In guerra con Bruxelles
Sostenere che il vino uccide, con tanto di etichetta sulla bottiglia, come ha voluto l’Irlanda e come l’Europa ha lasciato fare per ignavia è un segno pericoloso di quella crisi delle istituzioni europee che ha già incassato un brutto colpo con il Qatargate. In quest’ultimo caso, che è finito un po’ in disparte dopo la polemica, gli arresti e la figuraccia dell’Unione europea, si parla di un milione e mezzo di euro ritrovati, ma le dimensioni della corruzione e la sua durata non sono ancora note. Altre sorprese potrebbero arrivare. segue a pag 5
bifacciale dim. 600x300 cm bifacciale dim. 600x300 cm Ieri, oggi, domani. Garantiamo qualità e risparmio. Siamo sempre convenienti. MOSTRA EGIZI La Basilica come il Louvre senza Belfagor 6 CACCAMO Nuovo prefetto Uno scudo antimafia 12 CAMPO MARZO Polemica sulle nuove panchine 13 IL DIBATTITO Vicenza è “invasa” da Schio 36 MUSEO CIVICO I quadri sotto la tutela di Martoni 25 ENOGASTRONOMIA Alle Vescovane una coppia d’assi 37 Servizi alle pagg. 8 e 9 QUANTO SONO FORTI E QUANTO SONO DEBOLI I CANDIDATI A SINDACO È partita la corsa per la conquista di palazzo Trissino. Due i concorrenti principali, in una situazione con molte variabili Servizio a pag. 17 “ECCO VICENZA COME PAPEROPOLI E VI PRESENTO PAPERANDREA PALLADIO” Parla Ivan Bigarella, che vive a Campedello ed è uno dei più importanti disegnatori della Disney – Panini in Italia GENNAIO 2023 Periodico d’informazione localeAnno XXX n. 1 ascoltali on-line su laPiazzaweb.it e sulle migliori Emittenti Radio del Veneto Notiziario delle 11:30 Notiziario delle 18:30 Notiziario delle 17:30 del giornale L’INFORMAZIONE LOCALE
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Il personaggio dell’anno
Non c’è dubbio che il personaggio dell’anno (passato) a Vicenza sia stato il questore Paolo Sartori. Sin da quando, proprio un anno fa, arrivò a Vicenza, diede subito un’impressione di efficienza e velocità, tant’è che allora titolammo il pezzo di presentazione su questo giornale: “Il questore sprint”. In dodici mesi ha confermato queste sue doti, perché in tema di sicurezza è stato innovativo e ha ottenuto importanti risultati. Lo confermano i dati sui controlli interforze che ha presentato di recente. Il questore ha introdotto il servizio di controllo del territorio due, tre, anche quattro volte alla settimana, a Vicenza ma anche nelle altre città della provincia. Il risultato è di aver effettuato almeno 150 controlli nelle zone del capoluogo e negli altri centri, con 163 espulsioni di stranieri, dei quali 64 hanno riguardato stranieri irregolari con precedenti penali e 99 sono stati gli ordini di allontanamento dal territorio nazionale. Sono stati invece 230 i decreti di revoca dei permessi di soggiorno a stranieri, che in questo caso a differenza del precedente hanno riguardato persone regolarmente residenti nella provincia. I numeri sono molto superiori a quelli dell’anno scorso, anche tenuto conto che nel 2021 c’è stato il freno della pandemia.
Nel bilancio che riguarda le persone straniere in provincia e da annotare anche i cinque arresti effettuati dalla polizia, sono quattro per passaporti falsi e uno per un mandato di arresto europeo.
Sono stati oltre 20.000 i permessi di soggiorno rilasciati in un anno. A questi vanno aggiunti 2.715 permessi rilasciati a cittadini ucraini a motivo della legge speciale che è stata introdotta. Le richieste di asilo politico ricevute e sono state 620: Le nazionalità dei richiedenti sono nigeriana bengalese e pakistana.
In un anno sono state 163 le espulsioni di stranieri e 230 i permessi di soggiorno revocati
In guerra con Bruxelles
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Nel caso delle etichette che vogliono paragonare il vino al fumo (proprio nel ventesimo anniversario della legge Sirchia che eliminò le sigarette dai locali pubblici d’Italia) l’impatto con il Veneto è micidiale. In fatto di vino, la nostra regione ha un export che vale 2.8 miliardi. E le conseguenze possono terremotare l’intero settore produttivo, in quanto la scelta dell’Irlanda potrebbe avere un effetto domino in molti altri Paesi.
Sulle confezioni dei prodotti, secondo la nuova disposizione, dovranno essere riportate indicazioni del tipo “l’alcol provoca malattie del fegato” oppure “alcol e tumori sono collegati in modo diretto”, usando una modalità finora contemplata solo per le sigarette.
È un’idea da combattere. Ogni alimento puà essere, in teoria dannoso. Dipende dalla qualità e dalla quantità, come in questo caso. Gli eurodeputati Variati e Berlato hanno già annunciato battaglia. Sarebbe anche da chiedersi come un’idea del genere sia passata senza che loro, o meglio senza che nessuno se ne accorgesse, ma lasciamo perdere. Il governatore Zaia ha già alzato la bandiera di guerra e speriamo che in questa battaglia l’Ufficio della Regione Veneto a Bruxelles diventi un avamposto dell’assalto in terra nemica. Forse la metafora militare è un po’ forte, ma ormai in fatto di agricoltura, anzi di enologia, le battaglie perse (o che si rischia di perdere) sono parecchie. Il Veneto ha già sofferto per l’eliminazione del nome Tocai (chi se lo ricorda? Avvenne 16 anni fa) e dovemmo cambiare il nome in “Tai”: fu una palese ingiustizia perché i vitigni, il Tokaj ungherese e quello veneto, sono diversi. Adesso il Veneto deve combattere con la Croazia che, con il suo Prosek vuole creare confusione. Quello dell’italian sounding, cioè dei prodotti che assomigliano solo nel nome a quelli italiani (dal parmesan americano oppure i vini Barollo e Montecino) è un affare che ci costa settanta miliardi l’anno. Se riuscissimo a recuperarne almeno la metà potremmo regalarci una finanziaria a costo zero.
Combatteremo anche questa battaglia. I veneziani sono stati capaci di trasportare le navi attraverso pianure e montagne (“galeas per montes” nel 1439) per farle navigare sul lago di Garda e combattere a proprio agio, i veneti riusciranno anche ad avere ragione in questa guerra. Che è davvero insulsa.
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Questa edizione raggiunge la città di Vicenza per un numero complessivo di 43.000 copie. Iscrizione testata al Tribunale di Vicenza n. 4194/2020 V.G. del 23.11.2020; R.S. 17/2020; numero iscrizione ROC 32199 È un periodico formato da 23 edizioni locali mensilmente recapitato a 506.187 famiglie del Veneto. Chiuso in redazione il 20 gennaio 2023 PEFC/18-31-992 RiciclatoPEFC Questoprodottoè realizzatoconmateria primariciclata www.pefc.it
È come il Louvre, manca solo Belfagor Attualità
Che effetto l’Egitto a Vicenza all’interno dell’architettura Palladiana. La Basilica sembra trasformata nel museo di Parigi, senza però il fantasma vestito di nero che spuntava tra i cimeli egizi.
Sono esposti 180 reperti, 20 dei quali arrivati proprio dal Louvre. Un’immersione in una realtà di 3500 anni fa
Che effetto l’Egitto in mostra a Vicenza! Naturalmente, come era previsto, i risultati sono già positivi e lo saranno ancora di più; 15mila visitatori alla mostra sull’Egitto curata da Christian Greco solo nel periodo Natale – Capodanno, che hanno trainato 20mila visitatori e musei e monumenti cittadini. Basti pensare che oltre 4000 persone sono andate a visitare la Basilica senz entrare in mostra. Insomma, un successo. Hanno ragione il sindaco Tucco, l’assessore Siotto e il direttore della cultura, Passarin, a essere soddisfatti.
Vedete, la Basilica ha ospitato di tutto, perfino una mostra di aerei veri negli anni Settanta e, 120 anni fa, addirittura una sui crisantemi; nell’ottocento fu allestita sotto le volte in leno l’Expo del veneto e nel 1940 fu organizzara una rassegna di conigli ai tempi dell’autarchia fascista.
Ma fa un effetto tutto speciale ammirare la rassegna I creatori dell’Egitto eterno - Scribi, artigiani e operai al servizio del faraone che è stata curata da presentata dal sindaco Rucco, dall’assessore da Corinna Rossi, Cédric Gebeil e Paolo Marini sotto il coordinamento di Greco.
Si tratta di 180 reperti della XVIII dinastia, parliamo quindi di 3500 anni fa, venti dei quali giunti dal Louvre di Parigi, che ricostruiscono la vita di
Deir el-Medina nel 1500 avanti Cristo, villaggio sulla riva occidentale del Nilo, di fronte all’attuale città di Luxor, che ospitava gli artigiani qualificati (e le loro famiglie) che ebbero il compito di costruire e decorare le tombe reali della Valle dei Re e della Valle delle Regine. Il contrasto fra la classicità palladiana del contenitore e l’antichità senza aggettivi degli egizi si armonizza in un’eleganza che rimbalza tra il nero degli arredi, le luci morbide che piovono dall’alto, i marmi solenni delle statue, i sarcofagi dipinti, il blu egizio (che non è di lapislazzuli) inventato sulle sponde del Nilo, rimbalzato a Pompei grazie ai Romani e finito poi nei colori di Raffaello.
“Non c’è mai stata una mostra così e mai più ci sarà”, sentenzia Mauro Passarin, che ha passato un mese e mezzo ad allistire la rassegna, aperta sino ai primi di maggio e assicurata per 50 milioni di euro. Naturalmente sono infinite le storie legate ai pezzi in mostra, 160 giunti dal museo di Torino e 20 dal Louvre. C’è la Lira che arriva da Parigi. Ci sono gli ostraka, frammenti di vasi o schegge di pietra utilizzati dagli egizi per esercitarsi, come se fossero moderni tablet, oppure il corredo
della regina Nefertari, e perfino l’installazione multimediale - curata dal museo egizio per la rassegna di Vicenza - del papiro della tomba del faraone Ramesse IV, estremamente fragile e perciò non trasportabile.
Insomma, la Basilica palladiana in versione egizia assomiglia molto al Louvre parigino. Senza Belfagor, però, che si aggirava come un fantasma tra i cimeli egizi dei sotterranei. Il titolo dello sceneggiato che terrorizzò bambini e adulti negli anni Sessanta era proprio “Belfagor, il fantasma del Louvre” ed era interpretato da Juliette Greco. State attenti, l’allestimento e la mostra sono così convincenti che potreste vederlo sbucare anche in Basilica con il suo sudario nero…
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La mostra in Basilica. Successo di pubblico e di critica per il raffinato allestimento curato da Christian Greco
Un’immagine delle mummie esposte in Basilica e un frammento dello sceneggiato del 1965 con Belfagor che si aggira nei sotterranei del Louvre fra i cimeli egizi.
Possamai punta su quartieri e cittadini
“Questa è una città dove sono aumentati il degrado e il senso di insicurezza, c’è stata molta disattenzione verso le “piccole cose” dei quartieri. Sapremo coniugare l’attenzione verso le realtà locali con un’idea di visione della città per gli anni a venire”. L’iniziativa delle passeggiate per incontrare i vicentini
Giacomo Possamai ha iniziato dai quartieri la sua corsa (o rincorsa) alla fascia di sindaco di Vicenza. E si ripromette di voler dialogare con i cittadini per ascoltare esigenze e indicazioni. Tant’è che ha voluto lanciare la sua candidatura a sindaco con una conferenza stampa in un bar di San Bortolo. “Vicenza è una città stanca e in declino – ha spiegato – C’è bisogno di un rilancio”. “Vogliamo provare a condurre una campagna elettorale particolare, che si faccia nei bar, nei quartieri, nei mercati, nei luoghi dove le persone vivono quotidianamente e che in questi anni sono stati dimenticati da questa amministrazione. Vorrei riuscire ad incontrare almeno cinquemila persone nei primi cinquanta giorni di campagna elettorale, e raccogliere da loro necessità e suggerimenti: Vicenza è una città dove sono aumentati il degrado ed il senso di insicurezza, c’è stata molta disattenzione verso le “piccole cose” dei quartieri. Sapremo coniugare l’attenzione verso i quartieri insieme ad una idea di visione della città per gli anni a venire”.
Come assaggio del programma che arriverà, il capogruppo del Pd in consiglio regionale (oltre 11mila voti per lui nel 2020, il più votato nel Ve-
neto dell’opposizione, di questi più di 5000 a Vicenza) indica alcuni concetti centrali. Il futuro di Vicenza – afferma Possamai – passa necessariamente attraverso un dialogo con le città vicine: “Vicenza è sempre stata schiacciata tra Padova e Verona, adesso abbiamo l’occasione di costruire un’alleanza con queste città sorelle, di delineare un nuovo modello di sviluppo, ad esempio sui temi della cultura e del trasporto pubblico”. Il riferimento ad Agsm Aim non è casuale: “Anche se l’accordo di fusione è molto peggiorativo di quello di Variati, meglio collaborare con Verona, fermo restando che noi siamo in minoranza e tali rimaniamo”.
Sull’elaborazione del programma e i rapporti con le forze politiche afferma: “Stiamo lavorando alla costruzione di una lista civica collegata al candidato sindaco che esprima figure della società civile vicentina; il tasso di “civismo” di un candidato non si misura dalla tessera di partito che ha in tasca, a mio avviso, quanto dal grado di libertà che ha nell’esprimere le proprie idee, senza farsi condizionare dalle forze politiche. Mi aspetto che nelle prossime settimane i partiti e le forze civiche lancino delle proposte sul programma, delle idee,
delle tesi; andremo a costruire la coalizione con quelle che saranno compatibili con le nostre idee, che è il processo inverso rispetto a quanto sta succedendo nel centrodestra”. È peraltro difficile che in questa coalizione si ritrovi anche il terzo polo, che ha esplicitamente spiegato di voler correre in autonomia. A proposito della crisi del Pd, se cioé possa influenzare negativamente la sua candidatura, Possamai ha spiegato che quella delle amministrative è una partita totalmente diversa. Riguardo all’altra grande partita, quella dell’alta velocità, non ha nascosto i suoi dubbi sulla stazione in centro.
