviamo oscillazioni neurali a 3 Hz), le oscillazioni possono essere osservate anche ad armoniche superiori (rapporto 2:1, es., 6 Hz), inferiori (dette subarmoniche, rapporto 1:2, es., 1.5 Hz) e in rapporti più complessi (3:2, es., 4.5 Hz). Si parla in questo caso di risonanza, ed è ciò che spiegherebbe la nostra tendenza ad attribuire strutture metriche (come gli accenti) allo stimolo, anche quando isocrono (identico nel tempo). Le principali evidenze sperimentali, soprattutto nel campo della neurofisiolgia, supportano tale modello esplicativo di entrainment e risonanza delle oscillazioni. Ad esempio, è stato dimostrato
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Figura 5.2 - Esempio di diversi ritmi cerebrali (beta, alfa, theta e delta), corrispondenti a diverse frequenze (oscillazioni nel tempo). Da McGill University (sito web).
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che le oscillazioni in beta possono essere facilmente modulate secondo la velocità di presentazione degli stimoli ritmici. Studi EEG con stimoli semplici, come sequenze di toni identici e isocroni, hanno confermato la nostra tendenza a percepirli come un’alternanza di suoni forti e deboli, con risposte neurali più consistenti in termini di oscillazioni e potenziali evocati
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Il tema del numero
in grado di percepire una struttura musicale complessa secondo una metrica precisa. Basti pensare agli accenti nel walzer (1-2-3, 1-2-3) o in una marcia (1-2, 1-2), o al vostro tamburellare iniziale. Proprio queste regolarità strutturali possono orientare la nostra attenzione nel tempo, grazie alla sincronizzazione degli oscillatori interni a quelli esterni, come discusso sopra. Di
« [...] la musica (o uno stimolo acustico in generale) è in grado di modificare i ritmi cerebrali con conseguenze sul piano comportamentale» per i suoni percepiti come più forti. Esperimenti con ritmi più elaborati hanno inoltre confermato una sincronizzazione cerebrale anche a frequenze subarmoniche della fondamentale. Più recentemente, è stata dimostrata la presenza di neural entrainment anche con stimoli più ecologici, ovvero musica reale come brani pop-rock. Conseguenze su attenzione e percezione. In linea con tali evidenze sperimentali vi è l’idea che, ascoltando determinati suoni, ritmi o musica, possiamo sviluppare delle attese rispetto a ciò che verrà e comportarci di conseguenza. Secondo la Dynamic Attending Theory, proposta per la prima volta da Mari Riess Jones nel 1976, l’attenzione non si sviluppa in modo continuo nel tempo, ma in cicli che sono ancorati ad eventi attesi e rilevanti. In altre parole, anche la nostra attenzione oscilla nel tempo e viene rivolta soprattutto a stimoli salienti che oscillano con essa. Come abbiamo visto, siamo
conseguenza, secondo tale teoria, sviluppiamo un’attesa orientata nel tempo e creiamo attese rispetto ai tipi di eventi e alla loro occorrenza temporale, secondo la quale il trattamento degli eventi attesi sarà facilitato rispetto a quello degli eventi inattesi. Ciò si traduce nel fatto che per esempio, in compiti percettivi, siamo più abili nel rilevare e discriminare degli stimoli uditivi (come dei rapidi suoni di rumore bianco) o visivi (come delle rapide croci sullo schermo) se sono allineati con la pulsazione percepita, ovvero se accadono quando ce li aspettiamo. L’apertura alla cognizione. Riassumendo, il nostro sistema nervoso produce oscillazioni interne in grado di sincronizzarsi con oscillazioni esterne, modificando il nostro comportamento sul piano percettivo grazie alla modulazione dei picchi attenzionali. Da un’altra prospettiva, possiamo dire che la musica (o uno stimolo acustico in generale) è in grado di modificare i ritmi cerebrali con conseguenze
Indicazioni bibliografiche Bolger, D., Trost, W., & Schön, D. (2013). Rhythm implicitly affects temporal orienting of attention across modalities. Acta psychologica, 142(2), 238-244. Buzsaki, G. (2006). Rhythms of the Brain. Oxford University Press. Jones, M. R., & Boltz, M. (1989). Dynamic attending and responses to time.Psychological review, 96(3), 459. Large, E. W. (2008). Resonating to musical
rhythm: theory and experiment.The psychology of time, 189-232. Nozaradan, S., Peretz, I., Missal, M., & Mouraux, A. (2011). Tagging the neuronal entrainment to beat and meter. The Journal of Neuroscience, 31(28), 10234-10240. Tierney, A., & Kraus, N. (2014). Neural entrainment to the rhythmic structure of music. Journal of cognitive neuroscience.
Anemos neuroscienze
sul piano comportamentale. è importante sottolineare che quando si parla di ritmi cerebrali, oscillazioni e sincronizzazione, esiste un mondo di ricerche che va ben oltre la cognizione musicale e la percezione. Tali fenomeni sono infatti anche studiati per investigare processi cognitivi complessi come il linguaggio o la memoria, nei loro aspetti normali e patologici. Per fare un esempio, è stato dimostrato che la memorizzazione di parole è migliore se preceduta da una sincronizzazione in theta. O ancora, i pazienti Alzheimer e quelli con lieve deterioramento cognitivo mostrano, a riposo, una minor sincronizzazione nelle bande alfa, theta e gamma. Come introdotto nelle prime righe di questo articolo, la musica è in grado di stimolare l’intero cervello. Dal momento che l’ascolto o la pratica musicale coinvolgono aree importanti per altri processi (come appunto il linguaggio, la memoria o il movimento), negli ultimi anni le neuroscienze si sono interessate in modo crescente all’utilizzo della musica per la stimolazione di tali abilità. Considerando ora il potere della musica sulle oscillazioni cerebrali e l’importanza di queste per compiti cognitivi di alto livello, ha senso chiedersi se e in che modo la musica possa essere utilizzata per modificarli, migliorarli o riabilitarli. Si tratta di una domanda attuale, per rispondere alla quale saranno necessarie ulteriori ricerche. Ciò che è certo è che il nostro oscillare a ritmo di musica è osservabile tanto sul piano neurofisiologico quanto su quello comportamentale, e costituisce uno degli aspetti più stimolanti nello studio del rapporto tra musica e cervello. ■
Laura Ferreri. Ricercatrice in neuroscienze cognitive. Dopo la laurea in neuroscienze presso l'Università S. Raffaele di Milano e un dottorato di ricerca all'Université de Bourgogne (Francia) all'interno del progetto Marie Curie EBRAMUS (European BRAin and MUSic), è attualmente post-doc presso l'Università di Barcellona nell'unità Brain Cognition & Plasticity. Si occupa principalmente dello studio del rapporto tra musica e cervello, con particolare interesse ai meccanismi di memoria legati al circuito di ricompensa e alle oscillazioni cerebrali.
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Neuroscienze Narratologia
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NARRAZIONE e spaz
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Anemos neuroscienze
Il tema del numero
zio incarnato
lo spazio: un medium attraverso cui si sviluppa la conoscenza umana. come i processi sensoriali, motori e percettivi influenzano i pensieri, i comportamenti e i sentimenti In
di Sara Uboldi
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parole chiave. Narrazione, spazio percepito, Simulation Theory, deissi, storyworld, mappe spaziali. Abstract. Il corpo raccoglie e integra le informazioni creando mappe spaziali dinamiche, funzionali ai diversi comportamenti e obiettivi. Lo spazio può quindi essere concepito come un medium attraverso il quale la conoscenza umana si sviluppa. Differenti studi hanno dimostrato come la manipolazione della distanza fisica moduli la percezione delle persone, con riferimento sia ai legami affettivi e alle risposte emotive, sia ai giudizi valutativi. Pertanto, i processi sensoriali, motori e percettivi influenzano i pensieri dell’io sugli altri, i comportamenti e gli stessi sentimenti. Oltre alla percezione spaziale, la Simulation Theory identifica nei neuroni del sistema motorio l’origine del "modello in prima persona" che consente di simulare e proiettare in modo retroattivo gli stati mentali "as if" in terza persona, determinando quindi lo spostamento deittico che permette la simulazione e innesca il processo straniante della percezione intersoggettiva tipico della narrazione.
