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AGOSTO 2021
Periodico d’informazione locale - Anno I n.6
Regione p. 42
dal 1910
Non c’è pace per il maxi parco e per il monumento degli alpini
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Lite sul nome da assegnare e critiche al progetto in stazione
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PRESIDENTE CONFINDUSTRIA
Laura Dalla Vecchia “Sono ottimista e punto sui giovani” LA TORRE EVEREST
Un maxi murale per Paolo Rossi sul grattacielo L’ANNIVERSARIO
Trent’anni fa la visita a Vicenza di papa Wojtyla IL CASO QUAGLIATO
Un futuro pubblico per le statue tornate a Vicenza
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uando Umberto Eco descriveva l’esperimento mentale di Immanuel Kant e l’ornitorinco poneva uante emozioni e quante soddisfazioni ci sta reun problema molto tecnico, filosofico e assai serio: in galando quest’estate, finalmente ci ritroviamo a base a quali categorie decidiamo di rapportarci e defigioire insieme per i risultati sportivi delle Olimpiadi, nire una “cosa” che non è ancora conosciuta. Il punto trascinati dal talento degli atleti e dalla preparazione è, conclude il filosofo Achille Varzi citando un libro di dei team che li sostengono, e per i riconoscimenti Patrizia Violi, che i procedimenti attraverso cui arriviainternazionali come il sigillo dell’Unesco per Padova mo a “dare un nome alle cose” non sono separabili da “Urbs picta” che fa del Veneto una regione ad alto quelli attraverso cui le pensiamo. tasso di siti riconosciuti “Patrimonio dell’Umanità”. continua a pag 5 segue a pag 5
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Vicenza Dallo sport e l’ornitorinco all’arte: il Veneto dei primati
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Baccalà superstar È qui la festa
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orna la festa del baccalà a Sandrigo ed è già un risultato. Come l’anno scorso, quando si tenne in forma assai ridotta, la manifestazione si svolgerà nella piazza centrale della città. E, come l’anno scorso, sarà obbligatoria la prenotazione. Rispetto all’anno passato, invece, sarà necessario mostrare il green pass per accedere. La festa si svolgerà in due tranche: da mercoledì 8 settembre a domenica 12; e da mercoledì 15 a lunedì 20 settembre. I posti sono 400 a sera, per un totale di 4.400 presenze che non rappresentano neanche un decimo rispetto alle 4550mila persone che in tempi normali affollavano il capannone innalzato vicino al campo sportivo. Del resto, per Vicenza e il Vicentino l’appuntamento di settembre a Sandrigo è una tradizione che s’è cementata dagli anni Ottanta in qua: si tratta quest’anno della trentaquattresima edizione. L’organizzazione è della Pro loco di Sandrigo, di cui è presidente Antonio Chemello, titolare del locale “da Palmerino” nel quale lavora anche il figlio Marco. È stato pensato quotidianamente un “piatto del giorno” da gustare: si va dalla lasagnetta gratinata al baccalà agli gnocchi di patate al sugo mediterraneo con pomodorini, baccalà e olive; dalle mezzelune di pasta fresca ripiene di baccalà mantecato ai bigoli al torcio al sugo di baccalà e via elencando. Naturalmente, ogni giorno sarà disponibile la classica degustazione di baccalà alla vicentina con polenta.
Dall’8 al 20 settembre 400 posti alla sera in piazza a Sandrigo
è un marchio proprietà di
È un periodico formato da 21 edizioni locali mensilmente recapitato a 408.187 famiglie del Veneto. Questa edizione raggiunge la città di Vicenza per un numero complessivo di 43.000 copie. Iscrizione testata al Tribunale di Vicenza n. 4194/2020 V.G. del 23.11.2020; R.S. 17/2020; numero iscrizione ROC 32199
Srl
Chiuso in redazione il 5 agosto 2021
Vicenza e l’ornitorinco Antonio Di Lorenzo >redazione@givemotions.it<
A Vicenza si sta sviluppando – naturalmente a corrente alternata e a sussulti, com’è tipico della nostra gattesca città – un dibattito sul nome del futuro, anzi prossimo, parco della Pace. Si sta cercando “il nome della Cosa” che appare sì delineata, ma ancora poco conosciuta e ancor meno entrata nel tessuto mentale della città. Come scegliere questo nome? Mantenere o meno l’idea di Pace, scelta dall’amministrazione Variati, di cui tutto si può dire meno che non sia un valore universale? Oppure sceglierne un altro? Dipende da come lo pensiamo, questo maxi parco, che peraltro sta sbocciando come una piccola grande bellezza: se è una conquista civica oppure una realizzazione di bandiera. Non è una questione da poco, perché se i nomi sono sempre “consequentia rerum”, come insegnava Giustiniano e ricordava Dante, i battesimi durano per un’eternità. Una volta assegnato, il nome non lo toglie più nessuno, specie nella mentalità dei cittadini. Inoltre, ricorrere allo strumento del referendum se da un lato appare come una soluzione democratica, dall’altro ha un effetto boomerang: basterà l’1% di differenza perché vinca un nome piuttosto che un altro? Ha senso? E se ci sono tre candidati non si rischia di scontentare alla fine la maggioranza in una classifica finale corta? Decidere non è mai facile, ma bisogna. Per un nome da trovare, dall’altra parte della città c’è un monumento che si vuole realizzare. L’Associazione alpini e il Comune hanno imboccato una strada, d’accordo e convinti, che porta a quel monumento imponente da collocare davanti alla stazione: un mondo con la penna sopra. Piano piano, però, stanno levandosi critiche e perplessità, di cui anche noi diamo conto. In questo caso entrano in gioco altri valori: che cosa significhi la bellezza, dove stia di casa, in che rapporto sia con una città che l’anno scorso ha celebrato i 25 anni della targa Unesco. Il dibattito, stavolta sulla Cosa e non sul nome, è iniziato ed è facile prevedere che non sarà breve. Quest’anno si celebrano i 200 anni della nascita di Dostoevskji, autore di quel libro che si ricorda anche per un ragionamento: l’umanità può vivere senza la scienza, può vivere senza pane, ma non senza la bellezza. Non potrebbe più vivere perché non ci sarebbe più nulla da fare al mondo. La bellezza salverà il mondo, certo, ma quale bellezza? Meglio chiederselo. Prima che salvi il mondo, facciamo in modo che la bellezza salvi Vicenza.
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Agenti Stivanello Piero Luigi Ufficio 0444 505166 Tapparo Maria Cristina agenzia.vicenzacorsopadova.it@generali.com
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Redazione: Direttore responsabile Nicola Stievano >direttore@givemotions.it< Antonio Di Lorenzo >antonio.dilorenzo@givemotions.it<
CENTRO STAMPA QUOTIDIANI S.p.A. Via dell'Industria, 52 - 25030 Erbusco (BS) Tel: +39.030.7725594 Periodico fondato nel 1994 da Giuseppe Bergantin
Economia
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La presidente di Confindustria. Parla Laura Dalla Vecchia a 100 giorni dall’insediamento e indica la strategia d’azione
“Sono ottimista e punto sui giovani” “Il sistema economico veneto sta andando meglio della Germania. Esistono problemi, certo, ma sono comuni a tutti. I giovani saranno protagonisti anche dell’assemblea di settembre. Gran lavoro di incontri in questi mesi. Ascolto molto, ma poi decido. Sono una persona libera e non ho interessi a Vicenza” ono ottimista e punto sui giovani”. Sono le parole d’ordine di Laura Dalla Vecchia, che in questi giorni taglia un primo simbolico traguardo, quello dei cento giorni da presidente di Confindustria Vicenza. Prima presidente donna in 76 anni di vita dell’associazione degli industriali vicentini, Laura Dalla Vecchia è anche presidente della Polidoro di Schio, che ha oltre 400 dipendenti ed è leader mondiale nella produzione di bruciatori a gas per caldaie, scaldabagni e cucine professionali. Niente di più facile che, senza saperlo, moltissimi vicentini abbiano in casa un prodotto targato Polidoro. Come sta di salute l’economia vicentina che adesso lei vede da un nuovo osservatorio? “L’economia sta andando sostanzialmente bene, a parte i tentennamenti dell’automotive e della moda. La meccanica, la plastica, i mobili, tanto per citare alcuni settori, stanno marciando. Il Pil risale, il Veneto è davanti alla Germania”. Ma le difficoltà esistono: proprio lei ha denunciato di recente la difficoltà di trovare personale. “Ci sono problemi comuni a tutta l’Italia: il rincaro delle materie prime, il capitale umano…” I sindacati sostengono che non si trovano dipendenti perché li pagate poco e li trattate male. “Macché, manca proprio il nucleo demografico. Ormai anche gli immigrati non ci sono più”. Quindi lei è ottimista sul futuro? “Certo. Il futuro lo vedo roseo”. Come risolvere il problema del personale? “Puntando sulla cultura. Abbiamo
pochi giovani e a quelli che abbiamo non interessa lavorare nelle aziende. Piuttosto vanno a Londra, Milano, Parigi”. Perché? Che risposta si dà? “Perché trovano ambienti culturali affascinanti: quando penso a Londra penso alla Tate Gallery, Bologna è la città universitaria per eccellenza, Milano è un caleidoscopio di attività. Noi dobbiamo seguire la stessa strada: attirare talenti da fuori. Il mezzo è prima di tutto l’università”. Attirare persone significa dare possibilità di spostamenti, tema caro a voi industriali che chiedete da trent’anni infrastrutture. “Certo, ma oggi le infrastrutture sono differenti da quelle di trent’anni fa e devono essere intese in modo diverso. Bisogna pensare al treno, all’alta velocità, non per trasportare merci, bensì persone. Oggi i giovani neanche si fanno la patente nelle grandi città”. Lei insiste sui giovani. Perché? “Perché credo in loro. Lo vedrà alla nostra assemblea generale di fine settembre. Sono convinta che non dobbiamo essere autoreferenziali: solo così potremo salvare anche la nostra associazione. I giovani devono innamorarsi delle aziende, come è capitato a noi. Ma sono passati gli anni, dobbiamo essere sintonizzati sulle nuove sensibilità. Ci vuole qualcuno che parli la loro lingua”. Intanto siamo davvero alla realizzazione dell’alta velocità. Contenta? “Il treno lo vedo come l’esempio di un cambiamento di mentalità, al pari dello spazio da dare ai giovani. Però l’alta velocità non è tutto”. Perché? “Perché bisogna pensare agli spo-
SI COMUNICA CHE L’ASSEMBLEA PREVISTA, CAUSA COVID 19
NON SARÀ CONVOCATA E VERRÀ SPOSTATA
A DATA DA DESTINARSI A SECONDA DELL’ANDAMENTO DELLA PANDEMIA.
Laura Dalla Vecchia in un’immagine scattata nella sua azienda, la “Polidoro” di Schio che produce bruciatori per caldaie: è un leader mondiale del settore
ASSOCIAZIONE EX ALLIEVI I.T.I.S. A. ROSSI VICENZA
stamenti a tutto tondo, alla metropolitana di superficie per esempio. Non sono mica la prima a sostenerne la necessità. Prima di me è stato Alessandro Rossi a ideare la metropolitana di superficie: la linea ferroviaria Vicenza Schio l’ha realizzata per unire le sue fabbriche nel Vicentino”. Lei attira molte speranze. Come se lo spiega? “Perché sono una persona che ascolta molto. È tutta la vita che ascolto con interesse le storie degli altri. Non è che voglio sapere per forza i fatti delle persone, però me li raccontano e io cerco di mettermi in relazione”. È sempre stato così o è un atteggiamento che ha intensificato dopo la sua elezione? “Sono proprio fatta così”. Quante lingue conosce? “Inglese, francese, tedesco e adesso un po’ di turco a motivo dell’azienda che ho aperto. Mi piace studiare
i popoli: sono un’appassionata delle persone”. Adesso che è presidente degli industriali avrà molte più occasioni di incontri… “In effetti, molti di più mi fermano a chiacchierare, magari per proporre qualcosa”. È faticoso il nuovo incarico? “Certamente è molto impegnativo, perché soprattutto in questi primi mesi ho dovuto incontrare moltissime persone, specie a livello istituzionale”. Lei ascolta molto, ma poi decide? “Ci può scommettere. Ascolto tutti e poi decido. Stiamo lavorando molto, assieme alla struttura naturalmente”. Qual è il suo punto di forza? “Sono una persona libera, perché non ho interessi in provincia di Vicenza oltre alla mia azienda. Magari a qualcuno fa paura”. Antonio Di Lorenzo
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Il rebus di via Sant’Antonino. Giovanni Rolando (Pd) interviene nel dibattito sull’intitolazione che la maggioranza vuole modificare
“Pace è il nome giusto: ma se proprio si deve cambiare, pensiamo a Bandini” Il consigliere Pd: “Il sindaco ha cambiato idea rispetto al passato. Lo sta forzando Fratelli d’Italia. Se vuole cedere, ricordi che il grande poeta vicentino è il candidato migliore per un nuovo nome”
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na delle compensazioni per la costruzione della seconda base militare statunitense di Vicenza (la “Del Din”) era considerata sin dall’inizio il parco della Pace, ovvero la conversione del vecchio campo di aviazione in un parco pubblico per la città di Vicenza. E che parco: avrebbe 60 ettari abbondanti. Mentre i lavori sono in corso, c’è chi vorrebbe dargli un altro nome. “In verità fu il segretario della Lega Matteo Celebron a porre dei dubbi sul nome subito dopo le elezioni del 2018 - racconta Giovanni Rolando, consigliere comunale del Pd - Di recente la questione l’ha sollevata Roberto D’Amore, a capo di Fratelli d’Italia in consiglio comunale”.
Allora il nome “Parco della Pace” è in bilico? “Nel 2018 dopo le dichiarazioni dell’attuale vicesindaco, posi con una domanda di attualità la questione al sindaco Rucco: mi rispose che la questione non era all’ordine del giorno della maggioranza e nemmeno corrispondeva alla sua volontà cambiarne il nome”. E perché questo discorso esce di nuovo? “Probabilmente è una prova di forza all’interno della maggioranza: FdI da zero consiglieri ora si trova un gruppo di 4 persone in consiglio comunale: si è realizzato in poco tempo uno di quei fenomeni che fanno allontanare i cittadini dalla politica”.
Il consigliere del Pd Gianni Rolando e un’immagine del poeta Fernando Bandini proiettata sul proscenio del teatro Olimpico, un omaggio che gli ha dedicato Giancarlo Marinelli presentando gli spettacoli classici
Lei di che opinione è? “Il fatto che si debba chiamare “Parco della Pace” è un punto fermo: esistono viale della Pace e il villaggio della Pace, tutti luoghi legati alla caserma Ederle. Poi la parola Pace, o meglio Pax, è anche nel gonfalone della Regione del Veneto. Non capisco perché sia considerata una parola di sinistra da certi esponenti politici di destra!” Si sa che la politica è mediazione: se alla fine la maggioran-
za decidesse di cambiare nome lei che cosa proporrebbe? “L’idea in generale è quella di intitolare il parco ad un vicentino illustre. Allora propongo uno dei più illustri contemporanei, ovvero il professor Fernando Bandini, docente delle università di Padova e di Ginevra, studioso, poeta, scrittore, letterato trilingue conosciuto in tutto il mondo. Sarebbe un bel segno visto che Vicenza si candida a capitale italiana della cultura”.
Perché pensare al nome definitivo se il parco non è ancora concluso? “Appunto: invito il Sindaco a far lavorare l’amministrazione per completare i lavori, perché il parco è una grande occasione per rendere Vicenza una città europea moderna: sarà cantiere sociale, oltre che grande operazione culturale e anche un grande opportunità economica per la città berica e l’hinterland”. Francesco Brasco
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Il rebus di via Sant’Antonino/2. Per battezzare la maxi area c’è chi vuole ricorrere al parere dei cittadini
Parco, dalla maggioranza ecco l’idea “Un referendum per decidere il nome” A esprimere questa preferenza è per esempio l’autorevole avvocato Valerio Sorrentino, presidente del Consiglio comunale. Ma l’idea gira tra molti nel centrodestra a palazzo Trissino. Ora il sindaco dovrà decidere
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ambieremo il nome al parco della Pace”: l’aveva affermato nell’estate del 2018 subito dopo la nomina ad assessore l’attuale vicesindaco Matteo Celebron, a capo della Lega berica. Il centrodestra aveva vinto le elezioni e qualcosa del governo di centrosinistra doveva essere smontato. Poi sul caso cala il silenzio fino a quasi due mesi fa, quando scoppia il caso, tutt’altro che chiuso. Jacopo Maltauro, consigliere leghista, puntualizza: “Concentrarsi sui nomi piuttosto che sulla valenza, la prospettiva e poi i costi reali e di manutenzione del parco, mi sembra una sciocchezza - afferma Maltauro - Sul nome apriremo eventualmente un dibattito. Sono per i processi partecipativi e di etica federalista: se questo parco è una remunerazione per i vicentini, il nome non deve essere di appannaggio ideologico né imposto dall’alto, semmai deve essere partecipato, simbolico e identitario”. A essere più esplicito verso il referendum è presidente del Consiglio comunale Valerio Sorrentino, eletto nella civica del sindaco, vicesindaco già vent’anni fa: “Credo che il nome Parco della Pace sia diventato divisivo perché usato, inutile nasconderlo, strumentalmente contro l’insediamento della base militare americana. Sarebbe
più opportuno un nome legato alla storia o cultura di Vicenza. Tommaso dal Molin a cui era già intitolato l’aeroporto sarebbe un’ottima idea. Importante è individuare un nome che faccia il più possibile sintesi - conclude Sorrentino -: non sarebbe male l’idea di un referendum consultivo tra i cittadini”. Michele Dalla Negra, avvocato, e consigliere di Forza Italia: “Premesso che la mia è una opinione personale e che Forza Italia non ha espresso alcuna indicazione, spero che la questione del nome non sia solo un problema di toponomastica perché, se così fosse, il dibattito sarebbe ben poca cosa. La pace è un valore universale - sottolinea -, un richiamo forte, che auspico sia condiviso senza distinguo. E agli amici del consiglio comunale dico: mettete dei fiori nei vostri cannoni, ricordando anche un antico proverbio arabo che recita: il frutto della pace è appeso all’albero del silenzio. Leonardo De Marzo consigliere di Fratelli d’Italia ritiene che cambiare già il nome al parco che viene chiamato della pace sia prematuro: “Aspettiamo che finiscano i lavori perché per dare un nome ad una realtà come questa bisogna aspettare di averla in mano. Ed un eventuale giudizio sul progetto non deve essere dato in base al
Nelle foto, un’immagine del parco della Pace, che avrà ampie zone d’acqua, e alcuni esponenti della maggioranza di centrodestra in Comune: Valerio Sorrentino, Jacopo Maltauro e Andrea Berengo del gruppo misto
nome ma sulla fruibilità del parco per la cittadinanza”. Per chiudere l’opinione di Andrea Berengo, imprenditore, eletto nella civica del sindaco, ma ora nel gruppo misto: “Penso che il concetto di pace, sia un concetto trasversale, universale e che dà l’idea di qualcosa di buono. Credo siano stati sbagliati tempi e modi proposti da un solo amministratore che pr ragioni elettorali ha messo in discussione la denominazione del parco della Pace, e ora il sindaco si trova nell’imbarazzante situazione di dover gestire qualcosa di molto scomodo. Se l’idea di sostituire il nome fosse stata condivisa - spiega Berengo - sicuramente si sarebbe agito proponendo un nome più convincente”. Affonda: “Mi stupisce la posizione di D’Amore (capogruppo di FdI, ndr) che votò a favore dello sportello per le associazioni che promuovono iniziative a favore della pace ed ora è pronto a crocifiggere l’intitolazione di un parco”. (f. b.)
