Benvenuti alla Jacaranda! Ci auguriamo che il vostro soggiorno presso di noi vi faccia sentire quanto più è possibile “come a casa vostra”! Troverete qui alcune informazioni pratiche che faciliteranno e renderanno più serena la vostra vacanza in locanda. Serviamo la colazione, tempo permettendo, in giardino dalle otto in avanti; non poniamo limiti alla vostra eventuale voglia di qualche ora di sonno in più: farete comunque colazione al vostro risveglio. Vi preghiamo, comunque, di lasciare libera la camera dalle 10.30 alle 12 per permetterci di rassettarla e pulirla. Il giorno della partenza, la camera dovrà essere liberata entro le 10.30, salvo eventuali accordi. La cena sarà servita alle 20.30, di norma e tempo permettendo in giardino; faremo il possibile per tenere lontane le zanzare; in giardino troverete comunque prodotti “allontana-zanzare” (autan e simili). I clienti in formula B&B che volessero usufruire della cena in locanda dovranno comunicarcelo la mattina a colazione. La nostra cena si compone di norma di antipasto, primo piatto, pietanza con contorno, frutta o dolce; le bevande (acqua naturale o gassata, vino, caffè e digestivo) sono comprese. Il menù varia tutti i giorni (una sera con piatti “di terra” e la successiva con piatti “di mare”); se avete problemi particolari con alcuni alimenti (allergie o intolleranze) siete pregati di informarcene all’arrivo.
Nella saletta ristorante troverete un mobile frigo e congelatore: sia la parte frigo che il congelatore sono divisi in 6 settori, uno per ogni camera: potete utilizzarlo tranquillamente rispettando il vostro spazio ed avendo riguardo nei confronti degli altri ospiti che lo utilizzeranno; vi preghiamo anche di liberarlo prima della partenza. Abbiamo allestito uno spazio stenditoio per i vostri teli mare ed eventuali vostri capi d’abbigliamento; nella stesso spazio è a vostra disposizione una lavatrice (se avete “nostalgia” di casa, chiedeteci il detersivo!) ed un lavatoio con doccetta che vi invitiamo ad utilizzare per sciacquare i costumi e le scarpe da spiaggia liberandoli dalla sabbia. Sul banco della reception è collocato un campanello (il “chiamandrea”!) che potete utilizzare per rintracciarci in qualsiasi momento e per ogni necessità. In reception è a vostra disposizione il personal computer con collegamento ad internet; se possedete un portatile o uno smartphone potrete collegarvi a internet utilizzando free la nostra rete. Vi invitiamo anche ad usufruire liberamente della nostra biblioteca, specializzata con volumi sulla Sardegna e narrativa di scrittori sardi. E’ superfluo aggiungere che siamo a vostra completa disposizione per suggerirvi itinerari, possibilità di escursioni, ed ogni altra informazione utile sui servizi, i locali commerciali e quant’altro possa esservi necessario. Troverete comunque qui di seguito alcuni suggerimenti, informazioni ed “istruzioni per l’uso” di Sant’Antioco e del Sulcis.
Buona Vacanza!!
Martina Chiara Andrea
DA VEDERE E DA FARE A SANT’ANTIOCO
Consigliamo sicuramente la visita al Museo Archeologico (raggiungibile in auto percorrendo il lungomare in direzione Calasetta e seguendo le indicazioni); dal Museo partono le visite guidate al Tophet, al Forte Sabaudo, al Villaggio Ipogeico ed al Museo Etnografico. Suggeriamo anche la suggestiva visita alla Basilica di Sant’Antioco ed alle catacombe sotto la Chiesa ed all’interessante Museo del Bisso. Dal porticciolo turistico sul lungomare partono ogni giorno le escursioni sui barconi della pesca-turismo oppure su un veliero che fa rotta verso Carloforte e le coste meridionali della Sardegna (una intera giornata in barca, con pranzo a bordo). A Sant’Antioco ci sono tre banche tutte con bancomat (due in piazza Umberto; la terza in piazza Italia), tre distributori di carburanti (Esso, prima del ponte di accesso all’isola, Agip sulla via Nazionale, Q8 nel Lungomare), cinque Supermercati (CONAD e EUROSPIN nella Via Rinascita, LIDL nella via Matteotti, CONAD City nel Lungomare, SUPERPAN nella via Nazionale),un parco giochi per bambini e campi da tennis (giardini del Lungomare). Potrete comprare il tonno ed altre specialità di mare da SALIS nel Lungomare e da FOIS in Via Cavour. Tutti i MARTEDI’ nel piazzale Pertini (nei pressi del Lungomare) si svolge il MERCATINO SETTIMANALE. Il panificio CALABRO’, sulla sinistra all’inizio del viale alberato (il Corso) di fronte al Municipio, prepara squisiti dolci sardi tipici (chiedete le “pardulas”!!), ottime focaccie e lo speciale PANI CUN TAMMATIGA (pane con pomodoro): imperdibile!! E’ infine d’obbligo la visita all’enoteca della Cantina Sociale, con possibilità di degustazione del Carignano del Sulcis e del Vermentino.
LE SPIAGGE DELL’ISOLA Le spiagge sono tutte sabbiose e con fondo che degrada dolcemente; quelle sottolineate sono servite di punti di ristoro, nolo ombrelloni, ecc. Quelle di Sant’Antioco, rivolte a EST-SUD EST, sono esposte ai venti meridionali (scirocco e levante); quelle di Calasetta, rivolte a NORD-NORD OVEST, sono invece esposte al Maestrale. A seconda del vento, giorno per giorno, potrete scegliere la spiaggia meno soggetta a vento e moto ondoso.
① Portixeddu: la località si trova vicino a Maladroxia, posizione est, sabbia fine, grigia, fondale basso. E’ una spiaggia piccolina, delimitata sui due lati da scogli e cinta da arbusti. Ideale per le famiglie con bambini e generalmente poco affollata. Servizi: servizi assenti e parcheggio poco ampio. Il parcheggio si trova sul ciglio della strada a destra; per arrivare a Portixeddu bisogna percorrere un breve sentiero ripido ma agevole. ② Maladroxia: posizione sud orientale dell’isola, sabbia grigia chiara a grana fine, con scogli e fondale basso. Il nome Maladroxia deriva dalla presenza di una sorgente termale clorurata-alcalina, conosciuta già in epoca romana. La spiaggia è dominata dal nuraghe S’Ega de Marteddu, la fitta vegetazione arriva fino all’acqua cristallina del mare, popolato da diversi pesci che si vedono nei pressi degli scogli. Servizi: bar, ristoranti, ampio parcheggio, molto affollata, adatta ai bambini, noleggio patini e ombrelloni, ideale per chi pratica windsurf. ③ Coaquaddus: si trova a sud-est, sabbia a tratti grossolana con presenza di conchiglie, il colore oscilla tra il bianco e il grigio, il fondale è basso. Il mare è limpido e trasparente, il suo colore turchese costituisce una forte attrattiva per appassionati di pesca subacquea. Il nome significa “coda di cavallo”, l’immagine è richiamata dalla forma sinuosa della costa, un arenile diviso da scogli. La spiaggia è ampia e ben attrezzata, adatta a famiglie con bambini. Servizi: spiaggia molto affollata, sono presenti dei bar, ampio parcheggio, noleggio patini e ombrelloni, accessibile ai portatori di handicap, area camper, ideale per chi pratica windsurf e attività subacquee. ④ Spiaggia di Turri: si trova nella località di torre Cannai, posizione sud-est, la spiaggia è composta da sabbia a grana grossa e scogli, color grigiastro, fondale basso. La larghezza della spiaggia è soggetta alle correnti e può cambiare dimensione di anno in anno, si trova alla base dell’antica torre di avvistamento di Cannai, dalla quale si può ammirare uno splendido panorama marino e si possono vedere perfino gli scogli della Vacca e del Vitello. A sud si susseguono delle altre spiaggette poco affollate, raggiungibili a nuoto o attraverso sentieri che si aprono nella fitta vegetazione. Servizi: spiaggia non molto affollata, adatta a chi ama le attività subacquee, carenza di servizi, parcheggio ridotto. ⑤ Capo Sperone: si trova nell’estremo sud dell’isola, la spiaggia è un misto tra ghiaia, rocce e scogliere, il fondale è profondo. Sono i colori a caratterizzare la località, il blu intenso del mare si fonde con il verde della vegetazione rigogliosa che copre perfino le rocce. La pineta di peonia rosa si estende su tutto il promontorio, punto strategico per l’osservazione degli isolotti della Vacca, Vitello e Toro. Nelle giornate più limpide si scorgono le coste africane, in passato, durante la seconda guerra mondiale, il promontorio era un importante punto d’osservazione. Servizi: spiaggia non molto affollata, adatta a chi ama le attività subacquee.