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o spazio percepito è un sofisticato costrutto - che varia in rapporto alla complessità culturale, simbolica, individuale e di genere - la cui esistenza è intrinsecamente subordinata alla presenza corporea. Il corpo nello spazio è in costante fluttuazione tra il dentro e il fuori, tra l’esterno e il viscerale, non può pertanto essere concepito al di là dei termini di mescolanza, d’ibridazione, di contatto, di coesistenza e di sconfinamento. Il rapporto corpospazio si articola così nel mondo attraverso un flusso di sensi orientati e disorientati, alterati e contraddetti, in una sorta di fotogramma multiplo: nel movimento, il corpo si richiama, si assembla e si rilascia nello spazio, entra in risonanza con il fuori e con gli altri corpi. Questo spostamento, percettivo e incarnato, produce un ritmo sincopato capace di connettere l’intestino e il profondo con il mondo esterno. Il corpo si muove utilizzando una
sorta di bussola neuronale che partecipa all’attività di orientamento, alla definizione della direzione, alla gestione dei movimenti e alla memoria spaziale (Berthoz 2013). Questa struttura neurologica di origine vestibolare è stata recentemente identificata nel talamo dei topi, una zona neuronale che trasmette le informazioni sensoriali, e nel postsubiculum, l’area ippocampale attiva nella costruzione della memoria spaziale (Bett, et al. 2013). Proprio nel talamo si localizzano le cellule specializzate nella direzione, mentre i “neuroni dei luoghi” trovano sede nell’ippocampo (Buzsáki 2013). L’apprendimento e il comportamento spaziale costituiscono dei temi di rinnovato interesse non solo per la psicologia comportamentale e cognitiva, ma anche per l’ambito umanistico, per la narratologia e la linguistica cognitiva. La Embodied Mind Thesis, sviluppata alla fine del XX secolo dai biologi Maturana e Varela (1998), si pone in ideale contiguità con le
intuizioni di Lakoff e Johnson sulla capacità del corpo di generare significati ancor prima della manifestazione della coscienza del sé (1980). Secondo i due studiosi, infatti, la concettualizzazione e la categorizzazione delle esperienze sono da considerare dei processi direttamente connessi ai comportamenti spaziali e motori, mentre lo strumento precipuo per tessere questo tipo di correlazioni è fornito dalla figura retorica della metafora o, meglio, dal pensiero metaforico. Lo stesso concetto di enazione elaborato da Varela, che segnala il rapporto di interdipendenza tra i processi sensoriali, motori e la cognizione, trova risonanza nella metafora della mente estesa (Extended Mind Thesis) in cui i processi cognitivi oltrepassano i confini del corpo, includendo l’ambiente circostante (Clark, Chalmers 1998). Lo spazio può essere considerato affordance; James J. Gibson scrive, a sostegno della sua teoria motoria ◄
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Neuroscienze Narratologia
◄ della percezione (Gibson 1979,
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127), che il terreno da perlustrare, con le sue caratteristiche - orizzontale, piatto, esteso e rigido -, si offre come invito all’atto, ovvero lo spazio s’incarna come orizzonte di possibilità, in rapporto alle capabilities senso-motorie del soggetto. La stessa geografia umana si muove sempre più in questa direzione euristica, ai fini di comprendere come i comportamenti degli individui e delle popolazioni negli spazi geografici siano determinati dalle rappresentazioni cognitive. Più nello specifico, è la geografia cognitiva (Cognitive Geography) che, affiancandosi alla psicologia comportamentale e alle neuroscienze cognitive, propone uno sguardo vòlto a studiare lo spazio e i territori attraverso livelli differenti che comprendono anche la sfera degli individui, con le loro abilità intellettuali, le loro differenze culturali, educative e di genere (Montello, Grossner, Janelle 2009). Questo approccio sembra accomunare la geografia e la psicologia percettiva agli studi letterari e linguistici di frontiera. Gli stessi concetti di narrazione, di spostamento deittico, d’immersione nel passato e nei mondi finzionali prevedono una comune intuizione spazio-temporale fornita dal concetto di distanza. La distanza va oltre il vicino e il lontano, raggiunge e assorbe i termini di tempo, di passato, di presente e di futuro. Ovvero, il qui non costituisce mai meramente un punto nello spazio, così come l’ora non si riduce al presente: entrambi presuppongono un pensiero di tipo dialettico e controfattuale. Ciò significa che spazio e tempo sono sempre concepibili come divenire locativo, seppur con significative variazioni e fluttuazioni di tipo antropologico. Basti pensare, come esempio, che nella società occidentale la distanza nel tempo suggerisce un’idea di passato prossimo o remoto, mentre nelle culture orientali questa tende a una percezione ciclica, rivolta al passato quanto al divenire. Alla base della percezione spaziotempo coesistono pertanto determinazioni culturali e biologiche,
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«L’apprendimento e il comportamento spaziale costituiscono dei temi di rinnovato interesse non solo per la psicologia comportamentale e cognitiva, ma anche per l’ambito umanistico, per la narratologia e la linguistica cognitiva.» quest’ultime costituite da complessi meccanismi neuronali che si sviluppano e si raffinano fin dalla primissima infanzia. Durante il primo anno di vita, nel bambino emergono una serie di competenze percettive e spaziali fondamentali: se già dai sei ai nove mesi, il neonato sviluppa strategie egocentriche per muoversi nello spazio (ad esempio, girare a destra o a sinistra per raggiungere un obiettivo) è a partire dagli undici mesi che la mente inizia a sfruttare i landmarks presenti nell’ambiente come àncore cognitive per la perlustrazione del mondo. Dalle informazioni prettamente egocentriche si passa quindi a una codifica dello spazio di tipo allocentrico. Il linguaggio stesso è sempre spazializzato: i meccanismi neuronali che consentono il linguaggio intervengono infatti anche nella percezione spaziale (Pyers et al. 2010; Piccardi et al 2014 a; Piccardi et al. 2014 b). La grammatica spaziale viene utilizzata dall’uomo durante la costruzione delle complesse mappe mentali che sono determinate e influenzate anche dal vocabolario locativo appartenente all’individuo (Piccardi et al. 2015). Non a caso, una delle prerogative della narrazione è proprio il continuo intervento sulla prospettiva capace di determinare lo spostamento del centro deittico del lettore, una variazione della focalizzazione che produce una presa di distanza - sia questa di tipo
ontologico o temporale - dal noto, dal familiare e, in alcuni casi, dalla stessa realtà. Parliamo, sempre e comunque, di distanza dall’hic et nunc. L’immersione negli storyworlds e nei passati implica un processo di straniamento che si concretizza proprio in uno spostamento del centro deittico di riferimento. A livello neurologico, questo movimento è reso manifesto dall’attivazione delle aree del giro temporale sinistro e del giro posteriore destro, che segnalano il processo di assunzione e di spostamento della prospettiva (Berns et al. 2013). Recenti test sull’apprendimento illustrano significativamente le interrelazioni esistenti tra orientamento e linguaggio, dimostrando come la competenza spaziale possa migliorare a seguito del rafforzamento del vocabolario espressivo (Piccardi et al. 2015). La stessa acquisizione delle preposizioni locative nell’infanzia è correlata allo sviluppo dei compiti di problem solving spaziali. I bambini con sindrome di Williams, una rara malattia genetica caratterizzata da deficit nella cognizione spaziale, presentano sovente difficoltà ◄
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Il tema del numero
APPROFONDIMENTO
Letteratura
e percezione del movimento
La marionetta di Von Kleist
di Adriano Amati
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ella lunga tradizione medico-filosofica occidentale, che si è a lungo occupata del funzionamento dell'organismo, e nell'immaginario culturale umano, l'essere vivente e l'esser mosso sono diventati sinonimi; questo è accaduto in nome del movimento, del mutamento e del divenire, insomma delle numerose trasformazioni che il corpo subisce. Tale concetto, accettato pressoché unanimemente, solo raramente è stato espresso in forma letteraria. Se ne sono occupati convintamente i futuristi, che in pittura e in teatro ne hanno fatto una specie di religione: tutto ciò che era classico e tradizionale veniva fagocitato dalla novità, dalla velocità, dall'estremo bisogno di rinnovamento. Il manifesto del teatro, pubblicato da Marinetti nel 1913, in tal senso fu una sorta di decalogo cui uniformare tutta la drammaturgia dell'epoca; ma, di regola, non ci sono esempi altrettanto clamorosi in letteratura. L'eccezione è rappresentata da “Aufsatz uber das Marionettentheater”, un libretto di 45 pagine del 1810 di Heinrich von Kleist, che con largo anticipo sul Novecento in un racconto - poi diventato celebre - ha scritto le riflessioni più straordinarie sulla percezione del movimento. Kleist chiarisce che a differenza di quella animale, che è sempre “sicura e adeguata”, la motricità del corpo umano è “turbata dalla coscienza”, per cui invece di rispondere come l'animale in modo perfettamente adeguato allo scopo, il movimento umano è trattenuto se non addirittura intralciato dalla riflessione della coscienza che nel muoversi del corpo fa già la sua comparsa. Il movimento del nostro corpo, infatti, oltre a stabilire un contatto con il mondo, veicola l'effetto del mondo sul corpo, che incrina la spontaneità e l'immediatezza del movimento stesso nel suo prosieguo. Questa impercettibile crisi, che chiede al corpo una rielaborazione del messaggio del mondo e una modificazione del movimento successivo, è causato dalla coscienza che ne incrina il suo fluire spontaneo. Ogni atto motorio è sì
agito ma anche avvertito, ed è questo autoavvertimento ad impedire la fluidità motoria, ciò che noi chiamiamo grazia. Solo ciò che non ha coscienza, e agisce (come l'animale) sulla base della propria motricità istintuale può conseguire quella fluidità. Infatti nel racconto di Kleist, un dialogo tra due spettatori che guardano lo spettacolo di un teatrino di marionette, le considerazioni sulla ballerina che è in scena riguardano i movimenti eccezionali di cui è capace: dà la sensazione di volare, di essere senza peso, di muoversi senza compiere alcuno sforzo, e tale grazia le conferisce leggerezza, levità. La conversazione procede finché uno dei due spettatori dice: “Sì! Costei è straordinaria... come solo può esserlo una marionetta”. Questa affermazione poggia sulle ragioni della grazia, la quale vuole che tutto rimanga in sospeso, che le cose vengano da sé; per questo ogni gesto che l'umano compie per imitare la perfezione dell'animale (o di una cosa inanimata) risulta goffo, impreciso, greve, come se qualcosa ne intralciasse l'armoniosa rotondità: la coscienza, secondo Kleist. ■
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Neuroscienze Narratologia
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GLOSSARIO
Affordance: nella psicologia cognitiva, il termine indica la caratteristica intrinseca dell’oggetto capace di suggerire la manipolazione dello stesso. Deissi: il termine indica un insieme eterogeneo di forme linguistiche quali avverbi, pronomi e verbi che rimandano alla situazione discorsiva. L’interpretazione dei deittici dipende in particolare da un centro deittico che, in genere, corrisponde con il parlante. Focalizzazione: categoria che, nell’analisi narratologica, rientra all’interno del “modo” della narrazione, insieme alla distanza e alla prospettiva. Mentre la voce narrativa risponde alla domanda “chi parla?”, la focalizzazione corrisponde a “chi vede”. La focalizzazione può essere interna (livello intradiegetico), esterna (livello extradiegetico) o a grado zero (narratore onnisciente).
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Narrazioni controintuitive: storie caratterizzate dalla presenza di personaggi o eventi che trasgrediscono alle leggi fisiche,
meccaniche e biologiche della realtà. I racconti di magia e i romanzi fantasy sono esempi di narrazioni controintuitive. Narrazioni controfattuali: il pensiero controfattuale scaturisce di fronte a un problema che prevede più soluzioni possibili. In ambito narratologico, la Teoria dei mondi possibili - elaborata da studiosi come David Lewis, Umberto Eco, Lubomir Dolezel e Thomas Pavel parte dall’assunto controintuitivo per indagare gli storyworld. Secondo questo tipo di prospettiva, sia la creazione sia l’interpretazione dei testi sono da considerare operazioni generatrici di costrutti culturali dotati di una serie di proprietà semantiche, più o meno verosimili rispetto alla realtà di riferimento. In quanto prodotti di una serie di attività mentali, quali il desiderare, l’immaginare, l’ipotizzare, il credere, ecc., i mondi possibili permettono di confrontare stati di cose reciprocamente incompatibili e racconti di fatti più o meno conciliabili con il mondo e con l’esperienza individuale e collettiva.
verbali nell’uso delle preposizioni locative. Gli esercizi linguistici sull’impiego del linguaggio spaziale assumono così una valenza rieducativa nelle pratiche di orientamento, nei bambini come negli adulti (Pyers et al. 2010). Nello stesso modo, le pratiche di riorientamento possono avere un impatto rilevante in caso di patologie e lesioni cerebrali che coinvolgono le competenze linguistiche, come l’afasia (Hermer-Vazques et al. 1999). Durante la lettura, lo spostamento deittico può utilizzare come punti d’ancoraggio i pronomi riferiti ai personaggi, agli oggetti, allo spazio e ai movimenti. L’impiego di una focalizzazione interna o esterna può condurre questo tipo di movimento cognitivo, dirigendo il processo di mentalizzazione e d’inferenza con la storia. I riferimenti deittici sono impiegati dai lettori con la funzione di àncore cognitive per inferire e interpretare il testo, creando una struttura o, meglio, una macrostruttura coerente della narrazione. Spesso, gli adulti tendono a interpretare i movimenti presenti nella narrazione assumendo il punto di vista del protagonista, avviando così un processo di personificazione incarnata con il personaggio finzionale. I test cognitivi evidenziano infatti come il lettore ricordi meglio i verbi deittici che indicano dei movimenti spazialmente coerenti con il punto di vista dei protagonisti della narrazione; in particolare, ciò è manifesto nei casi dei verbi venire e portare, generalmente memorizzati in accordo al movimento di avvicinamento al protagonista, e andare a prendere, legati al movimento di distanza, all’allontanamento.