Della partita elettorale di Verona, che ha visto vincere Damiano Tommasi del centrosinistra, Possamai spiega che vorrà replicare “lo straordinario coinvolgimento dei giovani e le passeggiate nei quartieri del candidato sindaco”. “Le città sono dei laboratori per definizione, dove si concentrano intelligenze e capacità diverse; Vicenza potrà segnare un tempo diverso anche per il Veneto, e chi avrà la fortuna di governare la città nei prossimi anni avrà la possibilità di cambiarla per davvero, perché ci saranno bandi e risorse a disposizione per farlo”. (al. fer.)
www.ilvicenza.com 8 Politica
La corsa a sindaco. Il capogruppo del Pd in Regione ha spiegato la sua candidatura. “Vicenza città stanca e in declino”
“Il buon governo di Rucco sarà premiato”
“Noi siamo a favore del sindaco senza se e senza ma. Il centrosinistra mostra un totale disorientamento. A Rucco è capitato il peggior periodo storico del dopoguerra per essere sindaco, e a chi lo critica questa cosa va ricordata. Abbiamo avuto a che fare con pandemia, guerra e carovita”
Alle elezioni di primavera il centrodestra punta sul sindaco uscente, Francesco Rucco, che intende riconfermare. Come si ricorderà, Rucco nel 2018 è stato a capo di una lista civica, appoggiata dai partiti, che ha realizzato un risultato del 25%, percentualmente perfino migliore di quello della Lista Zaia nel 2015. Cinque anni fa vinse al primo turno. Nelle settimane scorse l’interessato ha manifestato apertamente la sua disponibilità alla ricandidatura, lasciando al concerto dei sostenitori (la sua civica e i partiti) la decisione finale. Il punto di vista dello schieramento lo illustra Pierantonio Zanettin, da vent’anni in parlamento, già componente del Consiglio superiore della magistratura e alle elezioni di settembre rieletto senatore di Forza Italia.
Senatore, come si muoverà il centrodestra per le prossime amministrative?
Il centrodestra si schiera a sostegno di Francesco Rucco senza se e senza ma; prima di formalizzare il tutto vorremmo approfondire alcuni aspetti programmatici che per noi sono molto importanti e che possono consentire di avere una piattaforma di consensi ancora più forte rispetto a quella che già c’è.
Avete dei temi su cui puntate maggiormente?
Sicuramente la Tav, che per noi deve essere colta come una opportunità di grande crescita per la città e non come una sciagura, e che a seconda delle risorse che muoverà potrà consentire un riassetto urbanistico della città, sviluppando nuove opportunità per il terziario.
In particolare come Forza Italia puntiamo verso un rilancio urbanistico di Vicenza in chiave moderna e green, senza dimenticare il centro storico, su cui l’attuale amministrazione molto ha già fatto e sta facendo. Penso al piano importante per il nuovo tribunale.
Ci sono temi aperti?
Quello dell’ex macello, per il quale bisogna assolutamente trovare una destinazione.
Siamo attenti al sociale, perché in questi anni di crisi economica molte persone sono hanno meno possibilità, sono rimaste indietro come si dice, e devono giustamente essere sostenute. In ultimo c’è il tema della viabilità: restano alcune opere da completare per rendere più fluida la città, come la bretella.
Qual è il punto di forza del centrodestra?
Al netto del buongoverno di questi anni, la coesione.
A fronte dello stato di totale disorientamento che dimostra il centrosinistra in questa fase, sia a livello locale che a livello nazionale, con un Partito democratico in stato confusionale che si perde nelle sue alchimie congressuali, il centrodestra pur con le proprie differenze interne sa essere pragmatico, fare sintesi e non allontanarsi dai temi che interessano i cittadini, risultando più credibile.
Un possibile punto debole invece per la sua coalizione? Non ne vedo, francamente. C’è qualcosa che teme nella coalizione di centrosinistra?
In questo momento il centrosinistra mi fa un po’ tenerezza dato lo sbando che registro, soprattutto a livello nazionale.
Che voto si sente di dare al primo mandato di Rucco? Un sette e mezzo, determinato da una pessima congiuntura economica e sociale; a Rucco è capitato il peggior periodo storico dal dopoguerra in poi per fare il sindaco e a chi lo critica questa cosa va ricordata. Se temi come la pandemia, la guerra, il carovita si risolvessero in tempi brevi potremmo auspicare cinque anni di crescita notevole.
Alvise Ferronato
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La corsa a sindaco. Il sen. Zanettin spiega quali sono i punti di forza del centrodestra per la riconferma del primo cittadino
Da sinistra, il senatore Pierantonio Zanettin e il sindaco Francesco Rucco
Ferronato favorito come nuovo presidente
Il sindaco di Caldogno sulla carta è appoggiato da uno schieramento più ampio: centrodestra, Terzo polo, civici. Ma all’interno della Lega ci sono divisioni di cui s’è fatto portavoce l’on. Pretto. Nardin ha dalla sua anche il Pd e il gruppo di Valter Orsi, sindaco di Schio
Nicola Ferronato, sindaco di Caldogno da sette anni, e prima vicesindaco per dieci, si presenterà come candidato alla presidenza della Provincia contro Andrea Nardin, sindaco di Montegalda, riconfermato a mani basse nel 2021. Le elezioni sono fissate per domenica 29 gennaio. Chiamati alle urne sono 1508 amministratori locali. Si voterà in 6 seggi distribuiti in tutta la provincia, in modo da facilitare l’affluenza: saranno allestiti a Vicenza, Bassano, Asiago, Montecchio Maggiore, Sossano e Thiene. Il presidente rimarrà in carica quattro anni. Al suo fianco avrà i consiglieri provinciali che sono stati eletti nel gennaio 2022, i quali sono già a metà mandato visto che la durata del Consiglio provinciale e di soli 2 anni e quindi tra un anno dovranno essere rinnovati.
Per Ferronato c’è una alta probabilità di elezione, almeno valutata sulla carta, vista la preponderanza del centrodestra nel Vicentino, rispetto allo schieramento avversario. Fatte salve le divisioni interne, Ferronato è appoggiato dal centrodestra, da Azione e Italia Viva e da molti sindaci civici. È anche vero che sia nella Lega come ha dichiarato l’onorevole Erik Pretto sia in Fratelli d’Italia e ci sono punti di vista divergenti su questa candidatura.
Andrea Nardin è invece appoggiato dal Partito democratico e dal gruppo che fa riferimento al sindaco di Schio, Valter Orsi. I punti di maggior forza per questo schieramento sono Thiene che ha eletto Giampi Michelusi, sindaco di centrosinistra, Valdagno dove è stato riconfermato un altro sindaco di centrosinistra, vale a dire Giancarlo Acerbi e naturalmente Schio, dove appunto è sindaco Orsi. È anche vero che essendo l’elezione ponderale i voti non
si contano “pro capite”, come si dice, bensì in rapporto alla rappresentanza territoriale: più grande è il Comune, più vale il voto. Un consigliere di Vicenza, per fare un esempio, vale 23 voti rispetto al consigliere del comune di Posina, che è molto piccolo.
Andrea Nardin ha spiegato in un video che lui vuole rappre-
sentare i civici di centro, di destra e di sinistra.
Secondo Ferronato il presidente della Provincia nell’attuale quadro normativo non è altro che il “sindaco dei sindaci”. E nonostante le divisioni che si sono manifestate, la Provincia come “casa dei sindaci” non è crollata perché - afferma - il consiglio lavora molto e lavora per il benessere dei cittadini con qualità. Se la Provincia lavora benesostiene - è un vantaggio per tutti i Comuni.
In ogni caso non vanno sottovalutate - aggiunge - le competenze della Provincia: la prima riguarda l’edilizia scolastica, la seconda le reti ferroviarie a partire dall’ammodernamento della Vicenza-Schio, per non parlare dell’alta velocità. La terza riguarda l’ambiente e in particolar modo l’acqua. Se sarà eletto - conclude Nicola Ferronato - il suo mandato di presidente lo vuole interpretare come quello di una figura di garanzia per tutti gli amministratori locali.
È anche vero che un’elezione dove risulterà una maggioranza e una minoranza comporterà necessariamente una revisione delle deleghe che sono state affidate dal precedente presidente della Provincia in un’ottica completamente diversa.
È difficile pensare, infatti, che un presidente assegni delle deleghe, cioè chiami a collaborare alla sua gestione una persona che ha votato contro di lui, cioé non ha dimostrato fiducia nei suoi riguardi.
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Provincia
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L’elezione. Per la prima volta si fronteggiano due candidati: contro di lui il sindaco di Montegalda, Andrea Nardin
Il sindaco di Montegalda, Andrea Nardin e il medico Nicola Ferronato
Uno scudo contro le infiltrazioni mafiose
“In un periodo di ampi finanziamenti e di appalti – ha spiegato il prefetto –bisogna garantire che non ci siano problemi per realizzare le opere”.
Caccamo ha grande esperienze come commissario nei Comuni sciolti per mafia: conosce queste situazioni di ordine pubblico e i problemi dei sindaci
Pacato di modi, ma anche preparato, informato su Vicenza e i suoi problemi, aperto, deciso a svolgere un ruolo di difesa del sistema economico dalle infiltrazioni della malavita. Ecco il nuovo prefetto, Salvatore Caccamo, 61 anni, che ha preso servizio a Vicenza e che ha già incontrato le autorità amministrative e militari, a iniziare dal sindaco Rucco e poi s’è recato al comando dei carabinieri, al Coespu e dal questore. Originario di Palermo, Caccamo ha girato per lavoro l’Italia da Trento ad Enna, da Castelvetrano, che è il paese di Matteo Messina Denaro, sino a molti Comuni della Sicilia e della Calabria, dove
ha svolto le funzioni di commissario quando gli enti sono stati sciolti per mafia. L’ultimo incarico è stato quello di viceprefetto di Foggia da dove è stato inviato a Vicenza.
Alle spalle quindi ha una vasta esperienza che gli che gli consente di dire: “Capisco e conosco bene i problemi dei sindaci. Darò un contributo conoscitivo al mondo produttivo locale”.
Il prefetto Caccamo si presenta come un prefetto antimafia. Non che i predecessori non lo fossero, ma lui dall’inizio ha posto un accento particolare su questo aspetto. Si pone, più in generale, come una garanzia contro le infiltrazioni della criminali-
tà organizzata nella vita economica, specie in un periodo in cui gli appalti saranno numerosi visti gli investimenti consistenti finanziati dal Pnrr. “È un periodo delicato per gli investimenti sul territorio –ha spiegato – La prefettura ha un compito particolare ed è nevralgica per capire i problemi che possono sorgere e mettere a rischio le opere”. “In un contesto altamente produttivo - ha aggiunto - la mia esperienza passata può essere utile”.
Proprio questo aspettoha sottolineato - cioé il suo ruolo in contesti contaminati pesantemente dalla criminalità è stato decisivo perché il Ministero lo scegliesse per inviarlo a
Vicenza. Non tanto perché esista nel Vicentino e un’emergenza mafiosa, quanto piuttosto, come spiega lo stesso prefetto “perché tutti operino in un contesto di serenità”. Come dire: terrò sotto controllo la situazione. Il prefetto Caccamo vuole incontrare tutti i sindaci, ha affermato. Intanto ha dimostrato di conoscere la realtà dell’immigrazione Vicenza: s’e reso conto dei numeri elevati, con un po’ di meraviglia ha sottolineato, anche se l’accoglienza è diversa che non nel Sud Italia perché è molto più diffusa anziché concentrata. “Desidero creare tutte le condizioni - ha detto - perché l’integrazione si coniughi con l’accoglien-
za”.
Anche sull’ emergenza di Campo Marzo ha dimostrato di conoscere bene il problema: “Non deve mancare la presenza delle forze di polizia virgola, ma su questo aspetto il questore mi ha già rassicurato. Però voglio approfondire Anche l’aspetto relativo al nuovo progetto di sistemazione di Campo Marzo”.
Infine, sullo stato di agitazione del Corpo di polizia locale, il prefetto ha affermato che vuole affrontare la questione in un incontro: “Voglio capire”, ha aggiunto, anche per scongiurare ulteriori precettazioni, che sono sempre decisioni dolorose per tutti, ha commentato.
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Un primo piano di Salvatore Caccamo, nuovo prefetto di Vicenza
Il rappresentante del governo
L’intervista. Il nuovo prefetto, Salvatore Caccamo, insiste su questo ruolo da svolgere a difesa del sistema produttivo
Campo Marzo, è polemica sulle panchine
Ecco le immagini delle nuove panchine che saranno posizionate in Campo Marzo. Saranno più corte delle attuali e affiancate da altre con un posto solo.
È polemica su Campo Marzo e sul piano di intervento del Comune, in particolare sulla zona di viale Dalmazia. Come si ricorderà, in un progetto da 1 milione e 700 mila euro (nell’ambito di un intervento più ampio e di maggiori investimenti che arriva al Giardino Salvi, alla zona del parco giochi e in piazzale De Gasperi) finanziato dal Pnrr, il Comune punta fra l’altro anche a sostituire le panchine esistenti con altre più piccole da un metro e mezzo, con braccioli, e nuove sedute da una persona. È uno dei provvedimenti sui quali il Comune punta per scongiurare i bivacchi di clochard e sbandati.
A questi si accompagnano anche una nuova illuminazione e la posa di 5.700 piccole piante e arbusti nelle aree attorno a viale Dalmazia che sono solitamente a rischio bivacco.
La polemica è stata subito alimentata dall’opposizione di centrosinistra che, per bocca di Sandro Pupillo, ha condannato la scelta di utilizzare i fondi del Pnrr destinati all’inclusione per un provvedimento che di fatto è l’opposto di questo obiettivo. Questa polemica ha trovato anche spazio nelle nei media nazionali, a cominciare da Fanpage, che ha dato risalto alla scelta del cambio delle panchine. Dal canto suo Il fatto quotidiano di Marco Travaglio ha sottolineato che mentre a Verona il sindaco di centrosinistra Damiano Tommasi rimette le panchine per così dire “normali” a Vicenza il sindaco di centrodestra interviene in direzione diametralmente opposta.
La replica del sindaco non s’è fatta attendere. “Ancora una volta – sottolinea il sindaco –assistiamo alla strumentalizzazione politica di una minoranza, dedita alla mistificazione fine a sé stessa in quanto incapace di approfondire il merito dei progetti, che cerca di rappresentare la nostra città per ciò che non è”.
“Respingo con forza le insinuazioni, perché si tratta di una serie di interventi coerenti con le finalità di inclusione socia-
La soluzione antibivacco prevede di mettere a dimora 5720 piante per evitare che le persone si fermino sull’erba e di sostituire le panchine con altre più corte per non fare distendere e dormire. Il sindaco: “Chi critica fa solo mistificazione”
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le e prevenzione del degrado urbano previste dal Pnrr che propongono soluzioni in grado di porre rimedio alle situazioni di disagio che inevitabilmente attirano l’attenzione dei cittadini, creando la percezione del degrado”.
“Non si fa inclusione sociale rendendo le panchine dei parchi pubblici più comode per chi ci dorme la notte, ma offrendo a queste persone servizi adeguati e opportunità di vita. Ed è quello che stiamo facendo con interventi concreti attraverso i servizi di accoglienza in emergenza, le unità di strada, il servizio degli educatori di strada per persone con problemi di dipendenza, il progetto di contrasto alla prostituzione e allo sfruttamento lavorativo, il servizio sociale comunale dedicato alle persone senza fissa dimora, il pronto intervento sociale e la distribuzione di beni essenziali”.
