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ELENA BOSCA
LA RAGAZZA DELLE TORTE
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I edizione: gennaio 2014 Š 2013 La Corte Editoria e Comunicazione Corso Galileo Ferraris 77, Torino Tutti i diritti riservati La Corte Editore è un marchio La Corte Editoria e Comunicazione Art Director: Lorenzo De Palo - itsfriday.it Photo: Lorenzo De Palo, Dario Bologna - Luzzitelli Danieli Makeup Artist: Roberta Pessiva ISBN 9788896325438 Finito di stampare nel mese di gennaio 2014 presso lo stabilimento grafico Elcograf di Verona per conto di La Corte Editoria e Comunicazione
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A mio marito Michele, il mio dolce preferito.
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La mia vita era perfetta. Fino a stamattina. Per carità, c’era ancora un ex fidanzato da riconquistare, ma per il resto avevo tutto. Un lavoro ottenuto duramente e che stava per ricevere una promozione, la libertà guadagnata di una casa nuova tutta mia, dove potevo sentirmi completamente me stessa, invitare chi volevo, sfornare ogni tipo di piatto e svegliarmi solo con i profumi che amo di più. Avevo anche un’agenda super impegnata, due splendide amiche e mille altre sicurezze su cui fare affidamento. Ma non mi faccio mai gli affari miei e devo sempre fare qualcosa per aiutare gli altri. Così, le uniche certezze che mi sono rimaste ora sono quelle due donne favolose che mi stanno guardando dal mio divano con occhi a punto interrogativo. “Sai, Wendy” mi dice Lara “è bello essere tua amica. Non ci si annoia mai.” “Già,” ribatte Maggie “dovremmo pensare a scriverci un serial televisivo sopra: Wendy and the city o Desperate Wendy, qualcosa del genere. Cos’hai combinato stavolta?” 11
Nulla. O meglio, alle otto e mezza ero sul 4, il tram che mi porta in ufficio, insieme a tutti gli altri passeggeri, stipati, ancora addormentati e compressi come in una scatola di sardine. Poi è salita una donna incinta: aveva un vestito lungo poco sopra il ginocchio, i capelli raccolti in un pratico chignon e una pancia davvero enorme. Mi auguravo che qualcuno la facesse sedere: dovrebbe essere un gesto spontaneo, naturale, invece nulla. Come se non bastasse, entra un controllore e se la prende con lei perché non ha timbrato il biglietto. La donna prova a spiegargli che non sarebbe riuscita ad arrivare all’obliteratrice neanche volando, ma lui niente, vuole farle la multa. Ottuso e cieco come pochi. Così, presa da un irrefrenabile moto di compassione nei confronti della poveretta, ho convalidato un biglietto in più del mio carnet e, avvicinandomi, l’ho passato al controllore. “Tenga. La signora mi aveva chiesto di obliterarlo per lei.” L’uomo mi ha guardato infastidito dietro i sui baffi bianchi, poi ha fatto una smorfia ed è andato in cerca di altre vittime. Mi bastava un semplice cenno con la testa, invece lei si è prodigata in mille ringraziamenti. Ero già piuttosto imbarazzata, quando all’improvviso mi ha preso la mano e si è messa a leggerla. È stato un movimento così fulmineo che non ho potuto fare niente per impedirlo. Ma lei era già partita e, guardandomi negli occhi, ha cominciato a svelarmi cosa aveva visto: “Ci sono delle persone che non ti vogliono felice. Tu devi lottare, ribellarti. In questo momento sei come un cigno, fuori dall’acqua sei apparentemente calma e impassibile, ma dentro ti senti agitata e in subbuglio. Devi aprire le tue ali, devi cercare la tua via Wendy.” Wendy?! Come faceva a sapere come mi chiamo? “Vedo che c’è un uomo importante per te...” Ovvio, tutte abbiamo un uomo importante per noi, ma come ha fatto a sapere come 12
