primopiano
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giganti nel cielo Progettazione attenta, condivisione delle decisioni fra tutti gli abitanti. Viaggio a Chianni, un piccolo comune toscano che ha scommesso sull’eolico. Un caso d’eccellenza, non un’eccezione
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La nuova ecologia / LUGLIO-AGOSTO 2010
FOTO: © istockphoto
Eolico, che passione
Vi piace il paesaggio dell’eolico? Fotografatelo. Pubblicheremo le immagini che raccontano la bellezza delle wind farm. La Nuova Ecologia, via Salaria 403, 00199, Roma redazione@lanuovaecologia.it, fax 0686218474
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di Viviana Spinella
L’
energia soffia forte sopra le teste. E loro, gli abitanti di un piccolo borgo fino a poco tempo fa conosciuto solo per la caccia al cinghiale, hanno deciso di intrappolarla e costruirci attorno un futuro pulito. Siamo a Chianni, duemila abitanti alle porte di Pisa: il paese dell’eolico che vince, anzi convince. Una realtà lontana dagli echi delle inchieste giudiziarie sul business del vento. Non un’eccezione ma uno dei tanti casi d’eccellenza sparsi per l’Italia di scelte in contrasto con la politica energetica del governo, incentrata solo sul miraggio del nucleare. LUGLIO-AGOSTO 2010 / La nuova ecologia
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Mondo Nell’ultimo decennio il settore eolico è cresciuto nel mondo alla media annua del 23%. Lo scorso anno la crescita è stata del 31%, in termini di capacità 37,5 GW. E il futuro continua a promettere bene. Per il Global wind energy council, infatti, i 157,9 GW attualmente installati saranno più di 400 entro il 2014.
Non sarà un’avventura
Nel paese che ha detto sì ai “giganti del vento” sono state una progettazione oculata e una condivisione delle decisioni a spazzare via qualsiasi rischio di vedere il paesaggio deturpato. E ora tutti, dai più grandi ai più piccoli, godono i benefici di quella che all’inizio sembrava soltanto un’avventura. Tutto nasce nel 2003 a seguito dei contatti intrapresi fra i tecnici dell’Italian wind energy srl, proprietaria dell’impianto, e i rappresentanti territoriali. Sui crinali alti quasi 700 metri del monte Vitalba era stato misurato un elevato tasso di ventosità. «Il livello è ottimo – spiega Ali Rahimian, presidente del parco eolico – con una media annuale di 6,5 metri per secondo». Dopo una procedura di autorizzazione durata due anni e mezzo, nel 2006 è finalmente arrivato il via libera della Regione Toscana all’avvio dei lavori, durati appena sei mesi. A fine gennaio 2007 le pale eoliche sono entrate in funzione. «Non è stata una decisione calata dall’al-
L’assessore all’Ambiente di Chianni davanti al parco eolico
to – precisa Bruno Martinoli, assessore all’Ambiente del Comune di Chianni – Il progetto è stato presentato agli abitanti prima con un Consiglio comunale aperto, poi con un’assemblea pubblica: tutti hanno potuto assistere alla simulazione del rumore, rendersi conto visivamente di come sarebbe cam-
Buoni e cattivi Rispetto del paesaggio e partecipazione. Esperienze a confronto Sì
Stella (Sv) Il parco eolico “5 stelle” è stato realizzato dopo un attento monitoraggio su avifauna e chirotteri. Nella progettazione si è limitato al massimo l’impatto visivo e sono stati previsti interventi di rinaturalizzazione del cantiere. Per questo il parco ha ottenuto nel 2007 il premio Pimby rivolto alle amministrazioni che favoriscono opere positive per l’ambiente con il consenso dei cittadini.
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biato il paesaggio». Un fronte compatto ha detto infine sì ai giganti del vento.
vantaggi comuni
Oggi sono sette gli aerogeneratori che formano l’impianto, che si estende su un’area di circa un chilometro e mezzo. Svettano su un’altezza di 60 metri, distanti l’uno dall’altro 150-200 metri, e poggiano su una base di 2 metri di profondità, per 15 di raggio.