⑥Cala Sapone: si trova ad ovest, sabbia a grana grossa mista a conchiglie e frammenti corallini, la spiaggia è cinta da piccoli scogli e scogliere. Questa caletta è una delle più popolari dell’isola, particolare per i suoi scogli piatti, un vero e proprio spettacolo della natura, ideale per la balneazione dei bambini, la dove l’acqua è bassa. Un paradiso per gli appassionati di subacquea e pesca. Nei pressi un isolotto, al quale si accede dalla stessa caletta. Sulla strada si trova un chiosco. Servizi: diversi servizi, adatto a chi ama le attività subacquee, noleggio patini e ombrelloni, bar e chiosco, parcheggio ridotto, mediamente frequentato. ⑦ Cala Lunga: si trova tra il comune di Sant’Antioco e Calasetta, la caletta è esposta ad occidente e racchiusa tra due scogliere. La sabbia grossolana mista a conchiglie, tende ad un colore rosaceo, fondale basso nei pressi della riva. La spiaggia incastonata in un’insenatura, è il luogo ideale per le famiglie per i fondali bassi e perché riparata dalle mareggiate. Lungo la scogliera che la circonda si possono effettuare delle escursioni subacquee. Servizi: ideale per le attività subacquee, ampio parcheggio. ⑧ Spiaggia Grande: si trova nel comune di Calasetta, la sabbia è grigia chiara a grana fine, posizione nord-ovest. La spiaggia si trova in una baia contornata da ginepri secolari, rocce granitiche e tufacee, i colori del mare che la bagnano sono fantastici. Si estende per circa un km, è lo spot ideale per praticare windsurf grazie ai forti venti occidentali. Servizi: molto frequentata, ci sono diverse strutture ricettive, il parcheggio è ampio, accessibile ai portatori di handicap, possibile noleggio ombrelloni e patini, ideale anche per famiglie con bambini. Come arrivare: da Calasetta procedere verso sud, ci vogliono circa 4km in direzione del Hotel Stella del Sud. ⑨ Le Saline: si trova nel comune di Calasetta, sempre isola di Sant’Antioco. La sabbia è grigia chiara, grana fine, riflessi rosa, fondale basso. E’ una spiaggia di circa 600 metri, ideale per le famiglie con bambini perché la punta omonima la protegge dai venti occidentali. La rigogliosa vegetazione che ha ricoperto le dune antistanti, separa la spiaggia dallo stagno salmastro che in alcuni periodi dell’anno è popolato da fenicotteri rosa e cavalieri d’Italia. Servizi: molto frequentata, ci sono diverse strutture ricettive, il parcheggio è ampio, noleggio patini e ombrelloni, ideale per chi pratica subacquea e windsurf. Come arrivare: da Calasetta procedere verso sud per circa 2,5 km. Parcheggiare e percorrere a piedi il sentiero tra le dune. ⑩ Sottotorre: si trova nel comune di Calasetta, posizione nordovest, sabbia bianca, fondali bassi. L’antica torre di avvistamento sabauda domina la spiaggia che si estende per circa 300 metri e si trova in paese. Calasetta è stata fondata nel 1770 da alcuni coloni piemontesi e genovesi, provenienti dall’isola tunisina di Tabarka, presenta una disposizione architettonica a scacchiera. Anche su questa spiaggia, sono i colori a far da padroni: il bianco della sabbia, il verde della vegetazione e l’azzurro del mare. Servizi: ampio parcheggio, noleggio ombrelloni e patini, molto frequentata, accessibile ai portatori di handicap. Come arrivare: da Sant’Antioco seguire le indicazioni per Calasetta, la spiaggia si trova in paese.
ALTRE CALE E INSENATURE SOLO ROCCIOSE
Alcuni monumenti da vedere a Sant’Antioco
Basilica di S.Antioco Martire La Basilica di S.Antioco Martire, sorta sulla tomba del Santo, è uno dei monumenti più antichi dell’intera regione. Prima sede vescovile della Diocesi Sulcitana Iglesiente, fu eretta intorno al V sec., con pianta quadrifida a croce greca, presbiterio rivolto ad Est ed un probabile corpo cupolato poi rivisto ed arricchito di elementi architettonici. Nel XII sec. la chiesa di S.Antioco subì degli ampliamenti che ne mutarono la struttura fino a rendere irriconoscibile l’originaria costruzione altomedievale. Ascrivibili a questa data sono: l’inserimento delle navate laterali e l’allungamento della navata centrale, con il conseguente abbandono della croce greca; la costruzione dell’abside maggiore e della cappella a Nord; una totale copertura delle pareti con intonaci ed affreschi di scarsa rilevanza artistica, sottratti alle mura solamente nel 1966. E’ ammissibile che la pavimentazione bizantina, presumibilmente musiva, sia andata rovinata e poi perduta a partire da suddetto secolo. I lavori di ampliamento non terminarono nel 1100, ma si deve giungere al XVIII sec. per vedere un ulteriore prolungamento delle navate e la creazione di una facciata in stile provinciale tardo barocco. Dopo l’intervento di ripristino del ’66, un’ultima considerevole scoperta all’interno della Basilica consiste nel ritrovamento di una fonte battesimale quadrata in pietra e di quattro sarcofagi, rinvenuti privi di qualsiasi materiale, in una campata della navata laterale: un primo studio suppose l’esistenza, in un periodo paleocristiano, di un luogo battisteriale esterno al Martyrium del V sec., caduto in disuso forse in epoca vittoriana.
Catacombe di S.Antioco Martire Tra le prime testimonianze della cristianità in Sardegna fanno certamente parte le Catacombe di S.Antioco, sviluppatesi a partire dal III sec. intorno al la Cripta dell’omonimo Santo, patrono dell’Isola. Con riadattamento di cinque camere ipogeiche, facenti parte della vasta area della Necropoli punica risalente al VI sec. a.C. (alcuni di questi ambienti sono ancora apprezzabili nella loro completezza e struttura originaria con la stessa visita alle Catacombe), la comunità cristiana di Sulci (nome fenicio punico dell’Isola Antiochense), creò un vero e proprio cimitero collettivo per gli aderenti alla fede professata fino alla morte dal “seguace di Cristo” Antioco. Quest’ultimo, “medico dei corpi e delle anime” originario della Mauritania (in periodo romano tutto il settentrione africano), sarebbe stato deportato, a cavallo tra il I e II sec. d.C., come schiavo, ribelle alle leggi pagane dell’Impero, nell’Isola Sulcitana; in questa terra, con la sua incessante predicazione, avrebbe fondato la prima comunità cristiana della zona. Dopo la morte del martire, fissata dalla tradizione nel 127, il suo corpo venne de deposto nel sarcofago – altare oggi all’ingresso delle Catacombe, e ivi conservato sino al 18 marzo 1615: durante tale periodo la Cripta manterrà la primitiva funzione di area culturale. Anche se in condizioni di progressivo disfacimento, le Catacombe di Sant’Antioco conservano tutt’oggi elementi molto importanti, tali da far risaltare il luogo a capo di tutti i complessi cimiteriali della Sardegna. Vanno a proposito ricordate le pitture murali, pregevoli seppure nella loro frammentarietà: la figura del “Buon Pastore”, rappresentazione di Gesù nel ruolo di guida e maestro; una iscrizione funeraria che suonava “IN PACE VIBAS “, oggi decifrabili nelle ultime lettere; ed ancora raffigurazioni animali e floreali, tipiche della iconografia cristiana. Tali pitture interessano sostanzialmente le tombe cosiddette ad arcosolio, le più importanti e caratteristiche sepolture di questo complesso, che prendono il nome della forma appunto ad arco. Non di minore importanza la tomba a baldacchino costruita nella camera dove la tradizione vede spirare S.Antioco. E poi le diverse sepolture sotterranee, i loculi e le sovrapposizioni in cassoni d’arenaria, che contribuirono, già in periodo paleocristiano, alla distruzione degli affreschi.