mi chiamavo? “Ma è un uomo che ti sta facendo soffrire...” Sì, effettivamente, con Paolo le cose sono messe piuttosto maluccio. “Sulla tua via, fai attenzione ai serpenti, possono combinare disastri. Se sarai brava, però, nel tuo futuro vedo confetti e cioccolata.” Stava per caso dicendo che mi sposerò e che non rimarrò zitella per tutta la vita? Non ho solo capito cosa intendesse con i serpenti, ma cominciava a piacermi quella donna! “Ma devi essere forte. Ricordati, non devi farti mettere i piedi in testa.” “D’accordo.” Ribatto un po’ frastornata. “E credi sempre ai profumi. Capito?” “Certo! I profumi.” Giuro, mi sembrava una situazione irreale! Ma lei stava per tirare fuori l’ultimo pezzo del suo repertorio. “Anzi, per ringraziarti ti do questo,” mi dice passandomi quello che sembrava essere un piccolo campioncino da profumeria. “Questo è un potente elisir. Se avrai bisogno di far innamorare qualcuno spruzzatene un po’ addosso. Sarà tuo.” Mentre finisco di raccontare la storia alle mie amiche, ordino su un vassoio tre tazze di tè al miele e sei cupcakes al cioccolato e cannella, che ho preparato io e quando cucino i cupcakes lo faccio essenzialmente per due ragioni: per premiarmi oppure consolarmi. Quindi, questa volta, razione doppia. Non è per gola. È proprio il cucinarli che riesce a rigenerarmi. È quella sequenza di gesti, di profumi, di sensazioni, che riesce a ridarmi istantaneamente un meraviglioso equilibrio, a farmi ritrovare il sorriso sulle labbra. Ed ora ne ho proprio bisogno. “Quindi? Hai provato il profumo è qualcuno si è innamorato di te?” 13
“No.” “Ma l’hai provato almeno?” “Neanche. Anzi, non so perché non l’abbia già buttato. Chissà cosa c’è dentro.” “E allora? Perché ci hai fatto venire in fretta e furia.” “Nulla”, provo a glissare io, improvvisamente sulla difensiva. “Vi ho invitato per festeggiare la mia nuova casa.” “Bugia. Abbiamo già festeggiato l’altra sera.” “Beh, non avevo ancora provato il forno.” Dico addentando velocemente un cupcake. Uffa, non dovrebbero essere mie amiche? Non dovrebbero abbracciarmi e dirmi qualsiasi cosa sia successa, ci siamo noi, non ti preoccupare? Ma loro non sono così. E le adoro anche per questo. “Mi sono licenziata.” Dico infine. “Cosa?” Mi dicono in coro. “Già.” “Colpa della zingara?” “Non era zingara.” “Va beh, della sensitiva...” “No, non credo, o forse sì...” Mi guardano come se fossi un marziano sceso sulla terra. “E cosa farai adesso? Come farai?” Ecco, sono sicura che si riferiscano al fatto che mi sia appena trasferita in questo splendido trilocale a pochi passi dal centro di Torino. Un autentico incanto che mi ha fatto perdere la testa al primo sguardo. Due piccole camere, ma in compenso un unico gigantesco soggiorno, con tanto di vista magnifica sulla collina. Come se non bastasse, era già arredato con molto gusto. In perfetto stile Shabby Chic, infatti, l’appartamento spicca per la sua luminosità: la mobilia antica è stata completamente decapata, 14
dipinta di bianco e tirata a nuovo e ogni singolo oggetto sembra far parte di un perfetto quadro: l’orologio a pendolo, il tavolo in soggiorno, la credenza ottocentesca con piccole decorazioni in rilievo. Retrò e moderna allo stesso tempo. Io non ho dovuto fare altro che aggiungere qualche piccolo dettaglio per sentirla del tutto mia: una foto di me, Lara e Maggie al mare, una stampa di Monet, un’ulteriore libreria per mettere ordine ai miei mille libri e dvd. Mamma, quanto vorrei fare vedere questa casa a quello stronzo del mio ex. Pagherei oro per vedere la sua faccia. Sta di fatto, però, che ogni mese di affitto mi costa un occhio della