Libera il Cuore

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LIBERA IL

CUORE AGAPI STASSINOPOULOS LA RICETTA PERFETTA PER SCOPRIRE LA FELICITÀ E AMARE INCONDIZIONATAMENTE

TRADUZIONE:

SILVIA CERPOLINI

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UNBINDING THE HEART Copyright © 2012 by Agapi Stassinopoulos Originally published in 2012 by Hay House Inc., USA I edizione italiana: maggio 2013 LA CORTE COMUNICATION Via Paolo Regis 44, Chivasso (To) Tutti i diritti riservati LA CORTE EDITORE è un marchio La Corte Comunication Cover Design: Julie Davison ISBN 9788896325322 Finito di stampare nel mese di Maggio 2013 presso lo stabilimento grafico Impressioni Grafiche di AquiTerme (Al) per conto di La Corte Comunication

www.lacorteditore.it

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A CHRISTINA E ISABELLA, CHE AMO CON TUTTO IL MIO CUORE

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T UTTO, TUTTO QUEL CHE HO CAPITO, L’HO CAPITO SOLO PERCHÉ AMO. DA GUERRA E PACE DI L EV TOLSTOJ

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PREFAZIONE Scrivo questo libro mentre sono seduta nel nostro giardino, all’ombra dell’albero di limoni che abbiamo piantato in onore di mia madre quando lei morì, per celebrare la sua vita, durante la quale aveva dato tanti frutti. Seduta qui, sento una profonda gratitudine per i valori che ha instillato in me, per le risorse interiori che mi ha donato e che hanno plasmato il modo di vivere la mia vita adesso. Dandomi questo nome, Agapi, che in greco significa “amore incondizionato” aveva tracciato le orme che avrei seguito nel mio percorso di vita con un cuore aperto e pieno d’amore. La sua presenza è palpabile mentre condivido la mia storia con voi. Ho deciso di scrivere perché ho un desiderio profondo di condividere il modo in cui sono arrivata a conoscere la verità del mio cuore e di come mi sono accorta della pienezza e della libertà che possedeva, oltre le barriere che io vi avevo costruito intorno. Sono cresciuta ad Atene, in una cultura dove il cuore aperto viene celebrato e l’esuberanza è incoraggiata. Mangiamo, balliamo, facciamo l’amore, sonnecchiamo, diciamo alla gente come ci sentiamo veramente, litighiamo, facciamo pace, diamo e diamo ancora di più. Apriamo le nostre case agli amici e agli sconosciuti, condividiamo quello che abbiamo e ci leghiamo profondamente alle persone che amiamo. La vita deve essere vissuta al meglio. Sono stata cresciuta con una madre che mi ha riempito di corag9


gio e generosità, che mi ha trasmesso una fiducia incrollabile nella vita, uno spirito che di fronte le avversità si elevò ancora di più. E ho avuto un padre il cui motto era: “Cavalca la vita come se fosse un cavallo, afferralo per la criniera e tieniti stretto”. Il rapporto tra mia madre e mio padre fu tanto appassionato quanto turbolento, con un flusso d’amore che correva molto in profondità, ma che impediva loro di vivere la quotidianità. Le vite dei miei genitori, così strettamente intrecciate con la mia, alla fine mi avrebbero aiutata a capire cosa provoca la chiusura dei nostri cuori e come possiamo imparare ad aprirli nuovamente. Loro mi avrebbero insegnato che l’amore non arriva sempre con il finale da favola “e vissero per sempre felici e contenti”. Sono cresciuta pensando che sarei diventata una ballerina. E nella libera e non lineare espressione dell’arte, sono riuscita a trovare un modo per sfogare tutte le cose che sentivo, ma che non potevo dire. Lì sul palco avrei trovato un luogo per esprimere la tenerezza del mio cuore, per superare il dolore e trovare la mia gioia. A 14 anni fui scelta per ballare nel ruolo di narratrice in una recita dal titolo “Il cosmo”; gli altri studenti erano i pianeti e il mio ruolo era quello di raccontare le loro storie. Durante quella performance sentii per la prima volta la magia di affascinare un pubblico. Come narratrice scoprii che potevo connettermi con loro in un luogo dove il tempo era sospeso e nel quale, per un momento, era come se tutti noi fossimo uno. L’arte di raccontare storie faceva ovviamente parte del mio patrimonio culturale greco. I Greci, gli ultimi cantastorie, creavano i loro miti dal nulla. Osservando gli elementi e le forze primordiali al lavoro nel mondo e le emozioni dentro di noi, crearono degli dei. Per secoli i Greci raccontarono quelle storie per dare un senso al mondo. E dopo la mia prima esperienza come narratrice anch’io fui presa all’amo da quest’arte. Anche la mia insegnante di danza mi incoraggiò a dedicarmi allo studio della recitazione. Qualche anno dopo andai a Londra a studiare. Là sembrava che liberassi un talento per quell’arte che era radicato nelle mie stesse 10


