I racconti del castello

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I Racconti del Castello

Barbara Chersi

I Racconti del Castello Barbara Chersi

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I RACCONTI DEL CASTELLO

Le fantastiche avventure scritte dagli alunni delle Quinte della Scuola Primaria

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RINGRAZIAMENTI Si ringraziano per la collaborazione Elia Favalli La Biblioteca Comunale di Castelbelforte Se.P Srl Il Comune di Castelbelforte L'Istituto Comprensivo MN1 con il dirigente Prof. Roberto Archi La referente di Plesso, della scuola Martiri di Belfiore, Tiziana Telotti Le insegnanti Simona Mantovani, Giusy Sciandrello, Stefania Branciforte e Rosanna Vitali Tutti i ragazzi della VA e della VB

enti promotori

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INCIPIT

La voce dei Bambini Non siamo scrittori, siamo solo dei bambini. Curiosi, simpatici e con tanta voglia di farci conoscere. Il nostro paese è il centro del nostro piccolo universo dove convergono tanti stimoli e divertimenti. Ed è qui che sorgono la nostra scuola e la biblioteca, due realtà che ci aiutano ad affacciarci al mondo arricchendoci e motivandoci con proposte che noi accogliamo sempre con entusiasmo. I nostri genitori, i nostri insegnanti e tutte le persone che conosciamo ci aiutano in questo percorso guidandoci e tenendoci la mano. Nella nostra scuola "Martiri di Belfiore" abbiamo accolto la proposta di Elia Favalli, il nostro amico bibliotecario e della nostra Maestra Barbara. Scrivere un racconto. Cosa significa raccontare? È un viaggio nella nostra mente, un sogno, una fantasia che solo noi possiamo concretizzare con le parole. E allora via! Scriviamo! Qualche volta bene, qualche volta meno bene, correggi, cancella, metti la punteggiatura… sì, ok, per me va bene, no, forse no… riprendi, leggi, correggi… Abbiamo lavorato in gruppo, non è stato semplice, non sempre le cose sono andate per il verso giusto, ma è stato costruttivo, un altro passo per diventare grandi. E noi ringraziamo tutti quelli che ci hanno dato la possibilità di farlo: Elia, le nostre maestre (tutte, tutte, tutte!), la nostra scuola e i nostri genitori, perché anche loro ci hanno aiutato dandoci sempre spunti per le nostre avventure.

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BUONA LETTURA! I RAGAZZI DELLA V° A e DELLA V° B Anno 2016/17

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DEDICA

La dedica della maestra Barbara

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Io mi ricorderò sempre di voi, dei vostri sguardi incerti, dei sorrisi sdentati, degli occhi luccicanti, pieni di gioia, speranza e entusiasmo. Sorriderò pensando ai momenti passati insieme, perchÊ sono stati incredibili, unici, come lo siete voi! Buon proseguimento, che la vostra vita sia meravigliosa! Barbara

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LA STORIA DI JERRY: IL PICCOLO SCHELETRINO

LA STORIA DI JERRY: IL PICCOLO SCHELETRINO Scritta da Isacco Piccoli e Pietro Soave C'era una volta, in una notte di nebbia, un cimitero con una lapide solitaria. Ad un certo punto una mano scheletrica sbucò dal terreno freddo e da lì uscì Jerry, lo scheletrino.

Si accorse di essere solo, ma subito dopo altre mani uscirono dalla terra e scoprì che erano i suoi fratelli Mary, Dep, Rock, Dashs, Larry e Harry che chiesero tutti in coro: "Dov'è papà?", Jerry rispose: "Non lo so!". Poi sentirono dei passi pesanti sul terreno che si avvicinavano sempre di più. Rock disse senza paura: "Fatti sotto Ciccio!". Sentita la frase una voce

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roca gli rispose: "Come osi insultare così tuo padre!". Infine comparve una sagoma nera ed enorme e scoprirono che era il loro padre di nome Scheletro Gigante. Stava in compagnia di una creatura bellissima.

Jerry si chiedeva e cercava di capire chi fosse e alla fine capì che era sua madre di nome Strega. Il padre annunciò una cosa: "Famiglia cara, dobbiamo traslocare da un'altra parte, perché sono stato chiamato nell'arena scura per combattere il gruppo dei cattivi!". Tutti risposero di sì e allora il loro viaggio cominciò …

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Dopo quaranta giorni e quaranta notti Jerry si consumò i piedi, finché non arrivarono al tempio dei Sensei, dove ebbe l'onore di vedere tutti i Sensei combattere: Stregone di ghiaccio, Elettrico, Vegetazione, Acqua, Buio, Luce e Terra. Tutto d'un tratto dalla porta uscì un uomo che vedendo Jerry scappò. Jerry lo seguì, finché non lo bloccò davanti ad un burrone. L'uomo si mise a ridere, ma Jerry gli disse: "Rivela la tua identità!" L'uomo gli rispose: "Per conoscerla dovrai lottare duramente!". E così iniziò una battaglia fantastica, finché Jerry non lo spinse verso il burrone e gli disse: "Sei in trappola!" E lui rispose: "Tu credi?" Poi si trasformò in un orrendo Spinosauro che gli diede un colpo di coda verso il precipizio, però Jerry riuscì ad aggrapparsi ad una roccia. L'uomo, viste le qualità di Jerry, impietosito, lo aiutò a salire dicendogli: "Ti sei battuto bene piccolo scheletro! Per questo ti rivelerò la mia identità: io sono Silent Day, il divino dei buoni". Jerry nel tempio dei Sensei imparò molte cose, ad esempio come usare i suoi poteri contro i nemici, prevedere e schivare i loro attacchi. Inoltre affinò le sue tecniche fino a riconoscere le persone buone da quelle cattive. Un giorno mentre stava camminando verso l'arena scura per le sue esercitazioni quotidiane, incontrò un uomo incappucciato e subito capì che non era un bel soggetto, infatti l'uomo iniziò ad evocare i suoi alleati, dei morti viventi. Dopo un combattimento furibondo, l'uomo disse: "ADESSO BASTA!!!!!" e si trasformò in un triceratopo mezzo di ferro e mezzo di carne, che al posto della coda aveva un martello e al posto delle corna aveva spade-boomerang. Jerry vedendo quelle armi si arrampicò su un albero, facendogli cadere una bomba in testa che gli ruppe la corazza di ferro. Arrabbiato, l'uomo disse: "Ti aspetto all'arena scura!". Jerry rispose: "Fatti sotto Ciccio - brutto!!!" e l'uomo scappò in una nuvola di fumo.