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Figura 6.1 - Il lettore ricorda meglio verbi che indicano dei movimenti spazialmente coerenti con il punto di vista dei protagonisti della narrazione. A dimostrarlo sono test cognitivi. A fianco immagine evocativa di bambina che legge un libro. ◄ La stessa strategia è
utilizzata dai bambini che, già a tre e quattro anni, sono in grado di ricordare con precisione i verbi di moto coerenti con la prospettiva del personaggio ed esercitare una spontanea attività di sostituzione e omissione dei verbi percepiti in contrasto (Rall, Harris 2010). Queste ricerche s’inseriscono in un consolidato quadro euristico diretto a rilevare i rapporti che si instaurano tra la storia, il lettore/fruitore, il processo di immaginazione e il piacere prodotto dall’esperienza di immersione narrativa. In particolare, il Modello situazionale delle narrazione, teorizzato in ambito cognitivista, identifica una natura percettiva e multisensoriale direttamente connessa al vissuto esperienziale (Zwaan,
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Il tema del numero
1999). Il modello situazionale - la ricostruzione mentale della storia creata dalla mente del fruitore per inferire e interpretare - deve risultare coerente e prevedere una particolare dimensione spazio-temporale. Ovvero, il consumatore di storie ha sempre bisogno di un punto d’ancoraggio, un punto di vista che determina il qui e l’ora da adottare per potere conferire senso agli eventi. La presenza di modi narrativi differenti agisce pertanto fortemente sulla percezione dello spazio e sugli spostamenti deittici. Come detto, la capacità di spostarsi nello spazio narrativo assumendo il punto di vista fisso, o definendo via via i centri deittici per esercitare il movimento cognitivo all’interno dello storyworld, emerge nella prima infanzia. È già stato rilevato come i bambini tendano a privilegiare uno o più punti di vista all’interno della scena narrata, facendo leva sui verbi deittici ritenuti salienti e sulle relazioni con lo spazio in cui si genera l’azione. La tendenza ad adottare un punto di vista interno che sfrutta lo sguardo del protagonista appare quindi prediletta e precoce, sebbene la mente del bambino sia in grado di selezionare anche gli oggetti circostanti ritenuti cognitivamente disponibili per utilizzarli come àncore (Bryant et al., 1992). È questo il caso riscontrato
Indicazioni bibliografiche Berns G. S., Blane K., Prietula M. J., Pye B. E., 2013, Short and Long-term Effects of a Novel on Connectivity in the Brain, “Brain Connectivity”, 3(6), pp. 290-600. Bodei R., 2013, Immaginare alter vite: realtà, progetti, desideri, Milano, Feltrinelli. Buzsàki G., Moser E., 2013, Memory, Navigation and Theta Rhythm in to Hippocampal-entorhinal System, “Nature Neuroscience”, 16, pp. 130132. Clark A., Chalmers D., 1998, The Extended Mind, “Analysis”, 58, pp.719. Gibson J. J., 1979, The Ecological Approach to Visual Perception, Boston, Houghton Mifflin. Hermer-Vasquez L., Spelke E. S., Katsnelson A. S., 1999, Sources of flexibility in human cognition: Dual-task studies of space and language, “Cognitive Psychology”, 39, pp. 3-36. Maturana H., R., Varela J. F., 1998, The tree of knowledge: the biological roots of human understanding, Boston, London Shambhala. Montello D. R., Grosser K. E., Janelle D. G., 2014, Space in Mind: Concepts for Spatial Learning and Education, New York, Mit Press Books. Piccardi L., Palermo L., Leonzi M., Risetti M., Zompanti L., et al., 2014a, The Walking Corsi Test (WalCT): a normative study of topographical
working memory in a sample of 4- to 11-year-olds, “Clin Neuropsychol”, 28, pp. 84-96.
in narrazioni con incipit che includono riferimenti a oggetti con forte valenza simbolica sfruttati come punti di “ancoraggio” per gli spostamenti nello spazio e nel tempo. Queste sono quindi le strategie di orientamento impiegate dalla mente umana per esplorare gli storyworld, attraverso le quali emerge un’idea di letteratura come luogo, o meglio plus luogo, eminentemente eterotopico ed eterocronico (Bodei 2013). Tutto ciò consente di rivalutare la straordinaria prerogativa delle storie: il potere di far muovere la nostra mente tra e oltre le coordinate spazio-temporali, anche attraverso la superficie dell’irrealtà, l’assenza o la pluralità dei mondi e dei tempi, come nel caso delle narrazioni controfattuali e controintuitive, per raffinare le nostre competenze di problem solving e addestrarci ad affrontare la complessità del mondo. ■
Sara Uboldi PhD in Scienze Umanistiche, Università di Modena e Reggio Emilia Si occupa prevalentemente di Narratologia e Cognitive Poetics. Tra le pubblicazioni: Uboldi S., 2015, Teatro e favole, Saggi e scritti autobiografici, (introduzioni ai testi e note ), in Italo Svevo. Opere, (a cura di S. Calabrese), La Letteratura italiana Ricciardi, Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani, pp. 987-994 e 111-116. / Uboldi S., Fiaba e Neuroscienze Cognitive (Ledizioni, Milano, 2014). / Calabrese S., Uboldi S. (eds), Aby Warburg. Immagini Permanenti (Archetipolibri, Bologna, 2010). / Calabrese S., Uboldi S., 2014, Perché piacciono maghi e vampiri: letteratura, cognitivismo, controfattualità, in "Enthymema", XI, pp. 129-137.
Piccardi L., Leonzi M., D’Amico S., Marano A., Guariglia C., 2014b, Development of navigational working memory: evidence from 6- to 10-year-old children, “British Journal of Developmental Psychology”, 32, pp. 205–17. Piccardi L., Palermo L., Bocchi A., Guariglia C., D’Amico S., 2015, Does Spatial Locative Comprehension Predict Landmark-Based Navigation?, “PloS ONE”, 10(1). Rall J., Harris P. L, 2000, In Cinderella’s slippers? Story Comprehension from the Protagonist’s Point of View, “Developmental Psychology”, Vol. 36, No. 2, pp. 202-208. Zwaan R. A., 1999, Situation models: T
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IL CORPO NELLO spazio La valutazione clinica e strumentale della postura
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di Giorgio Reggiani
parole chiave. Postura, spazio, percezione, piede, movimento. Abstract. L'articolo prende in esame la valutazione clinica e strumentale della postura umana, fenomeno che richiede complessi percorsi clinici, procedurali e strumentali. Si passano in rassegne le tre unità funzionali fisiologiche della postura: l’unita funzionale superiore (il capo, il cingolo superiore, l’apparato occlusale, il sistema visivo e labirintico), l’unità funzionale intermedia (tronco vertebrale, le sacroiliache e il bacino) e l’unità funzionale inferiore (articolazioni dell’arto inferiore), nonché il piede nel suo ruolo di trasferire al suolo i progetti motori e posturali integrati con le altre due unità funzionali superiori in modo armonico e fluente. Si accenna alla stabilometria che permette di studiare le caratteristiche pressorie del piede in posizione ortostatica e di valutarne le zone che sono maggiormente sotto carico.
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ntroduzione. La Postura Umana caratterizza nel suo complesso la personalità o le intenzioni o i costumi o la cultura di ogni singolo individuo. È al contempo una interazione polisensoriale e integrata. Diversi apparati la compongono pertanto definirne esattamente la dimensione è tuttora impossibile. Immaginiamo ad esempio di essere in un museo di fronte ad un’opera d’arte della quale vogliamo cogliere gli infiniti aspetti. In termini neurofisiologici è l’insieme del nostro corpo che si confronta con un insieme esterno a lui. Milioni di fluttuazioni di informazioni /azioni incominciamo ad elaborare. È necessario avvicinarci o allontanarci dall’opera d’arte al fine di coglierne gli aspetti più rappresentativi e più reconditi. Prendono forma apprendimenti, la nostra memoria, la nostra attenzione, un insieme delle nostre abilità sia cognitive che della nostra personalità, che in quel momento interagiscono con l’opera d’arte oggetto della nostra attenzione e curiosità. In un’opera d’arte ci sono aspetti meccanici, prospettici, di luce, di forme, postura dei personaggi o prospettive delle scene che l’autore elabora… e noi stessi abbiamo posture per analizzare e per capire meglio il senso comunicativo “il messaggio artistico” degli autori. La postura pertanto in termini generali è la rappresentazione di un contesto artistico o professionale o semplicemente umano orientato a comunicare valori o ad apprendere concetti o elaborare strategie. La Postura Medica contiene alla sua base riferimenti geometrici relativi alla posizione del corpo umano nello spazio e contestualmente le relazioni tra i suoi segmenti corporei (catene cinetiche). La postura può essere osservata: in stazione eretta, da seduto, in decubito prono, supino, laterale e nel cammino (marcia, corsa veloce).
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Nel mondo dello sport poi esistono altre modalità che sono soprattutto condizionate da ostacoli o da strumenti che ne possono modificare in modo esponenziale le categorie. La corretta postura può definirsi come la deformazione coerente del corpo umano rispetto la gravità e rispetto le funzioni che lo stesso può svolgere con il minor dispendio energetico. Contestualmente non vanno dimenticati i fattori neurofisiologici, biomeccanici, emotivi, psicologici e relazionali ad essa correlati. La postura pertanto è un evento molto complesso che interseca diverse competenze mediche e non. Cercheremo di trattare pertanto gli aspetti medici nella loro dimensione clinica e sotto un profilo di misura poiché tutte le patologie correlate alla modificazione del controllo motorio sono contestualmente correlate alle modificazione della postura umana. Aspetti fisiologici: ingranaggi e unità funzionali della postura. Quanto andremo a dire parte dal presupposto che il controllo motorio e posturale nell’uomo si basi su vincoli neuro meccanici e su vincoli neuro cognitivi in perfetto dialogo fra di loro. L’energia che insieme producono è la fonte inesauribile che oscilla nel binomio apprendimento-plasticità delle componenti anatomo strutturali del corpo umano. Una fitta rete cibernetica che si basa infatti sulla continua regolazione delle informazioni che provengono dall’area neuro meccanica, vengono modulate dai centri superiori, integrate e pianificate. L’esempio affascinante di questo è la mano del neonato sul seno della madre durante la suzione: si nutre e contestualmente comunica alla madre il suo grado di soddisfazione. La organizzazione del controllo motorio/posturale umano (non possiamo scinderli per le loro funzioni integrate) riferisce sul piano neuromeccanico a tre grandi uni- ◄
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APPROFONDIMENTI MEDICI
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Figura 7.1 - A sinistra rappresentazione diagrammatica dei piani di riferimento cardinali. A destra, il sistema di forze concorrenti della gravità g e del muscolo soleo fs nel mantenere la posizione retta (CG: centro di gravità).
