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Se lo criticava lui, Einaudi era contento

Centocinque anni fa, il 10 febbraio 1918, Tullio Martello si spegne a Bologna, città che lo aveva visto per più di trent’anni titolare della cattedra di economia politica nella alma mater. Insigne economista (ma fu anche ingegnere, filosofo, storico, patriota, politico e altro ancora) legò il suo nome a Vicenza non solo perché vi nacque il 13 marzo 1841 ma anche per le memorabili diatribe dottrinali con un altro grande vicentino: Fedele Lampertico.

Sebbene inizialmente influenzato dalle sue teorie economiche e forse anche agevolato da Lampertico nell’ascesa della sua carriera, Martello cominciò infatti gradatamente a manifestare posizioni opposte a quelle del concittadino, fino a schierarsi apertamente coi liberisti e a battagliare senza esclusione di colpi con la parte avversaria, fautrice del vincolismo economico di matrice lombardo-veneta.

Celebre l’episodio durante il banchetto di Bassano nell’agosto del 1874, in occasione del congresso dell’Associazione per il progresso degli studi economici: narrano le cronache che al brindisi “alla concordia degli economisti italiani” proposto da Lam-

Pochi lo ricordano oggi, ma fu una grande figura. Martello litigava con il senatore progressista vicentino e aveva da ridire anche con il futuro presidente della Repubblica.

Einaudi commentava: “Se le critiche vengono da lui, sono un onore” pienti amici dell’Italia e del suo progresso civile”. pertico – presente assieme a Luigi Luzzatti e allo stesso Martello – quest’ultimo abbia risposto: “Alla concordia di quali economisti si rivolge l’on. senatore? Qui non vi sono economisti: voi tutti qui presenti siete socialisti, bensì detti della cattedra, ma socialisti o socialistoidi, se così vi piace meglio. E poiché la verità non può trovarsi contemporaneamente da noi e da voi, io bevo al conflitto degli economisti, e mi auguro ch’esso duri ostinato, finché a tutti risulti evidente da quale parte si trovino i veri e sa-

Fu uno strappo che tuttavia non lasciò strascichi indelebili: in occasione di una pubblicazione celebrativa curata da Sebastiano Rumor pochi anni dopo la morte di Lampertico, Tullio Martello scriveva infatti all’abate vicentino: “Ho sempre avuto una immensa stima del compianto nostro insigne concittadino, ma sul terreno prettamente scientifico mi sono permesso di criticarlo con la maggiore indipendenza di opinione [...] in linea di benemerenza patriottica, io credo che ogni elogio sarebbe ozioso da chiunque [...] profferito, tutti sapendo, in tutta Italia i legittimi titoli suoi all’ammirazione, all’ossequio, alla gratitudine e della patria”.

Polemista straordinario, schietto e mordace nei suoi giudizi, Martello riscosse tuttavia sempre il rispetto dei colleghi: il futuro presidente della Repubblica Luigi Einau- di, ad esempio, scriveva: “Una critica del prof. Martello è un onore; tanto più quando essa è cortese, viva, frizzante come quella che ho avuto il piacere di leggere a proposito di un mio articolo del Corriere della Sera. Quando viene da un maestro della scienza e da un superbo polemista”. Fu amico di Garibaldi (lo troviamo infatti al suo seguito nella spedizione siciliana del 1860), di cui tradusse in francese il romanzo storico “Cantoni il volontario”. Manifestò anche alcune fugaci velleità letterarie, come una commedia in dialetto veneziano dal titolo “I do marii e le do muger” che poi sottopose al giudizio di alcuni attori: uno di loro la definì “degna di tutto: di patate, di torsoli, di mele cotte, di arance fradicie” ma sembra che, a insaputa dell’autore, fosse stata poi rimaneggiata e presentata sotto mentite spoglie sui palcoscenici italiani.

Delle sue idee rimarrà traccia nelle molte e ricercate opere pubblicate nel corso della sua vita, alcune delle quali notevoli per chiarezza, originalità e completezza d’esposizione: “I libri di Tullio Martello – commenterà uno dei suoi colleghi economisti – saranno sempre ricercati dai lettori amanti delle belle pagine battagliere, in cui la frase immaginosa accresce la suggestione del pensiero”.

Oreste Palmiero

Dopo 25 mila aforismi, il misterioso autore che regala i libri adesso scrive poesie

Dopo dieci anni di scritture misteriose e di firme apocrife, di libri consegnati a domicilio all’intellighenzia locale e di fantasiosi nomi di autori, il misterioso scrittore che lascia i suoi volumi nei sacchetti neri della spazzatura, ha cambiato completamente genere. Basta con i libri pieni di massime - abbiamo contati sicuramente 25mila aforismi in questi anni, che è comunque una cifra da Guinness dei primati: qualcuno dovrebbe segnalarlo a quell’organizzazione - perché è stato recapitato un sobrio libretto di 32 pagine, di piccolo for- mato, dalla copertina verde e dal titolo “biro” in minuscolo. Forse anche per lui il costo della carta, quadruplicato in dieci mesi, s’è fatto insostenibile.

Anche in questo caso le modalità di consegna sono quelle usuali, vale a dire sacchetto nero e post it giallo con nome del destinatario e firma falsa: ogni anno un nome diverso, quest’anno è Emilio a consegnare il dono. Anche questo è un nome di fantasia, ma... chi può dirlo? Sono pochissimi a conoscere la sua vera identità.

Questo mistero dello scrittore vicentino che resta nell’ombra fa ricordare i primi tempi di Scotolati, quarant’anni fa, quando era rimasto anonimo l’autore che battezzava le vie con l’indicazione G. Scotolati. Era l’estate del 1983. In quel caso il mistero durò lo spazio di pochi mesi, poi Gabriele Padoan venne alla luce. Nel caso del misterioso autore, invece, il giallo rimane. Di lui è stato tracciato un identikit proprio su “Il Vicenza” dalla esperta Roberta Melli, pezzo che dev’essere stato notato dall’interessato se anche lei, da quest’anno, è stata gratificata dal dono. Il libretto, come detto, si intitola biro. Non c’è nome di un autore, neanche falso. Trentadue sono le pagine (rispetto anche alle 200 e passa di un tempo) con una poesia per ciascuna di queste. Sono liriche assai brevi e, va detto, anche in- teressanti. Nessuna ha titolo, e anche questa è una caratteristica. C’è stile, comunque. In prima pagina c’è una dedica a M. C. e l’indicazione di un altrettanto misterioso editore “CaFard 2023” anche questo inesistente. L’autore ha saltato il Natale, infatti, ed è approdato direttamente all’anno nuovo. Il mistero prosegue, anche se proprio Roberta Melli, esperta grafologa, aveva tracciato un interessante identikit, indicando fra l’altro l’età dell’autore come matura, almeno 60 anni e naturalmente uomo di solida cultura.

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