“Ci sono numeri importanti a supporto di tutte queste iniziative che vanno ad assommarsi agli interventi per l’emergenza covid e a due importanti progetti sociali finanziati dal Pnrr da 1 milione e 800 mila euro per la “Stazione di posta” (il progetto di accoglienza all’ex studentato di San Marco con la diocesi, ndr.) e il progetto “Housing First” che prevede la realizzazione di alloggi finalizzati al reinserimento e all’autonomia delle persone senza fissa dimora”.
“Il vero gesto di umanitàconclude il sindaco - non è farli dormire su una panchina all’addiaccio ma aiutarli concretamente dando loro un tetto e una prospettiva di reinserimento. Per cui, sul sociale, non prendiamo lezioni da nessuno in quanto abbiamo la coscienza a posto”.
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Il dibattito. Il piano del Comune nella zona di viale Dalmazia suscita critiche per la sostituzione delle sedute
Dilaga la finanza, recessione più grave
Si sta tornando alla frammentazione del sistema economico di oltre trent’anni fa. Imprese da un lato, Stato dall’altro e conti impazziti
La comparsa, intorno al 1990, del fenomeno chiamato globalizzazione ha alimentato il sogno che, attraverso una stretta integrazione economica (accoppiata a una sempre più ampia interdipendenza sociale e culturale tra le aree del mondo) si aprisse un’era di crescita e di benessere.
Attraverso l’unificazione dei mercati mondiali consentita dalla diffusione delle innovazioni tecnologiche siamo stati spinti verso modelli economici di consumo e di produzione apparentemente più convergenti.
L’omogeinizzazione dei bisogni, con il progressivo svaporare delle differenze tra gusti dei consumatori a livello nazionale o regionale, si è accompagnata allo sfruttamento, da parte delle aziende globali, di economie di scala che hanno portato ad un abbassamento complessivo dei prezzi.
Le imprese presenti in tutto il mondo hanno via via assunto prospettive sempre più autonome dai singoli Stati, aumentando la propria possibilità di influenza sia sulle istituzioni internazionali, sia sulle scelte di politica economica dei singoli governi, con crescita del pericolo per gli Stati di perdere parte della propria sovranità economica a favore di aziende multinazionali.
Trent’anni dopo l’emersione del fenomeno della globalizzazione, l’economia mondiale ha iniziato un doloroso processo di ri-frammentazione. Perché nessuno dei sogni impliciti in quel concetto si è avverato.
Anzi, i Paesi in via di sviluppo, ma anche quelli con problemi di debito eccessivo e di malgoverno della politica industriale (come l’Italia), si trovano oggi a gestire una realtà in cui sono tornati ad emergere problemi antichi: sfruttamento del lavoro, aumento delle disparità
sociali, perdita delle identità locali.
Le chiusure causate dalla pandemia hanno interrotto le filiere di fornitura globali, mentre la guerra in Ucraina ha durevolmente modificato le rotte commerciali con i Paesi occidentali, costretti a trovare fornitori alternativi per risorse come petrolio, gas, grano, fertilizzanti.
Invece i flussi internazionali dei capitali restano fortemente integrati per quanto – in gran parte – non regolamentati.
Dopo aver seguito l’esempio della Fed Reserve adottando strette sui tassi, molti Paesi, come il nostro, si sono trovati in una situazione di grave stagflazione e l’integrazione con la finanza globale anziché aiutare sta peggiorando le difficoltà economiche.
Infatti (dati Sole 24ore) il valore nozionale dei derivati in circolazione nel mondo sfiora la strabiliante cifra di 2,2 milioni di miliardi di euro, cioè
33 volte il Pil del globo. Ciò amplifica in modo allarmante il rischio sistemico proprio grazie all’interconnessione voluta dalla globalizzazione. E tale rischio sfugge ai tentativi di controllo: la stessa vigilanza bancaria è tuttora concentrata sul tradizionale rischio di credito più che su quello derivan-
te dalla non regolata crescita finanziaria che potrebbe determinare una severa recessione a livello planetario. È un po’ come se una hostess zelante ti redarguisse per il cellulare acceso mentre l’aereo precipita. Buon volo!
Giuseppe de Concini
• Chi è Giuseppe de Concini
Padovano con studio a Vicenza, laurea in giurisprudenza, importante esperienza nel mondo bancario, ora è consulente aziendale
www.ilvicenza.com 15 www.lapiazzaweb.it Raggiungi i tuoi potenziali clienti con noi. Stampa, Web, Mobile, App. Dentro il territorio nel cuore della gente! Oltre UN MILIONE utenti/mese. Oltre 2.550.000 pagine visualizzate/mese. Economia
Il punto. La non controllata espansione dei “derivati” ha toccato valori iperbolici. E può avere gravi ripercussioni
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Così Paperandrea Palladio firmò Vicenza
Da tre anni il fumettista vicentino lavora al periodico Disney edito dalla Panini di Modena: “Ancora mi sembra un sogno”. Ha creato per “Il Vicenza” il personaggio di Paperandrea Palladio. Ma disegna anche le copertine di Geronimo Stilton e lavora per il Battello a vapore, De Agostini ed Einaudi. È un’autorità di rilievo nazionale nel suo campo
Trentotto anni, diploma al liceo artistico di Vicenza nel 2004, poi tre anni di studi alla Scuola del fumetto di Milano, Ivan Bigarella è vicentino di Campedello dove vive con la moglie Alessia e la loro bimba Bianca di due anni. Aspettano il secondo figlio. Bigarella lavora nel mondo del fumetto da 15 anni: oggi è uno dei più importanti disegnatori della Disney, dove lavora dal 2020. È sua la copertina del numero 3500 di Topolino, uscito il Natale scorso, ma lavora per altri importanti editori. Insegna alla Scuola internazionale di comics a Padova.
Leggeva Topolino da bambino?
Certo. Ho iniziato che non sapevo leggere: guardavo le figure e immaginavo. Avrebbe mai immaginato di disegnarne le storie e le copertine?
No. Ero appassionato di animazione. E la Scuola del fumetto che ho frequentato a Milano dal 2005 al 2008 mi ha fatto capire che il fumetto è molto vicino all’animazione. Illustratori si nasce o si diventa?
Alla Disney ho partecipato a un concorso 9 anni fa e non mi hanno preso. Giustamente. M’ero preparato male. Però ha lavorato con Piemme, Il Battello a vapore, Geronimo Stilton, De Agostini, Einaudi ragazzi… Mica male. È un bel mondo quello dell’editoria per ragazzi. Ogni libro di Stilton vendeva 30 milioni di copie.
Di solito si domanda: meglio i Beatles o i Rolling Stones? E a lei chiedo: si sente più Paperino o Topolino?
Paperino siamo tutti noi, ma Topolino è più interessante come personaggio. Perché?
Perché è associato all’idea di
perfezione. Tecnicamente è quanto di più difficile esista, se sbagli di un millimetro non è più lui. È il disegno più lontano dalla banalità.
Quindi è il più complicato da realizzare?
Assolutamente. Qual è l’elemento più difficile da disegnare? Il cerchio. Topolino è tutto cerchi. E ha proporzioni perfette.
Ha un maestro? Penso a Carl Barks
Lui era fantastico. Ho iniziato ispirandomi a Cavazzano, un grande, e poi ammiro Corrado Mastantuono, Fabio Celoni, Andrea Freccero…
Chi è il collega, più o meno coetaneo, che ammira?
Mario Ferracina, vicentino che vive a Firenze; Giuseppe Facciotto di Mestre; e poi Stefano Zanchi, Mattia Surroz. Con Freccero art director il livello di Topolino s’è alzato parecchio
E Silvia Ziche?
Lei è semplicemente straordinaria. È giusto che abbia la sua rubrica all’inizio di Topolino ogni settimana.
Vicenza è più Paperopoli o Topolinia?
È Paperopoli. Topolinia è Milano. I vicentini sono paperi, gente alla mano. Beve lo spritz. Abbini un personaggio della Vicenza di oggi a quelli di Topolino.
Mah… Renzo Rosso lo vedo come Rockerduck, eterno numero due. Poi il sindaco Rucco… è il sindaco di Paperopoli. Paperandrea Palladio starebbe bene in questa Vicenza di paperi
Chi è il personaggio Disney che le è più simpatico?
Zio Paperone. È divertente disegnarlo. Poi ha una sua profondità. È tirchio, è vero, ma s’è fatto da solo e, gratta gratta, ha un cuore d’oro.
Quante ore lavora al giorno?
Anche dodici, o di più. Un racconto di 24 o 30 tavole, ciascuna ha sei riquadri, significa lavorare un mese. Solo di disegni e china, senza colori. Che idea s’è fatto di Walt Disney?
È un personaggio controverso. Sicuramente un genio imprenditoriale che si rimetteva sempre in gioco, spesso grazie al fratello che gli forniva i soldi necessari.
Che valore hanno oggi i fumetti della Disney?
Insegnano un linguaggio forbito. Il vocabolario è ricercato. In ogni storia c’è un lavoro di
scrittura notevole. Quando è entrato alla Disney ha detto: “Non capisco se è un sogno o una realtà”. È ancora così?
Certo. Vivo il sogno e non mi pare vero. Ho disegnato saghe in più puntate, ho realizzato copertine importanti. Mi sembra incredibile che qualcuno acquisti il giornale per la mia copertina. Non mi sento mai arrivato, perché non ho ancora raggiunto la qualità che vorrei. Quali sono i fumetti che le piacciono?
Murder Falcon di Daniel Warren, Ultramega di James Harren e poi Asterix, che dovrebbe essere in ogni biblioteca. Film?
Quelli di Guillermo del Toro, Atiq Rahimi, Quentin Tarantino, Tim Burton, Martin Scorsese Libri?
Gli horror, da Edgar Allan Poe a H. P. Lovecraft.
Lei ha detto che appena può
sfodera una matita. E nei rari momenti che non ce l’ha in mano, che fa?
Gioco a calcio. Sono un trequartista, una seconda punta Se non fosse diventato un disegnatore cosa sarebbe?
Forse un falegname. Non mi vedo fuori da un lavoro artigianale
Che personaggi le chiede di disegnare sua figlia di due anni?
Per ora un cuore, al massimo un gatto
Meglio disegnare o insegnare?
Disegnare. Anche se insegnare fornisce la possibilità di approfondire. I ragazzi hanno la mente fresca e ti stimolano. Cos’è la creatività?
La fantasia che ha metabolizzato l’esperienza, cioé le informazioni.
Come vede i fumetti giapponesi?
Occupano un mercato enorme. Da soli i giapponesi vendono più della metà dei fumetti del mondo
Qual è il segreto di Disney che vince il tempo?
È diventato un’istituzione perché fa parte della storia di tutti noi.
Antonio Di Lorenzo
www.ilvicenza.com 17 L’intervista
Il personaggio. Il vicentino Ivan Bigarella, 38 anni, è disegnatore di “Topolino” e immagina la città come Paperopoli
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Un’immagine di Ivan Bigarella, la copertina del numero 3500 di Topolino e il suo nuovo personaggio vicentino Paperandrea Palladio
Venditore del nulla, mi salvai a stento
Nei primi anni Settanta, da adolescente, dovevo vendere porta a porta coperchietti salva fiamma: ma fu un disastro. E mi salvai a stento. Il mio procacciatore di lavoro si arrabbiò talmente che tremarono le campane del paese
I l mio primo lavoretto fu nell’estate del 1974, quando papà, improvvisamente impazzito, decise che noi quattro brothers tra i 13 e gli 8 anni dovevamo fare pratica presso il meccanico di bici del quartiere. Era costui un omone calvo e collerico, la bocca semiaperta che aspirava l’aria insieme a un certo inconsapevole sgomento, una specie di Mangiafuoco che subito trattò noi piccoli apprendisti con una durezza da opificio gallese della prima metà dell’Ottocento. Tutto nella sua bottega, dal pavimento ai tavoli fino agli attrezzi, era ricoperto da un nero strato di grasso che assorbiva la luce e infatti ci si muoveva in una semioscurità dove le biciclette appese in verticale piovevano giù dal soffitto come prede stecchite di un’orribile creatura.
La cosa durò poco: al terzo giorno il meccanico ci riconsegnò a papà dicendo che eravamo più adatti agli studi.
Tre anni dopo, sempre d’estate,
io e il mio amico Gianni decidemmo di andare a Barcellona in treno. Il quartiere si espandeva ed era pieno di cantieri, così trovammo da lavorare come manovali in un’impresa che costruiva delle villette. Il primo giorno, dopo aver scaricato un camion di sacchi di cemento e tagliato un mezzo centinaio di tondini di ferro, decisi che era anche l’ultimo. Non mi feci più vedere, né in cantiere, né da Gianni, che invece lavorò un mese intero, si prese lo stipendio e andò a Barcellona. Io non ci sono mai stato e ogni volta che si prospetta l’idea provo una forte spossatezza.
Qualche estate dopo mi ritrovai a maneggiare una pesante valigetta piena di coperchietti salva-fiamma, ovvero un semplice dischetto di metallo con il bordo rialzato da mettere sopra i fornelli. Dopo una breve relazione, i responsabili commerciali ci divisero in gruppi di quattro, ognuno con un capozona che era anche l’autista. Mi ritrovai
sul sedile posteriore di una Ford Escort color bronzo, condotta da un uomo che sembrava Richard Gere brutto. Al suo fianco una bionda dalla pelle lucida, con lo sguardo svelto da moglie-cassiera del macellaio. Più che aver trovato un lavoro, mi pareva di esser stato rapito: di rassicurante c’era solo il ragazzone accanto a me con il doppio mento e l’espressione annoiata da veterano dei coperchietti salva-fiamma. Scoprii che si chiamava Alceste e che rispondeva soltanto a monosillabi, avendo egli tutta l’evidenza fisiognomica di chi pensa pure in monosillabi. La bionda disse che Alceste aveva il record di vendite di ottantadue pezzi in un solo giorno e una media di 40.
Arrivammo
così nello sprofondo
della campagna trevigiana, del tipo Morniago del Trivello Trifolato o Valpurga di Loria della Biadena. Richard Gere parcheggiò l’auto e la bionda ci diede una mappa della zona. Con le valigette pesanti come tombini, io e Alceste ci avviammo sotto il sole di luglio per una stradina incassata tra i fossi. Mi spiegò che Richard prendeva il venti per cento sui pezzi venduti da noi, mentre la bionda era una specie di contabile. Chiesi che ne sarebbe stato se non avessi venduto nulla, ma Alceste non rispose e s’infilò nel giardino di una villetta. Seguii il percorso sulla mappa, visitando una quarantina di case dove via via incontrai nonnine novantenni che mi facevano la carità, contadini violenti che minacciavano col pugno, massaie beffar-
de e giovani spose incinte che mi guardavano come se fossi pazzo. Niente da fare, non vendetti un solo maledetto coperchietto. Alla fine mi stesi all’ombra di un pero e dopo averne divorato parecchi frutti, tornai verso il paese dove c’erano gli altri. Alceste stava ordinando un enorme mucchio di banconote sparso nella valigetta. Disse che ne aveva piazzati almeno cinquanta, mentre io confessai che stavo a zero. Richard Gere brutto cavò fuori una bestemmia che fece vibrare la campana della chiesa poco distante. Mi riportò a casa solo per l’intercessione della bionda che ringrazio ancora oggi: chissà cosa ne sarebbe stato di me, lasciato a piedi una sera d’estate a Bessica del Tegorzo Bigolino.