testa e che, al momento, non ho più nessuna entrata. “Ci vuoi spiegare allora cos’è successo?” “Ho bluffato ed è andata male.” “Cioè?” “No, non è stata colpa mia, beh... sì, però... insomma, è stata lei che non ha mantenuto la parola e quindi non ho potuto fare altrimenti. E poi il fatto che stamattina quella lì mi abbia ripetuto mille volte che non dovevo farmi mettere i piedi in testa, non ha aiutato.” Vedo delle facce interdette di fronte a me, quindi credo che dovrò spiegarmi meglio. Dopo la laurea in Scienze della Comunicazione, sono stata una delle poche miracolate a trovare uno stage decentemente pagato che si è trasformato in un contratto di lavoro. Da qualche anno, infatti, lavoravo in aDora, un’agenzia di organizzazione eventi, molto conosciuta qui a Torino. Eventi aziendali, privati, partner per grandi manifestazioni. Quando sono entrata quattro anni fa, eravamo praticamente solo io e il capo, Dora, una donna che ho stimato dal primo momento in cui l’ho vista. Un vero carro armato nel suo lavoro, una 15
macchina da guerra, furba, scaltra, attenta. Non le sfuggiva mai nulla, era sempre un passo avanti ed era strepitosa nelle relazioni pubbliche. Sapeva sempre come ingraziarsi chi aveva di fronte, come ottenere favori e privilegi, quale cifra chiedere per essere sicura di procurarsi il lavoro e allo stesso tempo mettersi in tasca un lauto guadagno. E in pochi anni è riuscita a far diventare il suo progetto un’importante realtà nel torinese. Io l’ho presa a modello e inizialmente mi sono lasciata contagiare dal suo entusiasmo. Lavoravo, praticamente gratis, ventiquattro ore al giorno e anche se non guadagnavo nulla, mi sentivo parte di qualcosa che stava crescendo. Pensavo che essendo a bordo fin dall’inizio, appena fossimo andate a vele spiegate, anch’io avrei cominciato a raccogliere i frutti. Invece non è andata proprio così. Per carità, Dora mi ha sempre osannata e mi ha dato l’opportunità di lavorare operativamente su tutti i progetti più importanti e di poter fare una grande esperienza, facendomi anche prendere spesso decisioni di una certa rilevanza. Si fidava così tanto di me, che mi aveva anche consegnato le password dei suoi social network privati per gestirglieli. Lo avevo sempre ritenuto un segno di massima stima. Dora, infatti, oltre a essere la regina degli eventi torinesi, era anche una vera collezionista di uomini e ultimamente, da più di un anno, portava addirittura avanti due storie parallele, in cui entrambi gli uomini pensavano di essere i soli. Uno, Alex, un rampollo di un’importante famiglia torinese, di qualche anno più giovane di lei, che si era già fatto notare in città per le sue doti imprenditoriali; mentre l’altro, Toni, un famoso neurochirurgo milanese. Uno brillante ed estroverso, l’altro posato e tenebroso. Non so cosa facesse o quale formula usasse, ma gli uomini pendevano tutti dalle sue labbra. Lei schioccava le dita e loro 16
scodinzolavano. Dora è una di quelle donne che più passano le primavere e più sembrano diventare belle: ha trentasei anni e stravince tranquillamente qualsiasi competizione con ragazze di dieci anni più giovani. Bionda, alta, slanciata, completamente naturale, Dora conquista per la sua personalità, per la forza che nasconde dietro a quegli occhioni verdi apparentemente indifesi. In questi anni, ho sperato di prendere da lei qualche spunto anche in questo campo, di imparare a essere padrona della mia vita sentimentale, invece niente, continuo a essere una grandissima frana. Sta di fatto, comunque, che dopo quattro anni di asservimento totale e di contratti fantoccio, Dora mi aveva promesso che da questo mese