ilVicenza - Agosto 2023

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L’INTERVISTA IN REDAZIONE

Il presidente Zaia: dal terzo mandato ai nodi della sanità

Lo sport è giovane ma non per tutti

Massimiliano “Massimo” Gini è un imprenditore di livello internazionale: ha creato “Sustain for Life”

IPoirot indaga a Vicenza

Antonio Di Lorenzo >antonio.dilorenzo@givemotions.it<

n questo ultimo scorcio d’estate è già tempo per le famiglie di organizzare non solo il rientro a scuola dei figli, con tutto ciò che questo comporta in termini pratici, ma anche di programmare l’attività sportiva. Per molti dei nostri ragazzi, almeno più di una buona metà, stando alle ultime statistiche, è così. Ma non per tutti, però, anche nel nostro Veneto dove lo sport giovanile registra una consolidata tradizione.

segue a pag 5

Agatha Christie è detestata dagli scrittori di polizieschi per un motivo molto semplice: tutte le migliori idee per un giallo le ha già avute lei. Le è anche attribuito un aforisma: “L’archeologo è il miglior marito, più invecchi e più s’interessa a te”. In realtà con il signor Christie, appunto archeologo, il menage familiare fu disastroso, al punto che lei scomparve – infuriata per averne scoperto il tradimento con la segretaria – architettando la fuga in modo da incolpare lui. Quasi ci riuscì. segue a pag 5

GENERAZIONI La “nouvelle vague” dei Giacomino boys 12 UMORISMO Il Velosolex motorino esplosivo 13 ARTE Matteo Cibic reinventa l’universo 25 IL PERSONAGGIO Lo storico barbiere di via Lamarmora 28 DONNE E LAVORO Come conciliare azienda e famiglia 27 Servizi a pagg. 8, 9 e 10 È MURO CONTRO MURO IN POLITICA MA SCOTOLATI NON RISPARMIA NESSUNO Intervengono nel dibattito Martina Corbetti e Francesco Rucco, mentre l’umorista prende in giro destra e sinistra Servizio a pag. 6 LO CONOSCONO IN EUROPA, MA A VICENZA NO È IN PRIMA FILA PER L’AFRICA
AGOSTO 2023 Periodico d’informazione localeAnno XXIX n. 8
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Nicola Stievano >direttore@givemotions.it<
del giornale L’INFORMAZIONE LOCALE
Da settembre 2023 con voi. Da settembre 2023 con voi.

Più bici Più case Più “bit”

Poirot indaga a Vicenza

Antonio Di Lorenzo >antonio.dilorenzo@givemotions.it<

Ci vorrebbero le “piccole cellule grigie” di quell’eccentrico personaggio di dame Agatha, monsieur Hercule Poirot, per spiegare quanto si sta vivendo a Vicenza, perché l’intreccio somiglia, se non a un giallo, a un mosaico le cui tessere sono sparpagliate.

Immaginate il Nostro elegante a tavola (gustando un baccalà, n’est-ce pas?) mentre s’arrovella su alcuni interrogativi che ha colto passeggiando in città. Perché i treni dell’alta velocità non riescono a trovare la propria direzione? Questo giovane sindaco dinamico, Peut Jamais , sembrava avesse convinto i progettisti di Roma a trovare un’alternativa. Macché. Niente tunnel in stazione, niente mitigazione al viadotto da buttare giù a Ponte Alto. Dicono che con il cantiere lungo due anni (almeno) il traffico aumenterà, sì, ma di poco. Ma, mes amis romains, sembra che voi conosciate poco questa città tormentata da un traffico infernale, sempre e comunque. O forse è il nuovo direttorio in quel charmant palais Trissinò che chiede l’impossibile? Lo sostiene il sindaco passé , Francesco Rucco, che scuote la testa e ripete: “Avete visto che avevo ragione io? Quel progetto non si riuscirà a modificare”.

Poirot continua a interrogarsi. È vero che il sindaco invita i concittadini ad avere fiducia, perché si sta ancora discutendo su questo benedetto progetto, ma sui cantieri e sui lavori pubblici ci si gioca la faccia.

Più bici, più case per le persone in condizioni di disagio e più “bit”, cioè più innovazione digitale. Sono i tre fronti dell’azione del Comune su problemi nevralgici. Riguardo alla mobilità, arriva la circolare per le bici attorno al centro. Saranno indicate le corsie per le biciclette, condivise con le auto, non potendo materialmente realizzare piste ciclabili a causa delle strade troppo strette. In tutto, con 340 mila euro finanziati dal Pnrr verranno realizzati 6,3 chilometri di corsie ciclabili. L’amministrazione Possamai riprende quindi e porta a conclusione il lavoro di Variati e di Rucco.

Sul fronte della casa, il Comune lancia un’operazione su due fronti per trovare abitazioni. La situazione è drammatica: “Settamta famiglie sono a rischio sfratto, mentre l’albergo cittadino di San Marco, la struttura di via Giordano e i co-housing comunali sono saturi. E anche se il 28% dei 194 attuali ospiti lavora, ha un reddito dignitoso e vorrebbe andare a vivere altrove, non riesce a trovare una stanza o una casa in affitto per liberare i preziosi posti letto comunali”.

Il Comune, quindi, invita i proprietari ad affittare le loro case, facendosi garante e mettendoli in contatto con gli assistenti sociali. Inoltre, è pronto a stipulare contratti a proprio titolo e mette sul piatto 70mila euro.

Sul fronte dell’innovazione tecnologica, l’assessore Leonardo Nicolai ha costituito una commissione di giovani “saggi” che lo aiuterà a dare vita alla Consulta per l’innovazione. Della “cabina di regia” fanno parte: Daniel Cattin, Girolamo Da Schio, Enrico Grandi, Martina Mantoan e Isacco Zuffellato.

di Vicenza

è una testata giornalistica di proprietà di Srl

È un periodico formato da 23 edizioni locali mensilmente recapitato a 506.187 famiglie del Veneto.

Intanto altri guai bussano alla porta: Vicenza vive un drammatico problema abitativo tra sfratti, case che non si trovano da affittare e i senzatetto, mentre l’albergo cittadino sarà abbattuto proprio dal cantiere dell’alta velocità e il ricovero dell’ex patronato a Ponte Pusterla scoppia, non c’è più posto per nessuno. È estate e pochi ci pensano ma l’inverno e il freddo arriverà presto. Le maire ha chiesto ai concittadini di dimostrare generosità e mettere a disposizione gli alloggi vuoti. Lui ci mette garanzie e soldi. Sarà accontentato? Speriamo. Perché è giusto dare a chi amministra tutte le responsabilità, ma a Vicenza – ragiona Poirot – non si deve finire come in quell’altro caso che mi ha coinvolto, come si chiamava? Ah sì, Assassinio sull’Orient Express, dove si scopre alla fine che gli assassini sono tutti. Come dite, ho spoilerato il finale e Agatha non sarebbe contenta? Pardonnez-moi

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www.ilvicenza.com 5 Facciamo il punto
Tre fronti dell’azione comunale su problemi nevralgici
Chiuso in redazione il 2 agosto 2023
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Questa edizione raggiunge la città di Vicenza per un numero complessivo di 43.000 copie. Iscrizione testata al Tribunale di Vicenza n. 4194/2020 V.G. del 23.11.2020; R.S. 17/2020; numero iscrizione ROC 32199

Il personaggio. Massimiliano “Massimo” Gini, imprenditore top nel mondo ma invisibile a

“Ogni centesimo è importante per l’Africa”

Professionalmente nel 1975 Gini ha creato “Eurochange”, società di cambio di valute. Era un’intuizione avveniristica al tempo, quando non esisteva il bancomat. È attento alla solidarietà. Nel 2006 fonda l’associazione che, basata in Italia e Svizzera, segue una trentina di progetti in una decina di Stati dell’Africa subsahariana

Lo conoscono in Europa, negli Usa, in Africa, in Asia. Ma a Vicenza, dove ha una casa da sempre, è quasi invisibile. Eppure è un personaggio di livello internazionale, un imprenditore che ha spaziato nel campo della finanza con grande intuito sin dagli anni Settanta. Ma lui ama la riservatezza. Potete cercare negli archivi dei giornali locali, ma su di lui non è mai stato pubblicato – mai vuol dire mai –un articolo. Questo è il primo. Massimiliano “Massimo” Gini ha 78 anni ed è il fondatore di “Sustain for Life”, associazione no profit di diritto inglese ma basata a Zug in Svizzera, che dal 2006 opera nel campo della solidarietà in Africa, con una rete importante di iniziative in numerosi Stati.

Basta dare un’occhiata al sito per contare una trentina di progetti distribuiti nell’Africa subsahariana: in Uganda (solo qui ne sono attivi 13), Benin, Togo, Burkina Faso, Sierra Leone, Liberia fino a India e Nepal. Sono tre i settori attorno ai quali sono raggruppati gli interventi: salute, educazione e agricoltura. C’è bisogno di tutto in quei Paesi: dai pozzi d’acqua ai computer.

Ma chi è Massimiliano Gini? Nato in una famiglia contadina di Pojana Maggiore, ha studiato al “Rossi” ed è andato a lavorare nel Regno Unito, specializzandosi nel campo

finanziario. Nel 1975, quando aveva sì e no trent’anni, fondò Eurochange: la fonte è un quotidiano inglese l’Eastern Daily Press, citato da Wikipedia. Eurochange offre il cambio di oltre 60 valute attraverso i suoi uffici (ce ne sono 190 solo nel Regno Unito) situati nelle vie principali e nei centri commerciali, nonché online. Adesso sembra scontato, ma quasi cinquant’anni fa, quando non esisteva il bancomat ma solo l’American Express, e la possedevano in pochi, era un’intuizione avveniristica. E vincente.

Eurochange è stata ceduta nel 2014, ma evidentemente è rimasta nel cuore di Gini tanto che il suo logo è lo stesso della sua associazione benefica, “Sustain for life” che ha fondato nel 2006. La filosofia dell’associazione è ben spiegata nel sito. “Durante le visite in alcune delle zone più povere e meno sviluppate del mondo – è scritto – Massimo Gini ha visto in prima persona la mancanza di opportunità per i bambini e le altre persone vulnerabili e si è impegnato ad aiutare i più poveri tra i poveri, dando loro gli strumenti e le competenze per crearsi un futuro migliore”.

“Si è stupito di come anche un piccolo finanziamento possa fare una tale differenza nella vita di coloro che vivono in condizioni di estrema povertà.

“È nostro dovere collettivo – ha detto – aiutare il prossimo, in

particolare le persone vulnerabili e svantaggiate, quindi spero che molti altri si uniscano a me nel sostenere i progetti di Sustain for Life e contribuiscano a creare un mondo migliore per tutti noi”.

“Massimo – spiega sempre il sito – è il principale finanziatore dell’organizzazione. Frustrato dalla quantità di fondi di beneficenza che venivano sprecati per spese inutili da parte di altri enti di beneficenza, Massimo si è impegnato fin dal primo giorno a continuare per sempre a finanziare tutti

i costi di gestione di “Sustain for Life”, per garantire che il 100% delle entrate andasse direttamente alle persone che ne hanno più bisogno. Si reca regolarmente ai nostri progetti e incoraggia i nostri partner e donatori a partecipare direttamente”.

Questo spiega perché il motto dell’associazione è: “Ogni penny conta”, cioè ogni centesimo.

La Fondazione “Sustain for Life” Italia ha una sede a Vicenza, in via Chinotto 1, e un’altra in Svizzera, esattamente a

Un’immagine di Gini ricavata dal sito, il logo di “Sustain for life”, una lezione all’aperto in una scuola e Gini con due studenti diventati medici

Zug, nel Cantone omonimo dove la Fondazione svizzera è stata costituita nel 2011. Massimiliano Gini, che vive anche in Svizzera, ne è presidente, Marco Blaser è il vice, Benedikt Metternich-Sándor, Hommy Khosrowpanah e Luca D’Orlando ne sono componenti.

Tra gli “amici di lunga data”, come vengono definiti nel sito dell’associazione, si nota anche il volto di Nicola Falde, noto commercialista vicentino. Molti altri sono indicati solo con il nome e alcuni sono veneti.

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Vicenza, anima “Sustain for life”
Solidarietà

L’analisi. Parla Francesco Rucco, leader dell’opposizione e già sindaco: “Sul Pnrr ho lasciato un tesoretto di progetti”

“Abbiamo spianato noi la strada alla giunta”

“È una squadra giovane e inesperta, quindi è normale dover lasciare loro il tempo di assestarsi. Ma non scordiamoci che dietro molti neofiti ci sono persone di esperienza: è inutile nascondersi che Variati, Bulgarini, Formisano, Antonio Dalla Pozza stanno dando una mano al sindaco Possamai nell’avvio di questa nuova amministrazione”

In linea d’aria sono solo pochi metri, ma politicamente rappresentano una rivoluzione: Francesco Rucco ha mantenuto il suo scranno in Sala Bernarda, ma da quello di sindaco si è dovuto accomodare tra i banchi dell’opposizione.