Alberto Graziani
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vita quotidiana
Lavori da studente. Ecco alcune esperienze giovanili che è meglio non inserire nel curriculum per cercare un impiego
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Rezzara, legame più stretto con la scuola
“Il Rezzara deve continuare a essere soggetto di ricerca, di analisi e di lungimirante progettualità. Mi piacerebbe che continuasse la propria missione in un continuo e costante confronto con le varie espressioni della nostra vita sociale e culturale. L’istituto è una finestra sulla storia”. Riboni è assai conosciuto come medico a Vicenza
Lo storico e blasonato Istituto Rezzara di Vicenza ha un nuovo presidente: è
Vincenzo Riboni, 72 anni. Riceve il testimone da Walter Formenton e, in veste di ottavo presidente nella storia dell’associazione, potrà contare sul sostegno della vice presidente Nicoletta Martelletto, del segretario amministrativo Silvano Maggio nonché dei consiglieri Tommaso Ruggeri e Antonio Zuliani.
Vincenzo Riboni non ha bisogno di presentazioni, in quanto è molto noto per il suo lungo servizio da primario del pronto soccorso al San Bortolo, ma è anche apprezzato per il suo generoso impegno che lo porta per più mesi all’anno, e ormai da decenni, a lavorare come medico volontario del Cuamm in paesi disastrati dell’Africa, in particolare in un ospedale del Sud Sudan.
Riboni conosce bene il “Rezzara” perché ha collaborato spesso con l’università adulti anziani ma soprattutto perché è presidente del Consultorio familiare, l’una e l’altro creature dell’Istituto nato nel 1965 dalla mente dell’inossidabile mons. Giuseppe Dal Ferro che ha sempre contato sul motore mai domo di Maria Vittoria Nodari.
Il board del nuovo consiglio d’amministrazione è di tutto rispetto: Carlo Alberto Formaggio, già dirigente scolastico provinciale, è direttore del settore formazione ed Eleuterio Marinoni, presidente regionale Ucid, è il responsabile del settore responsabilità sociale d’impresa.
“Lavorerò perché il Rezzara continui sempre più efficacemente ad abitare la nostra società – sottolinea Riboni – Nel solco tracciato dai presidenti e da quanti hanno contribuito a renderlo una presenza così qualificata e preziosa per il nostro territorio, vorrei che il Rezzara continuasse a essere soggetto di
ricerca, di analisi, di lungimirante progettualità. Mi piacerebbe che continuasse la propria missione in un continuo e costante confronto con le varie espressioni del nostro vivere sociale e culturale”.
L’immagine che il neo presidente usa è quella della finestra che si spalanca sulla storia, sulle vicende del Vicentino e non solo, sulle
sfide e sulle scommesse che questa terra e queste generazioni sono chiamate ad affrontare.
“Dobbiamo ricostruire e alimentare con sincerità e vigore i legami e le relazioni con tutti quanti ci circondano – continua Riboni – Per questo dedicheremo attenzioni ed energie all’universo della scuola, in particolare con gli ambienti e i protago-
nisti della nostra università. Vorrei che il nostro istituto fosse l’incubatore di ricerca e di idee, aperto e proiettato verso i prossimi anni, luogo di confronto, di studio e di lettura della realtà generale e di quelle particolari”. Sul fronte finanziario, secondo Riboni, servirà continuare a incentivare l’elaborazione di progetti che possano essere sposati e quindi sostenuti, almeno in parte, da bandi europei o locali, senza per questo dimenticare il vitale apporto che arriva costantemente dai soci e dai molti fruitori dei servizi e attività dell’associazione.
Riboni, sulla scia del suo impegno internzaionale, attribuisce un’importanza specifica al dialogo con i popoli del Mediterraneo, che si dovrà concretizzare con l’inserimento del Rezzara in eventi e dinamiche che riflettono sui grandi temi delle migrazioni e della pace, attenzione che già da tempi non sospetti, anche con gli storici appuntamenti di Recoaro, il Rezzara ha sempre manifestato.
Tutto questo impegno e afflato progettuale andrà comunicato con puntualità e completezza, dice Riboni, per niente preoccupato del nuovo impegno che lo aspetta, perché non lo spaventa lavorare e faticare per nobili fini.
Silvio Scacco
www.ilvicenza.com 23 Cultura
Il personaggio. Vincenzo Riboni, neo presidente dello storico istituto, indica gli obiettivi che intende perseguire
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Vincenzo Riboni, presidente dell’istituto di scienze sociali “Rezzara”
L’analisi
“Nessuno vuole affrontare il nodo giovani”
Padre Sposetti vive, lavora e studia a Milano. La sua rivista è meno conosciuta di “Civiltà cattolica” ma altrettanto autorevole nel campo politico e sociale. Sposetti spiega che i due problemi dell’Italia sono quello dei giovani, “toccato in modo banale e marginale” e il populismo crescente della politica
Non ha il look dello studioso serioso. Trasmette empatia e ha un sorriso che si trasforma volentieri in una risata aperta. Trentotto anni, ha una laurea in giurisprudenza a Padova e una vocazione religiosa che l’ha coinvolto sin da ragazzo, maturata in seguito con la scelta di entrare nella Compagnia di Gesù. Cesare Sposetti (suo papà era Roberto, indimenticato primario al san Bortolo) da universitario è stato iscritto alla Fuci di Vicenza e, ancora prima, al Movimento Studenti di Azione cattolica, con don Guido Bottega assistente. Lavorava in uno studio legale prestigioso, aveva iniziato un dottorato e aveva anche una fidanzata. “La svolta – come ha raccontato tempo fa a Marta Randon in un’intervista sulla Voce dei Berici – fu un viaggio in Terra Santa, dove ho fatto un’esperienza straordinaria di preghiera, ho sentito che Dio mi diceva: “Sei libero, vuoi fare l’avvocato, sposarti, avere dei bambini, vuoi fare la vita religiosa, per me va benissimo tutto, segui il tuo cuore”. Tornai a casa, parlai con la mia ragazza, lasciai la pratica di avvocato e mi rivolsi ai gesuiti di Padova”.
Ordinato sacerdote nel maggio del 2021, ha compiuto un cammino lungo dieci anni, che peraltro per le modalità dei gesuiti non è ancora concluso. Padre Cesare è stato prima a Padova (per il discernimento, come è chiamato) a Genova
(due anni noviziato) quindi a Roma (studi filosofici) e Palermo (magistero pastorale e insegnamento all’istituto Gonzaga, ma ha collaborato anche con il centro Arrupe, dove lavorò anche padre Sorge). Infine ha trascorso quattro anni a Manila, nelle Filippine, per gli studi teologici: lì nel 2020 è diventato diacono. Lui la definisce “ un’esperienza illuminante”.
Da un anno e mezzo è uno dei sei redattori – tre sono religiosi – di “Aggiornamenti sociali”, mensile da ottomila copie dei gesuiti che è meno noto di “Civiltà cattolica” ma per chi si interessa di politica e questioni sociali è un riferimento imprescindibile per il suo equilibrio e la profondità di analisi.
Per non farsi mancare niente, siccome vive a Milano padre Cesare continua gli studi di scienze sociali alla “Statale” per un’altra laurea.
Perché si interessa di politica e questioni sociali?
Perché è un aspetto importante della mia vita. Ho aiutato le persone ad approfondire la loro vocazione all’impegno politico. E la Compagnia, quando ho spiegato questo mio interesse, mi ha chiesto di proseguire con questo incarico a Milano.
Come spiegherebbe cos’è “Aggiornamenti sociali” a chi non la conosce?
È rigorosa, naturalmente, ma non è una rivista accademica e nemmeno troppo divulgativa, come Famiglia Cristiana.
E allora scendiamo nel concreto: qual è l’emergenza sociale in Italia?
La questione demografica e generazionale, più esattamente come i giovani possano farsi strada in Italia. L’età media nel nostro Paese è elevata, le nascite sono sempre meno. È una società gerontocratica in cui i giovani fanno fatica a trovare spazio, sia professionale sia sociale.
Che futuro hanno i giovani secondo lei?
Sono ottimista e non per ingenuità. Vede, questo è un momento in cui i giovani sono affamati di speranza e di futuro. E se lo costruiranno, vedrà. Inventeranno nuove strade. Intanto fanno bene ad andare via dall’Italia?
In astratto sarebbe meglio restassero, però li capisco: vanno in Paesi più accoglienti.
Del resto il tema dei giovani e del lavoro in Italia è trattato in modo banale e del tutto marginale.
Qual è l’emergenza politica in Italia?
Viviamo un trend populista. Già Berlusconi mostrava dei tratti di populismo all’italiana, poi s’è proseguito con la Lega, con i Cinque Stelle (il loro era un populismo più maturo diciamo) adesso con la Meloni è un populismo ideologicamente connotato. Ma, attenzione, i suoi elettori non sono nostalgici del fascismo, bensì hanno trovato risposte alle loro esigenze perché lei ha toccato le corde più sensibili.
Perché s’è affermato questo populismo? Ne usciremo?
Stiamo vivendo un’evoluzione della democrazia rappresentativa. Siamo in una fase di svolta. Si è sgretolato il sistema dei partiti e la stessa forma partito, che è la base di quella democrazia. L’alternativa è il populismo o una democrazia autocratica più fideistica e liberista.
Un bel guaio. Abbiamo gli anticorpi per evitare questi rischi?
La risposta è nell’establishment, nel senso che si stanno sgretolando anche i corpi intermedi, cioè le forme di aggregazione sociale e non solo politica. Se ne devono inventare di nuove. Ecco perché bisogna dare ascolto alle esigenze e domande dei giovani, capire cosa vogliono e seguire la strada che ci indicano. I partiti populisti lo fanno, a loro modo. In quale modo i giovani pongono nuove domande?
Sono capaci di mobilitarsi in modo nuovo: pensi al movimento Fridays for future. Il
loro è un attivismo digitale, ma poi vanno anche in piazza. Sono collegati, manifestano, non sono ingabbiati in forme cui siamo abituati.
E la Chiesa come è interpellata da queste nuove esigenze? Anche nelle nostre parrocchie dobbiamo fare emergere qualcosa di nuovo, qualche diverso modello organizzativo. Dobbiamo domandarci come possiamo intercettare i giovani. Non lasciamo che lo facciano solo i partiti...
...ammesso che lo sappiano fare Tutto l’establishment deve cambiare, gliel’ho detto. Perché ragiona con una testa vecchia?
Certo. Si parla per correnti... figuriamoci. Non c’è alcun contatto con il Paese.
Lei ha vissuto molto fuori dall’Italia e adesso lontano da Vicenza. Come la trova quando torna?
Non è imbruttita. Il centro ha sempre molte vetrine, forse troppe, ma è una dinamica di tante città. (a. d. l.)
www.ilvicenza.com 24
L’intervista. Parla padre Cesare Sposetti, vicentino e gesuita, redattore della rivista “Aggiornamenti sociali”
Padre Cesare Sposetti ha 38 anni e una laurea in giurisprudenza. Ne sta conseguendo un’altra
Tecnologia a servizio di quadri e disegni
Un museo accogliente, digitale, multisensoriale, ma al tempo stesso fedele alla tradizione. Romagnolo di nascita, bolognese per formazione, ma ormai completamente “venetizzato”, come sottolinea con un sorriso lui stesso, Alessandro Martoni è da metà dicembre il nuovo conservatore di palazzo Chiericati e delle Gallerie di palazzo Thiene. Ufficio con affaccio sul cortile del teatro Olimpico e sulla sede dell’Accademia olimpica, (“è provvisorio, ma simbolico”, scherza), Martoni viene da una esperienza durata quasi vent’anni alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia, di cui è stato a lungo il responsabile scientifico delle raccolte d’arte. Ora arriva l’incarico nei musei civici vicentini che, ricorda, “sono un plesso straordinario, per quantità e qualità delle raccolte”.
E subito un appuntamento importante in agenda: l’apertura dell’ala di palazzo Chiericati in cui troveranno spazio le collezioni settecentesche e ottocentesche. “Presto cominceremo ad allestire le sale - conferma - È il compimento di un percorso cominciato nel 2000, e ci tengo a sottolineare che in questo periodo è stato fatto moltissimo: un lavoro imponente e lungimirante di catalogazione scientifica delle opere, che è la base per qualsiasi ulteriore progetto; e importanti lavori di restauro e riallestimento dell’ala palladiana e dell’ala novecentesca. Parto da una base strutturata”.
I risultati si sono visti, con un aumento importante del numero di visitatori che si è consolidato anno dopo anno. Ma più che sui numeri, Martoni preferisce ragionare sulla qualità della proposta. “Il museo deve essere un luogo vivo - spiega - Ampliare il pubblico va bene, ma la vera sfida è trovare un equilibrio tra i valori storici e istituzionali del museo come luogo di conservazione, studio e memoria, e il fatto che deve essere un’istituzione aperta, che contribuisce al benessere della comunità in cui è inserito”.
Le idee non mancano: alcune già avviate, altre ai blocchi di partenza, altre proiettate in un futuro ancora in gran parte da costruire con assessorato, direzione, uffici. Spazi accoglienti, aule didattiche aggiornate per i bambini, formazione permanente per gli adulti, conferenze e incontri, mostre temporanee ed esposizione delle opere dei depositi. Magari dei momenti in cui si possa sperimentare con più sensi, ad esempio toccando dei campioni o dei modelli. O in cui si possa entrare a contatto con le tecniche e gli attrezzi del mestiere degli artisti. “L’idea è di costruire una serie di occasioni per far venire le persone al museo - continua Martoni - e poi per farcele tornare con la voglia di approfondire la conoscenza delle opere, delle storie che custodisce, e della città in cui è radicato. E le modalità di fruizione non possono più essere me-
SENTO MA
ramente trasmissive”.
Il ricorso alle nuove tecnologie, in questo contesto, può offrire strumenti impensati. “Se sono al servizio dell’opera, usate per approfondirne la conoscenza, offrono possibilità straordinarie. Si potrebbe pensare a strumenti per sfogliare i disegni che non possono essere esposti, oppure per rendere visibili le stratigrafie dei dipinti”.
Non sarà semplice, ma il conservatore punta molto sul dialogo con le altre istituzioni culturali della città e sulla collaborazione con la rete degli altri musei, cittadini e non solo. “Credo molto nella collegialità - conclude - Pensiamo ai prestiti: di solito si pensa al prestito di opere, ma le possibilità sono molto più ampie: si possono costruire progetti comuni, presentazioni incrociate di mostre, attività condivise”.