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Pablito nel cuore di Vicenza. Dopo la piazza davanti allo stadio, è allo studio un’altra iniziativa per ricordare il campione
Torre Everest Maxi murale di Paolo Rossi Si studia la realizzazione di una gigantesca opera d’arte per celebrare il campione del mondo. Si pensa di affidarne la realizzazione a Eduardo Kobra, un artista brasiliano che ha rivoluzionato la street art e ha rinomanza internazionale
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ablito diventa anche un murale. Sarà un nuovo omaggio che la città di Vicenza vuole dedicargli. Tra Vicenza e Paolo Rossi sin dal suo arrivo nel 1976, vale a dire 45 anni fa, s’è intrecciato un amore che non ha mai smesso di far battere i cuori, il suo e quello dei vicentini. Il sindaco Rucco, dopo avergli conferito la cittadinanza onoraria nel febbraio del 2020, ha deciso di intitolare al campione del mondo di Spagna 1982 una piazza davanti allo stadio, che sarà ulteriormente impreziosita da una statua di Rossi alla quale sta lavorando un artista napoletano. Ma ci sono anche i privati che si
stanno muovendo. E sono i proprietari della Torre Everest in via Torino, che stanno esaminando la proposta di restaurare la grande facciata del grattacielo che dà verso sud con un gigantesco murale dedicato a Paolo Rossi. Si tratta davvero di un’impresa, perché il grattacielo è alto sessanta metri. Per fronteggiare un impegno simile, serve evidentemente un professionista: il nome che circola è quello dell’artista brasiliano Eduardo Kobra, un gigante della street art. Quarantacinque anni, Kobra è definito su “Ultima voce” da Valeria Meazza “un autodidatta dal talento straordinario, burrascoso
Abbiamo realizzato un fotomontaggio per dare un’idea di come potrebbe essere il grande murale sulla Torre Everest con l’immagine di Pablito. Nella foto sopra, Eduardo Kobra, 45 anni, artista brasiliano
in gioventù e oggi al servizio delle città e delle buone cause. È un anti-Banksy timido e riservato, ma che sull’arte ha idee chiarissime: democratica e inclusiva, con il compito di migliorare il mondo, partendo dalle vite dei cittadini”. Grazie al nostro grafico Massimo Mattiello, abbiamo realizzato un fotomontaggio per fare capire quale potrebbe essere l’impatto di questo murale sulla Torre Everest
in viale Torino. Va ribadito che è una prova: l’artista brasiliano non c’entra niente e magari sarà scelta un’altra immagine rispetto a quella che abbiamo preferito noi. Se l’idea andrà in porto, l’effetto è assicurato. Non si tratta di un procedimento semplice, perché ci sono molti ostacoli da superare, a cominciare da quello finanziario. È anche vero che sono quattro anni che ciclicamente si parla e si studia
di dare un nuovo look alla Torre Everest, che era un tempo il più elegante condominio di Vicenza, motivo di orgoglio della città, poi è decaduta e numerosi sono stati anche gli interventi della polizia e gli sgomberi di appartamenti sovraffollati e abitati da immigrati abusivamente. Adesso, evidentemente, la Torre Everest vuol riacquistare prestigio. E anche il murale serve allo scopo.
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I personaggi del centro. Il suo negozio, aperto nel lontano 1934, ha ottenuto il riconoscimento di “bottega storica”
Non solo elettricità, il piccolo locale è il regno di Graziano l’aggiustatutto Campagnaro era un tecnico di auto nel Trevigiano: nel 2014 s’è reinventato un lavoro mettendo a frutto le sue grandi capacità. Assieme alla moglie ha rilevato il negozio “Dalla Valle” in contrà San Gaetano Thiene e l’ha trasformato nel “bazar dell’introvabile”
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ercate una lampada particolare per il vostro lampadario di pregio? Avete bisogno di un consiglio per un tostapane affidabile? Ma soprattutto, siete affezionati al vostro ferro da stiro guasto ma ancora in ottime condizioni, che vi spiace buttare? Non avete che da fare due passi in centro a Vicenza, in contrà san Gaetano Thiene 10, e molto probabilmente troverete la soluzione al vostro problema. Entrando nel negozio di materiale elettrico “Dalla Valle” si respira subito un’aria tanto antica quanto famigliare e cordiale. Fu aperto nel 1934 dallo zio del vecchio titolare, Renato Dalla Valle, ed è per questo motivo che il negozio ha ottenuto di recente il riconoscimento di “bottega storica” dal Comune. Lo gestisce da oltre sei anni Graziano Campagnaro con la moglie Lauretta, dopo che Dalla Valle, uomo d’altri tempi con un sorriso affettuoso e amato, l’aveva progressivamente ceduto alla coppia proveniente da Castelfranco. Graziano era responsabile post vendita di un’importante concessionaria d’auto trevigiana, che ad un certo punto, complice la flessione del mercato dell’auto, ha voluto rimettersi in pista e reinventarsi una professionalità. E siccome la tecnologia e il fai da te sono sempre stati più che una sua passione, ha deciso di prendere in considerazione di subentrare all’ormai anziano Dalla Valle (mancato nel novembre 2018 ma presente in bottega con un ritratto), scommettendo sul rilancio del negozio. E così, a partire dal 2014, Graziano Campagnaro ha iniziato a gestire in
prima persona l’attività riorganizzando gli spazi, allestendo nuove scaffalature, approntando un piccolo ma fornitissimo laboratorio dietro il bancone. «Riparo tutto quello che posso: ai miei clienti dico subito che ci provo – ammette Campagnaro - smonto l’elettrodomestico e vedo che cosa posso fare. Sono in molti che, e non solo per motivi affettivi, sono restii a buttare i piccoli strumenti della casa. E io spesso riesco ad accontentarli: ho costruito una rete di fornitori di ricambi che da mezza Europa, in due giorni, mi spediscono il pezzo nuovo. Ed è così che riparo frullatori, telefoni, lampadari, affettatrici, aspirapolvere, rasoi e phon. Persino i gameboy. Tutto quello che si può smontare, io lo apro e cerco il guasto. Tante volte è questione di una sciocchezza, un filo tranciato o sfilato, un diodo o un fusibile da sostituire. E sarebbe proprio un autentico spreco buttare via un elettrodomestico quasi nuovo se con una piccola riparazione, e un po’ di pazienza, si può rimettere in sesto». Sembra di sentire uno spot alla sobrietà, alla virtù del saper attendere invece di farsi divorare dalla smania compulsiva del tutto e subito. Non solo, ma tra queste lampade a risparmio energetico di tutte le forme, potenza e marche, la lezione che si riceve va nella direzione dell’antispreco, della capacità di saper riutilizzare i piccoli e grandi strumenti della vita quotidiana. Ma oltre che per incrociare Graziano l’aggiustatutto, in questo bazar dell’introvabile si entra anche per farsi con-
sigliare su come utilizzare al meglio il proprio frullatore, per trovare finalmente la presa giusta per il microonde, la batteria mignon dell’orologio da polso o della stazione meteo da parete. E poi, nell’altro angolo, lo sguardo si perde tra una vera e propria rassegna di cavi e attacchi per tutti i gusti e tipi di telefonini o caricabatterie, schede di memorie e cuffie, telecomandi e timer. “Non mi posso permettere la fuoriserie extra lusso, ma mantengo più che decorosamente la mia famiglia – riconosce Graziano – facendo un lavoro
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che mi piace moltissimo, perché posso mettere a frutto con soddisfazione le mie competenze tecnologiche e insieme coltivare quotidianamente un rapporto di fiducia con i miei clienti”. A Graziano l’aggiustatutto, negoziante d’altri tempi nell’epoca dei centri commerciali, vanno la gratitudine di molti clienti e un ringraziamento da parte della natura che, grazie alla piccola goccia che aggiusta dietro il suo bancone, deve smaltire un mare di rottami un po’ meno vasto.
Graziano Campagnaro al tavolo di lavoro e assieme alla moglie Lauretta. Sono persone di cortesia squisita che meriterebbero un premio solo per questa qualità
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Olimpionico della matematica. Chi è Matteo Poletto, 19 anni, il giovane Einstein che ha vinto l’oro alle recenti gare mondiali
L’investigatore dei numeri gioca a basket e ammira il “collega” Sherlock Holmes
S’è appena diplomato al liceo e punta a frequentare la “Normale” di Pisa. Gli piace la fantascienza al cinema e legge i gialli di Conan Doyle. È anche un capo scout. Nonostante i risultati, non è un “nerd” e in classe lasciava copiare i compiti. “Mi piace rendermi utile e fare squadra”
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l duro lavoro batte il talento quando il talento non lavora duro”. È un pensiero di Tim Notke, allenatore di basket di un liceo statunitense. È la frase che apre il profilo Instagram di Matteo Poletto, 19 anni, di Bassano del Grappa, figlio dell’ex sindaco Riccardo. Un mese fa Matteo ha vinto la medaglia d’oro alle olimpiadi internazionali di matematica (Imo). Un risultato strepitoso: s’è classificato decimo nel mondo, primo degli italiani. Seguito in questi anni da Francesco Rizzotto, animatore a Vicenza della Mathesis, Matteo s’è fatto largo tra seicento partecipanti provenienti da cento Paesi. È un giovane spinto da passione, costanza e tanta determinazione, capace di mettere d’accordo lo studio approfondito con la frequentazione di amici e con i suoi interessi personali. Insomma, è un ragazzo normale e non un secchione, un “nerd”. Si è appena diplomato, naturalmente con 100 e lode, al liceo “Da Ponte” di Bassano e ora vuole proseguire gli studi seguendo la sua vocazione. Matteo, si aspettava un risultato del genere? “Assolutamente no. In prima ho passato la fase d’istituto ma non quella provinciale. L’anno dopo invece mi sono fermato alla selezione nazionale ma non avrei mai pensato di competere a livello internazionale. Un po’ alla volta ciò che all’inizio sembrava irraggiungibile, diventa fattibile”. Come si vince l’oro in un torneo olimpico come questo? “Ci si prepara anzitutto. L’Unione matematica italiana organizza annualmente stage di preparazione a Pisa che ho iniziato a frequentare in seconda. Inoltre, ho passato tanti pomeriggi a casa ad esercitarmi. Questo risultato è la sintesi di quattro anni di preparazione”.
Cosa conta di più: il talento, la passione o l’esercizio? “Senza passione e non si fa granché. Credo anche che lavorando sodo si possano raggiungere risultati significativi. Per i risultati più ambiziosi, però, penso serva una certa predisposizione”. Eccellente in matematica, ma come se la cava nelle altre materie? “In alcune materie meglio rispetto ad altre ma non ho mai avuto particolari problemi”. E i compagni: li lascia copiare o fa il prezioso? “Ehm… lascio copiare”. Voto di matematica in pagella? “Dieci”. Prevedibile, ma non scontato. E la condotta? “Ho sempre avuto dieci, ma ho il sospetto che fosse dovuto anche al mio rendimento”. Perché? Di quali crimini si è macchiato? “Chiacchieravo un po’…”. Tutto qui? Piuttosto, so che vuole frequentare la Normale di Pisa. Ha già scelto il corso? “Matematica e informatica” Perché? Cosa vorrebbe fare dopo gli studi? “Vorrei fare il ricercatore ma la matematica è strana da questo punto di vista. Finché non ti inserisci nell’ambiente, gli sbocchi lavorativi non sono chiari. Per ora so che mi piace la matematica e voglio provare”. E se lei non fosse un genio della matematica, cosa studierebbe? “Posta così non c’avevo mai pensato. In quarta, mi era venuta la voglia di provare filosofia ma poi ha prevalso la matematica”. Nel tempo libero, cosa fa? “Esco con la mia compagnia e prima
del covid giocavo a basket, ma non ho ancora ripreso a causa dei troppi impegni. Sono un capo scout. Ah si, mi piace molto il cinema, i film mi appassionano molto”. Qualcuno in particolare? “Interstellar e A beautiful mind. Il primo è interessante perché le teorie fisiche che vengono proposte sono realmente oggetto di studio. Il secondo invece racconta la storia di John Nash, matematico ed economista, premio Nobel per l’economia nel ‘94”. Legge? “Non molto ultimamente. Tempo fa leggevo tantissimi gialli, Sherlock Holmes su tutti”. Ha detto di essere un capo scout, cosa le piace dello scoutismo? “Il senso di appartenenza a un gruppo, il brivido dell’avventura e il servizio di volontariato, mi piace rendermi utile e fare squadra”. C’è qualche personalità dalla quale trae ispirazione? “Ce ne sono talmente tanti che non
M atteo Poletto,
me ne viene in mente neanche uno. Diciamo che cerco di prendere il meglio da ognuno di loro”. Per concludere, ha realizzato di essere tra i primi dieci studenti al mondo in fatto di matematica? “Non del tutto, credo. Sono arrivato decimo d’accordo, ma ciò non significa che io sia il decimo studente più bravo del mondo. Il risultato è relativo a una performance. La verità è che ci vuole anche un po’ di fortuna. Ciò non toglie che la soddisfazione sia immensa e questo oro mi sta incentivando a fare di più e a fare di meglio, non solo alle olimpiadi”. Roberto Meneghini
diciannovenne genio della matematica. Nelle altre foto il prof. Francesco Rizzotto, animatore vicentino della Mathesis, l’associazione che alleva i giovani matematici, e l’investigatore Sherlock Holmes
Attualità
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Vento di polemiche sul progetto. Da Bepi de Marzi a Silvio Lacasella forti critiche sull’opera ipotizzata, alta sei metri
“Quel monumento davanti alla stazione fa piangere Palladio nella sua Vicenza” “È un benvenuto non all’altezza per chi arriva in città. Le mostre passano, i monumenti restano: la bellezza deve vivere nella quotidianità. Insopportabile la giustificazione che non costa niente alla comunità: costa in bellezza e in educazione. Ci mancano Cevese e Neri Pozza: loro parlvano”
I
l monumento degli alpini fuori dalla stazione ferroviaria fa discutere. Hanno cominciato i consiglieri comunali del Pd, Isabella Sala e Cristiano Spiller, con un’interrogazione al sindaco sostenendo che quel monumento in acciaio, un mondo con una penna alta sei metri, è troppo grande e collocato in un luogo sbagliato, non degno di una città Unesco. Hanno chiesto di vedere anche i progetti scartati dalla commissione giudicatrice, quella che è stata organizzata della Sezione “Monte Pasubio”, presieduta da Luciano Cherobin, che con quell’opera vuole celebrare i suoi cento anni di vita. Naturalmente, precisano i consiglieri, le critiche non sono rivolte agli alpini, la cui generosità e i meriti civici sono indiscutibili. “Il progetto scelto - spiegano Sala e Spiller – ci appare fuori contesto e oltre modo impattante sia per i suoi sei metri di altezza che per i materiali usati; riteniamo che sia forse inopportuno posizionarlo all’ingresso di una città patrimonio Unesco”. A dire la verità, ci sono voci dissenzienti anche all’interno degli alpini: le perplessità sono state riportate anche all’autore del progetto, Giuliano Negretto di Montecchio Maggiore. Altre critiche al monumento sono arrivate da un nume della cultura vicentina, come il maestro Bepi De Marzi, iscritto da 60 anni all’Ana. In una lettera inviata al presidente Cherobin, di cui ha dato notizia Federico Murzio sul “Corriere del Veneto”, il musicista di 86 anni ha insistito su due
Un’immagine del progetto del monumento agli alpini che si vuole collocare davanti alla stazione. Nelle altre foto, il maestro Bepi De Marzi e l’artista Silvio Lacasella
concetti: i monumenti non vanno spiegati, lasciando intendere che quello davanti alla stazione è troppo simbolico. E forse anche troppo alto e troppo ingombrante. Insomma, non gli piace proprio. Sul tema interviene con le riflessioni che pubblichiamo, il pittore Silvio Lacasella, fortemente critico sul monumento. Lacasella esprime quattro concetti. Primo: il contesto vale come il più grande dei capolavori. Secondo. Perché non è stata creata una commissione giudicatrice di esperti? Terzo. Chi l’ha detto che, solo perché viene regalato, il monumento non costa alla città? Quarto. Si rischia ancora una volta, come è già successo con il nuovo tribunale, di togliere bellezza alla
città con inserimenti discutibili. E nessuno, di chi dovrebbe, parla. “La bellezza non può essere custodita in un capolavoro – sostiene Lacasella – nemmeno in una mostra e neppure in una serie di capolavori architettonici. La bellezza è il contesto: se il massimo capolavoro lo incastri nell’esatto suo contrario tu dequalifichi quello che stai guardando. E questo è insopportabile. Quest’ opera sarà collocata all’uscita della stazione e darà il benvenuto alla città del Palladio. Ma con questo discutibile monumento, in verità, si sottrae bellezza alla Rotonda e a palazzo Chiericati”. “Faccio l’esempio di Rigoni Stern – continua Lacasella – di cui si par-
la molto, e giustamente, per una ricorrenza anagrafica. Grazie al contesto, cioé alla bellezza dei boschi, Rigoni ha scritto dei capolavori: molto di quello che leggiamo non l’avrebbe scritto se la natura non gli avesse messo sulla scrivania quel contesto. Intendo dire che se della bellezza non si sente il respiro nella quotidianità, il suo corpo non può che essere un corpo morto. Se Palladio avesse avuto un contesto come quello attuale non avrebbe creato quello che ha progettato”. “Intendo dire: se in Altopiano, per paradosso, costruiscono impianti di risalita tagliando tutti i boschi, non avremmo avuto la sua scrittura. Se noi vogliamo bene a Rigoni Stern, a Palladio, dobbiamo tutelare il paesaggio, il contesto Sarebbe assai utile sapere cosa direbbe Rigoni Stern di quel monumento o lo stesso Palladio: chi lo può dire, perché li conosce e li ha studiati, chi cioè potrebbe parlare e non lo fa, prima di addormentarsi dovrebbe avere grandi rimorsi”. “A me stupisce – continua Lacasella – che le persone che devono tutelare la bellezza non si siano battute per difendere la Rotonda dal tribunale a 500 metri. Allora si può fare tutto? Se io voglio farmi una pagoda in corso Palladio sono autorizzato? Ci deve essere qualcuno che dice di no”. “Insopportabile, poi, è la giustificazione che si adduce: alla comunità non costa niente. No, alla comunità costa in bellezza. Alla comunità costa in educazione delle nuove generazioni. Purtroppo si sono spente tutta una serie di
voci che era bello sentire, come Neri Pozza come Renato Cevese, che magari talvolta aveva una posizione ingessata. Adesso spesso ci si nasconde. Se dici qualcosa, vai a toccare una sensibilità di potere che poi non ti permette di fare niente. C’è sempre un freno, un “non dire” pensando che dall’altra parte della bilancia c’è un guadagno da conseguire”. “La più bella delle mostre passa, si scioglie. Ma la cultura resta negli occhi di chi vede il monumento. Dove sono le altre opere scartate del concorso? In generale, c’è un’insensibilità che avanza. Si crede che creare isole felici future, come una mostra, sia sufficiente. No, non basta: se non diventi portatore del bello ogni giorno, andare a vedere la più bella mostra in Basilica diventa come andare allo zoo”. “Non è una battaglia utopica la mia per frenare la contemporaneità. Ma non si può far finta di non vedere e poi candidarsi a capitale della cultura. Tu ti candidi se dai un esempio. In altre parole: se approvi un progetto del genere cosa vuoi capire di Pontormo o di Jacopo Bassano? Se vado in un luogo sacro e sputo per terra, se faccio pic nic all’interno dell’ossario vuol dire che non ho capito il valore del luogo. Quindi, se realizzo un monumento del genere, non ho capito neanche Palladio. Insomma, mettere un quadro di Leonardo in una cornice dell’Ikea significa che non capisci Leonardo. Se fai un progetto così vuol dire che non hai capito Palladio”.