Che giudizio dà della nuova giunta?

“È una squadra giovane e inesperta, quindi è normale dover lasciare loro il tempo di assestarsi. Ma non scordiamoci che dietro molti neofiti ci sono persone di esperienza: è inutile nascondersi che Variati, Bulgarini, Formisano, Antonio Dalla Pozza stanno dando una mano al sindaco Possamai nell’avvio di questa nuova amministrazione”.

Ne hanno bisogno?

“Molte figure hanno poca o nulla esperienza amministrativa: penso all’assessore alla cultura o a quello all’ambiente ad esempio: non hanno mai visto una delibera. Servirà loro tempo per capire come funziona il sistema”.

Ora vi trovate in un ruolo nuovo, all’opposizione. Come si sente?

“A suo tempo io l’opposizione l’ho fatta a Variati per dieci anni, credo di essere il più longevo tra chi siede all’opposizione oggi”.

Quali sono le sfide che Vi-

cenza dovrà affrontare nel prossimo futuro?

“La prima sfida è la gestione dell’alta velocità, che è molto delicata per la città sotto vari punti di vista, non ultimo quello dell’ordine pubblico, oltre all’opera in sé che avrà ovviamente un grande impatto per via della cantieristica. L’altra grande partita è invece il Pnrr: noi abbiamo lasciato un tesoretto importante, è altrettanto importante che il sindaco sappia gestire la partita con una cabina di regia adeguata che possa portare a buon compimento le opere. Noi su questi temi possiamo svolgere opera di controllo attento e di supporto”.

Non vi ponete come un’opposizione “contro” a prescindere “È chiaro che saremo contrari quando si andrà contro i nostri progetti o la nostra visione di città: il blocco dei progetti per l’ex macello è secondo me un errore, siamo di fronte a una struttura pericolante su cui si potrebbe intervenire a breve e su cui invece si decide di aspettare ancora. Saremo invece costruttivi e responsabili quando ci saranno dei progetti buoni per la città e i cittadini”.

Ha notato alcuni elementi di continuità marcata con l’operato della sua giunta?

“Mi sembra che sul Pnrr il sindaco stesso abbia garantito continuità piena, anche perché non c’è il tempo di modificare eccessivamente i progetti già messi a bando. Anche sul prolungamento di via Aldo Moro noto che si segue una linea che era nostra”.

E di discontinuità invece?

“Alcune opere come piazza De Gasperi o il progetto di spostamento del percorso degli autobus da dentro le mura storiche all’esterno sono discontinuità che non valutiamo positivamente. Ma siccome il tema è solo rinviato, vedremo cosa decideranno di fare nel concreto”.

Dal punto di vista personale, è riuscito a trovare degli elementi positivi pur nella sconfitta alle ultime elezioni?

“Dispiace, a me ed alla squadra, non vedere realizzato tutto quello che avevamo impostato, due mandati sono necessari per chiudere i progetti. Detto questo, ho ritrovato del tempo per la mia famiglia, per il mio lavoro, e sento un senso di leggerezza rispetto ad una pressione quotidiana cui è sottoposto un sindaco. Ovviamente il nostro impegno sarà lo stesso anche all’opposizione”.

www.ilvicenza.com 8 Politica e amministrazione
Francesco Rucco, leader dell’opposizione in Consiglio comunale

Politica e amministrazione

“Farò diventare Vicenza città inclusiva”

Martina Corbetti è tra i volti nuovi presenti in Sala Bernarda dopo le ultime elezioni comunali: 28 anni, insegnante di lettere alle scuole medie, è stata eletta nella lista di Coalizione civica ed è presidente della della quinta commissione, che si occupa di diritti e pari opportunità. Dove nasce il suo impegno politico?

“Sono stata presidente della sezione giovanile dell’Anpi di Vicenza per un paio d’anni. Ho vissuto per un periodo a Londra, dove lavoravo al polo museale della Corona a Buckingham Palace. Durante il periodo del Covid ho deciso di tornare a Vicenza e dare un’impostazione diversa alla mia vita, perché mi mancava l’associazionismo, l’impegno civile e fare rete, settore che a mio avviso in città ha delle potenzialità infinite”.

Quali sono a suo avviso queste potenzialità e cosa può fare l’amministrazione comunale?

“In campagna elettorale sono stata molto chiara, la questione fondamentale per me è un cambio di approccio. Storicamente Vicenza fin dal rinascimento è stata una città per ricchi, che guarda in modo prevalente a certe categorie di popolazione dimenticando le altre. Sotto questo aspetto c’è tanto da lavorare per includere chi oggi ha meno possibilità economiche e sociali, le fasce più emarginate, come ad esempio la popolazione straniera”.

Come può cambiare questo approccio?

“Modificando proprio il paradigma che sta alla base delle decisioni per la città; nel momento in cui si affrontano delle determinate tematiche, come ad esempio i giovani, la violenza di genere o la comunità straniera, identificandole a priori come dei problemi da risolvere, le risposte saranno sempre parziali. Occorre invece fare un passo indietro e avviare un processo inclusivo, avere un approccio globale”.

E la giunta cosa può fare?

“L’azione dell’amministrazione deve essere trasversale: se ad esempio all’urbanistica si progetta un parcheggio nuovo, si prevedano subito i parcheggi per le donne incinte. Si può partire anche dalle piccole cose, ad esempio riadattando lo statuto comunale inserendo il linguaggio inclusivo, sarebbe un notevole cambio di modello”.

Non pensa che in una città come Vicenza determinate battaglie, ad esempio quella che citava sul linguaggio inclusivo, possano non incontrare l’interesse dei cittadini, magari polarizzati da temi più concreti?

“Magari sono temi che attirano critiche, ma non dimentichiamoci che un Comune funziona su più livelli. Sono convinta che un obiettivo prioritario per la Commissione che si occupa di pari opportunità sia proprio cambiare il modo in cui ci rappresentiamo”.

Quale è la sua prima impressione della politica vista da dentro?

“Con i colleghi consiglieri lavoro benissimo, ho trovato molta collaborazione

Ventotto anni, insegnante di lettere, è stata eletta nella lista di Coalizione civica. Ha lavorato al museo di Buckingham Palace a Londra ma poi è tornata a Vicenza perché le mancava l’impegno civico. “L’obiettivo è di avere un approccio nuovo alla politica per includere chi oggi ha meno possibilità economiche e sociali, le fasce più emarginate, come gli stranieri”

e molto aiuto soprattutto da chi ha più esperienza di me. Da cittadina che entra nelle istituzioni sono stata molto colpita dalle tempistiche necessarie per mettere in moto la macchina organizzativa, necessaria ma che comporta dei passaggi molto spesso sconosciuti a chi vede il Comune da fuori. Uno degli impegni di questa amministrazione è proprio quello di ridurre la distanza con i cittadini, andando a spiegare i processi e le tempistiche necessarie per concretizzare dei progetti”.

Quali sono le sue priorità?

“Il ripristino della clausola antifascista e rendere accessibile a tutte e a tutti l’immenso patrimonio culturale che Vicenza ha da offrire, anche a quelle categorie di cittadini che per svariati motivi, ad esempio logistici, ne sono stati fino ad oggi esclusi. Più generalmente nel corso dei cinque anni di mandato ho intenzione di dar voce a quelle fasce di popolazione che fino ad oggi non sono state rappresentate”.

Alvise Ferronato

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Il personaggio. Martina Corbetti, 28 anni, è consigliera comunale e presidente della commissione che si occupa di diritti
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Martina Corbetti, insegnante di lettere e consigliera comunale

L’artista. Gabriele Padoan prende in giro la giunta e i consiglieri con le sue nuove caricature

La marcia su Mosca, Scotolati si scatena

I protagonisti della vita pubblica cittadina, di maggioranza e opposizione, al centro della nuova creazione dell’umorista vicentino

Gabriele Scotolati Padoan se n’è inventata un’altra delle sue. Ha creato la Marcia su Mosca, una serie di caricature nelle quali prende in giro la nuova giunta e i consiglieri comunali di maggioranza e opposizione. Nel suo immaginario viaggio, Scotolati gioca su tutte le chiavi umoristi-

che attraverso immagini e le didascalie che accompagnano i disegni. Le parole, come si sa, sono la sua vera passione, compresi i calembour che sfociano nel non sense. Le caricature che proponiamo sono quelle del sindaco Possamai, dell’assessora Baldinato e dell’ex assessore Simona Siotto.

www.ilvicenza.com 10 Satira e politica

Il cambiamento generazionale. L’identikit dei nuovi fedelissimi del sindaco: trentenni con la barba alla ribalta

La “nouvelle vague” dei Giacomino boys

Una citazione di Gian Marco Mancassola dai registi rivoluzionari francesi ha timbrato il gruppo politico vicino a Possamai emerso con le elezioni: Selmo, Zilio, Bez, Nicolai, Da Schio, Tonello, Grandi, Bianchi, Diamanti e, con qualche anno di più, Pupillo e Bernardi

Aciascuno il suo. Il primo a parlare della “nouvelle vague dei Giacomino boys” è stato Gian Marco Mancassola, direttore di TvA, in un pezzo su Nanni Moretti a Santa Corona ospitato da “Il Giornale di Vicenza”. Ne ha individuato alcuni nel pubblico all’incontro dell’Odeon e ne ha descritto tre caratteristiche distintive: l’età, sui trent’anni, la barba e la camicia color pastello.

Premesso che il sindaco ha specificato che lui la camicia pastello non l’ha mai indossata (ma molti suoi amici sì, annotiamo noi) è da riconoscere che l’intuizione del direttore Mancassola non solo è felice ma coglie un’importante novità portata dalla vittoria del centrosinistra a Vicenza: il cambiamento generazionale. Come questo giornale ha scritto, nel giro di cinque anni in città si è passati dai settantenni alla Variati (peraltro ben portati, tant’è che s’è appena sposato) ai poco più che trentenni di Possamai. Due generazioni, non solo politiche ma anche anagrafiche.

Vale la pena allora di soffermarsi sui protagonisti di questa “nouvelle vague” alla vicentina, termine preso a prestito dal cinema francese di fine anni Cinquanta che indica i registi rivoluzionari del tempo: Godard, Truffaut (per i più giovani è lo scienziato protagonista anche degli “Incontri ravvicinati” di Spielberg), Chabrol, Resnais, Malle, Rivette, Agnès Varda.

Va fatta un’altra premessa e non solo per parità di genere: nella “nuova ondata” alla vicentina vanno inserite anche alcune donne, brillanti e capaci, che sono state elette in consiglio, come Martina Corbetti e Benedetta Ghiotto, quest’ultima addirittura diciottenne.

La rassegna dei “Giacomino boys” non può che iniziare da Giacomo Bez, 31 anni, professore di scienze motorie alle superiori ma anche molto altro: consigliere comunale del Pd (al quale è iscritto da quando è nato – dice il suo curriculum –inducendo alla confusione tra nascita sua e quella del partito), collaboratore dell’eurodeputata Alessandra Moretti e prima ancora dell’onorevole Sbrollini, sviluppatore di progetti welfare per le aziende e perfino giudice di tennis. Lo vogliamo vedere a Wimbledon.

L’assessore Giovanni Selmo, 34 anni, pacato nei modi e solido di convinzioni, celebre per i colletti alla coreana, è un altro protagonista: incaricato di seguire la scuola in giunta vista anche la sua professione di insegnante, è stato il campione di preferenze nella lista dei “Civici con Possamai”, dove ha superato anche l’amico Sandro Pupillo, un “Giacominissimo boy” ancorché fuori età con i suoi 45 anni.

Fra i sostenitori del sindaco va citato Angelo Tonello, ingegnere e componente della “cabina di regia” sull’alta velocità:

una grana non da poco. Giovanni Diamanti, 34 anni, che non è in giunta ma è stato una delle due anime della lista “Possamai sindaco” assieme a Giulio Bernardi. Che non ha la barba e ha superato l’età canonica della “nouvelle vague” anche se appare come un eterno ragazzo: ha comunque una fede in Giacomo che neanche Lavrov in Putin. Diamanti junior, invece, ha una barba folta che lo fa assomigliare più ad Aristotele che al lider maximo vicentino. Del filosofo, del resto, ha anche l’aspetto ieratico.

Dal canto suo l’assessore Leone Zilio, 34 anni, sa sorridere ma lo fa in modo inversamente proporzionale alla sua capacità professionale, che è parecchio alta specie in diritto sportivo.

Del resto, visto che si occupa del Parco della pace, ha poco da ridere. Il look alla Giacomo è perfetto per Marco Bianchi, anche lui candidato nella lista Possamai: esperto di comunità energetiche, fra l’altro ha ospitato alcuni profughi ucraini.