Arriva a Vicenza dopo una lunga esperienza alla Fondazione Cini. Punta a un museo accogliente, digitale, multisensoriale ma al tempo stesso fedele alla sua tradizione.
NON
CAPISCO?
QUALI SONO GLI OBIETTIVI DI RECUPERO DELL’UDITO RAGGIUNGIBILI? NELLE PUBBLICITA’ È TUTTO BELLO E FACILE MA… GLI APPARECCHI ACUSTICI E LE ALTRE SOLUZIONI PER L’UDITO SONO PRESIDI MEDICO-SANITARI!
“Sarebbe bello grazie alla tecnologia vedere quei disegni che non sono esposti”.
Altro obiettivo: l’apertura dell’ala novecentesca
SENTO MA NON CAPISCO? SORDITA’?
SORDITA’? COSA FARE PRIMA DELLA “FAMOSA QUALI SONO GLI OBIETTIVI DI RECUPERO DELL’UDITO RAGGIUNGIBILI?
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Luca
Il personaggio. Alessandro Martoni è il nuovo conservatore di palazzo Chiericati e delle Gallerie di palazzo Thiene
Alessandro Martoni, nuovo conservatore di palazzo Chiericati
Quando il vescovo è davvero un padre
La paternità è la cifra stilistica del libro, intesa in modo spirituale ma anche in termini reali, perché il vescovo che torna a Cefalù non sa di avere un figlio nato dalla relazione d’un tempo con una compagna di scuola
Franco Venturella, già provveditore agli studi di Vicenza, ha pubblicato con Asterios il libro “Bocca di luce” ambientato a Cefalù, suo paese natale. Il libro è arricchito da una testimonianza del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, che ha conosciuto Venturella a Schio, quando l’uno era giovane professore e l’altro cappellano. Di seguito, alcuni passi del suo scritto.
Scorrendo le pagine, si avverte l’entusiasmo dell’opera prima. Si coglie l’amore tenerissimo alla tua Sicilia, intatto dopo una vita nel lontano Veneto. L’amore per l’arte (che bello il duomo di Cefalù come sale dalle tue pagine!), per la poesia, i classici ma anche la filosofia, senza disdegnare le contaminazioni con i moderni e i contemporanei. L’amore alla Sacra Scrittura, che provi a inserire come filo conduttore per capire i disegni di Dio sui tuoi personaggi, caratterizzati da un profilo forte e tragico insieme.
Non posso giudicare quanto sia convincente la trama, quanto le figure che provi a mettere sulla scena della storia – una storia veramente contemporanea, giocata sul tentativo di immaginare un futuro prossimo alla luce del presente che stanno vivendo la Chiesa e la società – riusciranno a “prendere” i lettori. Non so nemmeno quanto risulterà convincente il tentati-
vo di sviluppare in un romanzo temi che entrano più facilmente in un saggio teologico.
Al di là di tali questioni, che spettano più a un critico letterario, restano però gli interrogativi che provi a far emergere dalle pagine del libro. Interrogativi che riguardano la vita e la sua comprensione in un mondo segnato da incertezze e contraddizioni, da una crisi profonda che interpella tutti, in primis la Chiesa. Il tuo non è un libro sull’uomo alla ricerca di sé stesso, che può trovare aiuto nella Chiesa. È un libro sulla Chiesa e sulla sua credibilità in un tempo di profondo disorientamento, nel quale – come dici espressamente – molti si riducono a vivere etsi Deus non daretur.
La tua è dunque una domanda sulla Chiesa che verrà. Una Chiesa disegnata alla luce del concilio Vaticano II, che tu citi espressamente: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è
di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore». È forse quel «genuinamente umano» che più ispira le tue pagine, quando tratteggi le figure del tuo romanzo.
Su tutte spiccano Federico, il vescovo di Cefalù morto in odore di santità al servizio dei poveri, e Manuel, il nuovo vescovo che non va nunzio in America Latina ma torna nell’amata Cefalù dopo un cammino che lo porta sui sentieri e addirittura nella sede del vescovo che lo ha amato come un padre. È la cifra della paternità quella che emerge in certo qual modo come ri-
solutiva dalla trama del libro: amato dal vescovo Federico che lo ha adottato e si è preso cura di lui dopo la morte dei genitori in un drammatico incidente, Manuel assimila un modello di vita che, dalla tragica separazione da Noemi, la compagna di liceo amata alla follia e subito strappata ai progetti di una vita insieme, lo porterà passo passo verso la scoperta di una vita fatta dono sulle orme di San Francesco.
Ma anche Manuel è padre, e padre vero, di un figlio che egli non sa di avere e che la sua Noemi, in perenne fuga con la sua famiglia, gli rivela e
gli consegna in punto di morte. Qui si compongono le due paternità – quella biologica e quella spirituale – in un profilo compiuto di uomo tutto dato al servizio degli altri, di tutti gli altri, senza distinzioni. Dunque, l’assunto del romanzo è che un uomo – un cristiano, un prete, un vescovo, il papa – non è credibile se non è padre, se non assume la vita, se non partecipa, non aiuta, non condivide, sporcandosi le mani: il ministero di fra’ Manuel nelle periferie romane è la traduzione del «discepolo missionario» che papa Francesco ha indicato per la «Chiesa in uscita».
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L’autore. Franco Venturella, già provveditore agli studi, ha pubblicato un romanzo dalla trama densa di interrogativi
Libri
Franco Venturella e la copertina del libro che ritrae Cefalù, il paese dell’autore
“Nel nostro bilancio scelte coraggiose, poche tasse e controllo accurato dei costi”
A ssessore Calzavara, quali sono gli aspetti salienti del bilancio regionale?
La manovra di bilancio approvata a dicembre in Consiglio regionale e che riguarda il prossimo triennio rispecchia la nostra visione politica e strategica. Contiene scelte coraggiose che dimostrano la capacità e la qualità amministrativa, un controllo accurato dei costi e un livello di tassazione contenuto, mantenendo e rilanciando i servizi ai cittadini del Veneto. Il bilancio di previsione cuba 17 miliardi e 316 milioni di euro di cui 9,7 miliardi dedicati alla sanità, capitolo che costituisce il 75% della spesa regionale. Seguono 3,3 miliardi destinati alle partite tecniche, 1,5 miliardi per la politica regionale, 1,4 miliardi legati alla programmazione comunitarie e infine 1,2 miliardi per le anticipazioni di liquidità in ambito sanitario. Questo è il risultato della squadra Veneto, che è fatta di Amministratori pubblici, che è fatta di dipendenti pubblici, che è fatta di imprese, che è fatta di rappresentanze sindacali, che è fatta di volontariato.
Avete scelto di non aumentare l’addizionale Irpef, perché?
A fronte di prestazioni pubbliche in costante miglioramento, da 13 anni il Veneto mantiene un comportamento fiscale di bassa tassazione. Questo significa che a fronte di una leva di gettito mai azionata riusciamo a finanziare linee di spesa che si sono evidenziate anche nelle ultime settimane. Si tratta di interventi di natura culturale, destinati parte al Teatro Stabile del Veneto (750mila ’23;
1 milione nel ’24; e 1,250 mila euro nel ’25), parte destinati all’organizzazione dell’Adunata nazionale degli alpini che si terrà nel 2024 a Vicenza (250mila euro nel ’23, 350mila nel ’24), parte a contributo all’Ana per la messa a norma dell’ex Caserma Montegrappa di Bassano (100mila nel ’23; 100mila nel ’24), nonché per l’abbattimento delle barriere architettoniche a Venezia (200mila euro nel ’23)”.
La sanità impegna gran parte del bilancio, quali le novità per il 2023?
Abbiamo stanziato più di 14,2 milioni di euro nel 2023, 1,97 milioni di euro annui nel 2024 e nel 2025 per il finanziamento dei livelli aggiuntivi di assistenza (Extra-LEA) tra cui ricordo le azioni a favore dei soggetti afflitti dalla sindrome di Sjogren e l’attivazione del corso di laurea in medicina e chirurgia da parte dell’università degli studi di Padova presso l’azienda Ulss n. 2.
Quali gli altri stanziamenti di rilievo?
Abbiamo riconfermato i 31 milioni di euro annui per il prossimo triennio 2023-2025 a favore delle scuole paritarie del Veneto e lo stanziamento di quasi 6,2 milioni di euro per le borse di studio uni-
“Su un totale oltre 17,3 miliardi alla sanità veneta vanno 9,7 miliardi, abbiamo valutato ogni singola voce nella distribuzione delle risorse”
versitarie (incrementati di 2ml euro con l’emendamento presentato e approvato in Prima Commissione consiliare il 30 novembre), oltre ai 10 milioni di euro per il rafforzamento degli ESU e di 3 milioni di euro per il buono scuola. Ricordo anche i 78 milioni di euro stanziati nel triennio 2023-2025 per il sistema della formazione professionale. Altra partita importante riguarda il cofinanziamento regionale a sostegno della programmazione comunitaria. Nello specifico sono 38 milioni di euro per la programmazione comunitaria 2014-2020 che si sta concludendo e 229,89 milioni di euro di cofinanziamenti regionali per la nuova programmazione comunitaria 2021-2027. É stato difficile trovare le risorse in questo periodo di crisi?
per delega. Un intervento significativo riguarda il sostegno alle Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza (IPAB), riducendo dall’8,5 al 3,9% l’aliquota dell’Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP) a loro carico, anche al fine di riequilibrare la disparità di trattamento fiscale che sussisteva prima della legge di bilancio, tra attività pubbliche, maggiormente gravate e attività private che offrono servizi di assistenza agli anziani operanti nello stesso settore. Inoltre, è stata aumentata da 45.000 a 50.000 euro la soglia massima di reddito per poter beneficiare dell’agevolazione sull’Addizionale regionale Irpef a favore dei soggetti disabili, che pagano lo 0,9% anziché l’1,23% di base prevista dalla legge statale.
L’autonomia come potrebbe incidere sul bilancio del Veneto?
“L’autonomia sarà una riforma a saldo zero, con un decentramento di competenze, i vantaggi ci saranno per tutti”
La legge di bilancio si articola in diversi interventi che dimostrano non solo la capacità di programmare la gestione finanziaria con una visione a lungo termine, ma anche di saper utilizzare in maniera efficiente le risorse. Abbiamo valutato ogni singola voce di bilancio nella distribuzione degli oltre 17 miliardi così come la spesa discrezionale
L’autonomia significa assunzione di responsabilità. È con questo spirito che è prevista dalla Costituzione. Chi è contro l’autonomia va contro la nostra Carta fondamentale: quella stessa che viene definita la più bella del mondo e di cui non si può esserne paladini a fasi alterne, a seconda dei propri interessi. Si tratta di una riforma a saldo zero con un decentramento di competenze ma spendendo gli stessi soldi. I vantaggi ci saranno sia per i cittadini del Nord sia per quelli del Sud; ci sarà più vicinanza alle esigenze di ognuno, maggior controllo sulle scelte, minori distanze tra i cittadini e alcuni poteri decisionali.
É il principio di sussidiarietà e la vera sfida per un rinascimento del Paese.
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L’intervista. L’assessore regionale Francesco Calzavara
Francesco Calzavara assessore al bilancio
“Dalla Manovra 35 miliardi a famiglie e imprese”
Sottosegretario Bitonci, dalla legge di bilancio quali i benefici per le aziende, le famiglie e anche le ricadute in Veneto?
“È una legge di bilancio importante, di oltre 35 miliardi, di cui 21 vanno in aiuti alle famiglie e alle imprese. Prevede una serie di misure per contrastare il caro energia, tenendo conto che nel mese di gennaio è prevista, ma è già in corso, una forte riduzione del prezzo del gas che porterà anche delle prospettive migliori. Ci ha aiutato moltissimo su questo fronte anche la temperatura mite di questo inverno. Gli aiuti son previsti fino al mese di aprile, ma il governo comunque è pronto e disponibile a finanziare ulteriori aiuti anche per i mesi prossimi, anche fino alla fine dell’anno se dovesse esserci necessità. Poi c’è anche una di riduzione del cuneo contributivo per le imprese. Si tratta di circa il 3% sotto i 25mila euro. La misura è stata indicata come insufficiente da Confindustria e sindacati. Per le partite IVA c’è la novità dell’ampliamento della flat tax, cioè del regime forfettario, da 65 a 85mila euro al 15%. Anche questa è una misura importante, che è stata introdotta quando ero sottosegretario all’Economia nel 2018: sottovalutata all’inizio, in realtà alla fine dello scorso anno abbiamo raggiunto quasi 2 milioni e 100mila partite IVA, su 5 milioni complessive. È un regime molto favorevole perché non si tiene la contabilità, si fanno le fatture senza IVA, si fa solamente la dichiarazione, quindi un regime iper semplificato. È anche quello che noi auspichiamo da molti anni, cioè il taglio della burocrazia. Ci sono poi altre misure che non sono assolutamente minori, come l’assegno unico per la famiglia che è stato ampliato per chi ha più figli, per i portatori di handicap”.
Restando sulla flat tax, la Cgia di Mestre dice che con l’innalzamento a 85mila euro le imprese continuano a pagar di più dei dipendenti. Come risponde?
“Sono due basi imponibili completamente diversi perché per il regime forfettario, e la flat tax per i lavoratori autonomi, bisogna sempre tener conto non si possono dedurre i costi, quindi viene pagata sul fatturato. Io che sono un fiscalista vedo sempre molta confusione quando vengono messi di fianco all’altro due regimi che sono completamente diversi. E poi i lavoratori dipendenti, non si offenda nessuno, hanno una maggior
tutela rispetto a chi ha una partita Iva e un’impresa di carattere individuale, senza nessuna copertura di carattere assicurativo”. Sempre nella legge di bilancio è entrata l’autonomia, quindi una battaglia veneta vinta. Cosa cambierà?
“Intanto diciamo che la bozza è stata presentata al Consiglio dei ministri. È un percorso lungo e, come ho sempre detto, non in contrasto con altri. È opportuno intanto approvare una legge quadro, quindi una cornice, dopodiché si lavorerà competenza per competenza. Certo bisogna rendersi conto che fin-
rissoso, in realtà non è così perché si tratta di esternazioni individuali. In realtà direi che la Lega è il partito più democratico che esista: ci sono partiti dove non c’è un’elezione diretta, dove le nomine vengono fatte direttamente da Roma, mentre la Lega invece ha uno statuto, regolamenti, militanti, congressi, sezioni, una scala gerarchica. I congressi fino adesso sono stati celebrati a Verona, a Rovigo e a Padova. A brevissimo ci sarà quello di Belluno, poi Vicenza, Venezia e Treviso e poi si arriverà all’elezione del segretario regionale. Quindi non c’è una Lega spaccata
città di centro destra e conoscendo bene Mario Conte so che andrà assolutamente bene a Treviso e anche con un ottimo risultato. A Vicenza c’è il Sindaco uscente Rucco: anche là si sta formando la coalizione di centro destra e penso che verrà rinnovato anche lui a Vicenza, quindi son due appuntamenti importanti e facciamo in bocca al lupo a tutti e due i candidati”.