Sì
Tocco da Casauria (Pe) Con le sue quattro pale eoliche, per complessivi 3,2 MW, produce più energia di quella necessaria ai residenti. Grazie alle royalties di circa 113mila euro l’anno il Comune (che ha installato anche 24 KW di pannelli fotovoltaici e promuove l’efficienza energetica nell’ediliza) ha potuto acquistare lo storico castello del paese e progettarne la ristrutturazione. Anche qui, nel rispetto dei valori paesaggistici e a vantaggio della comunità locale.
Mini è meglio A colloquio con Lorenzo Partesotti, imprenditore in campo energetico e ambientalista
«è
come un pozzo di petrolio pulito che abbiamo sopra le nostre teste. Bisogna saperlo sfruttare». L’eolico visto da Lorenzo Partesotti, imprenditore ed esperto di tematiche ambientali, non ha solo una dimensione. Per non deturpare il paesaggio e sfruttare la potenza del vento, bisogna saper distinguere fra gli impianti e puntare su quelli più convenienti.
La produzione annua di energia dell’intero parco eolico è di 13 gigawattora. Vale a dire che ogni singola pala copre il fabbisogno energetico annuo di 700 famiglie, mentre l’intero impianto arriva a soddisfare le esigenze di 14mila abitanti. La contropartita per il Comune di Chianni arriva sotto forma di un introito fisso annuo pari a 140.000 euro: «Sono il 5,8% dell’energia venduta e un 5% circa del nostro bilancio – precisa l’as-
Le resistenze all’eolico dipendono anche dalla sua taglia. Come ovviare per non sprecare l’energia del vento? Puntando su impianti “mini”. Distinguiamo tre tipi di eolico: grande, mini e micro. Nel primo il tronco dell’aerografo è alto dai 60 ai 120 metri, con le pale che vanno dai 25 ai 50. Il mini si ferma invece all’altezza minima necessaria a non incontrare turbolenze, dai 30 metri in su. Al di sotto di queste misure c’è il micro, che non è però conveniente, a meno che non si installi sulle barche in mezzo al mare… Il mini eolico invece quali vantaggi produce? Grazie alla taglia ridotta l’impatto sul paesaggio è ridimensionato. Le pale sono più facili da trasportare anche in montagna, dove non si possono condurre quelle alte 100 metri, salvo sventrare l’ambiente circostante.
Sì
Poggio Imperiale (Fg). Quindici turbine da 2 MW ciascuna, lungo l’autostrada e la ferrovia, in una zona di pianura battuta dal vento. Il fascino dell’impianto, che arricchisce il paesaggio, è dato anche dalla connessione diretta con la linea elettrica di Trenitalia.
Con un vantaggio economico: dove il mini può farsi largo, la produzione per kw/h installato può essere anche più del doppio rispetto a quella dei crinali dove si concentrano i parchi di taglia grande. Un grande potenziale ancora da sfruttare… Certo, anche perché l’industria mondiale si è diretta sul grande eolico. Il mercato di quello mini, che ha costi per kw/h ‘Una cosa installato superiori, visibile non è è di nicchia. Ma per forza brutta: è già una fetta l’uomo modifica significativa, continuamente presente non solo il territorio’ in Occidente ma anche nel Sud delNelle mondo e in paesi come Cina e India, deboli pagine di infrastrutture. I grandi impianti necessitano di linee di alta tensione precedenti, non presenti dappertutto. una piatta- Lì dove le strade e le linee elettriche forma asono largopessime portare il grande eolico richiede delle coste un investimento eccessivo. dell’AlabaIn Italia si discute troppo di paesaggio? ma e Nancy Il fatto che una cosaalsia visibile non significa Pelosi per forza che Congresso. sia brutta. È un concetto soggettivo riferibile a qualsiasi manufatto Qui sopra, moderno. Certo, non deve essere costruito vicino a un’area archeologica o ad una riserva naturale. Ma l’uomo agisce continuamente per modificare il territorio. (Viviana Spinella)
no
Gli impianti secondo il protocollo Anev-Legambiente vanno esclusi dalle zone di nidificazione dei rapaci o di migrazione degli uccelli, dalle zone A dei parchi, dalle aree archeologiche o di pregio naturalistico. Per questo va bocciato il progetto di Passo San Marco, Valtellina, che porterebbe impianti di 90 metri in una zona interessata da viabilità storiche all’interno di una Zps. Un altro criterio è mitigare gli effetti negativi dell’addensamento: Troia (Fg), nella foto, è un esempio di non equilibrio fra wind farm e paesaggio.
