Il Vicenza - ottobre 2022

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MONS. BRUGNOTTO

Il nuovo vescovo è una persona con umorismo

LICEO SCIENTIFICO

“Così il Quadri è diventato il numero uno”

UNIVERSITÀ

Da Siracusa a Vicenza per laurearsi

LA RICERCA

La storia e la ricetta del vero spritz

INIZIATIVA

Le estetiste per le malate oncologiche

GASTRONOMIA

Piatti da favola al lago di Fimon da Jacopo

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arà perché si identifica con il gatto, ma la velocità per Vicenza è sempre stata un problema. Meglio affrontare le faccende con calma, si pensa spesso, magari rinviare, tantocome insegnava Andreotti - metà delle questioni si risolvono da sole. Certo, si risolvono ma solo perché altri le voltano a proprio vantaggio. E invece la città ha bisogno di un’accelerata, sotto vari punti di vista. La velocità è figlia del cambiamento e spesso non ci accorgiamo che il mondo - che non è mai stato fermoin questi anni sta correndo e sta persino superando sè stesso. segue a pag 5

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NELLA POLITICA:
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Servizio a pag. 17 Intervista al compositore che attualmente è alla “Scala” di Milano con la sua nuova opera lirica per ragazzi ascoltali on-line su laPiazzaweb.it e sulle migliori Emittenti Radio del Veneto Notiziario delle 11:30 Notiziario delle 18:30 Notiziario delle 8:30 Notiziario delle 17:30 Scarica la nuova App di neanche un La Piazza 24 e non perder ti minuto dei tuoi notiziari preferiti. OTTOBRE 2022 Periodico d’informazione localeAnno II n.10 S
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Quagliato di nuovo a casa

Tempo di accelerare

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Il primo esempio arriva dal versante politico: si coglie tanta fatica a capire il terremoto delle recenti elezioni e a riprogettarsi. Come scrivo a pag. 33, c’è tutto da imparare dalle parole di Stravinskji e della sua “Histoire du soldat” magnificamente portata in scena all’Olimpico da Giancarlo Marinelli con una straordinaria Drusilla Foer: “Non si può essere allo stesso momento ciò che si era e ciò che si è”, dice Stravinskji. Ha ragione mille volte. Se non si capisce quello che siamo, qual sia la nostra identità perché ci aggrappiamo a un passato ineluttabilmente finito, non avremo futuro. E molti partiti, che hanno perso milioni di voti alle elezioni (e i voti persi sono come i conti, non tornano mai) non si riesce a disegnare il proprio futuro.

Di un’accelerata ha bisogno anche la politica di casa nostra, che già intravede il traguardo delle amministrative di primavera 2023. Destra e sinistra stanno camminando sulle uova: si guardano, si studiano, nessuno vuole uscire allo scoperto per non perdere un vantaggio che è solo presunto ed è tutto da dimostrare se sia reale. Tanto i nomi ormai li conosciamo, vorremmo conoscere anche i programmi degli sfidanti e magari vederli duellare, verbalmente s’intende.

Di un’accelerata nelle decisioni ha bisogno il fronte delle infrastrutture, a partire dalla nostra piccola “Salerno Reggio Calabria”, quella tangenziale a nord ovest di cinque chilometri che va talmente piano da prevederne il completamento nel 2025. Ma è possibile? È accettabile che nessuno riesca a fare qualcosa per smuovere la situazione? La lezione l’hanno data i cittadini di Maddalene che hanno spostato nastri e jersey, esasperati dalla situazione, e si sono aperti da soli il sottopasso per Monteviale. Un gesto che dovrebbe far riflettere molti, a palazzo e fuori.