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Poi Jerry vide due robot, uno piccolo e uno grande. Il padre di Jerry disse: "Il robot più piccolo è Mini P.E.K.K.A., mentre l'altro è P.E.K.K.A. Loro sono i cattivi". Nel cielo notarono un pallone con sotto un cesto e il padre esclamò:" Quella è la Mongolfiera

spia, che è andata a scrutare le linee nemiche sotto

l'ordine del P.E.K.K.A.!" Da lontano si videro altri robot armati e uno scheletrino disse: "Quelle sono le guardie d'onore del Robot gigante." I tre scheletrini dissero tutti insieme:" CAPO! CAPO! CAPO! I cattivi stanno avanzando verso di noi per combattere!!!" Jerry salì su una roccia e disse in tono ispirato: "Cari ragazzi, noi siamo una famiglia e quindi non dobbiamo aver paura di quegli idioti senza cervello, perché possediamo una cosa che loro non hanno!" "E cosa?" chiese Jerry. "L'unione! Quindi combattiamo da eroi!". Quando il gruppo dei cattivi giunse nella loro parte di campo, la battaglia cominciò.

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Ai suoni di tromba il padre evocò le Guardie e la Strega. Il primo round lo vinsero loro! Il secondo round lo vinsero i cattivi! Il terzo round lo vinsero di nuovo i cattivi! Si giunse quindi al round decisivo, in cui combatté il Robot contro lo Scheletro Gigante. Il Robot sparò colpi di cannone, mentre lo Scheletro lanciò bombe contro di lui. L'incontro venne vinto dai buoni, perché lo Scheletro Gigante tirò al Robot una bomba enorme che scoppiò e lo scaraventò in aria. I cattivi si arrabbiarono molto e attaccarono i buoni, ma ad un tratto i Sensei e Silent Day che comparvero all'istante li bloccarono. Ed ecco che davanti ai cattivi capeggiava l'uomo incappucciato, quello che Jerry aveva incontrato e con cui aveva combattuto al villaggio e disse: "Visto che volevi sapere il mio nome ora lo sai, io sono il divino dei cattivi, cioè Il Barone Rosso!". Jerry armato di spada combatté contro di lui.

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Alla fine Silent Day scagliò il raggio luminoso verso i cattivi uccidendo in un colpo solo tutti quanti, tranne Barone Rosso che stava per ucciderlo, ma Jerry vedendo la scena corse in aiuto di Silent Day e con un colpo di spada al cuore uccise Il Barone Rosso. Dopo la battaglia vi fu una festa in cui tutti esclamarono: "EVVIVA! EVVIVA!". Jerry divenne per tutti gli scheletri un esempio di forza e di unione. I Sensei lo accolsero per sempre nel loro esercito e la sua famiglia andò a vivere nel castello principesco che venne eretto in loro onore.

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LA STATUA DI CRISTALLO

LA STATUA DI CRISTALLO Scritto da Alia Magalini, Sofia Elena Pasetto, Claudio Potycki e Anastasia Santin Era una fresca giornata d'autunno. Era finita l'estate e cominciavo a sentirne la mancanza. Tra una settimana ricominciava la tediosa università. Non avevo proprio voglia di ricominciare la scuola. Ero uscita fuori per assaporare l'aria che mi sfiorava le labbra, che mi scompigliava i capelli e che, pian piano, mi portava via. Mi sentivo così libera, leggera ☀ chiudevo gli occhi e mi lasciavo cullare dal vento che mi portava in posti lontani, sconosciuti e sperduti. Era così bello sentire il fruscio delle foglie, il cinguettio dei pettirossi. "Kristal è pronta l'insalata mista!". Poi qualcosa mi riportò alla realtà, la mia disperata e infelice realtà. Era mia mamma Rose. Mi aveva annunciato lo "squisito" piatto a base di insalata e fagioli. Che felicità

sono rientrata e mi sono seduta sulla sedia di legno che

dondolava per quanto fosse vecchia. Era piena di schegge! Ahi, che male. Ho mangiato tutto con voracità e mi sono poi diretta in camera mia. La mia stanza ha vent'anni, e c'è ancora la culla di quando ero bambina. "Tesoro, oggi vado con Luisa e tuo padre al cinema, va bene? Tu devi stare qui a fare la guardia alla casa" "Ok, mamma, il papi quando finisce di lavorare?" "Finisce alle 7:30" "Ah, ok e poi partite?"

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"No, ci incontriamo al Mc Donald tutti e tre e poi andiamo a vedere un film" "Oh, allora ciao!". La mamma si era allontanata ed era uscita dalla porta. Finalmente potevo continuare ad ammirare il paesaggio e sognare. Ero uscita di nuovo e continuavo le mie riflessioni mentali. Poi qualcosa attirò la mia attenzione. Ho sentito il vento ululare il mio nome. "Kristal, Kristal, seguimi, seguimi!!" All'inizio mi sono spaventata, ma poi ho respirato e ho seguito la voce misteriosa. Mi sono avventurata nel fitto bosco, e ho perso la via di casa. Ma quella voce mi attirava così tanto che non riuscivo a fermarmi. La voce si è fermata solo quando mi sono trovata davanti ad una caverna buia e inquietante. "Io non resisto" e detto questo sono entrata. Qualcosa bloccava l'ingresso. Era grande, grosso, nero. Aveva le ali, gli artigli, allora mi sono spaventata e ho cercato di uscire, ma era troppo tardi. Il mostro aveva udito i miei passi e mi aveva afferrato per le gambe. "Chi abbiamo qui?" Non potevo crederci: era un drago. Occhi rossi, squame ☀ Sì! Era un drago. Gli artigli sembravano delle pinze affilate, il corpo era lungo venti metri e le ali erano grandi, possenti, maestose ☀ un gelido brivido, poi, era calato su di me. La mia visuale si oscurava diventando sempre più nera, il mio corpo stava cominciando a pietrificarsi e da lì iniziavano a spuntare stalattiti. Ero diventata di cristallo! Non sapevo come era successo. Credevo che morire fosse così. Potevo vedere scorrere la mia vita davanti ai miei occhi. Wow! L'ultimo suono che avevo sentito era la ristata del drago accompagnate da due parole: "Ah, ah, ah, dormi bene". Mi ero ritrovata in una grotta. Ghiaccio e neve ☀ lì ce n'era in quantità industriale, c'era freddo; sentivo freddo. Mi ero girata e guardata intorno per un po'. Ero spaventata, ma al tempo stesso meravigliata. Un ragazzo mi era passato davanti, senza degnarmi di uno sguardo. "Ehi, tu!", l'avevo afferrato per il braccio. "Dove mi trovo, cos'è successo e ☀挀栀椀 sei?". Si chiamava Wiliam. Anche lui era stato vittima della maledizione del drago. Noi eravamo cristalli, condannati a vivere in una grotta, nell'oscurità e