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sessore Martinoli – Su un rendiconto di poco superiore ai 2 milioni di euro è una cifra che fa comodo alle casse comunali». I vantaggi, naturalmente, ci sono anche per il proprietario del terreno: «Ogni singola pala – dice Rocco Pompeo, titolare della tenuta di Montevaso – rende un affitto che va dai 2.000 ai 4.000 euro l’anno». Il guadagno ha comunque interessato un po’ tutti. La comunità locale si è infatti organizzata intorno alla nuova attrazione, fornendo servizi turistici e didattici ad hoc. Come lo spettacolo a tema Gli spifferi, messo in piedi dalla compagnia teatrale di Francesca Pompeo per gli studenti delle scuole elementari e medie della provincia toscana. Un dialogo incentrato sull’energia eolica, giocato sul filo della comicità, tra uno scienziato pazzo e una contadina del posto che affida la sua vita alle credenze popolari.
contratto rinnovabile
Scolaresche a parte, il parco eolico ha anche fatto incrementare il flusso turistico in un’area che del verde tutelato e delle specialità enogastronomiche ha sempre fatto il suo vanto. Ma come è stato possibile conciliare tutto questo
con lo sviluppo tecnologico senza rischiare di snaturare il paesaggio? «La progettazione è stata attenta, per far salire le gru si è seguito un tracciato già esistente, e per la costruzione delle pale non è stato necessario abbattere gli alberi ma solo qualche cespuglio – spiega Bruno Lambertini, proprietario del podere La Vitalba, distante appena 1,8 km di strada dall’impianto – Come gestori dell’agriturismo ci siamo chiesti se il parco avrebbe potuto disturbare la quiete della zona, ma a dire il vero si continua solo a sentire il fruscio del vento, senza rumori metallici o artificiali». Bisogna alzare lo sguardo per far caso ai giganti bianchi, altrimenti si fa presto ad assuefarsi al rumore generato dalle pale che girano sospinte dal vento. Anche lì, in cima al monte Vitalba, il suono dell’elica, seppur più forte, si confonde facilmente con il sottofondo. Decisamente più impattante è la visione dei tre ripetitori telefonici e radiotelevisivi installati da parecchi anni in cima al crinale. Mentre il rischio che gli aerogeneratori, dopo i 25 anni di vita dell’impianto, restino in piedi come improduttivi ecomostri è stato eliminato fin dalla fase iniziale:
Salvate i certificati verdi
Il 2009 è stato per il settore eolico italiano un anno record: la
✱potenza accumulata è cresciuta del 30%, arrivando a 4.850 MW
a fine anno. Una corsa che per il nostro paese potrebbe però fermarsi qui. Con l’art.45 della manovra il ministro Calderoli ha infatti calato la scure sull’eolico, abolendo l’obbligo per il Gestore dei servizi elettrici (con valore retroattivo) di acquistare i certificati verdi invenduti. Sono proprio questi a finanziare tutte le rinnovabili, fotovoltaico escluso: non con i soldi dei contribuenti ma delle compagnie che producono elettricità da fonti fossili. Chi genera energia è obbligato a produrne una quota (ora il 6%) da rinnovabili, se non ci arriva deve acquistarla sul mercato, sotto forma di certificati verdi. Il provvedimento ha scatenato una levata di scudi fra gli operatori del settore, con reazioni di tutte le associazioni di categoria. Persino Confindustria è intervenuta a favore di una correzione. Ora la speranza è che la norma venga rivista nel corso del dibattito in Parlamento. 16
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Italia Nel 2009 l’eolico italiano è cresciuta del 30%, arrivando a 4.850 MW. Oggi si superano i 5.200, pari a oltre 8 Twh, in grado di fornire energia, per il rapporto Comuni rinnovabili di Legambiente, a più di 4 milioni di famiglie, evitando l’emissione di 4,7 milioni di tonnellate di CO2. Secondo il Piano d’azione nazionale per le energie rinnovabili, appena presentato dal governo, al 2020 l’eolico dovrà raggiungere i 16 MW installati, pari a circa il 6,5% del consumo lordo previsto. Oggi il comparto garantisce 25mila posti di lavoro.
