ilVicenza - Marzo 2024

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Dieciindianipiccoli

Antonio Di Lorenzo

Non se lo aspettava. Quando è stato eletto non se lo aspettava proprio di dover difendere la città dall’incubo alluvione. Che non c’è stata, e va bene, ma la paura sì, e pure tanta. Come i danni, naturalmente non paragonabili a quelli del 2010 quando lui era a Bologna a studiare legge. Adesso il signor sindaco deve mettere nel suo programma anche la variabile Retrone da affrontare, il pugnalatore che non ti aspetti, che ti assassina la città a sorpresa, come quello che in “Psycho” di Hitchcock accoltella sotto la doccia Janet Leigh, che pochi ricordano essere anche la mamma di Jamie Lee Curtis.

È un bel garbuglio per Giacomo Possamai: è importante che lo stesso Luca Zaia lo appoggi nell’obiettivo di realizzare quelle casse di espansione che servono anche per il Retrone. Da 140 anni a Vicenza ci siamo concentrati sulla prevenzione per gli straripamenti del Bacchiglione, perché è sempre stato lui il colpevole, come neanche il maggiordomo negli abusati gialli. Sullo stile di Alec Guinness di Jamesignora Bensignora. Intanto è saltato fuori il nemico invisibile.

Adesso, fuor di metafora, toccherà a Regione e Genio Civile trovare i soldi e realizzare lo scolmatore per far sfogare il Retrone e salvare la città. I cambiamenti climatici hanno mutato tutto: piove da maledetti in pianura e i segue a pag 5

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RITROVARE L’ORGOGLIO: UN “RED CARPET” ALL’OLIMPICO E A SAN BIAGIO IL PORTO

La proposta di Gian Marco Mancassola in un’intervista ricca di stimoli. L’esperto di voga Antonio Piro lancia l’idea di recuperare un altro pezzo di anima di Vicenza

I nodi da sciogliere

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NAbbiamo scongiurato una nuova Vaia

Luca Zaia Governatore Regione Veneto

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Io e la città Servizi alle pagg. 12 e 19

Servizio a pag. 27

la Costituzione”

Servizio a pag. 28

on è mai possibile provare consolazione quando una calamità coinvolge una realtà umana e, soprattutto, quando protagonista è la tua Terra. Ma, come in questi giorni, può succedere di constatare che di fronte alla forza della Natura si può anche non farsi cogliere impreparati. Durante l’ondata di maltempo che ha travolto il Veneto a fine febbraio, i dati sulla piovosità sono stati particolarmente significativi tanto da essere paragonabili a quelli della grave alluvione del 2010 e della tempesta Vaia.

segue a pag 5

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Sommersi dai guai

L’assessore Cristiano Spiller fotografato a Bertesina da Martina Lucchin

Vicenza ha vissuto a fine febbraio i giorni dell’incubo alluvione, ritornando con l’animo all’angoscia del 1° novembre 2010, quando l’acqua granda seminò disastri ad ampio raggio. Questa volta i fiumi non sono straripati, la città è stata salvata – come ha ricordato il sindaco – dalla sempre presente generosità dei volontari ma soprattutto dai bacini di laminazione, quelli dell’Orolo a Costabissara e quello di Caldogno, che hanno ricevuto 1 milione e 600 mila metri cubi di acqua destinata al Bacchiglione.

Le infrastrutture hanno funzionato. Ma la vera novità è stata di aver scoperto un altro nemico in casa: il Retrone. L’esperienza delle alluvioni, da quella terribile del 1872 (che riversò in città il doppio della quantità d’acqua rispetto al 2010) ha sempre riguardato il Bacchiglione, mentre questa volta è stato il Retrone che ha fatto temere il peggio. Segno dei cambiamenti climatici che hanno portato un’enorme quantità di pioggia in pianura e non in montagna: sono stati contati 150 millimetri di pioggia in due giorni, il che vuol dire 150 litri d’acqua per ogni metro quadrato. Una cascata spaventosa.

Si comprende come nelle zone situate sotto il livello del fiume siano state allegate, prima fra tutte quella dello stadio, ma anche la zona industriale dove perfino la tranquilla e semi dimenticata roggia Dioma ha creato problemi.

Lo stato di calamità per il maltempo decretato dal presidente Zaia consentirà di accedere ai fondi che il governo metterà in campo per risarcire dei danni anche i vicentini.

È

Un’eccezionale quantità di pioggia. La paura è arrivata per la prima volta anche dal Retrone I bacini hanno salvato la città

continua da pag. 1

Abbiamo scongiurato una nuova Vaia

Luca Zaia

Prima del progressivo miglioramento del meteo, la situazione è apparsa critica, ancora una volta, a Vicenza e nella sua zona, in particolare lungo il Bacchiglione e il Retrone. Poteva essere un’altra sciagura di dimensioni imponenti ma la situazione è rimasta sotto controllo.

Già da una prima analisi ci siamo accorti che sono da ringraziare le opere realizzate dal 2010 in poi con un preciso piano di difesa del suolo costellato da interventi sulle maggiori criticità idrogeologiche mappate sul nostro territorio. Un esempio per tutti: l’attivazione di bacini di Montebello, Caldogno e Orolo. Con la messa in funzione di queste opere si è scongiurato che oltre 3 milioni di metri cubi di acqua invadessero la città Vicenza, con esiti già noti. Forse è il risultato più eclatante ma non è l’unico che potremmo illustrare.

Se torniamo con la memoria al 2010, infatti, il viaggio a ritroso è cadenzato da tantissime opere simili: abbiamo già realizzato 13 bacini di 23 previsti, molti sono i cantieri ancora aperti e presto ne completeremo altri. Non sempre questa strategia è stata compresa, per dare il via ad alcune opere abbiamo dovuto superare vere proprie contrapposizioni e ancora oggi c’è chi promette battaglia contro la realizzazione dei bacini.

Eppure, questa coda di febbraio ha confermato che, dove sono state realizzate le opere necessarie, la gestione degli effetti di piogge massicce ci consente oggi di ascoltare con maggiore tranquillità le previsioni del tempo. Se è l’uomo che con l’edificazione ha prodotto danni, è giusto che con la prevenzione li contenga.

Governatore Regione Veneto continua da pag. 1

Dieci piccoli indiani

Antonio Di Lorenzo >antonio.dilorenzo@givemotions.it< fiumi esplodono. Stavolta è andata bene ma, sono parole di Possamai, è stato un miracolo. L’agguato è dietro l’angolo, anzi piove dalla nube nera. A meno che dall’inesauribile cilindro dei bilanci dell’alta velocità non salti fuori un finanziamento per un bacino scolmatore del Retrone. Roba da mettere l’aureola all’ing. Macello. La santificazione la rimandiamo se riesce a risolvere anche il guaio del traffico da interrare in stazione.

Quella idrografica è un’altra emergenza che si aggiunge alle altre nove della lista di Vicenza. A parte l’alta velocità, è un lungo elenco, comune peraltro a molte città: traffico insopportabile, inquinamento che soffoca, verde da espandere, piste ciclabili da aumentare, fognature da ammodernare, beni culturali da tutelare, sociale da sostenere a più non posso, urbanistica da vigilare. E adesso il piano emergenza da ripensare. Noi preferiamo pensare che questi temi siano come i Dieci piccoli indiani della filastrocca e sogniamo che di tutte queste emergenze “alla fine non ne resti più nessuna”. Ma questo non è un giallo di Agatha Christie.

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una testata giornalistica di proprietà di Srl Direzione, Amministrazione e Concessionaria di Pubblicità Locale: via Lisbona, 10 · 35127 Padova tel. 049 8704884 · fax 049 6988054 >redazione@givemotions.it < > www.ilvicenza.com <
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Direttore responsabile Nicola Stievano >direttore@givemotions.it < Antonio Di Lorenzo >antonio.dilorenzo@givemotions.it< CENTRO STAMPA QUOTIDIANI S.p.A. Via dell'Industria, 52 - 25030 Erbusco (BS) Tel: +39.030.7725594 Periodico fondato nel 1994 da Giuseppe Bergantin Questa edizione raggiunge la città di Vicenza per un numero complessivo di 43.000 copie. Iscrizione testata al Tribunale di Vicenza n. 4194/2020 V.G. del 23.11.2020; R.S. 17/2020; numero iscrizione ROC 32199
un periodico formato da 23 edizioni locali mensilmente recapitato a 506.187 famiglie del Veneto. Chiuso in redazione l’1 marzo 2024

Politica e amministrazione

L’analisi. Pochi posti letto disponibili, anziani depressi che vivono l’allontanamento da casa aspettando la morte

“Ipab al collasso, è urgente la riforma”

Parla l’esperto Daniele Bernardini: “Se avessero una struttura più autonoma, come quella delle fondazioni, potrebbero essere gestite in modo più sostenibile e funzionale. Le nostre città non si stanno attrezzando per essere accoglienti con gli anziani”

Meno di 19 posti letto in strutture residenziali per ogni 100 mila abitanti di età pari o superiore a 65 anni. In Svezia ce ne sono 68, in Germania 54, in Francia 49 e così via. I 19 posti, purtroppo, sono una media da fanalino di coda per l’Italia in Europa. Da questo dato parte la riflessione sulla situazione degli anziani di Vicenza, affidata a Daniele Bernardini, già primario gastroenterologo al San Bortolo, a più riprese in passato coinvolto nella gestione dell’Ipab e Ipark di Vicenza, e ora, per non smentire la sua generosa sensibilità per il sociale, è presidente dell’associazione “Il PomoDoro” che promuove l’inclusione sociale e lavorativa di persone con disabilità attraverso il lavoro agricolo e gestisce un ristorante a Bolzano Vicentino con Giulio Calgaro alla guida della cucina.

Cosa sta succedendo nelle strutture per gli anziani? Cosa accadrà nel prossimo futuro, quando arriverà l’ondata di anziani figli del baby boom che sta già lambendo le strutture?

Le questioni sul tappeto, risponde Bernardini con molta schiettezza, riguardano la scarsa recettività, la mancanza di programmazione per nuove strutture; la miopia di non pensare a come accompagnare l’anziano nella sua stagione senile organizzando servizi includenti; l’ipocrisia di ignorare che l’evento del fine vita è ineludibile e che andrebbe invece prepa-

rato e vissuto dignitosamente. Circa la recettività, dunque, ormai non solo per i costi ma soprattutto per i criteri di ammissione alle case di riposo, nelle sempre più rare immissioni hanno la precedenza i grandi malati e, di conseguenza, gli ambienti sono sempre più ospedalizzati. Quanti non hanno bisogno di terapie impegnative, potrebbero invece restare a casa propria, organizzando un controllo sociale di prossimità, finanziando le ristrutturazioni immobiliari per adeguare le case a misura di anziano, programmando a domicilio i servizi essenziali della ristorazione e dell’assistenza medica di base. Tutto questo costerebbe molto meno e rispetterebbe la dignità della persona anziana.

L’anziano in casa di riposo, segnala Bernardini, deve trovare le risorse per dare un senso nuovo alla sua esistenza, ma raramente ne è capace da solo, perché spesso è confuso dal cambiamento. Vive una specie di lutto legato alla perdita degli affetti, che porta ad un ritiro emotivo con un forte isolamento all’interno della nuova residenza.

