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A Vicenza si vive un periodo di spinte e controspinte. O meglio, si cerca la qualità per una città che ne ha già di sua ma che non deve abbassare l’asticella né perdere il bus del futuro. Le classifiche che spuntano sui giornali raccontano del rally delle valutazioni: secondo di “Italia oggi” la provincia di Vicenza è scesa di dieci posizioni, come gran parte del Veneto. Sale invece il capoluogo nella classifica del “Sole 24 ore”. Alla fine, però, i parametri problematici sono tre: ambiente, che vuol dire inquinamento, rifiuti ed energia divorata. segue a pag 5
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STRATEGIA Il “quadrilatero della cultura” di Rucco
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Le lenzuola con le foto di Vicenza
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Cucina
43 Servizi alle pagg. 8 e 9 LE DONNE FRUSTANO LA POLITICA E INDICANO IL FUTURO
Servizio a pag. 17 “VI PORTO A VIVERE IN ANTARTIDE PROTETTI PER BENE“ Intervista
a quella spaziale NOVEMBRE 2022 Periodico d’informazione localeAnno XXIX n.11 ascoltali on-line su laPiazzaweb.it e sulle migliori Emittenti Radio del Veneto Notiziario delle 11:30 Notiziario delle 18:30 Notiziario delle 17:30 del giornale L’INFORMAZIONE LOCALE
PERSONAGGIO Gabriele “Scotolati” Padoan, l’artista dei calendari
IN BASILICA “Portiamo la Meloni alla mostra”
SPORT Quando Guidolin arrivò in A
GASTRONOMIA
di pesce e solidarietà a “La Veneziana”
Parlano Daniela Sbrollini per il Terzo polo ed Elena Donazzan per il centrodestra e spiegano le loro strategie per Vicenza
ad Alberto Piovesan, 28 anni, direttore artistico di “D Air Lab”. Sta realizzando una tuta simile
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Media & potere: rapporto delicato
Chi prova a fare al meglio questo mestiere si è trovato spesso ad interrogarsi su quale fosse la “giusta distanza”. Ovvero quale rapporto i mezzi di informazione dovessero avere con il potere, con la politica, con quelli che contano, insomma. Che molti mezzi di informazione e il potere siano legati da un doppio filo è evidente: quanti politici hanno costruito il proprio consenso grazie ad una fortissima esposizione mediatica? E quanti mezzi di informazione sono “cresciuti” proprio grazie al sostegno del politico di turno?
Niente di cui stupirsi, verrebbe da dire. Peccato per quella “schiena dritta”, invocata dal grande Indro Montanelli per tutti i giornalisti, che troppo spesso appare più come una gobba. È di queste settimane una storia, tutta da definire nei suoi contorni giudiziari, della pesante inchiesta nei confronti del proprietario di Rete Veneta e Antenna3, vero colosso veneto dell’informazione televisiva.
A suo carico, secondo la Magistratura, una reiterata azione di pressione e denigrazione, tramite continui servizi giornalistici, per “ottenere la testa” del Direttore Generale dell’Ulss di Bassano che non lo avrebbe, sempre secondo gli inquirenti, assecondato nelle sue richieste di promozioni, primariati e quant’altro. D’altro canto la difesa del patron delle televisioni è affidata ad una memoria di una cinquantina di pagine nella quale si specifica come non vi sia stata alcuna minaccia e come i servizi televisivi che mettevano in luce le carenze dell’ULSS abbiano sempre rappresentato un sacrosanto diritto di cronaca considerati i disservizi, manifestati dagli utenti, nelle performance dell’azienda sanitaria.
Noi che crediamo fortemente nella libertà dell’informazione e che pensiamo che, nonostante siamo tutti “strumenti commerciali”, il vero editore siano i cittadini – lettori, ci auguriamo che l’inchiesta dimostri la completa estraneità dei fatti.
Non possiamo, però, non notare come in tutta questa vicenda il ruolo della politica non possa essere considerato marginale sopratutto se si pensa a quanto le televisioni, e i media in generale, abbiano avuto un ruolo determinante nella formazione dell’opinione pubblica in questi difficili anni.
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E qui se vogliamo vivere nell’economia che abbiamo creato da 200 anni, basata su imprese, prodotti e consumi, dobbiamo operare un cambiamento radicale dei nostri comportamenti. Altrimenti non se ne esce. L’ha ribadito a chiare lettere un imprenditore come Oscar Farinetti, creatore di Eataly, in un incontro di recente ad Arzignano. E l’ha detto in modo più chiaro il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres: “Siamo sull’autostrada dell’inferno climatico con il piede sull’acceleratore”.
Positivo, dunque, che l’amministrazione abbia adottato il Piano per la mobilità sostenibile, come è positivo l’impegno sul “quadrilatero della cultura” per recuperare quelli che una volta si chiamavano “contenitori culturali”. Più problematico tutto il tema dell’alta velocità, ma anche qui sono partiti gli incontri informativi e di acolto.
Una controspinta è quanto accaduto Agsm Aim sull’acquisto poi rientrato di Compago, foriero di richieste di arbitrati e di indennizzi. Si coglie un’incertezza di fondo dei timonieri, complicata da dissidi e deleghe ritirate che sicuramente non ci si attende da un gruppo di tali dimensioni. Vicenza ha ordinato un’inchiesta. Vedremo i risultati.
A proposito di qualità, due considerazioni sull’argomento in queste settimane assai dibattuto a Vicenza, vale a dire il monumento degli alpini. Il numero e l’autorevolezza delle opinioni in campo fanno uscire la discussione dal mero ambito del parere personale, del “mi piace, non mi piace”. I monumenti sono faccende delicate e importanti, restano per secoli. Proprio per questo non si può convenire, con il sindaco, che a caval donato non si guarda in bocca. Probabilmente era necessario guidare meglio il processo, magari allargando il novero degli artisti in gara e soprattutto chiamando una giuria di “all stars”, di grande prestigio anche internazionale, a giudicare. Il risultato sarebbe stato migliore. Certo, sarebbero serviti quattrini ma credo il Comune li avrebbe potuti trovare. Purtroppo, in fatto di monumenti Vicenza ha una tradizione macchiata nel recente passato. Il monumento ai bersaglieri del 1995, quello che Toni Vedù chiamava “la scaglia di grana” e quelli a sant’Ignazio e Cartesio negli anni Duemila (probabilmente l’unico eretto a lui in Italia) non sfidano Michelangelo. I tre monumenti semi-abbandonati al “campo de nane” non sono certo orgogli vicentini. Bisogna prendere spunto dal passato, anche dagli errori: ma per evitarne altri.
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www.ilvicenza.com 5 Da oggi i nostri Notiziari audio in streaming sul web e in FM sulle migliori emittenti radio del Veneto In streaming su in FM su: Oltre 200.000 ascolti al giorno su FM e Streaming Fotografa il QR code e ascolta l’ultimo Notiziario Facciamo il punto Fotografa il QR code e ascolta l’ultimo Notiziario è un marchio proprietà di Srl Direzione, Amministrazione e Concessionaria di Pubblicità Locale: via Lisbona, 10 · 35127 Padova tel. 049 8704884 · fax 049 6988054 >redazione@givemotions.it < > www.ilvicenza.com < Redazione: Direttore responsabile Nicola Stievano >direttore@givemotions.it < Antonio Di Lorenzo >antonio.dilorenzo@givemotions.it< CENTRO STAMPA QUOTIDIANI S.p.A. Via dell'Industria, 52 - 25030 Erbusco (BS) Tel: +39.030.7725594 Periodico fondato nel 1994 da Giuseppe Bergantin Questa edizione raggiunge la città di Vicenza per un numero complessivo di 43.000 copie. Iscrizione testata al Tribunale di Vicenza n. 4194/2020 V.G. del 23.11.2020; R.S. 17/2020; numero iscrizione ROC 32199 È un periodico formato da 23 edizioni locali mensilmente recapitato a 506.187 famiglie del Veneto. Chiuso in redazione l’11 novembre 2022 PEFC/18-31-992 RiciclatoPEFC Questoprodottoè realizzatoconmateria primariciclata www.pefc.it
L’informazione e la politica sono legati da un doppio filo, necessaria una profonda riflessione
Si punta sul “quadrilatero della cultura”
Il sindaco Rucco ha delineato i quattro cardini di un progetto di ampio respiro che può davvero dare un nuovo volto alla città. Facciamo il punto sugli iter realizzativi e sui finanziamenti
Èun puzzle intricato ma che comincia a prendere forma, quello che potrebbe ridisegnare gli equilibri della città attorno a un grande quadrilatero culturale, come l’ha battezzato il sindaco Rucco: nuova Bertoliana a santa Corona, nuove aule e campus universitario a San Biagio, nuovo polo per le eccellenze dell’università a Borgo Casale, un auditorium Canneti finalmente rinnovato e agibile. Che poi tutti i pezzi vadano effettivamente ad incastrarsi, e con che tempi, sarà da vedere. Ma almeno alcuni dei progetti sembrano ormai vicini ad entrare nel vivo.
È il caso, ad esempio, della nuova sede della Bertoliana negli spazi che erano del vecchio tribunale di Santa Corona, di cui si discute da anni. In estate è partito lo sgombero dei vecchi arredi e del materiale d’archivio che ancora giacevano nell’ex palazzo di giustizia. E a metà ottobre la giunta ha inserito a bilancio per il 2023 interventi per 2,7 milioni di euro, a cui se ne aggiungeranno altri 5 nei due anni successivi. Per un totale, considerando che altri due milioni abbondanti erano già stati accantonati, di 10 milioni nei prossimi tre anni. Serviranno a dotare la Bertoliana di una sede moderna e funzionale anche come luogo di incontri e di
eventi, e a ridisegnare il vicino parcheggio. È un inizio, con la speranza di riuscire a mettere a gara i primi stralci del progetto a fine 2023.
Più avanti il percorso che riguarda l’auditorium Canneti, inagibile da una decina di anni. Il progetto di riqualificazione è stato tra quelli selezionati e finanziati dal ministero con uno stanziamento di circa un milione e mezzo di euro, a cui il Comune ne ha aggiunti altri 700 mila. I lavori dovrebbero cominciare nel 2023. Il risultato sarà una nuova sala da 300 posti, con palco, servizi e ingresso ridisegnati e ammodernati, pronta a riprendere il proprio ruolo in uno dei luoghi storici della cultura vicentina, accanto ad Olimpico e alla pinacoteca di palazzo Chiericati (che nel 2023 dovrebbe vedere la fine del lungo restauro).
Gli ultimi due pezzi del puzzle coinvolgono l’università.
L’inizio dell’anno accademico è stata l’occasione per delineare i progetti di sviluppo, sia come offerta didattica - è appena partita la novità del corso di design del prodotto che fa capo all’università di architettura di Venezia -, sia come spazi per studio e ricerca. Uno di questi sarà il rinnovato palazzo ex Aci a San Biagio, destinato proprio ad aule, laboratori e uffici per il corso di design. Anche qui
i lavori, già finanziati per un milione e mezzo di euro, dovrebbero iniziare nel 2023. Discorso più lungo e complicato per il complesso dell’ex caserma Borghesi di Borgo Casale, fino agli anni ‘90 sede del comando militare provinciale, e per la nuova mensa che dovrebbe essere realizzata accanto alla sede di viale Margherita. La caserma pare avviata a diventare un polo per la ricerca e la didattica, grazie ad un finanziamento di 9 milioni da parte dell’università di Padova. Le aree per la mensa devono invece essere acquistate da Camera di Commercio e Pro-
vincia. Risorse e volontà politica sembrano esserci, ma la fase operativa deve ancora partire. Da inserire nel mosaico, infine, c’è anche l’area dell’ex carcere di San Biagio, una delle grandi incompiute della città, da anni in condizioni di abbandono. La proprietà è per metà del Comune e per metà dello Stato, una situazione che ha sempre
complicato per i progetti di recupero. Ora l’idea è di proporre uno scambio di terreni per consentire al Comune di acquisire il controllo sull’intero complesso, e poter così lavorare al sogno di farne un campus universitario. Ma qui il percorso, e soprattutto i finanziamenti, sono ancora tutti da individuare.
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I progetti. Nuova biblioteca, università, Canneti, San Biagio: fronti di un impegno che può dare una svolta a Vicenza
Attualità
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Un’immagine del progetto della nuova Bertoliana. Sotto, palazzo ex Aci a San Biagio e il sindaco Rucco con Girardi Fotografa il QR code e ascolta l’ultimo Notiziario
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“La vittoria a Vicenza non è scontata”
“Dobbiamo impegnarci alle amministrative di primavera. Mi piacerebbe, come a tutti, diventare il nuovo presidente del Veneto nel 2025. Ma è troppo presto per parlarne. La vittoria del mio partito non sarà una meteora nel Veneto. Però non è obbligatorio che il governatore sia della Lega. All’amministrazione Rucco do 8 ma dieci sulla sicurezza e sulla cultura. L’alta velocità è una polpetta avvelenata che ci ha lasciato Variati”
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Come valuta la situazione politica Elena Donazzan, esponente di Fratelli d’Italia e assessore regionale all’istruzione e lavoro? Come ha cominciato il governo Meloni?
Benissimo, oltre ogni aspettativa. Sta portando avanti degli atti, se vogliamo anche simbolici, che lanciano un messaggio importantissimo: è un governo politico, che ha saputo uscire dal pudore degli ultimi anni dove la politica veniva marginalizzata a discapito dei tecnici.
Scusi, qual è la differenza? È una differenza non da poco. Si riafferma la politica come atto culturale, fondato sulla coerenza; la stessa coerenza che ha portato molti cittadini a votare per Fratelli d’Italia pur non essendo di destra.
Il risultato anche nel Veneto ha ridisegnato gli equilibri nel centrodestra, con il suo partito che vale il doppio della Lega del presidente. E Zaia fra tre anni terminerà il suo mandato. Donazzan prossima presidente del Veneto?
Al momento è troppo presto per parlarne. Tempo fa ebbi modo di dire con il sorriso che il sogno di ogni politico che ama la propria terra è quello di diventare presidente di regione. Sicuramente non vogliamo che l’affermazione di Fratelli d’Italia anche in Veneto sia solo una meteora, la bella crescita che c’è stata va consolidata attraverso la presenza ed il radicamento
nel territorio, anche perché in politica i risultati possono cambiare anche di molto in poco tempo.
Per i prossimi due anni tutto prosegue come oggi?
Sono convinta che non si debbano fare i cambi in corsa, ad oggi la forza di Fratelli d’Italia in regione rispecchia i risultati delle ultime elezioni regionali ed è giusto così.
Non è “obbligatorio” che il Veneto sia a matrice leghista per sempre?
Non per forza il prossimo presidente della regione dovrà essere espresso dalla Lega. I calcoli andranno fatti su tutto il contesto globale, sia locale che nazionale, e all’interno della coalizione, che è la vera forza; il dato ad oggi è che nel nord del Paese Fdi non esprime neanche un governatore di regione. Poi ci sarà tempo per fare i nomi, di sicuro io sono una tra le figure con esperienza amministrativa. Più vicine temporalmente sono le amministrative di Vicenza. Il risultato elettorale va a ridisegnare gli scenari sul candidato sindaco del centrodestra?