nella convenzione con il Comune è presente una fideiussione per l’importo utile a ripristinare lo status antecedente. Se invece le pale continueranno a produrre gli stessi standard di energia, dal sedicesimo anno saranno sostituite e il contratto rinnovato per altri 25 anni.
voci contro
Voci critiche per la verità ce ne sono. Come quelle che provengono da Castellina Marittima, il paese confinante. «Il nostro Comune ha investito, grazie a 70.000 euro di fondi regionali, nella costruzione delle “strade del verde”. Ora chi andrà più a rilassarsi vicino alle pale?» domanda Dario, gestore di un ristorante sulla strada che va verso il parco eolico. Riparbella, Casciana Terme, Santa Luce, Lajatico, cioè gli altri paesi limitrofi, si preparano invece a piantare le pale del vento nei loro terreni entro un anno e mezzo. Ma si tratta di eccezioni: il consenso intorno all’impianto è generalizzato, si capisce che gli aspetti positivi superano largamente quelli negativi. Qui come nel resto d’Italia, dove l’eolico ha successo: secondo un recente sondaggio realizzato dall’Ispo
Maggioranza silenziosa I risultati di un’indagine sull’eolico condotta dall’Ispo di Renato Mannheimer
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icono sì alle rinnovabili, si ritengono informati sui temi dell’energia verde. E quella eolica, in quanto a notorietà, è seconda solo a quella solare. È quanto emerge dall’indagine condotta dall’Ispo per Aper Grandeolico. Un plebiscito quello a favore delle pale: il 42% è “molto d’accordo”, il 38% “abbastanza”. Anche per chi risiede vicino ad impianti già costruiti cambia poco,
ed è questo il dato più significativo: il 29% si rivela completamente a favore, il 42% ne è abbastanza convinto. Ma l’eolico deturpa il paesaggio? Un no arriva da chi ha visitato un parco che produce energia dal vento (il 60%): di questi, il 69% è in disaccordo con chi considera gli impianti alla stregua di ecomostri, mentre il 65% non li trova rumorosi. Sono i più giovani e i più istruiti a sollevare invece il tema della green economy, sostenendo che l’eolico Non so possa essere il volano di innovazione Per nulla d’accordo per il paese (75%) e per le comunità Poco d’accordo locali (74%). (Vi. Spi.) Abbastanza d’accordo
Yes in my backyard
È favorevole allo sviluppo dell’energia eolica in Italia? 7 7
i
Molto d’accordo
6 5 9
Né caldo né freddo
15
Come giudica nel complesso abitare vicino a un impianto eolico? 38
per Aper Grandeolico (vedi box a fianco), è apprezzato dall’80% degli italiani e dal 71% delle persone che vive nelle vicinanze di un impianto. Mentre l’indotto aumenta: l’energia eolica nel 2009 ha toccato quota 1.109 megawattora di nuova potenza installata (+30% rispetto al 2008 secondo i dati Terna) garantendo 25mila posti di lavoro. «Per proseguire su questa strada – spiega Edoardo Zanchini, responsabile Energia e clima di Legambiente – è però fondamentale aprire un confronto sulle regole, in modo da garantire trasparenza, legalità e integrazione dell’eolico nel paesaggio e giungere finalmente alla definizione delle linee guida per l’approvazione degli impianti, che aspettiamo dal 2003». I modelli da seguire, oltre Chianni, non mancano. In tutta Italia, secondo l’ultimo rapporto Comuni rinnovabili di Legambiente, gli impianti si trovano ormai in 297 comuni (prevalentemente lungo l’Appennino meridionale ma con una diffusione crescente anche nel centro-nord), di questi 192 possono dirsi autosufficienti grazie al vento. A testimonianza della rivoluzione energetica che sta silenziosamente portando l’Italia nella modernità. n
www.aper.it
Non so
Per nulla positivo
42
6%
80%
71%
NEGATIVO 22%
Molto positivo
6% 6%
Poco positivo
Abbastanza positivo
16%
20%
POSITIVO 26%
42 29 Né positivo Né negativo 47%
Totale Italia
Residente vicino a un impianto
n L’energia eolica ottiene un vero e proprio plebiscito sia tra la popolazione italiana che fra coloro che risiedono vicino a un impianto.