L’anziano entra in casa di riposo disperato, sentendosi senza aiuto e dimenticato, non viene quasi mai interpellato o ascoltato. La nuova casa, in definitiva, è percepita come un posto dove si va per morire, e non offre alcuna motivazione all’elevazione dello spirito.

Per non parlare poi della stessa organizzazione interna degli istituti che contribuisce a far sì che la persona anziana veda sfumare la propria identità in un triste anonimato, spingendolo verso un progressivo isolamento. Gli anziani quando entrano in certe strutture non hanno più alcuna tutela individuale.

E invece, avrebbero diritto di invecchiare “vivendo”, cioè rimanendo coinvolti nelle dina-

miche sociali con modalità adeguate alle loro caratteristiche e potenzialità. Ma questo non avviene nelle nostre case di riposo, dove i ritmi della giornata sono scanditi sulla base dei turni degli operatori. Le cene alle 5 del pomeriggio o la sveglia alle 6.30 sono solo alcuni esempi.

Il futuro non è rassicurante: le nostre società, le nostre amministrazioni, i politici di tutti i colori non fanno scelte urbanistiche prevedendo la presenza

Duemila euro al mese la retta Molte domande per i privati

La situazione delle Ipab a Vicenza è sintetizzata da Giovanni Rolando, che conosce bene il sistema essendone stato, fra l’altro, presidente. La potenzialità delle Ipab a Vicenza era di 700 posti letto, ma nel corso degli anni i posti letto anziché aumentare sono diminuiti. L’attuale presidente, Ermanno Angonese, in un’audizione della commissione consiliare qualche anno fa valutava in mezzo migliaio i

posti disponibili. Un apparente paradosso che si spiega con le pesanti difficoltà di bilancio, le stesse che hanno portato a chiudere la residenza di Parco Città e a privatizzare il San Camillo al “Salvi”. Mentre la Regione è cinque anni che non aggiorna il proprio contributo per i non-autosufficienti, anche le domande si stanno indirizzando verso il privato che offre migliori condizioni economiche a fronte

degli anziani, una popolazione sempre più fragile che avrà sempre meno assistenza domiciliare, con limitazioni di tutti i tipi, dalla mobilità, alla socializzazione, la sicurezza fino alla banale necessità di fare la spesa. Le nostre città non si stanno attrezzando per essere accoglienti con gli anziani, per loro saranno sempre più disseminate di trappole. E come non bastasse, conclude Daniele Bernardini, nel nostro Veneto non si è ancora deciso di risolvere il problema della mancata riforma delle Ipab. Se queste avessero una veste giuridica più autonoma, come ad esempio quella delle fondazioni, potrebbero essere gestite in modo più sostenibile e funzionale. Si pensi che le maternità dei dipendenti Ipab non le paga l’Inps ma l’ente stesso, che paga quindi due persone. Un problema non da poco in un ambiente con numeroso personale femminile.

di qualche servizio in meno. La retta per un anziano all’Ipab si avvicina facilmente ai duemila euro al mese.

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Daniele Bernardini, già primario al San Bortolo, è esperto del “pianeta anziani” Giovanni Rolando

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Il nodo. Dopo l’escalation di furti e aggressioni, arrivano la pattuglia della polizia locale e i soldati dell’esercito

Sicurezza, i rimedi dopo le polemiche

La Confcommercio ha messo a disposizione un fondo di 140mila euro per finanziare le dotazioni di sicurezza dei negozi. Il centrodestra alimenta un acceso dibattito

Irimedi sono tre: una pattuglia della polizia locale alla sera fino a mezzanotte in corso Palladio; l‘arrivo dal 1° aprile di 18 soldati dell’operazione “strade sicure” e lo stanziamento di 140 mila euro da parte della Confcommercio per aumentare le dotazioni di sicurezza dei negozi, finiti nel mirino di vandali e aggressioni. I provvedimenti sono stati annunciati, rispettivamente dal prefetto Salvatore Caccamo, dal sindaco Possamai e dal presidente della Confcommercio, Nicola Piccolo. In precedenza, il dibattito sulla sicurezza a Vicenza era stato vivace, nato da una escalation di furti e aggressioni, a cominciare dalla rapina di notte in contrà Stalli al cuoco che usciva dalla “Pizzeria sei signori” con l’incasso e proseguito con numerosi altri.

La polemica è stata alimentata dal centrodestra che ha sempre fatto della sicurezza in città un

suo cavallo di battaglia. Tre, in particolare, i protagonisti degli interventi: Francesco Rucco, Simona Siotto e Nicolò Naclerio. Il leit motiv è stato quello dell’inadeguatezza del sindaco e della politica dell’amministrazione, Rucco ha ironizzato sul fatto che “ci sono voluti cinque aggressioni in sei giorni per suonare la sveglia al Pd”, auspicando anche di vedere Enrico Letta, che resta deputato di Vicenza, finora silente, attivo sul tema.

Dal canto suo, Simona Siotto ha proposto che gli introiti delle multe, aumentati del 20% a Vicenza lo scorso anno, siano devoluti a interventi sulla sicurezza.

Naclerio, di Fratelli d’Italia, in un’assemblea a villa Lattes ha fondato i “Comitati di quartiere per la sicurezza”, all’insegna del motto: “Aiutiamoci a difenderci”. È la sua risposta verso un’azione amministrativa giudicata debole.

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Ascolta Politica e amministrazione
SCARICA L’APP RADIO VENETO24 Il sindaco Possamai e il comandante della polizia, Massimo Parolin, la pattuglia mobile in corso Palladio e un’immagine di archivio dei soldati in viale Roma

Il nodo in centro. Abbandonata da 15 anni, è un ambiente ideale per mostre, concerti e convegni. Come è stata a lungo

È ora di riaprire l’ex chiesa di S. Giacomo

Eadesso, dopo aver riaperto Santa Maria Nova, quando toccherà a un’altra ex chiesa, quella dei Santi Filippo e Giacomo, più conosciuta solo con il secondo nome, dietro la Bertoliana? È uno dei “buchi neri” del centro, abbandonata da vent’anni e richiede lavori con importanti finanziamenti. Ma è un luogo del cuore per i vicentini. Un intervento di restauro di questo ambiente storico consentirebbe al centro di avere a disposizione una sala per mostre, concerti e convegni, come del resto era fino alla metà degli anni Duemila, quando fu chiusa per motivi di sicurezza. Impraticabilità del campo, si definirebbe con termine calcistico.

A San Giacomo la casa editrice Neri Pozza dedicò un importante studio, che nasceva dalla tesi di laurea di Margaret Binotto, storica dell’arte e conservatrice della pinacoteca del museo civico dal 1997 al 2004. Era il 1982, e quel libro fu presentato alla Bertoliana, presenti oltre all’autrice l’assessore Gian Piero Pacini, l’editore Neri Pozza e Antonio Paolucci, che diventerà ministro della cultura nel 1995 – 1996 e sarà a lungo direttore dei Musei Vaticani, scomparso lo scorso 4 febbraio a Roma.

Come si vede dalle immagini che pubblichiamo, l’ex chiesa di San Giacomo è un luogo di valore architettonico e civico. Notizie certe se ne hanno dal 1583: il progettista non fu Antonio Pizzocaro, ma mons. Giovanni Giacomo Montecchio. A

reggere la chiesa furono chiamati i padri Somaschi da Venezia che già curavano l’ospedale di Santa Maria della Misericordia. Nel 1627 fu realizzato anche il chiostro, di cui è certa la progettazione di Antonio Pizzocaro, quindi il convento che oggi è la Bertoliana. All’interno dell’ex chiesa ci sono pitture di Alessandro e Giambattista Maganza, ma anche di Francesco Maffei e Giulio Carpioni.

Nel 2010 fu restaurato l’altare maggiore, il tabernacolo e la balaustra dell’abside: il compito fu affidato all’Engim del Patronato Leone XIII. Due anni dopo l’edificio fu sottoposto a un importante intervento di restauro e consolidamento delle coperture in legno, messe a dura prova dalle eccezionali piogge abbattutesi su Vicenza nel novembre del 2010, quello dell’alluvione. Le infiltrazioni d’acqua nel tetto rischiavano infatti di danneggiare le tele. Fu proprio il ponteggio montato per la rimozione delle opere a permettere di verificare che la copertura di 400 metri quadrati

Servono importanti (e indubbiamente costosi) lavori ma questo è uno dei “luoghi del cuore” per i vicentini. Dopo aver riaperto Santa Maria Nova, si dovrebbe pensare anche a questo ambiente ricco di tele importanti. Nel 2013 lavori al tetto che non furono seguiti da altri cantieri. Serve un impianto di climatizzazione. Nel 1982 fu presentato un libro importante di Margaret Binotto dedicato a questa architettura ed edito da Neri Pozza. Visto che il sindaco porta il nome di questo santo, chissà che intervenga

aveva bisogno di essere consolidata e impermeabilizzata. Se ne interessò l’assessore Ennio Tosetto della giunta Variati. In buona sostanza, furono eseguiti lavori per 437mila euro, centomila dei quali elargiti dall’autostrada Brescia – Padova. L’allora presidente della Bertoliana, Giuseppe Pupillo, sognava già di riaprire presto l’ex chiesa alla città: “Un lavoro importante di restauro è stato concluso – dichiarava –e adesso bisogna pensare a un sistema di riscaldamento, non un vero e proprio impianto, che non è pensabile, ma a una climatizzazione”. Ma così non fu. Ai lavori del tetto non ne seguirono altri, con il risultato che questo edificio resta chiuso. Ed è un peccato, perché è stata rianimata piazzetta San Giacomo grazie a un progetto elaborato dalla giunta Rucco e concluso dall’attuale amministrazione. Visto che porta il nome dello stesso santo, chissà che il sindaco Possamai – sicuramente già consapevole del problema – concretizzi i lavori.

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UNO DEI PIÙ DIROMPENTI COREOFRAFI DELLA SCENA INTERNAZIONALE IN UN OMAGGIO SCATENATO ALL’INGHILTERRA coreografia e musica Hofesh Shechter
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Alcune immagini dell’ex chiesa di San Giacomo e l’articolo che ricorda la presentazione del libro nel 1982

La matita di Scotolati. Il maestro disegnatore e umorista inaugura una nuova serie intitolata “Intrepidi & intonsoli”

I ritratti di Baggio, Pasqualin e Ceraso

Inizia una nuova serie di caricature di Gabriele Padoan, da quarant’anni il celebre Scotolati. Messa da parte la “Marcia su Mosca” che ci ha fatti divertire parecchio, con gli impossibili

disegni dei consiglieri comunali, adesso inauguriamo la serie “Intrepidi & intonsoli”. Nel mirino dell’ironia dell’artista ci sono personaggi della vita pubblica, in questo caso molto sportiva, o

che comunque sono molto conosciuti a Vicenza. Nella pagina vedete le caricature del campione Roberto Baggio, del procuratore sportivo Claudio Pasqualin e dello storico Giorgio Ceraso.

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Ascolta Umorismo
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Il personaggio. Antonio Piro, vigile del fuoco e appassionato di fiumi, lancia un’iniziativa di recupero sul Bacchiglione

Salvare il vecchio porto-piscina a S. Biagio

Antonio Piro, 64 anni, è un appassionato di fiumi e perfino nella sua professione, che potrebbe sembrare l’esatto opposto, perché è un vigile del fuoco ha trovato il modo di stare parecchio in ammollo, come spiega lui. In realtà è un capo squadra del Corpo ed è specializzato nel Soccorso speleo fluviale.