La nostra forza sono la coesione e la coerenza, è importante tenere la coalizione di centrodestra unita e sostenere il sindaco uscente che abbiamo sostenuto sin dall’inizio e che anzi abbiamo rafforzato nel corso del tempo, ad esempio con la figura di Silvio Giovine. Per cui non ci sono dubbi: Francesco Rucco è il nostro candidato a Vicenza.
Le prossime amministrative le vede come una partita già vinta?
Non dobbiamo dare per scontato che tutto si consumi con facili automatismi: governo di centrodestra, regione di centrodestra, quindi si vince automaticamente anche a Vicenza, non credo sia così. Si vince quando si ha armonia nella coalizione e quando si valorizza quanto è stato fatto. La lezione di Verona mi ha insegnato qualcosa, quindi dovremo andare presto e bene uniti, dando la giusta idea di equilibrio e sostenendo Rucco, non vedo alternative e non credo che debbano essere nemmeno cercate.
Che voto dà a questi anni di amministrazione Rucco? Rucco deve guardare a una città che si inserisce in una complessità economica e finanziaria dove però sono stati ben gestiti passaggi anche complicati, pensiamo alla coda delle questioni sulle banche. Do un otto pieno perché sono state fatte cose molto significative: dieci sul tema della sicurezza e sulla valorizzazione della città, sugli eventi che sono stati organizzati come ad esempio il fuori salone Vi Off della fiera, e dieci anche sulla gestione della cultura, come ad esempio quella del teatro Olimpico. È vero che sono rimasti dei dossier aperti, come l’alta velocità, una polpetta avvelenata lasciata da Variati sui cui rischiamo di diventare un caso nazionale e su cui bisognerà lavorare. (al. fe.)
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Politica & amministrazione
Il personaggio. Elena Donazzan, esponente di Fratelli d’Italia, promuove a pieni voti Rucco ma lancia un avvertimento
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Elena Donazzan, assessore regionale di Fratelli d’Italia, sostiene al ricandidatura di Rucco
“Il terzo polo avrà un proprio candidato”
“Possiamo unire i civici e il meglio dei due schieramenti, a destra e a sinistra. Abbiamo sempre valutato negativamente l’amministrazione Rucco, perché non ha dato strategia alla città e non ha raccolto i fermenti che esistono a Vicenza. In città si avverte netta l’esigenza di cambiare e noi vogliamo portare una nostra presenza. È necessario stilare un programma che porti Vicenza a essere una città europea”
Con il suo 12% delle ultime elezioni politiche di settembre, a Vicenza il terzo polo di Azione - Calenda e Italia Viva - Renzi ha superato anche la Lega. È davvero il terzo partito. Come valuta la situazione Daniela Sbrollini, confermata senatrice?
Potete essere soddisfatti del risultato ottenuto come terzo polo: vi davano più bassi
“Il risultato ci soddisfa, di certo se avessimo avuto più tempo saremmo andati ancora meglio; non è stato semplice gestire una campagna elettorale in appena 45 giorni e presentando un simbolo nuovo. Di sicuro si è dimostrato che un polo centrista e liberale è necessario”.
Nel Vicentino siete andati ancora meglio che a livello nazionale “Infatti dobbiamo ringraziare i vicentini, il 1 2% ottenuto qui ci riempie di responsabilità. I due schieramenti tradizionali, cioè destra e sinistra hanno evidentemente deluso le aspettative di molti vicentini, che hanno preferito premiare chi ha presentato un progetto serio e nuovo”. Come vi porrete ora nei confronti del Governo?
Saremo una opposizione costruttiva, valutando di volta in volta la serietà dei temi proposti, senza essere contrari a prescindere; voteremo con il Governo quando ci saranno temi realmente utili per l’Italia, ma di sicuro saremo molto rigi-
di sul portare avanti i temi della “agenda Draghi”.
In Regione abbiamo scavallato la metà del terzo mandato Zaia; che prospettive vede da qui al 2025?
Sono convinta che si aprirà una partita nuova, anche se è ancora presto discuterne; il ribaltone delle ultime elezioni ci dice che si chiuderà un ciclo che ha visto la Lega avere dei risultati straordinari per molti anni. La mobilità dell’elettorato è molto veloce, in uno/due anni la politica può cambiare anche di molto, per cui assisteremo a dei nuovi scenari inediti”.
L’anno prossimo ci sono anche le amministrative a Vicenza. Come vi comporterete?
Questa è una partita tutta aperta, soprattutto in una città moderata come Vicenza, una realtà che non ama si alzino troppo i toni. Un terzo polo che ha avuto un buon risultato elettorale e che è in grado di unire anche altre forze politiche, i civici e il meglio dei due schieramenti di destra e di sinistra, può essere una bella alternativa.
Una alternativa tale da esprimere un proprio candidato sindaco?
L’idea che si apra una partita non a due candidature ma almeno a tre, è una grande possibilità che noi vediamo; il terzo polo ha questa ambizione, soprattutto a fronte di alcune realtà politiche che stanno implodendo. A Vicenza si avverte l’esigenza diffusa di
cambiare, e possiamo farlo raccogliendo il meglio delle esperienze civiche, oltre a persone che si avvicinano da altri partiti come Forza Italia ed il Pd. È necessario stilare un programma che faccia diventare Vicenza una vera città europea. Sa già di programma elettorale
In questi anni siamo sempre stati critici nei confronti dell’amministrazione Rucco, soprattutto perché non è stata in grado di dare una visione di prospettiva alla città da qui ai prossimi dieci/venti anni. In città c’è un fermento di laboratori e di progetti che l’attuale classe politica non è stata in grado di interpretare e di fare suoi. La campagna di ascolto che stiamo portando avanti può essere un buon modo per avvicinare progettualità ed eccellenze che non hanno mai dialogato fra di loro, far diventare Vicenza un laboratorio nazionale per la città del futuro, ha tutte le carte in regola per farlo. Qual è il maggior problema di Vicenza?
L’abbandono progressivo dei quartieri e del centro storico, che vanno riqualificati. Il risultato elettorale raggiunto in città ci responsabilizza; al netto che i due schieramenti di centrodestra e centrosinistra non hanno ancora ufficializzato un candidato sindaco, la possibilità di proporre alla città una nostra candidatura è molto concreta.
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Quel monumento bersagliato dalle critiche
Dal sottosegretario Sgarbi all’artista Silvio Lacasella, da Paolo Lanaro al maestro De Marzi, e poi Peressoni e perfino due ex presidenti di Italia Nostra: l’opera che ricorda i 100 anni degli alpini a Vicenza incontra moltissimi oppositori (per non parlare dei social)
Il più diretto è stato, manco a dirlo, Vittorio Sgarbi. Il neo sottosegretario alla Cultura s’è chiesto se quel monumento fosse “una burla” oppure “una caricatura”, promettendo che avrebbe interessato il ministro per sapere come la Soprintendenza possa averlo autorizzato. Prima dei canali ufficiali la risposta è arrivata attraverso un articolo di Federico Murzio su “Il Corriere del Veneto” che ha interpellato il soprintendente di Verona. Vincenzo Tiné ha spiegato che il suo ufficio ha bocciato due volte il progetto del monumento, sia per il luogo (all’inizio doveva sorgere davanti al Giardino Salvi, al posto della fontana) sia per l’ingombro. Una volta ridotto l’altezza di un metro e spostato il progetto davanti alla stazione, proprio al limite della zona vincolata, anzi un po’ più fuori che dentro, a Verona si sono sentiti tranquilli.
A Vicenza, a palazzo Trissino, tranquilli lo sono sempre stati tanto da aver inserito un assessore (Marco Zocca) nella commissione giudicatrice, tutta locale e formata da iscritti all’Ana. Poi la giunta nell’ottobre scorso ha approvato il progetto, facendolo proprio e assumendosene quindi la paternità politica. Ciò nonostante, il monumento di Giuliano Negretto, di Montecchio Maggiore, destinato a celebrare gli alpini per i 100 anni dalla fondazione della sezione “Monte Pasubio”, rimane al centro delle polemiche infuocate. Che erano iniziate quindici mesi fa proprio su questo giornale con un’intervista all’artista Silvio Lacasella dai toni eloquenti: “Quel monumento fa piangere Palladio nella sua città”. Più di recente ha usato un’altra immagine: “Quella penna sembra un ripetitore”. La bocciatura arrivò anche da Sandro Piermatteo, un anno fa presidente di “Italia Nostra”. Più di recente, l’associazione ha fatto sentire la sua voce critica con l’ex presidente Giovanna Dalla Pozza Peruffo, che è anche accademica olimpica. Altri due accademici, come Paolo Lanaro
e Bepi De Marzi (che fu tra i primi a sollevare perplessità nell’estate del 2021) si sono dichiarati fortemente contrari all’opera. Un alpino assai noto come Armando Peressoni lo ha bollato con un netto “Non mi piace”. Andando a scrutare il termometro dei social, la lista dei critici si allunga, assai più dei favorevoli, in un rapporto di 8 a 2. Ma oltre a giudizi drastici non manca chi
è più scherzoso, paragonando la sfera davanti alla stazione al “boccino d’oro” del quiddich di Harry Potter, come ha sottolineato con ironia Gianmaria Pitton in un pezzo su “Il Giornale di Vicenza”.
Sul fronte politico s’è mossa naturalmente l’opposizione, con Cristiano Spiller, Sandro Pupillo e Giovanni Selmo: “Quel monunento non fa onore agli alpini”, hanno sottolineato i due consiglieri di “Da adesso in poi”.
Dal canto suo, la maggioranza ha difeso la scelta con diversi argomenti. Il sindaco Rucco ha spiegato che “bisogna avere rispetto di quello che hanno deciso gli alpini”. Valerio Sorrentino, presidente del Consiglio comunale, ha ricordato le critiche al monumento dei bersaglieri in Largo Goethe e anche le critiche alla Torre Eiffel e al Guggenheim di Bilbao. L’assessore alla cultura, Simona Siotto, prima ha ammesso che l’obiettivo da raggiungere ha fatto aggio sulle scelte estetiche, poi ha ricordato che comunque esistono situazioni a Vicenza più impattanti di questa. Galliano Rosset, priore della Confraternita del Baccalà e artista, nonché membro della giuria che ha scelto il progetto (una giuria tutta locale e tutta alpina) ha spiegato che il monumento farà capire a tutti coloro che arrivano in città che Vicenza è una città alpina. E che, sì, è un peccato che non ci sia più Nereo Quagliato perché lui avrebbe prodotto qualcosa di bello. Intanto, questa volta all’unanimità, il Consiglio comunale ha votato il conferimento della cittadinanza onoraria all’Associazione nazionale alpini, sottolineando in questo modo anche da parte dei critici che la questione del monumento non ha mai coinvolto un giudizio negativo sull’opera dell’associazione
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Il dibattito. Al centro delle polemiche la statua del “mondo con la penna” che celebra gli alpini davanti alla stazione
Il monumento davanti alla stazione e un’immagine di Vittorio Sgarbi
alpini. Raggiungi i tuoi potenziali clienti con il nostro sistema integrato di comunicazione: laPiazza, laPiazzaweb.it, laPiazza24. Carta, Web, Audio, App. Dentro al territorio nel cuore della gente! 23 Edizioni Locali. Oltre 500.000 famiglie raggiunte. Fotografa il QR code e ascolta l’ultimo Notiziario Ogni mese nelle case di oltre 43.000 Famiglie di Vicenza
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Il personaggio
Lenzuola e cuscini con le foto di Vicenza
Gommista in viale Fiume nell’officina di famiglia, ha una grande passione per la foto e la sua città che ha messo assieme grazie a una curiosa iniziativa. Perfino il drone è biancorosso
I mmaginate di addormentarvi sotto una coltre morbida, dai colori caldi e soffusi, ma soprattutto che vi culla abbracciandovi e coprendovi con una rassicurante immagine della vostra città, quella di Vicenza che da secoli, e senza troppa retorica, è stata definita, perché lo è, città bellissima. È l’esperienza che ogni sera assapora Luca Mancini, vicentino doc e fuor di ogni dubbio innamorato dei quartieri e dei monumenti che imperlano il nostro centro storico.
Talmente conquistato da essere riuscito a dare seguito a un’idea che gli frullava in testa da tempo: fotografare dall’alto, aspettando che si palesino le calde tonalità che solo per uno o due minuti regala l’imbrunire, il centro storico della città del Palladio, con la sua inconfondibile Basilica o con i dolci declivi di Monte Berico. E una volta ottimizzate le foto (una ripassatina con photoshop non si nega a nessuno), ecco prendere forma la sua iniziativa: realizzare un mega ingrandimento stampando il migliore di quegli scatti su un tessuto di quasi 5 metri quadrati, tanto è grande il copriletto matrimoniale, ottenuto avvalendosi di una società specializzata in gigantografie scoperta sul web.
Naturalmente, Luca non poteva fermarsi al copriletto, doveva completare la sua opera d’arte abbinando ovviamente anche due fodere per altret-
tanti guanciali, con altri splendidi scatti che hanno sempre al centro dell’inquadratura il gioiello della Basilica, anche nella versione natalizia con la cascata di luci dal campanile e verso le piazze.
Questa è dunque la parure completa per il letto che Luca si è regalato, tra lo stupore, l’approvazione e l’affettuosa invidia di molti amici, oltre che della sua famiglia.
L’operazione al momento, anche sul versante tecnico, è perfettamente riuscita, la stampa ha caratteristiche molto naturali, non sembra inchiostro ed è molto resistente sia alle necessarie manovre per rassettare il letto, come anche resistente al lavaggio, visto che finora copriletto e fodere sono già state lavate senza perdere colore o compromettere la brillantezza dei colori.
Luca Mancini è fotografo per passione, perché nella vita è uno stimato gommista nella storica officina di famiglia in viale Fiume: l’incontro tra il suo hobby e il suo amore per la città di Vicenza gli ha fatto desiderare di portarsi a casa alcune vedute mozzafiato del capoluogo, proprio nei mesi scorsi in cui era più forte la limitazione di uscire di casa e si sentiva forte il bisogno di alzare lo sguardo e respirare aria fresca e ossigenata.
E dunque gli scatti più belli sono arrivati proprio nel periodo di lockdown per covid, e prima ancora che nuove rego-
le dettate dall’Enac, l’ente che regola il volo degli aeromobili, vietasse dallo scorso aprile, il sorvolo della città per non intralciare eventuali operazioni degli elicotteri diretti all’ospedale di san Bortolo. Sfruttando quindi il suo piccolo drone, tanto contenuto nelle misure quanto pieno di sofisticatissima tecnologia e di più che discrete caratteristiche fotografiche, rigorosamente bardato con una livrea di chiara fede biancorossa, lo ha liberato in volo incaricandolo di portare a casa scorci e inquadrature memorabili. Che appunto, sono poi finite ingrandite e fissate in camera da letto, tra-
sformata così in una galleria fotografica di grande impatto visivo ed emotivo. Gli amici gli hanno chiesto se pensa di fare un (piccolo) business di questa sua trovata spettacolare, ma a Luca interessa solo e soprattutto cantare la sua città, come fa già postando i suoi scatti su facebook alla pagina “I punti di vista di Luca”. L’amore per una città, non ha prezzo e non si può ridurre ad essere venduto, ma solo proclamato, con i nuovi strumenti della tecnica e con il gusto personale dettato da passione, cento per cento biancorossa.