cellule. Tuttavia, la mia natura greca così aperta si dovette modificare, per adattarsi a una cultura dove la gente si contiene a titolo di cortesia e così incanalai il mio modo di essere nella recitazione. Sul palco, scavando in profondità nel cuore dei personaggi, recitavo e in questo modo la mia vita emotiva sembrava fiorire. Stavo trovando i miei punti di riferimento e i riconoscimenti che ricevevo dai miei insegnanti e dai registi erano estremamente gratificanti. E quando poco dopo mi proposero di andare in America per un film, pensai che sarebbe stata la mia strada per diventare una star. Non sapevo ancora che la mia avventura in America non mi avrebbe portato alla celebrità, ma che mi avrebbe condotta in un viaggio dell’anima attraverso il quale avrei rimosso la corazza e sarei arrivata a conoscere veramente me stessa. A poco a poco avrei gettato le fondamenta su cui poter costruire il mio carattere e trovare l’espressione dei modi più veri che mi potessero appartenere. Avrei scoperto l’enorme valore di essere aperta con me stessa, con gli altri e con la vita e mi si manifestarono ogni sorta di nuove opportunità per la creatività, il lavoro, la crescita, le relazioni. Avrei imparato la gioia di amare senza alcuna aspettativa, ma semplicemente perché quello era il modo di agire più liberatorio. L’ironia fu il massimo della mia trasformazione ed arrivò in mio aiuto quando le cose non funzionarono come dovevano e non ottenni quello che pensavo di volere. Scoprii che non ci sono storie a lieto fine, perché le storie non finiscono, ma proseguono con infiniti inizi che ci danno l’opportunità di andare ancora più nel profondo di noi stessi per scoprire la miracolosa verità di chi siamo realmente. Non ci sono sette o otto semplici passi per liberare i nostri cuori, ma c’è una possibilità di scelta che appartiene a tutti noi e che è la nostra occasione d’oro in ogni momento del giorno, grandi o piccole che siano le sfide, ci chiediamo: Chiudo i battenti o scelgo di aprirmi ancora una volta e ancora più in profondità?. In questo libro vorrei condividere con voi alcune delle esperienze che mi hanno portato a questa conoscenza. Condivido le mie storie 11


con voi nella speranza di poter aiutare altri cuori a sciogliere i nodi che li legano. Nel momento in cui mi si è rivelata questa conoscenza, il mio lavoro mi ha trovata. E uno dei modi in cui mi si è manifestato è stato sotto forma di storie: le storie delle dee Greche. Come una diga in piena ho riversato la mia creatività nella scrittura, nella recitazione e nell’insegnamento dei miti sulle dee e sugli archetipi che esse incarnano. Le ho portate in giro per il mondo sperimentando il reale potere che le storie hanno per farci risvegliare. Ma più di tutto, ho sentito il cuore delle persone e ho visto come ognuno di noi possieda una storia che detiene la verità del proprio cuore e che quelle sono le storie che devono essere ascoltate. Abbiamo tanto bisogno di raccontare le nostre storie così come ne abbiamo di ascoltare quelle degli altri. Ed è così che i nostri cuori si slegano con il semplice messaggio: Tu sei importante. Il mio cuore ascolta il tuo. Come sarebbe la vostra vita se foste in grado di viverla con il cuore completamente aperto e con la consapevolezza che anche la vostra storia conti veramente? Pensate a questo per un momento, venite e sedetevi con me. Immaginate di essere seduti sotto un ulivo, in un pomeriggio di mezza estate mentre spartiamo un tipico pic-nic greco a base di olive, feta, pomodori freschi dell’orto, pane fatto in casa, un meraviglioso vino greco ghiacciato, anguria e uva, e semplicemente condividiamo la gioia di essere vivi. Mentre la brezza spazza via le nostre preoccupazioni, vi offro le mie storie, dal mio cuore aperto ai vostri.