In Veneto nel 2025 ci saranno le regionali. Anche alla luce dei nuovi rapporti con Fratelli d’Italia, a livello dei numeri, come ci state muovendo, che cosa prefigurate?
“Il governatore Zaia, alla luce di un grande successo anche di carattere personale, ha un grandissimo consenso. Il risultato ovviamente delle ultime politiche non è un risultato molto buono, non tanto in Veneto dove abbiamo abbastanza tenuto, ma a livello nazionale. Però io ero in Lega quando era al 2,9 % ed è normale che nel movimento e partito col simbolo più vecchio, dove ci sono continui rinnovamenti anche della classe dirigente, ci siano degli alti e bassi. Quindi io direi di aspettare, lasciamo stare i sondaggi, l’elettorato è molto mobile rispetto a una volta. Poi governando le cose un po’ cambiano, no? Senza nulla togliere ovviamente al lavoro che stiamo facendo adesso al governo, però all’interno dell’equilibrio del centro destra io penso che è un po’ i valori cambieranno”. Un’ultima domanda. Una valutazione da ex sindaco su Padova, a sei mesi dalla riconferma di Giordani.
ché non vengono calcolati i LEP, che sono i livelli essenziali delle prestazioni, è difficile poter portare avanti i decreti attuativi e delegati che corrispondano poi all’assegnazione delle deleghe, perché i LEP sono quell’asticella che segna su ogni competenza ciò che deve essere erogato al singolo soggetto e ciò invece che poi è di competenza di carattere di carattere regionale”. Veniamo alla politica. La Lega ha celebrato i primi congressi, altri ce ne saranno a fine gennaio, un commento su questi primi risultati?
“È un grande segnale di democrazia. Io non scendo mai nelle polemiche, che secondo me sono anche negative per il partito, perché la sensazione che si dà all’esterno è magari che ci sia un movimento
in due?
“Io non lo vedo tra i militanti. Ripeto, magari c’è qualcuno che preferisce esternare nei giornali o in tv o alla stampa piuttosto che fare un colpo di telefono o partecipare ai congressi e dire magari quello che pensa. Io penso che finito un congresso bisogna accettare il risultato. Votano i militanti. Nel nostro movimento il voto di Bitonci vale uno e il voto del militante iscritto due anni fa, che ha fatto i gazebo, vale uno allo stesso modo: è la massima espressione della democrazia proprio di carattere popolare”.
Vicenza e Treviso prossimi appuntamenti elettorali di quest’anno, la Lega come si sta muovendo? “Per Treviso si lavora per la riconferma di Mario Conte, che ha ben lavorato. Tra l’altro Treviso è una
“È un momento storico particolare per i sindaci, nel senso che la pandemia li ha molto aiutati, perché non c’è stata la possibilità di confronto elettorale. I sindaci come i governatori hanno avuto una grandissima visibilità, quindi era difficile contrastare qualcosa che era già molto consolidato. Poi la campagna elettorale è anche partita tardi, con il via libera che c’è stato solo a gennaio da Fratelli d’Italia. Insomma tante concause. Poi è logico che i sindaci che sono al secondo mandato, con una pandemia di due anni alle spalle, son stati favoriti. Però sento che non tutto quadra a Padova, che ci sono parecchi temi, che forse non c’è stato il tempo di tirar fuori, quindi vedremo nei prossimi mesi già di cominciare a individuare una compagine che possa al termine del mandato di Giordani, esprimere un candidato contendibile”.
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Giorgia Gay
Regione
Il sottosegretario
L’intervista.
Massimo Bitonci (Lega) sulla Legge di Bilancio
Il sottosegretario Massimo Bitonci
Regione
In Veneto 49 Comuni al voto: test a Treviso e Vicenza
L a prossima primavera il Comune di Treviso sarà chiamato al voto e, questo rappresenta, certamente uno dei test più significativi che si terranno, in questa tornata, in Veneto. Il Sindaco, Mario Conte si candiderà alla ricerca del bis a capo di una coalizione di centrodestra. Superata ogni suggestione di costruire una coalizione larga con il Terzo Polo si mantiene, quindi, uno schema tradizionale almeno nel centrodestra certamente, così almeno hanno sancito le ultime politiche, con un riequilibrio di forze tra Lega e Fratelli d’Italia.
Il civico Giorgio De Nardi, imprenditore del settore digitale, sarà l’alfiere del centrosinistra. De Nardi tiene a sottolineare la propria matrice civica e sarà affiancato, in questo senso, da una sua lista assolutamente trasversale.
Il Terzo Polo di Renzi e Calenda ha sancito, come da schema nazionale, il distacco, ad oggi definitivo, con il centrosinistra e si appresta a proporre un proprio candidato sindaco. Il nome che sembra essere il più gettonato è
Anche il Movimento 5 Stelle, che proprio nella Marca ormai diversi anni addietro ebbe una delle sue “culle”, tenterà la corsa in solitaria. È proprio di questi giorni l’ufficializzazione del nome del candidato sindaco: si tratta di Maurizio Mestriner.
Si preannuncia, quindi, una corsa a quattro salvo sorprese delle prossime settimane. Certamente il risultato delle politiche dello scorso settembre, quando il centrodestra si fermò di poco al di sotto del 50% dei consensi, può certamente apparire, data la frammentazione delle forze che si presentano come alternative, un ottimo viatico per la riconferma del Sindaco Conte. Ovviamente “mescolare” elezioni politiche e elezioni comunali non è una pratica corretta; le sorprese possono sempre essere dietro l’angolo. Staremo a vedere come si svilupperà la campagna elettorale ormai prossima ad entrare nella sua fase più calda.
La corsa elettorale a Vicenza è molto probabile che finirà con un duello al ballottaggio fra Giacomo Possamai (centrosinistra) e Francesco Rucco (centrodestra). Tutti e due si presenteranno con una lista civica appoggiata dai partiti. Questo è lo scenario delle amministrative di primavera indicato da scelte, dichiarazioni e perfino da un sondaggio di un mese fa, commissionato da Claudio Cicero, ex assessore di Rucco.
Il problema, infatti, è che i due fronti non sono compatti. A destra e a sinistra si muovono leader minori e sono annunciate liste che nascono dalla voglia di autonomia o di vendetta. Il primo caso è quello che riguarda il Terzo Polo di Azione e Italia viva, più una lista locale, “Per una grande Vicenza”, costituita in larga parte da ex Pd: hanno già deciso di correre con un proprio candidato. Fuori uno, quindi, dalla coalizione che vuole costruire Possamai, alla quale parteciperà il Pd (del resto Possamai è capogruppo
dei democratici in Consiglio regionale) e poi si vedrà chi: ex radicali, sinistra, verdi? Siamo alle prime trattative.
Anche a destra i movimenti non mancano. S’è detto di Claudio Cicero ma altri sono sulla linea di partenza. Si tratta di ex assessori della giunta Rucco: Matteo Tosetto da un lato e Marco Lunardi e Lucio Zoppello dall’altro.
Si tratta, come si vede di un panorama articolato che contribuirà a disperdere voti: difficilmente un candidato riuscirà ad avere il 50% più uno al primo turno. E la sfida si annuncia interessante perché un sondaggio dà Rucco in testa con il 50,5% e Possamai all’inseguimento con 49.5%. È vero che i sondaggi vanno presi con le pinze, perché un bel 35% di interpellati non si esprime, ma – sempre stando al sondaggio – oltre il 50% degli intervistati non approva la gestione del sindaco uscente.
Éstato approvato in commissione un emendamento alla legge di Bilancio firmato dalla deputata veneta Rachele Scarpa e dalle colleghe Madia, Gribaudo, Quartapelle che mantiene rendendolo strutturale il bonus per l’assistenza psicologica anche per il 2023 e il 2024 oltre ad alzare la soglia di contributo erogabile a 1500 euro dai precedenti 600.
“La conferma del bonus introdotto nella scorsa legislatura – commenta Scarpa - per merito del PD e oggi rifinanziato con uno stanziamento di 13 milioni complessivi sui prossimi
due anni è un segnale importante di riconoscimento dell’importanza del lavoro sul benessere psicologico, sebbene le risorse stanziate siano minori rispetto al 2022 e quindi serva continuare con grande decisione questa battaglia. Rimane una vergogna e un’odiosa discriminazione che ancora oggi milioni di persone, soprattutto giovani e giovanissimi, siano esclusi dall’accesso alle cure psicologiche per i costi delle stesse, del tutto al di fuori della loro portata. Superare questa enorme ingiustizia deve essere una delle principali lotte del Pd nei prossimi
anni. Le stesse numerosissime richieste per il bonus sono un segnale di urgenza: su quasi 400mila richieste ne sono state evase solo una su 10.”
“Questo – continua - è solo un primo passo, che oltre a dare un supporto concreto aiuta anche a scardinare un tabù che permane attorno al benessere psicologico: servirà continuare a lavorare per raggiungere obiettivi sistemici e duraturi che vadano la salute mentale pienamente riconosciuta in un’ottica universalistica di welfare. La mia generazione in particolare ha risentito in maniera devastante dell’e-
mergenza sanitaria, durante la quale sono diminuiti sensibilmente senso di libertà, voglia di fare, allegria, serenità, e aumentati vertiginosamente dei sentimenti di paura, solitudine, ansia, demotivazione e noia. Secondo l’Osservatorio Suicidi della Fondazione BRF, da gennaio ad agosto 2022 si contano 351 suicidi e 391 tentati suicidi registrati, con una grave incidenza tra i giovani. Non ce lo possiamo più permettere, e il governo e tutte le forze politiche hanno il dovere di lavorarci. Prometto il mio massimo impegno su questo fronte anche come promotrice
dell’intergruppo parlamentare sulla salute mentale che ha già raggiunto oltre 50 adesioni di colleghe e colleghi di ogni schieramento: presenterò un ordine del giorno alla legge di bilancio per impegnare ulteriormente il Governo a garantire un impegno strutturale sul tema, – conclude Scarpa - attraverso la creazione di una rete di prossimità territoriale di servizi di assistenza, l’incremento di personale strutturato nel SSN, la promozione di strumenti di supporto psicologico nelle carceri, la creazione di presidi di assistenza e supporto in scuole e università.”
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quello di Nicolò Rocco, consigliere comunale che poche settimane fa ha dichiarato la propria uscita dal Partito Democratico.
Antonio Di Lorenzo
L’aiuto. Passa l’emendamento alla legge di bilancio firmato dalla deputata veneta Rachele Scarpa: “Il bonus psicologo riconosce l’urgenza di investire sulla salute mentale” Amministrative 2023. Gli schieramenti scaldano i motori in vista della campagna elettorale Conte cerca il bis, sulla sua strada De Nardi, Terzo Polo e 5Stelle E alla fine ne resteranno solo due
Treviso Qui
Sono 49 i Comuni veneti chiamati al voto la prossima primavera, in una data non ancora stabilita, ma entro il 15 giugno. Il test più significativo sarà nei due capoluoghi di provincia, Treviso e Vicenza, dove già si sono già delineate le candidature a sindaco. Otto invece i Comuni sopra i 15 mila abitanti: Piove di Sacco (Padova), Adria (Rovigo), Vedelago (Treviso), Martellago e San Donà di Piave (Venezia), Bussolengo, Sona e Villafranca di Verona (Verona).
Qui
Vicenza
“Le strategie per far fronte agli aumenti”
Il caro energia continua a mettere in difficoltà famiglie e imprese in tutto il Veneto. I costi esorbitanti riportati in bolletta però incominciano a far crescere dubbi e preoccupazioni. Filippo Agostini, amministratore e socio fondatore di Antenore Energia, cerca di dissiparli.
“La parte più difficile da capire – spiega Agostini – è che ogni bolletta ha una variazione, nel senso che nell’ultimo anno e mezzo, oramai, il prezzo varia mensilmente con variazioni anche importanti. A parità di consumo certe volte si trova una bolletta raddoppiata. Questo crea una sorta di instabilità nel mercato e crea anche grande tensione”.
“Le misure studiate dal Governo sono efficaci in parte –continua l’amministratore di Antenore Energia –. Noi che siamo una piccola società e abbiamo circa 100mila utenze, riconosciamo che i bonus hanno calmierato molto le bollette, ma rimane fuori
una buona parte di famiglie e soprattutto le imprese. Le imprese hanno sì alcune agevolazioni, come il credito d’imposta, ma vanno a incidere molto poco. Ci troviamo bollette che sono quintuplicate, è un costo molto importante”.
“Le imprese in qualche modo hanno comunque digerito questo nuovo costo, ma bisogna lanciare un allarme, perché nel mese di dicembre le tariffe sono lentamente salite,
col silenzio assoluto o in parte dei media, ma soprattutto della Comunità Europea: in un anno e mezzo soluzioni non sono state trovate e quindi c’è un’aspettativa di crisi che potrebbe essere potenziale”.
“L’atteggiamento è comunque positivo – aggiunge Agostini –, perché le persone, una volta avuto lo shock all’inizio del 2022 per questo cambio tariffario, si sono organizzate e allineate. Noi avevamo pre-
visto consumi nel mese di ottobre pari a 4 milioni di metri cubi e le famiglie hanno consumato il 60% in meno, nel mese di novembre circa il 55% in meno, quindi hanno utilizzato l’energia in maniera più ottimale. La materia prima che avevamo prenotato è stata consumata al 50%, quindi c’è un segnale forte di presa di coscienza”.
“A contenere il caro bollette, sono cose banali – spiega Agostini –: proviamo a mettere 19 e a vestirci di più; se per cena siamo nella cucina abitabile e stiamo usando un po’ il forno o siamo a tavola, chiudiamo la porta, quell’ambiente tende a scaldarsi molto di più; per guardare la tv, mettiamo la copertina sul divano, e se si dorme la notte col piumone non servono 18 gradi in casa. Se ci sono luci in casa che lasciamo accese perché tanto dobbiamo tornare, spegniamole tutte. Cambiamo le lampadine con quelle a led. Un comportamento virtuoso doveva esserci anche prima,
ma adesso ancora di più. E forse ci servirà da lezione, anche perché abbiamo scoperto che l’energia non è infinita”.
E conclude: “Bisogna guardare al futuro, adeguarsi e organizzarsi. Noi continueremo a sostenere tutte le situazioni in cui lavoriamo proprio perché pensiamo che un futuro ci debba essere. Diverso, più faticoso, ma alla fine col lavoro si risolve tutto, anche la crisi economica”.