Silvio Scacco
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Che fotografo! Grazie al suo drone, Luca Mancini ha scattato immagini inconsuete della città e ora dorme con Palladio addosso
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Luca Mancini con il suo drone biancorosso e il letto con lenzuola e federe con le immagini che ha scattato dall’alto
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personaggio.
Il calendario dei vicentini anagrammati
Gabriele “Scotolati” Padoan è noto per disegni e caricature, ma la sua vera passione è giocare con le parole. E soprattutto si applica, divertendosi pure, nel calendario che appare puntuale fra la fine di novembre e l’inizio di dicembre. Quest’anno è il 45° calendario che edita in 42 anni. Normale, perché i suoi sono calendari che non seguono il ritmo consueto del tempo: ce ne possono essere due in un anno, così come possono avere anche 13 o 14 mesi. Dipende dalle idee che il maestro ha in testa.
Quest’anno, più che un calendario è un anagrammendario per vicentinolesi. Così lo chiama. Il maestro, cioè, per ogni giorno al posto del santo ha preso i vicentini più o meno famosi e ha anagrammato i loro nomi. Ecco perché sono “lesi”. In copertina ha messo tanti Pinocchi, perché, secondo lui, il burattino campione di bugìe si trova nel carattere di parecchi vicentini. E questa affermazione ognuno la può verificare a piacere, ma scoprirà che l’intuito dell’artista non sbaglia. Vediamo qualche nome trasformato. Andrea Palladio diventa Lardonia Pedala, Antonio Pigafetta è Tanfetto Piagonia, Luara Fincato è Cornata Ulfia, di sapore latino, Achille Variati diventa Levichi Lattiara, che sembra un nome ebreo. Rantizzo Canonio è l’ex sindaco Antonio Corazzin, Mussarino Rapa è Mauro Passarin, Nanda Leo Zenzo è Elena Donazzan, Garzonia Zoofanto è Antonio Fogazzaro, Trottellina Malecotta è Nicoletta Martelletto, caporedattrice del Giornale di Vicenza.
E via così con 365 nomi storpiati, più altre 1 50 persone raffigurate in gruppi: la polizia scinetifica, i ristoratori dei Berici di un tempo (qualcuno non c’è più come Galdino Gianesin della “Isetta” mentre qualcun altro sì, come Gianni “Enzo” Penacio), gli Zardo di Bolzano Vicentino, gli amici di Emanuele Sella, il gruppo che si ritrovava attorno a Zeffirino Filippo battezzato “L’università della cucina” oppure il gruppo di Radio Vicenza International. In tutto il calendario di Scotolati cita 500 vicentini, dei quali appunto 150 sono anche disegnati.
Ogni anno l’artista ha un’idea: dopo il “Gattolendario” del 2022 adesso è la volta dei nomi storpiati. Ci sono 500 vicentini citati dei quali 150 disegnati. Il calendario è intitolato ai “vicentini pinocchi”
A palazzo Chiericati gli amici della “Gaia gioventù”
Oltre un centinaio le opere raccolte nelle sale sotterranee del museo civico, provenienti da musei e collezioni private.
Si intitola “Gli amici della gaia gioventù. Arte e poesia a Vicenza dal 1930 al 1950” e sarà aperta dal 25 novembre prossimo al 25 aprile 2023. Si potrà incontrare, attraverso dipinti, sculture, incisioni, documenti, fotografie e testimonianze editoriali, un vivace gruppo di giovani dell’epoca: un sodalizio battezzato “La gaia gioventù”, tratto dal titolo di una raccolta di versi di Antonio Barolini edita da Neri Pozza.
La mostra è ideata e promossa dall’Accademia Olimpica in collaborazione con il Comune di Vicenza, con il contributo della Fondazione Roi e della Regione del Veneto e il sostegno della fondazione Adone e Rina Maltauro, Agsm - Aim e Banca del Veneto Centrale. Curata da Maria Elisa Avagnina, Angelo Colla e Stefania Portinari con la collaborazione di Giuliano Menato e Marianna Rossi, la mostra si avvale del progetto espositivo di Mauro Zocchetta.
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Tradizioni vicentine
Il
Gabriele “Scotolati” Padoan ha prodotto la nuova realizzazione dedicata al 2023 con curiosi giochi di parole
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Gabriele “Scotolati” Padoan e la copertina del suo calendario
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I silenzi delle banche sono un affronto
Mentre da un lato il cliente è obbligato a fornire ogni informazione la banca richieda, quest’ultima può omettere del tutto di restituire qualsiasi notizia utile a capire come e perché essa abbia fatto la sua scelta
Avete mai provato ad entrare in banca e chiedere un prestito, oppure a domandare (o rinnovare) un affidamento alla vostra azienda? La massa di informazioni e documenti da produrre, anche per fidi di piccola entità, vi stupirà. E i dati da voi forniti si sommeranno a quelli di un numero ridondante di banche - dati a disposizione dell’istituto di credito.
In caso di mancata erogazione o di rigetto della domanda di affidamento e in assenza di elementi ostativi evidenti, le ragioni del diniego resteranno oscure; l’impiegato vi dirà brevemente che gli uffici interni (eterei e irraggiungibili a ogni interlocuzione) così hanno deciso, senza che la banca sia obbligata a giustificare tale decisione.
Mentre da un lato voi siete ob-
bligati a fornire ogni e qualsiasi informazione la banca vi richieda, quest’ultima può omettere del tutto di restituire qualsiasi notizia utile a capire come e perché essa abbia fatto la sua scelta. Ciò avvalendosi del principio di libertà negoziale quale massimo giustificatore di qualunque determinazione.
Pensate, la decisione infausta potrebbe essere il mero frutto di un algoritmo la cui logica interna neppure i funzionari della banca sarebbero in grado di esplicitare. Tutto dunque resta un mistero tenebroso affidato a logiche insindacabili e nel quale possono allignare veri comportamenti emulativi, ricattatori o discriminatori alla faccia nel “neminem laedere” sancito dall’art. 2043 del codice civile. Ciò avviene anche con riferi-
mento alla semplice richiesta di apertura di conto corrente o al mantenimento dello stesso. L’atteggiamento è uguale: la banca valuta il cliente, lo accetta o lo scarta attraverso un procedimento non trasparente e mai giustifica in modo palese le sue decisioni, evitando le conseguenti responsabilità. In un mondo nel quale avere un conto corrente è una pre-condizione per qualunque cittadino e il sostegno finanziario può fare la vita o la morte di una azienda, appare urgente affrontare (in ossequio ad un trend normativo emerso già in sede europea) questo problema coniugando la libertà della banca con la repressione di comportamenti (recesso arbitrari o ad libitum) che costituiscono un
vero e proprio abuso di potere contrario alle norme fondanti dell’ordinamento. Un tentativo minimo di soluzione potrebbe essere quello di imporre alle banche di esplicitare per iscritto le loro decisioni: così che queste ultime possano essere valutate e anche portate all’attenzione del giudice se da esse emergesse un comportamento ritenuto lesivo. Non illudiamoci: le banche se la caverebbero comunque con formule volu-
tamente generiche, ma almeno sarebbe un primo passo. A oggi registriamo per l’utente solo la tutela offerta dal ricorso al giudice, iniziativa dispendiosa quanto lenta. E, come ci insegnano recentissime sentenze, risulta spesso impossibile colpire adeguatamente anche comportamenti bancari ben più gravi.
Italia culla del diritto: in una culla nella quale il diritto dorme beato.
Giuseppe de Concini
Chi è Giuseppe de Concini
Padovano con studio a Vicenza, laurea in giurisprudenza, importante esperienza nel mondo bancario, ora è consulente aziendale
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Il caso. Dall’apertura di conto corrente alla richiesta di un fido non è detto che l’istituto motivi le sue posizioni
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Nasce a Vicenza la tuta per l’Antartide
Piovesan coordina un laboratorio di 13 tecnici, soprattutto ingegneri. La “antarctic suit” deve consentire agli scienziati di sopportare temperature di meno 70 gradi. È formata da due strati. Un raffinato sistema di sensori controlla le funzioni vitali, dal battito cardiaco all’ossigenazione. La collaborazione con Dior che s’è ispirata alle protezioni vicentine per una decina di capi. Le applicazioni negli altri campi, dal lavoro alle tute spaziali
Cosa fa un “direttore creativo” in un laboratorio in zona industriale, in mezzo a 13 tecnici per lo più ingegneri? Crea il futuro, è la prima risposta. Guarda lontano, è la seconda. Oppure collabora con gli spettacoli classici dell’Olimpico, è la terza. O anche ispira i capi delle sfilate di Dior, è la quarta. Lui risponde: “Quando si produce innovazione automaticamente s’inventano nuovi linguaggi”. Quindi, non è strano parlare di arte lavorando sulla tecnologia. La frase è di Alberto Piovesan, 28 anni, appunto direttore creativo di “D Air Lab”, l’azienda di ricerca che Lino Dainese ha aperto quando ha ceduto tra il 2014 e il 2021 l’impresa storica, quella che porta il suo nome e che fondò nel 1973.
Piovesan è trevigiano, abita a Bassano, ha una laurea in design industriale e ha lavorato a Milano alla Rizoma, azienda di accessori e componenti per moto. Il collegamento con Dainese, che del mondo delle moto è un protagonista, è stato facile e logico. A Vicenza Piovesan è arrivato a fine 2019 come designer e da un anno riveste il nuovo incarico di responsabile del D Air lab. Il che significa sviluppare in altri settori la visione di Lino Dainese concretizzatasi 15 anni fa nell’air bag per i motociclisti: applica cioè il concetto della protezione salva vita in almeno sei direzioni.
Il primo è il lavoro, con un “vestito intelligente” che salvaguarda torace e schiena, un air bag per la protezione di chi lavora in altezza, figlio delle applicazioni per i motociclisti e gli sciatori. Il secondo riguarda gli anziani, grazie a una “cintura protettiva” per l’anca e la testa del femore, che sono i punti più a rischio nella terza età per il rischio cadute. Il terzo
sono gli indumenti per la sicurezza personale, corpetti pensati ad esempio per i runner.
Il quarto, che è quello più fascinoso, riguarda l’Antartide e la specialissima “antarctic suit” che deve proteggere gli scienziati al lavoro nel continente ghiacciato, sono alcune migliaia, che devono affrontare temperature di meno 75 gradi. Il quinto settore è il lavoro legato a Thales Alenia, gigante dell’industria aerospaziale (con ramificazioni anche nel campo militare) che ha un fatturato di 2.5 miliardi di euro. In questa direzione D Air lab recupera il lavoro e le intuizioni che avevano portato Dainese a metà degli anni Zero del Duemila a progettare assieme al Mit di Boston e alla professoressa Dava Newman la “Biosuit” per gli astronauti che sbarcheranno su Marte. Allora si ipotizzava nel 2030, ma probabilmente sarà più avanti. Intanto la tuta spaziale c’è: più leggera, aderente ed ergonomica delle classiche tute spaziali.
C’è parecchia sostanza, come si vede. Loro si definiscono, con un po’ d’ironia e molta verità, “una start up che ha cinquant’anni di esperienza”.
Spiegando il suo lavoro, Piovesan aggiunge, con altrettanta brillantezza, che “l’intuizione è frutto della più lunga delle incubazioni”.
Vicenza è sempre stata una
capitale dell’innovazione nella sua storia imprenditoriale. Con Lino Dainese ha raggiunto perfino Marte, si potrebbe dire con un linguaggio figurato. Nella realtà oggi il “D Air Lab” sta davvero portando l’innovazione in Antartide. Del resto, solo a guardarla questa tuta colpisce, quanto meno per lo squillante colore arancione. Che racchiude, in verità, molte meraviglie: prima di tutto perché monitora le funzioni vitali, assicura il riscaldamento (cioè contiene il calore prodotto) ma anche la ventilazione, per evitare che il corpo sudi in modo eccessivo. Il sottotuta è un altro prodigio scientifico, perché è percorso da una rete di sensori che somiglia alle vene ma che in realtà misurano l’ossigenazione e il battito cardiaco.
Ed è proprio questo sistema circolatorio – tecnologico che è stato riprodotto da Dior in un suo capo. Il timbro del “D Air Lab” è evidente nella “tuta con i tubi fotoluminescenti” di Dior, che proviene proprio dagli studi sull’equipaggiamento spaziale. Ma Dior ha creato una decina di capi dopo aver inviato suoi emissari a Vicenza, che sono rimasti affascinati dal lavoro di Piovesan e compagni.
Le immagini che dimostrano i risultati della collaborazione sono eloquenti: i vestiti d’alta moda che hanno sfilato sono il frutto di questa co-progettazione, che riprende molte idee vicentine e ha l’obiettivo di diffondere la cultura della sicurezza e della prevenzione. A Vicenza hanno effettuato lo studio per i volumi, a Parigi hanno applicato le idee ai vestiti. Insomma, “la moda diventa funzionale e integra la cultura della protezione”. Espandere la cultura della protezione è lo stesso obiettivo che ha perseguito Piovesan in un’altra avventura, quella
degli spettacoli classici all’Olimpico. Assieme a Giancarlo Marinelli hanno riscritto “La voix humaine” di Jean Cocteau: hanno vestito la protagonista, Sophie Duez, con i dispositivi progettati dal “D Air Lab”. Grazie a questa invenzione, hanno cambiato il finale dell’opera: la protagonista non muore più
strozzata dal filo del telefono, ma trova fiato dal giubbetto salvavita che porta addosso e continua a vivere. Trasformare Cocteau e portarlo nel ventunesimo secolo della tecnologia che è a servizio della vita è una doppia bella intuizione.
Antonio Di Lorenzo
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Il personaggio. Alberto Piovesan, 28 anni, è il direttore creativo del “D Air Lab” che sta realizzando un prodigio tecnologico
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Alberto Piovesan e due immagini della tuta per l’Antartide. Sono ben visibili le “vene” di sensori che percorrono il sottotuta a contatto con il corpo. La tuta spaziale per Marte e i vestiti di Dior
volta pagina
Potrebbe risolversi in un duello tra due storici, Emilio Franzina e Giovanni Luigi Fontana, la sfida per la successione a Gaetano Thiene alla presidenza dell’Accademia Olimpica. È questa l’ipotesi più quotata in vista della riunione dell’assemblea dei soci, tradizionalmente attorno a metà dicembre, per il rinnovo delle cariche sociali. Il nome di Fontana, che è vicepresidente del sodalizio, girava da tempo ma più di recente è emerso, secondo indiscrezioni di buona fonte, anche quello di Franzina, che è presidente della nutritissima classe di Lettere dell’accademia.
Com’è noto, Thiene non può essere rieletto perché proprio durante la sua presidenza è stata approvata la modifica dello statuto che limita a due mandati l’eleggibilità del presidente. E Thiene, benché non li abbia completati, è presidente appunto da
due “olimpiadi”, come vengono chiamati i periodi: è subentrato al dimissionario Marino Breganze nel 201 6, a metà del quadriennio, ed è stato rieletto nel 2018.
Gli altri candidati alla presidenza, di cui pure s’è era parlato qualche mese fa, ossia Mariano Nardello, 77 anni, vicepresidente vicario e Maria Elisa Avagnina, 72 anni, segretario dell’Accademia, appaiono meno favoriti rispetto ai due storici.
Franzina è un nome di spicco nel panorama della vita vicentina, non solo per l’attività letteraria che è iniziata con il suo “Vicenza, storia di una città” pubblicato da Neri Pozza nel 1980.