Ha una vasta esperienza di riqualificazione fluviale, perché negli anni Ottanta a Padova è stato tra gli iscritti degli “Amissi del Piovego”. L’associazione ha dato un contributo importante anche per fare rinascere l’utilizzo del Bacchiglione da parte dei cittadini. Poi ha vissuto in Valsugana e ha preso dimestichezza con il Brenta.

Adesso che vive a Vicenza vuol declinare in altri modi la

passione per l’acqua. Lui, che è appassionato oltre che di ukulele soprattutto di voga alla veneta, è intenzionato a recuperare il vecchio approdo sul Bacchiglione a San Biagio, i cui resti sono ancora visibili vicino alla spiaggetta. È un posto storico, perché un tempo era stata creata anche una piscina per i ragazzini grazie agli scout: siamo nel 1954 e, come dimostrano le foto di Vajenti, i piccoli sguazzavano allegramente nell’acqua. E so no ancora vivi i ragzzini di fine anni Quaranta o inizio anni Cinquanta che nuotavano abitualmente (e illegalmente) nel Bacchiglione, con i vigili che rubavano loro i vestiti per costringerli a uscire per essere rimproverati al comando. Chiedete all’orafo Giuseppe Corrado per informazioni.

Mille all’assalto di una casa, ormai serve Garibaldi per conquistarne una

Sono oltre mille, esattamente 1 .100, coloro che hanno fatto domanda per avere una casa al Comune. La graduatoria, biennale, è stata elaborata, ma le speranze di ottenere un alloggio sono poche. Il Comune ha iniziato il recupero del fabbricato storico in Vicolo cieco Retrone, nel quale si potranno ricavare otto alloggi. È sicuramente un bene. Il progetto arriva da lontano: i finanziamenti erano stati ottenuti dalla passata amministrazione e l’attuale sta concretizzando i buoni propositi.

Ma serve di più, molto di più. Le cifre sono impressionanti e le mette nero su bianco il Sunia, quando parla di altre 2500 richieste nel resto della provincia. Il Comune capoluogo può dare risposta a una sessantina di alloggi l’anno, frutto dei restauri e ristrutturazioni, sottolinea Francesco Brasco segretario provinciale del Sunia, mentre l’Ater ha una capacità di 120-130 alloggi in provincia ogni anno. Intanto le situazioni che i sindacalisti toccano con mano ogni giorno sono incredibili. Chi cerca una casa racconta loro

storie impressionanti. Se i mezzi pubblici sono scarsi, l’unica possibilità – spiega sempre il Sunia – è un intervento finanziario straor-

dinario e massiccio di Stato e Regione. Altrimenti serve solo Garibaldi che conduca al’assalto per quei Mille che cercano casa.

Auguri per i 70 anni a Toni Stefani che sa tutto di Vicenza e di cultura

Gli potete chiedere di tutto, lui vi risponderà senza menare vanto di fatti e persone che ha conosciuto. Che sia teatro, classico o moderno, letteratura, musica, poesia, storia della città. Quando si sposò l’indimenticabile Giorgio, suo fratello, scrisse un libretto che raccontava come l’elettricità arrivò a Vicenza nel 1908. È un giornalista, scrittore, poeta: sa di lettere antiche e di rock, di cantautori (uno sopra tutti: Paolo Conte) e di Anonima Magnagati, ma anche di calcio che vuol dire naturalmente l’amato

Lanerossi. Antonio Stefani è soprattutto un innamorato della sua Vicenza, che conosce come pochi. Ne ha scritto in molti libri, anche assieme al padre Walter, dalla Rua al Palio. Ma ha scritto anche per l’Accademia Olimpica ed è stato capace di riscrivere in modo brillante la parafrasi dei sonetti di Giacomo Zanella in n modo che renderebbe felice anche l’autore. Dove Toni mette le mani, è capace di approfondimenti originali da autentico uomo di cultura.

Di teatro, la sua grande passione, scrive su Il Giornale di Vicenza dal 1978 e prima ancora scriveva poesie che perfino quel gran burbero di Neri Pozza trovava interessanti. Sposato con Gabriella Candia, hanno una figlia e un nipote.

Toni è persona schiva, ma di rara fascinazione quando scrive. Personalmente ho sempre ritenuto (e l’ho detto pubblicamente) che sia il letterato numero uno della nostra generazione, quella nata fra metà Cinquanta e metà Sessanta, che ormai guarda ai settanta, traguardo che Toni taglia in questi giorni. Auguroni!

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Attualità
Antonio Piro, vigile del fuoco e appassionato di fiumi. Due immagini della piscina di San Biagio, oggi e ieri, in una foto storica

Il bilancio. I dati dei carabinieri: quasi metà infortuni mortali in un anno, oltre 2500 casi in meno nel 2023, 130 denunce

Fronte unito sulla prevenzione nel lavoro

Nell’anno passato sono state 87 le aziende la cui attività è stata sospesa per le irregolarità riscontrate dai carabinieri dell’Ispettorato del lavoro. I militari hanno irrogato 350mila euro di sanzioni. Dieci persone denunciate per capolarato e 120 per altri reati in materia di lavoro

Oltre 2500 infortuni sul lavoro in meno nel 2023 rispetto al 2022 nel Vicentino: si è passati da 16.047 a 13.457, vale a dire circa il 20% in meno. I morti sul lavoro sono stati 10 a fronte dei 19 del 2022, quindi poco meno della metà. Sono i dati più salienti del bilancio dei carabinieri del Nil (il Nucleo Ipettorato del Lavoro) comandanto dal maresciallo capo Claudio Venzo. I dati sono stati presentati in un incontro nella caserma dei carabinieri di via Muggia, presente il comandante provinciale, colonnello Giuseppe Moscati e il prefetto Salvatore Caccamo.

La diminuzione di incidenti e morti sul lavoro è in linea con il dato veneto e anche quello nazionale, ma a Vicenza è assai più marcata. “Sviluppiamo la cultura della sicurezza – ha sottolineato il prefetto – su tre direttrici: azione combinata sul territorio, scambio di dati, sinergia fra le istituzioni”.

Sono state 130 le persone denunciate dai carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro nel 2023 nel Vicentino dopo i controlli in 136 aziende. Dieci persone per capolarato e 120 per altre violazioni in materia di diritto del lavoro, sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. La maggiore violazione riguarda il lavoro nero. I carabinieri hanno contestato 140mila euro di sanzioni e recuperato 13mila euro di premi assicurativi. Sessanta aziende chiuse dai carabinieri dopo aver constatato le gravi violazioni in materia di lavoro. E’ questo uno degli altri dati del bilancio sull’attività del Nil (Nucleo ispettorato del lavoro) relativo al 2023 che è stato presentato. Per queste violazioni sono scattate sanzioni per 334mila euro.

A queste sospensioni di attività vanno aggiunte altre 27 che sono la conseguenza della verifica da parte dei militari di una situazione di lavoro nero superiore al 10% dei dipendenti. In questo settore le multe hanno ammontato a 27mila euro. In totale, 87 sospensioni di attività e 350 mila euro di sanzioni irrogate.

La denuncia

della Cisl:

“Solo 6 ispettori del lavoro rispetto ai 34 previsti”

Mancano ispettori del lavoro. In provincia di Vicenza c’è un “gravissimo deficit di personale in tutti gli enti preposti ai controlli in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro. Il che favorisce la presenza di situazioni irregolari e aumenta il rischio di incidenti”.

La denuncia arriva dalla Cisl di Raffaele Consiglio che ha presentato i dati di una ricerca. All’Ispettorato del Lavoro di Vicenza risultano attualmente sei ispettori operativi: meno di un quinto rispetto al fabbisogno della dotazione organica, che è pari a 34. A indicare tale fabbisogno non è il sindacato, ma l’Istituto Nazionale del Lavoro.

Non va molto meglio considerando gli altri enti coinvolti sul tema della sicurezza. L’Inail, ad esempio, in 10 anni nel Veneto è passata da circa 40 ispettori a soli 13, di cui appena 3 per tutta la provincia di Vicenza.

All’Inps nel 2016 gli ispettori erano 86, mentre oggi sono solo 28, soltanto 3 a Vicenza. Molto grave è anche la carenza di organico nello Spisal dell’Ulss 8 ha una dotazione teorica di 11 tecnici della prevenzione, ma i tecnici impiegati a tempo pieno sono solo cinque.

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Raffaele Consiglio Il prefetto Caccamo fra il col. Moscati e il mar. Venzo dei carabinieri

Il personaggio. Camillo Scroffa con 20 rime diventò un caso letterario. Voleva burlarsi del pedante insegnante dell’università

Così in poesia lo studente sfotteva il prof

Le edizioni del libretto si succedettero sino all’Ottocento e del caso s’interessò anche Benedetto Croce e sgridò gli studiosi che trascuravano “I cantici di Fidenzi”. Nella vita a Vicenza Scroffa diventò giudice criminale

Quando nella metà del Cinquecento Camillo Scroffa, ancor giovane nobile vicentino, diede alle stampe i suoi Cantici di Fidenzio, non si aspettava certo di divenire presto l’iniziatore di un vero e proprio genere poetico: dal suo libricciolo di pochi versi burleschi prese vita infatti un filone letterario che assunse proprio il nome di poesia fidenziana e che per qualche secolo vanterà numerosi imitatori.

E pensare che tutto era nato per gioco: all’epoca in cui Scroffa frequentava l’università a Padova, insegnava un professore di grammatica di Montagnana, tale Pietro Fidenzio Giunteo, “omiciattolo guercio, giallo, ricciuto, panciuto, sbilenco, gobbo – lo descrisse un suo contemporaneo ma anche di grande studio – come ci informa il Da Schio – che riempiva di parole greche le sue scritture latine, e di latine li suoi discorsi italiani”.

L’ostentata pedanteria linguistica del Fidenzio, invisa al giovane vicentino, unita a una presunta e alquanto sospetta predilezione per un suo scolaro, diedero lo spunto allo Scroffa per dilettarsi in una sorta di burla letteraria ai danni del povero e malcapitato erudito. L’opuscolo, pubblicato con lo pseudonimo di Fidenzio Glottocrisio, conteneva una ventina di poesie (in prevalenza sonetti) cariche di frequenti riferimenti testuali e di bonario dileggio non solo della pedanteria, ma anche del diffuso petrarchismo allora circolante: l’infatuazione di Fidenzio per il suo discepolo (che sia un caso che si chiamasse anche lui Camillo?) veniva descritta per mezzo di una lingua originalissima, fatta di latinismi, di termini arcaici, di citazioni parodistiche ( Voi, ch’auribus arrectis, auscultate/ In lingua hetrusca il fremito e il rumore è l’incipit del primo sonetto, d’evidente derivazione petrarchesca).

L’opera ebbe un’enorme popolarità: molte le edizioni a stampa che si succedettero fino

all’Ottocento. Persino Benedetto Croce ne scrisse con parole di lode: “I cantici di Fidenzio – scrisse il grande critico e filosofo – è un libriccino a suo modo geniale e che ancor oggi, chi prende a leggerlo, legge con diletto. Lasciamo andare che nacque come frutto spontaneo di quei tempi, quando si sentiva il bisogno di reagire contro l’umanesimo pedantesco, ricorrente non solo nella

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letteratura ma nella vita quotidiana, che fiorì nella letteratura del cinquecento. Ciò basterebbe a conferirgli il valore di una protesta efficace in favore del buon gusto; ma il libretto dello Scroffa ha insieme un valore artistico, e direi poetico, che giova far avvertire, perché gli storici della letteratura non sogliono badarvi”.