Villaggio ipogeo Unica nel suo genere, l’area è costituita da una parte dell’antica necropoli punica di Sulky e raggruppa numerose tombe ipogee scavate nel tufo tra il VI ed il III secolo a. C., riutilizzate da famiglie molto povere dalla seconda metà del XVIII sec. come abitazioni. In seguito al ritrovamento delle spoglie di Sant’Antioco sotto la Basilica a lui dedicata, avvenuto nel 1615, il Vescovo tentò di porre fine al lungo abbandono dell’isola dovuto alle continue incursioni dei pirati barbareschi. Così, richiamati dalle concessioni di terreni promesse dalla chiesa, furono numerose le famiglie che iniziarono una nuova vita nell’isola, seguiti da tantissime altre che pur non ottenendo niente in cambio del loro coraggioso ritorno si adattarono a questa vita fatta di miseria, povertà ed emarginazione. Nei primi decenni sicuramente si tentò un adattamento provvisorio che si trasformò poi in stabile nella zona conosciuta con il nome di Sa arruga de is gruttas (la strada delle grotte). Numerosissime le famiglie che vissero qui sino agli inizi degli anni ’70. Dediti da sempre alla raccolta di tutto ciò che la natura offre spontaneamente si recavano in campagna a raccogliere funghi, cardi, carciofini selvatici, legna, e in laguna per la raccolta di bocconi, arselle ed quant’altro barattando questi prodotti in cambio di beni di prima necessità. I gruttaius (abitanti delle grotte), questo l’appellativo che li distingueva dagli altri abitanti di Sant’Antioco, si occupavano nel mese di maggio della raccolta delle foglie di palma nana che, fatte essiccare durante l’estate, venivano poi intrecciate abilmente. Da questa umile pianta potevano confezionare scope, borse, cordami, crine per le imbottiture; ancora oggi sono numerosi gli anziani che si occupano della produzione di questi manufatti intrecciati.
Museo Archeologico In un nuovo recentissimo allestimento, il Museo Archeologico Barreca di Sant’Antioco mostra un’ampia sezione di materiali rinvenuti durante le varie campagne di scavo tenutesi nella nostra isola e pertinenti ad un periodo che va dai primi insediamenti neolitici (III millennio a. C.) alle fasi tarde della romanizzazione. Il percorso inizia con un tabellone cronologico generale che riporta le successioni culturali della Sardegna antica e prosegue con un’illustrazione dei numerosi materiali litici utilizzati nel Neolitico recente (cultura di Ozieri). Le fasi successive della cultura nuragica hanno invece una presentazione minima, data la scarsità delle indagini archeologiche verificatesi in questo campo. La mostra prosegue con le testimonianze del più antico centro fenicio finora rinvenuto in Sardegna, che è da individuarsi proprio in Sulky (antica Sant’Antioco) fondata intorno alla metà dell’VIII sec. a. C. La fase punica è illustrata sia dai materiali provenienti dal tofet sia dai corredi funerari provenienti dalla grande necropoli ipogea del colle di Is Pirixeddus. Numerose vetrine ospitano un ricco campionario di oggetti ritrovati nelle tombe a camera puniche scavate nel tufo. Sulky, nel III sec. a. C., entra a far parte del dominio di Roma col nome di Sulci; questa fase è documentata da corredi funerari composti prevalentemente da ceramica d’uso comune. In conclusione, un settore dell’esposizione è dedicato al tofet, per la cui illustrazione è stato ricostruito un angolo in cui su piani artificiali di terra, sabbia e pietre sono state collocate una parte delle migliaia di urne, che contenevano le ceneri di bambini e animali, e stele raffiguranti rappresentazioni divine simboliche, antropomorfe o animali da attribuire al rito che si svolgeva in tale area. A settembre 2009, grazie all’opera del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e ai Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, è stato ricontestualizzato un prezioso e originale bronzetto nuragico l’“Arciere”, rinvenuto presso il prestigioso Museo di Cleveland, e oggi in mostra permanente presso il Museo Archeologico F. Barreca.
Museo Etnografico Il Museo etnografico di Sant’Antioco, inaugurato nel luglio del 1996 è ubicato lungo via Necropoli, distante pochi metri dal Villaggio Ipogeo. La struttura restaurata di recente faceva parte di un antico magazzino utilizzato per la vinificazione ed è composto da un’ampia sala e da un cortile porticato dialettalmente chiamato lolla. Al suo interno sono esposti attrezzi utilizzati sino agli anni ’50 per svolgere i vari mestieri praticati nell’isola di Sant’Antioco. La prima sezione espone tutti i processi e gli utensili legati alla panificazione, dal prodotto principale grano ai prodotti ottenuti grazie alla sua macinazione: farina, semola e crusca, e ai successivi alimenti creati dalle mani sapienti delle massaie quali pani coccoi, focacce ed anche i tradizionali ‘coccois de su santu’. L’esposizione prosegue con gli attrezzi utilizzati per la coltivazione della vite, per ottenere il vino intenso il Carignano ancor oggi richiestissimo dai più esperti intenditori. Eccezionale poi il settore dedicato alla storia di un’importantissima scuola di tessitura attiva sino alla fine degli anni ’30, in cui le allieve seguite dal maestro Italo Diana, apprendevano l’arte della filatura e tessitura del Bisso, introdotta nell’isola dagli antichi fenici. La sezione espone gli attrezzi quali pettini e piccoli fusi con i quali dalla secrezione della pinna nobilis, il più grosso bivalve del mediterraneo, conosciuto comunemente col nome naccara. Le espertissime mani delle filatrici ottenevano un filo di seta color oro utilizzato per confezionare manufatti oggi di inestimabile valore, in particolare ricami per abiti di personaggi illustri. Grande attenzione desta l’esposizione di una cravatta degli anni trenta. L’esposizione interna si conclude con la parte dedicata alla raccolta e all’intreccio delle foglie di palma nana grazie alla quale le famiglie più povere del paese, in particolare coloro che vivevano nel rione delle grotte, hanno ottenuto un sostentamento economico in mancanza di un vero e proprio mestiere. Con le foglie essiccate confezionavano scope, borse, cordami, crine per imbottiture ed altri manufatti. La parte esterna si conclude con gli attrezzi indispensabili per la vinificazione come tini, botti ed altro.
Torre Canai Nella parte meridionale dell’isola di Sant’Antioco in località Turri, sorge una torre di avvistamento che venne realizzata sotto il governo del conte Lorenzo Bogino. Egli infatti riordinò l’amministrazione delle torri litoranee erette sotto la dominazione spagnola del re Filippo II. Già parecchio tempo prima i cittadini di Iglesias, interessati a coltivare terre nell’isola di Sant’Antioco, avevano rivolto una supplica al re di Sardegna, nella quale offrivano il proprio aiuto per la costruzione di torri nell’isola. Carlo Emanuele III, per questo, diede ordine al viceré Cacherano di Bricherasio di predisporre la costruzione delle due torri già progettate nell’isola. Nel 1757 fu costruita la torre progettata dall’ingegnere militare Vallin; essa sorge sul capo su moru, promontorio meridionale dell’isola di Sant’Antioco, oggi chiamato Turri. In questo tratto di mare erano solite ancorarsi le flottiglie turche, fino ai primi decenni dell’Ottocento. La Torre svolse un’importante opera di avvistamento e comunicazione di notizie ai reparti militari preposti alla difesa dell’isola di Sant’Antioco durante il tentativo di invasione francese del 1793 ed in occasione delle ultime due incursioni tunisine del 1812 e del 1815 nell’isola. La torre di Canai restò attiva fino al 1815. Il tempi recenti la torre è stata utilizzata come residenza turistica da un privato che, a tal fine, l’ha rimaneggiata in modo discutibile. Solo dal 1994 è stata finalmente restituita alla fruizione collettiva dall’associazione Italia Nostra che, dopo averla ottenuta in concessione, ha effettuato un intervento di restauro in collaborazione con la Soprintendenza ai Beni Culturali di Cagliari e con il Ministero dell’Ambiente. Al suo interno è visitabile una mostra fotografica e cartografica sugli aspetti culturali e naturalistici dell’isola di Sant’Antioco con una sezione dedicata alle vicende storiche della Torre. Dalla Piazza d’Armi si può inoltre apprezzare un incomparabile panorama del golfo di Palmas.
Le nostre proposte di escursione ESCURSIONE ALL’ISOLA DI SAN PIETRO E CARLOFORTE
Dal porto di Calasetta ( 9 Km. Da Sant’Antioco ) partono i traghetti della SAREMAR e della DECOLMAR per l’isola di San Pietro; la traversata dura circa 20 minuti. E’ consigliabile portare l’auto per poter visitare le principali spiagge e località dell’isola. La cittadina di Carloforte posta direttamente sul porto di arrivo è molto caratteristica, con parecchi piccoli negozi di souvenir ed oggetti di artigianato; da non perdere un assaggio della tipica FIGASSA (pizza bianca) e/o della FAINE’ (pizza di farinata di ceci). Le principali spiagge sabbiose dell’isola sono quella di BOBBA e quella de LA CALETTA (Spalmatore); ma è interessante affacciarsi sul golfo di Mezzaluna e Le Colonne, raggiungere la località CAPO SANDALO e la vicina insenatura di CALA FICO. Chiedeteci gli orari precisi di partenza e rientro dei traghetti (orientativamente alle 9, 10.30, 12 del mattino per la partenza, ed alle 18, 19.30, 20. 15 per il rientro) .