S ono passati diciotto mesi da quando, mentre si discuteva dell’acquisto di palazzo Thiene da parte del Comune, grazie a una visita dei consiglieri comunali si scopri che la società che curava la liquidazione della Banca Popolare di Vicenza aveva tolto dalla sala del palazzo le statue di Nereo Quagliato, le aveva impacchettate e spedite a Firenze per venderle all’asta. Tutto legittimo, sia chiaro, ma era un peccato. Quelle statue, infatti, erano state donate dall’artista alla banca nel 2010 dopo il “no” del Comune ad ospitarle al museo. Adesso, appunto diciotto mesi dopo, le sculture di Nereo Quagliato sono tornate nella sala all’ultimo piano di palazzo. Dov’erano e come erano. Anzi, anche di più. Merito di Armando Peressoni, noto commerciante di Vicenza e amico dell’artista, che ha contattato la società liquidatrice e ha riacquistato le 26 opere d’arte per donarle alla città. Assieme a quelle del museo civico adesso le 39 opere sono di nuovo esposte nell’antico palazzo palladiano che nel frattempo è entrato a far parte del circuito museale di Vicenza, dato che il Comune l’ha acquistato e acquisito al patrimonio cittadino.

Dopo la mostra in Basilica, visitata da decine di migliaia di persone, che ha rappresentato un assaggio dell’arte di Quagliato, adesso le sculture a palazzo Thiene forniscono un’immagine più completa delle qualità dell’indimenticabile artista vicentino.

Il Comune ha voluto ringraziare con una targa in marmo, apposta nella sala Quagliato a palazzo Thiene, la generosità di Peressoni, augurandosi che si diffonda questa sensibilità verso l’arte e la memoria di Vicenza.

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Questa edizione raggiunge la città di Vicenza per un numero complessivo di 43.000 copie. Iscrizione testata al Tribunale di Vicenza n. 4194/2020 V.G. del 23.11.2020; R.S. 17/2020; numero iscrizione ROC 32199

Oltre a questo, qualche segnale di cambiamento si coglie nel panorama di una vicentinità che è assai diversa da quella di un tempo. Pensate al nuovo vescovo, che vuole abolire il termine “eccellenza” e che, come i suoi confratelli di Verona e Treviso, è uomo di spirito, di humor. Ha capito che l’informalità è la vera chiave comunicativa. Perché della pesantezza, sinonimo di autoritarismo, ne abbiamo tutti le tasche piene. E abbiamo bisogno di leggerezza.

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Un’immagine della sala di palazzo Thiene con le sculture di Quagliato e un primo piano di Armando Peressoni
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Veneto. Chiuso in redazione il 14 ottobre 2022
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Il nuovo vescovo ha il senso dello humor

Il vescovo eletto nel suo messaggio s’è perfino scusato “se il suo umorismo ha ferito qualcuno”.

Un nuovo stile, più informale, si afferma tra i vescovi nel Veneto, come dimostra anche il vescovo di Verona, fresco di insediamento, che ha fatto ridere tutta la cattedrale il giorno del suo ingresso.

Mons. Brugnotto intanto ha già chiesto di abolire il termine “eccellenza”

“M io Dio, fa’ diventare i cattivi buoni e i buoni simpatici!” Così Mark Twain, che di umorismo s’intendeva, esprimeva il suo bisogno di serenità per un mondo che lui avvertiva immerso nell’ipocrisia e nell’opportunismo. E forse il desiderio Samuel Langhorne Clemens, questo il vero nome di Twain, sta prendendo corpo sommessamente ma sempre più visibilmente dalle nostre parti, curiosamente in quegli ambienti che tradizionalmente siamo abituati a considerare paludati e lontani. La riflessione è scattata tra alcuni acuti osservatori di “cose di Chiesa” all’indomani della nomina di mons. Giuliano Brugnotto a nuovo vescovo di Vicenza e poi, pochi giorni dopo, all’ingresso a Verona del nuovo vescovo Domenico Pompili. Quest’ultimo, nella messa solenne di accoglienza in duomo, non solo si è arrangiato ad aggiustarsi la mitria in testa, un tempo rito ad appannaggio esclusivo del cerimoniere, ma non ha neppure disdegnato battute strappando una fragorosa risata dell’intera cattedrale quando ha raccontato di aver visto entrando un cartello che commentava il vangelo della domenica, posto

maldestramente al fianco della foto del vescovo uscente e di lui entrante. Il cartello diceva “Ora lui è consolato, tu sei in mezzo ai tormenti”. Inevitabili gli applausi.