L’attribuzione allo Scroffa della popolare raccolta di poesie, tuttavia, fu incerta per molti anni prima che fosse finalmente reso il giusto merito al vero autore: fra i nomi che erano circolati fino ad allora figuravano quello di monsignor Della Casa, il noto compilatore del Galateo, ma anche quello di due papi, Clemente VIII e Leone X.

Ci si è domandato, in passato, come fosse possibile che di un letterato di tanta voga nel mondo, come fu il nostro Camillo, non si sia serbato maggior numero di notizie. Fra le scarne notizie biografiche si conosce infatti l’anno della morte (1565) e il lavoro che rivestiva poco prima della scomparsa (giudice criminale a Vicenza): un’incisione apparsa in una delle molte edizioni a stampa dei suoi Cantici ne tramanda le effige, così come una delle statue che veglia dalla loggia sopra le gradinate del teatro Olimpico di Vicenza sembra rappresentasse proprio lo Scroffa. Piccoli segni di una gloria letteraria non cercata, ma comunque sopraggiunta postuma.

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Vicentini illustri

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L’analisi. Gian Marco Mancassola, direttore di TvA Vicenza, vede una città impaurita, che deve recuperare orgoglio e fiducia

“Ci meritiamo un red carpet all’Olimpico”

• “Vicenza deve ritrovare la propria identità: oramai è solo ripiegata su se stessa”

• “Perché non c’è un premio per i vicentini illustri come a Bassano e a Thiene?”

• “Neanche la gastronomia è valorizzata: chi vuol mangiare baccalà è mandato a Sandrigo”

• “Perché la società di calcio non ha uno “store” in centro come accade a Torino, Napoli e Roma?”

• “Piazza Matteotti è un non – luogo, penalizzati anche i turisti. Bisogna intervenire”

Vicenza deve recuperare l’orgoglio cittadino che langue. Ritrovare la propria identità e colmare il deficit di fiducia in se stessa. Deve trovare una bussola per capire chi sia e dove stia andando. Le iniziative possono essere molte: un premio per i cittadini migliori, un autentico red carpet ai classici dell’Olimpico, la ristrutturazione urbanistica di piazza Matteotti, una new wave gastronomica, l’università che va trasformata in un pezzo vivo della città. È il pensiero di Gian Marco Mancassola, 47 anni, padre di due figlie, che da un paio di decenni è un osservatore attento e acuto di Vicenza, sua città d’adozione dalla natìa Arzignano. Da due anni è direttore di TvA Vicenza, dopo venti passati a Il Giornale di Vicenza, dove è stato capocronista e vicecaporedattore. I cambiamenti da innescare, puntualizza, sono urgenti perché i cicli politici sono brevi. Tutti viviamo sui ritmi di Instagram e c’è fretta di iniziative e risultati. Del resto, Vicenza vive una crisi tale da farla ripiegare su se stessa. E, a proposito di Instagram, i vicentini non hanno neanche più la passione di fotografarla, la loro città.

Come vede Vicenza? È ancora valida l’immagine della bella addormentata?

No, la vedo impaurita, con un deficit di fiducia in se stessa. È uscita dalla pandemia senza una bussola.

In che senso?

La fine del restauro della Basilica grossomodo a metà degli anni Dieci era stata una bussola nel decennio delle grandi crisi, pensiamo alla Lehman Brothers a quella della Banca Popolare e anche a quella del Vicenza calcio. Intendo dire che riscoprire un monumento è come ritrovare un pezzo

della propria identità. Dieci anni dopo, terminata la pandemia, non abbiamo un’idea chiara di quello che vogliamo essere. Quello che accade ci scappa di mano, come sabbia nella mano.

• “Nemmeno la grande tradizione letteraria degli scrittori diventa motivo di attrazione”

• “Quello che accade scappa di mano ai vicentini come fosse sabbia nella mano”

• “Cominciamo a discutere anche degli spettacoli Classici: che eredità hanno lasciato in 20 anni?”

• “Aperto il giardino di Santa Corona, che si affaccia su… una fermata del bus”

• “Università: gli studenti sono un corpo estraneo mentre dovremmo festeggiare i migliori”

Quali trasformazioni secondo lei ci stanno toccando senza consapevolezza?

È in corso qualcosa di epocale. Ce la faranno solo le città che hanno allure e puntano sul lusso? Mi auguro di no. Per usare una metafora, servono le pasticcerie non solo le boutique. Qui è difficile anche comprarsi le scarpe.

Vicentini pigri nelle iniziative?

Più che altro fermi. Non c’è mezzo segnale che annunci l’adunata nazionale degli alpini, tanto per dire. Vada a vedere Brescia capitale della cultura: ne parlavano anche dentro alle brioches.

Vicenza è sempre vissuta sottotraccia, preferisce la canonica piuttosto che la chiesa. Non può più comportarsi così, non sono più i tempi. Non può permettersi di avere diffidenza a parlare di se stessa. Non c’è neanche un premio per i vicentini più significativi, quello che esiste anche a Thiene e a Bassano. L’ultima manifestazione del genere, ma diversa da queste, fu la Palladio d’oro di Hüllweck sindaco, venti e passa anni fa. Possibile? Parliamo di gastronomia: sono rarissimi i locali dove si gustano i piatti tipici. Dovremmo

celebrare gli eroi che tengono aperto e invece mandiamo a Sandrigo chi vuole mangiare il baccalà. Insomma, è ora di capire cosa abbiamo sbagliato e di vedere come rimediare. Impariamo da Dublino, che celebra a ogni passo Joyce, Leopold Bloom e l’Ulisse.

Il sindaco è eletto da otto mesi, onestamente non può risolvere in un “amen” problemi fermi da decenni.

Non c’entra Tizio o Caio, non desidero entrare in questa dinamica. È vero, invece, che viviamo cicli politici brevi, viviamo nell’epoca di Instagram. Ecco, la città non è instagrammabile. Non si riesce, metaforicamente, a fotografarla perché è ripiegata su se stessa.

Curioso neologismo, ma anche efficace. Rende l’idea.

Quando fu inaugurata la terrazza della Basilica le foto del centro storico visto dall’alto diventarono le immagini più diffuse nel neonato Instagram. Oggi c’è un crollo delle foto di Vicenza: a Bassano invece si fotografa il ponte, anche se nella pagina di Bassano non c’è solo il ponte. E noi a Vicenza abbiamo lo stesso orgoglio? No, neanche nell’anno dell’adunata alpina.

Riflessioni amare le sue, ma indubitabilmente vere.

Vicenza assomiglia a piazza Matteotti, vale a dire un non luogo , perché quella piazza è un po’ di tutto, marciapiede, strada, verde, parcheggio, senza essere niente di preciso, identificativo. È forse così corso Mazzini a Verona? No. Ma guardi Santa Corona: hanno aperto il giardino e si affaccia sulla fermata di un bus! Robe da matti. Ma ricreiamo un senso civico in piazza Matteotti, santo cielo. Spostiamo Lampertico, magari. Guardi l’ufficio Iat com’è conciato: complichiamo solo la vita ai turisti. E poi cerchiamo di restituire un po’ di fiducia a chi in quella piazza ci lavora.

Vicenza ha una forte anima calcistica… …e non c’è neanche lo store della squadra di calcio in centro, come l’hanno Torino, Napoli, Roma.

E poi c’è l’anima letteraria, ma anche qui mi sembra che il piatto pianga, al di là delle presentazioni dei libri che sono un’altra cosa.

A Isola Vicentina hanno creato un festival letterario, iniziative le vedo da Arzignano a Noventa, per non parlare di Bassano. E Vicenza, la città di Goffredo Parise e Vitaliano Trevisan che fa? Dov’è? In che modo esalta i suoi scrittori? Perché non c’è una borsa di studio intitolata a qualcuno di loro?

Quando si parla di cultura in campo non ci sono solo i

decisori politici.

Giusto. Allora parliamo anche degli spettacoli classici: che cosa hanno rappresentato negli ultimi vent’anni? Cosa hanno lasciato nel dibattito della città? Quanto incidono? Ha lasciato qualcosa che parli alle nuove generazioni?

Le sue domande sono retoriche e lasciano intendere risposte negative o insufficienti.

Ho un interrogativo di fondo per tutti: cosa ci sta succedendo? Qualcuno ci pensa? Qualcuno sta governando la transizione dall’analogico al digitale?

Secondo lei bisogna riscoprire l’orgoglio cittadino.

Certamente. Mi chiedo: perché non c’è un red carpet alla stagione dei classici? Perché non c’è un luogo dove i vicentini possano sfilare eleganti e sentirsi orgogliosi della propria città e di quello che produce?

Ci vuole anche un po’ di faccia tosta e organizzare queste iniziative. Impariamo dai veronesi che fanno un albero di Natale a forma di pandoro. L’identità si recupera anche grazie alla narrazione e al marketing.

Ha speranze nel futuro? Sì, anche se il discorso università – che rappresenta il futuro di Vicenza – è comunque doloroso. Precisato che il complesso dell’università in viale Margherita è la migliore architettura realizzata in trent’anni, bisogna convenire sul fatto che gli studenti sono un corpo estraneo per Vicenza. La pista ciclabile è di là da venire, non ci sono bar e pizzerie vicino all’università. Del resto, non ci sono neanche vicino al teatro. E allora, perché non pensare all’inaugurazione dell’anno accademico con una celebrazione degli studenti migliori?

www.ilvicenza.it 19 L’intervista
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Il direttore di TvA Gian Marco Mancassola e un fotomontaggio che inventa un red carpet davanti all’Olimpico come fosse la Mostra del cinema di Venezia

L’analisi. Assurdo parlare di introdurne altre, perché le imposte che versiamo in questo settore sono molto elevate

Paghiamo già 50 miliardi di patrimoniali

A fronte di un’evasione fiscale stimata, secondo i dati della Cgia di Mestre, in quasi 84 miliardi, gli sprechi della pubblica amministrazione arrivano a 180 miliardi. Ecco dove bisogna incidere: migliorare l’efficienza della macchina pubblica

L’Italia viene spesso definita un paese povero di cittadini molto ricchi. Questo perché, a fronte dell’immenso debito pubblico italiano, pari al 142,1% del Pil nazionale, la ricchezza detenuta dai cittadini (oltre 10.000 miliardi di euro – Dati BdI) appare troppo spesso eccitare libidini tassaiole tese a sistemare il cattivo stato delle finanze pubbliche attraverso prelievi una tantum o strutturali dal bacino della ricchezza di famiglie e imprese.

Lo spettro evocato è quello della patrimoniale.

Le imposte patrimoniali sono quelle che gravano sulla ricchezza del contribuente, cioè sul suo patrimonio mobiliare/immobiliare e finanziario. Ve ne sono di ricorrenti (Imu) e di non ricorrenti (imposte di succes-

sione e di donazione).