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L’anniversario
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Era il 7 e 8 settembre 1991. Era la prima volta che un pontefice giungeva in vista alla città. Una festa per migliaia
Trent’anni fa papa Wojtyla a Vicenza Cinquemila lo accolsero in piazza dei Signori, settantamila parteciparono alla messa della domenica a parco Querina, ventimila giovani si radunarono allo stadio Menti, dove lui parlò a braccio. La solidarietà al vescovo Nonis e la “gaffe” sulla basilica palladiana
A sinistra, il papa si prepara alla messa a parco Querini e (sotto) la folla presente. Accanto, piazza dei Signori stracolma di vicentini, Wojtyla sulla papamobile, a Monte Berico, in Piazza, allo stadio con il vescovo e, al centro, il saluto di Danilo Longhi
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rent’anni fa, il 7 e 8 settembre 1991, papa Wojtyla visita Vicenza. È la prima volta di un pontefice in città, se si esclude la breve sosta di papa Braschi, Pio VI, il 13 maggio 1782 di ritorno da Vienna e diretto a Roma. L’accoglienza dei vicentini verso il papa polacco è euforica: lo applaudono in cinquemila in piazza dei Signori il sabato pomeriggio, partecipano in settantamila alla messa a parco Querini alla mattina di domenica 8 settembre. In ventimila sono allo stadio “Menti” nel pomeriggio dello stesso giorno per l’incontro con i giovani. Lui ha spazio per tutti: va a pregare sulla tomba di santa Bertilla nell’oratorio delle dorotee, in contrà San Domenico, incontra la Vicenza delle istituzioni al teatro Olimpico, recita il rosario a Monte Berico e ascolta un concerto della buonanotte diretto da Giuliano Fracasso. La domenica è una festa l’incontro con i più piccoli nella chiesa dei Filippini in corso Palladio. Nel discorso ufficiale dalla tribuna in piazza dei Signori, papa Wojtyla ha parole di conforto per il vescovo Pietro Nonis, accusato da un settimanale in quei giorni di essere massone: quando il pontefice gli esprime in pubblico “piena solidarietà” il vescovo piange e la folla applaude.
Al sindaco Achille Variati che gli porge il saluto della città, ricordando che anche Vicenza è afflitta dalle “nuove povertà”, il papa lanciando un invito a chi fa politica: “Pensate all’uomo e ai valori, non al potere”. Il suo intervento in piazza è ricordato anche per una gaffe sulla Basilica Palladiana, da attribuire al suo ghost writer vaticano, evidentemente non esperto di Vicenza, che fa indicare al papa la basilica come “il centro dell’esperienza religiosa di Vicenza”. Ai giovani radunati allo stadio, parlando a braccio ai piedi della croce che è stata eretta sul verde del campo da calcio, il papa rivolge un accorato e vibrante messaggio di speranza. Le fotografie di questa pagina sono tratte dal libro “Il Novecento nel Vicentino” curato da Antonio Di Lorenzo ed edito dall’Athesis.
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La scienza
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La giovane ingegnera. Greta Ongaro, 28 anni, lavora all’università di Padova: studia anche la sicurezza dei materiali aerospaziali
Progetta un aliante con pannelli solari ma è anche affascinata da Salvador Dalì Eclettica, passa dall’arte surrealista alle nuove frontiere del volo progettando aerei con motore elettrico a propulsione solare. Le sue ricerche toccano anche i materiali nano compositi. Ha grande ammirazione per Samantha Cristoforetti: “Il suo esempio stimola le giovani donne a studiare le scienze”
PIZZERIA
L’ingegnera Greta Ongaro, di Isola Vicentina, e il suo progetto dell’aliante a propulsione solare. Sotto, Salvador Dalì e l’astronauta Samantha Cristoforetti, un esempio per motivare le giovani a studiare le “Stem”
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iovane ingegnera vicentina progetta un aliante con pannelli solari e studia le fratture sui materiali usati per costruire gli aerei con l’obiettivo di prevenire i pericoli in volo. Greta Ongaro, 28 anni di Isola Vicentina, ha un’indole curiosa che le ha permesso di appassionarsi tanto alla storia dell’arte e al simbolismo di Salvador Dalì, quanto all’ingegneria aerospaziale, facoltà che ha frequentato all’università di Padova dove lavora tutt’oggi. La giovane, infatti, dopo essersi laureata nel 2018 con una tesi sul “Design concettuale di un motoaliante a propulsione solare”, fa parte di un gruppo di ricerca, composto da ragazze italiane e straniere, che studia la peridinamica, teoria matematica che si occupa delle fratture che si creano nei materiali utilizzati in ambito aeronautico e aerospaziale per trovare soluzioni adatte a prevenire i danni e salvaguardare la sicurezza dei velivoli. Come si è appassionata di aerei? “Viaggiando con i miei genitori da piccola mi incuriosiva il modo in cui gli aerei volavano e il loro funzionamento”. Voleva diventare una pilota di aerei di linea? “Mi sarebbe piaciuto, ma non ho mai provato quella carriera. Sono appassionata di matematica e per questo ho frequentato il liceo scientifico Tron di Schio. Quando è arrivato il momento di scegliere l’università ero indecisa fra ingegneria meccanica e aerospaziale. La passione per gli aerei mi ha portato a scegliere la seconda”. In futuro viaggeremo su aerei alimentati con energie rinnovabili? “Lo spero. La mia tesi era uno studio sulla fattibilità di costruzione di un aliante dotato di motore elettrico alimentato a energia solare in grado di decollare autonomamente e, all’occorrenza, di utilizzare il suo apparato propulsivo anche durante la fase di crociera. Le ricerche, così come lo studio dei materiali con cui sono costruiti gli aerei, si stanno concentrando su come trovare soluzioni efficaci per risolvere i problemi tecnici contenendo anche l’inquinamento”. Ora cosa sta studiando? “Prima di tutto, la peridinamica: è una disciplina che attraverso simulazioni matematiche studia il comportamento delle crepe nei materiali, il modo
in cui si propagano e ci permette di capire come fermarle prima che provochino danni e compromettano il funzionamento degli aerei. Dall’anno scorso sto studiando anche i nano compositi, ovvero materiali facilmente modellabili e resistenti usati in ambito aerospaziale, nell’automotive e nel packaging. Queste ricerche permettono di aiutare la programmazione della manutenzione degli aerei e di intervenire in modo preciso ed efficace per risolvere i danni”. Come è riuscita a impegnarsi nella ricerca durante l’anno della pandemia? Se prima eravamo in laboratorio ogni giorno, con le chiusure abbiamo organizzato tutto il lavoro al computer e da casa: ci siamo accorti di poter essere ugualmente efficienti anche attraverso le video chiamate”. Il suo gruppo di lavoro è composto da molte ricercatrici: sono in aumento le studentesse di ingegneria aerospaziale? “Si, all’inizio del mio percorso di studi eravamo davvero poche, ma da alcuni anni sempre più ragazze studiano ingegneria aerospaziale, non solo perché si vive in un ambiente interdisciplinare e internazionale, ma anche per la possibilità di trovare lavoro in più settori. Ciò è avvenuto anche grazie a scienziate e astronaute come Samantha Cristoforetti che è riuscita a far capire come, anche nell’aerospaziale, le donne possono emergere”. Lei continuerà a fare la ricercatrice? “Per ora si, continuerò a Padova. Non escludo la possibilità di un di dottorato all’estero, la Germania sarebbe il posto ideale per l’aerospaziale, ma poi vorrei ritornare a lavorare nella ricerca in Italia”. Dove le piacerebbe lavorare? “Un mio primo sogno sarebbe lavorare all’Airbus, azienda che sta cercando soluzioni sostenibili nella costruzione dei velivoli. Mi piacerebbe trovare un lavoro con cui contribuire alla salvaguardia del pianeta”. Il secondo sogno? “Vorrei prendere il brevetto di volo per pilotare ultraleggeri o alianti. Dopo aver studiato la teoria e i dettagli tecnici mi piacerebbe vivere l’emozione di guidare un aereo”. Sara Panizzon
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Il personaggio. Eleonora Busato, 22 anni, dagli studi alla Sorbona di Parigi alla galleria di contrà Frasche del Gambero
Cervello in fuga torna a Vicenza per allestire mostre
“C’è bisogno di più arte contemporanea a Vicenza, invece si guarda troppo al passato. In Francia c’è una considerazione diversa rispetto all’Italia per chi studia una disciplina artistica. A noi in aula chiedono di argomentare ogni giorno sull’attualità”
L
cenza. Poi col Dams (Bologna) ha frequentao l’Erasmus a Parigi: si è innamorata della capitale in riva alla Senna ed è rimasta a studiare alla Paris 1 Pantheon - Sorbonne. E ci tornerà a settembre per proseguire gli studi. Perché ha scelto Parigi? In storia dell’arte siamo bravi anche qui in Italia. “Ma è la Sorbona! Qui in Italia puoi anche essere il migliore nel settore dei beni culturali, però quando si tratta di valorizzare un corso di laurea e intraprendere una carriera non ci prendono sul serio. A Parigi anche se studi arte e non ingegneria, fai una cosa seria con degli sbocchi professionali seri”. Che differenze ci sono a livello
ei si sente fortunata perché quest’anno nello stage ha addirittura allestito una mostra: ma forse i veri fortunati sono i vicentini che hanno visto una loro figlia (un “cervello in fuga”) tornare in patria e mettere a frutto quel che ha imparato. Ha allestito una mostra dal titolo “Corporea” di Matteo Trentin (studente a Brera dopo il triennio a Verona) alla galleria “&ArtGallery” di Nicola Bertoldo in contrà Frasche del Gambero. Per lei è uno stage dopo la laurea in storia dell’arte e archeologia a Parigi. Si chiama Eleonora Busato, 22 anni, vicentina del capoluogo, maturità al Fogazzaro e un passato da cestista nelle giovtanili dell’As Vi-
accademico? “La preparazione degli argomenti è molto più rigorosa e molto più attenta all’attualità. Non puoi vivere nel mondo dei sogni. Quando arrivi al mattino devi aver visto i tg, ascoltato la radio o letto i giornali, insomma sapere cosa è successo nel mondo e soprattutto in quello della cultura e dell’arte fino alla mattina stessa. Devi saper argomentare di attualità in aula”. E come si trova con i francesi? “Sono adorabili, ma anche molto rompiscatole”. Perché? “Un esempio la loro burocrazia: sono peggio di noi italiani. C’è però un grande rigore anche intellettuale, e quando finisci gli esami hai
Eleonora Busato, 22 anni, un passato come cestista e adesso un presente come organizzatrice di mostre d’arte
imparato davvero molto e non solo teoria”. Cosa farà da grande? “Difficile dirlo: dallo studio dell’arte si possono prendere molte direzioni. Dipende dalle occasioni che avrò. Progettare, curare, mediare nel mondo dell’arte mi piace molto: ho anche dei progetti miei di scrittura e fotografia. Un anno fa d’estate ho lavorato come fotografa alla “fashion-week” parigina, quest’anno a Vicenza. Matteo Trentin avrà un futuro importante, vedrete”. Si dice che a Vicenza non succe-
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da nulla... “E invece ho trovato delle persone che mi hanno dato fiducia a partire dal gallerista: ho curato una bella mostra”. Come vede la cultura a Vicenza? “A Vicenza va cercato un nuovo interesse per il contemporaneo: è questo che ci insegnano alla Sorbona. Ma qui a Vicenza questa consapevolezza non ce l’abbiamo ancora, guardiamo troppo al passato. Sa cosa ho studiato quest’anno? La storia sociale dell’arte e la storia del femminismo nell’arte!” (f. b.)