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potevamo svegliarci soltanto di notte. Erano le 23:53. Da dietro una colonna di stalattiti avevo scorso altri "cristalli" come me. "Ma come faccio a spezzare la maledizione?" "È difficile. Dovrai partire alle sette di sera, quando incomincia a fare buio. Si dice che esista un giardino, Eden, al confine della foresta. Lì c'è un unicorno. È bianco e lui, con il tocco del suo corno può spezzare la tua maledizione, ma se all'alba sarai fuori dalla grotta, ancora in cerca dell'unicorno, morirai, ti disintegrerai". Questa fu la risposta di Wiliam. "Ah, ma al confine di che cosa?". Nessuna parola. Era l'alba e si era già trasformato e dopo cinque secondi anch'io. Il giorno dopo ero pronta per partire. Zaino in spalle e via, alla ricerca dell'unicorno bianco! Avevo salutato tutti per l'ultima volta e mi ero girata per dare un'ultima occhiata a quel posto, perché salvata o no, non sarei ma ritornata lì. La foresta era buia e tutto mi era sconosciuto. I gufi cantavano una dolce melodia e annunciavano la notte. "Pum crash frrr". All'improvviso sentii dei suoni, c'era qualcuno. Ne ero sicura. Mi fermai per ascoltare. "Pum crash frrr ". Ancora quei suoni. Ecco che apparve la fata. "Kristal, attenta! C'è un troll! È posseduto da uno spirito e non ti farà passare. È cattivo. Odia la luce e vive nell'estrema oscurità. Sfrutta il tuo potere". Niente di più. Non avevo capito una parola, a parte "sfrutta il tuo potere", che dall'ombra è sbucato un troll. Occhi neri e ricoperto da un mantello fatto di rovi, terra e erba. "Bene, e tu chi sei?" "Kristal" gli ho risposto. "Voglio andare al giardino dell'Eden. Sai dov'è?" "Certo", mi ha risposto "Allora aiutami" "Sì, ma tu devi fare una cosa per me. Trova il fiore curatore. Dammelo e ti aiuterò".

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Il fiore si trovava lì intorno, nascosto tra i fili d'erba. Ho accettato. E via con la caccia al fiore. Ho girato il bosco per ore ma senza risultati. Ecco Kristalfairy. "È l'unico fiore azzurro del bosco. Prendilo e ti darà l'immortalità. Sfrutta i tuoi poteri". Ancora quella frase. Dopo due ore di viaggio mi sono fermata a riposare. Non ce la facevo più a camminare. Ho scelto un tronco e mi ci sono seduta sopra. Ho cercato di non chiudere gli occhi, ma invano. Ero in un giardino. Eden si chiamava. Eccolo! L'unicorno era lì. Beveva ed era circondato da cuccioli di unicorno. Poi è cambiato il sogno. C'era una fata ora che mi diceva che dovevo andare in un giardino chiamato Eden. Era quella del sogno precedente. Lei era gentile e mi aveva dato un oggetto. Era un cristallo. Premendolo mi sarei trasformata in quello. Chissà a cosa serviva. Mi sono poi svegliata, sentivo qualcosa nella tasca. Ho guardato e ho trovato il cristallo del sogno. Era avvolto da un bigliettino. "Io sono Kristalfairy, la tua guida. Ti aiuterò. Ti condurrò al giardino dell'Eden e ti comparirò in una visione quando avrai bisogno di me. Ora mettiti in cammino, hai ancora poco tempo". Kristalfairy, wow! Una fata. Ma non dovevo perdermi in pensieri: dovevo andare avanti. Era mezzanotte. Si sentivano i lupi ululare nel bosco. Era spuntato il primo raggio di sole. Avevo avvertito la presenza di qualcuno o qualcosa. Respirava ma non era né un animale né una persona: era una pianta. "I cristalli riflettono la luce. Se riuscissi a illuminare la pianta potrei scoprire se è quella che cerco". Detto questo ho toccato il gioiello e sono diventata di cristallo. Potevo muovermi, però! Ho riflesso la luce sulla pianta e ho scoperto il fiore. Era bellissimo. L'ho raccolto e l'ho portato al troll. "Grazie, che stupida ragazzina. Mi sono servita di te per avere il fiore. Finalmente posso vivere per sempre e uccidere chi mi passa vicino. A partire da te". Mi ha afferrato. Dal mio corpo è uscito un cristallo che gli ha trafitto la mano. Mi sono ripresa il fiore e ho cercato di scappare, però ho sentito poi la sua

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sofferenza. I cristalli potevano percepire le emozioni degli altri. Lui stava male o non aveva mai conosciuto la bellezza del mondo e non aveva mai ricevuto amore. Sono ritornata indietro e gli ho mostrato la bellezza del bosco. I suoi occhi sono diventati lucidi, non aveva mai conosciuto la luce e la bellezza circostante. Il suo umore è cambiato. Mi ha indicato la strada per arrivare al giardino e dal suo corpo è uscito il demone, sconfitto dalla bellezza e dall'amore. Era quasi l'alba e stava continuando a camminare. Dovevo essere arrivata perché davanti a me si era aperto un giardino, circondato da siepi e da occupato da creature mitologiche: faune, unicorni, pegasi, fate e pan. Tra le rose delle siepi si poteva osservare il mio obiettivo: l'unicorno bianco. Alto e maestoso. Criniera oro, occhi azzurri e ali bianche. Ho cercato di muovermi più

silenziosamente

che

potevo.

Tutto

si

svolgeva

in

un'immensa

tranquillità. Quando "crack", avevo pestato un bastone. Gli unicorni e i pegasi si erano agitati, le fate e i fauni erano scappati. L'unicorno bianco, nel correre, era caduto in un cespuglio di rovi. La gamba sanguinava e stava per morire. Mancava un minuto all'alba. Non sapevo cosa fare. Toccavo il suo corno e spezzavo la maledizione o lo salvavo e polverizzavo? Alla fine ho preso la decisione migliore. Ho preso il fiore curatore e ho tolto tutti i petali. Li ho poi fatti mangiare all'unicorno. Un fascio di luce è apparso e ha illuminato l'animale. Si è alzato e ha nitrito. Ero felice. Avevo fatto la cosa giusta. Intanto, però, mi sentivo cadere, squagliare. Mi stavo polverizzando. "Ho fatto la cosa giusta". Questa è stata l'ultima cosa che ho detto prima che il mio corpo si sciogliesse. Fine. Ah! No, aspetta. Qualcosa poi mi ha riportato sul mondo degli umani. Era l'unicorno che aveva apprezzato il mio gesto e mi ha salvato. Si è chinato e ha puntato il suo corno su di me. Un tornado di luce mi ha riportata a casa. Nel mio letto.