mi avrebbe finalmente dato l’aumento che speravo, assumendomi a tempo indeterminato. Per questo ho fatto la pazzia di prendere questa bellissima casa. “E invece?” “Invece stamattina ha cominciato a dirmi che ultimamente mi aveva visto più distratta, che le sembrava avessi perso quel fuoco di una volta...” “Ed è vero?” “Macché, da quando Paolo mi ha lasciata mi sono dedicata esclusivamente al lavoro. E lei lo sapeva.” “Che stronza!” “Già. Così mi ha detto che prima di farmi un contratto a tempo indeterminato voleva vedere se tornavo a essere efficiente come prima. E mi ha riproposto un altro contratto di quattro mesi alla stessa misera paga di adesso.” “Strozzina.” “Appunto. E visto che so quanto in realtà sono importante per lei, le ho detto che non mi andava bene; che mi aveva fatto una 17
promessa, che avevo appena preso casa, che non ero più una ragazzina da schiavizzare. Ero sicura che piuttosto che perdermi sarebbe tornata sui suoi passi.” “Ma non l’ha fatto.” “No. Mi dispiace Wendy, ma questa è la mia offerta. A quel punto, se avessi ceduto, le avrei dato il potere di fare qualsiasi cosa volesse di me. E non c’entravano le vocine nella testa che mi aveva messo la tizia del tram. Era davvero la terza volta che in qualche modo si rimangiava quello che mi aveva promesso. Così, ho rifiutato l’offerta e me ne sono andata.” “E ora?” “Ho ancora una settimana di lavoro con lei, quattro-cinque mesi di autonomia economica, poi boh. Da domani inizierò a mandare qualche curriculum.” Dico, addentando un altro cupcake, prima di farmi prendere dallo sconforto. Perché le cose non mi vanno mai bene come agli altri? Le altre hanno una vita che a volte mi sembra più facile. Maggie si sta per sposare, Lara ha un lavoro bellissimo e strapagato, tante altre persone che conosco riescono ad andare avanti come se tutto fosse assolutamente semplice, come se il percorso da seguire fosse sempre in discesa e ben illuminato. A me, invece, la vita sembra un cubo di Rubik che non riesco mai a comporre del tutto. Così mi trovo a trent’anni a non avere ancora nessuna stabilità. Non ho più un lavoro, ho una casa che non so se mi potrò mantenere, un ex-fidanzato che mi ha lasciato e adesso sta con una gallina più giovane di me, che ha un padre in politica che potrebbe fargli fare carriera solo schioccando le dita. Mi sembra di essere una casa senza fondamenta. In costante costruzione e pronta a crollare a ogni soffio di vento. L’unica mia certezza sono loro due: Lara e Maggie. Le mie an18
core di salvezza. I miei punti di riferimento. Il mio sorriso sicuro. Vado avanti a sfogarmi per un po’. Loro mi ascoltano, assecondano i miei pensieri, mi prendono un po’ in giro e, anche se non trovano nessuna brillante soluzione, quando stanno per andare via mi sento già meglio. Lascio alle ragazze la gran parte dei dolci che avevo cucinato. Mi abbracciano e mi danno appuntamento per un aperitivo nel week end. Quando rimango sola, riordino, metto una pentola d’acqua a bollire e una padella con un filo di olio per cominciare a prepararmi la cena, accendo un po’ di musica e, mentre la luce della sera entra dalla finestra, mi guardo attorno: questa casa mi fa sentire bene, più forte, soddisfatta di me stessa. Non voglio lasciarla. Non voglio fare passi indietro. Poi, avverto nella tasca dei pantaloni, il contatto con il boccino di profumo che mi ha dato la sensitiva di stamattina e ripenso alla donna del tram. Forse ha ragione lei, devo cominciare a spiegare le ali. Forse devo solo inventarmi una soluzione. Forse è ora di essere, finalmente, padrona della mia vita.
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