Tre giovani vicini al sindaco sono anche Girolamo da Schio, Enrico Grandi e Marco Borin. I primi due sono stati chiamati dall’assessore Leonardo Nicolai nella commissione per l’innovazione. Anche “Dodo” Nicolai è un fedelissimo di Possamai: peccato che abbia solo i baffi e non la barba. Da Schio, che non dimentichiamolo è conte di casata illustrissima, siede più a sinistra in consiglio comunale di suo padre Francesco, eletto con Forza Italia negli anni Zero.

Enrico Grandi, 25 anni, è persona di grande competenza scientifica con due lauree, alla Luiss e alla H Farm. È fratello del cuoco Matteo Grandi e non ha la barba, dote invece del conte Da Schio. Ma non è l’unica. Uno che la barbetta l’ha tagliata è Marco Borin, 33 anni, che non s’è candidato quest’anno (troppi impegni di lavoro alla HBenchmark di Altavilla) ma lo è stato cinque anni fa con il Pd. Resta comunque inossidabile l’amicizia con il leader.

A proposito di barba, visto che abbiamo iniziato con il cinema, concludiamo con un’altra citazione da un film: ed è quella di Totò nel “barbudo” truffaldino in “Totò truffa ‘62”. Erano tempi in cui i rivoluzionari di Cuba andavano molto di moda.

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fenomeno
Il
Marco Borin con Possamai, Leone Zilio, Giacomo Bez, Giovanni Selmo, Angelo Tonello. I finti “barbudos” Totò e Nino Taranto nel film del 1962, parodia di Fidel Castro

Era il tempo dei motorini. Qualcuno versò trielina al posto della benzina per potenziare il motore che esplose

In 4 sul Velosolex: più circo che moto

Le esperienze di noi ragazzi dei primi anni Ottanta, che sognavamo il “Califfo” verde bruco e invidiavamo i fortunati in sella all’elegante e smilzo “Ciao”

Incrociando sulla strada qualche vecchio motorino a. C. (che sta per avanti Cristo ma anche ante catalitico) il puzzo della miscela olio/benzina mi suscita sempre inebrianti ricordi di quella particolare fase della giovinezza in cui l’essere umano, soprattutto maschio, attraversa il passaggio cruciale dalla trazione animale a quella fossile: non si inforca solo un motorino, ma si entra in possesso dei superpoteri. Nella fattispecie io e i miei fratelli diventammo più potenti, veloci e rumorosi, grazie a un vetusto Velosolex di colore nero, una specie di bici-motorino di produzione francese con cui la mamma si recava a scuola nei primi anni di insegnamento. Tramite una leva si abbassava il piccolo blocco motore posto sotto il manubrio e un rullo che veniva a contatto con la ruota faceva girare lo pneumatico. Due o tre pedalate, si mollava la frizione e la magia si metteva in moto scoppiettando. Dal giardino di casa, passammo alla via e poi in giro per tutto il quartiere, a volte facendo a turno, ma più spesso aggrappati tutti e quattro con figurazioni da circo equestre. Il divertimento durò a lungo: con un litro di carburante il Velosolex faceva anche 50 km, poi accadde che qualcuno a corto di denaro ma ricco di idee, riempì il serbatoio con un bottiglione di trielina. In un assolato pomeriggio di luglio il solex si staccò dal suolo in una corta parabola, fiammeggiando come il carro di Fetonte e con un botto e una vampata arancione concluse la sua formidabile esistenza.

I primi anni Ottanta furono un periodo in cui tutti in qualsiasi settore cercavano e volevano la novità, quindi rimaneva reietto e indesiderato tutto un arsenale di oggetti degli anni Sessanta e Settanta, motorini compresi. A dire il vero erano piuttosto brutti e spesso caratterizzati da un telaio a tubone come il Malanca Lord, il Garelli Vip o il Cimatti Piper. Quello che batteva tutti era il Califfone verde bruco, spesso in abbinata con il parabrezza gonnellato in

morbida cerata grigia: il trionfo del muratore all’entrata nel cantiere. Davanti ai figli di papà che sfrecciavano sui fiammanti e smilzi Ciao, noi possessori di antiquati congegni a scoppio acquisivamo intanto spaventose conoscenze tecnico-meccaniche, coscienza di classe e soprattutto odio sociale. Dal Solex i miei fratelli progredirono a un rassicurante Corsarino Morini e un delinquenziale Romeo Skorpio, mentre io rimasi un po’ al palo con un tamarroso Demm

Trio, che però fece il suo porco dovere portando a compimento un raid Vicenza-Asiago-Vicenza in sette ore con tanica da tre litri di benzina legata al serbatoio con lo spago.

Al passaggio di categoria al 125 cc con patentino, mi ritrovai seduto su una Lambretta posseduta dal demone della rottura Non c’era giorno che non si spaccasse qualcosa, la leva della frizione, il filo del cambio, il fanale davanti, la pedivella dell’accensione. Correndo per strada poteva trasformarsi in una motosilurante perché spesso si staccavano pezzi di o tutta la marmitta o addirittura il cavalletto intero da sotto la pedana. E poi per una volta che il motore si accendeva, dieci volte bisognava ricorrere alla manovra a spinta, cosa del tutto inaccettabile e devastante quando capitava davanti a casa della tipa/ragazza/morosa che eri passato baldanzosamente a prendere. Il giorno che la rimpiazzai con una Vespa Px Arcobaleno usata, compresi appieno il significato del passaggio dall’età della pietra alla civiltà mesopotamica, dalle oscurità medievali al Rinascimento, dalla dannazione del Vecchio alla speranza del Nuovo Testamento. La Vespa partiva sempre, non perdeva pezzi, non si ingolfava, non dovevi svitare-pulire-riavvitare la candela ogni due giorni: insomma non dovevi più temere il peggio, ma aspettarti il meglio, che poi è questa, e altro non dovrebbe essere, la filosofia della gioventù. E a pensarci bene di ogni età.

www.ilvicenza.com 13 Umorismo
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Il dibattito. Due neuroscienziati spiegano qual è il fascino antico e sempre moderno delle bugie

Crediamo alle fake news perchè consolano

Giorgio Vallortigara dell’università di Trento e Gianfranco Denes dell’ateneo di Venezia ricordano che “siamo nati creduloni”. Le bugie sono più facili, immediate e perfino consolatorie. Il dibattito organizzato dall’Accademia Olimpica

Perché diciamo le bugie?

Per un sacco di motivi. Per interesse, prima di tutto, cioé perché ne ricaviamo un vantaggio. Perché ci piace raccontarle, in secondo luogo, anche solo quando lodiamo il vestito della moglie che invece non è un granché. O magari sono bugie bianche, innocenti o addirittura pronunciate per pietà, come il medico a Violetta, la Dama delle camelie che sta per morire.

E poi soprattutto raccontiamo bugie perché ci vogliamo credere. Vedete, siamo nati creduloni. Viviamo nel principio di credulità: non possiamo pensare ogni momento che tutti ci stiano addosso per fregarci. E allora ci autodisarmiamo. Infine, come insegnano gli psicologi, siccome viviamo più di pensieri veloci che di pensieri lenti, più d’istinto che di ragionamento, le bugie sono più facili, immediate e perfino consolatorie. Se vi chiedete perché trionfano le fake news, perché Trump ha comunque un seguito convinto nonostante i tribunali, perché i No Vax fanno presa, riflettete su questi assunti.

È questo il summit della bugia com’è emerso dal Dialogo tra due neuroscienziati di fama, Giorgio Vallortigara dell’università di Trento e Gianfranco

Denes, brillante 84anne dell’università di Venezia, messi a dialogare assieme per iniziativa dell’Accademia Olimpica, presente al confronto alle Gallerie d’Italia con il presidente Giovanni Luigi Fontana e il vice Rodolfo Costa.

Il pianeta delle bugie è ricco di anfratti, altipiani e cime tempestose. I mammiferi hanno imparato a

raccontare le bugie perché sono discendenti dei rettili, cioè degli uccelli, che hanno meccanismi di confusione informativa affinati per confondere i predatori. E Vallortigara li ha ben approfonditi (e raccontati) da diventare un’autorità internazionale.

Oscilliamo come homo sapiens tra due estremi, fra chi non ne dice mai e i bugiardi compulsivi. Ma, attenzione, se volete sfruttare l’arma della bugia dovete avere un’ottima memoria, se no crolla il palco. E comunque, dev’essere chiaro che a furia di raccontarle, le bugie diventano verità. Almeno per chi le racconta. Rimedi? Sostanzialmente pochi: premesso che non si riuscirà mai ad eliminarle, più che sulla punizione del reo – ha spiegato Vallortigara – il bugiardo va rieducato insistendo sulla reputazione. Se la bugia offre un egoistico vantaggio personale, questo il suo ragionamento, bisogna spiegare che il massimo vantaggio è cooperare con il prossimo, non tirare a fregarlo. Non è semplice, ma si può fare per citare a battuta del celebre film di Mel Brooks. Certo, parliamo di tempi evolutivi mica di domani mattina. Ma gli scienziati sono così, amabilmente scrutatori dell’orizzonte.

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Giorgio Vallortigara, Gianfranco Denes e Rodolfo Costa vicepresidente dell’Accademia Olimpica

Il personaggio. Alberto Piovesan è uno dei cinque vincitori del concorso dell’Esa per le nuove protezioni degli astronauti

AstroSamantha e la tuta spaziale vicentina

Il progetto vicentino è stato premiato assieme ad altri quattro nella base Esa vicino a Colonia. Sono stati scelti fra 90 progetti giunti da tutta Europa. La celebre astronauta italiana in futuro potrebbe avere una tuta che nascerà dal lavoro vicentino

Pensatela come la nuova tuta spaziale di AstroSamantha. Con un tocco molto italiano, anzitutto vicentino. La nuova tuta degli astronauti dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea, nascerà infatti sulla base di cinque proposte che hanno vinto il concorso lanciato dalla stessa agenzia. Sono arrivati novanta progetti da tutta Europa e la giuria ha scelto cinque vincitori: Alberto Piovesan (Vicenza), Flavio Gentile (Fasano, in provincia di Brindisi), João Montenegro (Lisbona), Oussama Guarraz (Rennes, Francia), Maurizio de Vincentiis (Roma).

Il vicentino Piovesan, in particolare, è il direttore creativo di D air Lab, la società di Lino Dainese che oltre ad aver creato l’air bag per i motociclisti, sta elaborando – fra l’altro – le nuove tute per la vita in Antartide. Ma questo progetto per l’Esa Piovesan l’ha sviluppato al di fuori del suo incarico.

Com’è noto, l’Esa ha un bilancio di 7,2 miliardi e 2.200

dipendenti. Tra gli astronauti dell’Esa c’è a tempo pieno anche Samantha Cristoforetti, che ha preferito dedicarsi all’Agenzia spaziale europea dopo aver sbattuto la porta ed essere andata via polemicamente dall’Aeronautica Militare, che le aveva preferito un collega per una missione.

I vincitori del concorso per le tute spaziali son stati premiati nel centro aerospaziale dell’Esa vicino Colonia dagli astronauti Marco Alain Sieber, Raphäel Liégeois, Sophie Adenot, Pablo Álvarez Fernández, Meganne Christian.

Il concorso di design per le tute spaziali dell’Esa – spiega la stessa agenzia – ha raccolto le idee su come potrebbe essere una futura tuta europea per attività extraveicolari (Eva).

Tenendo conto delle condizioni estreme che le tute per le passeggiate spaziali devono sopportare per proteggere gli astronauti, i partecipanti sono stati sfidati a progettare una tuta che rispondesse a quste esigenze e che fosse immedia-

Samantha Cristoforetti, Alberto Piovesan e un’immagine del suo progetto premiato dall’Esa

tamente riconoscibile per gli astronauti dell’Esa. Il concorso ha posto l’accento sull’identità visiva e sul marchio dell’Esa piuttosto che sui dettagli tecnici ed è stato aperto a tutti coloro che erano interessati allo spazio e al design.

La giuria era composta da esperti di esplorazione, tra cui l’astronauta Matthias Maurer. Sulla base di criteri quali il marchio Esa e la creatività, pur mantenendo il realismo, la giuria ha selezionato 19 proposte e cinque vincitori.

La giuria sta ora lavorando alla fusione degli elementi delle idee presentate per creare un progetto di tuta spaziale a marchio Esa. Questo design potrebbe essere utilizzato, in prima istanza, per produrre repliche di tute per mostre o registi, per educare e ispirare le persone sull’esplorazione spaziale e sulle attività dell’Esa in questo campo. In seguito, il lavoro potrebbe includere l’uso dei disegni per costruire tute di addestramento. E questo concorso diventerà il primo passo per sviluppare un modo autonomo dell’Esa di interpretare l’esplorazione spaziale.