Le nostre proposte di escursione ESCURSIONE A MASUA – PORTO FLAVIA CALA DOMESTICA E BUGGERRU TEMPIO DI ANTAS – IGLESIAS
Da SANT’ANTIOCO verso IGLESIAS; Svoltare dopo GONNESA per “NEBIDA -BUGGERRU”; attraversare NEBIDA e svoltare a sinistra per MASUA Spiaggia di MASUA – Pan di Zucchero e galleria di PORTO FLAVIA (orario visite a Porto Flavia:10,30–12); durata della visita h. 1,5 Rientrare sulla statale e proseguire per Buggerru; prima di Buggerru svoltare a sinistra per la spiaggia di CALA DOMESTICA Rientrare sulla statale e raggiungere Buggerru – Spiaggia di Portixeddu (Buggerru) Proseguire in direzione FLUMINIMAGGIORE, attraversarla e proseguire per IGLESIAS; lungo la salita, svoltare a sinistra per TEMPIO DI ANTAS (visite fino alle ore 18) Rientrare sulla strada per Iglesias; Visita al centro storico di IGLESIAS – Rientro a SANT’ANTIOCO LUNGHEZZA PERCORSO: CIRCA 120 KM. (Sant’Antioco-Buggerru: Km. 40 Buggerru –Iglesias : km. 45 Iglesias – Sant’Antioco: km. 35
Le nostre proposte di escursione ESCURSIONE AL VECCHIO BORGO DI TRATALIAS E PORTOPINO
Uscire da Sant’Antioco direzione Carbonia; dopo circa 6 Km. Svoltare a destra per Giba–Santadi e proseguire sempre dritti per Tratalias. Visita alla Chiesa di Santa Maria di Mont Serrat (romanico-pisana del 1200) ed al vecchio borgo medioevale recuperato di Santa Maria di Tratalias. Da Tratalias a Giba, dove svolterete a destra direzione Teulada; attraversamento di Masainas e S.Anna Arresi (possibile visita della piazzetta con il NURAGHE al centro del paese). Da S.Anna Arresi seguire le indicazioni per Porto Pino. All’arrivo a Porto Pino sulla sinistra individuare il viottolo con l’indicazione LE DUNE.
Le nostre proposte di escursione
LA GRANDE MINIERA DI SERBARIU
Uscire da Sant’Antioco direzione Carbonia; dopo circa 6 Km. Svoltare a destra per Giba–Santadi e proseguire sempre dritti per Tratalias. Visita alla Chiesa di Santa Maria di Mont Serrat (romanico-pisana del 1200) ed al vecchio borgo medioevale recuperato di Santa Maria di Tratalias. Da Tratalias a Giba, dove svolterete a destra direzione Teulada; attraversamento di Masainas e S.Anna Arresi (possibile visita della piazzetta con il NURAGHE al centro del paese). Da S.Anna Arresi seguire le indicazioni per Porto Pino. All’arrivo a Porto Pino sulla sinistra individuare il viottolo con l’indicazione LE DUNE.
Le nostre proposte di escursione IL PARCO ARCHEOLOGICO E L’INSEDIAMENTO FENICIO E PUNICO DI MONTE SIRAI
Il pianoro di Monte Sirai, situato a 3 Km a nord di Carbonia e raggiungibile agevolmente mediante strada asfaltata, fu abitato sin dalla prima metà del III millennio a.C., ma deve la sua importanza alla presenza di un insediamento fenicio e punico. L’insediamento attualmente visibile fu fondato intorno al 750 a.C. dai Fenici e conquistato nel VI sec. dai Cartaginesi, poi abitato insieme ai Sardi fino al 110 a.C. circa, quando venne abbandonato. Il Parco di Monte Sirai si presenta articolato in vari settori, che danno la possibilità di visitare l’antica città secondo diversi percorsi: l'abitato, nel quale si possono ancora ben distinguere i quartieri, le piazze, le case (di notevole rilevanza sono la “casa Fantar” e la “Casa del lucernario di talco”); le strutture religiose, con il tempio interno alla città e il tophet, santuario riservato ai bambini morti in età perinatale; la necropoli fenicia ad incinerazione, costituita da fosse scavate nella terra o nella roccia, e la necropoli punica, che si compone di tredici tombe familiari a camera scavate nel sottosuolo roccioso.
Le nostre proposte di escursione
LE GROTTE IS ZUDDAS – SANTADI
Situate presso Santadi costituiscono uno splendido scenario sotterraneo creato dall’incessante azione dell’acqua. Il rilievo del Monte Meana nel quale si sviluppa la cavità è costituito da rocce dolomitiche risalenti a circa 530 milioni di anni. La grotta, ancora in attività, consta di diverse sale ognuna delle quali si differenzia per la particolarità delle concrezioni. Negli anni ‘60 la grotta venne utilizzata come cava di marmo, poi nel 1971 grazie all’intervento dei ragazzi dello Speleo Club Santadese si provvide alla chiusura ed al controllo della cavità. La grotta ha una temperatura costante di 16 gradi e l’umidità vicina al 100%. Lungo il percorso turistico che si sviluppa per circa 500 m si possono ammirare stupende e talvolta imponenti concrezioni: dalle stalattiti alle stalagmiti, passando per le colate e le cannule fino alle rare eccentriche di aragonite. Queste ultime rappresentano la caratteristica principale delle grotte. Le aragoniti si presentano sotto due forme distinte: le aragoniti aciculari, che appaiono come grossi ciuffi di cristalli simili ad aghi, chiamate anche dagli speleologi “fiori di grotta”; e le spettacolari Aragoniti eccentriche (la cui elevatissima concentrazione in un'unica sala rende le grotte Is Zuddas uniche al mondo): formazioni filiformi che sviluppandosi in ogni direzione senza essere influenzate dalla gravità assumono spesso delle forme bizzarre.
SANTADI – distanza da Sant’Antioco: 25 Km. Aperto tutti i giorni dalle 10:00 alle 19:00
Le nostre proposte di escursione
NECROPOLI DI MONTESSU DOMUS DE JANAS (Le case delle Fate) Nelle prime luci del mattino e all’imbrunire, nel silenzio della campagna, proprio come racconta una antica favola sarda, sembra quasi di sentire le fate che cantano, tessendo su telai d’oro: le piccole grotticelle che si affacciano sull’anfiteatro naturale di Montessu, sono le loro magiche dimore. Se ne sono trovate ben quarantadue, scavate nella roccia trachitica, in uno scenario naturale di una suggestione unica. E’, questa, forse la più grande necropoli a “domus de janas” (case delle fate) di tutta la Sardegna. In questo maestoso sito, circa 5.000 anni orsono, il popolo di cacciatori e di agricoltori che viveva nella pianura sottostante seppelliva i propri defunti. Sono di particolare bellezza le numerose incisioni simboliche che decorano alcuni di questi piccoli antri, presentando ancora, a dispetto del tempo, tracce di ocra rossa, simbolo di sangue rigeneratore, a dimostrare la speranza dei vivi di ottenere, sul riposo dei defunti, la protezione della Dea Madre. Tra tutte le grotte, spicca “Sa Cresiedda” (la chiesetta), con le sue colonne risparmiate sulla roccia con abile perizia. Religiosità, arte e magia si fondono in un insieme di sublime magnetismo, offrendo uno spettacolo indispensabile da vedere e difficile da dimenticare. VILLAPERUCCIO – distanza da Sant’Antioco: 25 Km. Aperto tutti i giorni dalle 10:00 alle 19:00 Suggerimenti per la visita: Si consiglia abbigliamento comodo, scarpe sportive o altre calzature per escursione.
Le nostre proposte di escursione
SANTIOCO GRUTTIACQUA - TOMBA DEI GIGANTI Circa 3.500 anni orsono i Nuragici, abitanti della Sardegna preistorica, occuparono con i loro monumentali insediamenti anche l’isola di Sant’Antioco, che già da allora poteva considerarsi quasi una penisola, grazie ai lidi che dalla terraferma si protendevano versa di essa. Molto vasta è la documentazione variamente pervenuta fino a noi; a Sant’Antioco si possono contare oltre trenta nuraghi isolati, ma sempre in vista l’uno con almeno un altro, ed almeno due grossi villaggi situati in posizioni strategiche. La collocazione dei nuraghi fa ritenere che anche qui, come del resto in tutta la Sardegna, non solo di un sistema abitativo si tratti, ma anche di un efficace sistema di difesa. A Gruttiacqua (la grotta dell’acqua) un poderoso nuraghe domina una piccola e verdeggiante conca, sede di un importante luogo sacro: il tempio a pozzo, legato al culto nuragico delle acque sorgive. Poco distante, in località “Su niu de su crobu” (il nido delle cornacchie), si trova una sepoltura detta a “Tomba di Giganti” , così chiamata per le sue dimensioni atte a contenere non le spoglie di un gigante, ma una deposizione collettiva di almeno venti defunti; è collocata su un’ampia piattaforma rocciosa ed eretta con massi poliedrici di roccia vulcanica, ad eterna memoria di un popolo che ha vissuto all’alba della storia.