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L’incisione sorprendente. Stefano Soprana ha “pulito” l’immagine di quasi tre secoli fa con risultati inaspettati
Così Dall’Acqua nel Settecento “fotografava” gli orafi in Basilica Il grande incisore ha scattato una “foto” delle attività degli orefici nelle loro botteghe sotto le logge. I particolari sono interessanti perché rivelano un lavoro e un mondo che non era mutato rispetto a secoli prima. E che è cambiato poco fino al Novecento
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na “fotografia” di quasi trecento anni fa che ritrae Piazza dei Signori e la Basilica Palladiana, un particolare rappresentato sotto le logge e un occhio in grado di coglierlo. È così che è stata trovata la prima raffigurazione visiva conosciuta delle attività economiche che si svolgevano nel cuore della città, in modo particolare di quelle legate all’oreficeria: l’immagine traccia una sorprendente linea di continuità tra ieri ed oggi. “L’istantanea” si trova in un’incisione del 1783 del vicentino Cristoforo Dall’Acqua, l’occhio attento è quello di Stefano Soprana, proprietario dell’omonima oreficeria che ha sede tra le logge della Basilica. È proprio uno scorcio dell’incisione in cui è raffigurata quella che oggi è la sua bottega ad aver incuriosito Soprana: “Ho intravisto qualcosa che era raffigurato fra i tratti tracciati dal Dall’Acqua per rendere l’ombreggiatura al di sotto delle logge della Basilica; con un programma di computer grafica ho eliminato l’ombreggiatura, e quello che era raffigurato è apparso chiaramente: una bottega di oreficeria, nello stesso posto dove oggi si trova ancora”. Non è una novità il rapporto tra Vicenza e l’arte orafa: i primi documenti scritti che parlano di botteghe orafe e della
Fraglia degli orefici presenti a Palazzo della Ragione (l’attuale Basilica) datano al 1339, e nel Cinquecento, in pieno Rinascimento, la città è già una realtà affermata nel settore con rappresentati di assoluta levatura come Valerio Belli, che verrà chiamato a lavorare a Roma da papa Clemente VII. Il documento del Dall’Acqua è importante perché riporta la prima prova visiva certa di tale rapporto, e di come nei secoli non si siano modificati molto gli spazi e le disposizioni delle attività. Nell’incisione la bottega è raffigurata con i banchi posti davanti al negozio, all’aperto per catturare la luce, così come le vetrinette espositive per i gioielli, con gli orafi seduti al banco di lavoro, mentre al centro è visibile una barra su cui sono appese delle collane. Gli stessi elementi, bancone, vetrine, orafi al lavoro e barra di supporto sono rappresentati anche in un disegno che raffigura una bottega orafa del XVI secolo di Adamo Lonicerus, conservato alla biblioteca civica, segno che nell’arco di tre secoli ben poco era cambiato. Col passare degli anni, l’avvento della luce elettrica permise di organizzare le botteghe all’interno delle logge della Basilica, in uno spazio al chiuso, ma senza stravolgere
Vetrinette espositive da banco
L’incisione di Cristoforo Dall’Acqua elaborata da Stefano Soprana (nella foto) e confrontata con un’incisione del Cinquecento che mostra il lavoro di un orafo. Sono sorprendenti le somiglianze. L’opera del Rinascimento è di Adamo Lonicerus ed è conservata nella biblioteca civica
Esposizione manufatti orafi (collane)
Orafo al banco
troppo il modello originario: ancora alla fine dell’Ottocento, in una fotografia che ritrae l’allora oreficeria Marangoni, si notano le vetrine espositive sporgenti rispetto al corpo dell’edificio interno della Basilica; tracce di questi manufatti sono visibili ancora oggi nella pavimentazione. “Trovo molto interessante – spiega Soprana – sapere che,
Banconi esterni
nonostante tutti gli anni e tutti gli avvenimenti che hanno attraversato la città dal ‘700 ad oggi, da Napoleone al Risorgimento a due guerre mondiali, le attività degli orefici siano ancora presenti in Basilica; l’incisione di Dall’Acqua ci ricorda che l’oreficeria è un’arte comune a tutti i tempi, espressione dell’uomo e della sua cultura”. Alvise Ferronato
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Il regalo di Peressoni a Vicenza. Acquistate e trasferite da Firenze, sono custodite in un luogo privato ma si pensa al futuro
Ora si pensa a un’esposizione pubblica per le statue di Quagliato tornate a casa Armando Peressoni ha completato l’operazione lanciata a giugno. Spiega: “Nereo era un mio grande amico e i suoi lavori non potevano essere dispersi. Meritano di essere ammirati dai suoi concittadini”. Non è escluso che tornino a palazzo Thiene
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e 26 opere di Nereo Quagliato, già della Banca Popolare, sono tornate a Vicenza verso la fine di luglio. Le ha riportate da Firenze, dalla casa d’aste Pandolfini, la stessa che ha curato le vendite di molte opere d’arte dell’ex istituto di credito, Armando Peressoni. Ha acquistato i pezzi dagli esponenti di Banca Intesa, nuova proprietaria di palazzo Thiene e dei suoi arredi fino all’acquisto dell’edificio palladiano da parte del Comune. Più esattamente, l’acquisto è intestato alla Fondazione familiare che Peressoni ha creato assieme alla figlia Nicoletta, residente negli Usa dove insegna all’università, dopo l’improvvisa morte in un incidente del figlio Mauro. Peressoni, 82 anni, è assai conosciuto in città, sia per la sua attività come profumiere, sia per la sua appartenenza agli alpini di San Bortolo. Assieme alle pene nere quasi 25 anni fa ha recuperato e restaurato l’antica porta San Bortolo. Da commerciante, ha fondato nei primi anni Ottanta le “Botteghe del centro” e il gruppo Ethos, che oggi ha 290 soci. Com’è noto, le statue di Quagliato non erano soggette al vincolo pertinenziale apposto dalla
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Armando Peressoni e la figlia Nicoletta: la loro Fondazione ha acquistato le opere. Nelle altre foto, Nereo Quagliato vicino a una sua opera; una fase del trasporto da Firenze e le statue nella loro collocazione attuale
Soprintendenza veronese su tutti gli oggetti d’arte d’età superiore a cinquant’anni raccolti in anni dalla Banca Popolare di Vicenza. In questo elenco non rientrava, anche se sfiorava il periodo, un’altra scultura contemporanea, la prestigiosa “Caritatide” di Alberto Biani del 1952-1954, battuta all’asta per 75mila euro. Quindi, le statue di Quagliato potevano essere legittimamente vendute. E infatti Peressoni le ha acquistate, prima che fossero
battute all’asta. Adesso si trovano in un luogo privato, ma l’intenzione di Peressoni non è quella di tenersele per godersele da solo. Sta riflettendo assieme al sindaco Rucco per trovare una modalità di esposizione. Sarebbe un ulteriore regalo alla città. Potrebbero tornare a palazzo Thiene? Chissà. Per il commerciante benefattore l’acquisto (e la possibile mostra) è un modo per rendere omaggio a Nereo Quagliato, amico di una vita.
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Stili di vita
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La quotidianità presa con buonumore. Aria di vacanze: qualche ricordo di quando si girava l’Europa senza green pass e Booking
Ecco noi, turisti per caos. In Cornovaglia volevamo mangiarci la band che suonava C
om’era bello viaggiare senza covid e senza Booking. com, solo con la voglia di andare. Riporto qualche aneddoto, soprattutto culinario, dei miei viaggi passati. KLEK. È un paesino sulla costiera dalmata a 50 chilometri da Dubrovnik. Ceniamo in una trattoria con il menu stampato anche in italiano. Tra i primi piatti spicca una terrificante “minestra pulcino”. Dopo qualche istante di smarrimento, traduciamo con un più bonario “brodino di pollo”. Ma che incubi durante la notte. PENZANCE, CORNOVAGLIA. Dopo un trekking di ore su e giù per promontori, l’autobus del ritorno non c’è perché è domenica e quindi vai con la tragica anabasi. Arrivati, ci fiondiamo in un pub. “What do you like to eat?”, chiede la cameriera. Indico il piatto del giorno sulla lavagna e faccio due con le dita. La ragazza si piega dalle risate: “Quello non posso, è la band che suona stasera”.
vibratamente mentre l’altro abbozza. “Pensavo volesse complimentarsi con me per la scelta del pesce”, si giustifica. Amo questa donna. BAD TOLZ. In una Gasthaus ordino il “Bauernteller” ovvero il piatto del Contadino, roba per stomaci chiodati, ma io che ne so? Arriva un tagliere con grosse fette rosso-marroni di paté di cervello, intestino e sanguinaccio di porco. Al centro un bicchiere di grappa con un cetriolo esanime. Al termine della cena
In Germania ci hanno servito patè di cervello, intestino e sanguinaccio di porco. Abbiamo rifiutato: sono pazzi questi tedeschi! In Slovenia ci offrono la famosa acqua minerale del luogo, senza avvisare dei suoi terribili effetti lassativi NIS, SERBIA. Tappone di mille chilometri da Vicenza, quelli che quando scendi dall’auto sei in bolla come la torre di Pisa. Il ristorante dell’hotel ha dei prezzi folli, una bistecca di manzo 1000 dinari (80 euro!) un pollo con patate 700 (58 euro!): ma dove siamo, in Svizzera? Prendiamo due tristissime insalate miste e ci ingozziamo di pane. Il mattino dopo scopro che bisogna dividere l’euro per 120 e non per 12. SALONICCO. Bel ristorante, di quelli che ti fanno andare in cucina a sceglierti il pesce da servire. Va mia moglie. Poi viene il cameriere al tavolo, ci chiede se abbiamo ordinato e alla risposta affermativa, tende la mano per prendere i menu. Mia moglie l’afferra al volo e la stringe
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l’ostessa in costume tradizionale Gott mit uns, sbarazza il piatto integro nel suo orrore e lancia palesi insolenze condite con molti “italiener”. Italiani sì, un popolo che a differenza dei bavaresi si è affrancato dall’antropofagia da almeno due millenni. BRUGES. Fa un freddo beduino. Sistemati i bagagli in una lugubre pensione, entriamo in una birreria e aspettiamo che si liberi un tavolo. Dopo un po’ il cameriere fiammingo simpatico come una murena ci fa passare avanti una coppia di belgici arrivati ben dopo di noi. Si aspetta una scenata tutta latina, deve accontentarsi del nostro dignitoso e sprezzante silenzio. Ci sediamo. Il tizio arriva e ci sciorina sgarbatamente una lista di piatti nella sua lingua grugnente. Ordino una birra grande. Mi posa con un sorriso beffardo una cisterna da litro. Ma tu non sa con chi hai a che fare. Mangiamo della roba cotta sulle braci, forse carne, forse la cintura di un accappatoio. Il fiammingo viene a tirare su i piatti. Gli allungo il boccale prosciugato e schiocco le dita: ragazzo presto, un altro birrone. Il membro del KKK incassa umiliato. Ho passato la notte contando i pesci a singhiozzo nell’acquario di birra. Ma che soddisfazione. ROGASKA SLATINA. Siamo in Slovenia. Appena entrati nella camera dell’Hotel Donat mi sono tuffato sulla bottiglia omaggio di acqua minerale Donat che sgorga dalla fonte Donat e che reca sull’etichetta l’immagine di Apollo, il più bello e diuretico tra gli dei. Ha un gusto salato e un retrogusto da uova marce, ma pare sia una delle acque più salubri del mondo, piena di calcio, bromuro, solfati e soprattutto di magnesio. In un litro circa 1000 milligrammi. Secondo i rudi dettami dell’ospitalità slava, nessuno si sogna di avvertire l’ospite dei poderosi effetti lassativi. Inoltre magnificati se bevuta in fretta e furia (io, un litro in circa 39 secondi). Così ho trascorso due giorni nel bagno della camera, il bagno della piscina, il bagno del casinò, quello del ristorante e svariati altri cessi pubblici della ridente cittadina termale. Alberto Graziani
Sport
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La squadra di Roller Derby. È uno sport importato dagli Usa, che è femminile ma ruvido. Parla la capitana Chiara Bisin
Le Anguane sono diventate inglesi e skater Corrono sui pattini e non temono il contatto “Come le figure mitologiche dei filò, da cui abbiamo tratto il nome, siamo amorevoli ma determinate, combattive e severe con coloro che si comportano male con la natura”. Sono diventate “The Anguanas” nel nome della squadra
Un’immagine della squadra The Anguanas, con le componenti che orgogliosamente mostrano il vessillo, e un momento della gara sul campo di pattinaggio. In alto un primo piano di Chiara Bisin, capitana del team A vicentino, impegnato in tornei anche a raggio europeo
A
Vicenza oramai è una realtà il roller derby praticato soprattutto da ragazze e donne anticonformiste che smettono i panni di impiegate, studentesse, bariste, di mamme o figlie di buona famiglia, per indossare quelli delle skaters appassionate e determinate. Nell’immaginario collettivo, il film Rollerball richiama il roller derby. Chiara Bisin, 36 anni, impiegata, mamma di una splendida bimba, è la capitana del Team A ed è nel gruppo che tra il 2013 e il 2014 ha fondato questa nuova realtà al pattinodromo di viale Ferrarin. È uno sport nato negli Usa e che in Europa si è diffuso solo 10 anni fa tra penisola Iberica, Francia e Germania. Come mai questa passione sportiva? “Pattino sin da bambina, dagli 11 anni anche con i pattini in linea. Il roller derby mette insieme il pattinaggio (i pattini a 4 ruote, ndr) e uno sport di squadra. Ogni squadra deve superare l’altra nella corsa sulla pista, che naturalmente cerca di bloccare gli avversari. Si gioca in formazioni di 5 contro 5 nell’ovale disegnato sulla pista (circa 20x40 metri) e i roster contano dalle 10 alle 15 atlete”.
Come arriva a Vicenza il roller derby? “Non mi incuriosiva molto l’hockey. Un giorno un’amica che vive a Milano è tornata in città e ci ha introdotto a questa nuova disciplina che si è diffusa nei primi anni duemila in Europa e a Milano. Siamo un gruppo di amiche appassionate e ci è piaciuto molto creare tutto da zero”. Perché il nome The Anguanas? “Abbiamo vicentinizzato l’essenza delle skater del roller derby: siamo dolci, amorevoli, ma determinate, combattive e severe con coloro che si comportano male con la natura! Come le Anguane. È perfetta questa figura mitologica della tradizione fiabesca e dei filò. Abbiamo declinato il nome in inglese perché ci si muove a livello almeno europeo”. Quante siete a Vicenza? “Una trentina, in maggioranza donne e con noi ci sono anche gli “Anguani” che sono per ora 5. Dopo il 15 settembre organizzeremo un “open day” per mostrare alla città di cosa si tratta. Due sono le squadre: il team A di cui sono capitana, che fino ad
ora ha gareggiato in tornei nazionali e europei. E il team B che gareggia per ora a livello nazionale. In Italia vi sono squadre a Milano, Torino, Bolzano, Udine, Roma, Lecce e Palermo. In Europa abbiamo partecipato a tornei in Francia e in Germania. La pandemia ci ha fermate e ora riprendiamo”. È uno sport prevalentemente femminile? “Sì, anche negli Usa. È uno sport di contatto e contrasto fisico ma mai violento: i film barano, come “Whip It” del 2009. Ci sono però tantissime regole e pensate che se siamo in 10 che corriamo sull’ovale (5 contro 5) vi sono almeno altrettanti arbitri che chiamiamo “la terza squadra”: sono tantissime le situazioni da controllare”. Come conciliate il lavoro e la famiglia con questo sport? “È possibile: gli allenamenti per noi maggiorenni sono serali, dopo il lavoro, un paio di volte a settimana. Per coloro che hanno figli è importante avere un compagno/marito che ti dia una mano, e io ce l’ho. Comunque il beneficio personale è alto e ripaga l’impegno”. Francesco Brasco
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Padova
Urbs picta
I CICLI PITTORICI DEL XIV SECOLO SONO PATRIMONIO MONDIALE DELL’UMANITÁ
L'
eccezionale valore artistico e storico dei capolavori della “Padova Urbs picta” che hanno rivoluzionato la storia dell’arte adesso sono Patrimonio Mondiale dell’umanità. L’UNESCO non ha avuto dubbi nell’inserire i capolavori realizzati tra il 1305 e il 1397 nella World Heritage List: da Giotto fino a Jacopo da Verona, passando per Guariento, Giusto de’ Menabuoi, Altichiero da Zevio e Jacopo Avanzi, i grandi cicli affrescati del XIV secolo sono stati riconosciuti al termine di un percorso lunghissimo, durato venticinque anni, e corale. La proclamazione è avvenuta il 24 luglio, nel corso della 44esima sessione estesa del Comitato del Patrimonio Mondiale in programma a Fuzhou, in Cina, con la partecipazione da remoto delle delegazioni di 192 Paesi e una copertura globale in streaming dell’evento. Con un anno di rinvio a causa della pandemia da Covid-19, Padova ha potuto esultare. E con Padova tutta l’Italia, che raggiunge con “Urbs picta” – e con “I Portici di Bologna”, proclamati Patrimonio per il 2021 – nientemeno che 58 siti UNESCO. Non solo: il Veneto diventa la regione italiana con il maggior numero di siti e Padova una delle poche città al mondo a custodirne due. Dal 1997 infatti l’Orto Botanico dell’ateneo patavino, realizzato nel 1545, è stato riconosciuto dall’UNESCO. È il più antico orto del mondo occidentale a conservare ancora la forma e l’ubicazione delle origini, avendo mantenuto intatta per più di cinque secoli la sua missione culturale e scientifica. Un “sito seriale”, quello divenuto Patrimonio Mondiale dell’umanità. “I cicli affrescati padovani illustrano l’importante scambio di idee che esisteva tra i protagonisti del mondo della scienza, della letteratura e delle arti visive nel clima preumanista di Padova all’inizio del XIV secolo. Gli artisti – afferma l’UNESCO – hanno mostrato grande abilità nel dare forma visiva a queste idee e le loro capacità tecniche hanno permesso ai cicli affrescati padovani non solo
di diventare un modello per gli altri, ma anche di dimostrarsi notevolmente resistenti al passare del tempo. Il gruppo di artisti in cerca di innovazione, riuniti a Padova, favorì allo stesso tempo uno scambio di idee e un know-how che portò a un nuovo stile nell’affresco. Questo nuovo stile – si legge nella motivazione – non solo influenzò Padova per tutto il XIV secolo, ma costituì la base ispiratrice per secoli di lavori di affresco nel Rinascimento italiano e oltre. Con questa vera e propria rinascita di una tecnica pittorica antica, Padova ha fornito un nuovo modo di vedere e rappresentare il mondo, annunciando l’avvento della prospettiva rinascimentale. Queste innovazioni segnano una nuova era nella storia dell’arte, producendo un irreversibile cambio di direzione”. Un riconoscimento arrivato grazie al lungo e impegnativo lavoro del Comitato per la candidatura, di cui il Comune di Padova è capofila e composto dagli enti proprietari degli edifici e complessi monumentali che conservano i cicli affrescati: l’Accademia Galileiana di Scienze Lettere e Arti, la Basilica e il Convento di Sant’Antonio, la Delegazione Pontificia e Veneranda Arca del Santo, la Diocesi di Padova. Con la Regione del Veneto e la consulenza scientifica del Ministero della Cultura attraverso l’Ufficio UNESCO, la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia, le province di Belluno Padova e Treviso, oltre naturalmente all’Università degli Studi di Padova. Un impegno iniziato nel 1996 e che oggi continua per far conoscere all’Italia e al mondo quanto di prezioso, unico, bello e grande è racchiuso nella Cappella degli Scrovegni, nella Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo agli Eremitani, nel Palazzo della Ragione, nella Cappella della Reggia Carrarese, nel Battistero della Cattedrale, nella Basilica e nel Convento di Sant’Antonio, nell’Oratorio di San Giorgio e in quello di San Michele. Tutti gli otto siti in cui stupirsi ammirando un Patrimonio che non è più solo di una città, ma dell’umanità.