n Quasi la metà degli intervistati giudica in maniera neutra la propria esperienza di vita accanto agli impianti eolici, quelli che li promuovono comunque sono più di quelli che esprimono disagio.
Paesaggio moderno
Che impressione le ha dato la vista di un impianto eolico?* 4 9 2
Per nulla d’accordo Poco d’accordo Non so Abbastanza d’accordo Molto d’accordo
18 35
39
21 3
85%
34
26
34
58% 44
2 17
24 12 0 Moderno
65%
69%
41
Suggestivo
Che rovina il paesaggio, brutto
22 8 5 Rumoroso
n Il 60% degli intervistati ha visto dal vivo un impianto eolico e nella maggior parte dei casi ne ha avuto un’impressione positiva. * Domanda rivolta a coloro che dichiarano di aver visto almeno una volta un impianto
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FOTO: © Diego Azubel/epa/Corbis
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all’ombra dei mulini Gli interessi illeciti rappresentano un ostacolo alla diffusione dell’eolico. Le indagini aperte e le società coinvolte, dalla Puglia alla Sardegna di Alberto De Marco
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l vento, è il caso di dirlo, è favorevole. Oltre all’energia pulita e nonostante la crisi, l’eolico promette di generare 250.000 posti di lavoro in Europa nei prossimi 10 anni. Un settore economico in piena espansione anche grazie agli incentivi. E, come tale, in alcuni casi preda degli interessi speculativi e mafiosi che rappresentano, con le loro procedure illecite, i primi nemici dell’eolico. Tanto che il 17 giugno l’Anev, l’associazione dei produttori di ener-
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gia eolica, ha sottoscritto un protocollo di legalità con Confindustria e ministero dell’Interno. Più che le pale eoliche in senso stretto, gli interessi illeciti in questo settore riguardano soprattutto le opere a contorno. E al centro delle attenzioni investigative finisce puntualmente la figura dello sviluppatore, soggetto che fonda o amministra piccole società e si fa carico di preparare il terreno: acquista i suoli, convince i Comuni, predispone i progetti ottenendo
Vento vs Atomo Una centrale eolica costa la metà di una nucleare, occorre un quarto di tempo per costruirla e non richiede manutenzione se non controlli periodici. A parità di investimento una centrale eolica produce 2-3 volte l’energia ricavabile da quella nucleare, dando 5 volte più occupazione e zero rischi. Inoltre i costi di gestione sono molto più bassi.