Brenda, star argentina dalle origini e con il cuore a Valdagno

Ha un milione di follower su Twitter e un milione e 300 su Instagram. Ha anche visitato Valdagno e quando l’ha scritto sui social è stata travolta dall’affetto dei suoi fans

Attrice prima, cantante poi. Quasi un milione di follower su Twitter, un milione e trecentomila su Instagram. Una star di livello mondiale, più volte indicata come partecipante al Grande Fratello Vip, e con un seguito molto forte nei paesi latini. Perché Brenda Asnicar è argentina, ma sogna l’Italia. Recentemente ha infatti dichiarato di voler trasferirsi a Milano, perché i suoi fan italiani sono i più calienti, ma anche perché le sue origini sono nella nostra penisola. Il bisnonno infatti era di Valdagno, molto probabilmente dalla piccola contrada

Asnicar della frazione Castello, emigrato in Argentina in cerca di fortuna.

L’ha anche visitata la città del suo antenato, postandolo su una storia Instagram e venendo assalita dall’affetto dei suoi estimatori in albergo, una volta diffusasi la notizia.

Brenda Daniela Asnicar Mendoza (così all’anagrafe) nasce a Buenos Aires il 17 ottobre 1991. Nel 2007, dopo alcune partecipazioni e conduzioni nella TV argentina, inizia la sua carriera di attrice nella telenovela per adolescenti “Il mondo di Patty”, che riscuote grande suc-

cesso in patria e in altri Paesi del mondo, compresa l’Italia. Nella serie interpreta il ruolo di Antonella, e canta: è sua “Las Divinas”, la canzone più famosa del serial televisivo. Da lì in poi diventa più facile ottenere

ruoli: partecipa alla serie di Nickelodeon “Sueña con migo”, alla seconda stagione di “Los únicos”, diventa la protagonista di “Corazón valiente”, della serie colombiana di Fox “Cumbia Ninja”, della telenovela “Por

amarte asì” e dello sceneggiato “Run Coyote Run”.

Alla carriera di attrice affianca ben presto quella della cantante con il tour “Antonella in concerto”, che la porta in giro per il mondo, anche in Italia, con il suo personaggio de “Il mondo di Patty”. Oltre alle colonne sonore della sua serie più famosa, ha anche all’attivo un album inciso nel 2019, “Vos Sos Dios”, e un EP del 2021, “Bandida Records”.

La sua passione per la moda la porta a sfilare per la stilista argentina Veronica de la Canal, per il brand di abbigliamento argentino “Marcela Koury” e a essere testimonial di Nike per una campagna pubblicitaria. Nel 2014 Asnicar lancia una linea di abbigliamento disegnata da lei: “The B. Collection”.

Davide Cocco

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Brenda Asnicar, star sudamericana, protagonista di film e serie tv

La

Incendi, alluvioni e profughi: le priorità

Secondo Jonathan Earl Franzen è meglio concentrare gli sforzi e i quattrini su queste tre priorità, che sono la conseguenza della sconfitta sul clima ormai inevitabile

Le sei macro aree indicate dall’Europa a base del Pnrr (1) digitalizzazione; 2) transizione ecologica; 3) infrastrutture; 4) ricerca; 5) inclusione; 6) salute) stanno assorbendo ogni sforzo del nostro Paese.

L’obiettivo è spendere i soldi, spenderli tutti e spenderli bene.

Ma è questo il vero problema? Forse no. Poco si parla sin qui di un altro aspetto: per cosa spenderli. Forte è il rischio che, soprattutto gli enti locali, spendano pur di spendere, senza previa valutazione delle priorità. E in questo la fretta non aiuta.

Inoltre i costi futuri di mantenimento (la famigerata manutenzione) della massa di nuove opere realizzate con il Pnrr non solo non sono stati valutati, ma non sono state individuate

le necessarie coperture finanziarie nel tempo.

Quanto poi alle due voci principali, digitalizzazione e transizione ecologica, non sono esenti da rischi e criticità.

Se sulla prima gravi preoccupazioni, culturali e pedagogiche, sono emerse all’interno del mondo della scuola (si veda il manifesto “Insegnare contro vento” firmato da docenti e studiosi), sulla seconda un dubbio radicale è stato manifestato da Jonathan Earl Franzen, scrittore e saggista statunitense, da sempre fra i più impegnati nella tutela dell’ambiente e della biodiversità.

Che dice Franzen? Il riscaldamento globale (ammesso sia imputabile soprattutto alle emissioni di Co²) appare oggi incontrastabile. Se ci fossimo

mossi, a livello planetario, cinquant’anni fa (e tutti insieme) avremmo avuto qualche chance di ridurlo in modo significativo, oggi non più. Una riduzione seria del riscaldamento globale appare fuori dalla nostra portata, anche perché i massimi inquinatori mondiali non intendono assolutamente ridurre il loro livello di emissioni visto che diminuire le emissioni significa ridurre drasticamente il tenore di vita delle popolazioni.

Se ciò è vero, e appare verosimile lo sia, la scelta climatica europea costerebbe enormi risorse economiche nel disperato tentativo (inefficace) di mitigare solo di qualche decimo di grado il surriscaldamento globale.

Questa l’idea di Franzen: “Una guerra senza quartiere contro il cambiamento climatico aveva senso solo finché era possibile vincerla. Nel momento in cui asseveriamo di averla persa, altri tipi di azione assu-

Contest Qua la zampa!. Premiati i vincitoridel concorso promosso da La Piazza

Vince la colonia di Roncajette:

“Sfameremo i cuccioli del gattile”

Si sono svolte nella Redazione de La Piazza le premiazioni del Contest “Qua la zampa!” ideato da lapiazzaweb.it. Dopo mesi di gara all’ultimo voto sono stati tre gli amici pelosi a primeggiare su tutti.

Al primo posto Banana, il gattino della Colonia felina di Roncajette, di Ponte San Nicolò, nel padovano. Anna Bettella, Nadia Manetti e Irene Bertazzo sono tre dei volontari di questa associazione che da ben 20 anni aiuta mici in difficoltà. La Colonia potrà ora godersi il ricco bottino di un Buono Energia del valore di 250 euro messo in palio da ANTENORE ENERGIA assieme a 100 chili di fornitura di alimenti PROLIFE per cani e gatti, forniti da AQUAZOOMANIA.

Al secondo posto si è invece classificato Malù, un simpatico cagnolone di Vicenza che è venuto a ritirare il premio assieme alla padrona Alessandra Mantia. Per loro un Buono Spesa del valore di 150,00 euro messo in palio da DESPAR, oltre a 50 chili di fornitura di alimenti PROLIFE per cani e gatti, forniti da AQUAZOOMANIA.

Al terzo gradino del podio si è invece piazzato Mojito, un border collie di Adria che assieme al suo padrone Simone Moretto, si è portato a casa un Buono Spesa del valore di 100 euro messo in palio da DESPAR,

assieme a 25 chili di fornitura di alimenti PROLIFE per cani e gatti, forniti da AQUAZOOMANIA.

Durante una chiacchierata con i vincitori a colpire particolarmente è stata la storia della Colonia felina di Roncajette. Una realtà fatta di passione, costanza e soprattutto tanto amore.

Com’è nato questo progetto e di cosa si occupa?

È nato tantissimi anni fa, circa vent’anni fa, da una ragazza che ha iniziato ad accudire dei gatti che vivevano nell’ex cartiera del Paese. A quel tempo i gatti erano circa una trentina. Oggi contiamo invece circa venti mici. Pian piano sono subentrati sempre più volontari. Seguire una colonia non è una cosa semplice e tra l’altro noi non siamo persone che lambiscono soldi a destra e a manca e tante volte li sborsiamo di tasca nostra.

E le amministrazioni vi vengono incontro con sussidi economici?

No. Noi siamo ormai nove volontarie.

Ognuno fa quello che può. Ci turniamo per essere ogni giorno dai gatti. Però no, l’amministrazione non ci aiuta. Quello che noi abbiamo viene tutto dalle nostre tasche o

dalle preziose donazioni. Per fortuna abbiamo tanta gente che ci vuole bene, che ci dona cibo quando ne abbiamo bisogno. Quando proprio non ce la facciamo chiediamo aiuto nella nostra pagina social e vediamo che abbiamo un bel riscontro. Questa è una cosa bella perché essere amati dal nostro paese non fa pesare tutta la fatica. C’è poi anche una partecipata affluenza di giovani. È bello vedere ragazzi che si impegnano. Irene Bertazzo qui con noi, ad esempio, è la più giovane.

Avete vinto il primo premio ovvero un buono energia di 250 euro messi in palio da Antenore Energia e cento chili di fornitura di alimenti Prolife per cani e gatti forniti da Aquazoomania. Domanda scontata ma di rito, come utilizzerete questi buoni? In colonia non abbiamo energia perché appunto ci troviamo in un ex cartiera abbandonata quindi abbiamo deciso di regalare il buono energia al gattile di Tribano, in provincia di Padova. Abbiamo invece tanto bisogno di cibo e questo lo daremo

mono maggiore significato. Prepararsi per gli incendi, le inondazioni e l’afflusso di profughi è un esempio pertinente”.

La posizione di Franzen non è ottusamente negazionista o anti-ecologista. Parte da una visione realista di quanto accadrà di qui a dieci/venti anni e si chiede se abbia senso concentrare la maggior parte delle risorse disponibili su un problema irrisolvibile quando altri problemi urgenti (dissesto idrogeologico, protezione delle foreste, tutela della biodiversità, gestione dei rifiuti) potrebbero essere affrontati con probabilità di successo dirottando lì le risorse.

La domanda non è peregrina. Andrebbe affrontata e discussa in modo serio, senza chiusure preconcette ricordando che non è inveendo contro il grillo saggio o addirittura spiaccicandolo al muro (come fece Pinocchio) che si risolve il problema.

Giuseppe de Concini

ai nostri cuccioli. Ci piaceva però l’idea di aiutare altre realtà come noi e siamo sicuri di fare del bene. La nostra non è una vita facile perché non siamo persone che non fanno niente dalla mattina alla sera come tanti pensano. Abbiamo la colonia ma abbiamo anche il nostro lavoro e una vita privata a cui badare. Chiunque volesse conoscerci un po’ meglio può venire a trovarci nella pagina Facebook “I gatti di Roncajette-Padova” e qui troverete sempre qualche cucciolo in cerca di casa o di un piccolo aiuto, soprattutto ora che è estate e tutti vanno in vacanza e abbandonano i

loro animali. Questo periodo dell’anno è un disastro. Noi però ci rendiamo disponibili e accogliamo anche per brevi periodi questi cuccioli. Perché siamo volontari sempre. Noi ci sentiamo volontarie sempre.

Vista la generosità delle volontarie, che hanno deciso di donare il loro buono al gattile di Tribano, Antenore Energia ha deciso di stupirle a loro volta raddoppiando il contributo da 250 a 500 euro. Una bella sorpresa per gli amici gatti e un gran bel finale per il nostro contest!

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PRIMO CLASSIFICATO ANTENORE ENRGIA PRIMO CLASSIFICATO PROLIFE SECONDO CLASSIFICATO DESPAR SECONDO CLASSIFICATO PROLIFE TERZO CLASSIFICATO DESPAR TERZO CLASSIFICATO PROLIFE
Economia
riflessione. C’è il rischio che molte risorse del Pnrr siano inefficaci ad arginare il cambiamento climatico

Il caso. L’ennesima emergenza sbarchi rompe il fronte del centrodestra veneto

Migranti: tra accoglienza diffusa e grandi hub la Lega si divide

Non si è ancora spenta l’eco del congresso regionale della Lega Nord, con tutte le polemiche che lo hanno accompagnato, che nel Carroccio veneto esplode la grana migranti. Anche in questa estate 2023, infatti, nonostante ci fosse chi credeva che i porti sarebbero stati chiusi, il numero di sbarchi non è diminuito, anzi sembra essere tornato ai livelli record del 2017.

Come accaduto anche nelle estati passate il nostro Paese, e il Veneto in questo senso non fa eccezione, si trova a dover far accogliere migliaia di persone, disperate e in fuga dai propri territori di origini.

MINISTERO, PREFETTI, COMUNI, PRIVATI E COOPERATIVE

Il sistema dell’accoglienza nel nostro Paese ricorda, non ce ne vogliano, molto da vicino il gioco che si faceva da bambini: il “tua chiuso”.

I migranti sbarcano, il Ministero li registra e chiama i prefetti dando loro il numero di persone da accogliere per ogni territorio; una chiamata che, spesso, giunge meno di 24 ore prima dell’arrivo.

A quel punto ad attaccarsi al telefono sono i prefetti stessi che iniziano a chiamare i sindaci chiedendo loro di trovare i posti necessari. A volte, invece, sono le stesse cooperative che, in accordo con un qualche privato possessore di un edificio agibile, si offrono direttamente alle Prefetture come “ospitanti” bypassando totalmente le Amministrazioni Comunali.