Ha insegnato nelle università di Padova e di Verona: di quest’ultima è stato ordinario di storia contemporanea ed è professore emerito.
Franzina è stato anche consigliere comunale a Vicenza, con Rifondazione comunista, fra il 2003 e il 2008, in se-
guito anche consigliere provinciale. Il suo ultimo libro s’intitola “La storia (quasi vera) del milite ignoto” raccontata come un’autobiografia, pubblicato nel 2021 .
Giovanni Luigi Fontana, 71 anni, di Schio, è ordinario di storia economica all’università di Padova. Nel recente passato è stato
anche pro rettore dell’ateneo e direttore del dipartimento di storia.
È un appassionato studioso di Alessandro Rossi. Il suo ultimo libro s’intitola “Architetture e lavoro. Città e paesaggi del patrimonio industriale”, pubblicato nel 2020.
Altri candidati alla presi-
denza potrebbero giungere dalle altre due classi, quella di scienze e quella di diritto ed economia. Gira come papabile, infatti, anche il nome di Giacomo Cavalieri, commercialista di lungo corso, tra i fondatori dello studio Adacta ventidue anni fa, attuale presidente della classe di diritto e amministrazione.
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Vita delle associazioni Il nuovo presidente. La prestigiosa istituzione culturale si prepara a rinnovare il vertice. Le indiscrezioni sui candidati
olimpica,
I nomi più accreditati a succedere a Gaetano Thiene alla presidenza sono quelli degli storici Emilio Franzina e Giovanni Luigi Fontana, della classe di Lettere. Ma spunta anche quello di Giacomo Cavalieri, presidente della classe di diritto Raggiungi i tuoi potenziali clienti con il nostro sistema integrato di comunicazione: laPiazza, laPiazzaweb.it, laPiazza24. Carta, Web, Audio, App. Dentro al territorio nel cuore della gente! 23 Edizioni Locali. Oltre 500.000 famiglie raggiunte. Fotografa il QR code e ascolta l’ultimo Notiziario Ogni mese nelle case di oltre 43.000 Famiglie di Vicenza
Da sinistra: Emilio Franzina, Giovanni Luigi Fontana e Giacomo Cavalieri. Le indiscrezioni li indicano nella rosa dei papabili presidenti
Accademia
si
“Pigafetta”.
Maestro brontolone con tanta umanità
“Era appassionato, sanguigno, focoso, ben diverso da Franco Barbieri che pure aveva insegnato a noi. Il libro di testo dedicava sette pagine a Palladio? Lui le faceva diventare settecento. Pretendeva studio e fatica: poteva rimandarti a settembre senza tante remore. Uomo dotato di caustica vis polemica, inondava il giornale cittadino di articoli colmi di indignazione sugli scempi che, a suo parere di vecchio liberale, si perpetravano contro la città”
Renato Cevese è stato mio professore di storia dell’arte al liceo Pigafetta nel 1966/67, anno degli esami di maturità. Subentrato a Franco Barbieri, si affiancò ai mostri sacri di allora: Giuseppe Faggin, Andrea Volpato, Carlo Carli, Guido Perraro. Il passaggio da Barbieri a Cevese fu traumatico. Il primo sembrava provenire da un altro mondo con i suoi modi ieratici e distaccati, le spiegazioni chiare, le interrogazioni dolci; il secondo appariva come un epigono dello Sturm und Drang, appassionato, sanguigno, focoso. Cevese era esigentissimo: maniaco della proprietà lessicale e della precisione terminologica. Pretendeva studio e fatica. Non sai? Quattro. Perseveri nel disinteresse? Tre. Alla fine sapeva rimandarti a settembre senza tante remore. Il nemico da combattere era bene individuato: l’ignoranza condita dall’indolenza. A estremi mali, estremi rimedi.
Poco alla volta cominciammo a capirlo e a seguirlo, ad apprezzarne l’impegno, la voglia di renderci partecipi del sapere, di farci rivivere l’ideale del Bello. Soprattutto ci fece approfondire l’opera di un architetto vicentino, tale Andrea Palladio, noto per l’intitolazione del corso principale di Vicenza e per la creazione di celebri fabbriche, come Cevese amava chiamare gli edifici artistici. Il libro di storia dell’arte era il Castelfranchi Vegas. Il programma dell’ultimo anno, condensato in 665 pagine del volume terzo, prevedeva di partire dal Quattrocento per arrivare al Novecento. Il testo concedeva sette pagine al Palladio. Ebbene Cevese, novello Gesù che moltiplicò pani e pesci, fece diventare quelle poche pagine 70, 700, 7000! Tutto (quasi) l’anno scolastico fu dedicato ad Andrea Palladio con ardita incursione finale su Bernini e Caravaggio. Niente di male: avevamo una vita davanti per barocco, neoclassicismo, romanticismo, realismo, futurismo.
Nel 1974 rischiai di essergli collega. Ebbi il trasferimen-
to a Valdagno al liceo classico Giangiorgio Trissino – coincidenza palladiana! – dove pure lui aveva cattedra. Ma proprio allora il professore ottenne il distacco per ricoprire il ruolo di presidente del Cisa – il Centro internazionale studi architettura – stupendo fiore all’occhiello vicentino che Cevese contribuì a fondare e che guidò per trent’anni con una dedizione e una passione straordinarie.
Renato Cevese per tutta la vita
fu una vox clamantis in deserto. Uomo fuori dal coro, dotato di caustica vis polemica, inondava il giornale cittadino di articoli colmi di indignazione sugli scempi che, a suo parere di vecchio liberale, si perpetravano contro la città. E nei convegni cui era invitato, continuava tenace la sua battaglia per la salvaguardia della bellezza di Vicenza. Di uno scempio fui pure io complice. Negli anni Cinquanta-Sessanta in Basilica
Palladiana – come ho scritto sul numero di ottobre, rintracciabile su Internet - si giocava a pallacanestro. Già inviperito e contrarissimo alla cosa, Cevese abitava (neanche a farlo apposta) in contrà Catena proprio davanti alla Basilica. Così si doveva sorbire fischi, applausi, grida: per lui era uno scandalo nello scandalo! Per non rischiare la bocciatura, mi guardai bene dal dirgli che anch’io ero tra i sacrileghi. Solo anni dopo, quando mi portò sulla magnifica terrazza della Basilica, allora chiusa al pubblico, gli confessai la verità: vi lascio immaginare la reazione. Il ricordo di Renato Cevese rimarrà indelebile: guerriero indomito, piccolo ed esile di fuori, gigante dentro. Sotto la sua scorza di maestro brontolone tanta umanità, tanta saggezza.
• Chi è Roberto Pellizzaro
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Il personaggio. Renato Cevese fu insegnante di storia dell’arte al
“Era esigentissimo, ma imparammo a capirlo”
Un’immagine di Renato Cevese fra le sue montagne
Professore di latino e greco, scrittore di libri su Vicenza e i suoi personaggi è stato un giocatore di pallacanestro e adesso anche un dirigente di società di basket.
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Roberto Pellizzaro
Vicentini illustri d’un tempo
Ossessionato dalla quadratura del cerchio
Sfidò il mondo accademico con perseveranza e determinazione. Naturalmente tutti i suoi sforzi non produssero effetto, perché le sue idee furono confutate. Lasciò le sue sostanze all’ospizio Proti – Vajenti che da allora porta anche il suo nome
Chi la mattina del 5 ottobre 1846 avesse sfogliato le fitte pagine della Gazzetta di Venezia si sarebbe imbattuto nella seguente notizia: “Mi venne fatto di trovare, sono parecchi anni, una verità impugnata e ritenuta per impossibile, voglio dire la Quadratura del Circolo, col mezzo della geometria elementare. Più volte con opuscoli, con lettere stampate, con inserzioni nei giornali, con depositi notarili di teoremi, ho prevenuto il pubblico di questa soluzione […] Presso il veneto Notaio sig. dott. Antonio Canneti ho depositato dieci sovrane effettive da 40 lire austriache l’una, per esser date in premio ad uno di quelli che entro quattro mesi, dal giorno dell’inserzione di questo articolo, saprà trovare il paralogismo e dimostrare col ritorcere il mio ragionamento”.
L’audace inserzionista, peraltro non nuovo a simili iniziative, era un geometra vicentino, Giambattista Malacarne, da anni intestardito nella ricerca della soluzione di uno dei più antichi problemi matematici: la quadratura del cerchio, cioè la costruzione di un quadrato avente la stessa area di un dato cerchio. Soluzione che – chiariamolo subito – risulta impossibile con gli strumenti di misura classici, come dimostrò inconfutabilmente nel 1882 Ferdinand von Lindemann, scienziato e professore
dell’università di Königsberg.
Per il Malacarne era tuttavia diventato lo scopo quasi esclusivo delle sue ricerche: sostenuto da una incrollabile fede pari solo alla perseveranza con cui si applicò alla questione, dal 1828 diede alle stampe una quindicina di opuscoli sull’argomento sciorinando soluzioni dopo soluzioni. E non conta se le teorie da lui elaborate si rivelarono una dopo l’altra fallaci (per inciso, la teoria proposta nell’annuncio fu confutata dal professore bassanese Giusto Bellavitis che si aggiudicò la somma in denaro): quel che colpisce della vicenda di questo benestante amante della geometria è la caparbietà con cui si adoperò per trovare una possibile risposta definitiva al proverbiale dilemma che, soprattutto negli ultimi anni, aveva originato un interesse quasi spasmodico nella comunità scientifica. E lo fece in maniera anche originale e coraggiosa, sfidando apertamente il mondo accademico e non sottraendosi in alcun modo alle critiche che ovviamente piovvero sul suo capo.
Il Nostro, del resto, aveva alle spalle solide esperienze formative che lo avevano reso un disincantato uomo di mondo: nato a Vicenza il 10 novembre 1783, aveva studiato con i padri Somaschi a Padova. Dopo la Restaurazione optò per un
volontario esilio lasciando momentaneamente la sua città e i suoi beni e stabilendosi a Parigi dove di lì a poco avrebbe ottenuto il titolo nobiliare in funzione dei suoi meriti professionali. Nel 1841 fu però costretto a rientrare in patria per porre rimedio alla scellerata gestione dei suoi numerosi possedimenti terrieri da parte del cognato, cui il Malacarne aveva incautamente delegato l’amministrazione. Il contemporaneo Giovanni Da Schio – che di pettegolezzi si intendeva – parlava del suo concittadino come di “uomo coltissimo, ma senza libri perché avaro, affettuosissimo ma senza amici, perché la sua troppa fidanza lo rese misantropo, riflessivo, ma senza religione perché educato nelle rivoluzioni del secolo scorso”, capace di vivere “una vita infelice, camminando le vie più solitarie della città”
Morì a ottant’anni, senza tuttavia mai perdere di vista il suo obiettivo; e anche in quello che fu il suo ultimo atto terreno dimostrò tutta la sua generosa praticità, lasciando la rendita delle sue sostanze al pio Ospizio de’ Proti-Vajenti affinché aumentasse il numero delle persone ivi assistite. Da allora l’istituto, che fece pure murare una lapide in suo onore, ne porta ancora oggi il nome.
Oreste Palmiero
• Chi è Oreste Palmiero
Oreste Palmiero è bibliotecario, archivista, musicista e storico della musica. Ha pubblicato diversi libri con l’Accademia Olimpica e lavora alla “Bertoliana”
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Il personaggio. Giambattista Malacarne nell’Ottocento stampò 15 opuscoli per risolvere il celebre problema geometrico
Un’immagine di Giambattista Malacarne, il frontespizio di un suo lavoro e una dimostrazione geometrica
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Quando mister Guidolin conquistò la “A”
Per i tifosi biancorossi c’è stato sempre grande feeling con la seconda squadra scaligera, i “butei” come erano chiamati dai cugini dell’Hellas, che realizzarono una meravigliosa favola. Partirono da un quartiere di Verona e arrivarono perfino alla Coppa dei Campioni. Tutto si concluse l’anno scorso, quando furono esclusi dal campionato, con il sospetto che furono un capro espiatorio per non toccare squadre (e interessi) ben maggiori
Chiamatela nostalgia (anche canaglia, se volete metterla in musica con le parole di Albano e Romina), però continua a fare uno spiacevole effetto – parlo a titolo personale, ma credo sia un sentimento discretamente condiviso – l’assenza del Chievo Verona dalle classifiche del calcio professionistico. Un’assenza che data dal 2021, l’anno dell’esclusione della società gialloblu dal grande circo del pallone per inadempienze tributarie. Un verdetto a suo modo clamoroso che il patron Luca Campedelli ha contestato a lungo, in tutti i vari gradi di giudizio possibili, ma sempre con lo stesso amarissimo epilogo. Nel sospetto – non solo del Chievo – che si sia voluto colpire un pesce piccolo, passando sopra alle malefatte di altre società più titolate e con enorme seguito di pubblico, giusto per dare un esempio. E allora fuori, con ignominia, per ripartire dal gradino più basso.
P eccato, già. Una fine ingloriosa per quella che era stata etichettata come la squadra simpatia per eccellenza, una meravigliosa favola che raccontava l’incredibile scalata di un gruppetto di tesserati di un quartiere di Verona, Chievo appunto, ai vertici del calcio, dai dilettanti alla serie A con frequentazioni addirittura in Europa, dalla Coppa Uefa fino alla Coppa dei Campioni. Da stropicciarsi gli occhi, appunto. È come se un’Altair, un Maddalene, un San Lazzaro Ronzani, un Laghetto, un Vil-
laggio del Sole o un Bertesina, giusto per citare una carrellata di rappresentanti del calcio cittadino, arrivasse a confrontarsi col professionismo. In questo, il club della Diga ha rappresentato davvero un unicum di cui potrà comunque e sempre andare fiero.
Dici Chievo e scopri una montagna di incroci col calcio di casa nostra. A partire dal duello al vertice della serie D col Bassano – stagione 1985-86 – risoltosi con lo spareggio di Brescia che avrebbe visto vincenti i giallorossi. Attenzione però al condizionale: perché poi saltò fuori l’illecito sportivo di cui fu protagonista Claudio Capuzzo, con conseguente approdo in C2 dei veronesi. Che da lì in avanti avrebbero bruciato le tappe, scoprendo la cadetteria con Alberto Malesani nel 1993-94, poi la massima serie con Luigi Del Neri a cavallo degli anni 2000 per una cavalcata fatta di 11 stagioni consecutive e col traguardo delle 500 partite di serie A celebrato il 6 gennaio 2016. In mezzo, pescando tra i dolci ricordi targati biancorosso, il sacco di Francesco Guidolin al Bentegodi che avrebbe spalancato al Vicenza di nuovo la serie A. Insomma, una serie di
piacevoli incroci che avrebbero coinvolto, come timonieri della truppa gialloblu, anche Mimmo Di Carlo e Rolando Maran, Beppe Iachini e prima ancora Gigi Del Neri, tutta gente che ha frequentato pure il “Menti”.