Con l’abolizione dell’Imu sull’abitazione principale avvenuta nel 2013 non per questo gli italiani sono stati esentati dal pagamento di imposte patrimoniali. Oggi esse sono una decina: Imu/ Tasi, imposta di bollo, bollo auto, imposta di Registro e sostitutiva, canone Rai, imposta ipotecaria, imposta sulle successioni e donazioni, diritti catastali, imposta sulle transazioni finanziarie e imposta su imbarcazioni e aeromobili.

Secondo i dati forniti dalla Cgia di Mestre (Report ufficio studi n° 1 del 2024) il trend di crescita del prelievo fiscale connesso a queste voci è stato, come direbbe il mitico Fantozzi, mostruoso.

Da un gettito pari a 9,1 miliardi di euro del 1990, esso è salito a 25,7 miliardi di euro

nel 2000. Cinque anni dopo (2005) il prelievo è salito a 30,1 miliardi di euro che, nel 2015 sono diventati 48,4 miliardi. Nel 2022, l’ultimo di cui si possa disporre di dati asseverati, le patrimoniali in Italia hanno fruttato allo Stato ben 49,8 miliardi di euro. Una cifra enorme. Due volte il bilancio dello Stato.

Eppure il vizietto di ricorrere all’imposta patrimoniale pare in buona salute. Anzi, una parte significativa della sinistra ne fa un mantra ricorrente.

Tra il 2010 e il 2019 – al netto della distorsione pandemica – le entrate fiscali sono cresciute di pari passo con la crescita della spesa pubblica totale. Le tasse, dunque, stanno rincorrendo la spesa, in un turbine finanziario delirante.

Appare evidente che, al

contrario, vi siano due priorità fondamentali: 1) ridurre l’immane spesa pubblica; 2) ridurre progressivamente il deficit debito/Pil. Con una pressione fiscale che ha ormai raggiunto il 43% (e che appare serio non aumentare) l’unica via da seguire è il taglio drastico della spesa di parte corrente e la lotta strenua agli sprechi. Quanto all’evasione fiscale, sempre secondo i dati della Cgia vale 83, 6 miliardi di euro, mentre gli sprechi

e le inefficienze della pubblica amministrazione valgono oltre 180 miliardi di euro l’anno. La lotta all’evasione, doverosa, deve andare di pari passo con l’abbassamento della pressione fiscale, altrimenti – come ricorda il prof. Ricolfi – “le conseguenze di un fisco implacabile saranno la chiusura di una parte cospicua di imprese e la distruzione di decine di migliaia di posti di lavoro”.

Giuseppe de Concini

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Protagonisti

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Il personaggio. Isabella Rossellini ha portato a Vicenza il suo “Darwin’s smile” e racconta il suo amore per gli animali

“Etologia e teatro, le mie due passioni”

Empatica, e non solo con gli animali, sensibile, raffinata, persona che cogli subito autentica e non costruita. È l’identikit di Isabella Rossellini, 71 anni, che ha portato sul palcoscenico a Vicenza il suo Darwin’s smile, nel quale unisce le sue due grandi passioni: la recitazione e l’etologia. Lei è stata tutto nella vita: star e figlia di star, Ingrid Bergman e Roberto Rossellini, modella, regista, attrice, produttrice. Per la prima volta racconta in pubblico il suo grande amore per gli animali: gliel’ha insegnato suo padre, grazie a un libro.

Come mai s’è appassionata di scienza?

Perché papà a 14 anni mi ha regalato L’anello di re Salomone di Konrad Lorenz, premio Nobel e fondatore dell’etologia. Da lì è nata la mia passione per il comportamento degli animali. La laurea in etologia però l’ho presa da vecchia a New York.

Però ha anche un master honoris causa dell’università del Quebec. È vero che quando entrava in aula i suoi colleghi studenti credevano che lei fosse la professoressa?

Per forza, vista la differenza d’età.

Il suo spettacolo s’intitola “Il sorriso di Darwin”. Perché? Che c’entra Darwin?

Un sacco. Tutto nasce dalle domande che si fa Darwin sulle espressioni basilari degli animali. Lui era anche convinto che gli animali ridano e si divertano.

Ed è vero?

Se ho fatto uno spettacolo con questo titolo…

Ma è possibile che la recitazione e l’etologia abbiano delle convergenze, come lei sostiene?

È stata la grande scoperta durante la pandemia. Mi ha fatto stare bene scoprirlo. Ha unito le due passioni della mia vita.

Perché l’affascina Darwin?

Perché affascina tutti coloro che si occupano di scienza. Pensi che andava anche ai concorsi di bellezza dei piccioni e, vedendo tutte quelle piume colorate, s’è chiesto: ma questa transmutation degli animali (scusate, non so bene come si dica in italiano…) è possibile anche nella natura? Lui non conosceva la genetica, ma le sue ricerche hanno mostrato che, sì, l’evoluzione ci cambia.

A proposito di sorriso, per lei, che ha conosciuto Woody Allen ed era inviata di Renzo Arbore a L’altra domenica, cos’è l’umorismo?

Una definizione? Non credo nella mia vita di avere trovato le risposte a tutto, però con Renzo ci siamo molto divertiti.

Lei ha chiamato la sua fattoria a 100 chilometri da New York Mama farm. Perché?

Avevamo anche pensato di battezzarla con il mio nome, Isabella’s farm, però funzionava poco. E poi, quando non ci sarò più, che senso avrebbe avuto? Ci lavora anche mia figlia, quindi Mama va meglio. Infine, ci sono un sacco di animali femmine, dalle galline alle api.

Com’è avvenuta la genesi di questo monologo teatrale di cui lei è anche autrice?

Il Museo d’Orsay di Parigi mi ha chiesto due conferenze un po’ buffe su Darwin. Ho parlato del sorriso e dell’emicrania. Vi ha assistito Muriel Mayette-Holtz, che è stata anche la regista di Villa Medici a Roma e mi ha spiegato che da quelle conferenze poteva nascere molto di più. Mi sono trasferita a casa sua, a Nizza: in sei settimane è sbocciato lo spettacolo.

Nel suo spettacolo ha un ruolo importante l’empatia. E nella vita?

Noi attori la manipoliamo, l’empatia. Impariamo talmente bene le parole che alla fine giochiamo i nostri ruoli in scena sull’empatia tra colleghi. Viceversa gli scienziati non ne vogliono sentire parlare: la realtà si osserva dall’esterno, come i comportamenti degli animali.

Assunto che Konrad Lorenz ha smentito.

Esatto. Se si vogliono conoscere gli animali bisogna entrare in rapporto con loro. Come ha fatto lui con l’ochetta Martina.

Gli animali sono sempre stati una metafora dell’uomo e dei suoi caratteri, specie nelle fiabe.

Certo. Tant’è vero che Esopo mi ha sempre dato fastidio. Proviamo a raccontare come sono loro, senza farli assomigliare per forza a noi. Purtroppo l’etologia è una scienza ancora molto nuova.

Lei è stata tutto: attrice, giornalista, modella, regista, produttrice: c’è un ruolo che le piace di più? O, viceversa, cosa le manca ancora?

In realtà tutto quello che ho fatto si somiglia, nel senso che nell’arte si vive di collaborazioni. Non si realizza niente da soli. In ogni caso, il comune denominatore delle tante attività della mia vita è quello di raccontare. A questo punto della mia vita, vorrei essere una regista di etologia.

Invece?

Stanno uscendo tre film nei quali ho un ruolo: Conclave di Andrew Burgess, Chimere di Alice Rohrwacher e ho una piccola parte in un film del comico Julio Torres.

A proposito, che pensa dell’intelligenza artificiale? Voi attori americani avete scioperato per mesi…

E abbiamo fatto bene. Sono contenta di quello sciopero per-

ché ci siamo opposti alla creazione di nostri avatar da parte delle case cinematografiche che avrebbero fatto recitare loro e non noi. Se vuoi usare la nostra immagine per creare dei personaggi legati a noi ma slegati dalla realtà, beh, almeno ci chiedi il permesso. Mi pare una discussione perfino surreale.

Ma lei che rapporto ha con la tecnologia?

Non la osteggio mica, anche se uso poco il computer, giusto per mandare le mail.

Perché la scienza fa fatica a essere capita e creduta?

Perché ha creato un suo linguaggio, come quello dei medici e degli avvocati che è rivolto solo agli addetti ai lavori. Una specie di gergo quasi sempre incomprensibile.

E per superarla che consigli dà?

Posso solo dire che nel mio caso mi ha aiutato la passione per gli animali.

Lei è figlia di due monumenti del cinema. Qual è il film che preferisce di sua mamma?

Tanti. Notorius, Sinfonia d’autunno di Ingmar Bergman e poi Stromboli… Cosa vuole, magari noi per motivi di affetto siamo più legati a film che non hanno avuto grande successo, come Stromboli che ha segnato l’inizio della nostra famiglia.

E del papà cosa le piace di

più?

Il periodo neorealistico, naturalmente, è importante. Germania anno zero mi commuove molto. Pensare al fatto che è andato a Berlino appena dopo la guerra quando tutti condannavano i nazisti e lui con quel film ha cercato di riconciliarsi con quella nazione non può che colpire.

Altri film?

Francesco giullare di Dio, ma l’ha scritto Federico Fellini e ha dato alla storia del santo una caratterizzazione particolare. Papà comunque era una persona spiritosissima.

Ha un regista che le piace di più?

Le sue domande sembrano un po’ le olimpiadi: chi è il primo? (Sorride). Ma rispondo. Per esempio Agnes Varda, perché firma film semplici e molto femminili. Vede il mondo da un punto di vista differente, come Greta Gerwig regista di Barbie. E poi pensi a Sofia Coppola che ha raccontato Elis Presley dal punto di vista della moglie.

Lei in che lingua pensa?

Adesso interpreto lo spettacolo in italiano, quindi in francese e poi in Spagna, ma parlerò in inglese. Quando si usa una lingua, automaticamente si pensa in quel modo è un blocco unico. Non mi succede con lo spagnolo, però. (a. d. l.)

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Isabella Rossellini in una foto del suo spettacolo, vestita da scimpanzé

Spettacoli. La 28ª edizione si terrà dal 13 al 19 maggio nel nome di Bud Powell e Duke Ellington con due prologhi il 5 e

Cento eventi nel festival dedicato al piano

Molti big ad animare i concerti: Uri Caine, Omar Sosa, Craig Taborn, Marialy Pacheco, Antonio Faraò, Dado Moroni, Danny Grissett, Margherita Fava, Francesca Tandoi e poi ancora Simone Graziano, Paolo Birro, Sade Mangiaracina, Giovanni Guidi. Nel ricco programma saranno inoltre presenti Paolo Fresu, Paquito D’Rivera, Trilok Gurtu, Chico Freeman, Dhafer Youssef con Eivind Aarset

Èdedicato al pianoforte il festival jazz di Vicenza, giunto alla 28ª edizione, che si svolgerà dal 13 al 19 maggio con due prologhi il 5 e 7 maggio. La direzione artistica è, naturalmente affidata a Riccardo Brazzale, che è stato il fondatore del festival jazz assieme a Luca Trivellato e Matteo Quero nel 1996.

Il tema è tutto nel titolo, “Un sogno lungo ottantotto tasti”: si tratta di un omaggio al pianoforte nella storia del jazz, e non solo, nel centenario della nascita di Bud Powell (1924 – 1966), padre del moderno piano jazz e nel cinquantesimo della morte di Duke Ellington (18991974) che ha ispirato intere generazioni di jazzisti.