In tutta questa fretta è evidente come la soluzione di primo acchito considerata come “più semplice” è quella di allestire dei grandi hub, degli enormi punti di raccolta, in caserme dismesse, palestre o, addirittura, tendopoli. Del

resto proprio il Veneto conta dei precedenti illustri, come Cona nel Veneziano e la vicina Bagnoli nel Padovano.

ACCOGLIENZA DIFFUSA:

UNA PRATICA STRANA?

Dopo gli insuccessi delle politiche per l’accoglienza degli ultimi anni, si è fatta largo l’idea che l’unica forma possibile ed effettivamente efficiente, sia la cosiddetta accoglienza diffusa: poche persone in ogni comune. Basta grandi agglomerati che rischiano di non essere gestibili e, soprattutto, di non garantire alcun sostegno, formativo e occupazionale, alle persone ospitate che, di conseguenza, finiscono per essere spesso preda della criminalità.

E QUI CASCA L’ASINO!

A ben vedere non ci dovrebbe essere alcun dubbio: pochi migranti per ciascuno centro senza creare situazioni drammatiche e, spesso, insostenibili dal punto di vista umano e dell’ordine pubblico.

Il primo “asino” a cadere, va detto per onestà intellettuale, è di natura economica. Avere un unico grande centro, magari popolato da un centinaio di persone, produce, per la sua gestione, delle importanti economie. Si mangia tutti la stessa cosa, consegnata alla stessa ora nello stesso posto, si fa tutti la stessa attività magari impiegando un solo operatore della cooperativa che si occupa della gestione.

Il secondo asino, e forse più greve, è politico. Per troppi anni il tema dell’immigrazione e dell’accoglienza è stato utilizzato come strumento di confronto e contrasto politico e, in senso deteriore, culturale e ideologico. Oggi per un sindaco duro e puro, che ha predicato per anni la politica dei “porti chiusi”, accogliere an-

che solo tre o quattro migranti, in una logica di accoglienza diffusa capace di coinvolgere anche un piccolo comune, è inaccettabile. Un approccio, questo, che ha creato un profondo cortocircuito politico soprattutto all’interno della Lega Nord da sempre sulle barricate su questi temi ormai divenuti, nei fatti, elemento identitario e fondativo.

IL CORTOCIRCUITO

Nel corso dello scorso congresso regionale della Lega Nord, che ha visto la conferma di Alberto Stefani, è emersa con chiarezza la drammaticità politica che sta vivendo il Carroccio. Le due principali anime sono sempre più difformi e contrapposte tra loro. Il presidente della Regione, Luca Zaia non si schiera e non entra nel conflitto interno, però l’area che si contrappone al salvianiano Stefani, si ama definire (solo autodefinire?) “Zaiana”.

E sulla vicenda accoglienza è scattato l’allarme rosso. All’arrivo dei primi migranti, sparpagliati in gruppetti di poche unità in alcuni comuni

vicentini amministrati dalla Lega si sono alzate le proteste dei primi cittadini che non ne vogliono assolutamente sapere. D’altro canto si è levata la voce, tonante e autorevole, del Presidente Zaia: “L’unica soluzione è l’accoglienza diffusa, ciascuno deve fare la propria parte senza egoismi”. Uno schiaffo ad anni di cultura leghista.

Il secondo schiaffo è giunto dal presidente Anci Veneto e Sindaco di Treviso, Mario Conte, leghista pure lui, che ha invitato i colleghi primi cittadini a scongiurare in ogni modo la necessità di costruire maxi centri di accoglienza, facendosi carico di poche unità per ciascuno senza cedere in opposizioni propagandistiche.

E dall’altra parte? Il Segretario Regionale, Alberto Stefani ha bocciato senza se e senza ma l’ipotesi di cabina di regia, lanciata dallo stesso Zaia, per gestire gli arrivi dei migranti in maniera diffusa.

“L’accoglienza non può essere destinata a tutti – ha scritto – no all’accoglienza

indiscriminata nei comuni. I Sindaci della Lega diranno no all’accoglienza indiscriminata. Vorrei capire cos’ha un richiedente asilo di più rispetto ad una famiglia italiana sfrattata o che si trova sul lastrico.” Insomma appare evidente che più del congresso - che tanti mal di pancia, epurazioni, veti ha prodotto – sarà questa profonda divergenza politica a tracciare un solco profondo dentro la Lega mentre si avvicinano, in modo inesorabile, le prossime scadenze elettorali, ma soprattutto mentre i migranti continuano ad arrivare e hanno bisogno, decisamente, di un luogo sicuro.

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Alberto Stefani

L’intervista. Il presidente della Regione risponde alle domande durante la visita alla redazione de

Zaia a tutto campo: “Sogno un Veneto in prima

penso alle elezioni regionali, può succedere di tutto, non sono certo io a difendere la poltrona, cerco di amministrare con onestà, poi sono i cittadini a scegliere”

Dall’autonomia alle elezioni, passando per i nodi della sanità veneta. Il presidente della regione Veneto Luca Zaia durante la visita alla redazione de “La Piazza” ha risposto ad alcune domande sul percorso dell’autonomia e gli ultimi sviluppi, sull’ipotesi di un terzo mandato (che in realtà è il quarto ma il primo non rientra nel limite di due mandati introdotto nel 2015), ma anche sulle questioni legate alla sanità veneta, dalla carenza di medici ai tempi di attesa per le prestazioni, fino al ruolo della sanità privata. Ecco le sue risposte.

Ovviamente non possiamo che iniziare dall’autonomia, tema che tiene banco da qualche anno ormai. Dopo i passi avanti dei mesi scorsi che effetto avranno le dimissioni dei quattro componenti della commissione sui livelli essenziali di prestazione?

“Penso che si stia dando fin troppa importanza queste dimissioni, specie se consideriamo il numero importante di componenti della commissione. Quattro persone, in autonomia, hanno deciso di dimettersi. Sorge però un sospetto, considerato il fatto che tutti e quattro hanno la stessa appartenenza e storia politica. Nonostante la loro levatura e professionalità hanno deciso di abbandonare la commissione mentre fior fiore di accademici sono rimasti al loro posto, a confrontarsi sul progetto. Se io mi fossi dimesso da tutte le commissioni dove non condividevo le idee di chi governava la commissione,

avrei passato la mia vita a dimettermi”.

Il progetto va avanti, allora?

“Certo che va avanti, è un progetto costituzionale. Trovo anche strano che ci siano queste prese di posizione, irrispettose anche nei confronti del Capo dello Stato, perché qui stiamo discutendo di un disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri e controfirmato dal Capo dello Stato, che è il garante della Costituzione. Dire quindi che questo disegno di legge spacca l’Italia o aumenta le diseguaglianze significa affermare che il Presidente della Repubblica non si era accorto di quel che stava firmando. Ma non è così. Il problema è che è difficile accettare i cambiamenti, perché fanno paura. Questo è un grande cambiamento, però è un cambiamento di modernità. Dopodiché se il Parlamento deciderà di affossare tutto ne prenderò atto e staremo a vedere. Se non coglieremo questa occasione tra qualche anno sceglieremo l’autonomia per necessità”.

Presidente, guardando alle prossime elezioni regionali, si parla di terzo mandato. Pensa di ricandidarsi?

Da qui ai prossimi tre anni può succedere di tutto, abbiamo davanti un’era geologica, se pensiamo a quello che è accaduto negli ultimi 36 mesi. Non parlo neanche di elezioni regionali perché fra tre anni non sappiamo nemmeno quale sarà il quadro in merito al terzo mandato. Lo dico anche con un po’ di pudore, perché poi sembra

sempre che si faccia la difesa della poltrona ma non è il mio caso. L’avevo detto anche quando ero in Provincia a Treviso e anche in quel caso esisteva il problema dei mandati. Dobbiamo decidere se in questo Paese vogliamo rendere protagonista il cittadino nelle scelte della governance o farlo diventare una semplice comparsa. Mi spiego, le uniche due cariche con il vincolo di mandati sono il presidente di regione e il sindaco. Qualcuno dovrebbe spiegarmi per quale motivo un sindaco di un comune di qualche migliaio di abitanti può fare solo due mandati e poi deve andare a casa. La stessa persona se viene eletta alla Camera o al Senato può starci tutta la vita. Lo trovo assurdo, così come sostenere che il blocco dei mandati è per evitare che si creino forme di potere. Questo significa dare degli idioti ai cittadini perché

posso citare quanto successo in Sicilia, Calabria, Lazio, Campania e in tutte le regioni andate al voto con i governatori uscenti non rieletti. Quindi i cittadini quando voglio cambiano. Non è vero che basta essere amministratore uscente per essere eletto. Dire che si creano centri di potere è offensivo, perché io non ho creato nessun centro di potere. Cerco di amministrare con onestà, e non è facile, in un mondo nel quale per essere onesto devi a volte vivere in apnea, perché anche il respiro ormai è elemento di disonestà. Poi facciano quel che vogliono, ma dire che i cittadini non scelgono i loro amministratori se tolgono il blocco dei mandati, decisamente no”.

Parliamo di sanità, una delle voci di bilancio che pesa di più per laRegione. Archiviata l’emergenza Covid restano aperte diverse questioni, a partire

dalla mancanza di personale medico, sia negli ospedali, nei reparti e sia negli negli ambulatori di medicina generale, come interverrete?

“Innanzitutto quando lo dicevo io non ho visto nessun tifoso a difendermi. Già nel 2010 dissi che il numero chiuso nella formazione dei nuovi medici ci avrebbe creato dei problemi. Tutti in silenzio. Il numero chiuso secondo me va abolito, invece c’è ancora. Vorrei che non passasse l’idea che siccome non ci sono i medici non riusciamo a erogare i servizi nel pieno della qualità, qui la colpa è di Luca Zaia o della Regione. Non è così. Noi non c’entriamo nulla con la formazione dei medici, che dipende dai diversi ministeri e governi, dalle università che continuano con il numero chiuso pur avendo sicuramente dato segnali di apertura nel senso di aver allargato un po’ le

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“Non

fila, avanti con il progetto dell’autonomia”

sul periodo dai 30 ai 90 giorni”. Ha toccato il tema delle prestazioni, appunto, e dei tempi di attesa. E c’è anche il peso del privato che si fa sentire. Che fare?

Il presidente Zaia nella nostra redazione e durante l’intervista

maglie. Ad oggi in Italia mancano cinquantamila medici, in Veneto ne mancano tra i 3.500 e i 4.000. Allora voi capite che se io avessi 3.500 ambulatori e con 3.500 medici potrei erogare ogni giorno almeno 35 mila prestazioni, poi continuate voi con i conti, in dieci giorni superiamo le trecentomila prestazioni che mancano. D’altro canto c’è

un incremento delle prestazioni di almeno in 20%, anche per il fenomeno ella medicina difensiva, e capisco anche questi medici che si sentono continuamente aggrediti e quindi per tutelarsi aumentano le prescrizioni. E’ bene ricordare che il Veneto eroga ottanta milioni di prestazioni sanitarie all’anno e l’attesa non c’è sull’urgenza ma

“La nostra è la regione che ha meno realtà private nel suo sistema sanitario. Se non ricordo male siamo intorno al 12 per cento. Poi chi parla di privati parla anche a vanvera perché queste realtà fanno parte del sistema sanitario e alcune c’erano prima che nascesse la sanità in Veneto. E’ una sfida che dobbiamo affrontare insieme ma in Veneto abbiamo ben saldo il governo della sanità. Quando è scoppiato il Covid, ad esempio, dei 364 posti di terapia intensiva i privati erano quaranta, men-

tre in Lombardia il 40% delle terapie intensive è in strutture private, questo per dare il peso di cosa significhi pubblico e cosa privato. Detto questo, ci sono dei problemi da risolvere. Il primo riguarda la fuga dei medici, come dicono i cittadini. Oggi il medico può decidere dove andare, vista la mole delle richieste, un fatto impensabile in passato. Dall’altro lato i medici che restano in ospedale a lavorare devono smettere a settant’anni, in precedenza addirittura a 65. Cosi abbiamo vere e proprie star della medicina che non possono più lavorare nel pubblico ma possono, per legge, farsi assumere dal privato. Ai cittadini va spiegata questa contraddizione”.

Il governatore in redazione “Bella realtà che continua a crescere”

In occasione della visita alla nostra redazione a Padova il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, ha conosciuto da vicino come nascono il nostro mensile, il sito web, il notiziario radio e ascoltato tutti i nuovi grandi progetti del nostro gruppo editoriale e le iniziative in cantiere per il prossimo futuro. “Ho potuto conoscere dipendenti, giornalisti e collaboratori presenti in redazione, - ha scritto Zaia sui social - ascoltando tutti i nuovi progetti di questo gruppo editoriale, una bella realtà che continua a crescere”.

