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Addio a Gianluca Vialli: l’abbraccio con Mancini non smette di far sognare

La tragica morte di Gianluca Vialli ha riacceso i riflettori sul bellissimo murales al centro sportivo Bressan di Adria, casa del Bocar, società di puro settore giovanile.

“Il CT dell’Italia Roberto Mancini e Gianluca Vialli, grandi amici, fin dai tempi in cui militavano nella Sampdoria, sono stati ritratti, nel toccante abbraccio, dopo la vittoria dell’Europeo, in un murales, rappresentato su un muro del centro sportivo di Adria, in provincia di Rovigo”. Questo l’incipit dell’articolo che il quotidiano sportivo più letto, La Gazzetta dello Sport, dedicò più di un anno fa, alla realizzazione dell’opera di Gionata Gesi, in arte Ozmo, disegnata sulla facciata dello stadio Bressan di Adria. Un’opera che colpì per la sua bellezza, non solo artistica, ma per ciò che ha rappresentato a 360 gradi, quell’abbraccio tra Vialli e Mancini.

E che, ora, è tristemente tornato di attualità, dopo la morte a 58 anni dell’ex attaccante nato a Cremona e spentosi a Londra dopo aver combattuto contro un tumore al pancreas.

Così, il 6 gennaio, giorno della morte di Vialli, sulla pagina Facebook della società presieduta da Tito Livio Franzolin è apparso il seguente messaggio, accompagnato dalla foto del murales: “Ci uniamo al dolore di tutti, la famiglia, i tifosi e gli appassionati per la perdita di un grande Capitano, Gianluca Vialli, che con le sue azioni ci ha fatto sognare ed esultare. Noi ti ricorderemo sempre con il murale a te dedicato. Ciao Capitano Vialli, nel nostro cuore sempre”.

La foto del murales, ha poi fatto il giro sui social, postata da personalità pubbliche e politiche come il presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini che ha scritto: “L’abbraccio più bello tra Gianluca Vialli e Roberto Mancini, dopo la vittoria dell’Italia all’Europeo. Magnifico murales realizzato in provin- cia di Rovigo”.

In quell’abbraccio c’erano gioia, rabbia, riscatto e rinascita: la gioia di un europeo appena vinto, la rabbia per un destino avverso che non ci voleva campioni, il riscatto di una nazione tra le prime ad essere piegate da un virus sconosciuto e terribile, la (parziale) rinascita di un movimento calcistico che fino a pochi anni fa sembrava essersi smarrito. Ma anche, purtroppo, qualcosa di assai più profondo del quale gli amici fraterni, Gianluca e Roberto, erano a conoscenza.

Cristiano Aggio

“Adria Riconoscente” al genetista Guido Barbujani

In una sala consiliare gremita, il 12 gennaio il sindaco Barbierato ha conferito “Adria Riconoscente” al genetista di fama internazionale Guido Barbujani. Nell’occasione, il professore dell’Università di Ferrara ha presentato il suo nuovo libro “Come eravamo, Storie dalla grande storia dell’uomo”. A condurre un dialogo con l’autore è stato il presidente dell’Accademia dei Concordi di Rovigo, professor Giovanni Boniolo, docente di Filosofia della Scienza e Medical Humanities al Dipartimento di Neuroscienze e Riabilitazione dell’Università di Ferrara.

Il testo “Come eravamo” tratta dell’origine dell’uomo, dalla pri- ma separazione dall’antenato comune con le scimmie milioni di anni fa fino alla comparsa dell’uomo di Neanderthal e infine del nostro progenitore, l’homo sapiens.

Barbujani lo definisce “il nostro album di famiglia” in quanto “i resti e i volti di chi è passato sul pianeta prima di noi conten- gono un messaggio che attraverso le generazioni è arrivato fino a qui e racconta come eravamo”. Durante l’incontro Barbujani ha rimarcato che non esistono razze e che non dobbiamo fermarci alle apparenze perché ci può essere più compatibilità tra il Dna di un bianco e di una persona di colore che tra due bianchi, cosa da tener ben presente nelle trasfusioni e nei trapianti d’organi per evitare rigetti.

Nel ricevere “Adria Riconoscente” il genetista ha ricordato i suoi legami con la sua città natale e in particolare con suo nonno, Cesare Zen, antifascista, primo sindaco della città dopo la Liberazione, cui è dedicata l’aula consiliare.

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