Il festival è promosso dal Comune di Vicenza in collaborazione con la Fondazione teatro comunale, in coproduzione con Trivellato Mercedes Benz, con Agsm Aim come sponsor principale e il sostegno di Sonus faber, mentre Acqua Recoaro e Brutal Agency sono sponsor tecnici dell’evento.

PIANISTI BIG. Siederanno davanti alla tastiera artisti come Uri Caine, Omar Sosa, Craig Taborn, Marialy Pacheco, Antonio Faraò, Dado Moroni, Danny Grissett, Margherita Fava, Francesca Tandoi e poi ancora Simone Graziano, Paolo Birro, Sade Mangiaracina, Giovanni Guidi.

Nel ricco programma saranno inoltre presenti Paolo Fresu, Paquito D’Rivera, Trilok Gurtu, Chico Freeman, Dhafer Youssef con Eivind Aarset.

MUSICA NEI LOCALI. Accanto alla programmazione principale, si animerà una nutrita programmazione diffusa, che sarà accolta nei locali e bar della città, a par-

tire dal 5 maggio, ribadendo questa come una delle caratteristiche che fanno di Vicenza Jazz davvero un unicum.

Saranno oltre 100 le occasioni musicali, tra concerti, jam session, incontri di approfondimento e di discussione, letture, proiezioni in luoghi ufficiali e non convenzionali della città. La passata edizione ha visto 5.000 biglietti venduti, dato importante per un festival in una città di medie dimensioni e lontano dalle programmazioni estive.

PROLOGHI. Due prologhi prepareranno l’atmosfera in attesa del festival. Il primo si terrà come da tradizione all’Auditorium Fonato di Thiene e avrà per protagonisti Eric Mingus e Silvia Bolognesi il 5 maggio. Il 7 maggio al Teatro Astra andrà in scena l’opera jazz di Federico Benedetti “Le serve” (tratta da Les Bonnes di Jean Genet), singolare composizione in cui trovano confronto le tecniche e i linguaggi del jazz e della musica colta e lirica.

PROXIMA. Si chiama “Proxima”, la sezione dedicata ai giovani musicisti jazz realizzata in collaborazione con l’associazione culturale Bacàn e domina la fascia pomeridiana del festival. Il primo appuntamento, con il duo pianistico formato da Luca Sguera e Margherita Fava, si terrà il 14 maggio in Basilica, in collegamento con la mostra Pop/Beat. Ci si sposterà poi in vari spazi del

Teatro Comunale per i successivi concerti: il 15 con il duo che affianca Camilla Battaglia (voce) e Simone Graziano (pianoforte); il 16 con i Nerovivo, il trio della promessa della batteria

Evita Polidoro; il 17 con il quartetto del bassista Marco Centasso; il 18 con il chitarrista Edoardo Ferri, il cui trio è completato da due figure di riferimento del jazz italiano, Enzo Pietropaoli al contrabbasso e Fabrizio Sferra alla batteria.

Il 16, 17 e 18 maggio

“Proxima” si sdoppia, lanciando anche “Aperitivo Proxima”, che farà da ponte tra la fascia pomeridiana e quella serale: si ascolteranno il quintetto Wasted (il 16), il Syntax Quartet (17) e i Raise Four (18), tutti nello spazio outdoor del Teatro Comunale (Vela).

AFTER HOURS. La pro-

grammazione della tarda serata del festival assume una nuova fisionomia, con il teatro comunale che ne diviene la principale, anche se non unica, location. Saranno ascolti a stile libero, anche con nomi affermati nel panorama concertistico nazionale e con un’ulteriore dose di pianisti. Si va dall’omaggio a Björk del trio The Last Coat of Pink (15 maggio, basilica palladiana) all’incursione nel mondo di Emily Dickinson dell’Emily Songs Quartet, con le musiche del pianista Francesco Carta (il 16, al Comunale). Ci saranno poi due sassofonisti coi loro quartetti,

Riccardo Brazzale, direttore artistico del festival e Luca Trivellato che assieme a Brazzale lo fondò nel 1996

Lorenzo Simoni (il 16) e Michele Polga (il 17), entrambi nello spazio della Vela del teatro, che ospiterà anche il quartetto co-diretto dal batterista Fabrizio Sferra e il sassofonista Dan Kinzelman (il 18). Quest’ultima serata di festival avrà una lunga coda: con la performance pianistica in solo di Paolo Birro a mezzanotte (Basilica Palladiana) e con lo sconfinamento orario del piano solo di Sade Mangiaracina, che si esibirà in un omaggio a Lucio Dalla all’alba del 19 al parco del museo del Risorgimento. Vicenza Jazz 2024 si chiuderà quest’anno al levar del sole.

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il 7

La rassegna. Aperta sino alla fine di giugno la mostra in Basilica curata da Roberto Floreani che ne spiega il valore

“Il pop italiano al livello degli Usa”

Il curatore spiega: “Un tempo credevo che il pop italiano fosse la nipotina un po’ stracciona di quello Usa. Invece ha un’assoluta indipendenza e un suo valore specifico. Lo hanno capito prima di noi gli stessi americani”. Esposti cento quadri di 35 autori. Importanti prestiti

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martedì 26 marzo mercoledì 27 marzo

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PIPPO PATTAVINA

PENSACI, GIACOMINO!

l “pop” italiano ha una sua dignità, pari a quella del più celebre pop americano. Lo ammette lo stesso curatore della mostra che sarà aperta sino a tutto giugno in Basilica, Roberto Floreani. “Credevo che il pop italiano – spiega – fosse la nipotina un po’ stracciona di quello Usa. Invece ha un’assoluta indipendenza e un suo valore specifico. Lo dimostrano tre circostanze. La prima è la mostra alla galleria Sidney Janis di New York del 1962: assieme a sei artisti americani, battezzati “I nuovi realisti”, sono presenti cinque italiani: Baj, Baruchello, Festa, Rotella e Schifano. Secondo. Il critico Alan Jones, amico di Leo Castelli, gallerista e mentore della Pop art americana afferma: “L’energia dell’arte italiana non aveva paragone in nessun altro Paese d’Europa. Peccato che non si poteva chiamare allora Neo futurismo, un tabù che esigeva l’uso del termine neo-Dada. Marinetti avreb-

be capito subito la convergenza dell’arte, design, moda, musica e nuovi mezzi tecnologici. Marinetti al light show al Piper”. E questo avveniva prima dell’affermazione della “Pop art” americana che sarà celebrata con il Leone d’oro tributato dalla Biennale di Venezia nel 1964 a Robert Rauschenberg. “E qui la critica perde il treno – sottolinea Floreani – perché gli artisti italiani, già celebrati negli Usa, sono ancora definiti neo oggettuali.”

Per dare luce a questo fenomeno, “un sentire comune – sottolinea Floreani – all’insegna del Liberi di sognare – la mostra propone 100 opere di 35 artisti provenienti da: Intesa Sanpaolo, Gió Marconi, Mart, museo Novecento di Firenze, MAMbo, dagli archivi di molti degli artisti in mostra nonché da alcune delle collezioni private più importanti d’Italia. Tra le opere esposte

vanno ricordate: Enrico Baj, Coppia , 1963; Renato Mambor, La pistola giocattolo, 1965; Umberto Bignardi, Senza titolo , 1965; Gino Marotta, Natura modulare , 1966 e sempre di Marotta Giraffa artificiale, 1972; Piero Gilardi, Mais , 1966; Mario Schifano, Futurismo Rivisitato , 1967; Fabio Mauri, Cinema a luce solida, 1968; Bruno Di Bello, Ritratto di Paul Klee, 1968; Umberto Mariani, La contestazione mondana , 1968.

Spazio rilevante nella mostra sarà dato anche all’ Antigruppo di Net Scammacca, fondato in antitesi verso il Gruppo 63 di Arbasino e seguaci. Secondo Floreani i siciliani di Scammacca sono “la vera parte autentica della beat generation italiana”.

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Arte
Il curatore Roberto Floreani e tre opere in mostra di Gino Marotta, Fabio Mauri e Bruno Di Bello

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#Regione

Lo scenario. Si avvicina l’appuntamento con le elezioni, sarà un test cruciale

Europa, Italia, Veneto: tra divisioni e incertezze le forze politiche alla ricerca di una direzione

Si allontana la prospettiva del terzo mandato per Zaia, la Lega ci prova ancora con un disegno di legge, secco no dal Partito Democratico

Terzo Mandato

Il primo atto della partita per garantire il terzo mandato ai sindaci dei comuni con popolazione superiore ai 15mila abitanti e ai presedenti di regione, è andato in scena poche settimane fa in Commissione Affari Istituzionali e si è concluso con un respingimento della proposta avanzata dalla Lega Nord che, in quella sede, ha trovato il sostegno soltanto di Italia Viva.

Esplorando, però, dall’interno le posizioni dei partiti non sembra che le posizioni siano poi così monolitiche come emerso dal voto in Commissione.

Dentro la Lega Nord, che ha ritirato prima del voto l’emendamento per i sindaci portando avanti solo quello per i presidenti di Regione, c’è chi è fortemente convinto di questa operazione, che consentirebbe a Zaia in Veneto e a Fedriga in Friuli di ricandidarsi, e chi, consapevole che il provvedimento sarebbe stato respinto, lo ha votato perché non gli venisse rimproverato di non aver fatto neppure un tentativo per salvare i propri presidenti di regione. Ragionamento diametralmente opposto quello del Partito Democratico: la posizione ufficiale è quella che non prevede terzi mandati, ma sono molti dentro al partito a non condividerla soprattutto coloro i quali sono maggiormente legati ad alcuni pezzi da 90 come i presidenti regionali Bonaccini (Emilia Romagna), De Luca (Campania), Emiliano (Puglia) e ai Sindaci Nardella (Firenze), Decaro (Bari), Ricci (Pesaro). Decisamen-

te contraria, in questo caso, senza contraddizioni interne, Fratelli d’Italia che non vede l’ora di capitalizzare, anche dal punto di vista amministrativo, la grande forza elettorale di questi anni.

Il Segretario Regionale della Lega Nord, Alberto Stefani ha già annunciato che questa partita è solo all’inizio e che ci riproverà attraverso la presentazione di una proposta di disegno di legge strizzando, anche l’occhio al Partito Democratico e mettendo sul piatto la possibilità di discutere insieme i caratteri della riforma autonomista dello Stato. Proposta, questa rispedita prontamente al mittente dal segretario regionale Democratico, Andrea Martella che non intende “barattare i futuri assetti del Paese con una norma salva Zaia”.

La Lega Veneta e la Lega Romana

Blaise Pascal, in un proprio noto scritto, affermava che “il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce”. Potremmo dirla così la divaricazione, sempre più profonda, tra la Lega Veneta e la Lega Romana. Il partito territoriale ha un cuore che vuole l’autonomia, che rifiuta il Premierato Forte, che chiede il terzo/ quarto mandato per Luca Zaia e che soffre l’esuberanza di Fratelli d’Italia che, quotidianamente, prenota posti per futuri sindaci, per la presidenza della regione Veneto e che si appresta a fare un boccone degli alleati alle prossime Europee.