Dal nostro blog http://jacarandiamo.blogspot.it/
Del mal di Sardegna e altri affari Abbiamo avuto la gradita opportunità di ospitare a La Jacaranda, Claudia Zedda, nota web blogger e scrittrice cagliaritana.. Al suo rientro Claudia Zedda ci ha inviato questa nota che, con pubblichiamo con moltissimo piacere.
Nata a Cagliari e cresciuta nella bella città del sole, mi ha sempre affascinato l’idea che a pochi passi da casa, separato da un fine ponticello che attraversa una laguna brulicante di vita, ci sia un angolo di cielo, screziato di arancio e lichene, battuto dal vento, vivo di colori e mistero. Amo Sant’Antico, e per quanto non lo abbia mai detto, lei pure mi ama, già che tutte le volte che la visito mi strizza l’occhio ammiccante. L’ha fatto anche questo inizio di Maggio e pure se battuta da un vento impietoso, quello che solo le isole conoscono e amano, mi ha mostrato angoli di sé nascosti, belli di una bellezza audace, sincera, appagante, di quella che devi raccontare a tutti i costi. La Jacaranda Il proprietario l’ho conosciuto qualche anno fa in occasione della pubblicazione di Creature Fantastiche in Sardegna. C’era in quel b&b qualcosa di intrigante che mi ha attirato fin da subito, sarà che adoro la Jacaranda, l’arbusto intendo, sarà che mi piace sempre conoscere, quando possibile, i miei lettori. Sarà quel che sarà l’occasione è saltata fuori proprio qualche settimana fa: Sant’Antioco era tutta intenta a festeggiare il suo Santo e io ho avuto modo di ritornare in quell’isola nell’isola che mi ha adottato, come una mamma dai fianchi larghi e dalle mani sporche di semola. Il b&b è bello come mi aspettavo, curato fin nei minimi dettagli, profumato di buono, e tutto ingioiellato di libri e di quadri che la moglie di Andrea, Chiara, tra un manicaretto e l’altro si diletta a confezionare. Piccola e piena la biblioteca della Locanda mi ha rubato il cuore, insieme con le istantanee di Sant’Antioco che galleggiano nella stanza, fra i tavoli, fra i libri. Appena arrivati abbiamo scambiato due chiacchiere con Andrea, qualche consiglio sul cosa visitare e l’invito alla cena di quella sera, “piatti autentici, tipici, con tutto il profumo del mare”, ci ha promesso e in effetti così è stato. E già che questo era il secondo tour che facciamo con la nostra piccola Rebecca, Andrea ci ha consigliato di acquistare il Marrakkuciu. “Di cosa si tratta”, chiedo io. E lui sorride.
Su marrakkòcciu Se hai un bambino che sta mettendo i denti, o che i denti li ha già e sta imparando ad usarli, il marrakkòcciu ti cambierà la vita. Mia figlia se n’è letteralmente innamorata e io sto pensando di preparargliene molti altri. E’ un dentaruolo in pane, di quel genere che deve aver intrattenuto i nostri nonni e bisnonni prima che saltassero fuori quelli in plastica, silicone, caucciù e chi più ne ha, più ne metta. Ho scoperto più tardi che la tradizione è di tutta la Sardegna, angolo più angolo meno, e che in alcuni casi si chiama marrakkòcciu (sa marra è la zappa, e la zappa tradizionalmente è associata simbolicamente ai nuovi dentini che saltano fuori) ma anche barrakkòcciu (sa barra è la mascella, e anche in questo caso ha a che fare con i dentini da latte, nuovi di zecca). Imparare qualcosa di nuovo sulle nostre tradizioni è sempre entusiasmante: ne ho portato a casa almeno quattro, tutta fiera della mia scoperta. … Bello penso io, e penso pure che quei visitatori che insieme a noi calpestano il suolo della chiesa di Tratalias, potrebbero essere gli ospiti della Jacaranda. In effetti, chiamalo istinto chiamala bruxeria, sono loro gli altri ospiti di Andrea. Non sono sardi e quella è la loro ultima giornata sull’isola che lasciano con una certa malinconia, perché sì, il Mal di Sardegna è una cosa reale, con la quale tutti quelli che la visitano occasionalmente devono fare i conti. Sicché a cena si sono svolti tutti i rituali del caso, dell’ultimo mirto, dell’ultima sigaretta, dell’ultima occhiata alla luna sarda, che tutte queste cose ci sono anche oltre mare, ma gustarle sull’isola, gustarle a Sant’Antioco, è tutto un altro paio di maniche. Claudia Zedda
Il Sulcis Iglesiente, Carloforte e Sant'Antioco: la Sardegna tra mare e terra È la statale 130 l’arteria principale che dal capoluogo sardo porta verso il Sud Ovest dell’isola. Se la si percorre tutta si arriva a Iglesias e da qui a Carbonia. Due città simbolo di un territorio, il Sulcis Iglesiente, una vasta area che abbraccia centinaia di chilometri di costa, le due isole San Pietro e Sant’Antioco e una zona interna che racchiude un fascino tutto da scoprire.. La natura del Sulcis Iglesiente la si deve conoscere anche e soprattutto per qualcosa che arriva dal sottosuolo, da quei giacimenti grazie al quale la Sardegna può vantare di avere il primo parco geominerario riconosciuto dall’Unesco. È proprio qui che si sono concentrate le più importanti attività minerarie negli ultimi secoli. E ora queste terre offrono aspetti culturali interessanti, che abbracciano temi legati all’architettura e all’archeologia industriale, per non parlare di tutto il tessuto sociale che la civiltà mineraria ha lasciato in eredità. In queste zone l’attività di estrazione è praticata fin dai tempi dei Fenici, Romani, Pisani e Spagnoli, sebbene l’attività mineraria trovi il suo apice durante il fascismo, con l’apertura della miniera di Serbariu - chiusa nel 1964 e oggi polo di attrazione turistica - e la fondazione della città di Carbonia, dove ha sede il museo del carbone gestito dal Centro Italiano per la Cultura del Carbone (CICC). Anche Iglesias ospita un museo minerario dove è possibile rivivere tutte le attività di estrazione grazie alla presenza di imponenti resti industriali e alle visite guidate svolte proprio da ex minatori che raccontano in maniera coinvolgente le loro esperienze di vita, di fatica e di vissuto quotidiano. A Nord, quasi al confine provinciale, c’è la miniera di estrazione del piombo e dello zinco, attiva fino al 1977, attorno al quale nacque il paese Buggerru. È qui che troviamo la galleria Henry, un traforo enorme che doveva permettere il passaggio della locomotiva a vapore, soppiantando il trasporto con i muli. È sorprendente come il condotto si inerpichi sul dorso di una falesia a strapiombo sul mare, attraverso piccoli cunicoli e sentieri scolpiti nella roccia. Per concludere l’itinerario è d’obbligo una visita a Porto Flavia, presso Masua. È stato realizzato nel 1924 e consiste in uno scavo sulla montagna di seicento metri che sfocia sul mare e prevede un complesso sistema di gallerie per far sì che i minerali potessero direttamente esser depositati nelle stive delle navi. Percorrere le gallerie oggi non significa solo vedere un lavoro ingegneristico unico per quei tempi, ma anche ammirare lo spettacolo naturale unico del golfo di Gonnesa: il Pan di Zucchero incastonato sul mare davanti a voi, i fondali profondi sotto e la visone infinita e vasta che arriva sino all’isola di San Pietro. Ma un territorio così particolare per ambiente e sottosuolo non poteva non preservare dei veri e propri giacimenti anche dal punto di vista gastronomico. La natura di per sé offre una serie di prodotti dal carattere unico e la tradizione locale li ha utilizzati per secoli, creando all’interno piatti legati alla terra, al bosco, all’allevamento, e sulla costa ricettari tradizionali legati al mare e alla pesca. L’olio, il vino, i funghi e il miele sono i prodotti più diffusi e fanno da comune denominatore. Nelle isole, a San Pietro e Sant’Antioco l’eredità tabarchina è ancora forte, si avverte il predominio del pesce e soprattutto del tonno, protagonista a Carloforte del popolare Girotonno;, quella dell’isola di San Pietro è una delle tonnare più attive del mediterraneo e vede protagonista il pregiato tonno rosso Bluefin. La pesca definita “di corsa” prevede che agli inizi di maggio vengano calate le tonnare, un complesso sistema di reti grazie al quale si formano delle camere comunicanti in cui i tonni - che ripetono gli stessi percorsi ogni anno – entrano: sono migliaia i tonni pescati e rappresentano il fulcro della cucina della piccola isola e delle aree vicine. Altra specialità molto diffusa è il carciofo spinoso sardo, caratterizzato da un sapore molto intenso e da grosse spine su foglie tra il verde e il violaceo. Gli allevamenti sònò per lò piu òvini: e facile tròvare nelle trattòrie la carne di pecòra e nòn mancanò i fòrmaggi pecòrini pròpòsti sia nella variante sarda che in quella ròmana. Menò diffusò e di òttima qualita, il fòrmaggiò caprinò òltre a piccòle chicche còme la ricòtta salata ò la crema di fòrmaggiò.