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Regione
“La Piazza”. Sul limite dei mandati: “E’ un’offesa agli elettori”

Giornalismo. Dal 4 settembre in onda su Dab+, app e streaming il nuovo prodotto editoriale targato

Give Emotions

Nasce “Radio Veneto 24”: tutta l’informazione dal territorio in tempo reale

Aggiornamenti costanti, ma anche approfondimenti di attualità, economia, politica, sport con prestigiose firme del panorama giornalistico veneto

Il 4 settembre è una di quelle date che bisogna cerchiare in rosso sul calendario. È la data in cui nascerà ufficialmente “Radio Veneto 24”. Una radio come non ce ne sono: la prima radio del Veneto dedicata all’informazione locale in tempo reale. Una radio che sfrutta le potenzialità del digitale approdando nel nuovo sistema Dab+, destinato a sostituire il tradizionale Fm. Dietro questa grande sfida c’è la forza di Give Emotions, società editrice de La Piazza e LaPiazzaweb, che conferma e consolida la propria presenza anche nel panorama radiofonico già sperimentata con ampio successo attraverso i notiziari de “LaPiazza24”, trasmessi in diverse radio venete negli ultimi 18 mesi. Ed è proprio da questa esperienza che nasce “Ra-

Gli opinionisti di

dio Veneto 24”. “Il Veneto raccontato dai fatti, dalle notizie, dalle persone” è il claim della nuova radio, che sarà ascoltabile anche attraverso l’app proprietaria, lo streaming dal sito web e i dispositivi smart speaker. Tutti i contenuti saranno inoltre distribuiti come podcast su app e sito, per poter essere ascoltati anche in modo asincrono rispetto alla diretta radiofonica.

Ogni 20 minuti tutta l’informazione del Veneto su una sola radio. Radio Veneto 24 sarà una radio all news, pensata per chi vuole essere sempre “sul pezzo”, essere aggiornato su ciò che accade intorno a lui in tempo reale. La redazione giornalistica, che può contare su corrispondenti da ogni provincia, garantirà ogni 20 minuti tutte le notizie del Veneto sem-

pre aggiornate. Oltre a questo, ogni ora gli ascoltatori potranno contare su spazi dedicati all’informazione nazionale e agli aggiornamenti su meteo e viabilità in collaborazione con ACI ed Autovie Venete. Non basta. Firme importanti del giornalismo veneto saranno in onda quotidianamente per offrire approfondimenti su politica, economia, sport, attualità e costume: Riccardo Sandre, Stefano Edel, Antonio Di Lorenzo, Micaela Faggiani sono solo alcuni dei professionisti dell’informazione veneta che si sono uniti al team guidato dal direttore Giorgia Gay. “La

forza di Radio Veneto 24 sarà l’attenzione al territorio, che contraddistingue da sempre i prodotti editoriali del gruppo Give Emotions - commenta il direttore -. Grazie a una straordinaria squadra di giornalisti potremo offrire un palinsesto unico nel suo genere non solo a livello regionale, ma anche nazionale. Sarà una sfida, che accettiamo con entusiasmo e determinazione”. Costantino Da Tos, station manager di Radio Veneto 24 aggiunge: “È la radio che non c’era. Una radio di servizio per gli ascoltatori del Veneto, dedicata all’informazione locale. Un nuovo pro-

getto che sfrutta le potenzialità del mezzo radiofonico: immediatezza, grande diffusione e semplice fruibilità da parte degli utenti, tutte caratteristiche ideali da abbinare a un media di informazione”. “Con Radio Veneto 24 il nostro gruppo editoriale diventa un vero e proprio sistema integrato di comunicazione, unico in Veneto - conclude l’editore Giuseppe Bergantin -. Abbiamo l’approfondimento con i nostri mensili La Piazza, che hanno raggiunto le 500mila copie, la tempestività dell’informazione con laPiazzaweb.it, con un milione di utenti unici al mese, e l’immediatezza della radio con questa nuova sfida editoriale. Siamo certi che gli imprenditori e i cittadini veneti sapranno riconoscere la validità di questa proposta e che faranno entrare Radio Veneto 24 nella loro quotidianità, mentre sono alla guida, a casa, in mobilità. Noi da oggi li accompagneremo ovunque”.

Giorgia Gay, direttore di Radio Veneto 24

Giornalista professionista dal 2007, collabora da molti anni con i giornali La Piazza e dal 2014 cura la redazione della testata quotidiana LaPiazzaweb di cui è attualmente direttore. Parallelamente è stata per 6 anni il volto della trasmissione di La7 “L’Aria che tira” dal Nordest. Cura uffici stampa e la presenza social per enti e aziende del territorio.

Stefano Edel - Sport

Giornalista professionista dal 20 giugno 1980. Ha lavorato per 40 anni di fila al “Mattino di Padova”, ricoprendo vari incarichi e chiudendo come inviato della redazione sportiva, e oggi ha una collaborazione con lo stesso giornale, seguendo il Cittadella e il Padova calcio. Dal 1992 al 2018 è stato corrispondente per la Rai da Padova.

Micaela Faggiani – “Mondo donna” e “Protagonisti a Nordest”

Giornalista professionista con esperienza sia nella carta stampata sia in tv. Per 15 anni volto e anima di Telechiara, per poi passare alla libera professione. Da 7 anni è la corrispondente per il Nordest di La7 per le trasmissioni Tagadà e L’Aria che tira. Ufficio stampa e consulente di comunicazione, è stata la fondatrice e direttrice del mensile Fuori la voce e del Cantiere delle donne, di cui è Presidente. Per volontariato è anche ufficio stampa, pr, event manager di Admo Veneto.

Riccardo Sandre – Economia

Giornalista con esperienza nella carta stampata e per le agenzie di stampa: dal 2008 è collaboratore del Mattino di Padova e delle altre testate del gruppo Gedi News Network, tra cui La Repubblica. Giornalista del gruppo 24 Ore, dal marzo 2021 è corrispondente dal Nordest dell’Agenzia di Stampa Radiocor del Sole 24 Ore. Ha competenze di ufficio stampa istituzionale e ha collaborato con altre testate nazionali come industria italiana.

www.ilvicenza.com 22 Regione
Da settembre 2023 con voi. Da settembre 2023

Collaborazioni. Non è il partito dei sindaci, ma la geografia veneta è cambiata

Giordani, Tommasi, Possamai: un patto per crescere insieme o qualcosa di più?

La vittoria di Vicenza cambia, strutturalmente, la geografia politica e, a partire dai capoluoghi che si affacciano lungo l’autostrada A4 può nascere qualcosa di interessante anche in chiave regionale

In un 2023 drammatico, elettoralmente parlando, per il centrosinistra nazionale, l’unica soddisfazione è rappresentata dalla vittoria, storica, a Vicenza del giovanissimo Giacomo Possamai: 33 anni, una maturità politica inedita e una già una grande esperienza politica alla spalle.

La vittoria di Vicenza cambia, strutturalmente, la geografia politica veneta e, a partire dai capoluoghi che si affacciano lungo l’autostrada A4 può nascere qualcosa di certamente interessante anche in chiave regionale. Intanto gli incontri, in questa estate in bilico tra temperature torride e veri e propri nubifragi, sono già iniziati.

SERGIO GIORDANI SINDACO DI PADOVA

2023 con voi.

“Quando si è sindaci di una importante città come Padova in un contesto complesso e dinamico come quello del Veneto e del nord est l’idea di potersi occupare solo del proprio orticello è perdente in partenza. Sono moltissimi gli ambiti nei quali la collaborazione coi colleghi, tutti, e con le Istituzioni, tutte, è assolutamente necessaria per conseguire i migliori risultati per i concittadini. Padova è al centro di un complesso sistema di relazioni sociali, economiche e culturali che assieme alle realtà a noi vicine ci definisce come una delle aree più attrattive d’Europa, ecco perché non fare sistema sui temi fon-

damentali porta a diminuire la nostra competitività e quindi in proiezione anche la qualità della vita delle persone. Al contrario dobbiamo cogliere appieno questa sfida, come stiamo facendo, e consolidare strategie che ci accompagnino nel futuro più forti e sicuri. Per questa ragione oltre ogni steccato ideologico la mia cooperazione il mio rapporto col Presidente della Regione Zaia è corretto e fattiva e per questa stessa ragione il recente incontro coi Sindaci di Verona e Vicenza Damiano Tommasi e Giacomo Possamai è stato un momento significativo per le strategie future. C’è un grande lavoro per innovare i processi e le buone pratiche ad esempio sula protezione dell’ambiente oggi sconvolto dai cambiamenti climatici, sulla cura dei più fragili, sulla prevenzione del disagio giovanile e dell’abbandono scolastico nei nostri quartieri. Sulla promozione turistica coordinata dei nostri magnifici territori. Il continuo scambio di idee tra le nostre realtà e il coordinamento nel lanciare proposte su base nazionale e regionale è fondamentale e ci impegneremo molto su questo”.

DAMIANO TOMMASI

SINDACO DI VERONA

Damiano Tommasi, sindaco di Verona dal 2022, ha celebrato, proprio negli scorsi giorni, il primo “compleanno” della sua amministrazione e nel corso di

una lunga intervista – analisi su questi primi 12 mesi ha toccato da vicino anche la possibilità di aprire una collaborazione con Padova e Vicenza.

“Aprire un cantiere di questo tipo è un percorso che non è mai stato fatto, anche a livello di consapevolezza del nostro territorio. L’ho sempre sostenuto, a partire dalla candidatura a sede dei campionati europei dove di fatto saremo la città che rappresenterà il Triveneto: sia per i numeri, perché siamo la città più popolosa, sia per le infrastrutture, visto che siamo l’unica città con uno stadio di trentamila posti.

“Simbolicamente comunque abbiamo questo ruolo che non abbiamo mai voluto prendere in mano dal punto di vista politico, né come interlocuzione né come proattività rispetto a iniziative territoriali. Con Vicenza abbiamo in realtà un dialogo aperto già da tempo, anche per la vicenda AGSM-AIM. Con Possamai e Giordani ho un ottimo rapporto. Ci siamo visti anche in occasione di un incontro informale dove comunque abbiamo affrontato argomenti legati ad unico filo conduttore, la collaborazione tra città e territori che hanno un ruolo significativo nella regione.

“Dobbiamo mettere insieme le istanze comuni che abbiamo, non solo dell’area ovest, ma più in generale sul tema, sentito da tutti, delle risorse per il trasporto pubblico locale sul quale la nostra Regione, a differenza di altre, non aggiunge un euro rispetto a quanto erogato dal governo. Senza un trasporto pubblico locale efficiente nessuna città risulterà davvero sostenibile”.

GIACOMO POSSAMAI SINDACO DI VICENZA

“Il Veneto ha bisogno che le sue città facciano squadra e lavorino insieme. Proprio come dimostrano le associazioni di categoria, il terzo settore, il mondo sindacale, anche i comuni capoluogo hanno il dovere di mettere a “fattor comune” le proprie esperienze e di mettere in campo azioni coordinate: ad esempio, le nostre città condividono purtroppo record negativi sulla qualità dell’aria e sulla presenza delle polvere sottili. Dove possiamo sperimentare politiche innovative in questo campo se non nei luoghi più inquinati e in difficoltà?”.

Giacomo Possamai, neo sindaco di Vicenza, commenta così il primo incontro avvenuto con i colleghi di Padova e Verona po-

che settimane fa.

“Ci siamo dati appuntamento per un primo incontro informale per delineare insieme una road map, un piano di lavoro, che sia capace, ovviamente, di uscire dai confini delle nostre tre città e di riunione quante più amministrazioni possibili. Non è un progetto politico, non stiamo costruendo un percorso di avvicinamento alle prossime elezioni regionali. Però sentiamo forte il dovere di dare un contributo per il futuro della nostra Regione”.

Sono stati molti gli argomenti toccati e questi certamente costituiranno l’architrave sul quale poggerà il tavolo di lavoro che Possamai, Sergio Giordani e Damiano Tommasi, puntano a costruire.

“Sono molti i temi che possono vederci lavorare insieme, dalla mobilità alla cultura passando per lo sviluppo economico, la pianificazione territoriale e l’ambiente. Poi, considerato la frequenza e la violenza con cui fenomeni atmosferici estremi stanno colpendo il Veneto, certamente dobbiamo e possiamo lavorare insieme per un grande piano capace di affrontare le sempre più drammatiche conseguenze del cambiamento climatico”.

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Politica
Da sinistra: i sindaci Sergio Giordani, Damiano Tommasi e Giacomo Possamai

Il personaggio. Matteo Cibic, artista di livello,

Prende l’universo e lo ricrea con ironia

Le sue creazioni sono sorprendenti e giocose: mettono assieme la tecnologia con una inaspettata capacità di collegare ricordi, pensieri e forme magari nascoste nella nostra memoria.

Vogliamo dire che è geniale? Diciamolo.