S quadra simpatia, si diceva. E per Vicenza sicuramente la simpatia era doppia, considerando il rapporto conflittuale tra la tifoseria nostrana e quella di un Verona che ha sempre guardato i “butei” del Chievo come parenti poveri, sbeffeggiati spesso e volentieri salvo poi mangiare montagne di bile scoprendo che i mussi volavano nel cielo di Verona e s’erano rovesciati i ruoli dei parenti poveri, con i campioni d’Italia di un tempo ad un soffio da un disastro di nome C2. Chiaro che il tifo del Vicenza viaggiasse allora in direzione obbligata, altrettanto chiaro che adesso la fine del Chievo faccia una profonda tristezza. Però le meravigliose pagine di quella straordinaria favola nessuno le potrà cancellare. E il Chievo, il mitico Ceo, la squadra della Diga, restano comunque un unicum nel panorama sportivo d’Italia. Da applausi. Alla faccia dei mussi.
• Chi è Andrea Libondi
Giornalista da lungo tempo e di riconosciuto valore, è un grande esperto di sport. È stato caporedattore de “Il Giornale di Vicenza”
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Andrea Libondi
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L’amarcord. Il sacco compiuto dal Lane nel 1995 a spese del Chievo, squadra di indubbia simpatia per i vicentini
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Così poesia e pittura parlano di libertà
Un poeta e un pittore mettono assieme suggestioni diverse per creare sfumature attorno a un tema fondamentale. Trenta più una specie che animano il cielo (c’è anche un pipistrello) servono ad alimentare l’immaginazione che si materializza nelle pagine
Quando pittura e scrittura si fondono e due artisti, un pittore e un poeta appunto, riescono a creare suggestioni nelle pagine di un libro, non può che prendere vita un “Piccolo volario illustrato”, un mondo in cui decine di specie di uccelli colorano e incantano con le parole di Graziani e il pennello di Mitrovich. Il “Piccolo volario” è un delizioso piccolo libro che mette assieme poesie e dipinti. Nelle sue pagine si alternano le immagini degli uccelli disegnati da Mitrovich, 60 anni (pittore celebre per i suoi cardellini, dipinti a centinaia, ma anche per altri animali) e i versi che la penna di Alberto Graziani, anche lui 60 anni, architetto, giornalista e umorista vicentino, fa sollevare nel volo dell’immaginario.
Alberto Graziani sognava da bambino di diventare professore di educazione fisica, invece la vita l’ha portato altrove. Spirito eclettico, lavora come giornalista di satira, scrive testi per la radio e la tv, libri narrativi, fumetti, poesia e oggi è un apprezzato vignettista. È nel lockdown duro, quando tutti sono confinati in casa, che le ore d’aria nel terrazzo sono l’unico rimedio per mitigare
l’angoscia e scoprire che la natura si riprende il territorio abbandonato dagli umani nella ritirata sanitaria. Ed è nel silenzio inaudito della città deserta che la natura ritorna in punta di piedi e che il canto degli uccelli, inedito e fragoroso, torna a farsi sentire. Colombacci e gazzelle, passeri che erano quasi spariti, merli e piccioni, nella loro ordinarietà, appaiono creature meravigliose. Quando compare una capinera, canta o sta parlando al poeta e dice cose che lui prova a scrivere, facendo uscire poesia dalla penna.
Enrico Mitrovich è membro dell’Officina Arte Contemporanea e si occupa di pittura e grafica. È l’amico della gioventù universitaria di Alberto, della vita fatta di biblioteca, osterie, compagnia e ideologie. L’amicizia dura tuttora. Completare l’album di poesie con gli uccelli e chiedere a Enrico se gli andava di illustrarlo è stato automatico, quasi come seguire un percorso già tracciato. I suoi uccelli sono magie pittoriche e intellettuali.
E allora volario non può che far rima con immaginario, legandosi a miti e leggende del regno della natura che appartengono al nostro mondo attraver-
so intuizioni. La suggestione di parole e immagini è un affascinante viaggio che i due autori ci fanno compiere nel mondo degli uccelli, raccontandoci e facendoci vagheggiare 31 specie di variopinti volatili, da quelli meno nobili a quelli più esotici.
Anzi, si tratta di 30 più uno, perché c’è un intruso, il pipistrello, che è un mammifero. Ma ci sta, forse è proprio l’animale volante che più di tutti occupa lo spazio della fantasia e del nostro inconscio. Certo la sua presenza è il motivo per il quale il libriccino è intitolato “volario” e non “aviario”, visto che di avis non si tratta, ma grazie alle ali non può che far parte della piccola raccolta.
Il pettirosso diventa un lampioncino rosso, l’airone ha l’aria un po’ mesta di un attaccapanni senza panni, il cardellino è Enrico.
Una voliera con dentro degli uccelli? No, un volario con fuori tutto il mondo, dove anche le parole si fanno colore e il mondo dei due artisti ricrea tutta la bellezza che si aggira nei cieli.
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Passo a due. Alberto Graziani ed Enrico Mitrovich firmano “Piccolo volario illustrato”, con protagonisti gli uccelli
Libri
Alessandra Ronchi
La copertina del libro e i due autori: da sinistra Alberto Graziani e Enrico Mitrovich
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territorio
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• Chi è Alessandra Ronchi
Docente di lettere all’istituto superiore “Da Schio”, ha molti interessi culturali: dal Fai al verde sino ai libri
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Invitiamo la premier alla mostra egizia
La grande rassegna su “I creatori dell’Egitto eterno” aprirà in Basilica il 22 dicembre.
Può essere l’occasione per farla incontrare con il direttore del museo di Torino dopo gli screzi del 2018. Da allora non si sono più incrociati.
La rassegna vicentina avrà esposte 100 opere, 20 delle quali arrivano dal Louvre
Vicenza dovrebbe invitare la premier Meloni all’inaugurazione della mostra sugli egizi in Basilica palladiana. Sarebbe l’occasione per un incontro con la città e anche con il curatore della mostra, Christian Greco, con il quale quattro anni fa c’era stato un duro confronto, anzi chiamiamolo con il suo nome, un vero scontro. Greco, a dire la verità, ha fatto gli auguri di buon lavoro alla premier con un messaggio del 27 settembre nel quale spiegava di “non essere preoccupato per i vecchi screzi. Piuttosto tutti gli italiani dovrebbero essere contenti di un premier uscito da un’elezione”.
A cosa si riferisce? Era il 9 febbraio 2018 e in quelle settimane il Museo Egizio di Torino aveva lanciato un’iniziativa promozionale per le coppie di lingua araba. Fratelli d’Italia non la prese bene e Giorgia Meloni organizzò con Fratelli d’Italia una manifestazione di protesta in piazza Carignano, accusando il museo egizio di discriminazione al contrario. Il direttore Christian Greco uscì dal museo e andò a spiegare alla Meloni la situazione: “State strumentalizzando il museo ai fini politici. L’Egizio è di tutti, cerco solo di avvicinare le persone alla cultura. Noi le agevolazioni le facciamo per tutti: manifesterete anche perché giovedì faremo entrare gli studenti a quattro euro?”.
Non la convinse e ognuno rimase sulle proprie posizioni. Anzi, qualcuno all’interno di
Fratelli d’Italia arrivò a proporre di licenziare Greco. Poi si accorse che il museo egizio è privato e che non riceve fondi dallo Stato, quindi la ritorsione non era praticabile. Ma, come accade spesso in Italia, spiegò che era stato male interpretato.
Da allora non risultano incontri tra Meloni e Greco neanche quando a settembre l’attuale premier tenne un comizio a Torino: “Spero presto di incontrarla”, ha scritto Greco in fondo al suo messaggio di auguri. Ecco, Vicenza potrebbe essere l’occasione buona.
Quella in Basilica è una mostra di alto livello, e si intitola “I creatori dell’Egitto eterno. Scribi, artigiani e operai al servizio del faraone”. È curata da Corinna Rossi, Cédric Gobeil, Paolo Marini, con il coordinamento di Christian Greco. Sarà allestita in Basilica dal 22 dicembre al
7 maggio e inserirà Vicenza nel novero delle grandi iniziative sull’antico Egitto di Londra, Parigi e Torino. Quest’anno, infatti, c’è una duplice ricorrenza: i 200 anni della traduzione dei geroglifici da parte di Champollion e i 100 anni della scoperta della tomba di Tutankhamon.
A Vicenza saranno esposte 100 opere, 20 delle quali arriveranno dal Louvre. L’allestimento è curato dallo studio dell’architetto Antonio Ravalli e racconterà 600 anni di storia della 18esima dinastia, che iniziò 1500 anni avanti Cristo a Tebe, oggi chiamata Luxor.
Sarà una mostra assai tecnologica, che punterà sul multimediale, sulla realtà virtuale e sul 3D. Racconta di artigiani, architetti (ma sarebbe meglio chiamarli capomastri) artisti e operai che lavoravano per il faraone alla realizzazione delle
tombe nella valle dei re.
I “creatori dell’Egitto eterno” abitavano nel villaggio di Dar el Medina, scoperto ai primi del Novecento da Ernesto Schiaparelli e la mostra racconterà perché questo villaggio è così importante, toccando la vita quotidiana e le tombe, i sarcofagi e le mummie, che saranno esposte in accordo alla nuova sensibilità che usa molta di-
screzione verso questi che non sono semplici oggetti ma – comunque – resti umani meritevoli di attenzione e rispetto.
La mostra sull’antico Egitto uscirà anche dalla Basilica per diffondersi in città. Saranno, infatti, collocate nelle strade del centro alcune repliche di statue egizie e al museo del gioiello saranno esposti antichi amuleti.
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L’iniziativa. Quattro anni fa il celebre scontro in piazza tra Meloni e Greco. Ora il direttore le ha augurato buon lavoro
Cultura
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La foto del vivace dialogo tra Meloni e Greco del 9 febbraio 2018 davanti al museo egizio. Un particolare di un mobile e un sarcofago che sarà esposto alla mostra in Basilica
www.ilvicenza.com 28 A Venezia è di scena il Natale 21 NOVEMBRE 2022 8 GENNAIO 2023 #NataleVenezia #lecittainfesta Scopri tutto il programma su: www.veneziaunica.it www.comune.venezia.it Alberi di Natale, scenografiche luminarie e installazioni arricchiscono le principali vie dello shopping del centro storico di Venezia, delle Isole e di Mestre, Campalto, Chirignago, Favaro, Gazzera, Marghera, Tessera, Trivignano, Zelarino... Mercatino natalizio a Mestre in Piazza Ferretto e vie limitrofe. Piste di pattinaggio su ghiaccio a Venezia (campo San Polo), Mestre (piazza Ferretto) e Marghera (piazza Mercato). Concerti, spettacoli, animazione itinerante, mostre, teatri. Raggiungi i tuoi potenziali clienti con noi. Carta, Web, Mobile, App. Dentro il territorio nel cuore della gente! Oltre 830.000 utenti/mese. Oltre 1.950.000 pagine visualizzate/mese.
#Regione
L’intervista. L’assessore regionale Federico Caner analizza il bilancio del 2022 e traccia la rotta per il futuro
In Veneto è di nuovo boom turistico
“Crescita notevole, flussi a livello 2019”
l 2022 è stato un anno molto buono. Un po’ alla volta stiamo recuperando le presenze e i dati del 2019, che continua a rimanere l’anno dei record. Ma se paragoniamo il 2022 al 2021, dove una ripresa turistica c’era già stata, la crescita è notevole”. È tempo di bilanci per il turismo in Veneto. L’assessore regionale al Turismo Federico Caner guarda alla stagione estiva appena conclusa e traccia la rotta per il futuro. Assessore, è soddisfatto?
“Se guardiamo agli ultimi mesi dell’estate, in particolare luglio e agosto, siamo sotto di circa un tre per cento delle presenze rispetto al 2019, che era l’anno pre-pandemico. Quindi direi che il 2022 è stato un anno molto performante, soprattutto nella stagione estiva. Ci mancano i dati di settembre e di ottobre che, grazie al bel tempo, sono stati sicuramente più importanti non solo rispetto al 2021 ma addirittura agli stessi mesi del 2019. Penso che chiuderemo l’anno a livelli quasi simili a quelli di quell’anno considerato storico per il turismo. Tutto dipenderà da come si presenterà la stagione invernale, in
particolare in montagna: non solo dovremo capire se avremo neve, ma cosa succederà con i costi energetici, che stanno mettendo in difficoltà sia gli imprenditori legati al mondo della ricettività sia in particolare gli impiantisti, compreso chi produce neve artificiale”. Nelle grandi città in questi ultimi mesi ci sono stati numeri importanti, che però portano con sé anche altrettanto grandi criticità in una città come Venezia. Come va affrontato il problema?
“Venezia è un caso emblematico e non solo per il Veneto, perché fa scuola a livello nazionale e internazionale sulla gestione dei flussi turistici. Non c’è solo Venezia a subire l’over tourism, ma anche Padova e in particolare Verona. Bisogna cercare di prevenire, già con i tour operator internazionali, il fatto di poter accedere alla città solo su prenotazione. Il problema diventa la gestione dei pendolari, cioè di chi arriva in città al mattino per uscirne la sera. Molti di questi arrivano da fuori regione. A livello regionale siamo favorevoli alla gestione dei flussi e anche alla chiusura
della città inserendo una tassa di accesso per i turisti, ma non lo siamo a far pagare una tassa specifica ai veneti. Più che turistico, è un aspetto identitario, storico e culturale, perché Venezia è il nostro capoluogo regionale e la sua accessibilità per un veneto deve avvenire sempre. Poi ci sono situazioni particolari, come il carnevale, in cui una chiusura della città anche ai veneti può essere necessaria a evitarne l’invasione e tutelarne la fragilità”.
Recentemente la Regione ha ampliato l’offerta del cosiddetto turismo emozionale, introducendo le stanze panoramiche in quota. Di cosa si tratta?
“Tutto nasce da prodotti turistici che esistono già in montagna. Abbiamo casi specifici di persone che hanno potuto avere stanze con una superfi-
cie vetrata molto allargata e che danno la possibilità di vivere un’esperienza unica, 365 giorni all’anno, sopra i 1.600 metri di quota. Per concedere agli imprenditori questa nuova soluzione l’abbiamo inserita nella legge turistica. Ovvio che deve avvenire in un processo amministrativo più ampio, con l’assenso del territorio, con attenzione ambientale e rispetto della sostenibilità, considerato che siamo in un sito Unesco. La nostra non è una deroga tout court: le stanze sono vicine ai rifugi esistenti. Abbiamo aperto una nuova possibilità ricettiva, che a livello mondiale esiste già”.
Ci sono già delle stime su come saranno, a livello turistico, i prossimi mesi?
“Abbiamo dato vita all’Osservatorio turistico federato, non
solo per raccogliere i dati ma per elaborare una previsione dei flussi. Posso già dire che abbiamo un tasso di occupazione per dicembre, a oggi, del 27 per cento come prenotazioni. Un dato che più elevato rispetto allo stesso periodo del 2019 e quindi la previsione è di un inverno buono, fatta salva la presenza o meno della neve”.
Qual è la ricetta vincente per un turismo di qualità, ma al contempo sostenibile e moderno?
“Il turismo è cambiato e ne va seguita la linea: un turismo green e slow. Penso ad esempio al cicloturismo, esploso in tutto il Veneto grazie alla pedalata assistita. Un turismo alto spendente, che garantisce un ritorno economico molto importante. Credo sia questa la direzione, perché non dobbiamo crescere in termini di numeri, ma dobbiamo aumentare la redditività abbassando le presenze, soprattutto nei siti più sensibili. Un prodotto turistico innovativo, con un’offerta integrata di servizi di qualità. Elevando l’offerta potremmo diventare molto più competitivi”.