◄ tà funzionali della postura: 1) Unità Funzionale Superiore composta dal capo, dal cingolo superiore, dall’apparato occlusale, visivo e labirintico. 2) Unità Funzionale Intermedia tronco vertebrale, sacroiliache e bacino. 3) Unità Funzionale Inferiore: comprende tutte le articolazione dell’arto inferiore. Il piede svolge specifiche funzioni in quanto trasferisce al suolo i progetti motori e l’energia prodotta dal corpo umano con il compito specifico e contestuale di trasmetterla e di riassorbirla permet-
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tendo un dialogo continuo nel quale le componenti anatomiche (recettori e muscoli) si uniscono in una stessa funzione armonica. Questo permette una perfetta fluenza del movimento e permette di realizzare la postura come espressione diretta di specifici progetti motori. Questa complessa attività energetica del piede racchiude competenze biomeccaniche e neuromotorie talmente raffinate da essere in sintonia con quelle labirintiche a tal punto di permettere la visione retinica in modo stabile e conseguente. Questi tre aspetti (piede, labirinto, occhio) lanciano le competenze neuro cognitive
e con esse si integrano in modo tale da coniugare la visione e l’energia verso un progetto motorio finalizzato al consolidamento di adeguate o nuove competenze nel complesso sistema dei processi di apprendimento (postura e apprendimento). Postura ed apprendimento pertanto sono due entità strettamente correlate; fra loro esiste il mondo dei processi energetici. Si intendono tutti quegli eventi organici e/o di apparati che garantiscono un adeguato lavoro (energia) sia neuromeccanico che cognitivo nel modo più continuativo possibile (pensiamo di contro al freezing del Parkinson). Queste com-
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petenze umane hanno accelerato nel mondo del lavoro (ergonomia) diverse modalità orientate al modellamento tra postura ed energia, e tra postura e robotica.
La regolazione posturale: aspetti rilevanti La funzione visiva. Queste tre Unità Funzionali (le 1, 2, 3 sopramenzionate) hanno sul piano posturale specifiche competenze. La funzione visiva le modera tutte e tre in modo automatico o in modo specifico. Sul
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piano neurofisiologico va ricordato che i nostri progetti motori posturali diventano per noi delle immagini mentali che li facilitano nella loro realizzazione. Nel bilancio posturale non va mai sottovalutata la funzione visiva. Il posturologo pertanto si rassicura che alla base di un disordine posturale non vi sia un deficit visivo. La retina è sistema nervoso centrale. Entra in modo diretto nel modulare la postura: si passeggia e si dialoga con qualcuno. Siamo concentrati sul contenuto del dialogo e contestualmente supervisioniamo gli ostacoli
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ambientali. La caduta rappresenta l’evento drammatico di un disordine posturale a carico delle tre unità funzionali. La funzione stomatognatica: i disordini temporomandibolari e le malocclusioni. Particolare menzione va fatta alla funzione occlusale. È importante nella postura umana poiché ha reciproche influenze con l’apparato labirintico e il rachide cervicale. Ricordiamo che la masticazione è una funzione indispensabile e quotidianamente praticata. ◄
Figura 7.2 - Statokinesiogramma.
Figura 7.3 - Lunghezza e superficie di uno statokinesiogramma.
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APPROFONDIMENTI MEDICI ◄ Essa si esercita sul piano occlu-
sale nelle tre dimensioni dello spazio in quanto ha lo scopo prioritario di attuare la prima digestione dei cibi attraverso la triturazione e frantumazione. Contestualmente il cibo in bocca subisce processi qualiquantitativi attraverso una rete neuronale integrata tra i nervi cranici. Le informazioni vengono elaborate in sede corticale sino a diventare processi cognitivi veri e propri. Diversi autori infatti insistono nel ricordare che la masticazione umana è un processo che si estende sino ad essere un’attività con profonde signi-
Figura 7.4 La funzione visiva modera l'Unità Funzionale Intermedia (tronco vertebrale, sacroiliache e bacino) e l'Unità Funzionale Inferiore: comprende tutte le articolazione dell’arto inferiore. In senso neurofisiologico i nostri progetti motori posturali diventano immagini mentali facilitanti.
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ficati culturali, di tradizioni. Da sola questa precisazione spiega perche vi deve essere una stretta connessione tra nervi cranici, nervi cervicali, sistema labirintico-utricolo sacculare. Non va del resto dimenticato che i muscoli della bocca hanno già dalla nascita fibre motorie mieliniche allo scopo di permettere la suzione al seno e pertanto la nutrizione. Il paziente disfagico di contro esercita uno sforzo adattivo posturale per mantenere adeguata la masticazione. Deve praticarla con una postura globale corretta e di facilitazione fisica alla deglutizione. Rischia l’inalazione del cibo nelle vie respiratorie con conseguenze che a volte nelle persone anziane possono essere mortali. Pertanto quando si rompe l’equilibrio tra nervi cranici, labirinti e rachide cervicale possono avvenire eventi gravi quali la disfagia o/e la caduta. Recenti studi evidenziano il ruolo dell’occlusione dentale e delle afferenze trigeminali nel controllo posturale. Un cambiamento della posizione mandibolare può portare a cambiamenti nelle afferenze pro-
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priocettive e periodontali. Può compromettere il centro di pressione del piede e la stabilità nel cammino, per contro le variazioni di postura possono influenzare la posizione mandibolare. La anestesia unilaterale del trigemino provocherebbe uno spostamento del peso corporeo sull’arto contro laterale, invece una posizione mandibolare più simmetrica si traduce in una simmetrica contrazione del muscolo sternocleidomastoideo e riduce l’oscillazione del corpo. Altri studi sottolineano che l’occlu-
sione dentale può influenzare la postura del corpo e la curvatura della colonna vertebrale (scoliosi e lordosi). Sono state segnalate correlazioni lineari tra le diverse morfologie cranio facciali: una postura anteriore nella classe II e una postura posteriore nella classe III (nella classe II la mascella sopravanza la mandibola, nella classe III la mandibola sopravanza la mascella). L’unità funzionale intermedia: tronco sacroiliache e bacino.
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La colonna vertebrale dorso lombare garantisce il sostegno dinamico agli organi del torace e dell’addome e contestualmente garantisce attraverso diversi sistemi fascio muscolari continuità e integrazione delle azioni che vengono condotte dalla mano e dal piede in modo da integrare azioni efficaci rapide e indolore. Non possiamo parlando di postura dimenticare il ruolo plastico dei segmenti mobili vertebrali. Per segmento mobile intendiamo un territorio anatomico composto da
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vertebrali dalle cervicali a quelle sacrali passano dal piano orizzontale “al piano podalico a quella verticale del rachide lombare. La modulazione ulteriore viene svolta dalle fisiologiche lordosi cervico-lombari in quanto sottoposte alle potenti azioni flessorie degli arti e dalla cifosi dorsale sottoposta all’azione del diaframma combinato con quella dei muscoli addominali. Le funzioni off limited del segmento funzionale vertebrale vengono svolte dalla efficienza discale e legamentosa (ligamento
«Particolare menzione va fatta alla funzione occlusale. è importante nella postura umana poiché ha reciproche influenze con l’apparato labirintico e il rachide cervicale.» due vertebre. Ha un’area anteriore discale e un’area apofisaria articolare posteriore. Le diversità strutturali del disco e dell’articolazione apofisaria permettono movimenti tridimensionali e dosati a seconda delle azioni in funzione, in particolare dobbiamo ricordare che le articolazione
longitudinale anteriore, ligamento longitudinale posteriore ligamenti interspinosi). Il disco intervertebrale è una fluente struttura in grado di dirigere il movimento in qualsiasi direzione. È pertanto l’elemento di regolazione posturale di elezione per questa sua specificità. Intorno a
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lui vi sono le catene cinetiche fascio muscolare che fluttuano sul piano strutturale sino a diventare ligamento ovvero il limite invalicabile tra lo spazio corporeo e quello extra corporeo. Questi aspetti strutturali della colonna vertebrale focalizzano l'attenzione su due professionalità: il posturologo, con il compito di misurare le funzioni presenti sia con test clinici che strumentali, elaborando poi un programma riabilitativo adeguato; il neurochirurgo che elabora il meccanismo patogenetico che blocca il segmento mobile vertebrale. La noxa patogena può riguardare il disco, l’articolazione apofisaria, le vie canalicolari dei nervi. Può esservi inoltre una instabilità del segmento mobile per scivolamento dei corpi vertebrali e articolari fra loro. Le strategie chirurgiche attualmente possono intervenire allo scopo di rendere stabile il segmento mobile. Le fasi intermedie di questo processo sono caratterizzate dalla presenza del dolore. La Società Americana del Dolore dà precise indicazioni terapeutiche. Nel dolore acuto qualsiasi pratica riabilitativa non ha probabilità di successo se non evidenti controindicazioni. Il farmaco o tecniche specifiche neurochirurgiche sono raccomandate (infiltrative o con applicazioni in radiofrequenza, ecc.). Neurochirurgo e posturologo conducono assieme un processo di riordino posturale lavorando rispetto al dolore su due piani diversi, il primo nel dolore acuto o subacuto ricorrente, il secondo nel dolore cronico. Il primo (il neurochirurgo) avrà successo nelle terapie sul dolore acuto se riesce contestualmente a collaborare con il posturologo nella normalizzazione per quanto possibile dell’organizzazione mio fasciale e articolare della postura. Nelle linee guide internazionali vengono posti anche dei criteri temporali per distinguere il dolore acuto - subacuto ricorrente da quello cronico 4/8 settimane. Questo criterio ha l’utilità oggettiva di “costringere” i professionisti ad una collaborazione serrata mettendo al centro, relativamente al dolore, la qualità di vita del paziente. ◄
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APPROFONDIMENTI MEDICI ◄
La clinica della postura
Aspetti sociali: la caduta, un problema sottovalutato. La perdita di efficacia da parte del sistema adibito al controllo posturale dovuta all’età avanzata o all’effetto di patologie neurortopediche degenerative ha portato la ricerca ad approfondire il funzionamento del controllo posturale e il mantenimento dell’equilibrio. Lo scopo importante è quello di poter usufruire di tecnologie sempre più dinamiche e sempre più indossabili nella vita quotidiana (accelerometri in particolare e pedane stabilometriche dinamiche) che risultano adatte a quantificare in ogni istante qualità e quantità del controllo posturale. L’incremento dell’età media della popolazione e una aspettativa di vita sempre maggiore hanno aumentato l’importanza del mantenimento dell’autonomia motorio-funzionale e relazionale delle persone anziane. Infortuni e decessi causati da cadute sono sempre più frequenti. Tra gli 0 e i 14 anni le cadute sono 14 per 100mila abitanti sopra i sessantanni 137, sopra gli ottantanni 1269. Un altro aspetto rilevante è che il numero dei decessi per caduta sopra gli ottanta anni è simile al numero dei decessi per incidenti stradali per soggetti tra i 15 e i 29 anni. Dobbiamo pertanto preoccuparci non solo “delle stragi delle strade” dei giovani, ma al contempo del tasso di mortalità dovuto alle cadute degli anziani che ha un’incidenza molto elevata (nove volte maggiore su 100mila campioni). In un’analisi qualitativa delle cadute la metà avviene durante il cammino. La domotica è il riferimento organizzativo dello spazio domestico. Apre per le persone anziane molte opportunità di prevenzione della caduta. Da tempo, in America, esistono specifiche organizzazioni che si occupano dell’addestramento ergonomico posturale degli anziani. Analisi clinica della postura. Contempla un’osservazione sia statica che dinamica. La postura statica è l’osservazione di un soggetto in tre diversi decubiti ortostatico, seduto, supino/prono, mentre la postura