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CAPITOLO 1

L’ARAZZO DELLA VITA Quando ero una bambina, chiedevo spesso a mia madre di raccontarmi la mia storia preferita. Non era una fiaba, non era uno dei miti greci, né una delle favole di Esopo o di Hans Christian Andersen. Era, invece, la storia di come lei e mio padre si fossero incontrati. La Seconda Guerra Mondiale era finita e mia madre, Elli, si stava riprendendo a Salonicco, la sua città natale, nella Grecia settentrionale, dopo aver prestato instancabilmente servizio nella Croce Rossa. Una delle sue migliori amiche, che in futuro avrebbe sposato uno dei suoi cinque fratelli, l’aveva invitata ad andare in campagna nei dintorni di Atene, per potersi riposare, recuperare le forze e ritrovare, almeno in parte, la gioia di vivere. Era una bella sera d’estate e, insieme a qualche altra amica, decisero di fare una passeggiata fino al loro caffè preferito per concedersi il lusso di un gelato, la specialità greca chiamata kaimaki, aromatizzato con radici di 13


orchidea. Una lussureggiante vegetazione circondava la strada sulla quale stavano camminando, l’aria era pervasa dal profumo del gelsomino, un glicine viola pallido drappeggiava le mura delle vecchie case e loro chiacchieravano e ridevano, cercando di recuperare la libertà persa durante la guerra e l’occupazione tedesca, quando si accorsero di essersi perse. Andarono allora incontro a un gruppo di ragazzi che stavano oziando sul muretto lungo il marciapiede, fumando e crogiolandosi nell’aria di quella rilassante sera estiva. Una delle ragazze chiese come raggiungere l’hotel e loro, con il tipico modo di fare dei maschi greci, risposero “Vi ci portiamo noi”. Così si incamminarono tutti insieme. Uno di quei ragazzi sarebbe diventato mio padre, Costas. Si fermarono a mangiare del gelato - grandi cucchiai di un denso e cremoso kaimaki – e, tra una bibita e l’altra, si cominciarono a manifestare le prime connessioni vitali. Lui e mia madre cominciarono a parlare e continuarono a farlo per ore. Mio padre le raccontò che durante l’occupazione aveva pubblicato un giornale clandestino a sostegno della resistenza. Una notte, però, i tedeschi si erano presentati a casa sua, avevano bussato alla porta e lo avevano arrestato. Era quindi stato portato in un campo di concentramento fuori Atene, prima di essere trasferito in Germania dove venne tenuto prigioniero per un anno e mezzo prima della fine della guerra. Raccontò a mia madre di essere riuscito a sopravvivere lavorando a un libro che aveva scritto sulla sua visione della Grecia moderna. Ovviamente non l’aveva scritto su carta - non glielo avrebbero permesso - ma l’aveva composto interamente nella sua testa. Di notte, steso sul suo piccolo letto, correggeva quel libro, linea per linea, mantenendo in vita la sua mente e la sua anima. Mia madre, invece, gli raccontò dei feriti che aveva curato vicino la linea del fronte e in un ospedale di fortuna sulle montagne, e di come aveva nascosto intere famiglie ebree nella propria casa, mettendo in serio pericolo la vita della sua stessa famiglia. Ognuno dei due era un eroe agli occhi dell’altro e, a fine serata, si erano già perdutamente innamorati l’uno dell’altra. In quel momento ebbe inizio 14