Ma più ancora aveva colpito, nel saluto del vescovo di Treviso Michele Tomasi, l’apprezzamento rivolto al suo vice Brugnotto, ormai incamminato verso i lidi berici, per il suo senso dell’umorismo, “dote notevole e sempre benevolente”. E accomiatandosi dai collaboratori della curia trevigiana, monsignor Brugnotto a sua volta non ha potuto eludere il riferimento del vescovo: “Chiedo perdono - ha chiosato – per la mia ironia se a volte può aver ferito qualcuno”. Ma il sorriso diffuso che i microfoni hanno captato è stato più che un segnale di totale assoluzione.

A Vicenza, insomma, arriva un vescovo con il senso dell’umorismo. È cosa buona e giusta.

Evidentemente sta succedendo qualche cosa di nuovo negli ambienti e nelle persone che sono chiamate a guidare le comunità cristiane: sta emergendo uno stile più informale, che non significa sciatto; più diretto che non significa irrispettoso; più lieve e lieto, che non significa superficiale. A

partire dal “chiamatemi don Giuliano, al massimo vescovo Giuliano”, con cui ha esordito mons. Brugnotto a chi lo salutava o lo intervistava le prime volte. “Eccellenza mi pare un termine po’ desueto” spiegava, e accompagnava questa richiesta con un convinto sorriso non di circostanza, caldo e sincero.

E sempre a Treviso, da quando è arrivato nel 2019, il bolzanino monsignor Tomasi dai suoi preti preferisce essere chiamato don Michele, così come molti comuni fedeli stanno imparando a fare, non senza vincere un certo imbarazzo, comunque facilmente superabile da un sorriso sempre pronto del vescovo, che si sposta da solo a bordo di una Golf diesel d’annata. Dunque, che sia iniziato un

nuovo corso nel linguaggio e negli atteggiamenti all’interno della Chiesa, o almeno nel Veneto, non è né un mistero né una novità. A partire da papa Francesco, vescovi, preti e laici ormai sentono la necessità di abbandonare terminologie, lessico e categorie progressivamente di difficile interpretazione per incontrare la comprensione, e quindi l’accoglienza, di una società che si regge (a sproposito), e comunica (con ossessione) via social e messaggini.

Nella lunga intervista rilasciata alla “Voce dei Berici”, non a caso monsignor Brugnotto segnalava: “Anche di fronte alla crisi delle comunità cristiane, nessuno ha ricette già predisposte. Il camminare insieme, valorizzando l’opera dello Spirito in tutti i credenti … è

il vero modo di essere Chiesa”. Insomma, dopo un papa del sorriso, Albino Luciani canonizzato lo scorso 4 settembre, avremo anche vescovi ironici e simpatici, oltre che buoni.

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Così diamo la carica alle auto elettriche

A Verona saranno installate 300 colonnine. Complessivamente, Agsm Aim spenderà 3 milioni e 600 mila euro, dei quali 2 milioni per la sostituzione dei veicoli e 1.6 milioni per le colonnine.

Per il finanziamento, l’azienda concorrerà ai fondi del Pnrr

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R E 2022

“Dài, dài, dài, dagli una spinta…” era una simpatica canzone dello Zecchino d’oro di tanti anni fa. Si riferiva a una vecchia auto del nonno Asdrubale che non andava avanti e all’ironico suggerimento di chi assisteva agli infruttuosi tentativi di farla marciare. In senso figurato, e in tutt’altra situazione, quasi sessant’anni dopo anche Agsm Aim pensa che sia utile dare una spinta alle auto ibride ed elettriche circolanti. Che sono tutto sommato poche. C’è bisogno di una spinta, certamente, perché il mercato è quello che è, ossia le auto elettriche sono attorno al 2% delle vendite complessive, ma cambiare prospettiva nella circolazione delle vetture è cosa buona e giusta, salutare e opportuna per tanti intuibili motivi legati all’ambiente e alla vivibilità delle città soffocate dall’inquinamento. Quindi, hanno pensato all’Agsm Aim, diamo una spinta alle auto elettriche. Anzi, diamogli la carica. In tutti i sensi.