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dinamica è l’osservazione di un soggetto quando si interfaccia con un oggetto nei processi di presa/rilascio dell’oggetto medesimo. O quando deambula allo scopo di svolgere azioni finalistiche ovvero usando oggetti specifici (dalla racchetta da tennis alla chiave dinamometrica del meccanico). La postura statica ha specifici reperi nel corpo umano. Questi punti geometrici del corpo umano sono la nuca, la settima cervicale, le spine scapolari interne, l’ottava dorsale, le spine iliache posteriori superiori, entrambe le ali del bacino, la linea interglutea, le pieghe cutanee delle
uniformità dei movimenti articolari e delle catene cinetiche coinvolte. Si osservano contestualmente gli stessi parametri osservati nella fase statica avendo cura di rilevare le simmetrie rispetto ad una linea immaginaria che parte dal processo odontoide della seconda vertebra cervicale e si proietta passando per il sacro sino ad arrivare tra i condili tibiali. La manipolazione degli oggetti e il contestuale setting posturale dinamico che relaziona rachide e arto superiore deve tener conto del fatto che il controllo posturale umano è orientato al ruolo determinante delle supervisione visiva. Tutto è in
«La perdita di efficacia da parte del sistema adibito al controllo posturale dovuta all’età avanzata o all’effetto di patologie neurortopediche degenerative ha portato la ricerca ad approfondire il funzionamento del controllo posturale e il mantenimento dell’equilibrio.» ginocchia, il punto posteriore intermedio dei calcagni. Questi punti alla osservazione devono essere simmetrici fra loro o intermedi tra le spalle o tra le ali iliache sul piano frontale. Sul piano sagittale la distanza della spinosa della quinta vertebra cervicale e della terza vertebra lombare devono essere entrambe 5/6 cm. distanti rispetto un piano posteriore verticale quando contestualmente il dorso e i talloni sono a lui appoggiati. Questi parametri statici semplici sono di facile rilevamento e contestualmente di alto valore clinico poiché condizionano la postura sia in termini biomeccanici che in termini energetici. La postura dinamica più frequente è quella correlata alla deambulazione per il cingolo inferiore, e quella correlata alla presa o al rilascio degli oggetti per il cingolo superiore. Pertanto si rinforza l’estrema importanza tra presa di un oggetto e setting vertebrale. La osservazione dinamica, come in quella statica, si fa osservando il soggetto nel pieno di azioni specifiche. Lo si osserva mentre cammina osservando la fluenza e la
funzione della visione e della percezione visiva. Quando raggiungiamo o abbandoniamo un oggetto la qualità delle nostre azioni è garantita se lo facciamo mantenendo l’oggetto in un campo visivo orizzontale di 20 gradi, e con gli avambracci posti sullo stesso piano. Le articolazioni dell’arto superiore sono inserite in una sinergia flessoria con gradi che oscillano intorno al terzo fisiologico. È possibile pertanto manipolare un oggetto in modo dinamico (esplorarlo) se ho le spalle antepulse intorno ai 30 gradi, se compio movimenti di flesso/estensione dei gomiti tra i 90gradi +- 30gradi, se gli avambracci possono scivolare su un tavolo. Così porto le mie mani all’interno di angoli visivi tra -+20gradi rispetto il piano orizzontale. In queste condizioni ergonomiche e per carichi di lavoro non oltre ai 5 Kg il nostro corpo è in grado di svolgere un proficuo lavoro intermittente. In caso contrario il lavoro essendo effettuato con una postura ergonomica svantaggiosa determina un’usura dell’apparato muscolo/tendineo con manifestazioni cliniche che iniziano
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Anemos neuroscienze
Figura 7.5 - A fianco schema generale della colonna vertebrale. La colonna vertebrale dorso lombare garantisce il sostegno dinamico agli organi del torace e dell’addome e contestualmente garantisce, attraverso diversi sistemi fascio muscolari, continuità e integrazione delle azioni che vengono condotte dalla mano e dal piede.
con le tendiniti, proseguono con le calcificazioni verso le lacerazioni, sino alle lesioni conclamate dell’apparato muscolo/tendineo che è il trasduttore (l’esecutore delle nostre azioni) nelle varie posture. Strumenti di misura della postura e criteri di analisi dei dati posturali. L’uomo è un bipede che sta fermo o si muove come se fosse un pendolo inverso. Questo assioma è alla base della architettura strumentale per l’analisi della postura. Un soggetto in posizione ortostatica oscilla sul piano di appoggio, pertanto pendola sulle articolazioni tibiotarsiche in modo inverso rispetto il pendolo tradizionalmente inteso. Le variabili fisiche che intervengono sono: il centro di massa, COM (il baricentro o centro di gravità) rappresenta il movimento vero e proprio ed è il risultato del COP (centro di pressione). Nella posizione ortostatica completamente ferma è rappresentato da una linea retta che parte dal sacro e termina al suolo poco
avanti i malleoli tibiali. Il centro di pressione COP è la proiezione al suolo della pressione esercitata dalle forze che agiscono sul corpo umano. Il COP è l’indicatore per indagare le strategie di controllo della posizione ortostatica e configura pertanto il modello detto di cinematica inversa. Nei robot industriali succede esattamente il contrario: il movimento finale ha una direzione centrifuga. Solo recentemente nella robotica collegata alla disabilità sono avvenute importanti scoperte che permettono al disabile di aumentare notevolmente le potenzialità dei suoi movimenti. La qualità della percezione periferica elaborata da complessi microcircuiti digitali - meccanici permettono di costruire una sorta di unità cibernetica periferica ovvero una unità che modifica il controllo motorio a seconda delle percezioni che si producono tra questi ausili di alta tecnologia e il contesto circostante. La modulazione dei muscoli flesso estensori della caviglia (la loro neu-
romodulazione) è la via finale che descrive per singolo individuo un’area del centro di pressione e il gomitolo ovvero il percorso punto per punto all’interno di questa area. Anche i muscoli flessori delle anche svolgono una importante modulazione poiché fanno da contrappeso al baricentro corporeo che passa davanti a loro. I labirinti con il sacculo e l’utricolo e la visione rappresentano ulteriori fattori di sensibilizzazione dell’esame. Questo infatti può essere eseguito ad occhi chiusi con o senza l’iperestensione del rachide cervicale. In questo modo (nella iperestensione) viene ridotta la funzione del canale posteriore, pertanto l’individuo deve dimostrare di saper mantenere la posizione ortostatica nell’ambito di parametri stabilometrici fisiologici. Nelle patologie neurodegenerative questi parametri vengono altamente modificati. Anche nei disordini posturali minori (quelli non causati da fratture o politraumi) è possibile verificare se vi è una modificazione delle frequenze posturali. Il paziente viene esaminato con il capo completamente retroflesso pertanto il labirinto posteriore perde ogni ruolo di controllo rispetto il piano orizzontale. I parametri della stabilometria sono: A) Area di oscillazione (misurata in millimetri quadrati, valori normali inferiore ai 20 mmq). ◄
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B) Gomitolo del percorso effettuato dal COP dentro all’area (valore normale sino a 400 mmq). C) LFS (la lunghezza del gomitolo per unità di superficie, valore normale 0,8-1,2). D) La differenzazione delle frequenze posturali con analisi secondo Fourier. E) Indice di Romberg: occhi aperti occhi chiusi.
fia) che descrivono invece la geometria delle forme (RX, TAC, ECO). La Risonanza Magnetica e dell’Elettromiografia forniscono informazioni sullo stato biologico dell’area anatomica considerata. Tutti questi esami pertanto hanno specifici orientamenti. Il medico posturologo definisce la qualità del controllo posturale e motorio del paziente alla luce di tutti questi dati acquisiti.
Sono parametri che permettono di individuare il grado di insufficienza posturale relativo ai parametri indicati. La analisi delle frequenze oscillatorie si suddivide in quelle dovute alla dinamica degli apparati toraco addominali (Cuore-Polmone-Visceri); in quelle dovute al setting posturale (efficienza e disposizione geometrica delle catene cinetiche fascio muscolari). Nelle frequenze da patologie neuromuscolari (Ictus, Parkinson, Sclerosi Multiple, Polineuropatie, esiti di Politraumi Cranio Encefalici e Fratturativi Vertebrali). Va ulteriormente precisato: 1) ogni laboratorio determina i propri valori medi di riferimento, 2) la valutazione stabilometrica è una valutazione funzionale. Coabita con gli altri esami tradizionali (RX, TAC, RM, elettromiografia, ecogra-
Altre modalità strumentali di valutazione posturale. Si ricorda tra queste l'utilizzo di sensori inerziali che posti sul sacro permettono di registrare il cammino, la cinematica longopelvica e degli arti inferiori sia in studio che sul campo. Permette inoltre di valutare la accelerazione impiegata durante il cammino e di registrare gli aspetti simmetrici e asimmetrici desto-sinistri. Viene registrata inoltre l’energia al suolo durante le fasi del cammino. Fornisce anche i parametri spazio temporali del passo e gli angoli di rotazione in 3D della pelvi. Il sensore inerziale può essere applicato in altre parti del corpo allo scopo di rilevare qual è il piano posturale rilevante nel movimento in esame. L’uso più diffuso è quello di applicare il sensore sulla fronte di un paziente affetto da scoliosi, da esiti traumatici vertebrali, da interventi di stabilizzazione ver-
Indicazioni bibliografiche
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1. Perry J., The Gait cycle, Gait Analysis Normal and pathological Function, Slack Inc 1992. 2. Davis R. B, S. Ounpuu, D. J. Tyburski, J. R. Gage, “A gait analysis data collection and reduction technique,” Hum. Mov. Sci., vol. 10, pp. 575-587, 1991. 3. Mena D,Mansour JM, Simon SR, Analysis and synthesis of human swing leg motion during gait and its clinical application, J Biomech, 823832, 1981. 4. Inman VT, Functional aspect of the abductor muscles of the hip, I Bone Joint Surg, 607-619, 1947 5. Soames RW, Foot pressure patterns during gait, J Biomed Eng, 120126,1985 6. Romei M., Galli M., Sibella F., Crivellini M., “La Gait Analysis come strumento di qualità nei processi sanitari”, De Sanitate, Anno IV N.26, pp.50-53, 2001 7. Scranton PE, McMaster JH, Momentary distribution of forces under the foot, J Biomech, 45-48, 1976 9) Maness WL. The future of diagnostic workstations. Computers in clinical dentistry. Proceedings of the first international conference. Quintessence 1993; 204-15.