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Padova Urbs picta
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“FACCIAMO CONOSCERE ALL’ITALIA E AL MONDO IL CENTRO NEVRALGICO DELLA CULTURA DELL’ARTE” 95 ANNI DI STORIA RACCHIUSI IN UN UNICO PERCORSO
L’ O R G O G L I O DEL PRIMO C I T TA D I N O C H E O R A P U N TA A FA R F R U T TA R E SOCIALMENTE ED ECONOMICAMENTE I L R I S U LTAT O FINALE DEL PERCORSO
L'
enorme soddisfazione raggiunta il 24 luglio con la proclamazione ufficiale è stato lo step finale di un percorso lungo e impegnativo. Un percorso che parte dal 1996 e che affronta numerosi ostacoli e cambi di direzione negli anni, che vede un forte senso di coesione tra i cittadini e appartenenza alla città. Da Sindaco la cosa che mi ha reso più orgoglioso è stata la risposta positiva di tutta Padova; non è stato solo il Comune a portare avanti questo percorso, anzi senza la collaborazione con le altre istituzioni cittadine e con tutta la comunità non avremmo raggiunto questo straordinario risultato. Ci tengo quindi anche a ringraziare nuovamente la Regione del Veneto, il Ministero della Cultura, la Chiesa di Padova, la Veneranda Area del Santo, la Basilica e Convento di Sant’Antonio Delegazione Pontificia, l’Accademia Galileiana di Scienze Lettere ed Arti e l’Università degli studi di Padova. Così come il mio grazie va a tutte le realtà, associazioni, categorie del commercio, categorie produttive e singoli cittadini che non hanno
mai smesso di credere in questo progetto. “Padova Urbs picta” rende Padova centro nevralgico della cultura dell’arte italiana, non a caso infatti tutti i principali notiziari e quotidiani del nostro Paese hanno riportato la notizia, così come il Premier Draghi che ha definito il riconoscimento UNESCO «Motivo di gioia e orgoglio per tutto il Paese». Ora l’obiettivo è quello di far fruttare socialmente ed economicamente questo risultato, ci aspettiamo un aumento del 20 per cento del turismo in città, pari a circa trecentomila visitatori in più ogni anno. Le attività commerciali e del turismo del centro storico avranno probabilmente la ricaduta maggiore, ma l’obiettivo è quello di ampliare la scala facendo conoscere tutta la città e le altre zone di interesse di Padova. Le opere d’arte di Padova sono state valorizzate, è necessario mantenerle e proteggerle, ma è anche doveroso farle conoscere a tutta Italia e a tutto il mondo. SERGIO GIORDANI Sindaco della Città di Padova
Il sito seriale “I cicli affrescati del XIV secolo di Padova” ha numeri importanti. A partire dai componenti, che sono quattro: Scrovegni ed Eremitani; Cittadella antoniana; Palazzo della Ragione, Reggia, Battistero e le loro piazze; San Michele. Sono 19,96 gli ettari di “core zone” UNESCO, mentre 530 quelli di “buffer zone”. In un unico percorso sono condensati la bellezza di 95 anni di storia dell’arte. Il visitatore che andrà alla scoperta della “Padova Urbs picta” dovrà programmare la visita a ben otto luoghi (Cappella degli Scrovegni, Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo agli Eremitani, Palazzo della Ragione, Battistero della Cattedrale, Cappella della Reggia Carrarese, Basilica e Convento del Santo, Oratorio di San Giorgio, Oratorio di San Michele) per un totale di 3.694 metri quadrati di pareti affrescate da sei artisti: Giotto, Guariento, Giusto de’ Menabuoi, Altichiero da Zevio, Jacopo Avanzi, Jacopo da Verona. Il cammino della candidatura che ha portato all’inserimento di Padova nella World Heritage List dell’UNESCO è stato un percorso di partecipazione che ha visto il coinvolgimento nei “Tavoli delle idee” di 100 associazioni e privati cittadini. I partner del progetto sono nove: il Comune di Padova; l’Accademia Galileiana di Scienze, Lettere e Arti; la Basilica e il Convento di Sant’Antonio – Delegazione Pontificia; la Veneranda Arca del Santo; la Diocesi di Padova; l’Università degli Studi di Padova; la Soprintendenza; il Ministero della Cultura; la Regione del Veneto.
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Padova Urbs picta
“NEL ‘300 LA CITTÀ CON I GRANDI CICLI AFFRESCATI ANTICIPA IL RINASCIMENTO E INVENTA LA POLITICA CULTURALE” UN CAMMINO LUNGO 25 ANNI
L’A S S E S S O R E A L L A C U LT U R A D E L C O M U N E D I PA D O VA INQUADRA I SITI UNESCO NEL CONTESTO STORICO D E L L’ E P O C A E A N A L I Z Z A LE RICADUTE DEL RICONOSCIMENTO
U
n grande storico come Jacques Le Goff non aveva dubbi. Nel 1986 scrisse che, guardando alla Padova del Trecento, gli sorgeva spontaneo un dubbio: è mai esistito il medioevo? Molte delle cose che siamo soliti chiamare Rinascimento, aggiungeva infatti, già vi accadevano. L'astrario del Dondi, l'illusionismo prospettico di Altichiero sono solo alcuni esempi di come la Padova della Signoria Carrarese ci accompagnava già, almeno con un piede, dentro al Rinascimento. Eppure il Trecento padovano era stato come rimosso, alla stregua della sua Signoria, i Carraresi, condannati alla damnatio memoriae da Venezia, di cui erano stati nemici mortali. Quando 20 anni fa si iniziò a recuperare il Trecento padovano, a ragione si parlò di identità in frantumi. Non è stata un'operazione semplice e indolore, così come non si è trattato di un processo di reinvenzione del passato, ma di un lavoro di ricucitura di una trama identitaria lacerata, di cui la rovina del Castello carrarese era il simbolo più evidente. Il compianto Gigi Vasoin, già in un suo libro del 1994 sulla Signoria Carrarese, proponeva uno specifico itinerario tra i luoghi del Trecento padovano: proprio gli 8 siti che oggi costituiscono la Urbs picta. L'ambito riconoscimento di Padova quale patrimonio Unesco per i suoi cicli affrescati è il risultato di un lavoro corale, che ha coinvolto diverse generazioni di padovani, almeno sin dalla fine del Settecento. Nel pantheon degli eroi dell’Urbs picta possiamo collocare molte personalità: il nobile Soranzo, che verso la fine del Settecento, impedì la distruzione dell'Oratorio di San Michele, il Professor Floriano Caldani, prestigioso docente di anatomia nel nostro Ateneo, che si batté perché le tombe carraresi, realizzate da Andriolo de' Santi e da Guariento non venissero distrutte seguendo la medesima triste sorte della Chiesa di S. Agostino; per non dire di Pietro Selvatico, di Levi Civita, di Antonio Tolomei intellettuali
e politici cui si deve il salvataggio nell'Ottocento della Cappella Scrovegni, o ancora di Ernest Forster, pittore e studioso tedesco che ripulì l'Oratorio di San Giorgio dalla polvere delle candele che avevano oscurato il capolavoro di Altichiero. Oggi Padova, finalmente, si riconcilia con la sua storia più profonda, quella che ne ha forgiato lo spazio urbano in modo indelebile. Nel mentre si chiude la pratica Unesco, sono in essere due cantieri importanti, quello del Castello e quello della caserma Piave, dove un tempo sorgeva la splendida chiesa di S. Agostino, primo mausoleo urbano della Signoria. Una sorta di nemesi storica: riemergono assieme i cicli affrescati e gli altri due luoghi che hanno marcato la Padova del Trecento. Come un puzzle dove il quadro si ricompone, restituendoci una città capitale culturale e artistica del Trecento. Una città che, come sottolinea la grande storiografia medievalista, aveva inventato la politica dell'immagine: la finalità autocelebrativa era evidente, ma grazie a questa in città vennero chiamati i principali artisti di quel secolo, che realizzarono dei capolavori assoluti. Non solo la Cappella degli Scrovegni di Giotto, ma opere quali il Battistero del Duomo di Giusto de' Menabuoi, con la più poetica annunciazione dell'intero Trecento, o l'Oratorio di San Giorgio di Altichiero, uno spazio dove la prospettiva e il realismo raggiungono vette elevatissime. Tutto ciò avrà implicazioni profonde sulle future politiche della cultura e sulla gestione dei flussi turistici: abbiamo una grande responsabilità, in quanto detentori di un patrimonio unico e irripetibile, che dovremo sì valorizzare, ma anche e soprattutto proteggere e tutelare. Oggi Padova entra a pieno titolo nel nucleo ristretto delle grandi città d'arte europee, coronando il suo sogno trecentesco di configurarsi come città "meravejosa": un vero e proprio motivo di orgoglio per noi padovani tutti. ANDREA COLASIO
APP E BIGLIETTO UNICO PER I VISITATORI “Padova Urbs picta” è l’applicazione ufficiale per smartphone per immergersi nella città del Trecento: interazione di immagini, testi, mappe, racconti e musica, uno strumento di arricchimento e guida, con la possibilità di visualizzare e ascoltare la narrazione dei contenuti di approfondimento sui vari siti. La app è stata creata per il Comune di Padova dalla startup Meeple dell’ateneo patavino con il contributo della Regione del Veneto e di DoIT Viaggi. Con la “Padova Urbs picta Card” i visitatori avranno a disposizione un biglietto unico per tutti i luoghi del sito. Per i turisti la card potrà avere validità 48 o 72 ore – al costo rispettivamente di 28 e 35 euro – e include nel prezzo l’utilizzo dei mezzi pubblici. Per i residenti della provincia di Padova è disponibile una card della durata di 6 mesi al costo di 25 euro (l’utilizzo dei mezzi pubblici non è compreso). Questo biglietto unico può essere acquistato sia in formato fisico che digitale e viene venduto alla biglietteria dei Musei Civici, attraverso il sito web della Cappella degli Scrovegni www.cappelladegliscrovegni.it, tramite il Contact Center +39 049 2010020 e ai punti IAT della città.
1996 – Il Ministero per i Beni Culturali propone la candidatura della Cappella degli Scrovegni alla World Heritage List. 2006 – La Cappella degli Scrovegni viene inserita nella Tentative List italiana della World Heritage List dell'UNESCO. 2009-2010 – Si fa strada l’idea di estendere la candidatura ad altri luoghi della città che conservano cicli affrescati trecenteschi. 2012 – Inizia il percorso di candidatura del sito seriale “Padova Urbs picta. Giotto, la Cappella degli Scrovegni e i cicli pittorici del Trecento”. 2014 – Vengono coinvolti nel lavoro i rappresentanti degli enti inclusi nella candidatura seriale (Accademia Galileiana di Scienze, Lettere e Arti; Basilica del Santo – Delegazione Pontificia – Veneranda Arca del Santo; Diocesi di Padova) con la consulenza scientifica del Ministero per i Beni Culturali e l'Università di Padova. 2016 – La candidatura viene inserita nella Tentative List. I responsabili dei siti e degli enti che prestano la loro collaborazione scientifica sottoscrivono il modulo di adesione al Comitato Promotore del Progetto “Padova Urbs picta. Giotto, la Cappella degli Scrovegni e i cicli pittorici del Trecento” 2019 – Il 24 gennaio il Consiglio Direttivo della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO ha deliberato che “Padova Urbs picta. Giotto, La Cappella degli Scrovegni e i cicli pittorici del Trecento” sarebbe stata la candidatura italiana per la Lista del Patrimonio Mondiale nel ciclo di valutazione 2019-2020, con esito finale da parte del Comitato del Patrimonio Mondiale a giugnoluglio 2020. Inizia il processo di valutazione con l'invio del dossier al Centro del Patrimonio Mondiale, la visita dell'ispettore ICOMOS per verificare i cicli affrescati candidati e, a novembre, il meeting panel a Parigi. 2020 – La 44a sessione del Patrimonio Mondiale viene estesa al 2021 a causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19, 24 LUGLIO 2021 – Iscrizione alla World Heritage List dell’UNESCO.
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ALLA SCOPERTA DI GIOTTO, MA NON SOLO GLI OTTO LUOGHI DELLA PADOVA DEL ‘300 GUIDA AL “SITO SERIALE” DELL’UNESCO » 1 CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI È il monumento capofila della candidatura. Rappresenta l’opera ad affresco meglio conservata di Giotto e il suo capolavoro. Scene della vita di Cristo e della Vergine, figure di profeti e allegorie scorrono all’interno di cornici geometriche sotto il cielo stellato blu della volta, mentre le figure allegoriche di vizi e virtù accompagnano il visitatore alla visione del maestoso Giudizio Universale.
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» 3 PALAZZO DELLA RAGIONE Il più grande salone pensile d’Europa, famoso per la sua architettura con la caratteristica copertura a carena di nave rovesciata, conserva significative testimonianze di pitture murali trecentesche. I dipinti che oggi si possono ammirare riprendono soggetti astrologici complessi, collegati al tema della giustizia divina e terrena, che si amministrava in quella sede, secondo l’impostazione originale del ciclo giottesco, ispirato da Pietro d’Abano.
» 4 BATTISTERO DEL DUOMO In questo luogo si trova un’importante testimonianza di committenza femminile. È quella che fece Fina de’ Buzzaccarini – moglie di Francesco il Vecchio da Carrara, signore di Padova – al pittore di corte Giusto de’ Menabuoi, che realizza il suo massimo capolavoro. In uno spazio di non grandi dimensioni inserisce scene e figure dell’Antico e del Nuovo Testamento, che trovano la loro apoteosi nella splendida figura del Cristo benedicente al centro della cupola con il Paradiso.
Testimonianza stupefacente di quanto la storia ci consegni della Reggia dei Carraresi con i suoi affreschi dipinti da Guariento prima del 1354. Il ciclo narra storie bibliche dove l’intervento degli angeli è stato determinante per la salvezza dell’uomo e per il suo rapporto con il divino. Si tratta di affreschi di grande eleganza che testimoniano la ricchezza della vita di corte nel Trecento.
» 6 BASILICA E CONVENTO DEL SANTO
» 2 CHIESA DEI SANTI FILIPPO E GIACOMO AGLI EREMITANI Nel presbiterio è conservato un ciclo pittorico ad affresco, commissionato a Guariento tra il 1361 e il 1365, con le storie dei Santi Filippo, Giacomo e Agostino e con monocromi raffiguranti i pianeti e le sette età dell’uomo. Dopo i gravi danni subiti dalla chiesa durante la Seconda Guerra Mondiale, restano ancora tracce significative dell’attività di Guariento nella Cappella di Sant’Antonio e di Giusto de’ Menabuoi nella Cappella Cortellieri.
» 5 CAPPELLA DELLA REGGIA CARRARESE
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Meta di milioni di pellegrini ogni anno, luogo di culto internazionale, è anche un monumento imprescindibile per la storia dell’architettura e dell’arte, in particolare per la pittura del Trecento. All’interno della Basilica si conservano gli affreschi di Giotto. Nella Cappella della Madonna Mora, nella Cappella delle Benedizioni e nella Sala del Capitolo, di Giusto de’ Menabuoi. Nella Cappella del Beato Luca Belludi, di Altichiero da Zevio. Mentre nella Cappella di San Giacomo sono conservati gli affreschi di Jacopo Avanzi.
» 7 ORATORIO DI SAN GIORGIO Costruito nel 1377, venne dipinto da Altichiero da Zevio per i Marchesi Lupi di Soragna come mausoleo di famiglia. Conserva all’interno ancora intatta la decorazione ad affresco che ne ricopre interamente le pareti con le storie della vita di Cristo, di San Giorgio, di Santa Caterina d’Alessandria e di Santa Lucia, ma non manca la presenza di personalità della famiglia Lupi, celebrate nella loro nobiltà.
» 8 ORATORIO DI SAN MICHELE Sulle fondamenta di un precedente edificio sacro di origine longobarda, la cappella venne fatta costruire dall’importante famiglia padovana de Bovi, che la fece completamente decorare ad affresco da Jacopo da Verona, che aveva lavorato già nel cantiere di Altichiero da Zevio nell’Oratorio di San Giorgio. Le storie evangeliche s’intrecciano con episodi della vita quotidiana e con ritratti di personaggi di prestigio della Padova del Trecento.
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Veneto cantiere veloce. Presentata a Rovigo la nuova legge regionale
“Sostegno all’edilizia senza consumo del suolo” L’assessore regionale Cristiano Corazzari: “Una legge fondamentale per sburocratizzare e di conseguenza facilitare il rinnovo delle abitazioni”
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resentata a fine luglio alla Camera di Commercio di Rovigo la legge “Veneto cantiere veloce”, entrata in vigore tre settimane prima. “L’idea per questa legge è nata durante il primo lockdown, in previsione della futura ripresa era necessario fare riforme per agevolare l’importante settore dell’edilizia”, così Stefano Valdegamberi, primo firmatario e ideatore della legge, ne spiega la nascita. “Ci è voluto molto tempo, la legge era nata nella legislazione scorsa, abbiamo dovuto agire nei limiti delle autonomie e competenze regionali, rimanendo anche al passo con le normative nazionali”, continua Valdegamberi, che insiste sul ruolo trainante che possiede il settore edile in campo economico, un settore già in crisi a causa dell’aumento dei prezzi delle materie prime. Anche l’assessore regionale al Territorio, Cristiano Corazzari, si dice entusiasta per “Veneto cantiere veloce”, spiegando che questa legge permetterà di contenere il consumo di suolo, facilitando il rinnovamento del patrimonio edile regionale e dei tessuti urbani. “Una legge fondamentale per sburocratizzare e di conseguenza facili-
Cristiano Corazzari, assessore regionale al Territorio
tare il rinnovo delle abitazioni nel territorio regionale, con ciò si potrà dare una nuova linfa vitale alle nostre aree urbane, agendo anche in modo ecosostenibile: riducendo il consumo di suolo e di energia”. “Veneto cantiere veloce” è dunque un provvedimento che non vuole concedere nuovi spazi edificabili, ma che al contrario cerca di revitalizzare il settore dell’edilizia
partendo dalle ristrutturazioni degli abitati e dalla riqualificazione delle aree urbane: “Non è la legge del miracolo, ma abbiamo fatto tutto ciò che era in nostro potere per accontentare i Comuni e soprattutto i cittadini. L’obiettivo ultimo è infatti quello di poter offrire una migliore qualità della vita ai veneti”, così conclude il suo ragionamento l’assessore Corazzari.