La Lega che siede a Roma, quella del “Salvini Premier”

che ha preso il posto del “Nord” nel simbolo per intenderci, questa ragione non la conosce, o non la vuole comprendere. Troppo necessario, soprattutto in una fase di debolezza elettorale, il rapporto con gli alleati di Governo per potersi permettere di cedere alle pulsioni del territorio. E se anche Luca Zaia, solitamente distante dai dibattiti interni e dal prendere posizioni troppo manifeste, si è lasciato di recente andare ad un “preferivo la Lega Nord”, significa che qualcosa sta per accadere.

L’Europa chiama?

A misurare la temperatura del Governo ci penseranno certamente le tante elezioni amministrative, ma soprattutto quelle Europee. Il voto per andare a Bruxelles, infatti, è il più politico di tutti per definizione, non ci sono gli schieramenti e si indica il partito

che si preferisce senza alcuna “turbolenza” territoriale. Per intenderci se piace un sindaco per il proprio Comune si può anche scegliere di votare la persona, quindi, in particolar modo nei piccoli municipi, quello è un test fortemente influenzato da situazioni locali. Per le Europee invece si vota solo il partito.

Anche in questo la variabile si chiama Zaia: il Presidente ribadisce a ogni piè sospinto che non si candiderà per le Europee nonostante le pressioni del suo partito che vedono in lui un antidoto a quella che potrebbe essere una vera e propria disfatta nel derby tra alleati. Una scelta, quella del “Doge Veneto”, granitica o una tattica volontà di non dare l’impressione di non credere più nel quarto mandato? Lo si potrà scoprire presto, anche se per comprendere cos farà Zaia nel caso in cui non andasse in

Europa c’è molto tempo visto che il suo mandato scade nel 2025 salvo proroghe determinate dal Covid del 2020. Nel PD non ci sono molte più certezze: la leader nazionale Elly Schlein sembra determinata a candidarsi in tutte le circoscrizioni nonostante in molti glielo stiano sconsigliando anche per non prestarsi ad un confronto diretto con Giorgia Meloni che potrebbe compiere, guidando le liste di Fratelli d’Italia, la stessa scelta. L’altra variabile è determinata da Stefano Bonaccini: il Presidente dell’Emilia Romagna, uscito sconfitto dalle primarie del PD pur avendo vinto il voto nei circoli, è in scadenza proprio come Zaia. La Segretaria Nazionale lo vorrebbe in Europa, ma lui sembrerebbe preferire un ruolo nazionale sempre che non si riapra la possibilità di candidarsi nuovamente alle regionali. (r.r.)

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L’intervista. Roberto Ciambetti, presidente del Consiglio regionale del Veneto

“L’autonomia avrà il via libera in tempi brevi, con il terzo mandato elettori liberi di scegliere”

Roberto Ciambetti, presidente del Consiglio regionale del Veneto, ora la battaglia per l’autonomia è approdata in Parlamento. Come andrà a finire? Ci sarà davvero l’autonomia come l’aveva pensata la Lega?

Sinceramente penso di sì, perché stiamo parlando di applicazione della Costituzione. Non c’è nulla di eversivo in questo. Al di là di chi si è fatto scudo dell’inefficienza per le sue pretese politiche fuori luogo, che hanno poco a che fare con questo tema, l’autonomia verrà data alle regioni che la chiedono. Questo prevede la Costituzione. Più che le regioni che remano contro, cercando di frenare le richieste del Veneto, sono convinto che vi siano attività di lobby promosse da alcuni esponenti dei ministeri che non intendono perdere il proprio potere di mettere un timbro su qualche carta. Guardando ai territori e alle dinamiche interne alla maggioranza penso che la legge verrà approvata in tempi relativamente

brevi.

Altro tema caldo è la vivace protesta degli agricoltori contro le politiche comunitarie. Che ne pensa?

Ero a Bruxelles proprio nei giorni della protesta e ho visto dai palazzi della commissione europea quello che stava avvenendo. E’ la reazione a cinque anni delle misure imposte con il green deal, che presenta logiche e obiettivi assolutamente utopistici. L’appoggio da parte della presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen ha portato l’agricoltura e tutta l’economia europea ad una situazione difficile da gestire. Ciò che è successo con gli agricoltori potrebbe anche ripetersi su iniziativa di altre categorie economiche. Siamo tutti d’accordo che dobbiamo far qualcosa importante e tutti devono metterci del suo per salvaguardare l’ambiente, per contrastare i cambiamenti climatici, ma non possiamo pretendere che ci siano passaggi impossibili da realizzare per-

ché le tempistiche sono assolutamente assurde. Ciò che abbiamo visto in Europa secondo me è la giusta reazione a delle politiche che nulla avevano di logico e che invece forse avevano molto di ideologico. Viene a mancare una concreta possibilità di applicazione.

E’ più acceso che mai anche il confronto sul terzo mandato dei presidenti di Regione. Lei è favorevole?

Assolutamente sì. E non perché c’è in ballo Luca Zaia ma perché secondo me i cittadini devono poter scegliere liberamente chi li governerà. C’è chi pensa che gli elettori siano poco attenti e inclini al ragionamento nel decidere chi dovrà guidare le istituzioni. Noi invece vogliamo che venga lasciato ai cittadini il potere di scegliere, la libertà di indicare il futuro governatore del Veneto. Il limite dei due mandati è assurdo e anti democratico. Sono parole che possono sembrare forti ma dobbiamo lasciare gli elettori libere di scegliere.

Se invece non fosse possibile ricandidare Zaia, come gestirete il rapporto con Fratelli d’Italia che punta ad avere un proprio presidente?

Con gli amici di Fratelli d’Italia andiamo d’accordo e rispondo che questi aspetti si affronteranno anzitutto sui tavoli nazionali. Ricordo che anche quando Fratelli d’Italia aveva percentuali inferiori alle attuali hanno avuto dei candidati e dei presidenti in regioni strategiche per il partito come la Sicilia o l’Abruzzo. Perciò non vedo nulla di così rivoluziona-

Due milioni di euro per sostenere l’imprenditoria femminile in Veneto

La Regione Veneto scende in campo a sostegno della promozione e sostegno delle piccole e medie imprese (PMI) giovanili con un Bando che mette a disposizione un totale di contributi erogabili pari a 2 milioni di euro. “Il supporto ai giovani che decidono di aprire una loro attività è fondamentale ed è positivo che la Regione investa in questo senso – dice Elisa Venturini Capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale – Al 31 dicembre 2022 le imprese giovanili presenti in Veneto risultano circa 32.000 (con una riduzione del 2% rispetto al 2019) e rappresenta-

no il 7,5% delle imprese attive presenti nel territorio regionale, valore di poco inferiore alla media nazionale (9%).

Come per tutto il tessuto imprenditoriale regionale, si tratta di imprese di piccole dimensioni, l’88% non supera i sei addetti, e la forma giuridica prevalente è quella della ditta individuale (50,5% delle imprese giovanili venete). Questo bando mette a disposizione delle risorse che possono risultare molto utili specialmente in fase di avvio e di sviluppo delle aziende giovanili”.

Per essere ammesse alle agevolazio-

rio se la Lega chiede di restare al timone della Regione Veneto, sia per motivi storici e politici, ma anche visto il risultato ottenuto alle ultime elezioni politiche, dove la Lega ha ottenuto il maggior numero di voti. Sono aspetti da analizzare con attenzione e penso che una leader sensibile e non smemorata come Giorgia Meloni li terrà ben presenti. Qualche suo colonnello, al contrario, mi sembra abbia la memoria più corta”.

(a cura di Giorgia Gay e Nicola Stievano)

ni, le micro, piccole e medie imprese devono essere imprese individuali i cui titolari siano persone di età compresa tra i diciotto e i trentacinque anni. Gli interventi ammessi a contributo saranno le spese relative a beni materiali e immateriali o a servizi. Il contributo minimo è di 6.000 euro mentre il massimo è di 51.000 euro: la percentuale finanziabile massima pari al 30% delle spese e per questo non sono ammissibili interventi che comportino un investimento complessivo inferiore a 20.000 euro. La domanda va presentata entro mezzogiorno del 19 marzo.

www.ilvicenza.it 28 041 554 0550 VIALE PADOVA, 1 · 30019 SOTTOMARINA DI CHIOGGIA (VE) PIZZERIA GRAZIE per averci scelto e per continuare a sceglierci dalle Tutti i giorni Mercoledì chiuso per riposo Sintonizzati sul futuro.
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Elisa Venturini Roberto Ciambetti

L’appello. La parlamentare

Pd Rachele Scarpa: Governo e Regione prendano sul serio il fenomeno

“Fondo per i disturbi alimentari, insufficienti i 10 milioni stanziati”

“È stato solo grazie alla mobilitazione collettiva che il Ministro Schillaci è tornato sui suoi passi, ma un semplice reintegro non basta, servono più finanziamenti”

Idisturbi del comportamento alimentare (DCA) rappresentano una crescente preoccupazione per la salute pubblica in tutto il mondo, inclusa la regione del Veneto. Questi disturbi, che includono principalmente l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il binge eating disorder. “In Veneto, come in altre parti d’Italia, si è assistito a un aumento dei casi di DCA - spiega Rachele Scarpa, parlamentare veneta del Partito DemocraticoQuesta tendenza allarmante sottolinea l’urgente necessità di risorse e finanziamenti per i centri dedicati al trattamento e alla prevenzione di tali disturbi. Se con la legge finanziaria del 2021 si era finalmente riusciti ad istituire un fondo di 20 milioni, la scellerata scel-

ta del governo Meloni di eliminare le risorse ha messo in seria discussione la capacità di azione del nostro sistema sanitario. È stato solo grazie alla mobilitazione collettiva che il Ministro Schillaci è tornato sui suoi passi: un semplice reintegro della metà del fondo, ovvero 10 milioni, che rimangono totalmente insufficienti. Rimane poi aperta la questione del mancato inserimento dei Disturbi Alimentare all’interno dei Livelli Essenziali di Assistenza. Garantire l’accesso universale al trattamento per i DCA attraverso i LEA significherebbe abbattere le barriere economiche che troppo spesso impediscono alle persone di cercare e ricevere l’aiuto di cui hanno bisogno”. “In sintesi – conclude

Scarpa - è imperativo che le autorità regionali e nazionali riconoscano la necessità di aumentare i finanziamenti e le risorse dedicate al trattamento dei DCA. Solo attraverso un impegno concreto e sostenuto sarà possibile affrontare efficacemente questa problematica.”

Contrassegno unico per disabili Calzavara: “Censite oltre 120 mila targhe on line e soluzioni veloci per pass Ztl”

“Zetatielle Network è il circuito che abbiamo creato riunendo le banche dati e le informazioni sulle quasi 120mila targhe abilitate al transito nelle aree ZTL di 330 comuni veneti”. Così l’assessore alla programmazione, bilancio e personale della Regione Francesco Calzavara, ha annunciato l’avvio del contrassegno unico digitale per le persone con disabilità. “Si tratta di un progetto che abbiamo lanciato come Agenda Digitale del Veneto - ha aggiunto l’assessore - per l’inclusione dei cittadini con disabilità e che nel corso del 2023 ci ha evitato di recapitare quasi un milione di multe ai veneti. Accertamenti di violazioni che sarebbero poi stati contestati producendo un reale risparmio di oltre 10 milioni di euro solo di spese di notifica. Liberi di muoversi oltre ogni barriera non dev’essere solamente uno slogan o una frase a effetto, ma un servizio concreto, tangibile e fruibile da parte del cittadino che può finalmente superare la barriera virtuale della Ztl per circolare in totale libertà e godere di un diritto previsto dal codice della strada”, ha concluso Calzavara.