tebrali ecc. per valutare nell’ambito della flessione globale richiesta in condizioni di ortostatismo qual è il piano posturale prevalente. Vi è inoltre la valutazione del piano occlusale con sonde elettromiografiche che rilevano i potenziali e il reclutamento dei muscoli temporali e masseteri. Questa modalità ha strette correlazioni con la postura generale e dà importanti indicazioni ai dentisti relativamente alle protesi dentali agli splint temporo mandibolari e ai Bite. La stabilometria, il sensore inerziale e le unità di elettromiografia di superficie compongono il laboratorio mobile del posturologo. Questo ha notevolmente migliorato la opportunità di queste tecnologie di inserirsi nella tradizionale valutazione strumentale dei disordini posturali statici e dinamici. ■
Giorgio Reggiani. Fisiatra. Già primario fisiatra e direttore del laboratorio di analisi strumentale del movimento, della disabilità, della postura e del gesto sportivo presso l’ospedale di Carpi dal 1990 al 2011. Direttore del laboratorio di analisi del movimento nel 2011 e 2012 presso la Clinica Maraini di Lugano nel Canton Ticino integrato in un progetto multidisciplinare che coinvolgeva i 5 ospedali del Cantone medesimo con particolare attenzione alle patologie neurogeriatriche e NCH. Nello stesso periodo ha fatto parte del comitato scientifico della FERB onlus belga che opera a Bergamo nelle neurolesioni croniche ischemiche e degenerative. Attualmente è libero professionista provvisto di un laboratorio mobile di analisi del movimento, della postura-occlusione e del gesto sportivo
10) Maness WL. Force movie. A time and force view of occlusion. Compendium 1989;10:404-8. 11) Mizui M, Nabeshima F, Tosa J, Tanaka M, Kawazoe T. Quantitative analysis of occlusal balance in intercuspal position using the T-scan System. J Prosth Dent 1994;7:62-71. 12) Dawson PE. Functional occlusion: from TMJ to smile design. Mosby Elsevier Inc; 2007. 13 Baldassarre, G. (2012) Ricerca e Didattica: Analisi del movimento e nuove tecnologie. Guida - Napoli 14Sibilio, M. (2005). Lo sport come percorso educativo. Guida - Napoli
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Anemos neuroscienze
Altri approfondimenti
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Filosofia
Psichiatria
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la follia di un filosofo il caso nietzsche: profilo del suO pensiero e ipotesi sulla sua pazzia
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di Antonio Petrucci
parole chiave. Nietzsche, Wagner, sifilide. Abstract. L'articolo traccia una sintetica analisi delle opere del filosofo tedesco, prendendo il via dalla parte finale della sua esistenza, caratterizzata da una misteriosa follia, la cui causa non è mai stata ben chiarita. Da alcuni ricondotta alla sifilide, da altri (tra cui il filosofo e medico Jaspers) da ritenersi una generica "malattia mentale" sulla quale è impossibile ormai avere dettagli certi. Questo evento assume anche valore simbolico: con la morte, altrettanto simbolica, di Dio, l'uomo diviene libero, ma sostenziamente solo.
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Figura 8.1 -
Nietzsche è entrato profondamente anche nella cultura di massa. Non sono pochi, anche a sproposito, gli artisti o altre figure intellettuali che si sono rifatte al filosofo tedesco. In alto locandina del film ispirato alla vita di Nietzsche, film del 1977 diretto da Liliana Cavani.
orino, 3 gennaio 1889. Vuole la tradizione (non si sa quanto storicamente fondata, ma seducente e quindi difficile da tralasciare) che il 3 gennaio 1889 - era una fredda mattina, a Torino - Friedrich Nietzsche abbia visto un vetturino picchiare selvaggiamente il suo cavallo. Nietzsche non riuscì a dominare la sua emozione: abbracciò il cavallo e pianse; poi si smarrì e non poté ritrovare la strada di casa. Qualcuno lo riconobbe e lo riaccompagnò alla pensione, nella quale aveva affittato una camera, in via Carlo Alberto 6, di fronte a Palazzo Carignano. Tra il 3 e il 7 gennaio, Nietzsche scrisse i così detti “biglietti della follia”. Scrisse prima di tutto a Cosima - la moglie di Richard Wagner - l’Arianna del suo immaginario (visto che lui s’identificava con il dio Dioniso); e le dichiarò disperatamente tutto il suo amore: amore che lo aveva evidentemente accompagnato - dopo la rottura con i Wagner - negli anni dei suoi vagabondaggi. Scrisse poi a Peter Gast, a Jacob Burckhardt e a Franz Overbeck: tutti amici degli anni trascorsi a Basilea come professore di filologia (1869-1879). Peter Gast era il più amato dei suoi allievi: aveva scritto sotto dettatura uno dei suoi libri, Umano, troppo umano (del 1878), essendo Nietzsche, per il dolore alla testa, nell’impossibilità di scrivere. Jacob Burckhardt era professore di storia e Franz Overbeck di teologia. Burckhardt, che aveva ricevuto una lettera, dalla quale apparivano evidenti le condizio-
ni psichiche alterate di Nietzsche, andò a trovare Overbeck. Overbeck si mise in viaggio la sera del 7 gennaio e il pomeriggio dell’8 giunse a Torino. Trovò Nietzsche al pianoforte, ma in uno stato di scomposta alterazione. Il giorno dopo partirono per Basilea, accompagnati da un medico. Nietzsche era in uno stato di esaltazione: recitava, cantava, improvvisava discorsi. Fu ricoverato prima nella clinica psichiatrica di Basilea (il 10 gennaio) e alcuni giorni dopo nella clinica psichiatrica universitaria di Jena. In entrambi i casi la diagnosi fu di paralisi cerebrale progressiva. Ma qual era la causa della paralisi cerebrale? La follia di Nietzsche. L’ipotesi più accreditata (più mitizzata, anche) è quella della sifilide giunta all’ultimo stadio. Nietzsche l’avrebbe contratta a Colonia nel 1865 durante la visita a un bordello. Tuttavia questa ipotesi non è mai stata dimostrata. Karl Jaspers, che era filosofo e professore di filosofia, ma aveva studiato medicina e psichiatria, sostiene che la causa della malattia di Nietzsche non è dimostrabile: “La diagnosi della malattia (...) non giunse mai ad una assoluta certezza”; “non si è riusciti a fare una diagnosi medica che riassumesse i sintomi in un quadro chiaro, preciso ed univoco della malattia”. In questo quadro d’incertezza, mi pare doversi ricordare che il padre di Nietzsche, Karl Ludwig, nato nel 1813, era morto a 36 anni per “malattia cerebrale”; precoce morte che pesa come un’ombra minacciosa sulla vita del figlio (v. Ecce homo). Quello che è certo è che Nietzsche soffriva di violente emicranie e di dolore agli occhi che lo riducevano quasi alla cecità (i dolori erano accompagnati da crisi di vomito). Altrettanto certo è che la sua salute era sempre stata precaria e costellata di sfortunati eventi: ◄
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nel 1868, ad esempio, era stato congedato dal servizio militare per una caduta da cavallo. Nel 1879, dopo dieci anni di insegnamento all’Università, Nietzsche chiese il pensionamento giacché le sue condizioni fisiche non gli consentivano di continuare a insegnare. Le cose andarono meglio, perlopiù, nel decennio successivo, durante il quale il filosofo vagabondò in Svizzera e in Italia, ma ci furono comunque “alti e bassi”, momenti di esaltazione e di depressione - fino al collasso finale. Le condizioni di salute non gli avevano impedito di scrivere moltissimo - lo dimostra il corpus delle sue opere e anche la quantità di appunti inediti: Nietzsche, mentre scriveva un libro, correggeva le bozze del precedente e già progettava (e prendeva appunti) per l’opera successiva; lavorando anche di notte in condizioni di luce evidentemente poco adatte a chi soffre di occhi. Il mistero della demenza di Nietzsche rimane e assume quasi valore simbolico. Nella Gaia scienza egli aveva parlato di un folle che annuncia la morte di Dio. Ma lo fa con spavento, con timore e tremore, perché, dice il folle, se Dio è morto l’uomo è libero, ma, se Dio è morto, l’uomo è solo. Erano (sono) gli uomini all’altezza di un’impresa così grande e disperata - uccidere Dio, fare a meno di lui? La domanda del folle sembra racchiudere in sé il destino di Nietzsche. Il caso Wagner. Ciò che intendiamo fare adesso è di gettare uno sguardo alla frenetica attività dell’anno precedente l’esplosione della follia, il 1888. Ci guiderà nel farlo l’impressione che Nietzsche sapesse o meglio sentisse che il suo tempo stava per scadere, che la follia stava per impadronirsi della sua mente e che pertanto bisognasse concludere. L’anno 1888 incomincia con Il caso Wagner. Ma, per capire l’importanza di questo scritto, bisogna fare un passo indietro: ne La nascita della tragedia, il suo primo libro, del 1872, Nietzsche aveva salutato nell’opera di Richard Wagner la “rinascita” della grande arte tragica (quella di
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Eschilo e di Sofocle, sintesi suprema di bellezza apollinea ed ebbrezza dionisiaca). Wagner allora, per il giovane filosofo, era non solo il più grande dei musicisti viventi, ma l’artista “totale”, in grado di confrontarsi coi Greci. Con qualche (prudente) riserva il giudizio era stato ripetuto nella quarta “Considerazione inattuale”, Richard Wagner a Bayreuth, del 1876. All’inizio del 1888 la prima cosa che Nietzsche fa è di contraddire (e cancellare) il giudizio di allora: Wagner è diventato l’espressione massima della décadence. Un’arte decadente è un’arte che finge, che si finge tragica, ma non ha lo spessore né artistico né morale per esserlo; la vera arte tragica è quella mediterranea, sanguigna, solare, vicina alla vita - che il filosofo ora riconosce nella Carmen di Georges Bizet. Nietzsche non era stato solo un entusiastico ammiratore della musica wagneriana: lui aveva conosciuto e frequentato, da giovane professore universitario, la casa di Richard Wagner e di sua moglie Cosima Liszt a Triebschen, sul lago di Lucerna. Alla sua sconfinata ammirazione per il Maestro si era aggiunta anche la segreta passione per Cosima. Ora l’ira e il rancore dominano il piccolo saggio del 1888: e si ha l’impressione che davvero ci sia qualcosa di personale (di patologico anche) nell’attacco durissimo all’arte “decadente” di Wagner. Forse, più di un’interpretazione edipica del rapporto con i coniugi Wagner, potrebbe avvicinarsi alla verità storica l’interpretazione di René Girard del “desiderio mimetico”: a questo proposito occorre ricordare che Nietzsche componeva musica e forse aveva sognato di diventare musicista prima che filosofo (di lui si ricorda, ad es., un Inno alla vita su parole di Lou von Salomé). Come se non bastasse, per calmare il suo furore, quello che aveva scritto, Nietzsche (sempre nel 1888) prepara un’altra opera, Nietzsche contro Wagner, che è un’antologia di tutti i suoi scritti sul musicista… Il libro però non fu pubblicato. Perché lo stesso Nietzsche rinunciò a pubblicarlo, il 2 gennaio 1889, cioè il giorno prima
Figura 8.2 - In alto dipindo di Franz von Lenbach (1836–1904) raffigurante Richard Wagner. dell’esplosione della follia. Crepuscolo degli idoli. Il caso Wagner è solo l’inizio del forsennato lavoro compiuto nel 1888. Nel 1887, dopo la pubblicazione della Genealogia della morale, Nietzsche aveva progettato un’opera “sistematica”, La volontà di potenza. Tentativo di una trasvalutazione di tutti i valori; opera nella quale intendeva esprimere in forma definitiva il suo pensiero. Nel 1888 il progetto viene
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accantonato; però, dagli appunti de La volontà di potenza, nascono due libri: il primo è il Crepuscolo degli idoli ovvero Come si filosofa col martello, pubblicato a novembre; il secondo è L’Anticristo. Maledizione del Cristianesimo, che verrà stampato solo nel 1895 ma che è già pronto per la stampa nel settembre del 1888 e che viene ormai considerato da Nietzsche come l’intera “Trasvalutazione di tutti i valori”. Dunque l’opera conclusiva del filosofo è qui, in questi due volumetti che adesso andremo a esaminare - mentre è ormai considerata un falso notorio l’opera La volontà di potenza (del 1906) “rimaneggiata” dalla sorella Elisabeth con l’aiuto di Peter Gast.