Intervenuto sull’argomento anche Gianmichele Gambato, della Camera di Commercio di Venezia e Rovigo, ricordando l’importanza della sburocratizzazione in questo delicato periodo di ripresa, oltre che l’importanza anche del settore edile, decisivo in campo economico, già in crisi da diverso tempo. Davide Farinatti
Il punto sull’occupazione in Veneto. Nonostante le criticità Donazzan scommette sulla ripresa e la gestione della transizione
“Rimbalzo del mercato del lavoro: 250 mila posti potenziali da occupare” Nonostante la situazione critica che ancora condiziona il mondo economico il Veneto che produce e crea occupazione cerca di alzare la testa e gestire anche questa fase, “C’è un rimbalzo nel mercato del lavoro, i licenziamenti dopo lo sblocco sono sotto controllo e abbiamo a disposizione 250.000 potenziali posti di lavoro da occupare”. A dirlo è Elena Donazzan, assessore regionale al lavoro, in occasione della presentazione dei dati sul mercato del lavoro in Veneto. “L’obiettivo della Regione è oggi puntare tutto sull’accompagnamento e la rimotivazione al lavoro. Dobbiamo gestire al meglio la transizione dall’inattività all’attività. Ad esempio abbiamo le liste dei Centri
per l’impiego da ripulire, come fatto nel 2017, mettendo a disposizione i potenziali lavoratori alle imprese che stanno cercando personale da assumere”. La ricerca mette a confronto il primo semestre del 2021 con il 2019, miglior anno in assoluto, e il 2020, peggior anno in assoluto per l’occupazione veneta. I numeri sono stati illustrati in dettaglio da Tiziano Barone, direttore di Veneto Lavoro che ha puntualizzato come nel 2020 la perdita dei posti di lavoro sia stata di 40.000 unità, mentre oggi i lavoratori a rischio licenziamento sono circa 30.000. I disoccupati iscritti agli elenchi dei Centri per l’Impiego al 31 marzo 2021 risultano
398.010. In sostanza, sono circa 12.000 disoccupati al mese, dei quali 10.000 arrivano per la perdita del posto di lavoro e 2.000 sono giovani in cerca di prima occupazione. “I nostri Centri per l’Impiego sono un modello riconosciuto – aggiunge Donazzan – anche il ministro Orlando, in più occasioni, ha citato il nostro modello come virtuoso esempio nel sostegno delle persone nell’accesso al lavoro e di massima collaborazione con il mondo imprenditoriale”. Mattia Losego, responsabile dell’Unità di Crisi aziendali di Veneto Lavoro, ha presentato le cifre della gestione delle crisi aziendali. Si tratta di 32 tavoli attivati per un totale di 6.500 la-
voratori interessati e 8 i tavoli di filiera oggi attivi (occhialeria, calzaturiero, concia, moda, logistica, agricoltura, turismo, settore aeroportuale). Da sottolineare il numero di incontri, 125, svolti con le parti interessate da ottobre 2020 a giugno 2021. “La crisi aziendali rappresentano una complessità da gestire – conclude l’assessore – ma il lavoro della nostra Unità di Crisi è fondamentale per lavorare sulle realtà più critiche, ma anche per monitorare i settori più delicati. Anche l’attività che portiamo avanti in questo settore è un esempio di come vogliamo accompagnare aziende e lavoratori in una circolarità del mercato del lavoro che intendiamo sostenere”.
Elena Donazzan, assessore regionale al Lavoro
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La novità. Via libera dal Consiglio, sarà un appuntamento fisso nel quale concentrare le iniziative
Giornata regionale dei Colli Veneti Venturini: “Una spinta al turismo” l Consiglio Regionale ha approvato l’istituzione della giornata Regionale dei colli, una iniziativa che permetterà di creare un appuntamento fisso in tutto il Veneto nel quale concentrare e coordinare iniziative culturali, enogastronomiche, sportive e turistiche per esaltare il ruolo del patrimonio collinare. Il Turismo è un asset decisivo del Veneto che non per caso è la prima Regione d’Italia nella valorizzazione delle sue bellezze. A fianco del turismo delle città d’arte, della Montagna e del Mare e al turismo religioso, sta crescendo a grandi passi anche quello dei colli, fatto di agriturismo, percorsi naturalistici, piste ciclabili ed escursioni. “Ci siamo espressi con convinzione a favore della istituzione della giornata Regionale per i Colli Veneti – spiega Elisa Venturini, capogruppo di Forza Italia in Consiglio Regionale - perché la promozione del territorio e la sua valorizzazione turistica sono da sempre al centro della nostra idea
“Importante il dialogo con il territorio, a partire dai Comuni e dalle Pro Loco, chiamati a fare squadra” di sviluppo per il Veneto”. “Questo provvedimento dà un segnale chiaro e crea una opportunità per il territorio. E’ ovvio - continua Elisa Venturini - che si tratta di una sfida. L’esito di questa iniziativa è legata sia alla copertura economica messa in campo dalla Regione ma anche e soprattutto alla reale col-
laborazione tra tutti i soggetti interessati. Comuni, associazioni di categoria, Pro loco sono le realtà più importanti che dovranno collaborare per fare squadra tra di loro. Tanto più queste realtà sapranno unire, coordinare ed integrare le loro forze, le loro idee e le loro iniziative, tanto più la Giornata dei Colli si trasformerà in un volano per il turismo. I nostri colli, e cito ad esempio i Colli euganei che sono quelli del mio territorio, sono una risorsa eccezionale che bene racchiude le eccellenze che vogliamo valorizzare: il rispetto dell’ambiente, le terme, lo sport all’aria aperta, l’enogastronomia, le tradizioni e l’agricoltura”. Quindi la conclusione: “La realizzazione di una legge è il punto di arrivo di un lungo percorso, fatto di studio e di confronto. Nella fase di preparazione della legge ho spesso dialogato con le Pro Loco che voglio ringraziare per gli spunti che mi hanno offerto basandosi sulla loro esperienza sul campo”.
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“I vini dealcolati devono essere chiamati bevanda, tuteliamo le nostre eccellenze” “I vini dealcolati sono una cosa diversa dai vini tradizionali che sono una vera eccellenza del nostro territorio e della filiera vitivinicola. Non è possibile permettere di chiamarli ‘vino’ perché questo può generare confusione nei consumatori, specialmente in quelli esteri. Se questi prodotti verranno invece classificati come ‘bevanda’ allora il nome sarà più aderente alla realtà. Inoltre non è opportuno permettere l’avvio del procedimento di dealcolazione totale per i vini Dop o IGP”. Il Gruppo consiliare Regionale di Forza Italia ha presentato una mozione con la quale chiede alla Giunta di farsi parte attiva nei confronti del ministero delle politiche agricole perché tenga in punto su queste due questioni in occasione delle negoziazioni con l’UE. “Quella del nome può sembrare, ad un primo sguardo, una questione di poco conto – dice Elisa Venturini capogruppo di Forza Italia in Consiglio Regionale – ma in realtà non lo è. Il mercato europeo è determinante per lo sviluppo del commercio dei vini che vengono prodotti in Italia e specialmente nella nostra Regione ed è importante che il consumatore sappia con esattezza quello che sta acquistando. Il Veneto da solo produce il 25% dei vini prodotti in Italia, quota che sale al 30% nell’ambito dei vini DOP e IGP ed è per questo che la Regione ha il dovere di vigilare su questa vicenda. Del resto proprio le associazioni di categoria che fanno parte della filiera vitivinicola ci hanno espresso la loro preoccupazione in merito a questo tema”.
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GENITORI&FIGLI
In un momento come quello che hanno vissuto nell’ultimo anno e mezzo, con l’avvicinarsi della ripresa delle attività scolastiche, è ancora più importante aiutare i genitori a riconoscere e comprendere eventuali difficoltà dei propri bambini dal punto di vista linguistico e/o emotivo-relazionale. IL CENTRO DIAGNOSTICO VENETO AL SERVIZIO DEI BAMBINI E DELLE LORO FAMIGLIE NEUROPSICHIATRA INFANTILE - LOGOPEDIA - PSICOLOGIA E PSICOMOTRICITÀ
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Salute La campagna social
Scuola, amici, famiglia, viaggi, futuro: la voglia di normalità, la ragione migliore per vaccinarsi
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o mi vaccino per tutelare la mia salute e quella degli altri” afferma Vittoria, 13 anni, mettendoci la faccia nella raccolta di testimonianze dei ragazzi che scelgono di vaccinarsi contro il Covid. E come lei molti altri giovani, tutti i giorni da metà luglio, inviano la loro foto e le loro argomentazioni per condividere le tante motivazioni che li hanno spinti a sottoporsi alla vaccinazione, con l’intento di sconfiggere il Covid insieme. L’iniziativa, che sta raccogliendo moltissime adesioni, è dell’Ulss 2 Marca Trevigiana che da qualche settimana invita, dal proprio profilo Facebook, i ragazzi ad aderire alla campagna social di sensibilizzazione per promuovere la vaccinazione, rivolta proprio ai giovani e ai giovanissimi. Ha aderito Margherita, 20 anni di Treviso, che dopo aver ricevuto la sua dose di vaccino ha affermato di aver fatto questa scelta perché crede nel progresso.
Io mi vaccino perché… i tanti buoni motivi dei giovani
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AGOSTO 2021
on-line:
Salute
46 Lo studio sulla popolazione di Vo’ Consulenza scientifica
Covid 19, il comportamento degli anticorpi e le indicazioni per contenere il virus
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li anticorpi di chi ha contratto C.D.Vil- viCentro Diagnostico Veneto rus Sars-CoV-2 hanno unaCaldogno durata (VI) - Tel.: 0444 585577-585574 Camisano Vicentino (VI) - Tel. 0444 611606 di almeno 9 mesi, indifferentemente dal fatto che si sia manifestato in modo sintomatico o asintomatico e a prescindere dalla durata dell’infezione. E’ quanto emerge dallo studio “Sars-CoV-2 antibody dynamics and transmission from community-wide serological testing in the Italian municipality of Vo” pubblicato su “Nature Communications” e condotto da un team di ricercatori dell’Università di Padova e dell’Imperial College di Londra. Grazie allo screening sierologico della popolazione di Vo’ è stato possili anticorpi chi dinamiche ha contratto ilanticorpali virus Sarsbile stimaredi le CoV-2 hanno una di almenoSi9 èmesi, nelle infezioni dadurata Sars-CoV-2. po- Il professor Enrico Lavezzo indifferentemente dal fatto si sia manituto inoltre valutare, perche la prima volta, “Grazie ai risultati ottenuti dai diversi festato in modo di sintomatico o asintomatico la probabilità trasmissione del virus e all’interno a prescindere dalla durata dell’infezione. dei nuclei familiari e l’impat- test abbiamo stimato che a maggio il 3,5% della popolazione era stata espoE’toquanto emergetracing dallo studio “Sars-CoV-2 del contact nel contenimento sta al virus – spiega il professor Enrico antibody dynamics and transmission from dell’epidemia. Lavezzo, del Dipartimento di Medicina community-wide testingla inpopothe Tra febbraioserological e marzo 2020 Molecolare dell’Università di Padova Italian of Vo” pubblicato su lazionemunicipality di Vo’ è stata testata in massa dello Enrico studio Lavezzo - A novembre “Nature Communications” e condotto da un Il professor attraverso due campagne di screening e co-autore team di ricercatori dell’Università di Padova basate su tampone molecolare per la tutti i test hanno dimostrato una riduovvero quegli anticorpi zione dei titoli anticorpali, sebbenecheil e ricerca dell’Imperial Londra. GrazieSarsallo neutralizzanti, del College nuovo dicoronavirus bloccano il virus Sars-CoV-2 non rendendolo 98,8% dei soggetti mantenesse ancora screening sierologico popolazione di CoV-2. Dai risultati della emergeva che una più in grado di infettare le cellule. I soggetti una quantità rilevabile di anticorpi. Nel Vo’ è stato possibile stimare le dinamiche quota significativa degli individui inpositivi al test molecolare di febbraio/marzo, o 18,6% dei soggetti si è registrato invece anticorpali infezioni da Sars-CoV-2. Si è fetti era nelle completamente asintomatica ad almeno uno dei diversi saggi immunologici un aumento marcato del titolo anticorpotuto inoltre per la prima volta, la (42,5%) mavalutare, che comunque l’epidemia maggio, sono stati testatitradi maggio nuovo nelemese o neutralizzante noprobabilità trasmissione del virus all’interera statadicontrollata e soppressa grazie dipale di novembre 2020. “Grazie ai risultati ottenuti vembre, segno questo di una probabile noall’isolamento dei nuclei familiari e l’impatto del contact degli individui risultati diversi test abbiamo stimato che maggio o documentata riesposizione al avirus”. tracing dell’epidemia. Tra dai positivinelalcontenimento tampone molecolare. della popolazione era stata esposta al “Questo studio dimostra che i livelli febbraio marzo 2020 popolazione di Vo’ il 3,5% Nel emaggio 2020,la dopo il lockdown virus – spiega il professor Enrico Lavezzo, del anticorpali variano, anche marcataè nazionale stata testatamolto in massa attraverso due camsevero, i ricercatori di Medicina Molecolare mente, in base all’antigene e aldell’Utest pagne screening basate su tampone mo- Dipartimento hannodi nuovamente testato l’86% della niversità di Padova e co-autore dello studio -A usato. Questo significa – commenta lecolare per la ricerca nuovo coronavirus popolazione di Vo’ del (2602 soggetti) con novembre tutti i test hanno dimostrato una rila dottoressa Ilaria Dorigatti, MRC Sars-CoV-2. che una tre diversiDai tipirisultati di testemergeva immunologici in duzione dei titoli anticorpali, sebbene il 98,8% Centre of Global Infctious Analysis quota individui infetti eradi gradosignificativa di rilevaredegli non solo la presenza soggetti mantenesse una quantità dell’Imperial College ancora di Londra - che completamente asintomatica (42,5%) che dei anticorpi contro gli antigeni viralimaspike rilevabile di anticorpi. Nel 18,6% dei soggetti ci vuole cautela nel comparare stime comunque l’epidemia era stata controllata e (S) e nucleocapside (N), ma anche con registrato invece unottenute aumento marcato del in diverse soppressa grazie degli indivi- sidiè sieroprevalenza un test che ha all’isolamento permesso di individuare titolo anticorpale o neutralizzante tra maggio parti del mondo, con test diversi, e in dui positivi al tamponeovvero molecolare. glirisultati anticorpi neutralizzanti, quee novembre, segno questo di una probabile o tempi diversi. Inoltre, dimostra chiaraNel 2020, dopo il lockdown nazionale glimaggio anticorpi che bloccano il virus Sarsdocumentata riesposizione al virus”. “Questo mente come i modelli matematici siamolto severo, ricercatori hanno CoV-2 non irendendolo più nuovamente in grado di dimostra che i livelli variano uno strumento utile anticorpali per ricostruire testato l’86% popolazione di Vo’ (2602 studio infettare le della cellule. no, anche marcatamente, in base all’antigene una visione coerente dell’evoluzione soggetti) con trepositivi diversi tipi di test immunoI soggetti al test molecolare test usato. Questo significa – commenta e quantificare l’impatlogici in grado di rilevare nonalmeno solo la presenza di febbraio/marzo, o ad uno dei edialun’epidemia la dottoressa Ilaria Dorigatti, MRC Centre of to dei vari interventi implementati. Le didiversi anticorpisaggi controimmunologici gli antigeni virali spike (S) di maggio, dell’Imperial nostreInfctious stime Analysis suggeriscono che College ci sia e sono nucleocapside (N), di manuovo anche nel conmese un testdi Global stati testati Londra - che ci vuole cautela nel 4comparare probabilità di circa 1 su che un che ha permesso novembre 2020.di individuare gli anticorpi diuna
Lo studio sulla popolazione di Vo’
Covid 19, il comportamento degli anticorpi e le indicazioni per contenere il virus
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stime di sieroprevalenza ottenute in diverse parti del mondo, con test diversi, e in tempi diversi. Inoltre, dimostra chiaramente come i infetto di Sars-CoV-2 l’infezione modelli matematici siano passi uno strumento utile ad familiare, stimiamo chedell’evoa Vo’ per un ricostruire una evisione coerente l’epidemia sia statae soppressa luzione di un’epidemia quantificare grazie l’impatall’isolamento dei casi infetti eLeadnostre un to dei vari interventi implementati. breve lockdown, mentre il tracciastime suggeriscono che ci sia una probabilità mento avutodiun effetto di circa dei 1 sucontatti 4 che unhainfetto Sars-CoV-2 “E’ chiaro che limitato sull’epidemia”. passi l’infezione ad un familiare, e stimiamo l’epidemia non è finita, - prosegue né che a Vo’ l’epidemia sia stata soppressa- grain né all’estero. avanti, zie Italia all’isolamento dei casi Andando infetti e ad un breve penso siamentre di fondamentale importanza lockdown, il tracciamento dei contatti continuare con la somministrazione ha avuto un effetto limitato sull’epidemia”. delle prime seconde non dosièdei vaccini “E’ chiaro chee l’epidemia finita, - proesegue a monitorare la trasmissione, raffor- né in Italia né all’estero. Andando zando maniera sostanziale laimportangenoavanti, in penso sia di fondamentale tipizzazione che permettedelle di za continuare del con virus, la somministrazione identificare le varianti, il tracciamento prime e seconde dosi dei evaccini e a monitodei ad esempio con ilincontact rare contatti, la trasmissione, rafforzando maniera “Dallo studio emerge tracing digitale”. sostanziale la genotipizzazione del virus, che anche l’attività di contacte iltracing permetteche di identificare le varianti, tracciaper individui mentoladeiricerca contatti,degli ad esempio con ilpositivi contact sulla base dei contatti noti e dichiaratracing digitale”. “Dallo studio emerge anche ticheavrebbe avuto untracing impatto l’attività di contact per limitato la ricerca (scovando il 44% degli degli individui positivi sullaindividui base deiinfetti) contatti sul dell’epidemia, se nonlinoticontenimento e dichiarati avrebbe avuto un impatto fosse affiancato da uno screening mitato stato (scovando il 44% degli individui infetti) di – dice il professor Andrea sul massa contenimento dell’epidemia, se non fosse Crisanti, Direttore delscreening Dipartimento stato affiancato da uno di massadi– Medicina molecolare dell’Università dice il professor Andrea Crisanti, Direttore di del Padova -. Per questo motivo riteniamo Dipartimento di Medicina molecolare dell’Uniche perdi ilPadova controllo future epidemie versità -. Perdiquesto motivo riteniadi sia necessario imple-di mo Sars-CoV-2 che per il controllo di future epidemie mentare strategieimplementare di testing rigoSars-CoV-2delle sia necessario delle roso e migliorare approcci di contactgli strategie di testinggli rigoroso e migliorare tracing”. approcci di contact tracing”.