Sara Salin
Il primo caso di “sbarco selettivo” a Catania è – grazie a Dio – naufragato miseramente. Lo stesso concetto è ripugnante, assieme a quello di “carico residuale” usato dal ministro degli Interni. Stiamo parlando di uomini: prima di tutto ci vuole dignità.
Il problema dei migranti non si risolverà finché l’accordo di Dublino del 2003, modificato ma non sostanzialmente nel 2013, non cambierà e imporrà una solidarietà europea di largo raggio. L’Italia non può essere lasciata sola, ma l’Italia non può lasciare le persone in mare. La vicenda che s’è consumata a Catania, risolta dai medici dell’Asl, dovrebbe insegnare al governo italiano che la politica del pugno duro non è efficace. Così anche il facile trionfalismo dimostrato da Roma
Il Punto
Migranti, la politica s’è rotta
di Antonio Di Lorenzo
è una strada sbagliata: la prova è nella crisi diplomatica che s’è aperta con la Francia e ha ribaltato un accordo che sembrava concluso. Dall’intesa alle polemiche con Francia ed Europa: il debutto del governo italiano in materia è stato dei peggiori.
Sul tema, vanno anche ricordati alcuni dati, come ha fatto Andrea Purgatori. Da quando il governo Meloni s’è insediato, sono arrivati in Italia 9000 migranti. Di questi solo 857
sono stati recuperati dalle navi delle Ong. È quindi totalmente falsa l’idea che siano le Ong ad attirare i migranti. Quelli non salvati dalle organizzazioni, sono stati bloccati o raccolti dalla finanza o dalla guardia costiera. Fermiamo anche loro?
Inoltre, l’agenzia europea del diritto di asilo, Easo, spiega che nel 2021 le richieste di protezione internazionale dei migranti hanno riguardato: la Germania con 191 mila, la Francia con
121 mila, la Spagna con 65 mila, l’Italia con 53 mila. È falso, dunque, che noi siamo il Paese che riceve un danno maggiore dall’immigrazione.
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Regione
Natale nell’URBS PICTA
I
l 25 di novembre si accenderanno le prime luci di Natale. Ma è il 3 di dicembre che il Natale inizierà ufficialmente in città con l’accensione del grande albero posizionato davanti a Palazzo Moroni.
L’atmosfera e la magia della festa più attesa dell’anno sono pronte ad invadere Padova. Sono iniziati da Prato della Valle e Palazzo Moroni i preparativi per abbellire i monumenti e i luoghi storici della città. Sarà un Natale diverso dagli scorsi anni con un’attenzione rivolta al risparmio energetico, senza però rinunciare a far vivere l’atmosfera natalizia.
Il primo appuntamento, venerdì 25 novembre, è con la tradizionale accensione delle luminarie. Un segnale di attenzione al risparmio energetico viene dalla decisione del Comune di adottare per tutte le luci la tecnologia LED a basso impatto. Inoltre, le luminarie saranno spente anticipatamente, due ore in meno rispetto agli anni precedenti.
Confermate le luminarie installate direttamente dai commercianti e il videomapping sui palazzi monumentali del centro storico, ad eccezione del Battistero del Duomo e in Piazza Eremitani.
Natale per i più piccoli
Il Natale a Padova sarà caratterizzato anche da mostre per famiglie con un’attenzione all’aspetto didattico mescolato a quello ludico. Nel centenario della più interessante scoperta della storia dell’archeologia dal 1 2 novembre, per la prima volta la cattedrale dell’Ex Macello di via Cornaro sarà teatro della mostra Tutankhamon – La tomba, il tesoro, la maledizione. Grazie alle 120 riproduzioni dei reperti più importanti trovati nella tomba di Tutankhamon, all’uso di elaborate scenografie ed all’applicazione della realtà virtuale, il visitatore è catapultato nell’ambiente ricostruito della tomba del faraone, come la vide l’archeologo Howard Carter nel 1922. Lo spettatore può vivere un’esperienza immersiva attraversando il reparto dedicato alla mummificazione, dove è possibile osservare e comprendere le varie fasi dell’imbalsamazione, ed ascoltare il racconto della scoperta della tomba dalla voce di Carter stesso, interpretato da Bruno Santini. Sempre di esperienza immersiva è Sidera Aurea, il progetto artistico di valorizzazione di Palazzo della Ragione, uno dei luoghi-simbolo della città inserito nella Lista del Patrimonio mondiale Une-
sco. L’Umanesimo digitale come sfida della tecnologia per raccontare la parabola che la sala picta ha vissuto attraverso i secoli, dalla fondazione dell’edificio fino al terribile incendio che distrusse il ciclo pittorico di Giotto avvenuto nel 1 420. Ogni sera fino al 18 dicembre andrà in scena un vide omapping immersivo che si sviluppa attorno all’elemento architettonico e pittorico del Salone, in una proiezione su due livelli tra soffitto e superfici affrescate. L’installazione offre la sensazione di immergersi in un sistema fisico e astronomico, come all’interno di una gigantesca macchina del tempo, in un viaggio fra il presente e un magnifico passato. Ritrovamenti antichi e realtà virtuale sono gli ingredienti della proposta che da giovedì 8 dicembre ospita il Padiglione 1 fiera di Padova. Lost Hangar, dinosauri rivelati è la mostra pensata per famiglie e ragazzi di tutte le età, per approfondire in modo inedito la particolarità biologica ed evolutiva dei dinosauri. Un’inedita collezione di fossili originali di dinosauri riuniti insieme per la prima volta affiancherà ricostruzioni animate in scala reale. Ampio spazio verrà dedicato anche alle esperienze immersive e interattive che farà rivivere l’epoca giurassica.
gresso ai luoghi del sito seriale “I cicli affrescati del XIV secolo di Padova” Patrimonio Mondiale. La card è disponibile in formato fisico che digitale, ovvero scaricabile su smartphone e garantirà un ingresso in: Cappella degli Scrovegni, Palazzo della Ragione, Oratorio San Michele, Chiesa dei SS. Filippo e Giacomo agli Eremitani, Oratorio San Giorgio, Basilica del Santo, Cappella della Reggia Carrarese e Battistero della Cattedrale. Il Biglietto Unico è disponibile anche nella versione senza Cappella degli Scrovegni. Per i turisti il Biglietto
Unico ha una validità di 48 ore o 72 ore, in vendita rispettivamente a 28 e 35 euro e include nel prezzo l’utilizzo dei mezzi pubblici. Mentre per i residenti della Provincia di Padova, gli studenti dell’Università di Padova ed i lavoratori in enti e società comprese nel territorio della Provincia di Padova è invece disponibile un Biglietto Unico / Urbs Picta Card con validità di 6 mesi (costo 25 euro).
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Sara Busato
Tanti eventi a Padova. Il 3 dicembre via ufficiale con l’illuminazione dell’albero
“Volti & Storie”, quaranta protagonisti si raccontano nel libro di Domenico Basso
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irme del giornalismo e della cultura, celebrità del mondo del cinema, dello spettacolo e dello sport. Quaranta volti e altrettante storie di protagonisti italiani. Vita, aneddoti e curiosità di donne e uomini vincenti. “Volti & Storie”, edito da Edizioni Antiga, è un viaggio che Domenico Basso ha compiuto nella sua attività di giornalista, sia televisivo che della carta stampata, alla ricerca di storie e di vite vissute intensamente convinto che dietro ad ogni volto ci sia una bella storia da raccontare e spesso da prendere come esempio. Tanti i nomi illustri inseriti in questa galleria di personaggi. Ci sono direttori di giornale come Luciano Fontana, Vittorio Feltri e Alessandro Sallusti. Volti noti della tivù come Bruno Pizzul e Marino Bartoletti ma ci sono anche esponenti del mondo politico come Carlo Nordio, Luca Zaia e Luigi Brugnaro. E ancora protagonisti del cinema e della televisione come Fabio Testi, Debora Caprioglio e Francesca Cavallin.
Raccontano le loro storie anche celebri cantanti come Donatella Rettore, Red Canzian, Jalisse, Mal, Bobby Solo, Sabrina Salerno. Ma anche Arrigo Cipriani, Don Antonio Mazzi, Sammy Basso, Andrea Stella e il fotografo Oliviero Toscani si sono svelati davanti alla penna o al microfono di Domenico Basso. Non potevano mancare in questo viaggio in cerca di storie anche gli scrittori Fabrizio Caramagna, Stefano Zecchi e Irene Cao.
Spazio naturalmente anche ai
protagonisti dello sport. E anche qui sono molti i nomi eccellenti: Andrea Lucchetta, Sara Simeoni, Gabriella Dorio, Manuela Levorato, Kristian Ghedina, Adriano Panatta, Renzo Furlan, Francesco Guidolin, Gianfranco Zigoni, Giancarlo Pasinato, Ivano Bordon, Claudio Pasqualin e l’arbitro internazionale di calcio Daniele Orsato. Ma non poteva mancare in questa raccolta il racconto-incontro con Paolo Rossi, poco prima della sua scomparsa a cui si è aggiunto anche quello con
la moglie, Federica Cappelletti, pochi mesi dopo che lo stadio Menti diede l’ultimo saluto al suo Campione. E a proposito di Paolo Rossi, nell’introduzione a “Volti & Storie” l’autore scrive: “Mi sarebbe piaciuto consegnargli una copia di questo libro con una dedica semplice, un po’ come lo era lui: A Paolo, Campione gentile”.
Il debutto del libro è stato a Treviso, nella sede di rappresentanza di Assindustria Veneto Centro. Oltre all’autore sono intervenuti il neo ministro della
Giustizia Carlo Nordio, alla sua prima uscita pubblica dopo la nomina al governo, il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro e il sindaco di Treviso Mario Conte.
Nel corso del dibattito si è parlato di efficientamento dei tempi della giustizia in Italia. Carlo Nordio: “Spero di fare un buon lavoro in questo mio incarico. Se un imprenditore vuole aprire un’attività in Italia è soggetto a leggi complesse e contradditorie. Serve semplificare le procedure e individuare le compentenze, oltre a sfoltire il numero di leggi esistenti. Cambiare la giustizia può avere effetto anche sull’economia, evitando la perdita del PIL oggi esistente dovuta all’inefficienza della nostra giustizia. Potremmo recuperarne il 2% circa in questo modo”. “Nordio è capace e competente, è stato un grande procuratore a Venezia, una delle anime più forti nei periodi bui, persona con la schiena dritta, lo ricordiamo con stima” ha sostenuto Luigi Brugnaro nel suo intervento.
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La pubblicazione. Prima uscita pubblica per il neo ministro della Giustizia Carlo Nordio
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Domenico Basso e Carlo Nordio Da sinistra: Mario Conte, Carlo Nordio, Luigi Brugnaro, Elena Donazzan e Domenico Basso
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Valore delle relazioni e impegno sociale
Favorire un modello di sviluppo fondato su processi solidali e relazioni all’interno delle comunità, sperimentando soluzioni innovative per far crescere e rinnovare il tessuto industriale ma anche per generare impatti sociali e ambientali positivi: su questa direttrice si muove la strategia di responsabilità sociale d’impresa di Aspiag Service che ha scritto nel proprio DNA la volontà di essere parte attiva nel sostegno ai territori e alle comunità che la ospitano. Questa scelta si concretizza in moltissime iniziative a sfondo sociale che il marchio Despar promuove per restituire alla collettività parte di quanto ricevuto.
La lotta allo spreco alimentare, che vede Despar in prima linea da ormai vent’anni insieme a Fondazione Banco Alimentare e Last Minute Market, ne è un esempio. Un impegno che ha permesso di creare una solida rete con oltre 200 associazioni e strutture caritative a cui vengono donati i prodotti alimentari in eccedenza, evitando gli sprechi alimentari, un impatto ambientale negativo e aiutando le persone più bisognose nelle comunità. Nel solo 2021 sono state 1.400 le tonnellate di prodotti alimentari raccolte che hanno permesso di preparare oltre 3 milioni di pasti destinati alle persone più in difficoltà. La quantità totale di merce recuperata ha inoltre consentito di non sprecare più di 4.800 tonnella-
te di CO2 emessa per produrre gli alimenti recuperati. A questo impegno si affianca l’adesione di Aspiag Service alla Giornata nazionale della Colletta Alimentare promossa da Banco Alimentare, alla quale l’azienda partecipa da oltre 14 anni.
L’impegno verso le comunità si concretizza anche in attività di charity in tutte le regioni in cui Aspiag Service è presente: nel 2021 sono stati destinati quasi 1,3 milioni di euro a supporto di raccolte fondi, donazioni, sponsorizzazioni sportive e culturali.
Tra le iniziative più significative troviamo ad esempio “Il mondo ha bisogno delle donne”, l’attività di charity che da otto anni consente di supportare progetti e associazioni che si occupano di diritti e benessere delle donne,
oltre che di lotta alla violenza di genere.
Nel 2022, in Veneto, il ricavato dell’iniziativa è stato devoluto all’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, centro di eccellenza internazionale per la ricerca e la cura dell’endometriosi, a conclusione dell’attività di sensibilizzazione e prevenzione svolta da Despar negli istituti superiori del Veneto.
Essere al fianco del territorio per l’Abete si concretizza anche in attività solidali a supporto di realtà locali come dimostrano, in Veneto, le donazioni di alimenti alle Cucine Popolari di Padova dove, grazie alla collaborazione con l’associazione #Padovanonsiferma, sono stati preparati oltre 300 pasti di Pasqua per le persone in difficoltà, e ancora le
sponsorizzazioni di iniziative e attività che caratterizzano il territorio, creando un rapporto di collaborazione con realtà sportive, culturali e sociali di vario genere. Un progetto particolarmente significativo è, infine, la collaborazione con le sette Questure del Veneto per sostenere alcune campagne informative e di sensibilizzazione su temi di grandi attualità come la violenza di genere, il bullismo e le truffe: i punti vendita del marchio dell’abete sono diventati così degli amplificatori sui territori dei contenuti di queste campagne, confermando la volontà di Aspiag Service di essere un soggetto che concretamente si impegna per promuovere progetti di coesione sociale al fianco delle persone e delle istituzioni locali.
Despar: un legame sempre più forte con i territori
Per Aspiag Service essere un’azienda socialmente responsabile significa anche promuovere progetti sociali volti a favorire stili di vita e abitudini alimentari salutari fin dai più piccoli, per un futuro migliore e più sostenibile. Per questo fin dal 2006 Aspiag Service promuove “Le Buone Abitudini”, un programma di educazione alimentare gratuito che la concessionaria del marchio Despar offre gratuitamente nelle scuole primarie aderenti al progetto in Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige ed Emilia-Romagna.
Il progetto nasce dalla consapevolezza che aziende, scuole, insegnanti e famiglie possono lavorare insieme per portare un progressivo ma profondo cambiamento di abitudini per un reale miglioramento della qualità della vita. Obiettivo de “Le Buone Abitudini” è
quello di diffondere le conoscenze per una sana alimentazione attraverso incontri di formazione, confronto con gli esperti e programmi specifici per le diverse fasce d’età degli alunni. Nel percorso didattico i protagonisti attivi diventano i bambini, che approfondiscono e mettono in pratica, a scuola e a casa, ciò che imparano ogni giorno attraverso attività esperienziali e semplici gesti verso una corretta alimentazione. “Le Buone Abitudini” crea, così, un ponte tra scuola e famiglia, al fine di accompagnare i bambini alla conquista di un atteggiamento sempre più consapevole per una vita più sana. Dalla sua nascita il progetto ha coinvolto oltre 120.000 alunni di 4.850 classi appartenenti a 330 istituti scolastici presenti in più di 127 comuni delle regioni in cui l’iniziativa è attiva.