Non possiamo non fare un cenno legato all’arte delle panificazione, una cultura diffusa in tutta la Sardegna che fa si che l’isola venga riconosciuta come una vera e propria culla per la produzione di diversi pani tutti con una storia antica da raccontare. Sono tanti ancora i forni presenti nel territorio del Sulcis Iglesiente, alcuni dei quali a legna, dove arrivano ancora farine frutto di molitura tradizionale. Il Civraxiu - una grande pagnotta a lievitazione naturale da tagliare a fette - è il pane più diffuso, abbiamo poi Su Coccoi, una pasta di semola di grano duro che in alcune festività e ricorrenze importanti religiose viene decorato - sa pintadura de su pani - facendo emergere tutta l’importanza e la tradizione secolare della panificazione in Sardegna e nel Sud Ovest dell’isola. Il passato e il presente della ristorazione del Sulcis Iglesiente sembrano muoversi in maniera parallela con quella che è la cucina di terra e di mare del territorio. Mentre nelle zone interne primeggiano le carni, i formaggi e delle preparazioni molto tradizionali, nelle due isole – San Pietro e Sant’Antioco – non solo troviamo una cultura più legata al mare, ma sembra emergere una spinta innovativa che riesce a coniugare le materie prime con l’estro e la creatività di una cucina moderna. Parlando di Sulcis viene in mente il vino rosso, che qui è il Carignano: la varietà autoctona è la regina incontrastata del Sud Est dell'isola. Il carignano viene coltivato da secoli, ma sono proprio questi nostri gli anni in cui ha cominciato a vivere un successo senza precedenti. Il merito va sicuramente ai tanti viticoltori che hanno capito e sfruttato le potenzialità di un’uva che qui ha sempre trovato il suo habitat ideale. Molte delle vigne di Carignano nascono sulla sabbia ed è per questo che sono riuscite a sfuggire alla fillossera. È il motivo per cui il vero patrimonio del Carignano del Sulcis è basato soprattutto su impianti molto vecchi, allevati ad alberello e ideali per dare uva di qualità. Nel bicchiere questo si traduce in profumi intensi di piccoli frutti di bosco e di mirto, ma anche di macchia mediterranea e sottobosco. In bocca mostra tutto il suo carattere mediterraneo: morbidezza, buona balsamicità e tanta profondità. Per le sue caratteristiche e per la sua struttura è un vino che di certo non ha paura di invecchiare e con l’età aumentano i profumi terziari che virano verso sensazioni di tabacco, corteccia e tartufo. La Sardus Pater è la cooperativa di Sant’Antioco che riunisce circa 200 conferitori per una produzione che arriva alle 600mila bottiglie. Anche qui si punta tutto sul Carignano del Sulcis prodotto in più versioni, da quella più fresca che prevede l’uso del solo acciaio, alle Riserve, fino ad arrivare alla Superiore, che per disciplinare prevede solo l’utilizzo di vecchie vigne su piede franco. La produzione vanta anche altri vini prodotti da uve tradizionali tra cui l’ultimo nato AD 49, un Vermentino di Sardegna Spumante Metodo Classico. Il patrimonio che arriva dalle cooperative sulcitane non si esaurisce qui. L’isola di Sant’Antioco ha un’altra cantina sociale, quella di Calasetta, più piccola ma capace anch’essa di produrre dei veri e propri gioielli enologici. Fondata nei primi anni ’30 è rimasta fedele a una produzione di qualità volta ad esaltare al meglio le caratteristiche di un territorio unico. a cura di Giuseppe Carrus Gambero Rosso, Settembre 2014
Sardegna del sud: i Caraibi dietro casa Collegata alla Sardegna da un istmo, l'isola di Sant'Antioco è sinonimo di natura selvaggia, spiagge solitarie, bagni indimenticabili. C’è un angolo di Sardegna quasi segreto dove la macchia mediterranea nasconde spiagge caraibiche, borghi e tracce di antiche civiltà. È il sudovest dell’isola, il Sulcis Iglesiente, una terra blu e verde che profuma di mirto e ginepro, dove la natura è rigogliosa, la gente verace e il tempo scorre lento. La zona più sorprendente è quella compresa tra l’Isola di Sant’Antioco e il tratto di costa sarda che tocca Porto Pino. Sant’Antioco è l’isola nell’isola, collegata alla Sardegna da un istmo. Qui, mare e laguna si alternano dando vita a ecosistemi delicati e ricchi, specie negli specchi tranquilli della Laguna di Santa Caterina e delle Saline, popolate da fenicotteri rosa e aironi. Abitata dai Fenici nel 770 a.C., invasa dai Berberi e poi controllata dai Romani, Sant’Antioco è stata approdo dei primi navigatori del Mediterraneo; oggi è la meta di chi le vacanze preferisce trascorrerle in sordina. Low profile, ma con stile. Baie deserte rimaste immutate negli anni, paesi di pescatori, buona cucina, arte e vita semplice. Ci si arriva con un’ora d’aereo da Roma o Milano e poi un’altra ora d’auto da Cagliari, lungo una statale comodissima e poco trafficata. Comoda da raggiungere, lo è altrettanto da vivere: due paesi (Sant’Antioco, con un bel lungomare e una dimensione più cittadina, e Calasetta, un borgo di pescatori, bianco e arroccato) e molte spiagge. Le più belle si visitano in un giorno solo, in moto o in auto: i parcheggi sono grandi e vicini alla riva, le distanze minime. Le tre cale di nordovest, Sottotorre, Le Saline e Spiaggia Grande, vicino al paese di Calasetta, hanno sabbia bianchissima e mare effetto Maldive: davanti, l’Isola di San Pietro. Offrono tutte bagni attrezzati e piccoli chiringuito per la siesta. Lungo la costa occidentale, andando da nord a sud, la scogliera è frastagliata, con scorci spettacolari e silenzi. Il tratto chiamato Nido dei Passeri è la parte più imponente e solitaria, tra grotte naturali e la macchia mediterranea bassa e profumata. Chi cerca un angolo di privacy lo trova a Capo Sperone, l’estrema punta meridionale dell’isola con rocce a strapiombo e piscine di acqua blu. Non possiamo non fare un cenno legato all’arte delle panificazione, una cultura diffusa in tutta la Sardegna che fa si che l’isola venga riconosciuta come una vera e propria culla per la produzione di diversi pani tutti con una storia antica da raccontare. Sono tanti ancora i forni presenti nel territorio del Sulcis Iglesiente, alcuni dei quali a legna, dove arrivano ancora farine frutto di molitura tradizionale. Il Civraxiu - una grande pagnotta a lievitazione naturale da tagliare a fette - è il pane più diffuso, abbiamo poi Su Coccoi, una pasta di semola di grano duro che in alcune festività e ricorrenze importanti religiose viene decorato - sa pintadura de su pani - facendo emergere tutta l’importanza e la tradizione secolare della panificazione in Sardegna e nel Sud Ovest dell’isola.