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Economia. Roberto Boschetto (Confartigianato Imprese Veneto) sull’avvento delle nuove tecnologie

“Intelligenza Artigiana, la nostra forza

Noi artefici di creatività innovativa”

“L’IA è il mezzo, non il fine, va governata per farne uno strumento capace di esaltare creatività e competenze ineguagliabili dei nostri imprenditori”

L’avvento dell’Intelligenza Artificiale sta portando scompiglio nel mondo della finanza e dell’economia. Da una recente analisi di Confartigianato Imprese Veneto emerge che il 36,2% del totale degli occupati italiani (8,4 milioni) potrebbe subire l’impatto delle profonde trasformazioni tecnologiche e dei processi di automazione. Le professioni più esposte sono quelle maggiormente qualificate e a contenuto intellettuale e amministrativo, a cominciare dai tecnici dell’informazione e della comunicazione, dirigenti amministrativi e commerciali, specialisti delle scienze commerciali e dell’amministrazione, specialisti in scienze e ingegneria, dirigenti della pubblica amministrazione.

Tra le attività lavorative a mi-

nor rischio vi sono quelle con una componente manuale non standardizzata, proprio come è l’artigianato.

Approfondiamo questo aspetto con Roberto Boschetto, presidente di Confartigianato Veneto: “noi l’acronimo

I.A. lo leggiamo Intelligenza Artigiana. Una dote indispensabile per realizzare un modello di sviluppo economico e sociale ‘a misura d’uomo’, ricco della creatività e delle competenze inimitabili delle piccole imprese venete. Sapremo vincere le sfide delle grandi transizioni con la forza dei valori artigiani, capaci di unire l’innovazione digitale con la tradizione manifatturiera per dare ’anima’ a prodotti e servizi belli e ben fatti, simbolo del made in Italy e frutto della testa, delle mani e del cuore

dei nostri imprenditori”.

Vi sono timori per l’avvento dell’intelligenza artificiale anche nei processi produttivi?

“Non abbiamo nessuna paura del nuovo e della tecnologia, come pure nessuna nostalgia per vecchi modi di produrre. Il destino degli uomini e degli imprenditori di fronte ai rischi e alle potenzialità dell’intelligenza artificiale

è uno dei temi cruciali per il futuro dell’economia e, in generale, delle nostre società. Confartigianato lo ha messo al centro di riflessioni e di iniziative che puntano sull’intelligenza artigiana per costruire il futuro sostenibile del made in Italy”.

In che modo arrivarci?

“L’intelligenza artificiale è un mezzo, non è il fine. Non va temuta, ma governata dall’intelligenza artigiana per farne uno strumento capace di esaltare la creatività e le competenze, ineguagliabili, dei nostri imprenditori. Non c’è robot o algoritmo che possano copiare il sapere artigiano e simulare il nostro talento che rende unico nel mondo il made in Italy. Vogliamo consentire ai nostri imprenditori di partecipare alla sfida dell’innovazione per migliorare l’eccellenza e l’unicità di ciò che producono”.

Quali le conseguenze per le aziende nel prossimo futuro?

“Il nostro Ufficio studi dimostra che l’intelligenza artificiale può trasformarsi da rischio in opportunità, in un’arma che le piccole imprese stanno sfruttando per ottimizzare le proprie attività. In particolare, il 6,9% delle nostre Pmi utilizza robot, superando il 4,6% della media europea e doppiando il 3,5% della Germania. Inoltre, il 5,3% delle Pmi usa sistemi di intelligenza artificiale e il 13% prevede di effettuare nel prossimo futuro investimenti nell’applicazione dell’IA. I sistemi di intelligenza artificiale porteranno ad un nuovo equilibrio del portafoglio delle competenze imprenditoriali, un fenomeno più marcato per le piccole imprese nelle quali l’imprenditore accentra su di sé attività caratteristiche di professioni ad elevato impatto di IA. Noi siamo certi che L’intelligenza artificiale si fonderà in modo collaborativo con l’”intelligenza artigiana” degli imprenditori”.

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World Health Forum. Dal 20-23 marzo il prestigioso seminario con esperti da tutto il mondo

L’intelligenza artificiale nella medicina: a marzo Padova diventa la protagonista

Diversi mesi addietro proprio da queste colonne avevamo titolato “Padova Capitale della Salute” considerato il peso crescente che la città stava assumendo sulla scena nazionale e internazionale in termini di medicina grazie al grande impegno, anche strutturale per questo fondamentale settore e alla collaborazione, di altissi-

Congressi il teatro di questo fondamentale meeting che vedrà protagonisti alcuni tra i principali esperti mondiali in materia.

Si parte, come detto, il 20 marzo a Palazzo della Ragione dove dalle 15 ci saranno gli interventi del presidente della Regione Luca Zaia, del sindaco di Padova Sergio Giordani, e della

puntamenti successivi, al Centro Congressi. Tra gli appunti certamente più prestigiosi ci saranno certamente gli interventi di Mihaela van der Schaar dell’University of Cambridge, Tianxi Cai di Harvard Medical School, Boston, di Rosario Rizzuto, dell’Università di Padova, di Giusella Finocchiaro, dell’Università di Bologna. Il

mo livello, tra Amministrazione Comunale, Università, Azienda Ospedaliera, Centri di Ricerca e Ulss.

Quasi a voler certificare questa tendenza ecco che dal 20 al 23 marzo Padova ha scelto di ospitare un seminario, forse il più prestigioso che ad oggi si è svolto a livello internazionale, su di un tema di grandissima attualità: l’applicazione dell’intelligenza artificiale in medicina.

Dopo l’apertura a Palazzo della Ragione sarà il Centro

Medicina e

rettrice dell’Università Daniela Mapelli che dialogherà con diversi esperti sul ruolo proprio degli Atenei. Si parlerà, poi, di pandemia chiedendosi se ci si debba aspettare, per il futuro, qualcosa di simile al covid e di Enti Camerali con il Presidente della Camera di Commercio, Antonio Santocono e quello della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, Gilberto Muraro.

Il secondo giorno, il 21 marzo, si svolgerà, come tutti gli ap-

terzo giorno, tra gli altri, Alessandro Doria di Harvard Medical School, Boston, Panagiotis Papapetrou, Stockolhm University, Sebastien Ourselin, King’s College London, Henning Muller, HES-SO Valais Techno-Pôle. Nella quarta e ultima giornata di lavori interverranno, tra gli altri, Tiziana Lippiello, Magnifico Rettore Università Ca’ Foscari di Venezia, Paolo Nespoli, Ex Astronauta ESA, Francesca Pasinelli, Direttore Generale Fondazione Telethon.

Zaia: “Veneto punto di riferimento della promozione della salute globale”

Presidente Zaia, il Veneto sta mettendo in atto azioni concrete per promuovere l’innovazione nella sanità.Il World Health Forum è il primo tassello?

In un Veneto che si attesta nuovamente ai vertici nazionali per i Lea, realizziamo un grande sogno. Una vera e propria legacy della sanità, che analizzerà il presente e approfondirà il futuro dell’evoluzione delle scienze mediche e delle tecnologie per migliorare la vita dei cittadini. Il Veneto diventerà per una intera settimana il cenacolo internazionale della medicina globale, identificando, altresì, i nuovi trend.

Un evento di portata internazionale per riunire esperti della salute globale?

Facciamo da apripista riunendo in Veneto tutti coloro che hanno un ruolo attivo nel presente e nel futuro della salute globale, per delineare le prospettive future sul benessere e sulla prevenzione anticipando le nuove tecniche di diagnosi e le corrette gestioni dei dati sanitari. È la sintesi eccezionale di una sfida alla quale stiamo lavorando da due anni e dimostrerà il grande potenziale del Veneto nella sanità, nella scienza, nella ricerca, nell’intelligenza artificiale applicata alla medicina. Questo forum, destinato a crescere di anno in anno, si propone di diventare il nuovo punto di riferimento nel campo della sanità, simile al Forum Economico Mondiale di Davos, ma focalizzato sulla salute anziché sull’economia.

È emerso il tema delle imprese farmaceutiche e si è notata una carenza di ricerca nel nostro territorio. Questa è un’opportunità senza precedenti, poiché quando sei sotto i riflettori, si avvia un meccanismo virtuoso di promozione e attenzione. Diventeremo un incubatore di innovazione, considerando l’interesse crescente di aziende nel settore delle biotecnologie, della sanità e della produzione farmaceutica. In questo contesto, un forum che si pone al centro dell’attenzione internazionale è assolutamente necessario per catalizzare ulteriori progressi e partnership nel campo della salute globale.

intelligenza artificiale: “L’Italia deve fare un passo in avanti”

Una parte significativa del programma del World Health Forum sarà dedicata all’evento Artificial Intelligence for Healthcare, che si terrà il 21 e il 22 marzo, focalizzandosi sull’esplorazione del ruolo dell’intelligenza artificiale e del machine learning nel campo della sanità. Un incontro, ideato dal professor Gaudenzio Meneghesso, direttore del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Padova e dal professor Roberto Vettor professore ordinario di Medicina interna.

“L’idea è nata dalla necessità di integrare gli studi, le analisi e i progressi tecnologici nel campo della medicina.

Ringrazio anche la dottoressa Cristina Degan e il professor Mattia Veronesi per il fondamentale supporto – commenta il professor Meneghesso –. L’intelligenza artificiale, se utilizzata correttamente, porterà vantaggi significativi in termini di efficienza medica e riduzione dei tempi di attesa per i pazienti. Ciò non significa l’eliminazione della professione medica, ma offrirà la possibilità di concentrarsi maggiormente sul benessere dei pazienti”.

Tra i relatori di spicco vi sono la Prof. ssa Mihaela van der Schaar (Università di Cambridge), il Prof. Alessandro Doria (Harvard Medical School) e il

Prof. Sebastian Ourselin (King’s College London), i quali condivideranno le ultime innovazioni nel campo dell’IA in medicina, evidenziando il suo ruolo cruciale nella trasformazione digitale delle scienze mediche.

La conferenza affronterà questioni legate all’etica e alla regolamentazione dell’intelligenza artificiale, che rappresentano uno dei principali temi di discussione odierni. “L’Italia deve fare un passo in avanti nel trovare una soluzione anche in questo ambito. Francia e Germania hanno già superato il divario amministrativo per poter avere le cartelle cliniche dei pazienti e poter analizzare attraverso l’intelligen-

za artificiale tutti i dati possibili. Le questioni etiche, come la violazione della privacy richiedono un’attenzione particolare sia da parte della comunità accademica che delle istituzioni e della società nel suo complesso”. (s.b.)

www.ilvicenza.it 31 Regione
Gaudenzio Meneghesso, Luca Zaia e Roberto Vettor
Ciclo misto - Valori ponderati (l/100km): 0,96 Consumo di energia ele rica (Wh/km): 199,23 Range consumi (l/100km) - ponderato ciclo misto Charge depleting: 0,96 Emissioni CO2 g/km (range)ponderato ciclo misto Charge depleting: 22 - Consumi ed emissioni WLTP* (ai sensi del Regolamento UE 2017/1151)
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