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"Ciao tesoro". "Cia-cia-ciao mamma". "Cosa tieni in mano?". Ho guardato la mia mano. Era il cristallo.

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IL SEGRETO DEL LICANTROPO

IL SEGRETO DEL LICANTROPO Scritto da Gaia Briani, Sofia Chen, Noemi Costa, Francesco Lin Era il 2002 e a Seattle soffiava un vento fortissimo; si stava per formare il tornado X-7, il più grande della storia. Quando il cielo tornò sereno si potevano notare i danni causati dal tornado: edifici con molte crepe, ospedali inagibili e alcune case in mille pezzi, come quella di Jonny. Jonny era un ragazzo di 16 anni, magro, alto e i suoi genitori lavoravano in un circo acrobatico, distrutto dal tornado. La famiglia non avendo più una casa dove abitare, decise di prendere in affitto alcune camere di un castello non lontano dalla città, resistito alla violenza della tempesta. Il castello era a pianta rettangolare, aveva quattro torri d'avvistamento e molte finestre. Tutt'intorno vi era pure un fossato profondo e largo 12 metri, con un ponte levatoio sollevato da catene molto arrugginite. Il tutto aveva un aspetto abbastanza inquietante. La proprietaria di quella dimora, Susy, era una signora che nonostante non avesse moltissimi anni, mostrava un viso rugoso con numerosi bitorzoli concentrati soprattutto sul suo grande naso; nei suoi occhi si leggeva che c'era qualcosa di misterioso in lei e nel suo castello. La famiglia entrò nel castello portando con sé quel poco che era riuscita a salvare dalla propria casa distrutta. L'interno era splendido: tutto era pulito e nulla era fuori posto. La prima notte Jonny la passò facendo il tour del castello; mentre girovagava per i lunghi corridoi si ritrovò di fronte ad una grande libreria. Cominciò a leggere i titoli dei libri esposti fino a che ne trovò uno che lo

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interessava. Appena lo sollevò, come per magia, si aprì un portale che conduceva ad una stanza segreta con tavoli ricoperti di provette contenenti uno strano liquido denso, dal colore rosso scuro, che al ragazzo pareva essere sangue. Avvicinandosi con molto stupore notò che su di esse c'erano delle etichette su cui c'era scritto: "SANGUE DI ALIENO", "SANGUE DI RANA", "SANGUE DI FALCO" e "SANGUE DI LICANTROPO Jonny sapeva che quella donna era strana, ma non così tanto! Camminando un po' spaventato in quella stanza, impugnando una torcia per farsi luce, fece cadere accidentalmente la provetta del sangue del licantropo. Questa andò in frantumi. Involontariamente con un piede pestò un vetro sporco di quel liquido, che gli attraversò la pelle del tallone; sentì un brivido in tutto il corpo e intimorito scappò, zoppicando, il più veloce che poteva e tornò nella sua stanza. Il giorno seguente all'ora di cena Jonny era molto strano: le sue pupille erano dilatate, sentiva brividi ovunque e dalla sua bocca fuoriusciva bava che creava fili come ragnatele. La signora Susy non voleva che nessuno sapesse della stanza segreta ma di fronte a questi sintomi capì che il ragazzo era entrato a sua insaputa nel laboratorio segreto ed era venuto così a contatto con il sangue di licantropo. Decise quindi di mettere in pratica il suo piano: ucciderlo per recuperare il preziosissimo liquido. La notte stessa vi fu la luna piena e a Jonny cominciò a girare la testa, aveva vertigini e ululava proprio come un lupo. La proprietaria che voleva agire quella notte, cambiò programma e volle entrare nella camera del ragazzo per coglierlo di sorpresa durante la trasformazione. Quando la signora entrò nella camera di Jonny domandò con tono sarcastico: "Cosa stai facendo?". Jonny, colto di sorpresa proprio nel momento in cui il suo corpo si stava trasformando, nascose velocemente le sue gambe pelose sotto le coperte.

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Susy lasciò la camera in modo molto perplesso, questo però non significava che ora credesse che Jonny fosse un comune mortale, anzi ora aveva la certezza che quel ragazzo fosse realmente un licantropo. Jonny lanciò un sospiro di sollievo quando la signora uscì dalla stanza, ma non era finita qui: quando il ragazzo fu completamente un licantropo, per istinto, uscì dal castello e la signora più veloce di un fulmine, afferrò un fucile carico, salì su una torre d'avvistamento e in un colpo solo uccise la creatura. I genitori di Jonny, sentendo quel forte boato, uscirono dal castello per vedere che cosa fosse successo; videro il corpo del licantropo che piano piano si stava ritrasformando in ragazzo e scoppiarono a piangere. Qualche giorno dopo il funerale di Jonny, i due decisero di denunciare Susy, ma quando la signora scoprì il loro piano, si suicidò buttandosi nel fossato del castello, per non scontare la pena di trent'anni in prigione. Alla fine il castello diventò la casa dei genitori di Jonny che si fecero una nuova vita.

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LOWEN BLACK E I 3 FRATELLI

LOWEN BLACK E I 3 FRATELLI Scritto da Leonardo Cavicchioli, Anna Costalunga, Giulia Creazzi, Luka Kurdgelia e Manuel Lonighi Nel 1992 tre fratelli di nome Jack, Daniel e Mark si separano a causa dei loro caratteri troppo diversi. Un giorno, il Generale Capo dei militari chiama Daniel chiedendogli se avesse il coraggio di compiere una missione tanto importante quanto pericolosa. Daniel, dopo aver valutato bene la proposta, rispose che da solo non poteva farcela e perciò volle fare pace con i suoi fratelli, i suoi compagni di missione più fidati. Nonostante svariate difficoltà, Daniel riuscì a far pace con i suoi fratelli con i quali parte per Madrid, con lo scopo di fermare la guerra scatenata da Lowen Black. Al loro arrivo la scena che si presenta davanti ai loro occhi è raccapricciante: gli zombie comandati da Lowen Black attaccano senza sosta gli umani. Senza esitazione e pieni di coraggio, i nostri eroi cominciarono la battaglia contro gli zombie prima facendoli a pezzi e poi utilizzando la dinamite. Ma le "soprese" non erano finite: infatti una volta avanzati nel campo di guerra, i tre eroi trovano ancora zombie, ma a bordo di aeroplani. Daniel, Mark e Jack, senza neanche un brivido di paura, tagliano con le loro spade le ali delle macchine volanti. Sconfitti gli zombie e quindi convinti di aver vinto la guerra, non si accorgono di Lowen Black, a loro sfuggito e quindi ancora vivo. Per Jack infatti è troppo tardi: trafitto da Black, muore.