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Scuola, amici, famiglia, viaggi, futuro: la voglia di normalità, la ragione migliore per vaccinarsi La pensa allo stesso modo anche Angela, 19 anni, che ha fiducia nella scienza. Annachiara, 17 anni, pensa che questa sia l’unica strada da percorrere per tornare alla normalità. Alessandro, 31 anni, osserva che, pur essendo individuale, non è solo una scelta personale ma “per il bene comune”. Giulio, 18 anni, invece, si sofferma a riflettere sulle complicanze che potrebbero verificarsi una volta contratto il virus del Covid 19 e afferma di essersi vaccinato “perché non vuole rischiare” il peggio. Lorenzo, 17 anni, è proiettato nel futuro e pensa che il vaccino sia importante per guardare oltre questa fase di pandemia e ricominciare a progettare e costruire sui tempi lunghi. Michele e Caterina, 30 anni, desiderano tornare a viaggiare e hanno deciso di vaccinarsi proprio “per ritornare a vivere le meraviglie del mondo”. Una motivazione condivisa anche da Annagloria, 21 anni. Ioana, 27 anni, si concentra su un’altra sfera penalizzata dalla pandemia, quella degli affetti familiari. “Io mi vaccino – spiega – per riabbracciare in sicurezza la mia famiglia”. “Essendo a contatto con molte persone – prosegue – ho subito aderito alla campagna di vaccinazione per poter rivedere con serenità mia nonna in Romania. Ora vivo con il sorriso e non più con la paura”. Aurora, 15 anni, rivolge la sua attenzione a quella che sarà a settembre la ripresa della scuola con l’auspicio di non tornare a chiudersi in casa, tra quarantene e didattica a distanza, e di non dover rinunciare alla quotidianità della vita di classe, delle amicizie e anche delle occasioni di socializzazione e degli impegni sportivi. “Mi sono vaccinata – afferma – perché voglio tornare a scuola, al liceo, vedere i miei amici e tornare a fare ginnastica nella mia palestra”. Un messaggio, quello di Aurora, che è arrivato proprio il giorno in cui, nel mese di luglio, l’Ulss 2 ha registrato il ricovero di un 17enne, non vaccinato, colpito da Covid. La battaglia contro il Covid non è, dunque, ancora vinta e soprattutto tra i giovani s’insinua il rischio di una maggiore diffusione del virus, in particolare della variante Delta. E così l’Ulss 2 a fine luglio registrava nuovi cluster di positività tra i ragazzi, legate ai locali della movida. E proprio partendo da questo quadro il direttore generale, Francesco Benazzi, ha rinnovato il suo appello ai giovani, affinché si vaccinino il più presto possibile. Rimangono, inoltre, sempre valide le misure precauzionali da adottare nelle occasioni di socialità, ossia il distanziamento, il frequente lavaggio e disinfezione delle mani, l’utilizzo della mascherina anche all’aperto, in tutti quei contesti in cui il distanziamento non sia possibile. E’ ancora necessario mantenere alta la guardia, comportarsi con prudenza e responsabilità. La presenza e l’incidenza delle varianti del Covid-19, in particolare la variante Delta, indiana, in significativa crescita a luglio rispetto al mese precedente, costringe gli operatori sanitari a rinnovare l’invito a tutelare la salute propria e degli altri. L’obiettivo è quello di poter vivere con più spensieratezza la stagione estiva e preparare con più serenità la ripresa delle attività di settembre, in particolar modo il nuovo anno scolastico per il quale proprio ad agosto si gioca la partita decisiva.
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n un momento come quello che hanno vissuto nell’ultimo anno e mezzo, con l’avvicinarsi della ripresa delle attività scolastiche, è ancora più importante aiutare i genitori a riconoscere e comprendere eventuali difficoltà dei propri bambini dal punto di vista linguistico e/o emotivo-relazionale. In questo ambito, il NEUROPSICHIATRA INFANTILE è il nostro medico di riferimento e intrecciando le proprie competenze in equipe con logopedisti, psicologi e psicomotricisti, attraverso osservazioni integrate con tali professionisti, è la figura più preparata a riconoscere la presenza di eventuali fragilità o difficoltà nel bambino. Dopo un’attenta valutazione, anche appunto attraverso un’osservazione integrata con gli altri professionisti dell’equipe dell’età evolutiva si stabilisce, in accordo con i genitori, un percorso individualizzato o in piccolo gruppo, volto a soddisfare le specifiche esigenze del bambino. Le nostre LOGOPEDISTE offrono un servizio che si rivolge ad adulti e bambini, proponendo attività di prevenzione, valutazione e trattamento riabilitativo delle patologie del linguaggio (orale e scritto), della comunicazione e delle funzioni orali (voce e deglutizione). Il logopedista è un artigiano della Parola che guida la persona nel miglioramento delle sue possibilità di espressione e della funzionalità orale… con pazienza e determinazione, con ascolto ed empatia, con il gioco e con la fantasia! Dato il momento che stiamo vivendo riteniamo
importante dare importanza allo sviluppo dell’intelligenza emotiva, soprattutto per la sua funzione di dare significato alle esperienze che vivono i bambini. Uno degli strumenti che possiamo utilizzare, sia nelle SEDUTE PSICOLOGICHE che nel CONTESTO PSICOMOTORIO, è la mindfulness, ovvero la capacità per sviluppare e sostenere i processi e i “pilastri” dell’intelligenza emotiva attraverso la consapevolezza di pensieri, azioni e motivazioni raggiunta attraverso l’esperienza del corpo, delle sensazioni, dei pensieri, delle emozioni e della mente. L’obiettivo è portare i bambini alla consapevolezza prima del mondo esterno e poi del proprio “mondo emotivo” interno, accompagnandoli all’autoriflessione e alla regolazione emotiva e dei comportamenti che ne conseguono. L’equipe dell’età evolutiva è così composta: Dr.ssa Stefanella Michielin Neuropsichiatra Infantile Dr.ssa Susanna Ambrosi Neuropsichiatra Infantile
Laboratorio “Giochiamo con le parole” Facciamo un’esperienza sui pre-requisiti agli apprendimenti DI CHE COSA SI TRATTA? È un laboratorio basato sull’ “imparare facendo insieme” per incentivare i prerequisiti agli apprendimenti, per sostenere i bambini considerato anche il periodo di chiusura forzata delle scuole causa emergenza Covid-19. Attraverso attività di gioco piacevoli e divertenti i bambini potranno scoprire il mondo dei numeri e dei suoni che formano le parole. COME? In piccolo gruppo (max 3 bambini), nel rispetto della normativa vigente anti Covid-19). A CHI È RIVOLTO? Bambini che cominceranno la scuola primaria a settembre 2021.
OBIETTIVI Allenare la consapevolezza fonologica (training metafonologico), le prime abilità numeriche e di calcolo e le competenze di approccio al compito (l’imparare a imparare). ATTIVITÀ PROPOSTE • Manipolare le parole (riconoscere le rime, le parole che cominciano con suoni uguali o diversi, dividere in sillabe una parola…); • Giocare con i numeri (associazione tra quantità e numero, capacità di comparare piccole quantità, enumerazione, successioni e insiemistica..); • Giochi di attenzione e ragionamento logici
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Torna VIOFF, il Fuori Fiera di Vicenzaoro V
ioff il Fuori Fiera di Vicenzaoro, è nato dalla sinergia tra l’Amministrazione comunale e Italian Exhibition Group e quest’anno si tiene dal 10 al 13 settembre 2021 e celebra il tema del viaggio, un “golden journey” come scoperta ed esperienza emozionale attraverso cultura, arti figurative, arti circensi, musica, food & wine, ma anche artigianato ed impresa. Una manifestazione che nasce per avvicinare la grande fiera espositiva VICENZAORO alla città e al territorio, con l’intento di valorizzarne i diversi talenti, quest’anno nel segno del navigatore, geografo e scrittore vicentino del ‘500, Antonio Pigafetta, nel suo lungo viaggio intorno al mondo. Nel cuore della città, un’ampia offerta culturale e d’intrattenimento: con VIOFF un settore strategico del tessuto imprenditoriale vicentino offre una manifestazione aperta al mondo. La cultura dialoga con l’impresa d’eccellenza in questa edizione del fuori fiera, un evento ricco di appuntamenti capaci di far esprimere ai tanti partner coinvolti le loro migliori potenzialità, per intrattenere i cittadini e gli ospiti di Vicenzaoro. Tantissimi gli appuntamenti confermati: da Vicenza in Festival con i grandi nomi della musica italiana, a CITARTS con artisti dal talento straordinario provenienti da musical internazionali, corpi
“Ancora una volta, con VIOFF - A Golden Journey, Vicenza vivrà un evento ricco di appuntamenti indimenticabili e capaci di far esprimere ai tanti partner coinvolti le loro migliori potenzialità. Un prezioso viaggio per tutti gli spettatori che parteciperanno tra musica, spettacoli, laboratori, intrattenimento, enogastronomia, arte e sviluppo economico: la nostra città ha talento e il Fuori Fiera di Vicenzaoro vuole valorizzarlo, considerando le molteplici peculiarità che rendono attrattivo il nostro territorio” – afferma Silvio Giovine, Assessore alle Attività produttive e Turismo del Comune di Vicenza – Ambiziosi e visionari anche in questa edizione faremo salto di qualità, facendo dialogare aziende di assoluto spessore e rappresentanti della genialità imprenditoriale vicentina nel mondo. Il mio ringraziamento va a tutti coloro che hanno messo a fattor comune le migliori energie per rendere VIOFF un evento di grande prestigio”. “C’è davvero tanto spazio per la cultura che dialoga con l’impresa d’eccellenza in questa edizione di VIOFF – aggiunge Simona Siotto, Assessore alla Cultura del Comune di Vicenza– e ciò è significativo per la nostra città che si sta preparando a candidarsi a Capitale italiana della Cultura 2024. Vicenza, come dimostrano anche le forze messe in campo con VIOFF, ha tutte le carte in regola per ambire a questo ricono-
di ballo televisivi e Cirque du Soleil, al progetto Women’s Voices di Zanellato. E ancora il VIWINE con un viaggio enogastronomico in collaborazione con bar, ristoranti e gelaterie e CNA con l’ormai tradizionale appuntamento “Artigianato&Design”. “Fino a qualche anno fa – ricorda il Sindaco di Vicenza, Francesco Rucco - VIOFF non esisteva. Nasce infatti nel 2018 da un’intuizione che la nostra amministrazione ha condiviso con la Fiera: valorizzare il brand Vicenza, la sua identità e i suoi talenti. E diventa subito un appuntamento di successo, atteso con entusiasmo sia dai Vicentini che dagli affezionati ospiti di Vicenzaoro. Anche per questo, per aver saputo creare un evento che è già tradizione, sono particolarmente fiero di proporre l’edizione “A Golden Journey” in questa stagione così particolare, di grande fermento legato alla ripartenza”.
scimento, perché qui cultura vuol dire territorio, impresa, radici. E nostro compito è valorizzare tutto ciò e farlo conoscere al mondo”. Per Marco Carniello, Group Brand Director Jewellery & Fashion di IEG, “il viaggio è scoperta, incontro, crescita. Un tema molto caro a Italian Exhibition Group e, in questo particolare momento, a tutti noi. Vicenzaoro September sarà il primo evento internazionale del settore orafo in Europa che riparte in presenza proprio da qui. Con IEG, le aziende, le associazioni, le categorie economiche, l’intero territorio, si accendono i riflettori sulla città di Vicenza destinazione mondiale della gioielleria, mentre dai padiglioni della fiera, fulcro del business, il gioiello italiano viene esportato e apprezzato in tutti i continenti in uno scambio continuo di creatività, conoscenze ed esperienze uniche”.
Eventi
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VIOFF I protagonisti VICENZA IN FESTIVAL – Concerti in piazza Tre saranno gli artisti che saliranno sul prestigioso palcoscenico di Piazza dei Signori: Antonello Venditti (8 settembre), Francesco De Gregori (10 settembre) e Max Pezzali (11 settembre). I concerti sono organizzati da DuePunti Eventi in collaborazione con il Comune di Vicenza, in corrispondenza con l’appuntamento di VIOFF. CITARTS - Un viaggio nella magia Da venerdì a domenica, le serate di Piazza San Lorenzo e Corso Fogazzaro saranno animate da “CitArts” organizzato da Prysma Production sotto la direzione artistica di Felicia Cigorescu: un emozionante Festival di arti performative (Arts) in città (City) che ospiterà artisti dal talento straordinario, provenienti da musical internazionali, corpi di ballo televisivi e dal celebre Cirque du Soleil.
tema la Divina Commedia e ognuno dei 10 circoli lo svilupperà con il proprio stile e seguendo il background personale. L’IDEAZIONE ASSOCIAZIONE CULTURALE Un viaggio dal Presente al Passato grazie all’Associazione Culturale L’IdeAzione che proietterà un prezioso cortometraggio tratto dal libro «Di fuoco e d’ombra»; protagoniste del corto un gruppo di ragazze ventenni che dialogano con le loro alter ego dei tempi passati, alla ricerca delle proprie radici. Realizzato e prodotto dall’Associazione l’IdeAzione. CONSERVATORIO DI MUSICA DI VICENZA ARRIGO PEDROLLO
Un viaggio sonoro e sensoriale, tra note ed armonie: grazie alle esibizioni degli allievi del prestigioso Conservatorio di Vicenza sul palco di Piazza dei Signori le «Musiche del mondo» saranno protagoniste. Un biglietto da visita: il più grande dipartimento Jazz del Nord-Est, come pure quelli di Musica Antica e di Musica Elettronica, la Musica Indiana nell’unica sede in Italia, la presenza di tutti gli strumenti classici. Il luogo ideale dove studiare musica ai più alti livelli.
gramma venerdì 10 e sabato 11 settembre ai Giardini Salvi alle ore 17.3018.00.
THEAMA TEATRO La compagnia teatrale vicentina Theama Teatro parteciperà a VIOFF con «Emozioni in viaggio», un reading tra parole, recitazione e musica, in pro-
CNA CNA è l’associazione nazionale che rappresenta e tutela oltre 650 mila artigiani e imprese in tutta Italia. A livello territoriale opera attraverso l’organo
VIWINE Un viaggio enogastronomico in collaborazione con bar, ristoranti e gelaterie adiacenti a Piazza dei Signori, nelle serate di venerdì e sabato di VIOFF. Un evento diffuso, in orario aperitivo. Per l’occasione ViWine propone degustazioni con i prodotti delle cantine locali. Degustazione di vini locali abbinati a finger food e piatti della tradizione locale.
ILARIA SPEROTTO Un viaggio attraverso vetrine selezionate del centro storico nelle quali si potranno ammirare 30 dipinti a olio dell’artista vicentina Ilaria Sperotto, ispirati al viaggio ne “Le città invisibili” di Italo Calvino. L’anno prossimo verranno celebrati i 50 anni dalla pubblicazione dell’opera. La mostra è a cura di Chiara Franceschini. MAKE YOUR WISH Il viaggio per antonomasia, quello Dantesco, rappresentato dalla Mostra fotografica «A riveder le stelle», che avrà luogo ai Chiostri della Chiesa di San Lorenzo. L’inaugurazione è prevista per sabato 11 settembre 2021 alle ore 11. La mostra sarà aperta al pubblico, con ingresso libero, fino a domenica 31 ottobre 2021. Incentrata sulla Divina Commedia e organizzata da Make Your Wish, la mostra fotografica ha come
© Collezione Peggy Guggenheim. Foto Matteo De Fina.
ZANELLATO VIOFF si caratterizza in ogni sua edizione attraverso tradizione e storia. Zanellato sceglie «VIOFF Golden Journey» come occasione per presentare il progetto Women’s Voices, mostra fotografica: un viaggio tra donne a cura della fotografa Sonia Marin. Si tratta di una celebrazione della figura della donna che ha reso celebre la borsa Postina Zanellato. Le donne saranno tutte vicentine, come rimando alle origini del brand. Inoltre, una percentuale del ricavato delle vendite dell’iconica borsa andrà devoluta al Telefono Rosa. MOVIMENTO ARTE ETICA Grazie al PROGETTO ARTE ETICA a cura di Chiara Franceschini in collaborazione con la galleria d’arte ARTantide, Vioff viaggerà attraverso l’esposizione d’arte contemporanea ispirata al viaggio e al romanzo “On the road” di Jack Kerouac, celebrando cosi il prossimo centenario dalla nascita dello scrittore americano.
di area vasta CNA Veneto Ovest, riferimento associativo per le province di Vicenza e Verona. Per l’edizione di settembre 2021 di ViOff l’evento accompagnerà i visitatori in un viaggio figurativo nel mondo della ceramica, sia tradizionale che innovativa, che punta a stupire l’osservatore attraverso opere di grande impatto visuale ed estetico, ma soprattutto a trasmettere il valore e la straordinaria modernità di mestieri d’arte che fanno parte del patrimonio culturale e professionale del Veneto.