C’è stato perfino il sindaco a benedire il nuovo studio di Matteo Cibic in contrà Riale 47, che è anzi una vera e propria galleria. All’inaugurazione dello spazio, infatti, ha partecipato anche un incuriosito Giacomo Possamai. “La galleria – spiega Cibic –ha una programmazione trimestrale e nasce sull’esempio di quelle già aperte a Milano e Venezia, dove poter trascorrere del tempo e dove poter elaborare progetti di futuri desiderabili”.

“Anche questo è un modo per dare vita alla città”, ha commentato Possamai. Cibic ha 39 anni, è sposato e ha due figli. Ha un percorso artistico di valore e ha esposto le sue opere in musei prestigiosi. Nel 2017 è stato premiato come International Young Talent of the Year da Elle Decor. Le sue creazioni hanno spesso forme antropomorfe e sono innervate da una sottile ma decisa ironia. Del resto, basta conoscere lui per capire quanto le sue creazioni siano sempre giocose. Racconta che da piccolo voleva diventare papa, poi ha seguito altre strade. E quando, già adolescente, ha scoperto che vicino allo studio che frequentava c’era un’agenzia di modelle, s’è reso conto definitivamente che la sua strada era diversa dal pontificato.

Matteo è persona di intelligenza vivida, e questo va da sé, dalle sinapsi ben sviluppate che collegano pensieri in modo inaspettato. E siccome Federico Faggin spiega sempre che gli uomini fanno collegamenti mentre i computer soltanto correlazioni, possiamo indicare Matteo come un campione del genere sapiensà. Basta osservare una delle sue ultime creazioni per convincersi, ovvero come ha interpretato la ca-

micia di Xacus, l’azienda di San Vito di Leguzzano per la quale ha creato uno store a Brera, a Milano. “Ho pensato – spiega Matteo Cibic – che la storia e l’anima di un’azienda potessero trasformarsi in un personaggio dalle forme rigorose e puntuali che vivesse il continuo mutamento tipico nella moda”.

Così è nata un’opera curiosa, che riprende l’idea della camicia, certo, vista nella sua vestibilità: ma lui la trasforma in un oggetto avvolgente e dorato. Sembra quasi il mantello di un supereroe. Dorato fuori, nero dentro. L’opera è stata realizzata con un mix di tecniche artigianali e lavorazioni industriali.

Come definire Matteo? Designer certamente, ma anche scultore e poi architetto, vale a dire quel professionista che interpreta il suo lavoro, come afferma Renzo Piano, come “creare ripari per gli uomini”. Insomma, diciamolo: ha l’impronta del genio, perché sorprende sempre. Queste sue caratteristiche emergono dalle opere, dai molti altri lavori curiosi e intelligenti che portano la sua firma: dalle Tim Towers al Flexible living per la Timberland; la Mahandra Road che ricorda lo stile moresco oppure The moon room sui toni del buio, come la faccia nascosta.

Cibic è figlio di Claudio e di Elena Rigoli, ed è nipote di Aldo Cibic, designer, progettista e professore universitario di architettura a Shanghai.

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ha aperto una galleria a Vicenza come quelle di Venezia e di Milano
Cultura
Matteo Cibic gioca con l’universo e alcuni suoi lavori: il Flexible living per la Timberland, dove ha reinterpretato il tema della scarpe e una scultura antropomorfa.

Il concerto. Cinque giovani hanno trasformato in musica contemporanea le “Lezioni americane” di Calvino

Ma che musica, maestri! Non è un Bacàn

Le creazioni dei concertisti fra il tecnologico Vangelis e il rarefatto Brian Eno. Una performance preceduta da una tre giorni di studio su Calvino: lo stage e il concerto sono stati organizzati dall’associazione “Bacàn” e il tutto reso possibile da Comune e Fondazione Monte di Pietà. Vale la pena di andarli ad ascoltare a Bassano a fine agosto e inizio settembre per chi se li è persi.

Quando iniziano a suonare alzi gli occhi al cielo e pensi che, al loro confronto, Stockhausen era un maestro di melodia con le sue dissonanze. Hai la stessa sensazione raccontata dal comico Maurizio Battista nel suo celebre pezzo Le tre sonate de Mozza alias Stockhausen al circo Massimo: speri solo che il tempo passi in fretta.

Quando terminano il loro concerto capisci che hai ascoltato musiche a metà strada fra il rarefatto Brian Eno di Musica per aeroporti e il tecnologico Vangelis di Blade Runner, quello che trasforma in armonia anche i sordi boati industriali della Tyrell corporation che lavora di notte a fabbricare replicanti.

Comprendi, in altre parole, che aveva ragione Stephen Hawking quando spiegava che il nostro universo è composto da nove dimensioni (adesso si arriva a ipotizzarne 14) delle quali quattro le conosciamo e le altre sono arricciate ai suoi bordi, inconoscibili finché qualcuno apre uno spiraglio, o meglio fa intuire l’esistenza di qualcosa di talmente altro che lascia stupefatti perché non te lo

aspetti ma senti che ti appartiene. Insomma, questi cinque giovani hanno fatto percorrere ai presenti (alcune decine) una specie di wormhole che mette in dialogo mondi altrimenti incomunicabili.

Ecco l’effetto dell’esecuzione nel cortile di palazzo Cordellina, in contrà Riale, del concerto di cinque musicisti al termine di tre giorni di studio, di cui diremo tra poco: sono Beatrice Miniaci (flauto e ottavino), Nicola Traversa (chitarra e voce), Ludovico Franco (tromba ed elettronica) e Nicolò Masetto (contrabbasso) sotto la direzione di Dan Kinzelman, sassofonista, compositore e improvvisatore americano.

Tranne il direttore, quarantenne, gli altri sono parecchio under 35, naturalmente dal pedigree musicale impeccabile che però non si interessano solo di classica ma alzano lo sguardo all’orizzonte del contemporaneo.

I cinque sono stati selezionati fra 40 candidati che avevano risposto al bando dell’associazione Bacàn , presente al concerto con Augusto Dalle Aste e Valentina Fin: Bacàn aveva

lanciato l’idea di comporre musica contemporanea a partire dalle Lezioni americane di Italo Calvino. Quasi tutti loro quando Calvino scriveva le sei parole delle Lezioni americane erano ancora nella mente di Dio. Ma non vuol dire niente, anzi. L’interpretazione è tutto. Le giornate di riflessione e studio hanno distillato il concerto, che si basa su una scaletta di idee (e non su uno spartito) abbondantemente condite di improvvisazione.

Non è stata un’esecuzione didascalica (vale a dire ognuna delle sei parole trasformata in una melodia) nè è stato utilizzato un palco, bensì i musicisti hanno passeggiato nel cortile, salito le scale, cantato dal balcone, tra calzoni corti, sandali e zoccoli. Hanno suonato una dozzina di strumenti, arrivando a cercare suoni perfino scuotendo le fronde degli alberi, messi in grandi vasi a nascondere la triste facciata di quella che era la media Giuriolo, inaugurata nientemeno che dal presidente della Repubblica Scalfaro nel 1995, oggi trasformata in utile ma deprimente archivio con tutte le finestre chiuse.

Il concerto è stato un bel regalo alla città, che l’ha finanziato grazie a Comune e Fondazione Monte di Pietà. Per chi l’ha perso, vale la pena di andare ad ascoltare i cinque musicisti a Bassano, all’ Operaestate festival, dove si terrà la seconda residenza artistica dal 31 agosto al 2 settembre con concerto finale. C’è da scommettere che sarà un altro wormhole

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I cinque musicist: Beatrice Miniaci (flauto e ottavino), Nicola Traversa (chitarra e voce), Ludovico Franco (tromba ed elettronica) e Nicolò Masetto (contrabbasso), Dan Kinzelman, sassofonista. Nell’altra foto, Augusto Dalle Aste e Valentina Fin di “Bacàn”

Il personaggio. Sabrina Pozza, presidente del Movimento donne impresa di Confartigianato e la difficile situazione

Conciliare lavoro e famiglia, prima sfida

“Quello dell’artigiano è un lavoro di passione, tecnica e relazione”. Nel Vicentino esistono quasi 3.900 imprese femminili artigiane.

“Vogliamo offrire ascolto e supporto perché questo è l’aiuto che cercano le imprenditrici”.

Pozza segue l’impresa metalmeccanica di famiglia ma è anche appassionato di teatro di comunità

Comunicare in modo trasversale con le comunità e il territorio, fare rete e generare consapevolezza sui temi dell’imprenditoria femminile, dell’inclusività, del welfare e della formazione. È questa la missione che il Movimento donne impresa di Confartigianato promuove nei cinque distretti presenti sul territorio. Una “visione da raccontare in modo nuovo e distintivo”, come spiega Sabrina Pozza presidente provinciale del movimento, perché quello dell’artigiano “è un lavoro di passione, tecnica e relazione”. Nel vicentino, infatti, sono 3.886 le imprese artigiane femminili. “Si tratta di realtà – come spiega la presidente, che ha 52 anni ed è a capo dell’azienda di famiglia a Sovizzo, ma è anche una grande appassionata di teatro di comunità – che sosteniamo e valorizziamo con nuovi progetti e attività”.

Come nasce la sua esperienza di imprenditrice?

“Sono figlia di artigiani e dopo un’esperienza di undici anni come dipendente in un’altra ditta, ho deciso di portare avanti l’azienda di mio padre nel settore delle costruzioni metalliche e seguire come socia anche l’impresa di mio ma-

rito. Mi occupo di gestione e controllo finanziario. Per me il lavoro artigiano è una passione, inoltre mi ha permesso di conoscere e fare rete con altre realtà imprenditoriali del territorio. Ciò mi ha spinto a portare questa mia esperienza anche all’interno del movimento”.

Cosa significa per lei l’incarico di presidente provinciale?

“È una grande responsabilità prima di tutto. Mi ha permesso di conoscere donne appassionate del loro lavoro e molto coinvolte nelle iniziative del Movimento sia sul territorio che all’interno dell’associazione di categoria. In questo gruppo, infatti, ci confrontiamo su tematiche come welfare, la conciliazione tra famiglia e lavoro, l’essere imprenditrici anche in settori ancora prettamente maschili. È un arricchimento professionale, tecnico e relazionale”.

Quali sono le richieste e le necessità su cui si sviluppa il vostro lavoro?

“Spesso le imprenditrici portano avanti una passione in settori diversi, dal benessere al metalmeccanico, ma tutte sono accomunate dalla necessità di fornire cura e attenzioni alla famiglia e contemporaneamen-

te al lavoro. Confartigianato offre loro moltissimi servizi, anche tecnici e di alto livello, ma ciò che cercano maggiormente è ricevere ascolto e supporto su tre fronti: conciliazione tra lavoro e famiglia, welfare e formazione”.

Quali azioni avete in programma per incentivare le imprese femminili?

“Abbiamo avviato un confronto con istituzioni, associazioni di categoria, per capire necessità e creare un elenco di buone pratiche da attuare sul territorio. Inoltre, grazie ad un’attiva

partecipazione nella progettazione del Cesar, l’ente formativo di Confartigianato, il movimento donne Impresa s’è inserito all’interno della proposta per il bando P.A.R.I.. A partire da quest’ultimo, perciò, avrà il via la progettazione di attività territoriali, come i World Caffè, che vogliono raccogliere le reali esigenze delle donne imprenditrici del nostro territorio e creare tavoli di lavoro efficaci con gli stakeholder territoriali”.

Cosa avete in programma per promuovere la parità di

Un’immagine di Sabrina Pozza, 52 anni, presidente del Movimento donna di Confartigianato, impegnata sul versante della conciliazione fra lavoro e famiglia

genere e creare una maggiore consapevolezza?

“Nei prossimi mesi vogliamo attivare un servizio di diffusione, ma anche di supporto alle richieste di certificazione di parità di genere. Si tratta di un’importante occasione per ogni impresa di attestare le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità”.

Quali sono i prossimi obiettivi del movimento?