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Gli altri due fratelli, recuperate le armi del fratello defunto, continuano la lotta contro Lowen. Quest'ultimo li attacca con un'arma da lui creata che ha il potere di duplicare tutti gli zombie e farli diventare più forti; Daniel e Mark vogliono combattere e se necessario anche fino alla fine, alla morte. Ma ecco arrivare il Generale con un cannone spara-bombe, così in poco tempo tutti gli zombie vengono sterminati. "Non mi avete ancora sconfitto" pronuncia Lowen Black, ma all'improvviso Jack, creduto morto, riappare e scaglia una freccia nel cuore di Black. E così i tre fratelli si riuniscono insieme al Generale per festeggiare la vittoria e la pace ritrovata... Perché l'unione fa la forza!

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RESIDENT DEVIL

RESIDENT DEVIL Scritto da Angelina Bufo, Miriam De Martino, Matteo Graziati, Giulia Quaini, Sabri Toumi In una triste serata di ottobre, due gemelli giornalisti: Zoe e Jacob Frye, ricevettero un messaggio dallo zio in cui c'era scritto di andare a casa sua. Quando entrarono nella residenza si accorsero che era vuota, o quasi! Controllarono in tutte le stanze e lo trovarono in bagno, impiccato nella doccia. Di conseguenza scoprirono che lo zio aveva lasciato a loro in eredità quella grande e spaventosa residenza in cui ben presto andarono ad abitare. Dopo un po' di tempo cominciarono ad accadere strani fenomeni. Le porte si aprivano e chiudevano da sole. Il gatto nero fissava continuamente le scale. A ogni rintocco della mezzanotte l'orsetto Teddy cantava e ballava. I due ragazzi terrorizzati si rivolsero al prete e gli raccontarono l'accaduto. Lui come prima soluzione gli disse di andare a nord del bosco, dietro alla loro

casa,

avrebbero

dovuto

scavare

nel

terreno,

trovare

l'ampolla

contenente il "sangue dell'angelo" e spargerla all'interno e all'esterno della loro residenza. Loro così fecero, ma si accorsero che le cose non andavano migliorando, anzi stavano peggiorando. Ritornarono in chiesa e quando entrarono videro che il prete era stato legato e imprigionato da un demone. Quando il mostruoso essere si accorse della loro presenza scoppiò a ridere e gli disse; "Sul serio pensavate di sfuggirmi? Quella, ingenui ragazzi, era l'ampolla che conteneva il mio sangue, e non quella dell'angelo. Secoli fa l'ho sostituita in gran segreto! Io vi perseguiterò per l'eternità!" "Noi vinceremo, tu perderai!" disse Jacob.

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"Come osate?" replicò il mostro. I due ragazzi scapparono in preda al panico e senza alcuna scelta andarono alla residenza degli orrori. Entrati cercarono un modo per sfuggire dalle grinfie del demone. Zoe ebbe un'idea: "Facciamo la tavola ouija! Succedono troppe cose strane qua!". Jacob accettò. Presero la tavola ouija e la Planset dall'armadio e cominciarono a dire; "C'è qualcuno, c'è qualcuno?". La Planset andò sulla parola Hello. "Cosa vuoi da noi?" disse Jacob. La tavola non rispose. Allora Zoe prese la Planset e vide dalla lente uno scheletro. Spaventata la fece cadere per terra e urlò. Jacob andò a controllare dove fosse lo scheletro e lo trovò in cucina. Ci fu una lotta, lo scheletro prese Jacob con la forza e si incarnò in lui. Dopodiché si diresse verso Zoe e la strangolò con le mani del fratello che aveva tanto amato. Quando ebbe compiuto questa tremenda azione, lui uscì dal corpo di Jacob, prese un coltello e lo uccise. Ebbero tutti una dolorosa morte e il demone fu soddisfatto della sua terribile vendetta. Anche se i corpi dei defunti erano nell'oscura residenza, non furono mai trovati dalla polizia. Le loro anime erano intrappolate lì, ma il loro corpo si era polverizzato.

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Dopo tre anni Giorgio e Maurizia, due ambasciatori molto importanti, decisero di andare ad abitare in quella casa e di ristrutturarla. Quando tutto fu a posto, in un caldo pomeriggio, andarono a riposare nella loro camera e appena chiusi gli occhi sentirono delle urla di dolore e disperazione. Era inquietante. E così proseguì tutta la notte, lasciando i due svegli e spaventati dai rumori che sembravano provenire dalle mura della casa. La mattina successiva sentirono di nuovo un gran caos, ma questa volta era qualcosa di tangibile, di umano. C'era un trasloco nella casa vicina. Fecero conoscenza ben presto di Lived, il nuovo proprietario della casa e diventarono suoi amici. La coppia trascorreva molto tempo con lui e tutto per un periodo, sembrava andare a gonfie vele. Ma Lived sembrava aver qualcosa, era strano. E la sua stranezza aumentava ogni giorno che passava; ricominciarono i fenomeni strani nella casa di Giorgio e Maurizia. Le luci si accendevano da sole, la macchina partiva autonomamente, comparve la tavola di ouija sul divano del salotto. Erano terrorizzati. Decisero di stare fuori dalla casa il più possibile, ma la tavola di ouija compariva ovunque loro andassero. Che fossero allucinazioni? Sogni? Quando tornarono a casa una sera, stremati, Giorgio decise che non ne poteva più e si buttò giù dal balcone morendo. Maurizia, sola e impaurita, cercò di scappare per chiedere aiuto, ma appena uscita incontrò Lived e tutto le fu chiaro. Lived al contrario ☀ Devil ☀ diavolo. Appena guardò negli occhi Lived vide nella sua pupilla la faccia del diavolo e subito urlò a squarciagola. Lui le sorrise, la prese in braccio e la gettò in un dirupo.

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FAMIGLIE REALI D'AMERICA

FAMIGLIE REALI D'AMERICA Scritto da Martina Bianchi, Martina Gallo, Brando Lucchini, Emma Negri e Michael Tracconaglia TRAMA A New York nell'anno 2502 vivono Davide Lincon e Giulia Trump, discendenti dei due presidenti americani, fidanzati. Tra loro arriva Bianca Devis, una domestica che farà innamorare il giovane Lincon e scatenerà la gelosia di Giulia. A New York nel 2502 Davide Lincon e Giulia Trump si fidanzarono e dopo un anno decisero di sposarsi. A un mese dal matrimonio la donna delle pulizie si licenziò a causa dello strano comportamento di Giulia e al suo posto arrivò Bianca Devis, un'affascinante donna delle pulizie che attirò l'attenzione di Davide Lincon. Bianca e Davide passavano intere serate a camminare per la città parlando delle cose che gli piacevano, ma una sera Davide confessò il suo amore a Bianca, la quale rimase sconvolta dalla notizia. Quando Giulia venne a saperlo che a Davide piaceva Bianca, si arrabbiò così tanto che decise di ucciderla. Giulia chiamò il cuoco Luca, che era follemente innamorato di lei e che avrebbe fatto qualsiasi cosa per conquistarla e gli disse tutto. Il giorno seguente Luca mise del veleno nella pasta di Bianca, che però non mangiò perché era celiaca. Il primo tentativo era fallito. Il giorno seguente Luca riprovò ad ucciderla con dei pezzi di vetro nelle