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Lasciati ispirare dalla Collezione Peggy Guggenheim. Scopri l’energia e la bellezza delle avanguardie con Pablo Picasso, Salvador Dalí, René Magritte, Leonor Fini, Alberto Giacometti, Emilio Vedova, Jackson Pollock e molti altri che hanno fatto la storia dell’arte del ‘900.
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SA MÈNDULA DEGUSTAZIONI VENETO-SARDE / VENETO-SARDEGNA Un’esperienza originale, un viaggio nella tradizione letteraria, nella storia e nei sapori che legano due regioni apparentemente lontane: Veneto e Sardegna, In collaborazione con ViWine, alla pasticceria sarda Sa Mèndula in corso Antonio Fogazzaro, verranno organizzate due serate culturali ed enogastronomiche, occasioni uniche di viaggio tra saperi e sapori: degustazioni di vini veneti e sardi e assaggi della tradizione sarda impreziositi da momenti di forte impatto emotivo caratterizzati da letture teatrali tratte dai testi della Deledda, con l’accompagnamento di musiche veneto sarde. ENNIO CESTONARO. LA PREZIOSA REGALITÀ DELLA SABBIA La mostra di oggetti in smalto di Ennio Cestonaro rappresentano un viaggio alchemico del silicio e di alcuni ossidi minerali attraverso il fuoco. “La preziosa regalità della sabbia” nasce e si afferma in tutta la sua ricchissima gamma di colori dai cangianti riflessi cristallini per avvolgere eleganti oggetti dalle forme antiche o geometriche dalla perfetta calibrata struttura.
* al momento della chiusura in Redazione molti eventi sono in via di definizione.
Libri
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Il curioso volume di Paolo Stella. Ha scritto “Incursioni di enigmistica botanica” ambientato sull’altopiano di Asiago
Anche con gli indovinelli s’impara a rispettare la saggezza degli alberi L’autore si definisce “un architetto giocoso” e ha scritto il libro in questa linea. Ricco di riferimenti e di personaggi celebri vuole inviare un messaggio: gli uomini devono fare un passo indietro, le piante sanno come aiutarci
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e vuoi sentire il canto degli uccellini non comperare una gabbia, pianta un albero”. È la frase di un anonimo in esergo al libro appena uscito, composto da 43 capitoli, scanditi in 190 pagine, che si intitola “Incursioni di enigmistica botanica”, edizioni Bookabook. Il titolo quasi spaventa, ma il romanzo di Paolo M. Stella è in realtà snello e piacevole, veloce. Validissimo per l’estate e per riflettere sugli alberi, la natura e il pianeta. Lancia un messaggio importante: rispettiamo gli alberi che sanno come aiutarci. Paolo è un architetto sessantenne che da qualche anno ha deciso di fare solo ciò che gli piace (o quasi). Sul web si presenta come “architetto giocoso”: è l’inventore di un mondo fantastico e reale allo stesso tempo. Ha progettato e realizzato attraversamenti pedonali a forma di zebra (via Riello) o di gatto (Nanto), un deposito a forma di drago a Gambellara, un sommergibile-spogliatoio alle piscine di Thiene, per giungere allo Zix, un incrocio tra un’astronave e un dinosauro, un luogo per realizzare una scuola nel bosco. Da sei anni canta con la Libera cantoria Pisani di Lonigo: la passione per la musica l’ha ereditata dal papà, docente assai conosciuto a Vicenza. Di cosa parla il libro? Racconta di un bizzarro gruppo di “Incursori” che hanno la missione di salvare alcuni alberi dall’abbattimento. Grazie alle eccentriche e clandestine azioni di questi incursori e all’originale linguaggio per enigmi da loro
escogitato, gli alberi trasmetteranno un po’ della loro millenaria saggezza a tutti gli abitanti di un piccolo paese dell’Altopiano di Asiago. Perché un architetto scrive un libro di piante? “In realtà ho sempre usato la scrittura. Nei miei progetti parto sempre dallo scritto che mi aiuta a riflettere, a mettere a fuoco i concetti che alla fine diventano un progetto architettonico”. Stella è un cognome asiaghese “Infatti il mio romanzo è ambientato sull’Altopiano di Asiago. Scriverlo era un sogno che avevo da tempo. In realtà il mio cassetto dei sogni è assai ampio, contiene tantissime altre iniziative che vorrei intraprendere: il bambino che è in me è molto prepotente e vuole sempre giocare”. Cosa c’entra l’enigmistica? “L’enigmistica è un gioco con le parole, modificare i nomi dei personaggi con citazioni che fanno parte del mio Olimpo personale”. Per esempio? “Nalidea e l’acronimo di Daniela, mia moglie: è un omaggio a lei. Sembra un nome di una dea greca e spero che qualcuno prima o poi lo utilizzi davvero, lo metta a sua figlia”. Lei ha diversi riferimenti culturali che emergono anche dal libro. Ne elenchiamo qualcuno? “Per i personaggi del libro mi sono ispirato a due pedagogisti italiani del ‘900: Maria Montessori e don Lorenzo Milani. Poi c’è Andrea Palladio ma anche Mario Rigoni Stern, lo scrittore che racconta l’equilibrio tra uomo e
Un’immagine di Paolo Stella, architetto e scrittore al suo debutto. Nelle altre foto la copertina del suo libro e un attraversamento pedonale giocoso che ha realizzato a Nanto
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natura. Era amico di mio papà, che era appunto di Asiago. Me lo presentò a una Rogazione”. Ci sono tracce di altri personaggi celebri… C’è il più grande pugile di tutti i tempi, Cassius Clay, e uno dei maggiori intellettuali italiani del ‘900 Pier Paolo Pasolini. Ma anche due grandi artisti e designer del Novecento: Bruno Munari e Friedensreich Hundertwasser. E naturalmente lo scrittore e maestro Gianni Rodari, il poeta e cantautore Fabrizio De André, Stan Laurel e Oliver Hardy Ma anche personaggi politici come l’ambientalista e pacifista Alex Langer, e la prima donna ministro della Repubblica Tina Anselmi. Ed il magistrato Giovanni Falcone. Com’è la loro presenza nel libro? Tutte queste personalità vengono ricordate ma quasi mai esplicitamente, a volte i nomi sono anagrammati, o sono presenti nelle date che a loro appartengono; a volte ne influenzano i contenuti come nel caso di Rigoni Stern. C’è anche un evidente aspetto autobiografico. “Certo. Uno dei protagonisti è un
giovane architetto che demolisce invece di costruire. E propone un bel progetto di camposanto nel bosco: vende il posto sotto l’albero e i defunti fanno sotterrare le loro ceneri sotto le radici: è quello che verrà definito Bosco Santo”. Chi sono i quattro protagonisti? “Ci sono due ragazzi under 30 e due over 80”. Manca una fascia d’età importante, quella che sta in mezzo. “Mancano le persone di mezz’età, che sono troppo occupate a fare e a brigare, cioè a mantenere i figli: a quaranta-cinquant’anni anche se si è ecologisti per principio, è difficile esserlo davvero. Questa missione degli incursori, che è salvare gli alberi, è dedicata solo a giovani e anziani che hanno molto più tempo per farlo”. Qual è il messaggio finale del libro? “Facciamo un passo indietro come uomini. Non c’è bisogno di aiutare gli alberi, sono loro che aiuteranno noi: sanno bene cosa fare, e viceversa ci aiuteranno solo se faremo un passo indietro”. Francesco Brasco
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Film e serie tv visti da vicino
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a cura di Paolo Di Lorenzo
Le serie
Generazione 56k, millenials tra paure e sentimenti
Domina è femminista, ma la sceneggiatura scricchiola
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e in amore vince chi fugge? Con me spesso ha funzionato. Certo è che rimanere in bilico è interessante, mantiene vivi, c’è voglia di conquistare l’altra persona giorno per giorno perché poi l’amore è una scelta che uno deve fare ogni giorno, di voler stare accanto a quella persona. Ovviamente se però questo equilibrio è sbilanciato da un lato o dall’altro, il gioco non regge”. Così Cristina Cappelli protagonista di “Generazione 56 k” commenta il tema di fondo del serial che ha concluso la prima stagione con successo, inserito nella Top 10 del gradimento. I fan sono in attesa della seconda stagione e il regista non ha escluso che “Generazione 56k” possa proseguire: “Il finale della prima stagione è rimasto aperto e, di suo, nessuna storia è autoconclusiva. Dipende tutto da Netflix”. “Generazione 56K” è stata realizzata da Netflix con The Jackal. Ideata da Francesco Ebbasta e prodotta da Cattleya, la serie racconta, tra il passato e il presente, la storia d’amore e di equivoci che lega Daniel (Angelo Spagnoletti), sviluppatore di app, a Matilda (Cristina Cappelli), restauratrice prossima alle nozze. È ambientata tra il 1998 e i nostri giorni e dipinge quella generazione cresciuta al suono metallico del modem 56k, quando Internet stava per rivoluzionare il mondo. I tormenti di questa generazione, che ha ansia di esternare i sentimenti va di pari passo con la cosiddetta “Fomo” (acronimo inglese per “fear of missing out”), la costante paura di perdersi qualcosa di straordinario che per i Millennial rappresenta il male generazionale? Risponde l’alto protagonista della serie, Angelo Spagnoletti: “Penso di sì. Siamo troppo proiettati sugli altri. A Daniel, come a molte altre persone, forse manca
quel percorso onesto con sé stessi che che poi ti porta paradossalmente ad essere più aperto con gli altri”, conclude l’attore. La trama. Entrambi originari dell’isola di Procida, Daniel e Matilda erano compagni alle scuole medie. Matilda aveva un debole per Daniel, peccato che lui avesse occhi soltanto per Ines, la migliore amica di lei. Ormai trentenni, Matilda e Daniel vivono entrambi a Napoli e si ritrovano per caso: lui però non sa di avere di fronte la scontrosa amica d’infanzia, scambiandola per una misteriosa sconosciuta che aveva incontrato su un’app di incontri. Matilda, dal canto suo, si guarda bene dal mostrare le sue carte. La sintonia che ha avvertito con Daniel la porta a domandarsi se la sua unione con Enea (Sebastiano Kiniger) s’abbia da fare. Daniel farà di tutto per conquistare Matilda, mentre quest’ultima affronterà un percorso che la porterà a scendere a patti con l’abbandono del padre, un dolore che portava con sé da quando era bambina. A fare da coro greco alle vicende di questo amore travagliato, gli amici d’infanzia di lui, Sandro (Fabio Balsamo) e Lu (Gianluca Fru), e Ines (Claudia Tranchese), che per Matilda è come una sorella.
ivia Drusilla è stata forse la prima vera femminista della storia”. Così Kasia Smutniak, protagonista di Domina, commenta la figura storica che porta in scena nella serie Sky Original. Creata dall’autore inglese Simon Burke (già dietro a Fortitude, sempre per Sky), la serie vanta tra le sue registe anche l’australiana Claire McCarthy (Ophelia), dietro la cinepresa dei primi tre episodi. Domina racconta per la prima volta dal punto di vista delle donne le lotte per il potere durante il principato di Gaio Ottaviano (Matthew McNulty, Misfits), ossia Cesare Augusto che fu il primo imperatore romano. La serie segue vertiginosa ascesa della terza moglie di Gaio, Livia Drusilla, la cui incredibile storia, tenacia e caparbietà contribuirono a cambiare le sorti delle donne del tempo, segnando incontrovertibilmente anche quelle dell’Impero Romano. I richiami alle recenti fiction di genere politico non sono pochi, a partire dalla sigla che ricorda quella dell’americana House of Cards. Tuttavia Domina si distingue poiché non indugia sugli avvicendamenti del Senato. “Nella nostra serie, la politica si fa nelle camere da letto” spiega il creatore Burke, che continua: “Le nostre donne manipolano i loro mariti e figli per custodire il potere”. La sceneggiatura scricchiola, e lo spettatore fatica a scrollarsi di dosso quella sensazione di “già visto”: Domina ha ben poco da aggiungere alla rappresentazione dei personaggi femminili nella tv di oggi, e non c’entra l’ambientazione storica. La storia e il suo intreccio sembrano contemporanee di Roma, l’ambiziosa produzione HBO realizzata a Cinecittà tra il 2005 e il 2007.
Sono passati sedici anni, eppure guardando Domina c’è chi potrebbe non accorgersene. A risollevare il progetto, il coinvolgimento delle eccellenze italiane di rilievo mondiale che hanno lavorato alla serie quali Gabriella Pescucci, vincitrice del Premio Oscar per “L’età dell’innocenza”, che ha curato i costumi della serie, e Luca Tranchino (Prison Break) che ha lavorato alle scenografie. La ricostruzione dell’Antica Roma nei set dei Cinecittà Studios di Roma ha colpito anche Isabella Rossellini, la quale partecipa alla serie in qualità di guest star nel ruolo della matrona Balbina. “Ci porterei le scuole” ha detto Rossellini dei set realizzati per Domina. “Oggi abbiamo bisogno di storie come questa, con protagoniste donne che hanno lasciato un grande impatto” dice Kasia Smutniak, al suo secondo ruolo da protagonista di una serie Sky dopo Diavoli dello scorso anno. “In passato ho realizzato altri biopic, cioè altri film basati sulle biografie di altri personaggi, e puntualmente venivano inseriti elementi di finzione per rendere la storia più accattivante” confessa l’attrice, che aggiunge: “In Domina non ce n’è stato bisogno: la realtà supera la fantasia in questa storia”.
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Enogastronomia
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La “Rua” a Santa Caterina. Un locale particolare che presenta prodotti, piatti e vini della Sardegna a Vicenza. Lo gestisce Giacomo Camedda
Dal maialino al pilau, che sapori sardi! Da quattro anni ha aperto con successo questo ristorante che fa della semplicità e della fedeltà alla terra di Grazia Deledda la sua cifra stilistica. Il giovane gestore, naturalmente sardo, ha una laurea in scienze gastronomiche conseguita a Parma
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ll’ingresso del locale ha esposta la bandiera con i quattro mori. Tanto per chiarire che il nome “La rua” è l’unico elemento veneto, un omaggio alla tradizione vicentina della “macchina” che girava dal XV secolo in città, ma tutto il resto è sardo: la tradizione, i piatti, i vini e anche il gestore. Giacomo Camedda, 31 anni, è del Sulcis Iglesiente, terra di miniere nel sud ovest dell’isola. Papà di Nebida, la mamma proviene da Bacu Abis, villaggio minerario a dieci minuti dal mare fondato da Primo Levi (sì, proprio lui: il chimico scrittore) per estrarre anche il silicio. Ed è lì che Giacomo ha trascorso così tante estati da mantenere l’accento sardo anche oggi. Giunto a Vicenza a otto anni, Camedda ha frequentato il liceo Pigafetta e ha conseguito la laurea in scienze gastronomiche a Parma. Voleva diventare critico del settore, ma dopo un periodo dedicato alla comunicazione e un’esperienza di sous chef a Boston, è passato definitivamente al di qua del bancone. Con successo, bisogna dire. Ha aperto da quattro anni il locale in contrà Santa Caterina. “Sono soddisfatto – spiega il titolare
– nel vedere l’imprenditore di successo, che potrebbe permettersi chissà che locali, sedere nel mio locale e apprezzarne la sua rusticità”. Forte dell’85% dei prodotti che giunge dalla Sardegna, alla “Rua” si mettono in tavola tutti i sapori dell’isola, a iniziare dal maialino che è senza dubbio il piatto più richiesto. Anche la carne ovina è molto gradita al punto che, nei periodi di punta, si consuma una pecora alla settimana. In cucina gli dava una mano il papà Stefano, che di mestiere è caporeparto alla Campagnolo, e ancora oggi se c’è bisogno non si tira indietro. Nel frattempo, il cuoco titolare è diventato Nicola De Santis, 19 anni, esperienza con Andrea De Poli a “Puntogusto” di Creazzo. “Sono migliori i cuochi non sardi – spiega Camedda – perché non hanno preconcetti”. Qual è il segreto del successo a Vicenza di una cucina così diversa da quella veneta? “Vivo di marketing emotivo – risponde il titolare – Molti vanno in vacanza in Sardegna e poi sono curiosi di ritrovare i sapori. Diciamo che sono riuscito, come insegna il marketing, a generare un bisogno inespresso. Poi ho anche molti clienti sardi, a
Giacomo Camedda con una tipica maschera sara. Nelle altre foto, una paella all’algherese e una zuppa di pesce alla cagliaritana
cominciare da quelli dell’associazione Grazia Deledda, il circolo dei sardi a Vicenza presieduto da Luciana Sedda”. Tra i molti piatti in menu, da provare la zuppa di pesce cagliaritana, gli imperdibili gnocchetti, i culurgiones, i ravioli e tutta la pasta ripiena. Deliziosa la paella all’algherese, ma anche il pilau, una fregola mantecata con guazzetto di crostacei misti pescati a Calasetta, nell’isola di Sant’Antioco. Il pesce, secondo la declinazione di Camedda, non è solo branzino e orata, ma anche la razza oppure il pesce serra, che viene impanato con pane carasau e aromatizzato con erbe e zafferano di San Gavino Monreale. Riguardo ai dolci, la tradizionale seada con il miele è molto apprezzata. Naturalmente anche il pane carasau arriva direttamente dalla Sardegna: pane che diventa il tradizionale “fratau”, cioè sbriciolato, bagnato nel brodo di pecora e arricchito di sugo di pomodoro e pecorino. Molti prodotti si possono anche acquistare, dalle marmellate ai formaggi sino alla passata dei pomodori sardi di Villacidro. Antonio Di Lorenzo
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Gioielli in oro e argento
La firma del Palladio, il simbolo di Vicenza Arte e storia in un gioiello. La storia della città del Palladio e la tradizione orafa vicentina si incontrano. L’amore per l’arte ha trovato il suo simbolo, la caratteristica serliana, una porta aperta sull’architettura palladiana. Da portare sempre con te.
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