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Filippo Agostini, amministratore e socio fondatore di Antenone Energia
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“Famiglie e imprese hanno preso coscienza della situazione e si stanno organizzando anche con comportamenti virtuosi”
Regione
Un anno passato al fianco delle persone, delle comunità e del territorio
Un legame importante con il territorio e le comunità in cui l’azienda opera: è quello di Aspiag Service, concessionaria del marchio Despar per il Triveneto, l’Emilia-Romagna e la Lombardia che, anche per il 2022, nell’ambito delle sue attività di responsabilità sociale, ha scelto di promuovere e sostenere moltissime iniziative a sfondo sociale, per restituire alla collettività parte di quanto ricevuto. Un impegno concreto che la concessionaria del marchio Despar ha potuto portare avanti in Veneto, così come nelle altre quattro regioni in cui è presente, coinvolgendo costantemente i suoi clienti e collaboratori attraverso iniziative volte al miglioramento dell’ambiente, del territorio e della vita quotidiana. Nel solo 2022 in Veneto Aspiag Service ha destinato importanti risorse a supporto di raccolte fondi, donazioni, sponsorizzazioni sportive e culturali. Tra le iniziative più significative ci sono “Il mondo ha bisogno delle donne”, l’attività di charity che da otto anni consente di supportare progetti e associazioni che si occupano di diritti e benessere delle donne, oltre che di
lotta alla violenza di genere e che nel 2022 ha sostenuto la ISSA School (International School of Surgical Anatomy), associazione no profit creata dai medici del Reparto di Ginecologia e Ostetricia dell’IRCSS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar di Valpolicella (VR) per progetti di ricerca per la cura dell’endometriosi. Un’iniziativa particolarmente significativa è stata, inoltre, la collaborazione con le sette Questure del Veneto per sostenere alcune campagne informative e di sensibilizzazione su temi di grandi attualità come la violenza di genere, il bullismo e le truffe: i punti vendita del mar-
chio dell’abete sono diventati così degli amplificatori sui territori dei contenuti di queste campagne, confermando la volontà di Aspiag Service di essere un soggetto che concretamente si impegna per promuovere progetti di coesione sociale al fianco delle persone e delle istituzioni locali. Tante anche le iniziative benefiche promosse nel 2022 a sostegno delle persone bisognose che vivono situazioni di solitudine o di disagio economico: nel mese di dicembre Aspiag Service ha donato a sette associazioni ed enti caritativi del Veneto, una per ciascuna provincia della Regione, quasi 30 quintali di beni di
prima necessità alimentari e non, tra cui pasta, biscotti, caffè e detersivi. A beneficiare della donazione sono stati l’Emporio della solidarietà di Venezia, le Cucine Economiche Popolari di Padova gestite dalla Fondazione Nervo Pasini, la Caritas delle Diocesi di Vicenza, Verona e Treviso, il Convento Frati Minori Cappuccini di Rovigo, e il Convento dei Frati di Mussoi di Belluno. Aspiag Service è stata anche al fianco dei piccoli pazienti del reparto di oncoematologia pediatrica dell’Ospedale di Padova, portando un sorriso e la magia delle feste di Natale fra i bambini ricoverati in pediatria con la donazione dei calendari dell’Avvento e di 50 calze in occasione della festa dell’Epifania. Non da ultimo, Aspiag Service è stata attiva nel campo delle sponsorizzazioni di iniziative e attività che caratterizzano il territorio in ambito culturale e sportivo, come Girovagarte e la Pink Run di Padova e ha partecipato attivamente al sostegno di medie e piccole realtà sportive locali, nella consapevolezza che lo sport e la cultura sono alcuni degli ambiti principali di aggregazione, formazione e crescita delle comunità.
Essere un’azienda socialmente responsabile significa anche investire in modo attento puntando su uno sviluppo sostenibile per far crescere il territorio e le sue persone, garantire un’occupazione stabile e tutelare l’ambiente e le peculiarità dei territori in cui l’azienda si inserisce. Ed è quello che Aspiag Service concretizza ogni giorno nella propria politica di sviluppo della rete vendita, scegliendo per le nuove aperture una strategia di recupero e riqualificazione di edifici storici e di aree urbane dismesse e progettando i nuovi punti vendita in un’ottica green da punto di vista della riduzione delle emissioni e dell’impatto ambientale; un impegno e un’attenzione che, anche per il 2022, hanno permesso ad Aspiag Service Despar di rinnovare la certificazione ambientale ISO 14001. Queste sono state anche le direttrici dello sviluppo dell’azienda in Veneto che,
nel corso del 2022, ha visto nelle diverse province della regione l’apertura di 8 nuovi punti vendita (6 diretti e 2 affiliati) e la ristrutturazione di 3 negozi (2 diretti e 1 affiliato). Uno sviluppo al quale ha corrisposto anche un incremento degli occupati in Veneto con 648 assunzioni nel solo 2022. Mettere al centro le persone è infatti una delle missioni dell’azienda che oggi vede una presenza femminile che supera il 65% e un turnover in uscita inferiore al 3%, come dimostrano anche le tante persone che ogni anno vengono premiate in occasione dei Giubilei, un omaggio ai dipendenti che hanno raggiunto i 15, 20, 25, 30, 35 e 40 anni di anzianità di servizio o sono andati in pensione. Altra direttrice fondamentale dello sviluppo sostenibile è la valorizzazione delle filiere e dei prodotti locali: per questo nel corso del 2022 Aspiag Service ha rinnovato la collaborazione con
la Regione del Veneto per promuovere i prodotti tipici certificati del Veneto e le filiere corte attraverso il marchio promozionale “The Land of Venice”, un modo concreto per sostenere l’economia del territorio, supportando i produttori locali, dando risalto ai loro prodotti tramite la promozione della catena Despar e garantendo ai clienti un prodotto a prezzo giusto e controllato.
Taliana
Un 2023 ancora
all’insegna della responsabilità sociale d’impresa
Per Aspiag Service essere un punto di riferimento nel mercato della GDO significa garantire, da un lato, la solidità e la crescita dell’azienda e, dall’altro, fare business in modo sostenibile puntando sui valori di competenza, prossimità, inclusione e partecipazione che abbiamo scelto come punti cardine della nostra azione. Nel corso del 2022 sono state molteplici le iniziative che abbiamo promosso e sostenuto anche in Veneto e questo continuerà ad essere il nostro impegno anche per l’anno appena iniziato: proseguiremo il progetto al fianco delle sette Questure del Veneto per campagne di sensibilizzazione su grandi temi sociali, così come iniziative a sostegno di realtà sportive, enti caritativi e associazioni della regione. Continueranno anche le partnership con università ed enti di formazione che consideriamo fondamentali nel campo della ricerca di personale e del continuo aggiornamento delle competenze dei nostri collaboratori. Tutto questo senza dimenticare due importanti filoni che caratterizzano l’impegno sociale della nostra azienda: la lotta allo spreco alimentare, che vede Aspiag Service in prima linea da ormai vent’anni insieme a Fondazione Banco Alimentare e Last Minute Market e la promozione di stili di vita e abitudini alimentari salutari fin dai più piccoli, come testimonia “Le Buone Abitudini”, un programma di educazione alimentare gratuito che Aspiag Service dal 2006 offre gratuitamente nelle scuole primarie aderenti in Veneto così come e nelle altre regioni in cui l’azienda opera. Il nostro obiettivo è infatti quello di affermare sempre più il ruolo di attore non soltanto economico, ma anche sociale all’interno delle comunità in cui ci inseriamo, lavorando insieme alle istituzioni e alla rete sociale per creare legami sempre più forti e dare un supporto concreto alla crescita del territorio e del suo tessuto associativo, culturale e sportivo.
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Le iniziative. Anche in Veneto il supporto alla cultura e allo sport, alle raccolte fondi e donazioni
di Giovanni
Direttore Regionale Aspiag Service per il Veneto
IL PUNTO
Donazione all’Emporio della Solidarietà di Venezia
Sviluppo sostenibile e strategia di recupero delle aree urbane
Squadra del punto vendita Eurospar di Jesolo (apertura 2022)
Salute
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Tornare in forma, bastano alcuni accorgimenti
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Sottotitolo se serve
Testo di Ornella
Una sana alimentazione, alcune buone abitudini e un po’ di moto aiutano a “rimediare” agli eccessi delle feste
Sono
Foto e titolone
Rimettersi in riga per smaltire il “peso” delle feste
trascorse le festività natalizie e la bilancia, implacabile, ci mette di fronte a quei chili in più che abbiamo messo su nel mese di dicembre lasciandoci, inevitabilmente, tentare dalle invitanti leccornie di pranzi e cene, in genere più calorici e ricchi di grassi e zuccheri, delle feste. Se, quindi, non siamo riusciti a superare le feste senza appesantirci è ora il momento giusto per “rimetterci in riga” riprendendo le sane abitudini.
A partire dalla spesa. Innanzitutto, è consigliabile evitare di acquistare per un po’ cibi golosi, come dolciumi e patatine, per allontanare le tentazioni e smettere di cedere ai peccati di gola. Dolciumi e altre golosità: si tratta di prodotti che vanno consumati con “parsimonia”, come una piacevole eccezione.
In caso di pranzi un po’ più impegnativi, per evitare gli eccessi di calorie, è opportuno ridurre il consumo di salse, antipasti e frutta secca. Così come bisogna fare attenzione agli stuzzichini che sono molto insidiosi: hanno molte calorie e grassi ma sono una vera tentazione e, poiché uno tira l’altro, può capitare di mangiarne in quantità elevate senza nemmeno rendersene conto.
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GENNAIO 2023 on-line: /category/salute/
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Il disagio della sfera emotiva e i giovani: l’esperienza dell’Unità funzionale distrettuale adolescenti dell’Ulss 2
Tornare in forma, bastano alcuni accorgimenti
È bene moderare anche il consumo di bibite zuccherate e alcolici.
Non è corretto, per smaltire le abbuffate delle feste, saltare i pasti nella speranza di compensare in questo modo gli eccessi. I digiuni non sono mai efficaci. Non trascurare l’attività fisica, nonostante la stagione fredda e le temperature che ci indurrebbero a stare a casa.
È invece importante continuare a tenersi in forma. Non è necessario esagerare: è sufficiente anche una passeggiata o un giro in bicicletta, nelle ore più calde della giornata. Possono essere utili per il nostro benessere psicofisico. L’attività fisica, oltre a mantenerci in forma, infatti aiuta anche a ridurre i disturbi dell’umore dovuti alle poche ore di luce durante la giornata e contribuisce, inoltre, a prevenire influenze e raffreddori.
Se le temperature sono proibitive per praticare attività fisica all’aperto, allora si può sempre decidere di cominciare a frequentare una palestra o iniziare a fare attività in casa. A partire dalle… scale. Salire e scendere le scale al posto dell’ascensore può essere già un buon inizio per fare un po’ di moto.
L’Organizzazione mondiale della sanità raccomanda di svolgere almeno mezz’ora di attività ogni giorno.
354 ragazzi, nel 15% dei casi con problemi di “isolamento sociale”, presi in carico dall’Unità funzionale distrettuale adolescenti (Ufda) dell’Ulss 2 Marca Trevigiana nei primi sei mesi di attività del Servizio. I giovani, di età compresa tra i 14 e i 24 anni, soprattutto ragazze, provenivano da tipologie familiari diverse e per la maggior parte si sono rivolti al Servizio in maniera spontanea. Sono i dati forniti a inizio gennaio dal direttore dell’Unità operativa Infanzia, Adolescenza, Famiglia e Consultori, Nicola Michieletto, presentando il bilancio dell’attività svolta da marzo a novembre 2022.
“L’Ufda rappresenta un Servizio sperimentale nel cui ambito adolescenti e giovani adulti che percepiscono un disagio della sfera emotiva e comportamentale e i loro genitori possono ricevere una consulenza e una presa in carico multidisciplinare psicologica-psicoterapica e psicoeducativa integrata - ha spiegato il dr Michieletto -. I ragazzi vengono presi in carico al massimo entro 12 giorni dal primo contatto che avviene tramite Cup dedicato. Al primo colloquio telefonico, durante il quale viene effettuato un triage, segue un intervento a breve termine (8 sedute che possono essere raddoppiate se necessario) costruito su misura per il ragazzo. Le principali problematiche riscontrate finora hanno ri-
guardato disturbi della sfera affettiva (problemi di comunicazione ambientale familiare distorta) e disturbi legati ad ansia e stress con o senza ritiro scolastico e sociale”.
Due ragazzi hanno voluto portare la loro testimonianza riguardo alla propria esperienza, per far sapere agli altri giovani che c’è un posto, l’Ufda, dove trovare sostegno e risposte alle proprie difficoltà: William e Alessandro, 22 anni il primo e 19 l’altro. “Quando abbiamo capito di avere dei disturbi d’ansia e di stress che non riuscivamo a gestire da soli, abbiamo deciso di chiedere aiuto proprio come quando per un malessere fisico ci si rivolge al medico di famiglia”.
“L’Ufda - ha commentato il direttore generale, Francesco Benazzi - aiuta a combattere l’isolamento che i giovani hanno dovuto subire a causa del difficile periodo della pandemia, che ha portato con sé un incremento del 30% dei disturbi nell’ambito della salute mentale”.
“Si tratta di un progetto particolarmente importante in un periodo, quello della pandemia, che ha lasciato conseguenze importanti, anche se non sempre immediatamente rilevabili, a livello psicologico nei nostri ragazzi - ha ricordato Roberto Rigoli, direttore dei Servizi Socio-Sanitari -. Il progetto è doppiamente importante perché coinvolge, oltre ai ragazzi, anche le famiglie”.
Salire e scendere le scale è un’attività che non richiede particolari accorgimenti o attrezzature, può essere praticata ovunque, anche in ufficio, dove di solito si trascorrono molte ore seduti, e contribuisce a mantenere in salute il nostro apparato cardiovascolare, migliorando la frequenza cardiaca e il consumo di ossigeno. Salire e scendere le scale negli Usa rappresenta l’ultima tendenza del fitness. Lo “stair climbing” è una vera e propria disciplina sportiva con tanto di federazione e campionato del mondo.
Il Ministero della salute ha predisposto un opuscolo informativo che promuove stili di vita più dinamici e salutari. E tra questi è vivamente consigliato l’uso delle scale per i suoi molteplici benefici. Un solo gesto infatti, si legge nell’opuscolo, contribuisce a migliorare l’umore, l’elasticità di arterie e vene, l’equilibrio e la coordinazione. Favorisce inoltre il buon funzionamento dell’intestino e migliora la massa ossea.
Per evitare una vita sedentaria basta adottare alcune sane abitudini. Ritagliarsi uno spazio di tempo per una camminata è una di queste. Non è necessario cercare percorsi ad hoc, può bastare già parcheggiare l’auto un po’ distante dalla nostra destinazione o scendere qualche fermata prima del bus e cominciare a percorrere la strada a piedi. Camminare, anche a un ritmo moderato, riduce inoltre lo stress e aiuta a rilassarsi mentalmente.
Ogni volta che prevale la pigrizia ricordiamoci, sollecita il Ministero della salute, che l’organismo umano non è nato per l’inattività.