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lenzuola, ma Gigi Scamorza, il maggiordomo, rifacendo il letto li buttò via. Giulia si stancò dei continui fallimenti di Luca e lo licenziò. La mattina dopo qualcuno bussò alla porta. Era un poliziotto che chiedeva di Giulia Trump perché aveva dei conti con la banca in sospeso. Giulia pensò che era la situazione giusta per liberarsi di Bianca e la indicò facendo credere che fosse lei all'agente. Il poliziotto convinto di arrestare la persona giusta, prese Bianca e la portò in caserma. La poverina continuava ad urlare che c'era stato uno sbaglio di persona, ma il poliziotto non le credette. Arrivarono in caserma e, dopo aver preso le impronte digitali, scoprirono che veramente c'era stato uno scambio di persona e a quel punto il poliziotto portò a casa Bianca per chiedere spiegazioni a Giulia. Giulia era già scappata con il maggiordomo Gigi Scamorza per progettare la morte di Bianca. Passarono 10 anni e una tranquilla mattina d'estate una distinta signora si presentò alla porta di casa di Bianca e Davide, che nel frattempo si erano sposati. Suonò il campanello e questa signora chiese di parlare con la signora Bianca. Il nuovo maggiordomo chiamò Bianca, che era impegnata a parlare con il cuoco, che altro non era che Luca, il vecchio cuoco di Davide e Giulia. Bianca si recò alla porta, dove vide questa strana signora, la quale le disse: "Bianca io sono tua madre…" Bianca rimase pietrificata e con un filo di voce rispose:" Impossibile, mia madre è morta quando io sono nata." La strana donna rispose:" Così ti hanno fatto credere le assistenti dell'orfanotrofio ☀吀椀 ho abbandonato io appena sei nata perché non sapevo

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come fare per crescerti ☀攀爀漀 sola e avevo paura ☀洀愀 ora voglio recuperare tutto il tempo che ho perduto…" In un primo momento Bianca non le volle credere, ma questa donna sapeva tantissime cose su di lei e quindi non poteva che essere sua madre. La fece entrare in casa e quando Luca incrociò questa signora, con al polso un braccialetto uguale a quello che lui aveva regalato a Giulia tanti anni prima per dichiarare l'amore che provava per lei, capì che il momento era arrivato. Bianca ospitò "sua madre" per un po' di tempo e nel frattempo Gigi Scamorza era impegnato con individui un po' loschi …. I giorni passarono e Bianca si stava affezionando sempre di più a "sua madre" a tal punto che le confessò di essere incinta. A quel punto "sua madre", ovvero Giulia, impazzì e per non farsi scoprire corse subito in camera sua con una scusa. Bianca si preoccupò e le corse dietro. Arrivata alla porta della camera da letto di Giulia bussò, ma Giulia non le aprì, ma le disse:" Non ti preoccupare l'emozione è tanta ☀猀漀渀漀 tanto felice per voi". Ma in realtà era furiosa, non poteva sopportare l'idea che quella donna avrebbe avuto un figlio da suo marito. Giulia contattò subito sia Luca che Gigi Scamorza. Il tempo stava proprio per scadere. Il giorno dopo, Giulia, con una semplice scusa fece andare in giardino sia Bianca che Davide, dove li aspettavano Gigi, Luca e Giulia. Giulia si tolse il suo travestimento e a quel punto Davide capì che stava per succedere qualcosa di brutto.

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Giulia disse che lei, Gigi e Luca erano sempre stati d'accordo in tutto questo tempo per vendicarsi e nello stesso momento Gigi tirò fuori la pistola e fece partire un colpo verso Bianca, che però venne intercettato da Davide. Davide fu colpito alla testa di striscio e Bianca andò subito da lui e Gigi sparò una seconda volta colpendo mortalmente Bianca. Giulia, che era ancora innamorata di Davide chiamò subito l'ambulanza e nel frattempo lei, Gigi e Luca fuggirono via ancora insieme come 10 anni prima. L'ambulanza e la polizia arrivarono in poco tempo e videro una scena raccapricciante: lei, in una pozza di sangue, teneva in mano l'arma del delitto e lui era ferito gravemente alla testa. Capirono che era stato un delitto passionale e quindi archiviarono il caso. Davide fu portato subito in ospedale per essere operato d'urgenza. L'operazione fu lunga e complicata, ma andò molto bene. Finita l'operazione, Davide fu portato nella sua stanza dove lo aspettava un'infermiera. I medici e gli altri infermieri le chiesero chi era e lei rispose che era stata mandata dalla famiglia del paziente per prendersene cura. I giorni passarono e Davide grazie alle cure di questa infermiera si stava riprendendo, ma purtroppo aveva perso la memoria in modo definitivo. Davide e l'infermiera, che altro non era che Giulia, passarono tanto tempo insieme fino a quando Davide capì che era innamorato di lei. Giulia aveva ottenuto quello che voleva, la morte della sua rivale Bianca e l'amore di suo marito Davide. Gli anni passarono e loro erano sempre insieme, felici e contenti con degli splendidi figli, fino a quando uno dei loro figli scoprì una foto di Bianca in soffitta e a quel punto Davide cominciò a fissarla come se la conoscesse e Giulia, prontamente, gli rispose che era la sorella di lei che era andata a vivere in Australia e il discorso si chiuse per sempre. Davide non seppe mai

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la verità e Giulia, prima di essere rinchiusa anni dopo in un manicomio, gettò via tutte le foto e i ricordi di Bianca.

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SFIDA TRA MAGHI!!!

SFIDA TRA MAGHI!!! Scritto da Nina Negri, Angelica Saccani, Matthew Pantani, Cecilia Chinali e Anuar Er Rahmany.

TRAMA Michael è un ragazzo forte e coraggioso, a cui piacciono le avventure e il pericolo. Lui è un mago molto bravo. E' magro e abbastanza alto, con occhi neri e capelli castani corti. Abita in un piccolo paesino di New York, in un palazzo molto bello in cui abitano anche i suoi due migliori amici: Sarah Miller (con il fratellino Thomas) e Alex Grast (figlio unico), anche loro abili maghi. I tre ragazzi lotteranno per mostrare al capo delle magie, Minus

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Dark, che sanno fare molto più di lui.