“Comunicare in modo riconoscibile i nostri servizi e valori. Nei prossimi mesi, insieme a Silvia Cichellero esperta in marketing e digital communication, prenderà vita un progetto di comunicazione che permetterà al Movimento di far sentire la propria voce in modo riconoscibile, sfruttando i canali ufficiali di Confartigianato”.

www.ilvicenza.com 27 L’intervista
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La storia. Aleassandro Barban: un nome, un lavoro. A 73 anni nella bottega di via Lamarmora ricorda la vita di 60 anni fa

“Quando guadagnavo mille lire al mese…”

“Ero un garzone in bottega e lo stipendio era di 300 lire, ma riuscivo a triplicarlo con le mance. Poi mi sono innamorato del lavoro e non l’ho più lasciato. Rispetto a una volta è cambiato l’atteggiamento. Adesso il cliente guarda lo smartphone e sta zitto. Una volta si parlava, ci si dava appuntamento al negozio, si discuteva: era un luogo d’incontro”

Hanno ragione a definirla “bottega storica”, perché “Il barbiere” è attiva sin dal 1958. Alessandro Barban, nel negosio al civico 143 di via Lamarmora, entra per la prima volta nel 1966 come apprendista. Ha 16 anni, è il “ragazzo spazzola” e, per l’appunto, spazzola il collo dei clienti dopo che il barbiere ha terminato taglio e rasatura. Oggi Alessandro ha 73 anni, non è più garzone da un pezzo, è in pensione da 14 anni ma non gli va di lasciare il lavoro che ha sempre amato. Il barbiere è un mestiere artigianale, fatto di tecniche e segreti che Alessandro Barban, nomen omen, conosce bene. Lui rappresenta un’epoca di cui oggi rimangono i ricordi dei più anziani e qualche foto sbiadita, ma s’è aggiornato continuamente.

Nel 1958 lei non lavorava nella barberia.

“No, sono arrivato dopo. Sono partito garzone, poi diventato socio e infine titolare. Mica male, eh?”.

Quando ha iniziato?

“Nel 1963, avevo 13 anni. Ho cominciato in una barberia in fondo a via Saviabona. Abitavo li vicino e ci andavo a piedi”.

E come mai ha scelto proprio il barbiere?

“Per le mance. Negli anni del boom, cioè sessant’an-

ni fa, un taglio dal barbiere costava 150 lire: neanche 10 centesimi di oggi, ma non si può fare un confronto. Allora il caffè costava 40 lire e il giornale 30, un chilo di pane 140 lire e la pasta 200 lire al chilo. Il mio primo stipendio da garzone è stato di trecento lire, ma con le mance era diventato mille. Mille lire al mese a 13 anni? Le domeniche facevo festa! Poi mi sono innamorato del lavoro e non l’ho più lasciato”.

Quanto costa oggi un taglio dal barbiere?

“Premesso che sono un barbiere tradizionale, cioè mi occupo quasi esclusivamente di shampoo e taglio, il servizio base viene 14 euro. È un prezzo onesto e competitivo. Poi se uno vuole può aggiungere le lozioni, le rifiniture a barba e baffi e così via”.

Ci si mantiene?

“Più che dignitosamente”.

Lei osserva il mondo dalla vetrina da 57 anni. Cos’è cambiato?

“Il modo in cui facciamo le cose”.

Può fare un esempio?

“Il mio quartiere è sempre lo stesso ma viene vissuto più frettolosamente, gli attrezzi del mio mestiere sono sempre gli stessi ma ora sono elettrici, i clienti sono rimasti uomini che hanno bisogno di aggiustare barba e capelli ma l’at-

teggiamento è diverso: pagano per un servizio piuttosto che affezionati avventori con cui poter passare del tempo”.

Si riferisce alle relazioni umane?

“Si, mi infastidisce tagliare i capelli a qualcuno che guarda lo smartphone. Non voglio sembrare retorico ma credo che riconoscere che dietro al sedile c’è una persona sia soprattutto una questione di

rispetto. Quando ho cominciato io il barbiere era un vero e proprio salotto maschile. Si scherzava, si commentava l’attualità, si scambiavano opinioni e ci si dava appuntamento al taglio successivo”.

È riuscito a formare nuove generazioni di barbieri?

“Purtroppo no, ma non me la sento di biasimare i giovani per questo: i tempi sono cambiati e, se a me bastavano

Alessandro Barban, un nome una garanzia nel lavoro. La sua bottega oggi come allora in via Lamarmora. Giorgio Sala in una foto di sessant’anni fa quando era un giovane sindaco di 36 anni mille lire, per loro mille euro sono pochi. Lo sarebbero per chiunque con il costo della vita di oggi. Dall’altra parte però mi resta l’amaro in bocca. L’Italia è diventata grande e forte proprio per il suo rinomato artigianato e oggi, il nostro biglietto da visita, la nostra migliore moneta di scambio, sta sparendo. È un dato di fatto”.

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Vicenza d’un tempo
Roberto Meneghini

Il piatto simbolo. A Sandrigo incontro con Marco Chemello, che rappresenta la nuova generazione di cuochi laureati

Marco è il giovane sapiente del baccalà

Nello storico locale “Da Palmerino” si gusta un baccalà di alto livello. Dal 12 al 25 settembre in paese si svolge la grande festa che richiama decine di migliaia di “fedeli”, metà da fuori provincia e regione

L’insegna porta il nome del papà, Palmerino. Ci lavora da quarant’anni e passa il figlio, Antonio, e adesso anche suo figlio Marco, anzi il dottor Marco, laureato in sicurezza alimentare a Vicenza. La nuova generazione che è entrata a pieno titolo nei locali storici di famiglia merita un discorso a parte, che approfondiremo. Basta ricordare esempi illustri, come Nicoletta Mattiello, “Niki” Eveline, che lavora con papà Roberto e mamma Imera da “Penacio” ad Arcugnano, oppure Alessandro Portinari in sala alla “Peca” di Lonigo con il papà Pierluigi, lo zio Nicola e la mamma Cinzia. Va ricordato anche Jacopo Trentin, figlio di Severino, che ha aperto ormai da cinque anni la sua “Locanda” a Fimon. La nuova vita di “Palmerino” a Sandrigo passa, dunque, attraverso le mani di Marco, che è un giovane sapiente e capace. Con lui il baccalà ha un futuro. Il locale, infatti, resta uno dei templi riconosciuti del baccalà alla vicentina. Lo prova quella scultura in legno, quasi vivente, lunga quattro metri che accoglie all’ingresso del ristorante, quasi fosse una divinità assai laica che indica la strada ai “fedeli” gourmet. Perché il baccalà è una religione, sia chiaro. È una maxi rappresentazione del merluzzo norvegese, quello delle sole Lofoten, scoperto ad essiccare al vento nel 1432 dal capitano della Serenissima Pietro Querini dopo un naufragio. C’è una spiegazione al monumentale tributo. Da settant’anni il locale è specializzato nel preparare piatti della tradizione, ma soprattutto il celebrato “baccalà alla vicentina”. Anzi, Sandrigo è diventata la capitale di questa pietanza, come raccontano perfino i cartelli stradali all’ingresso del paese. Va sempre ricordato che, anche se si chiama baccalà, abbiamo a che fare con lo stoccafisso. La ricetta tradizionale è certificata e custodita dalla “Venerabile confraternita”, di cui il cuoco di “Palmerino” è vicepresi-

dente.

Antonio Chemello, assieme a Marco (e naturalmente alla nonna Iole) prosegue la tradizione di famiglia grazie a conoscenze e tecnica maturate. C’è un ingrediente in più: la passione. E questa motivazione li porta ogni anno nell’isola oltre il circolo polare artico a selezionare personalmente gli stoccafissi che finiscono nei piatti a Sandrigo, magari nella degustazione parallela di baccalà, merluzzo e stoccafisso.

Che Sandrigo sia la capitale del baccalà lo prova anche la festa che si tiene ogni anno, organizzata dalla Pro loco di cui Chemello è presidente. La festa vede ogni anno decine di migliaia di “fedeli”, per metà che giungono da fuori provincia. Il programma di quest’anno prevede martedì 12 settembre il Gran galà del Bacalà, esclusiva cena solo su prenotazione: gli stand saranno aperti dal 14 al 17 e dal 21 al 25 settembre nelle piazze del paese dove, oltre al tradizionale piatto, si potranno gustare molte altre ricette tradizionali e innovative a base di baccalà: i bigoli, gli gnocchi, gli spaghettoni di grano duro, il pasticcio, la pizza gourmet, il bacalà in tempura, il risotto, il sushi con il bacalà e tante altre proposte.

Domenica 18 torna “Bacco & Bacalà” in villa Mascotto : il banco di degustazione di vini italiani e stranieri abbinabili al piatto tradizionale.

www.ilvicenza.com 29 Gastronomia
Marco Chemello assieme al padre Antonio titolare del celebre locale “Da Palmerino” e un piatto di polenta & baccalà

“Latata” degli anni Ottanta, cioè Fran Drescher (nella foto) che è stata alla guida dello sciopero degli attori e sceneggiatori a Hollywood contro lo strapotere delle major e l’avanzare dell’intelligenza artificiale, rimarca due fatti importanti.

Il primo. L’episodio “Joan is awful” come ci hanno dimostrato le istanze dello sciopero, non è soltanto una masterclass di recitazione offerta dal tandem Salma Hayek - Annie Murphy, ma è esattamente quello che molti produttori di contenuti stanno cercando di concretizzare. Media da consumare in ciclo continuo di qualità “good enough”, pazienza che a produrli sia un algoritmo e non una mente umana.

Il secondo. Con questo doppio sciopero cala il sipario sull’età doro della televisione iniziata alla fine degli anni Dieci. La rivoluzione, a cavallo tra le serie di nicchia - da “Lost” a “Breaking Bad” - che esplodevano nel mainstream, ormai è finita. Nel 2022 sono state prodotte 599 serie tv soltanto negli Stati Uniti. Quel numero non esisterà più, almeno per un po’.

Piattaforme e case di produzioni hanno scoperto che no, lo streaming non sarebbe stato il nuovo El Dorado. Siamo tornati alla polverizzazione del panorama mediale, in cui per seguire una manciata di serie bisogna disporre di altrettanti abbonamenti (e guai a condividerli).

Esiste un limite all’attenzione di chi guarda - e alle sue tasche. Ed ecco che a rimetterci sono autori, autrici e interpreti che vogliono giustamente rinegoziare i loro contratti dopo che, per quasi un decennio, la mangiatoia dello streaming ha arricchito quasi tutti, tranne loro.

Come andrà a finire non è chiaro, anche se certe pagine di questa vicenda – a partire dal discorso con cui Fran Drescher ha indetto lo sciopero del sindacato Sag - Aftra – sono già entrate nella storia dello showbiz americano.

Quel che è chiaro è che l’attuale sciopero farà slittare i ritorni di molte delle nostre serie preferite. Ma in un mondo in cui Hbo ha investito qualcosa come 75 milioni per cinque episodi di “The Idol”, forse tutto questo sarà una bella vittoria per tutti.

Trame, protagonisti e volti nuovi, anticipazioni e commenti

Giacomo

Giorgio spera di poter girare uno spin-off su Ciro di “Mare Fuori”. Questo è ciò che ha rivelato l’attore che è tra i protagonisti assoluti della prossima stagione televisiva. Dopo aver conquistato il favore del pubblico più giovane grazie al ruolo di Ciro Ricci in “Mare Fuori” - personaggio che interpreta sin dall’esordio della serie, avvenuto nel 2020 - ed essere apparso in altre produzioni Rai come la fiction “Sopravvissuti”, Giacomo Giorgio apparirà in ben quattro serie Rai nel corso della stagione 2023/2024.

Si comincia con “Noi siamo leggenda”, un romanzo di formazione a tinte fantasy realizzato da Fabula Pictures (la casa di produzione di “Baby” e del prossimo “Briganti” per Netflix) per Rai 2 con il supporto di Prime Video. Giacomo Giorgio dà il volto a uno dei ragazzi protagonisti, i quali scopriranno di avere dei superpoteri in maniera piuttosto insolita. A ottobre Giacomo Giorgio sarà tra i volti di “Per Elisa”, la fiction sul caso Claps nella quale interpreta il fratello della vittima.

A inizio 2024 torna l’appuntamento con “Mare Fuori”, la cui quarta –attesissima stagione – è prevista per i primi mesi del prossimo anno. Giacomo Giorgio, attualmente a Napoli sul set della serie, ha confessato: “Ho sempre voluto fare un supercattivo e mi piacerebbe fare uno spin off solo su Ciro” al pubblico che l’ha accolto al festival di Giffoni.

Sempre nella prima parte del 2024 Giacomo Giorgio debutterà tra le new entry della terza stagione di “Doc - Nelle tue mani”: nel “medical” di Rai 1 sarà uno dei giovani specializzandi del Policlinico Ambrosiano di Milano. Giacomo Giorgio apparirà inoltre per Netflix nella serie tv poliziesca “Sara”, tratta dal romanzo di Maurizio De Giovanni, accanto a Teresa Saponangelo. Attualmente il colosso dello streaming non ha ufficializzato una data di esordio per la serie, che dovrebbe essere lanciata nel corso del 2024.

Come ha sottolineato il prof. Massimo Scaglioni su “Famiglia Cristiana”, il successo di “Mare Fuori” è dettato da due ordini di ragioni: “Il realismo e la capacità di entrare in connessione con i giovani”.

www.ilvicenza.com 30
Film e serie tv visti da vicino
Lo sciopero di Hollywood è una vittoria per tutti
E adesso Ciro di “Mare Fuori” si fa in quattro in un solo anno
Rubrica a cura di Paolo Di Lorenzo

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