“Da un’armoniosa collaborazione tutti traggono vantaggio in ugual misura”: tradotto dall’olandese è questo il significato dell’acronimo Despar. Un’espressione che sintetizza appieno l’impegno di Aspiag Service di essere un’azienda socialmente responsabile e attenta ai bisogni delle persone e delle comunità in cui si inserisce. Proprio come un abete, che rappresenta il marchio Despar, anche la nostra azienda ha radici ben piantate per terra, una solidità che, da oltre sessant’anni, significa rapporto con il territorio e impegno per restituire alla comunità parte di quanto riceviamo ogni giorno dai clienti che ci scelgono. Per Aspiag Service infatti essere un punto di riferimento nel mercato della GDO significa garantire, da un lato, la solidità e la crescita dell’azienda e, dall’altro, fare business in modo sostenibile puntando sui valori di competenza, prossimità, inclusione e partecipazione che abbiamo scelto come punti cardine della nostra azione. Per questo abbiamo voluto dare vita a un vero e proprio Manifesto di Sostenibilità con dieci punti che tutti i collaboratori di Aspiag Service, dai vertici ai collaboratori, si impegnano ogni giorno a seguire e che guidano la nostra strategia di sviluppo: dalla cura del Pianeta alla lotta allo spreco alimentare, passando per la qualità del prodotto, il dare valore alla collettività, la promozione della salute e del benessere, la trasparenza, la fiducia nella filiera e nell’imprenditoria locale, gli investimenti nel territorio. “Come un abete” è allora il titolo che abbiamo scelto per il nostro Manifesto di Sostenibilità per condividere con i nostri stakeholder le dieci promesse su cui si fonda il nostro impegno e la volontà di mettere radici nei territori in cui siamo presenti, portare valore alla collettività e contribuire a costruire un futuro più giusto, inclusivo e sostenibile.
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Regione
Comunità. Persone e sostegno al territorio al centro della strategia di Aspiag Service
di Giovanni Taliana Direttore Regionale Aspiag Service per il Veneto
IL PUNTO
Despar per le donne
“Le Buone Abitudini”: un progetto sociale per diffondere la cultura della salute e della sana alimentazione
quando, dove e perché farlo, chi ne ha diritto gratis
Épartita a ottobre la campagna vaccinale antinfluenzale 2022-2023. Sono 900mila le dosi di vaccino, che la Regione ha messo a disposizione, in distribuzione presso ambulatori vaccinali delle Ullss, Medici di Medicina Generale, Pediatri di Libera Scelta e in alcune Farmacie aderenti. Sono anche disponibile seimila dosi (aumentabili) di vaccino in spray nasale per i bambini da 2 a 6 anni. L’assessore del Veneto alla Sanità, Manuela Lanzarin, comunica le modalità della campagna stagionale, ribadendo come la vaccinazione non sia obbligatoria ma fortemente raccomandata.
Ma cos’è l’influenza? Si tratta, di fatto, di una malattia respiratoria acuta, provocata dalla famiglia dei virus influenzali del genere Orthomyxovirus. L’influenza non dev’essere confusa con il comune raffreddore o con altre sindromi simili che compaiono durante il periodo invernale ma che sono causate da virus diversi. In Italia, come nel resto d’Europa, l’influenza si presenta con epidemie annuali durante la stagione invernale.
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NOVEMBRE 2022 Vaccinazione antinfluenzale, al via la campagna 2022-23
Prosegue alla pag. seguente Vaccino antinfluenzale: Vuoi mettere in evidenza il tuo Studio o la tua Attività Sanitaria? Fallo con ilVicenza Salute Contattaci su commerciale@givemotions.it una Rubrica autorevole di Educazione Sanitaria Salute
Salute
Tumore alla prostata: al via la campagna LILTforMEN2022 Vaccino antinfluenzale
I SINTOMI - L’influenza si manifesta con febbre, brivido, tosse, mal di gola, cefalea, dolori muscolari, astenia, naso chiuso e/o naso che cola. Alcune persone possono manifestare anche vomito e diarrea, sebbene questi sintomi si verifichino con maggiore frequenza nei bambini rispetto agli adulti. Il virus influenzale può indebolire temporaneamente il sistema immunitario, anche in soggetti giovani e sani, e può favorire la comparsa, insieme all’influenza, anche di infezioni batteriche contemporanee come bronchiti, otiti, polmoniti e sinusiti. L’influenza, in chi soffre già di malattie croniche, può causare un loro peggioramento o causare complicanze, anche infarti e ictus.
COME SI TRASMETTE - Il virus influenzale si trasmette prevalentemente per via aerea. Le persone con il virus influenzale possono essere contagiose da un giorno prima dello sviluppo dei sintomi fino a 7 giorni dopo. La trasmissione del virus può avvenire attraverso le goccioline prodotte dagli starnuti, dai colpi di tosse o quando si parla a meno di due metri da una persona. É importante una corretta igiene delle mani per evitare di infettarsi toccandosi occhi, naso e bocca.
PERCHÉ VACCINARSI - Il vaccino serve ad evitare di contrarre l’influenza e, nel caso di contagio, ad essere più protetti e quindi evitare di sviluppare forme più gravi che possono anche portare al ricovero. Il vaccino non serve a prevenire il raffreddore comune o altre infezioni stagionali causate da altri virus. Vaccinarsi aiuta a proteggere anche le persone fragili con cui si entra a contatto.
Prevenzione per sconfiggere il cancro, se il mese di ottobre è dedicato alle donne a novembre l’impegno della Lilt, Lega Italiana Lotta ai Tumori, si incentra sulla campagna di sensibilizzazione rivolta agli uomini. A Padova, grazie alla collaborazione con la Provincia, la Camera di Commercio, l’Università, l’Ulss 6 Euganea e Movember Team ENAV, prendono il via una serie di iniziative che hanno l’obiettivo di promuovere l’importanza delle visite urologiche per la prevenzione dei tumori maschili.
Fino al 30 novembre sono in programma 4 giornate di visite urologiche gratuite presso gli Spazi Prevenzione Lilt, dalle 9 alle 18, nel quartiere Arcella-Albignasego.
Tra le altre iniziative di sensibilizzazione, dopo la “mattinata con i baffi”, all’insegna dello sport, realizzata in collaborazione col Comune di Montegrotto lo scorso 6 novembre, il 19 a Mestrino è in programma dalle 9 alle 17, “Padellia-mo”, la terza edizione del torneo dello sport del momento.
Infine, il 26 novembre, “riPARTYaMO”, appuntamento al Caffè Pedrocchi di Padova alle 18.30.
In aggiunta dal 21 al 25 novembre prossimo, l’Urologia
dell’Azienda Ospedale-Università di Padova, offre degli ambulatori gratuiti di prevenzione urologica.
Il check-up urologico verrà effettuato presso le sedi del Monoblocco, in via Giustiniani 2, e l’Ospedale S. Antonio, in via Facciolati 71, lunedì 21, mercoledì 23, giovedì 24 e venerdì 25, dalle 15 alle 18.
Per prenotarsi o avere ulteriori informazioni basterà scrivere una mail a uropd.movember22@gmail.com
“Grazie alle visite gratuite – commenta il dr. Antonino Calabrò, primario di Urologia dell’Ospedale Madre Teresa di Calcutta di Schiavonia e responsabile del servizio di Urologia della Lilt di Padova - abbiamo potuto individuare tempestivamente 10 neoplasie, di cui 7 alla prostata, 1 al rene e 2 alla vescica, oltre ad altre patologie che avrebbero sicuramente compromesso sia la qualità della vita che la funzionalità renale dei pazienti. Invece, possiamo dire di aver permesso a 10 persone di vivere! Non ultimo in alcuni adolescenti è stato possibile riscontrare un varicocele che qualora non trattato avrebbe portato alla sterilità. Questi dati ci confermano l’importanza di proseguire le attività di prevenzione ed allargarle anche ai giovanissimi”.
Vaccinarsi riduce, inoltre, l’utilizzo inappropriato di antibiotici, soprattutto tra bambini, soggetti a rischio, e anziani (si stima una riduzione nel consumo del 6,5% per ogni 10 punti di aumento nelle coperture vaccinali). L’uso improprio di antibiotici può comportare lo sviluppo di batteri resistenti e quindi potenzialmente più pericolosi. La vaccinazione del personale che lavora all’interno delle strutture sanitarie aiuta, peraltro, a mantenere questi luoghi più sicuri. La vaccinazione, inoltre, diminuendo il rischio di gravi complicanze, contribuisce a evitare l’occupazione di almeno 200 posti letto di terapia intensiva solo nella nostra Regione. C’è inoltre da aggiungere l’azione di prevenzione che, con l’andamento epidemiologico dei casi di Covid-19, anche quest’anno risulta ancora più importante. Il vaccino antinfluenzale infatti è un efficace strumento di prevenzione e protezione dai virus responsabili dell’influenza stagionale e dei sintomi correlati. La vaccinazione antinfluenzale, inoltre, può essere somministrata in sicurezza assieme alla vaccinazione anti Covid.
IL VACCINO È GRATUITO PER ALCUNE CATEGORIE DI PERSONE
Coloro che sono ad alto rischio di complicanze o ricoveri correlati all’influenza; soggetti di età pari o superiore a 60 anni; soggetti addetti a servizi pubblici di primario interesse collettivo e categorie di lavoratori; personale che, per motivi di lavoro, è a contatto con animali che potrebbero costituire fonte di infezione da virus influenzali non umani; i donatori di sangue; i bambini sani nella fascia di età compresa tra i 6 mesi - 6 anni (per i bambini è disponibile il vaccino in spray); le donne in gravidanza.
DOVE CI SI PUÒ VACCINARE - La vaccinazione è disponibile dal proprio medico di medicina generale, dal pediatra di libera scelta e presso gli ambulatori dei Servizi Vaccinali delle Ulss. Per i soggetti maggiorenni che hanno già ricevuto il vaccino negli anni precedenti e che non hanno fattori di rischio allergico è possibile anche richiedere la vaccinazione presso alcune Farmacie aderenti alla Campagna Vaccinale.
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Fino al 30 novembre in programma visite urologiche gratuite e una serie di eventi per sensibilizzare alla prevenzione
In foto: La presentazione del programma Liltformen 2022
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Time is brain. I chiarimenti del dottor Caneva e del dottor Bozzoli dell’ospedale di Cittadella
“Ictus, l’importanza di intervenire tempestivamente”
Riconoscere i sintomi e attivare i soccorsi attraverso la chiamata al 118 permette di effettuare con efficacia il trattamento trombolitico che consente di risolvere l’evento ed evitare un eventuale deficit neurologico
Ictus, l’importante è intervenire in modo tempestivo alla comparsa dei sintomi che lo annunciano per attivare in modo veloce i soccorsi attraverso la chiamata al 118.
Per l’ictus, infatti, dicono gli addetti ai lavori, “time is brain”, perché più si aspetta ad intervenire più aumenta il rischio di perdita di cellule cerebrali con conseguenti danni gravi.
É dunque fondamentale conoscere e saper riconoscere quali sono i sintomi che preannunciano l’ictus.
Si fa, di solito, riferimento ad una scala di valutazione medica, nota come “Cincinnati Prehospital Stroke Scale (CPSS)”, che richiama l’attenzione su tre aspetti: il linguaggio, gli arti e la mimica facciale.
In primo luogo, dunque, potrebbe essere un segnale di allarme la difficoltà a parlare, ovvero il modo in cui si riesce a muovere le braccia - un arto che cade o che si muove in modo diversoe infine i movimenti del viso, in caso di ictus un lato si muove in modo diverso dall’altro. Cosa fare se si notano questi tre segnali? É importante la tempestività con cui si agisce per essere efficaci. Se si notano perciò queste anomalie è fondamentale ridurre i tempi della presa in carico da parte dei sanitari
e attivare l’ambulanza - attraverso il 118 - per permettere di condurre così tempestivamente il paziente in Pronto Soccorso. L’ictus ischemico - si spiega nella scheda della pagina facebook dell’Ulss 6 Euganea - è infatti una patologia tempo-dipendente: più si è veloci nell’affrontarlo, migliori sono i risultati clinici che si otterranno. “Attualmente è possibile curare il paziente colpito da l’ictus cerebrale ischemico, cioè quando non arriva sangue nel cervello, e, anzi, anche guarirlo” spiega il dottor Giorgio Caneva, Direttore Uoc Neurologia dell’Ospedale di Cittadella dell’Ulss 6 Euganea. “Esiste - prosegue - un trattamento specifico, con un farmaco che viene chiamato trombolitico, il quale scioglie letteralmente il trombo che causa l’ictus. Il grosso problema è che, per riuscire a fare questo trattamento e quindi a risparmiare cellule cerebrali dall’insulto, bisogna arrivare al più presto in Pronto Soccorso. È meglio arrivare in ambulanza per permettere ai sanitari di attivare tutto il sistema che intervenga rapidamente nell’eseguire il trattamento giusto, nei tempi ristretti”.
“Il trattamento con trombolitico - conclude - è tempo dipendente, cioè gli
esiti dipendono dalla tempestività con cui viene effettuato. Addirittura, se si superano le 4 ore e mezza dall’evento non è più possibile eseguire il trattamento. Perciò, se si hanno sintomi tipici dell’ictus, debolezza di un arto – non riuscire a muovere un braccio – difficoltà con il linguaggio oppure la bocca storta, bisogna al più presto attivare il 118 per arrivare in ospedale e riuscire ad avere il giusto trattamento e, magari, risolvere in pochi giorni l’evento per ritornare a casa senza nessun deficit neurologico”.
“L’intervento è tempo-dipendente - insiste il dottor Claudio Bozzoli, direttore Uoc Pronto Soccorso dell’Ospedale di Cittadella - quindi significa che prima noi arriviamo a fare il trattamento trombolitico prima riusciamo a risparmiare le cellule cerebrali, e migliore sarà la prognosi del paziente. Quindi l’intervento dell’ambulanza e la richiesta dell’ambulanza, quando ci sono quei sintomi sospetti, dev’essere fatta il prima possibile, anche perché durante il trasporto noi cerchiamo di abbreviare i tempi al trattamento, attivando già tutta la catena della rete ictus, il neurologo in sala del Pronto Soccorso, il Pronto Soccorso stesso e il radiologo”.
L’iniziativa regionale rivolta agli studenti. Un km al giorno verso il benessere
Basterebbe percorrere 1 km al giorno per fare molta più strada di quanto si pensi, in direzione della salute e del benessere, in particolare dei più giovani.
È questa la filosofia dell’iniziativa regionale “1 km al giorno educational” che ha l’obiettivo di promuovere stili di vita attivi, ed è a cura della Direzione Prevenzione, Sicurezza Alimentare, Veterinaria della Regione del Veneto, in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto.
Gli interlocutori sono i ragazzi in età scolare, nello specifico nella fascia d’età compresa tra gli 11 e i 19 anni, ed è aperta a tutte le classi delle Scuole Secondarie di I e II grado del Veneto.
Gli obiettivi sono dunque quattro: favorire il movimento degli studenti a scuola, ridurre la sedentarietà nei ragazzi, stimolare l’apprendimento e la salute, migliorare il clima e le motivazioni della classe.