la loro epica storia d’amore. Quando mio padre tornò a casa quella sera disse a sua madre: “Ho incontrato un angelo”. Era stato davvero un grande momento - il destino, il fato e le stelle si erano allineate. Sono cresciuta in Grecia con olio d’oliva, feta e il principio di sincronicità come cibo. Ho avuto una madre che ha vissuto questo principio, lo ha respirato e affermato ogni giorno. E la mia vita è stata sincronicità in azione, un alternarsi di coincidenze significative fin dall’inizio. Cinque anni dopo quella sera al caffè di Atene, i miei genitori si sono sposati e hanno avuto una figlia – mia sorella Arianna. Anche se il loro amore era appassionato, però, la loro vita insieme era tutt’altro che stabile. Mio padre stava fuori fino a tardi, in giro per locali con i suoi amici, ed escludeva mia madre, esplodendo quando lei lo criticava. Ogni volta che lei gli chiedeva: “Dove sei stato?” le rispondeva per le rime: “Ti proibisco di interferire con la mia vita privata”. Così, quando qualche anno dopo lei restò di nuovo incinta, visto che non desideravano un altro bambino, decisero che avrebbe abortito e mia madre fissò un appuntamento con il medico. Il giorno programmato per l’aborto, mia madre si svegliò presto e fece per alzarsi, quando mio padre la trattenne. Quel momento di intimità, quella mattina, fece saltare l’appuntamento di mia madre, che non ne prese più un altro. E, alla fine ebbe, una bambina – me. La sincronicità aveva giocato a mio favore. Sono cresciuta con l’idea che le coincidenze esistano, che i fili si intreccino e che, in questo modo, la vita ci spinga avanti, tessendoci tra le trame dell’arazzo che ha disegnato per noi. Quando avevo 12 anni, per esempio, mia madre mi fece conoscere lo yoga. Anni dopo, lo yoga mi avrebbe condotta attraverso la porta del mio vero io. A 14 anni, invece, notai che una delle mie compagne di classe stava intagliando queste lettere sul legno del banco: R-A-D-A. Le chiesi cosa volessero dire. “È la Royal Academy of Dramatic Art di Londra” mi rispose. “Voglio andarci”. E mentre me lo diceva anche io sentii di voler studiare lì. Così, lo raccontai a mia madre che, 15


come se sapesse già tutto, mi disse: “Quello è il posto dove andrai”. Negli anni si sono susseguiti tutta una serie di passi – incontri casuali, tempismi perfetti – che mi hanno portato nella direzione giusta, proprio lì, dove volevo andare. A 16 anni mia madre mi diede un libro degli scritti di Carl Jung sugli archetipi, i modelli universali di comportamento e le emozioni all’interno della psiche umana. Era una versione in inglese e, anche se il mio inglese non era certamente all’altezza di una materia così intellettuale, continuai comunque a leggerlo, totalmente affascinata. Quindici anni dopo, quando a mia sorella venne chiesto di scrivere un libro sugli dei della Grecia, mi sono ritrovata ad aiutarla con la ricerca e iniziai a capire la potenza degli dei, che altro non sono che archetipi in azione. Il seme che mia madre aveva piantato stava germogliando. E una decina di anni dopo il mio lavoro sugli dei fatto con mia sorella, scrissi e portai in scena uno spettacolo a New York dal titolo “Conversazioni con le Dee” – storie delle dee Greche riportate ai nostri giorni. Durante quello spettacolo, tra il pubblico c’era la persona giusta che al momento giusto mi avrebbe aiutata a fare il passo successivo. Presto il mio spettacolo venne infatti messo su videocassetta e arrivò nelle mani di una meravigliosa e visionaria editrice. Lei mi diede l’incarico di scrivere il mio primo libro, basandolo sulle storie raccontate durante lo spettacolo. Questi potenti archetipi diventarono, così, per altri dieci anni, il lavoro della mia vita, fino a quando, esaurito l’argomento, riuscii ad entrare nella fase successiva del mio lavoro – il libro che state leggendo ora. Fotogramma dopo fotogramma le immagini della mia vita sono legate da un filo di sincronicità, che mi ha dato maggiore fiducia nel trattare con le persone intorno a me; mi ha insegnato a non farmi prendere dal panico quando le cose non sembrano andare per il verso giusto e ad aspettarmi avvenimenti meravigliosi ogni giorno. La sincronicità è nel mio DNA e io sento che è in ognuno di noi. Direi che fare affidamento su di essa è diventata una seconda natura, anche se è più esatto dire che è la nostra natura. È il filo che tiene 16