Il passato e il presente della ristorazione del Sulcis Iglesiente sembrano muoversi in maniera parallela con quella che è la cucina di terra e di mare del territorio. Mentre nelle zone interne primeggiano le carni, i formaggi e delle preparazioni molto tradizionali, nelle due isole – San Pietro e Sant’Antioco – non solo troviamo una cultura più legata al mare, ma sembra emergere una spinta innovativa che riesce a coniugare le materie prime con l’estro e la creatività di una cucina moderna. Parlando di Sulcis viene in mente il vino rosso, che qui è il Carignano: la varietà autoctona è la regina incontrastata del Sud Est dell'isola. Il carignano viene coltivato da secoli, ma sono proprio questi nostri gli anni in cui ha cominciato a vivere un successo senza precedenti. Il merito va sicuramente ai tanti viticoltori che hanno capito e sfruttato le potenzialità di un’uva che qui ha sempre trovato il suo habitat ideale. Molte delle vigne di Carignano nascono sulla sabbia ed è per questo che sono riuscite a sfuggire alla fillossera. È il motivo per cui il vero patrimonio del Carignano del Sulcis è basato soprattutto su impianti molto vecchi, allevati ad alberello e ideali per dare uva di qualità. Nel bicchiere questo si traduce in profumi intensi di piccoli frutti di bosco e di mirto, ma anche di macchia mediterranea e sottobosco. In bocca mostra tutto il suo carattere mediterraneo: morbidezza, buona balsamicità e tanta profondità. Per le sue caratteristiche e per la sua struttura è un vino che di certo non ha paura di invecchiare e con l’età aumentano i profumi terziari che virano verso sensazioni di tabacco, corteccia e tartufo. La Sardus Pater è la cooperativa di Sant’Antioco che riunisce circa 200 conferitori per una produzione che arriva alle 600mila bottiglie. Anche qui si punta tutto sul Carignano del Sulcis prodotto in più versioni, da quella più fresca che prevede l’uso del solo acciaio, alle Riserve, fino ad arrivare alla Superiore, che per disciplinare prevede solo l’utilizzo di vecchie vigne su piede franco. La produzione vanta anche altri vini prodotti da uve tradizionali tra cui l’ultimo nato AD 49, un Vermentino di Sardegna Spumante Metodo Classico. Il patrimonio che arriva dalle cooperative sulcitane non si esaurisce qui. L’isola di Sant’Antioco ha un’altra cantina sociale, quella di Calasetta, più piccola ma capace anch’essa di produrre dei veri e propri gioielli enologici. Fondata nei primi anni ’30 è rimasta fedele a una produzione di qualità volta ad esaltare al meglio le caratteristiche di un territorio unico. a cura di Giuseppe Carrus Gambero Rosso, Settembre 2014
Sant’Antioco, una perla nel Mediterraneo
In uno dei territori più belli della Sardegna, il Sulcis Iglesiente, c’è una stupenda isoletta attaccata al resto dell’Isola madre da un lembo di terra, un istmo artificiale che crea una meravigliosa laguna dove il sole si riflette sul mare cristallino creando un panorama mozzafiato: quest’isola è Sant’Antioco. Una terra ricca di storia e di cultura, ma che offre anche un ambiente incredibile, un mare da sogno, spiagge incontaminate, coste incredibili da ammirare, un Lungomare che soprattutto in estate si anima di vita e di gente. L’isola di Sant’Antioco su cui si trova la cittadina omonima insieme al piccolo e caratteristico comune di Calasetta, è la maggiore delle isole sarde con i suoi 109 km² (quarta d’Italia per estensione). Si trova a soli 85 km da Cagliari. Il comune di Sant’Antioco è il più popoloso (circa 11 mila abitanti) e sorge sulle rovine dell’antica città fenicio-punica di Sulci. Sull’isola sono inoltre presenti però anche alcuni piccoli borghi turistici come quelli di Maladroxia e di Cussorgia. L’isola è circondata da due isolotti disabitati, detti, il più lontano, Il Toro, e il più vicino alla costa, La Vacca, affiancato quest’ultimo da uno scoglio denominato Il Vitello. Fare il giro dell’isola di Sant’Antioco in barca è un “esperienza davvero incredibile e unica. Si possono ammirare tutte le coste, le calette e le spiagge che sono numerosissime da nord a sud dell’isola. Il mare è veramente cristallino e da molti giudicato il più bello della Sardegna. Ma Sant’Antioco non è solo mare e belle spiagge. La millenaria storia dell’isola, sui venne eretto probabilmente il primo insediamento dei Fenici in Sardegna, con l’antica città di Sulci (da cui prese il nome il territorio del Sulcis), fa di Sant’Antioco il luogo ideale in cui abbinare una vacanza all’insegna del mare, del relax e del divertimento ad una vacanza culturale. Sono infatti presenti numerosi musei che testimoniano l’importanza della cittadina lagunare sarda: il Museo Archeologico è uno dei più importanti del Mediterra-
neo per quanto riguarda la cultura fenicio-punica; il Museo del Bisso testimonia invece le opere di Chiara Vigo, l’ultimo “Maestro” rimasto al mondo a tessere ancora il pregiato Bisso. Durante l’anno sono poi tanti gli eventi che si svolgono a Sant’Antioco. Qui ricordiamo la Sagra di Sant’Antioco Martire, patrono di tutta la Sardegna. Si tratta della Sagra più antica della Sardegna, che si celebra ogni anno quindici giorni dopo Pasqua: da tutta la Regione arrivano gruppi folkloristici che sfilano lungo le strade del paese a seguito del simulacro del Santo, una processione davvero bella e seguita da tantissimi fedeli e turisti. A Sant’Antioco sono particolarmente sentiti anche i riti della Settimana Santa. La processione del venerdì santo, di stampo catalano, è molto suggestiva e toccante: il Cristo morto viene portato in processione al tramonto su un catafalco dorato, seguito dalla Madonna vestita a lutto. Ma ci sono eventi che sono organizzati un po’ durante tutto l’anno e soprattutto d’estate, quando Sant’Antioco si popola di turisti e le notti sono all’insegna del divertimento. Tanti sono anche i monumenti presenti, qui citiamo solo per dare un” idea delle numerose testimonianze le meravigliose Catacombe che si trovano sotto la Basilica della cittadina e possono essere visitate; il Tophet e la Necropoli Punica; i nuraghi e le tombe dei giganti; il Ponte Romano, il Forte Sabaudo e la Torre di Canai. Per non parlare poi di tutte le altre meraviglie del Sulcis Iglesiente. Tutto questo insieme fa sì che Sant’Antioco, anche grazie al suo clima costantemente mite e caldo, possa essere visitata in qualsiasi mese dell’anno. Certo, durante l’estate è possibile godere al meglio dello stupendo mare dell’isola, ma anche durante le altre stagione vale davvero la pena trascorrere una vacanza a Sant’Antioco per cogliere altri aspetti culturali e ambientali che questo piccolo angolo di paradiso può regalare. E allora cosa aspettate a trascorrere le vostre vacanze o qualche fine settimana a Sant’Antioco? Ci sono tante cose da fare in questa splendida cittadina lagunare soggiornandovi qualche giorno. Noi ve l’abbiamo fatta conoscere…adesso a voi non resta che vedere dal vivo tutte le meraviglie di Sant’Antioco. Pubblicato da sardegnablog (http://www.sardegnablog.it)
SANT’ ANTIOCO, L’ISOLA DELLA SARDEGNA, MARE LIMPIDO E SPIAGGE DA SOGNO (La
Sardegna è da sempre una delle mete preferite dagli italiani grazie al suo mare cristallino che non ha nulla da che invidiare a quello dei Caraibi e ai numerosi servizi e intrattenimenti che offre. Molti sono i giovani attratti dalle notti sarde, in locali famosi con musica e drink no stop, nelle zone di San Teodoro, Costa Smeralda e Porto Cervo. Esiste però, oltre alla Sardegna più conosciuta, anche un’isola nascosta, poco frequentata dove il mare limpido unito ad una natura selvaggia danno l’impressione di trovarsi nel vero paradiso terrestre: l’Isola di Sant’Antioco. Situata a sud della più bella isola del mediterraneo, nella provincia di Carbonia-Iglesias, Sant’Antioco è ancora un mondo intatto e non troppo frequentato dove si può godere di spiagge da sogno e perdersi nei profumi della macchia. La costa occidentale di Sant’Antioco, la maggiore tra le isole che circondano la Sardegna, è la più defilata e tranquilla con poche strade e costruzioni ma, anche la più ventosa a causa del vento di maestrale che batte costantemente la zona. Tutta l’isola è caratterizzata da baie e litorali da sogno, spesso difficili da raggiungere a piedi, con un acqua pulitissima e trasparente. Cala Lunga: un fiordo turchese sulla costa occidentale, circondato da alte scogliere rocciose ricoperte di macchia e canneti. La sabbia è fra le più apprezzate perché formata da frammenti di corallo rosso, mentre i fondali bassi la rendono perfetta per attività come lo snorkeling e la pesca subacquea. Cala della Signora: caratterizzata da rocce di forma bizzarra, bucate e frastagliate dal vento e dal mare che brillano