La parola-chiave del “Crepuscolo” è décadence e la morale greco-ebraicacristiana è l’espressione della decadenza. La morale è “contro-natura” - dice Nietzsche - perché è contro la vita, contro l’istinto o gli istinti della vita “sana”. Essa infatti nega, mentre “l’immoralista” afferma. La morale (e quindi la decadenza) è dovuta, soprattutto, al cristianesimo che ha dato spazio al debole, al brutto, al malato – a tutto ciò che non è forza, salute, felicità. Tale morale è stata, del resto, “rilanciata”, nell’epoca moderna, dalla filosofia di Arthur Schopenhauer. A tutto ciò si contrappone il dio Dioniso - di cui Nietzsche si dichiara seguace - che accetta ed esalta la vita perfino nel momento del dolore. Una pagina del “Crepuscolo” ci sembra vada sottolineata: è il capitolo “Come il ‘mondo vero’ finì per diventare favola” con sottotitolo “Storia di un errore”. Si tratta apparentemente di appunti che dovevano essere rielaborati - ma la rielaborazione non avvenne e gli appunti furono utilizzati così com’erano. Nietzsche parla del “dualismo” cioè dell’idea che accompagna la storia della filosofia occidentale - incominciando da Platone - che il mondo non sia che una copia materiale e imperfetta di un altro mondo immateriale e perfetto oppure la manifestazione di una realtà inconoscibile (Kant). Il positivismo però ha aperto la strada alla verità: il “mondo vero” non esiste e pertanto il “mondo apparente” è l’unico mondo reale. Stabilire che “non c’è un altro mondo” ma che questo è l’unico mondo, o comunque il solo che ci sia dato, dovrebbe ristabilire la priorità del corpo sull’anima, dei sensi sulla concettualizzazione, della vita sulla morale, della verità sulla menzogna. Se ciò non accade è per via della resistenza che religione e morale (armi degli uomini “imperfetti”) contrappongono a tale conquista della filosofia. L’Anticristo. Il tema del “Crepuscolo”, la décadence, viene ripreso e, se possibile, radicalizzato ne L’Anticristo. Il cristianesimo - secondo Nietzsche
- offende la vita: esso ha inquinato alle radici - col senso di colpa e col peccato - le fonti della gioia; ha promesso un aldilà inesistente; ha mentito su Dio e sull’anima. Più del Cristo è Paolo ad avere edificato questa religione insidiosa e velenosa. Più del cattolicesimo è Lutero ad avere impedito la “liquidazione” definitiva del cristianesimo. La Chiesa, infine, ha impedito lo sviluppo di una cultura “sana” come quella rinascimentale. Come se non bastasse, i filosofi tedeschi (segretamente dei teologi mascherati) hanno a loro volta alimentato il pensiero cristiano. Il cristianesimo è nichilista perché “dice di no” alla vita. Per liberarsi dal nichilismo - per cancellarlo dalla faccia della terra - non c’è che lo scetticismo. Zarathustra (l’alter-ego di Nietzsche) è uno scettico che prepara il ritorno del dio Dioniso. Tale ritorno sarà l’inizio di un’epoca nuova, caratterizzata dalla pienezza del vivere. Anche in questo libro però le argomentazioni sembrano sopraffatte dal rancore: forse è la fretta, il senso della fine ad incalzarlo; ma anche il senso di oppressione, e l’insofferenza, per l’educazione ricevuta e per la sua incapacità di liberarsene. Poiché non riesce a liberare se stesso, l’anarchico filosofo sta tentando di “liberare il mondo” da una cultura millenaria. È giunto il momento di Ecce homo. Ecce homo. Ecce homo (che verrà pubblicato nel 1908) si divide in quattro parti: “Perché sono così saggio”, “Perché sono così astuto”, “Perché scrivo libri così buoni”, “Perché sono un destino”. Si nota, fin dai titoli, e poi in vari passaggi, l’euforia che pervade l’opera. Tuttavia, è probabile che Ecce homo sia un libro sottovalutato. Indubbiamente c’è troppo compiacimento, e anche troppa urgenza, però Nietzsche parla di sé e dei suoi libri - e questo è importante. Importante, ad es., che egli parli di suo padre, più di una volta, e che gli attribuisca la sua “natura speciale” (“Considero un grande privilegio aver avuto un tale padre”), mentre proclama che la madre e la sorella sono quello che lui non vuole es- ◄
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Filosofia
Psichiatria
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Figura 8.3 - Il famoso personaggio letterario (alter ego di Nietzsche), Zarathustra, prende il nome dal profeta e mistico persiano, fondatore dello Zoroastrismo vissuto tra il 628 a.C. e il 551 a.C. A Fianco Zoroastro dipinto da Raffaello, particolare della Scuola di Atene. ◄
sere, quello che lui odia (“credermi imparentato con una tale canaille sarebbe una bestemmia contro la mia divinità”). Ancora più importanti le sue osservazioni sulla dieta, sul clima, sul riposo ecc., che compaiono nella seconda parte (“Perché sono così astuto”). Nietzsche dichiara la sua avversione per tutto ciò che è tedesco, la cucina, il clima, la cultura tedesca. A tutto ciò egli si è sottratto con la fuga. La cucina migliore è quella piemontese, il clima migliore è quello italiano, la cultura più raffinata è quella francese. Saper trovare l’alimentazione adatta al proprio fisico, il clima adatto, le letture adatte è il segreto dello scrittore. Un po’ stravagante, questo sì; ma, in ultima analisi, come gli si può dare torto? Più di una volta Nietzsche parla della sua salute ma non col compiacimento dell’ipocondriaco. La sua cattiva salute è sempre stata un ostacolo da superare, ma forse anche uno sprone. E, soprattutto, non gli ha impedito di attendere alla sua opera. Nella terza parte, il filosofo esamina tutte le sue opere dalla Nascita della tragedia (1872) fino al Crepuscolo degli
idoli (1888). La sua opera per eccellenza - scrive - è il Così parlò Zarathustra (1882-83). Le opere precedenti in qualche modo la preparano. Le opere seguenti servono a “sgombrare il campo” (dai pregiudizi, dalla morale, dal cristianesimo ecc.) affinché la voce di Zarathustra risuoni più alta e più forte. Il messaggio di Zarathustra è una affermazione della esistenza che implica anche l’accettazione del dolore - affermazione che viene esaltata, elevata alla ennesima potenza, dalla teoria dell’eterno ritorno di tutte le cose. (Questa teoria serve anche a respingere la visione del tempo proposta da Agostino o da Hegel: non c’è una fine e un fine della Storia giacché il tempo è un anello che ripercorre se stesso.) Tutto ciò coincide con la filosofia tragica e col dionisiaco. Il dio della prima opera di Nietzsche - il dio dell’ebbrezza torna a suggellare questa ultima, tormentata riflessione su se stesso.
Indicazioni bibliografiche
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Per una drammatica ricostruzione “in diretta” dell’esplosione della follia, v. F. Nietzsche, Lettere da Torino, Adelphi, Milano, 2008. Per le opere esaminate o citate, v. F. Nietzsche, Opere, a cura di G. Colli e M. Montinari, Adelphi, Milano, 1964 e segg. Si tratta dell’opera omnia del filosofo ma esistono ovviamente varie edizioni di singole opere. Sono stati consultati inoltre: K. Jaspers, Nietzsche, Introduzione alla comprensione del suo filosofare, Mursia, Milano, 1996.
Rimarrebbe da dire qualcosa sui Ditirambi di Dioniso - ma non mi pare che essi aggiungano niente alle opere esaminate. Se mai, sono la dimostrazione finale che Nietzsche sentiva di avere terminato la sua opera, assolto il proprio compito, anzi la propria missione, e che poteva liberamente cantare a se stesso qualche consolante canzone. ■
Antonio Petrucci. Ha insegnato filosofia all’indirizzo socio-psico-pedagogico dell’Istituto “Matilde di Canossa” di Reggio Emilia. Ha curato i seguenti “Quaderni del Canossa”: Friedrich Nietzsche Un filosofo e la sua ombra, RE 2003; Filosofia al cinema, RE 2006; Perché la sofferenza?, RE 2011. Ha collaborato ai seguenti volumi: Scienza, coscienza e storia nel ‘caso Galilei’, a cura di S. Spreafico, FrancoAngeli, Milano, 2003; Problema, tentazione, mistero. La cultura occidentale e la domanda sul male, a cura di S. Spreafico e M. Carrattieri, ed. San Lorenzo, RE, 2007; Prendersi cura della disabilità intellettiva, a cura di C. Ruggerini, A. Dalla Vecchia, F. Vezzosi, Erickson, Trento, 2008. Ha pubblicato inoltre: Per un’etica della presenza. Saggio di filosofia morale su L’Almanacco n. 55-56, RE, dic. 2010; Filosofia e medicina. Un itinerario storico su L’Almanacco n. 58, dic. 2011; Dell’uomo giusto e del tiranno. Letture platoniche su L’Almanacco n. 60, dic. 2012.
A. Magris, Nietzsche, Morcelliana, Brescia, 2003. G. Penzo, Nietzsche allo specchio, Laterza, Roma-Bari, 1993. R. Girard, La pietra dello scandalo, Adelphi, Milano, 2004.
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Il tema del numero
Anemos neuroscienze
Pensiero al femminile
Elisabetta Sirani Il Barocco al femminile
Pensiero al femminile. L'approccio multidisciplinare di ÂŤNeuroscienze AnemosÂť guarda anche al mondo della psicologia sociale. La questione delle discriminazioni di genere e del ruolo della donna nella societĂ rientra tra le problematiche anche della nostra epoca. Da qui l'esigenza di puntare la lente sul contributo del genere femminile ai settori importanti della scienza e della cultura.