le concessioni. Dopo di che, si fa da parte cedendo il “pacchetto” completo ad altre società che gestiranno i generatori e venderanno l’elettricità al gestore. L’inchiesta più recente è condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Cagliari che indaga sugli impianti vecchi e nuovi sorti in breve tempo in Sardegna. Gli inquirenti si sono concentrati in particolare su due progetti che interessano il Medio Campidano e il Sulcis Iglesiente: 550 milioni di euro di investimenti. Prosegue, intanto, l’altra avviata dal sostituto procuratore cagliaritano Giangiacomo Pilia: riguarda la cessione di alcuni terreni a un consorzio di società napoletane e a una sarda nella zona industriale cagliaritana di Macchiareddu (Ca). Il magistrato aveva incaricato le Fiamme gialle di acquisire i documenti relativi a terreni che sarebbero stati acquistati per tre milioni di euro e che poi sarebbero stati ceduti gratis senza una gara pubblica. Circostanza negata dai responsabili del Consorzio industriale. Ma già tra le pagine del Rapporto Ecomafia 2008 Legambiente raccontava le prime inchieste. Come l’operazione Naos della Dda di Perugia, che aveva portato alla luce il ruolo di primo piano delle ‘ndrine calabresi nella realizzazione di alcune opere pubbliche a Bivongi, nel reggino, tra cui alcune centrali idroelettriche e un impianto eolico. Si citavano anche indagini su un progetto di turbine nel terreno di un boss nel brindisino, su uno che doveva sorgere su una proprietà della famiglia Arena a Isola capo Rizzuto, in provincia di Crotone, e una vicenda d’interessi di Cosa nostra in un progetto a Vicari, nel palermitano, comune poi sciolto per infiltrazioni mafiose. E ci sono anche qui le intercettazioni telefoniche in cui i boss delle famiglie siciliane discutono de «li pali di lu ventu» da piantare nei loro terreni. L’operazione Eolo, che nel febbraio del 2009 ha smascherato una
Linee guida cercasi È la burocrazia il freno allo sviluppo del vento made in Italy
holding criminale di imprenditori e amministratori locali con otto arresti nel trapanese, è probabilmente tra quelle più clamorose. Interessante il mix di personaggi coinvolti: a finire con le manette ai polsi un consigliere comunale, un architetto, un dirigente del Comune di Mazara del Vallo, il fratello di un noto mafioso e alcuni imprenditori. A marzo del 2010 sono arrivate le 6 condanne del Gup di Palermo Daniela Troja (due degli arrestati sono stati rinviati a giudizio a novembre 2009, ndr), in tutto 33 anni di carcere. Dalla Sicilia alla Puglia. L’operazione Ventus, cominciata nel marzo del 2009, riguarda la costruzione abusiva di un impianto eolico nel Parco dell’alta Murgia. Cinque le
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l record dell’attesa per il visto, si costruisca spetta a Macchiagodena, in Molise, dove un parco eolico da 20 pale ha richiesto 7 anni di istruttoria. Di fronte a casi simili i produttori italiani, che pure continuano a credere in questa fonte rinnovabile, chiedono che gli iter autorizzativi non siano più una via crucis. Nel nostro paese su 100 impianti progettati e sottoposti alle approvazioni previste se ne realizzano appena 20 (in Germania e Spagna è l’opposto): una statistica che sintetizza lo sviluppo frenato dell’eolico made in Italy. Inoltre, nonostante un decreto del 2003 preveda per le rinnovabili la cosiddetta “autorizzazione unica” della durata massima di 6 mesi, l’Italia è ancora senza Linee guida in materia e di fatto ogni Regione fa, o non fa, per conto suo. Il dlgs 387/2003 ha introdotto indicazioni per la “razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative” ma lo snellimento previsto non si è tradotto in realtà e la frammentazione delle competenze, con ciò che ne consegue in termini di burocrazia, blocca le iniziative di molti privati cittadini. La Finanziaria 2008 ha portato alcuni miglioramenti al decreto, rendendo possibile aprire impianti di piccola taglia (fino a 60 kW per l’eolico) con la dichiarazione di inizio attività (Dia). Questa, presentata da un professionista abilitato che “assevera” le opere da compiersi, segue il meccanismo del silenzio-assenso: se entro 30 giorni non si ricevono notizie dall’amministrazione competente l’autorizzazione s’intende concessa. Per impianti installati in edifici o siti protetti da vincoli urbanistici, storici o paesaggistici sono naturalmente richiesti i necessari permessi a livello territoriale. Per gli impianti di taglia superiore ai 60 kW il decreto del 2003, proprio per accorciare i tempi, ha previsto l’autorizzazione unica, regolamentata a livello regionale o provinciale. Ma i