CAPITOLO 1 LA SFIDA Quel giorno Michael e i suoi amici giravano per il paese alla ricerca di un negozio che vendesse bacchette magiche per Sarah, ma fu difficile in un Paese di NON MAGHI. -Uff ☀ a me serve una bacchetta nuova ☀焀甀攀猀琀愀 è inutilizzabile ☀ⴀ borbottò la ragazza guardando sprezzante la sua bacchetta. -Mi dispiace, ma non credo che troveremo un negozio qui- disse Alex

ጀ ma

possiamo chiedere ai miei se hanno una bacchetta di scorta. – -No, Alex, non dovevi dirlo prima che girassimo per un'ora per il paese a cercarne una, no?! – disse ironico Michael. Presero un Taxi per andare al palazzo, perché si erano allontanati molto. Appena arrivati all'edificio Sarah sbuffò.

ጀ䌀攀爀琀漀 che ☀ avere una bacchetta ☀

come dire senza offenderti, Alex? ☀ Una bacchetta ☀ VECCHIA non è proprio una cosa bella. – -Vecchia? – -Insomma, Alex! E' comunque stata usata dai tuoi e poi io avevo idee molto chiare sulla marca della bacchetta! – -Cioè? – Chiese curioso Michael. -Indixen2000- Disse soddisfatta. -EEEHHHH??????- Chiesero nello stesso tempo. -Un'Indixen2000! – -Continuo a non capire! – -Michael! E' una marca di bacchetta! La mia preferita! – -Che cos'ha che la rende così speciale?? – Chiese Alex dubbioso.

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-Allora: si possono fare il quadruplo delle magie di una bacchetta normale, è lunga 57 cm (una normale è lunga 46 cm), è fatta di ebano mentre le altre sono fatte di pino! Ridicolo! Ha sulla punta uno strato di ebano colorato del colore che vuoi, poi ha…– Continuarono così finché davanti al cancello si ritrovarono una nube grigia, forse tossica dalla quale uscì un uomo vestito di nero, con i capelli tirati all'indietro, con almeno un chilo di gel, il viso piccolo, ma con occhi enormi che li fissava e una bacchetta a forma di ramo in mano. Era Minus Dark, il mago delle magie!

-Aaahh! Chi abbiamo qui? Siete per caso dei ragazzini sedicenni che fanno i maghi? – -Senta noi non FACCIAMO i maghi! Ma SIAMO maghi, e anche molto abili!

disse già arrabbiato Michael. -E poi non siamo sedicenni ma quindicenni! – replicò Sarah. -Va beh, è la stessa cosa!

ጀ rispose Minus agitando la mano come per dire

"sono cose poco importanti".

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Tutti e tre i ragazzi lo guardavano con area incerta, perché non sapevano chi fosse quest'uomo dall'area malvagia. -Sono Minus Dark, il più potente mago del mondo. -Il più potente di tutti?

ጀ disse Michael

ጀ匀漀渀漀 sicuro che i più potenti siamo

noi! – affermò sicuro di sé.

-Se sei proprio sicuro allora…vi sfido-

CAPITOLO 2 LA SFIDA E' APERTA La sfida era finalmente cominciata! -Lasciaci almeno il tempo di andare a comprare la bacchetta per Sarah! – disse Alex. -E va bene, però vi lascio solo cinque minuti per farlo! – esclamò Minus. Michael replicò: -Cinque ore? – -No-Cinque giorni? –

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-No – -Cinque mesi? – -No – -Cinque anni? – -No-Cinque minuti? – -Sì-Ok, vada per i cinque minuti! – I ragazzi andarono alla ricerca della bacchetta. CINQUE MINUTI DOPO… I ragazzi non erano ancora arrivati. -Ecco, lo sapevo! Sono io il mago più potente! Ho vinto la sfida!!! – -In realtà la sfida comincia ORA! – La sfida cominciò e consisteva in gare di magia, in creare pozioni, nell'inventare formule magiche, ma in tutti i settori Minus faceva qualche guaio. Nelle magie creò un incantesimo che però non funzionò e per capire cosa non andasse guardò la punta della bacchetta e la magia gli andò in faccia. Nelle pozioni creò una nube di fumo tossica e tutti furono costretti ad andare via. Nel creare formule ne inventò una pericolosa che fece comparire un drago enorme (anche se la sua intenzione era quella di creare un buco della morte, ma le formule erano simili).

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NUBE TOSSICA

La nube tossica Tutti questi inconvenienti portarono alla vittoria i tre ragazzi, che vennero conosciuti in tutto il mondo per aver sconfitto il mago più potente. -Beh, abbiamo vinto! – disse Sarah ridendo. -Già, e questo è stato molto bello! Abbiamo dimostrato di valere di più di Minus! – disse Alex. E Michael concluse dicendo: -Ma la cosa più importante è stato vincere insieme! -

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AIUTO!! HO RIMPICCIOLITO LA PROF!!!

AIUTO!! HO RIMPICCIOLITO LA PROF!!! Scritto da Lorenzo Contri, Zineb Jebbari, Andrea Taraschi, Jacopo Tellaroli e Matilde Vivaldini Elia era un ragazzo vivace di undici anni. Sembrava un ragazzo normale, ma in realtà era stato costretto a cambiare scuola per un semplice motivo: era stato ripreso dalle telecamere mentre girava per la scuola sul suo skateboard. Era il 2015, il periodo in cui Elia andò in una scuola lontana da casa; qui fece amicizia con Anna, una splendida ragazza che frequentava la seconda media come lui. Il primo giorno cominciò male per colpa di un gruppo di bulli, che appena videro il nuovo arrivato lo presero subito di mira. Ad un certo punto il capo dei bulli disse: «Se vuoi entrare nella banda, questa notte dovrai irrompere nella stanza stregata del fantasma, dove nessuno ha mai avuto il coraggio di entrare.» Allora Elia, pensandoci su, pur non sapendo cosa ci fosse in quella stanza, accettò la sfida. La stanza si trovava nel retro della scuola vicino al bagno dei maschi, con la porta nascosta dietro un armadio ricoperto di scope polverose che, si diceva, di notte volassero per la scuola. Elia andò a scuola di notte vestito di nero, camminando di soppiatto verso il bagno. Per fortuna nessun antifurto lo beccò, però si ruppe la sua nuova giacca di pelle. Il ragazzo cercò di spostare l'armadio, ma dato che non ci riusciva, prese una fune, l'agganciò alla finestra sopra di lui ed entrò. Subito cercò un interruttore, ma la luce non serviva: un camino si accese improvvisamente davanti a lui.