insieme il nostro meraviglioso arazzo. Per me la sincronicità è la manifestazione, nel mondo fisico, di coincidenze che prendono ininterrottamente forma nel mondo invisibile. È l’energia che sostiene il cosmo, muove gli atomi e respira nelle nostre cellule, facendosi conoscere da noi, in modo da farci ricordare che il Divino è sempre al lavoro, dentro di noi e per noi. È la prova che non siamo fatti solo di carne e ossa e della nostra fisicità, ma che siamo parte di un disegno invisibile ancora più grande. Il filosofo William James osservò che siamo come isole in mezzo al mare, separate in superficie, ma collegate nel profondo. Stiamo ballando tutti insieme. E quando i nostri cuori sono aperti, quando permettiamo all’amore di muoversi attraverso di noi, in questa danza della vita, l’amore trasforma i nostri passi rendendo ognuno di noi perfetto. Se guardo indietro nella mia vita, mi spaventa la perfezione con cui accadano le cose sotto il nostro controllo, nonostante i nostri dubbi. So che siamo tutti collegati in profondità sotto la superficie delle cose, proprio come lo erano mia madre e mio padre prima che i loro due gruppi di amici si incontrassero su quella strada di Atene. Anche se non sapevano ancora niente l’uno dell’altra, qualcosa di più grande li conosceva entrambi e la vita li stava spingendo avanti.

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CAPITOLO 2

C’È SEMPRE UNA SOLUZIONE Era sabato sera, erano le sei e mia madre, mia sorella ed io eravamo pronte ad andare a vedere una commedia di George Bernard Shaw in uno dei più popolari teatri di Atene. Avremmo preso un taxi che ci avrebbe portato al teatro in tempo per l’alzata del sipario delle diciannove, poi, dopo lo spettacolo, saremmo andate a cena fuori. Mia sorella ed io non stavamo più nella pelle dall’eccitazione, amavamo andare a teatro con la mamma. Ci precipitammo fuori dalla porta fino all’ascensore; ma, mentre la porta si chiudeva dietro di noi, mia madre realizzò di aver lasciato la sua borsetta dentro l’appartamento. “Vai a prenderla” la esortammo. “Non posso” ci disse “Le chiavi sono nella borsetta!”. Io e mia sorella fummo prese dal panico, mentre mia mamma mantenne perfettamente la calma. A lei non passò mai per la mente che avremmo dovuto annullare i nostri piani per la serata e chia19


mare un fabbro. Nel suo modo da filosofa ci disse: “Dobbiamo solo trovare un’altra soluzione”. Così, scese giù a casa del portiere. Aveva fatto molto per la sua famiglia nel corso degli anni: lo aveva aiutato a far entrare i bambini in una buona scuola, lo aveva aiutato a trovare una nuova lavatrice; per lei l’essenza della vita era prendersi cura delle persone in quel modo. Così, quando gli chiese in prestito del denaro per la serata, la sua richiesta venne immediatamente accolta. Un ostacolo superato. Quando il nostro taxi ci portò a teatro, però, c’era da affrontare il successivo ostacolo: il fatto che non avessimo i biglietti, visto che, anche quelli, erano nella borsetta! Eravamo proprio senza speranza. Lo spettacolo era tutto esaurito e, comunque, non avevamo abbastanza soldi per comperarne di nuovi. Ma mia madre possedeva la capacità di affascinare così tanto le persone, che a volte sembrava avesse dei poteri magici, possedeva infatti il dono di abbattere le barriere tra le persone, che erano state costruite con le loro regole. Così, con il suo disarmante modo di fare, spiegò al bigliettaio cosa fosse successo. Lui, allora, ci rispose che se avessimo aspettato l’entrata di tutti gli spettatori, avrebbe cercato di farci sedere e, difatti, non appena tutti si accomodarono, ci diede i tre posti rimasti effettivamente vuoti. Mia sorella ed io eravamo però ancora preoccupate: come saremmo entrate in casa al nostro rientro? Quando ponemmo questa domanda a mia madre ci disse: “Non preoccupatevi. Godiamoci lo spettacolo. Troveremo un modo”. Così, dopo aver apprezzato appieno la commedia, ci gustammo una bella cena e prendemmo un altro taxi per tornare a casa. Ancora non sapevamo come entrare, ma mia madre ripeteva che un modo l’avremmo trovato. Il caso voleva che il nostro condominio si trovasse proprio di fronte la caserma dei pompieri, così mia madre si avvicinò e parlò con il loro capo per capire se avrebbero potuto mettere una delle loro scale fino al terzo piano. E così fu! Lo stesso capo dei pompieri salì sulla scala, arrivò fino alla nostra finestra e aprì la porta per noi, dall’interno. Il giorno dopo, per ringraziare i pompieri, mia madre 20