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IL PERSONAGGIO
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Anemos neuroscienze
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Elisabetta Sirani Il barocco al femminile tra i principali pittori del suo tempo e della scuola bolognese
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Figura 9.1 - Sopra, Madonna con bambino e San Giovanni. Nella pagina a fianco autoritratto di Elisabetta Sirani.
uando si parla di Barocco, si pensa subito ai grandi autori della scultura e della pittura: Bernini, Caravaggio, Guido Reni, Guercino. Se poi si considera in particolare la cosiddetta scuola emiliana che diede grande impulso alla pittura barocca italiana, oltre al giĂ citato Guido Reni, sono i Carracci a dominare le storie dell'arte. Ma nel capoluogo emiliano fu attiva anche una pittrice poco considerata nei secoli e rivalutata solo molto tempo dopo. Parliamo di Elisabetta Sirani. â—„
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IL PERSONAGGIO
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Elisabetta nacque a Bologna l'8 gennaio 1638 e qui vi morì il 28 agosto del 1665. Era figlia d'arte, visto che Giovanni Andrea Sirani era un noto pittore bolognese, già assistente di Guido Reni. Pare che la giovane Elisabetta si dimostrasse fin da subito predisposta alle arti, forse anche per il contesto così fertile e le frequentazioni del padre. La Sirani realizzò alcuni ritratti importanti già intorno ai diciassette anni. La pittrice bolognese aveva un rapporto dinamico con la sua passione per la pittura. Non contenta di aver appreso i rudimenti dall'osservazione delle tecniche tradizionali, pare che
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impiegasse una tecnica particolare per rifinire i suoi lavori. Il tratteggio dei soggetti veniva rifinito qualche volta con tempera ad acqua. Ecco una breve carrellata delle principale opere della Sirani. Fra i suoi primi lavori, l'acquaforte del S. Eustachio (1655). Nel 1656 dipinse i ritratti della madre e di Ginevra Cantofoli mentre nel 1657 quello della moglie del dottor Gallerani, e nel 1658 il Battesimo di Cristo (conservato a Bologna, S. Girolamo della Certosa). Nel 1662 fu eseguito il S. Antonio col piccolo Redentore conservato alla ricca Pinacoteca Nazionale di Bologna. La critica
Figura 9.2 - Sopra Porzia che si ferisce alla coscia, 1664. d'arte ha rinvenuto in particolare in questo dipinto, un tenue cromatismo e un tratto più sciolto che lo renderebbero più pregevole rispetto alla Madonna del Rosario (stesso luogo di conservazione del precedente). Molte opere risultando di incerta attribuzione, e ciò la dice lunga sulla fortuna delle sue opere nel periodo subito successivo alla sua morte, ma tra le più sicure o verificate indichiamo le seguenti: La Concezione, il S. Francesco di Sales, due Beati della famiglia Ghisilieri; i Ss. Antonio e Romeo; in S. Carlo a Bologna una Madonna, e in S. Paolo in Monte all'Osservanza
Anemos neuroscienze
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Figura 9.3 - Sopra Bellezza che
scaccia il Tempo.
il Beato Marco Fantuzzi. I temi sacri predominano come in tutta la pittura occidentale fino alla fine del XVIII secolo, ma la Sirani non disdegnò anche di ritrarre temi mitologici e storici, nonché effigi dei suoi contemporanei, qualche volta compresi proprio nei quadri di soggetto profano. Gli influssi sulla Sirani sono da ricercarsi innanzi tutto in Guido Reni, ma alcune opere risentono anche di altre influenze. La Porzia che si ferisce alla coscia del1664, ad esempio, ricorda gli incarnati e le pose del Guercino.
«La pittrice bolognese aveva un rapporto dinamico con la sua passione per la pittura. Non contenta di aver appreso i rudimenti dall'osservazione delle tecniche tradizionali, pare che impiegasse una tecnica particolare per rifinire i suoi lavori.» Come si diceva in precedenza, l'opera della Sirani andò incontro ad un oblio quasi totale dopo la scomparsa della pittrice. Ma nell'Ottocento cominciava a sorgere una nuova sensibilità per le autrici donne dei secoli passati. Inizialmente non per le qualità intrinseche dei lavori delle artisti, ma per l'aspetto “eroico e patetico” di queste figure che potevano ritenersi del-
le emarginate, in quanto donne in un contesto totalmente maschile. Questa scintilla di interesse, comunque, anche se non diretta solo all'opera, ebbe il merito di preparare il campo alla rivalutazione di questa autrice. Se vogliamo, il percorso finale di questo riconoscimento, avvenne nel 1947. Con l'entrata in vigore dell'ordinamento re- ◄
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APPROFONDIMENTO
Figura 9.4 - Qui a fianco Giuditta con la testa d Oloferne, 1658.
anni duemila, a Bologna. Occorre ammettere che il valore artistico di Elisabetta Sirani è indubbio e la qualità pittorica dei suoi lavori la può far annoverare tra i principali pittori del suo tempo e della scuola bolognese. Le difficoltà della condizione femminile, notoriamente subordinata anche e forse di più nelle classi elevate al mondo degli uomini, non impedì alle donne dell'epoca barocca di dedicarsi con passione all'arte. Tra le altre, si ricorda ad esempio Lavinia Fontana, figlia di Prospero Fontana e la famosa Artemisia Gentileschi, figlia di Orazio. ■
pubblicano in luogo di quello monarchico, la "Scuola provinciale femminile di arti e mestieri" di Bologna, intitolata nel periodo del regno alla Regina Margherita, divenne la scuola Elisabetta Sirani. Più di recente, nel 1994, alla pittrice bolognese è stato dedicato un cratere di 28 km di diametro sul pianeta Venere, fatto puramente
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celebrativo ma importante, poiché di solito queste intestazioni sono dedicate a personaggi illustri delle arti, della scienza, della letteratura. Tra le varie mostre dedicate negli anni alla pittrice, si segnala per importanza la monografica del 1995, mentre una più recente si segnala alla metà degli
Bibliografia essenziale
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B. Buscaroli Fabbri e D. Rondoni, Il veleno, l'arte. Storia vera e teatrale di Elisabetta Sirani pittrice, Genova 2004.
Adelina Modesti, Elisabetta Sirani. Una virtuosa del Seicento bolognese, Bologna 2004.
Neuroestetica.
L'invenzione della bellezza convegno di neuroestetica Data: 11/03/2016 Sede del convegno: Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, Palazzo Dossetti, viale Allegri 9, Reggio Emilia (RE) Relatori: - Marco Aguggia, medico neurologo e fisiatra, dirige l'unità operativa Neurologica e Stroke Unit di Asti. Professore presso la Scuola di Specializzazione di Neurologia Università di Torino Membro Consiglio Direttivo e del Gruppo di Studio di neuroestetica della SNO (Società Neuroscienze Ospedaliere) - Alberto Bertoni, Professore Associato di Letteratura comparata presso l’Università di Bologna; - Stefano Calabrese, Professore Ordinario di Semiotica del testo presso l’Università di Modena e Reggio Emilia; - Enrico Grassi, Specialista in Neurologia. Neurologo presso U.O di Neurologia del Nuovo Ospedale di Prato. Coordinatore nazionale del Gruppo di Ricerca in Neurostetica della SNO. - Marco Ruini, Specialista in Neurologia e Neurochirurgia; Direttore del Centro di Neuroscienze Anemos; Direttore scientifico della Rivista "Neuroscienze Anemos"; - Salvatore Spinnato, Specialista in Neurochirurgia. Neurochirurgo presso A.O. Niguarda Cà Granda, Milano; autore di saggi di Neuroscienze. "La rappresentazione anatomica dell'immagine del corpo umano" 2013; "Sulla nuca: da Mondino alla geisha" 2016 - Marco Pivato, laureato in Chimica e tecnologia farmaceutica, spe-
cializzato in Comunicazione della Scienza. Membro dell'Associazione Stampa Medica Italiana (Asmi), dell'unione Giornalisti Scientifici Italiani (Ugis). Collabora con "La Stampa" ed è redattore presso "il Resto del Carlino" di Ferrara. Ha pubblicato: "A poca voce" (2008), "Il miracolo scippato" (2011), "Noverar le stelle" (2015) Moderatori: - Amati Adriano: Scrittore. Oltre a libri di turismo ed arte ha pubblicato: "Turista a Tebaide" (1991), "Bertrand il matematico" (1994), "Dialoghi del namoro" (1997), "Domicilio Mantova" (2003), "Detto tra noi" (2005), "I miei" (2006), "Una voglia di Sur" (2008), "L'iride azzurra" (2010), "Ballate" (2013), "Nebbia a teatro" (2014). - Zanotti Bruno: Specialista in Neurologia e Neurochirurgia; Segretario Nazionale della Società di Neuroscienze Ospedaliere (SNO). Direttore scientifico della rivista "Topic in Medicine" ed Editorial Assistant del periodico "Progress in Neuroscience." Programma I sessione: Arte, musica, fotografia e neuroscienze cognitive Ore 9.00: Saluti e apertura dei lavori Ore 9.20 - 11.30 Moderatore: Bruno Zanotti Interventi di: - MARCO RUINI, Neuroscienze e giudizio estetico: l’invenzione della bellezza - ENRICO GRASSI, Il bello musicale: dalla percezione al piacere (Coffee break) - SALVATORE SPINNATO, Sulla bellezza anatomica del corpo: dalla preistoria al mondo fluttuante
- MARCO AGUGGIA, La bellezza fotografica, tra realtà, errore e inganno 11.40-12.30 discussione II sessione Letteratura, poesia e neuroscienze cognitive Ore 14.30 - 16.00 Moderatore: Adriano Amati Interventi di: - STEFANO CALABRESE, Per una definizione scientifica di bellezza - ALBERTO BERTONI, Poesia e Alzheimer - MARCO PIVATO, Noverar le stelle. Che cosa hanno in comune scienziati e poeti 16.00-16.30 discussione Ore16.30-18.00 Interventi di dottorandi e dottorande della Scuola di Dottorato in Scienze Umanistiche dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Segreteria organizzativa: Libera università di Neuroscienze Anemos, associazione culturale, via Meuccio Ruini, 6, Reggio Emilia. Contatti: www.anemoscns.it info@anemoscns.it
Gli Editori
L'Associazione Anemos
Presidente: dr. Marco Ruini
L
’Associazione culturale e di volontariato Anemos, fondata nel marzo 2009, nasce per coordinare e ampliare le attività di volontariato sociale di un gruppo di amici di Novellara (RE), nonchè le attività culturali del Centro di Neuroscienze Anemos, l’attività editoriale scientifica in collaborazione con la casa editrice New Magazine Edizioni e con la casa editrice La Clessidra. Tra i vari campi d’attività accennati: ♦ Libera Università di Neuroscienze Anemos: organizza convegni, seminari e corsi multidisciplinari sul tema delle neuroscienze in collaborazione con La Clessidra Editrice (vedi testo sotto). Pubblicazione della rivista «Neuroscienze Anemos» ♦ “Libri Anemos”. Attività editoriale con la Casa Editrice New Magazine con una collana di Neuroscienze e una collana di Narrativa e Poesia ♦ Biblioteca di Neuroscienze Anemos ♦ Promozione e valorizzazione di giovani artisti ♦ Programmi di volontariato sociale nei paesi in via di sviluppo e in Italia
www.associazioneanemos.org
La Clessidra Editrice Direzione editoriale: Davide Donadio Tommy Manfredini
N
ell’autunno del 2010 è nato il progetto «Neuroscienze Anemos», trimestrale di neuroscienze, scienze cognitive, psicologia clinica e filosofia della mente. Il periodico di divulgazione scientifica, distribuito gratuitamente nelle biblioteche pubbliche della provincia di Reggio Emilia e Mantova e in altri circuiti distributivi, si sviluppa in stretta correlazione con La Clessidra Editrice, giovane casa editrice Reggiana (con sede a Reggiolo, RE) nata in un contesto di associazionismo culturale nel 2004 e costituitasi come casa editrice nel 2006. ditrice La Clessidra è specializzata in editoria periodica locale e settoriale. La giovane casa editrice raduna intorno a sé un attivo gruppo di intellettuali, collaboratori abituali e occasionali, che agiscono oltre la sfera dell'editoria. otto questo aspetto, le attività promosse dall'editore contribuiscono ad alimentare il dibattito sulla contemporaneità, non solo presentando e divulgando la propria attività e quella di altri operatori culturali, ma anche promuovendo convegni e seminari (riguardanti l'ambito scientifico e le scienze umane) , divulgando l'attività di artisti, scrittori, studiosi di varie discipline.
E S
www.clessidraeditrice.it
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Le Clessidra Editrice. Redazione editrice e della rivista: via XXV aprile, 33 - 42046 Reggiolo (RE) tel. 0522 210183