regolamenti regionali si sarebbero dovuti basare sulle “Linee guida nazionali per il procedimento finalizzato al rilascio dell’Autorizzazione unica”, non ancora pubblicate. Molte Regioni si sono così mosse autonomamente. L’autorizzazione unica, che costituisce titolo a costruire e ad esercire l’impianto, avviene al termine di un “procedimento unico” nell’ambito della Conferenza dei servizi, a cui partecipano tutte le amministrazioni interessate. Il procedimento unico deve avere luogo entro 30 giorni dalla presentazione della domanda per il rilascio dell’autorizzazione unica. Entro 180 giorni la Conferenza è tenuta a concluderlo, esprimendo un parere. Nel caso in cui dovessero emergere dissensi fra i soggetti coinvolti, la decisione è rimessa alla Giunta regionale. L’unica eccezione è nel caso in cui il dissenso sia “espresso da un’amministrazione statale preposta alla tutela ambientale, paesaggistico territoriale, o del patrimonio storicoartistico”. L’Autorizzazione unica non sostituisce la Valutazione d’impatto ambientale (Via), nei casi in cui essa è richiesta.
persone indagate con l’accusa di deturpamento di bellezze naturali e violazione della normativa sulle aree protette. Da poco si è avviato il processo nelle aule del tribunale Canosa di Puglia. Nel
il libro Il volume Smisurati giganti (Alinea editrice, 20 euro), a cura di Edoardo Zanchini, sembra voler rispondere a un interrogativo impellente: davvero gli impianti eolici sono così pericolosi per il paesaggio? La replica è affidata a due fotografi, Pablo Balbontin e Luca Marinelli, che con i loro scatti testimoniano cosa ha significato fino a oggi lo sviluppo dell’energia eolica per il territorio italiano. Le foto si rilevano per aspirazione estetica e ricerca di bellezza. L’eolico è, dunque, bellissimo?
novembre del 2009, dopo due anni d’indagini, rimbalza infine sulle cronache nazionali l’operazione Viacolvento. Tra le persone implicate c’è Oreste Vigorito, avvocato e presidente dell’Anev. Insieme a lui, la Guardia di finanza di Avellino arresta altre tre persone. Una di queste è Vito Nicastri, uomo d’affari trapanese che viene considerato il più importante degli sviluppatori attivi in Sicilia. Secondo la Procura irpina i quattro, accusati di associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata, avevano messo a punto un sistema di false certificazioni per ottenere senza titolo i contributi pubblici destinati alla produzione di energia eolica. L’indagine è ancora aperta.. n LUGLIO-AGOSTO 2010 / La nuova ecologia
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La costruzione del paesaggio A colloquio con l’urbanista Bernardo Secchi, fra i sostenitori dell’eolico
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onostante i tanti detrattori del nuovo e i molti nostalgici del passato che vedono nei rotori eolici l’intruso invadente del paesaggio italiano, il pugno in un occhio nel profilo della terra immortalata nelle tele di Leonardo da Vinci come di Giovanni Fattori, qualcuno che ne difende le potenzialità estetiche si trova. Bernardo Secchi, urbanista di fama internazionale e docente universitario alla Cà Foscari di Venezia, è fra questi. Non certo per un avventato slancio futurista per tutto ciò che è innovazione tecnologica ma cogliendo il guanto della sfida creativa che i rotori lanciano alla progettazione architettonica. E ce ne spiega il perché. Professore lei è convinto che i rotori eolici possono valorizzare il paesaggio. Perchè? Basta fare un giro alle foci dell’Ebro, in Spagna, verso il confine tra