Ma come funziona? Le classi partecipanti si impegnano a camminare per almeno 1 km al giorno, per più
giorni possibili, in un periodo che, a partire dal 1 novembre, va fino al 30 aprile dell’anno scolastico. Ogni alunno può decidere di coinvolgere anche dei “simpatizzanti” (familiari, amici, professori ecc.), che si impegnino a mantenersi a loro volta attivi. I ragazzi possono realizzare, inoltre, degli elaborati (disegni, cartelloni, video, poesie, slogan ecc.), frutto della riflessione fatta a scuola
mo 31 maggio, in coincidenza con la Giornata Mondiale Senza Tabacco e con la conclusione di un’altra iniziativa rivolta alle scuole, “Smoke Free Class Competition”.
Sarà premiato, col primo premio regionale, ciascun alunno della classe estratta come vincitrice; è previsto inoltre un “Premio regionale simpatizzante”, estratto a sorte tra tutti coloro che si sono iscritti all’iniziativa.
Un riconoscimento andrà anche a chi ha percorso più chilometri, un altro all’Istituto con più classi iscritte. E comunque tutti gli studenti che si sono impegnati a rimanere attivi per tutta la durata dell’iniziativa riceveranno un riconoscimento.
Fumo, le credenze da sfatare
Il fumo fa male.
È una verità che diamo per assodata, eppure esistono ancora alcune credenze che generano dubbi, soprattutto nei più giovani.
Sfatiamo alcune credenze sul fumo, è il tema dell’infografica realizzata dall’ Ulss 2 Marca Trevigiana, relativamente alla campagna di sensibilizzazione sui corretti stili di vita.
Sigarette leggere, sigaro e pipa, fanno male?
Quante sigarette posso fumare al giorno perché non facciano male?
È un’altra domanda frequente la cui risposta può aiutare a chiarire che non esiste una soglia al sotto della quale il fumo non produce danni alla salute.
È vero che il fumo passivo è meno dannoso?
con il proprio insegnante sui benefici dell’esercizio fisico e sull’importanza di mantenersi attivi. Al termine dell’iniziativa, le classi che risultano aver inviato almeno un elaborato e avere praticato il km costantemente per tutta la durata del concorso, anche se non ogni giorno, partecipano all’estrazione delle classi vincitrici.
La premiazione si terrà il prossi-
Il giorno della premiazione, inoltre, il messaggio dell’iniziativa uscirà dal mondo scolastico per estendersi a tutta la popolazione con l’evento “1 km al giorno nel tuo comune”.
Saranno gli insegnanti ad iscrivere le proprie classi, contattando il referente dell’Azienda Ulss di appartenenza. Le iscrizioni sono aperte fino al 15 dicembre prossimo.
Questo è il primo punto su cui riflettere. Il termine “leggero” applicato al fumo in realtà è fuorviante. I danni che le sigarette “light” possono causare sono tutt’altro che leggeri e non sono diversi da quelli delle altre sigarette.
È l’ultima delle credenze da sfatare. In effetti è stata da tempo dimostrata la correlazione tra fumo passivo e rischio di gravi malattie, come cancro, infarto e asma.
Ecco perché non dobbiamo dare nulla per scontato e ribadire che le sigarette sono dannose per la salute.
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vede infatti l’obbligo di accredita mento per i laboratori che eseguo no controlli sulle acque potabili e definisce inoltre specifiche carat teristiche di prestazione che il me todo di analisi applicato deve sod disfare.
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Gran cucina di mare e vita di solidarietà Enogastronomia
A Longa di Schiavon c’è il ristorante “La Veneziana” (più brasserie e albergo) che prepara un pesce di alto livello. Ma a contorno dei piatti sono serviti anche valori di vita: da quelli di Carlo Petrini a quelli sostenuti dall’associazione “Women for freedom” che ha sede a Bassano
Ha due parole d’ordine: “essenza” e “sostenibilità”. Per spiegare la prima basta assaggiare il pesce crudo con l’olio di Marostica che la sua famiglia produce. Perché i Parise, anche se hanno il locale a Longa di Schiavon (un ristorante, un’ottima brasserie e l’hotel: l’azienda ha 70 dipendenti), provengono da Marostica e hanno mantenuto saldi rapporti con la loro città.
Per comprendere la seconda parola d’ordine, Davide Parise sottolinea che nel menu non troverete pesci in via di estinzione, o frutto di pratiche di pesca non sostenibili. Tutto il pescato è di stagione, quindi secondo la filosofia di “Slow Fish” e il motto di Carlo Petrini: “Buono, pulito e giusto”. Così “La veneziana” è assai più di un ristorante di pesce. Perché a contorno del piatto sono servite motivazioni etiche, e proprio quelle fanno la differenza tra una cucina di valore (e di valori) e una pietanza qualsiasi.
La storia del locale arriva da lontano, da quando in bicicletta si andava a prendere il pesce che arrivava – appunto – da Venezia alla stazione dei treni di Bassano. Il moderno ristorante nasce con Luigi Parise, papà di Davide, nel 1979. È ancora lui che ogni giorno si reca ai mercati del pesce veneziani per acquistare le
migliori qualità. Davide e la sua brigata pensano al resto. Che non è poco, se ci mettete anche la cantina con 300 etichette di cui è responsabile Simone Buffi, 44 anni, sommelier di capacità e simpatia.
Il menu è ricchissimo. Spazia dalle ostriche al crudo, dagli antipasti (con la grigliatina di capesante, capelunghe e “pevarasse”) ai primi (tagliolini alla busara, spaghettoro con ricci e anemoni di mare ma solo per citarne qualcuno), fino ai secondi (grigliata del giorno, tagliata di ricciola, catalana di astice blu) e ai dolci. Particolarmente gustose le sue alici fritte, il gransoporo ma anche le cozze francesi. Imperdibile il “risotto 1955”, un omaggio alla storia del locale.
Siccome stiamo parlando di un ristorante di valori, e la cucina di pesce vale, c’è un altro aspetto del quale mettere conto di trattare. È l’impegno di Davide Parise, 40 anni, a favore di “Women for freedom”, associazione attiva da otto anni che ha la sua sede a Bassano. Cosa fanno? “Aiutiamo donne e bambini in condizioni estreme (disagio, emergenza o povertà) a migliorare la propria condizione e a raggiungere la libertà.
Attiviamo progetti di prevenzione di traffico umano, contro le violenze domestiche, sostegno scolastico, for-
mazione e microcredito per donne e bambini. Seguiamo lo start-up di attività di autogenerazione di reddito e promuoviamo attività di advocacy per la piena inclusione della donna nella sfera sociale, economica e politica”.
Raccolgono mezzo milione di euro all’anno e dal 201 4, cioè da quando sono nati, hanno dato vita a 53 progetti. Operano in sette Paesi: Italia, Nepal, Togo, Camerun, India, Romania, Bolivia. Sono 8.500 le donne aiutate da “Women for freedom” nel mondo.
Davide Parise, titolare de “La Veneziana” e alcuni suoi piatti: alici fritte, il gransoporo, il “risotto 1955”
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Il personaggio. Il titolare, Davide Parise, segue la filosofia di Slow Food e soprattutto il progetto “Women for freedom”
Antonio Di Lorenzo
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Donne e società
Uniche!, le grandi vicentine della Storia
C’è la scienziata che scoprì che il Mediterraneo evaporò. C’è il conte Giovanni Gualdo, antenato vicentino (finora sconosciuto in Italia) di Jane Fonda. C’è Sabina, vicentina e moglie dell’imperatore romano Adriano. E molte altre
Il giornalista e saggista Antonio Di Lorenzo, coordinatore de “Il Vicenza”, ha pubblicato il libro “Uniche – Le grandi donne vicentine della storia – Vol 4°”. Tra i 18 ritratti di donne spesso sconosciute o dimenticate, in 244 pagine ne emergono alcuni che hanno rilievo assai più che locale. È di famiglia vicentina, per esempio, Maria Bianca Cita, 98 anni, che vive a Milano, geologa marina di rilievo internazionale. Nel 1970 scoprì che 5 milioni di anni fa lo stretto di Gibilterra si chiuse per i movimenti tettonici e il Mediterraneo evaporò diventando un grande lago salato. Era di famiglia vicentina trapiantata a Roma l’imperatrice Vibia Sabina, che a 1 5 anni sposò l’imperatore Adriano. Era lei la proprietaria della villa di Tivoli: alleata del Senato, fu avversaria e nemica del marito per tutta la vita, all’interno di una vera e propria “dynasty”, tra con-
giure, assassinii e colpi di Stato, di cui al tempo erano protagoniste le donne a Roma. Infine l’autore ha scoperto che la celebre attrice Jane Fonda discende da un illustre conte vicentino, Giovanni Gualdo, che nel 1 760 emigrò a Philadephia, città dei fermenti indipendentisti americani: Gualdo produceva birra ma era anche un compositore di musica, tant’è che gli storici lo ritengono il primo musicista americano. Fu questo conte il trisavolo della mamma di Jane Fonda, che morì suicida e alla quale l’attrice era legatissima. Molte altre sono le figu-
re femminili di cui si scrive in un arco di tempo che va dai giorni nostri all’antica Roma: c’è l’archeoloa Maria Teresa Fortuna che scoprì la prova dell’esistenza di Ponzio Pilato; Bianca Angaran, imprenditrice della seta e poetessa nel Cinquecento,
processata due volte e uccisa dall’Inquisizione perché eretica. Le sue figlie furono perseguitate per vent’anni. C’è la popolana rivoluzionaria Maria Montecchi, che guidò la rivoluzione della città durante la carestia del 1 648 e fu portata in trionfo su una “caldrega” dai concittadini: Venezia mandò l’esercito per sedare la rivolta e l’impiccò. C’è la storia di Nadia Santini, la vicentina definita
“miglior cuoca al mondo”; c’è Paolina Porto Godi che regalò 90 quadri preziosi della sua collezione alla città, fondando così il museo civico. Il suo fantasma – assicurano i discendenti – svolazza ancora nella sua villa a Sarmego. C’è la badessa Fiore Porcastri, potente come un vescovo: un suo discendente ebbe una scuola di matematica con 56mila discendenti nel mondo. C’è la contessa ungherese Carolina Zichy in esilio nella villa a Monte Berico per 14 anni, c’è Arpalice Cuman Pertile, poetessa e scrittrice per bambini, la matematica Maria Rossi pioniera dell’università a Padova. C’è la sconosciuta Angiola Sommariva Peracchi: da figlia dell’oste diventò attrice e traduttrice di grandi autrici straniere, quelle de “La bella e la bestia” e de “I capi scozzesi”, libro che conosciamo nella versione al cinema di Braveheart. Il libro è disponibile da Traverso.
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La copertina del libro e un’immagine dell’autore, Antonio Di Lorenzo
La ricerca. Un libro che traccia le figure di 18 protagoniste, dall’antichità a oggi, spesso sconosciute o dimenticate
Ametà degli
anni
Dieci, aziende come Disney, Warner Bros. e Universal capirono che l’avanzata dello streaming capitanata da Netflix avrebbe finito per (s)travolgere i loro bilanci, se non si fossero adeguati allo spirito del tempo. Ecco che l’imperativo diventava uno, il solito. Monetizzare. Archivi di film e serie già trasmessi diventano pedine nel Monopoly degli abbonamenti. Come rendere attuali i cataloghi? Ci pensa la nostalgia, producendo nuove stagioni di serie cult con l’intento di rintuzzare la - decrescente - attenzione del pubblico. Ti iscrivi per gli episodi nuovi, ma rimani abbonato per quelli vecchi. Da Twin Peaks a The X-Files, praticamente ogni serie mitica ha subìto un esperimento reboot o revival. In Italia, l’unica serie che poteva prestarsi a qualcosa di analogo era Boris. La serie underdog per eccellenza: romanissima, settoriale, nata su un canale pay-tv e diventata un fenomeno grazie a chi la scaricava da eMule (questo l’ha pure ammesso Fox). Rieccola, l’amata Boris. I nuovi otto episodi su Disney+ hanno dovuto fare i conti con due assenze importanti. Quelle di Roberta Fiorentini - Itala - e di Mattia Torre, co-creatore e co-sceneggiatore con Luca Vendruscolo e Giacomo Ciarrapico, entrambi scomparsi nel 2019. “Boris 4” riesce con brillantezza a dare prova di quanto fosse avanti già nel 2007. Talmente avanti che la quarta stagione gode ancora di quell’innovatività reiterando, semplicemente, sé stessa. Cast e autori sono in stato di grazia - c’è chi fa notare che il tormentone “cagna maledetta” è assente (lo zampino di Disney? Va bene uguale), tant’è che nemmeno Boris 4 sfugge all’inesorabile verità di queste operazioni nostalgia. I revival sono specchi nei quali speriamo di ritrovare la nostra gioventù, un po’ come alle rimpatriate del liceo. E questo non accade mai, purtroppo (e per fortuna). Aspettative disattese, quindi? Tutt’altro. La dolcezza di Boris 4 - con un emozionante omaggio a Mattia Torre nell’ultimo episodio - sta proprio in questo: permetterci di abbracciare la nostra malinconia, anziché scacciarla.
Quando a partire dagli anni Ottanta - all’apice dell’edonismo reaganiano - la televisione scopriva nuovi modelli di racconto, a farla da padrona erano i “villains you love to hate”. Letteralmente, i cattivi che era impossibile non amare. Erano gli anni di J. R. di Dallas, delle zuffe di Alexis e Krystle in Dynasty e della perfida Amanda Woodward di Melrose Place. La linea di demarcazione tra buoni e cattivi ci rassicurava: era tutto nel nome dell’intrattenimento. Con la fine dei primi anni Duemila e la prima recessione globale, l’antieroe (sull’antieroina si potrebbe parlare molto) diventa il perno della serialità occidentale. Walter White ha fatto scuola. Fino a che punto siamo in grado di provare empatia per personaggi storti, a tratti mostruosi? Dahmer - la miniserie su Netflix - è la dimostrazione che anche questo modello, quello antieroico, ha dei grossi limiti. Ryan Murphy, libero dalle costrizioni delle emittenti, si sbizzarrisce col suo attore feticcio e traccia i contorni di uno dei serial killer più spietati della recente cronaca americana. Lo fa attraverso la lente delle disparità sociali e culturali (le vittime di Dahmer sono per lo più persone nere o appartenenti a comunità marginalizzate) che non riesce - tuttavia - a non risultare manipolatoria. Dahmer cambia le regole del racconto costantemente, senza mai prendere una posizione e nascondendosi dietro l’ossessione per il True Crime (un tempo la chiamavamo cronaca nera). Chi ne paga il conto? Le vittime - quelle vere - di Dahmer (spendibili nella loro trascurabilità narrativa) - e le loro famiglie, che si ritrovano loro malgrado a rivivere situazioni drammatiche in favore di zeitgeist. L’operazione, ad ogni modo, ha messo a segno il miglior risultato di una serie Netflix dopo Stranger Things 4, con 300 milioni di ore viste nella sua seconda settimana in piattaforma. Trecento milioni sarebbe anche la cifra che convinse Ryan Murphy a spostarsi su Netflix, nel 2018. Quando si dice che il crimine non paga.
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Film e serie tv visti da vicino
CMY
a
cura di Paolo Di Lorenzo
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