mandò dall’altra parte della strada un grande vassoio di biscotti. Può sembrare strano per una persona la cui natura era fondamentalmente quella del dare, essere messa nella posizione in cui fu costretta a ricevere. Ma, in realtà, mia madre stava mostrando a me e a mia sorella come, realmente, il dare e il ricevere sgorghino dalla stessa fonte libera e generosa che è in noi. Sapeva che era importante ricevere in uno spirito di abbondanza piuttosto che di necessità, chiedere aiuto non come se ci fosse dovuto, ma confidando semplicemente nel fatto che, qualora ne avessimo avuto bisogno, l’aiuto sarebbe sempre stato lì, in attesa di essere richiesto. Era solita dirmi: “Non andare nel mondo pretendendo delle cose. Vai pensando a quello che tu puoi dare. Ed è in questo modo che otterrai ciò che vuoi, perché non ci andrai come un mendicante, un avaro o partendo da una posizione di necessità.” Ci insegnò che il miglior modo per ottenere i risultati che desideravamo era quello di non aver alcun dubbio all’interno del nostro cuore, perché le cose sarebbero andate così, solo perché noi lo avevamo deciso. Mia madre non aveva timore di chiedere, chiedere per lei non era un segno di debolezza e non la metteva minimamente a disagio, perché lei non era limitata dalla paura di come sarebbero potute andare le cose, non faceva previsioni: Oh, veramente, non dovrei chiedere dei soldi al portiere. Lei non pensava mai in termini negativi: Cosa sarebbe successo se non ci avessero fatte entrare senza i nostri biglietti? E soprattutto non lasciò che la nostra serata venisse rovinata, non permise a questi ostacoli di privarla della sua gioia. Chiese solo quello che le serviva con fiducia e con serenità e le cose, forse proprio per questa ragione, si risolsero tranquillamente. Tutti noi conosciamo persone che sembrano avere difficoltà ad ammettere di avere bisogno di aiuto o di accettarlo quando viene loro offerto. È come se ci fosse una sorta di blocco. Quando chiedete aiuto con lo spirito di mia madre, invece, state rimuovendo quel blocco e vi state preparando un posto dentro di voi dove poter ricevere. Nel corso di tutta la sua vita, mia madre abbracciò l’impossibile, aprendo una porta chiusa a chiave di un appartamento o mandan21


do le sue figlie nelle migliori scuole inglesi, regalandoci una ricca esperienza di vita, anche quando era in ritardo con l’affitto. Questo è stato l’esempio di mia madre: nel mezzo delle avversità, si è sempre rifiutata di preoccuparsi dei problemi. Preferiva invece sedersi là, con tutta la sua saggezza, come fosse in armonia con l’eternità, ordinando semplicemente a se stessa di trovare delle soluzioni. Era meraviglioso guardarla. “Quando sei preoccupata” diceva “ti stai spostando dal tuo centro e diventa più difficile far funzionare le cose efficacemente. Quando smetti di preoccuparti, invece, torni al tuo equilibrio”. Grazie a lei, anche io vedo il mondo come un luogo di illimitata abbondanza, dove possiamo scegliere e creare soluzioni a tutti i problemi che incontriamo. Il mondo è pieno di persone che possono venire in nostro aiuto e, se saremo disposti a chiedere e aperti a ricevere, non saremo mai soli.

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