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Nella stanza si guardava spesso le spalle, poi vide un grande quadro raffigurante un fantasma che sembrava russare, sulla targhetta c'era scritto: SCIENZIATO PAZZO FRANCOSTINE Elia si avvicinò e vide un gioiello e subito un'ombra che si muoveva nella penombra, non c'erano dubbi: era la sua insegnante Barbara! Elia la raggiunse e la professoressa gli spiegò che si trovava lì per rubare il diamante: quella era una pietra magica che poteva donare la vita eterna e donare ai fantasmi una nuova vita con sembianze umane. Ad un tratto il fantasma uscì dal quadro e con un incantesimo rimpicciolì Barbara e spiegò ad Elia che, quando era piccolo e vivo, lei lo prendeva in giro e che lui divenne così triste che rimase solo per molti molti anni, fino a diventare un fantasma. Da quel giorno promise che avrebbe aiutato tutti i bambini che a scuola avessero avuto dei problemi. Elia prese la mini-professoressa in mano e scappò via per paura che il fantasma se la prendesse anche con lui. Il giorno dopo a scuola la bidella annunciò a tutti che la professoressa sarebbe stata assente e l'avrebbe sostituita il preside. Elia chiese ad Anna chi fosse e scoprì che era il padre del capo dei bulli. A fine lezione corse dal fantasma e gli chiese se potesse far tornare grande Barbara, ma gli disse che prima voleva incontrare il preside. Il ragazzo andò dal preside e gli parlò del fantasma, lui si arrabbiò e prima che potesse aprir bocca Elia lo legò e lo portò nella camera segreta del fantasma. Quest'ultimo, visto il preside, riconobbe il suo vecchio nemico e allora fece tornare Barbara alla sue normali dimensioni, rimpicciolì il preside e tutti i bulli imprigionandoli nel quadro.

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LO STREGONE

LO STREGONE Scritto da Chiara Corradini e Angelica Nadalini C'erano una volta tre ragazzi: John, Fred e Michela. John era una ragazzino biondo, aveva gli occhi verdi, era piuttosto robusto ed era molto altruista. Fred aveva i capelli arancioni, occhi azzurri, era molto magro ed era un tipo generoso. Michela, invece, aveva i capelli molto chiari, aveva occhi scuri, era magra, bassa e simpatica. I ragazzi frequentavano la quinta elementare e avevano poteri straordinari. Di tali poteri nessuno era informato, l'avevano scoperto un po' per caso, giocando nel giardino di casa: John per scherzo aveva utilizzato la sua vista a raggi infrarossi, Fred aveva replicato con la forza di mille elefanti e Michela aveva risposto con il suo potere: l'elasticitĂ di un contorsionista. Questo era il loro segreto, che li aveva legati ancora di piĂš nel corso dei cinque anni di scuola. I loro insegnanti erano Ottavio e Giacinta. Ottavio aveva pochi capelli neri, era un po' robusto, aveva occhi scuri, era basso, calmo e paziente. Giacinta che aveva bei capelli rossi e lunghi, era magra, alta, aveva gli occhi scuri ed era severa e impaziente. Un giorno i tre ragazzi si trovarono a casa di John a studiare storia per un'interrogazione e per i compiti assegnati da Ottavio, che insegnava italiano, geografia ed informatica. I tre ragazzi avevano un altro segreto in comune: vedevano tutti un

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fantasma, un ragazzo di nome Johnny morto anni prima in quella casa, che si era fatto ben presto conoscere dai giovani facendogli dapprima prendere un grande spavento per poi diventare loro grande amico. Alle 15, puntualmente, si presentò al loro tavolo. Quel giorno Johnny aveva l'aspetto un po' diverso dal solito, sembrava imbarazzato. Tentennando un po' gli comunicò la grande notizia: aveva scoperto che il bidello della loro scuola era per metà stregone. I ragazzi lo guardarono sconcertati e poi scoppiarono a ridere perché non credevano alle sue parole. Non era possibile che dietro quel simpatico signore, tutto tondo e con i modi pacati, si nascondesse un perfido stregone! Il giorno dopo a scuola, mentre facevano lezione di matematica con Giacinta, sentirono dei rumori sospetti provenire dal fondo della classe. Un po' insospettiti dalle parole di Johnny e un po' spaventati si guardarono in giro, ma nessuno sembrava essersi accorto di nulla. Aspettarono l'intervallo pazientemente per indagare. Arrivata la ricreazione John utilizzò il suo potere speciale legato alla sua vista a raggi infrarossi e vide che in fondo alla classe si nascondeva dietro un armadio una porta segreta. Di fretta i tre spostarono l'armadio e aprirono piano piano la porta. Girato di schiena c'era un uomo, con una sorprendente acconciatura e un ridicolo cappello, che mescolava una pozione. Lui era talmente intento a miscelare e misurare che non si accorse nemmeno della presenza dei ragazzi, tanto che loro riuscirono a strisciare dentro alla stanza e a nascondersi in un angolino. Dovevano trovare una soluzione a quel mistero, quell'uomo buffo era davvero il bidello? In quel mentre suonò la campanella e l'individuo nascosto dal suo grande cappello, mise giù le pozioni e scappò fuori.

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I tre gli corsero dietro, ma lui era letteralmente volatilizzato. Subito andarono a cercare il bidello, ma c'era molta confusione nei corridoi, la mattina era terminata e tutti stavano uscendo. Ma ecco che lo videro, camminava lento, con la sua borsa. Si stava dirigendo a casa. Decisero allora di seguirlo. Arrivati all'abitazione videro il bidello entrare e trovata una finestra curiosarono all'interno, il bidello si era cambiato, era diventato lo stregone che avevano visto a scuola. Era di nuovo intento a mescolare pozioni ad un grande tavolo di legno. Era una pozione terribile: avrebbe portato odio in tutti quelli che l'avrebbero bevuta. Avrebbe

seminato

tanto

rancore

da

rendere

il

mondo

un

posto

insopportabilmente triste. Lui ripeteva: "Ora tutti odieranno i loro amici, la loro famiglia...". Poi prese le merende dei ragazzi, quelle che ogni giorno distribuiva con il suo carrellino, tanto carino e sorridendo ad ognuno di loro mentre porgeva quelle maledette tortine alle carote tanto buone e gustose che però da domani avrebbero nascosto qualcosa di tremendo, e le intinse nella pozione. I ragazzi a quel punto entrarono dalla finestra e usando i loro poteri lo fermarono: Fred frantumò con la sua forza tutte le pozioni, mentre Michela avvolse il bidello e lo immobilizzò. Alla fine, per merito loro, nessuno odiò nessuno e la classe avrebbe potuto fare lezione senza che nessun rumore la disturbasse. Il bidello finì in prigione e Johnny, il loro amico fantasma, fu premiato dai tre ragazzi con una super merenda a base di tortine di carote fatte da loro!

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