alla luce del sole. Si trova nel territorio del paese di Sant’Antioco e si può raggiungere a piedi con un breve ma ripido sentiero. Baia di Cala Sapone: piccola baia nella parte meridionale dell’isola che prende il nome dalla divinità fenicia Baal Safon, ovvero generatrice di venti. Il suo perimetro è circondato da scogliere di basalto e tufo con ginepri, mirti, e palme nane. Ideale per i bravi nuotatori che hanno qui la possibilità di raggiungere l’isolotto posto di fronte alla cala, dove si possono osservare con maschera e boccaglio polpi, murene, scorfani e castagnole. Le Saline: posta di fronte l’isola di San Pietro è una spiaggia facilmente raggiungibile. Fa parte di una zona naturalistica molto frequentata in cui le dune di sabbia, ricoperte da ginepri, sono separate da stagni e piccole lagune che danno vita ad un habitat prezioso per molte specie di piante endemiche e uccelli come i fenicotteri rosa, gli aironi e i falchi. Spiaggia Grande: è la spiaggia più lunga di Sant’Antioco con mille metri di litorale attrezzati. Molto frequentata da appassionati di windsurf e kitesurf, offre un mare cristallino e una sabbia fina chiarissima, circondata da scogliere laviche e macchia mediterranea. Se si ha a disposizione una barca o un gommone si possono raggiungere le zone più selvagge e belle come le numerose grotte, anfratti e piccole insenature nascoste tra le alte scogliere della costa occidentale. http://www.viagginews.com/2011/06/03/idee-di-viaggio-estate-2011-santantioco-il-paradiso-dellasardegna/) Federica Fralassi
Sulle spiagge di Sant' Antioco Da La Repubblica, sezione: VIAGGI
Alla fine dell' istmo lungo appena una manciata di chilometri, in una laguna piena di vento si apre Sant' Antioco con le pochissime vestigia di un ponte romano come segnale. Nella Sardegna del Sulcis Iglesiente, la non-isola guarda all' isola con l' orgoglio di chi fondò una colonia. Dopotutto è lì che si trovano i primi reperti della storia fenicio-punica dell' ottavo secolo avanti Cristo- il museo Barreca e gli scavi nell' area archeologica parlano di una civiltà fiorente. E sempre lì ci sono i resti di Antioco, il santo nero venuto forse dalla Mauritania: medico e predicatore cristiano, fu l' imperatore Adriano ad ordinare di gettarlo in mare. Con i venti buoni arrivò da queste parti e pregò nelle catacombe fino alla morte, nel 127 dopo Cristo. È a lui che è intitolata la chiesa e il paese. Ma è il mare che attira l' occhio: i blu, i verdi, i turchesi regalano una vista da favola. Parlare delle singole spiagge è un inutile esercizio, bisogna andare. Cala Lunga, le Saline, Turri, Capo Sperone ti fanno innamorare. La spiaggia di Co' e Cuaddus, secondo i venti, si copre di posidonie che si stendono come una coltre per fare argine all' erosione. L' acqua è cristallina. La conca naturale fa sì che le correnti depurino il mare con un ritmo regolare - la terra selvaggia fa il resto, uno spettacolo che non ti stanchi di osservare. Le spiagge bianche di Calasetta, l' altro paese dell' isola che non c' è, sono invece quelle più amate dai bambini e da chi non è in confidenza con il mare. Per tutti, comunque, vale il consiglio di Massimiliano Grosso, uno che di mestiere fa star bene chi viene qui: «Per scegliere la spiaggia giusta- dice- basta osservare le correnti». Si può anche prendere la barca, ce ne sono diverse al porto. Magari partendo con uno skipper che, a scuola finita, porta a bordo anche suo figlio, una sorta di Long John Silver, pirata in miniatura che tutto sa di onde e di scogli. Dal mare la prospettiva dell' isola assume un ritmo nuovo. Ad un passo c' è l' isola di San Pietro e Carloforte, le tonnare di una volta, le case aggrappate davanti al mare, il va e vieni di traghetti pieni di turisti. Di notte ci si orienta con le stelle, meravigliose, e non con il "tom tom" attaccato all' auto. Le strade, poche quelle asfaltate, si perdono nel nulla, poi comincia lo sterrato e allora è meglio tornare indietro e aspettare il giorno per una passeggiata in montagna per vedere sia i nuraghi, ce ne sono di belli, che gli animali. Falchi e poiane seguono i piccoli che provano a volare; conigli e lepri cercano cibo; donnole e ricci guardano da lontano. Dalla scogliera, di tanto in tanto, osservi il passaggio dei delfini. FRANCESCO MALGAROLI
Sulcis in fundo: La Jacaranda nel paradiso di Sant'Antioco Coaquaddus e Cala Sapone), i paesaggi che tolgono il fiato, i profumi che Beppe Severgnini ha indicato una quarantina di buoni motivi per cui
inebriano (è un peccato viaggiare con i finestrini chiusi), i sapori di una cu-
torna in Sardegna da oltre trenta anni. La lista comprende ragioni piena-
cina che sa esprimersi al meglio sia con la carne che col pesce, la vicinanza
mente sottoscrivibili da chiunque come il colore del mare, la forza trasci-
con l'isola di San Pietro dove ancora avviene la mattanza del pregiato ton-
nante delle danze popolari, la possibilità di trovare una spiaggia vuota an-
no rosso nella sua corsa mediterranea verso la riproduzione.
che in agosto e la bontà della cucina tradizionale, mentre altre sono più
Chi l'ha già provata, aggiungerà senza dubbio la squisita ospitalità de La
discutibili, anche se in sostanza l'elenco è più che valido. Senza grandi
Jacaranda, locanda con cucina. E che cucina, viene da dire dopo aver gu-
difficoltà, tuttavia, si possono individuare altrettanti motivi per raggiunge-
stato i piatti preparati nel rispetto delle stagioni, con un occhio di riguardo
re (e magari scoprire, se è la prima volta) l'isola di Sant'Antioco, la più
per la tradizione che però viene reinterpretata e aggiornata secondo l'ispi-
grande di quelle che compongono l'arcipelago sulcitano e la quarta italia-
razione e la creatività di chi è ai fornelli. I risultati sono eccellenti e rimar-
na per estensione dopo le due maggiori e l'Isola d'Elba. Il primo a venire in
ranno impressi nelle papille gustative. Le sei camere doppie sono tutte do-
mente è la ricca vicenda storica che si è srotolata su questo
tate di bagno privato con doccia, asciugacapelli, climatizzazione autonoma
“palcoscenico”, calcato in epoca preistorica da popolazioni della cosid-
e TV con decoder digitale terrestre. Chi non riesce a staccarsi da internet
detta cultura nuragica e poi, solo per citare i protagonisti, da Fenici, Carta-
neppure in vacanza può sfruttare gratuitamente la connessione wi-fi. A di-
ginesi, Romani, Bizantini, Pisani e Aragonesi prima di finire sotto il governo
sposizione dell'ospite c'è una ricca biblioteca di saggi sull'archeologia, la
dei Savoia. L'album di famiglia si può “sfogliare” nel bel museo archeologi-
storia e l'arte della Sardegna e di narrativa di autori sardi per nascita o
co di Sant'Antioco città. In vetrine ben organizzate sono esposti i reperti
“vocazione”, dalla Deledda a Massimo Carlotto (cagliaritano per adozione),
trovati nel corso delle campagne di scavo e negli altrettanto generosi recu-
passando per Niffoi, Atzeni e Fois, senza trascurare le ultime leve come Mi-
peri per opera delle forze dell'ordine e della magistratura (la passione per
lena Agus e Michela Murgia. Ma chiedete senza remore ai vostri ospiti
il “coccetto” di cui parla Fabio Isman nel suo libro I predatori dell'arte per-
consigli e informazioni sull'isola e sull'intera Sardegna. Riceverete risposte
duta ha contagiato anche i sardi). È assai istruttivo, soffermarsi davanti alla
preziose che svelano soprattutto il sincero amore per questa terra ancora
ricostruzione di una sezione verticale del tophet, ovvero l'area sacra nella
in gran parte sconosciuta, nonostante compaia spesso sui giornali, pur-
quale venivano sepolti i bambini. Lo spaccato mostra, nel sovrapporsi di
troppo a sproposito o in contesti poco lusinghieri.
successivi strati, l'evoluzione delle forme delle piccole lapidi e delle urne. È ancora diffusa la teoria secondo la quale i Fenici e poi i Cartaginesi sacrificassero i primogeniti alla dea Tanit, ma basterebbe la considerazione dell'elevato indice di mortalità infantile per ritenerla una pratica suicida e dunque smentirla. Ha dunque più logica e valore quella per cui le urne contenessero i resti dei feti abortiti o dei bambini morti durante il parto o in tenerissima età: monumenti al dolore dei genitori e voti per nuove nascite, dunque, altro che crudeli sacrifici umani! Pensieri più ameni suscitano i modellini che ricostruiscono le imbarcazioni e l'area del porto: gli architetti contemporanei dovrebbero andare a scuola dai Fenici per imparare la perfezione della semplicità. Tra gli altri motivi che vengono in mente ci sono le splendide spiagge (vanno citate almeno quelle di Maladroxia,
Saul Stucchi su alibi on line (www.alibionline.it)