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Un Servizio sperimentale rivolto ad adolescenti, giovani e ai loro genitori per una consulenza e una presa in carico multidisciplinare psicologica-psicoterapica e psicoeducativa integrata
Il punto nella Marca Trevigiana dopo i primi sei mesi di servizio
Orefice, musicista maestro di Nino Rota
S
i spegneva a Milano il 22 dicembre del 1922 Giacomo Orefice. D’antica e benestante famiglia di origine ebraica, era nato a Vicenza il 27 agosto 1865 in una di quelle case che sorgevano al posto degli attuali tavolini del Caffè Garibaldi e che, nel 1930, furono abbattute per far spazio alle elucubrazioni architettoniche di stampo fascista degli amministratori dell’epoca (che per fortuna non ebbero un seguito). Nell’edificio, che si appoggiava alla Loggia del Capitaniato e che al piano terra ospitava proprio il vecchio Caffè Garibaldi, prima della demolizione si poteva ancora scorgere una lapide che così recitava: “Da questa casa ove nacque, Giacomo Orefice spiccò il volo a spaziar nei cieli di arduo magistero musicale”. E il volo lo aveva effettivamente preso Giacomo, che dopo gli studi a Bologna con uno dei più affermati direttori d’orchestra (Luigi Mancinelli) e dopo aver scartato la carriera d’avvocato, che pure praticò per qualche mese in Veneto e a Milano, si era dedicato
finalmente alla sua grande passione artistica (“Le auguro di essere così forte in diritto penale come lo è in musica” gli disse un illustre penalista il giorno della sua laurea). Fu autore di musica sinfonica, cameristica e soprattutto lirica: una delle sue dodici opere teatrali, “Chopin”, su libretto del celebre poeta (e cognato) Angiolo Orvieto, gli diede una discreta fama, grazie all’originale formula che prevedeva di coniugare alcune delle melodie più celebri del pianista polacco al canto lirico (persino Gabriele D’Annunzio la definì “un tentativo di arte veramente nuovo”).
L’opera andò in scena la prima volta il 25 novembre 1901 al teatro Lirico di Milano, ma presto riuscì a imporsi anche all’estero, approdando sui palcoscenici di Francia, Belgio, Germania, Cile, Russia, Messico, Canada, Australia, Argentina e Brasile. La Polonia, patria di Chopin, accolse l’opera e il suo autore con onori e riconoscimenti.
Sebbene i successivi tentativi operistici non gli fruttassero
lo stesso successo, la solida preparazione tecnica consentì a Orefice di approdare alla cattedra di composizione del prestigioso conservatorio di Milano (1909), prendendo il posto del concittadino Gaetano Coronaro da poco scomparso: fra gli allievi più noti usciti dalla sua classe vanno ricordati Victor De Sabata, Lodovico Rocca, Michelangelo Abbado (padre di Claudio) e Nino Rota che, seppur giovanissimo, Orefice volle accogliere come uditore, intuendo in lui doti artistiche fuori dal comune.
La complessa poliedricità del musicista vicentino si può
Schio ha “invaso”
Ma vi siete resi conto che Schio ha conquistato Vicenza? L’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso dell’orgoglio cittadino - ferito - è stata l’elezione dello storico Giovanni Luigi Fontana a presidente dell’Accademia Olimpica. Sia chiaro, niente da dire sui meriti e sull’elezione ci mancherebbe. Come nessuna delle persone di cui racconteremo è meno che meritevole del proprio incarico.
Sta di fatto che Fontana è il terzo scledense che occupa un posto di rilievo a Vicenza. Ed è il primo che arriva da Schio a presiedere l’Accademia. Non deve trarre in inganno Almerico da Schio, infatti, che rivestì quell’incarico nel 1 897 ma era di Costozza di Longare.
Su un altro versante, nella primavera del 2021 è stata Laura Dalla Vecchia, 51 anni, a diventare presidente di Confindustria Vicenza: anche lei è di Schio, città in
evincere anche dai multiformi incarichi che ricoprì nel corso della sua vita: fu infatti direttore artistico del teatro Costanzi di Roma (1908-09), fondatore della Società degli Amici della Musica di Milano (1904), da lui pure presieduta per molti anni, quindi critico musicale del “Secolo”, brillante conferenziere nonché collaboratore di alcuni importanti periodici del settore, per mezzo dei quali prese posizione all’interno del dibattito musicale allora in atto sul ruolo della musica italiana nel panorama europeo. “Dall’aspetto severo, alto della persona, il viso poco pallido cui sovrasta
scriveva un
ex allievo – è nella schiera dei moderni compositori che illustrano l’arte musicale italiana fra le autorevoli personalità più rappresentative”. A chi gli chiedeva quale fosse la sua idea di musica, il maestro vicentino così rispondeva: “Ho certo la coscienza d’avere nell’arte un ideale molto elevato e per quanto anch’io abbia errato non ho mai cercato di subordinare i miei atti a criteri speculativi di nessun genere. E credo che non tutti possano vantarsi d’altrettanto!”.
Oreste Palmiero
Vicenza. Nessun campanilismo, ma la città manca di energie
fortilizio. Adesso guarda più in là, fino al capoluogo che, evidentemente, non riesce ancora a dimostrarsi tale”.
cui è presidente della Polidoro, azienda metalmeccanica. In precedenza era stata presidente, appunto, degli industriali di Schio. Lei è la prima donna ad arrivare a quell’incarico e anche il primo esponente di Schio a quel livello, benché l’associazione industriali sia nata proprio a Schio nel 1945.
Infine, va ricordato che a dirigere il maggior quotidiano locale è Marino Smiderle, 57 anni, anche lui scledense, direttore dal giugno scorso
del Giornale di Vicenza dopo aver scalato tutti i gradini del cursus honorum interno. Nessuno ne fa una questione di campanilismo, naturalmente. Ma non è mai accaduto prima. È una curiosa coincidenza che tre esponenti di rilievo in tre ambiti nevralgici della vita provinciale (imprenditoria, cultura e informazione) siano tutti e tre di Schio. Nel caso dell’Accademia Olimpica, oltretutto, la scelta del nuovo presidente era ad-
dirittura fra due scledensi: oltre a Fontana era in lizza Mariano Nardello.
Perché si verifica questa invasione di Schio a Vicenza? Se lo chiedete a uno scledense profondo conoscitore della città, come Piero Collareda, otterrete questa risposta: “Vicenza s’è rilassata, lascia spazi vuoti che adesso l’Alto Vicentino occupa. Schio è sempre stata fucina di persone e idee, ma finora era sempre stata piuttosto raccolta, quasi chiusa in un
Ha ragione. La questione di Vicenza testa piccola in una provincia grande, di cui non riesce a essere leader, è antica quanto le ville palladiane. Che oggi, comunque, ci sia a Vicenza una crisi d’energie - intellettuali - è sotto gli occhi di tutti. La città è pigra, non discute. I dibattiti praticamente non esistono. La tendenza a guardare, spesso sopportare e andare avanti si è sempre più accentuata. Le grandi figure, soprattutto intellettuali, di qualche decennio fa - ne citiamo un paio come Fernando Bandini e Neri Pozza - come le polemiche che caratterizzavano le discussioni e le decisioni, sono un ricordo.
È chiaro che, siccome in natura non esistono vuoti, c’è chi occupa gli spazi. Bravi a Schio, dunque.
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un’ampia fronte poderosa, Giacomo Orefice –
suo
Il personaggio. Il vicentino Giacomo era discendente di un’illustre famiglia e insegnò a lungo al conservatorio di Milano
Vicentini
illustri
Un ritratto di Giacomo Orefice e le case della famiglia che sorgevano accanto alla Loggia del Capitaniato
Laura Dalla Vecchia
Marino Smiderle
Giovanni Luigi Fontana
È un locale che piacerebbe a Poirot
Come direbbe l’investigatore di Agatha Christie, le “piccole cellule grigie” restano deliziate da questi piatti saldamente ancorati alla tradizione, con una spruzzata di vivacità. La cifra stilistica del locale è la semplicità
Se voi doveste portare a cena Hercule Poirot, che oltre a essere un detective dal cervello appuntito è anche un gastronomo raffinato, per fargli scoprire i sapori dei Colli Berici, questo è un posto che lo intrigherebbe molto. Prima di tutto per la location, isolata sulla collina in mezzo al verde, ma dalla semplicità raffinata. La pietra viva dei muri, antica di secoli, parla di storia e di cultura contadina attraverso questo casolare che è stato anche residenza di vescovi ma che adesso offre oltre al ristorante anche camere e un dehors fascinoso, con tanto di piscina. Rita Maria Savoia, la fondatrice, assieme a Giovanni Sandri in sala e Davide Pauletto in cucina compongono un tridente d’attacco, per usare una metafora calcistica, di sicuro valore. Il risultato è quello che vedete a tavola: piatti saldamente an-
corati ai sapori del luogo e alla tradizione, ma ripensati con brillantezza.
I tre timonieri hanno creato un sodalizio che ormai funziona da quasi vent’anni. Il cuoco è laureato in chimica, ma questo titolo non lo sfrutta per strane sperimentazioni alla dottor Jekill, bensì per studiare più a fondo la materia prima. E ci riesce. La cifra stilistica della sua cucina è la semplicità, in linea con il fatto che il ristorante è anche battezzato agriturismo: tant’è che coltivano ortaggi e producono vino. Di conseguenza, i sapori in tavola sono veri, come provano le tagliatelle integrali con zucca e tonno; le sensazioni sono piene, come il loro classico piatto di tortelli. Ma, a proposito di raffinatezza, provate anche l’uovo al tartufo per rendervi conto che siamo ad alti livelli di profes-
sionalità, sia in cucina che in sala, dove Sandri è un grande esperto di vini. Pauletto, che è persona attenta ai valori, sottolinea alcune convinzioni: “Valorizzare il territorio è sempre più un imperativo, perché questo obiettivo è spesso perso di vista dalla nuova ristorazione emergente, che punta solo a semplificare. Inoltre, evitare gli sprechi e creare cultura devono essere due riferimenti etici precisi”.
Carta dei vini con bottiglie principalmente italiane, anche se il tocco francese non manca. Conto sui cinquanta euro. Ah, Poirot ha confessato che dopo una cena così le sue “piccole cellule grigie” hanno lavorato molto meglio. Ragionateci sopra.
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Enogastronomia
Antonio Di Lorenzo
L’agri-ristorante. Davide Pauletto in cucina e Giovanni Sandri sono una coppia d’assi alle “Vescovane” di Villabalzana
Davide Pauletto, Giovanni Sandri e le fettuccine con zucca e tonno
Gli adulti bugiardi fanno centro su Netflix Per “The White Lotus” basta la parola: ipnotica
aver paura di cambiare il modello” è il motto di Reed Hastings, l’imprenditore americano che nel 1997 fondò Netflix, un’idea che nacque quando si vide recapitare una multa di 50 dollari per la riconsegna tardiva di una videocassetta a Blockbuster.
Da quando - nel 2015 - è sbarcata in Italia, l’azienda dello streaming è cambiata molto. Il 2022 ha segnato, per la prima volta nella sua storia, un calo di abbonati nel primo trimestre dell’anno. L’enfant prodige dello streaming perde colpi? Non proprio. Negli ultimi 12 mesi sono anche uscite tre delle quattro serie più viste nella storia della piattaforma: “Stranger Things 4”, “Dahmer” e “Mercoledì”, quest’ultima con oltre 1 miliardo di ore viste nelle prime 3 settimane.
Sul fronte italiano, un banco di prova importante - annunciato ancora più di tre anni fa - è rappresentato da “La vita bugiarda degli adulti”, adattamento del romanzo omonimo di Elena Ferrante, scrittrice amatissima all’estero quanto in Italia.
A guidare Netflix Italia oggi c’è Tinny Andreatta, figlia dell’indimenticato economista e ministro Beniamino, precedentemente a capo di Rai Fiction dove realizzò anche ”L’amica geniale” con Hbo. Con la regia di Edoardo De Angelis, “La vita bugiarda degli adulti” si avventura in un territorio precedentemente inesplorato da Netflix. La miniserie in sei episodi è visivamente e stilisticamente molto distante da “L’amica geniale”, e propone allo spettatore un’esperienza di cinematografia impressionante.
Resta il grande problema che - spesso - la serialità italiana ha col cinema.
Guardando “La vita bugiarda” si ha la sensazione di trovarsi di fronte ad un film scorporato in sei puntate, anziché ad una serie episodica.
Pur presentandosi più come un film che una serie, “La vita bugiarda” è senz’altro la produzione originale italiana targata Netflix più interessante realizzata ad oggi, riuscendo ad addentare un genere potenzialmente rischioso - quello del grande romanzo italiano - e innovandolo con la poetica di De Angelis ed una colonna sonora azzeccata.
Notevoli le interpretazioni di Valeria Golino e dell’esordiente Giordana Marengo, i cui personaggi costruiscono un dialogo sul mostruoso e sul femminile di grande attualità.
SeVeronica Castro e “Anche i ricchi piangono” hanno già detto (quasi) tutto quel che c’era da dire sulle miserie dei nababbi, con “The white lotus” siamo di fronte alla rinascita della Watercooler tv, ovvero di quel fenomeno che - nei decenni scorsi - spingeva le persone a parlare di ciò che avevano visto la sera prima alla tv.
La satira sociale di Mike White - già creatore di #Enlightened con Laura Dern, sempre per Hbo - si sposta, per la sua seconda stagione, a Taormina per esplorare il modo in cui le dinamiche sessuali e il sex work possano essere adoperate per creare, all’interno della società patriarcale, una forma di anti-capitalismo in nome della giustizia sociale.
Oltre a Jennifer Coolidge - larger than life nel ruolo dell’ereditiera Tanya McQuoid - il cast della seconda stagione mette al centro attrici nostrane come Simona Tabasco, Beatrice Grannò e Sabrina Impacciatore, che in queste settimane spopola come ospite nei talk show serali statunitensi. Lei ha detto che in una sola volta s’è guadagnata negli Usa quello che in vent’anni da attrice l’Italia non le ha dato. Al di là delle critiche sulla rappresentazione dell’Italia – cui cui è riservato lo stesso trattamento che Emily in Paris riserva alla Francia – questa serie è ipnotica e contraddistinta da un alto valore di intrattenimento.
I misteri che caratterizzano ciascuna stagione, con l‘efficace formula di un whodunnit ma più camp, sono soltanto un pretesto per alimentare la macchina dell’hype, delle teorie online e del fandom.
Le citazioni si sprecano, e non soltanto grazie ad una colonna sonora italianissima ma spesso ossimorica. Da Antonioni a Madama Butterfly, passando per Apollonia, tutto sembra essere calibrato per suscitare in chi guarda la sensazione di essere capitati in un programma di Paolo Limiti.
Perché, dunque, “The White Lotus” prende così tanto? Perché adocchiare dallo spioncino le vite dei ricchi per poterli giudicare è un lusso che dai tempi di Aristofane ingolosisce il pubblico.
Questa serie, tuttavia, si spinge oltre e provoca noi che guardiamo nel tentativo - un po’ ruffiano - di farci ammettere che, con la stessa disponibilità economica dei protagonisti della serie, molto probabilmente ci comporteremmo anche noi allo stesso modo.
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Rubrica a cura di Paolo Di Lorenzo