Germania e Danimarca, oppure tra i molti campi eolici in Francia per rendersi conto che i giganteschi rotori hanno creato paesaggi totalmente nuovi. Hanno reso affascinanti luoghi che prima non presentavano niente di rimarcabile. Per apprezzarne l’appeal bisogna però liberarsi da una serie di luoghi comuni che hanno creato pregiudizi: per esempio che sono troppo alti, giganteschi, “smisurati”, cioè sproporzionati rispetto al contesto. Quasi che la loro altezza sia un disvalore, che l’altezza in assoluto sia sgraziata e non abbia qualità o eleganza. Pensate alle cupole rinascimentali o al Duomo di Milano per capire quanto sia assurda questa categorizzazione. Quali criteri architettonici si devono rispettare per la costruzione dei parchi eolici? I rotori eolici sono un materiale come molti altri per “costruire” il paesaggio. Naturalmente quest’ultimo non deve essere figlio di una casualità ma risultato di un attento studio. Per esempio i rotori andrebbero disposti a segnare le linee del vento, che nel contesto di una vallata come di una pianura hanno sempre una logica. Possono servire a costruire dei filari, il corrispettivo di quelli dei gelsi e dei pioppi che si facevano un tempo. Ricostruiscono un ordine dello spazio rurale ed extraurbano come gli alberi, su una scala diversa. Anche colorare le pale e i fusti dei rotori può aggiungere apprezzabilità estetica? Propendo per il monocromatismo e il bianco. La semplicità è un valore estetico importante. Ho paura che si inizi a dire “perché non li facciamo dipinti di verde così si mimetizzano nel paesaggio”. Mentre lo scopo è quello inverso, farli vedere per valorizzarli come succede per i monumenti che hanno sempre incarnato lo spirito del tempo e per questo si impongono allo sguardo. In Italia possiamo segnalare una best practice? Non ce ne sono. Perché in Italia è sempre stata una scelta determinata dai soldi. Si sono costruiti parchi eolici senza progettualità o studio di compatibilità per
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‘È inutile resistere alle innovazioni, bisogna saperle indirizzare a nostro favore. All’inizio anche le ferrovie fecero scalpore‘ accaparrarsi gli incentivi. In maniera scandalosa in Sardegna e Puglia. Certo noi abbiamo un paesaggio complicato. Va valutato ogni intervento con molta attenzione, il che non significa rimanere fermi. Il nostro paesaggio non è calato dall’alto ma è stato costruito dall’intervento dell’uomo. I tecnici agrari del gran duca di Lorena per la Toscana e quelli della pianura padana lombarda hanno avuto l’abilità e il coraggio di plasmare la terra. Quindi è giusto ridisegnare il paesaggio in base alle nuove realtà che ci circondano. Qualche suggerimento? Legambiente potrebbe bandire un concorso, sollecitare dei tentativi di progettare nuovi paesaggi attraverso i rotori eolici purché siano convincenti. Perché la gente è meno retrograda di quanto non lo sono certe associazioni “conservative” tipo Italia Nostra, nate su una giusta istanza sono diventate reazionarie. È inutile resistere alle innovazioni tecnologiche, bisogna cavalcarle e indirizzarle a nostro favore. Quando nacquero le ferrovie si fece un gran scalpore e gli intellettuali furono quasi tutti contrari, persino Carducci scrisse una poesia sul treno quale grande mostro d’acciaio… Anche gli ambienti accademici più che votati alla conservazione si chiudono in difesa rispetto al nuovo? Sì, senz’altro. Chi non ha idee si arrocca. Gran parte dei paesaggisti ha una serie di preoccupazioni estetiche reazionarie e non è capace di progettare il futuro. Di questo invece abbiamo un gran bisogno, altrimenti i parchi eolici continueranno a nascere qua e là senza alcun criterio se non quello finanziario. (Annalisa Bucchieri)
identikit Bernardo Secchi è professore ordinario di Urbanistica all’istituto universitario di Architettura di Venezia. Ha insegnato nell’Ecole d’Architecture di Ginevra, nelle università di Lovanio e Zurigo, nell’Institut d’Urbanisme de Paris e nell’Ecole d’Architecture de Bretagne. Ha progettato a Siena, Bergamo, Brescia, Ginevra e Marsiglia.