E la multiutility veronese – vicentina centra il suo obiettivo, con un piano presentato con tutta l’ufficialità del caso nella sede che più importante non si può, la loggia Bernarda, scelta perché così in piazza dei Signori sono state schierate le nuove auto elettriche a ribadire la buona volontà dell’azienda.

A fare da relatori erano presenti tutti gli uomini di vertice: Giorgio Conte, presidente della Smart solutions, l’azienda del gruppo che si occupa di questo settore, assieme alla consigliera delegata Barbara Biondani; i due sindaci di Verona e Vicenza, Damiano Tommasi e Francesco Ruc-

co, il presidente della holding Stefano Casali, il vice presidente Gianfranco Vivian e il consigliere delegato Stefano Quaglino.

Il progetto prevede di collocare, da qui al 2025, 450 colonnine di ricarica elettrica a Verona e Vicenza: saranno esattamente 150 a Vicenza, se non sono dieci volte le attuali poco ci manca. Invece dal 2019 a Verona sono state installate 100 prese di ricarica su 52 colonnine. L’obiettivo generale – è stato precisato – è di avere una colonnina ogni 1000 abitanti. Con 150 colonnine siamo ben oltre il tetto previsto.

L’impegno è motivato dal fatto che in Italia – ha spiegato Quaglino – l’anno scorso sono state immatricolati 1 30mila veicoli elettrici, il doppio rispetto al 2020. C’è sensibilità per la mobilità pulita, dunque, perché si tratta di una cifra comunque significativa anche se il 2020 è stato l’an-

no dei lockdown e del blocco dell’economia.

Le nuove installazioni previste a Vicenza utilizzeranno corrente alternata fino a 22 kilowatt ma saranno attivati anche 30 punti a corrente continua almeno a 50 kilowatt.

Un altro obiettivo significativo è di sostituire i mezzi del gruppo: entro il 2025 saranno acquistati 270 mezzi elettrici che via via prenderanno il posto di quelli pensionati. Si inizia nel 2022 con 1 5 mezzi elettrici a Vicenza e altrettanti a Verona.

Complessivamente, Agsm Aim spenderà 3 milioni e 600 mila euro, dei quali 2 milioni per la sostituzione dei veicoli e 1 .6 milioni per le colonnine. Per il finanziamento, l’azienda concorrerà ai fondi del Pnrr.

Infine, come ha specificato Biondani, l’azienda ha anche un altro obiettivo: punta ad aiutare le imprese nel processo di transizione ecologica.

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Agsm Aim e la nuova mobilità. Da qui al 2025 il gruppo installerà 150 colonnine a Vicenza per il rifornimento delle auto Un’auto elettrica del gruppo Agsm Aim fotografata in piazza dei Signori. I vertici aziendali assieme ai sindaci di Verona e Vicenza, Damiano Tommasi e Francesco Rucco

Politica

Palazzo Trissino, i giochi sono aperti

Temporeggiano gli schieramenti e si studiano in vista delle amministrative. Non scoprono né le carte né i candidati, anche se sono sulla bocca di tutti: Rucco per il centrodestra e Possamai per il centrosinistra. Il motivo dell’attesa sta nella lettura dei risultati delle politiche, che hanno ridisegnato il panorama portando più dubbi (o speranze) che certezze. Sia alla Camera che al Senato Fratelli d’Italia doppia la Lega, ridisegnando i rapporti di forza interni alla coalizione; un dato che ha suscitato non poco scalpore nella terra che è stata da trent’anni in qua con la Seconda Repubblica una tra le principali “fortezze” leghiste. Oggi a Vicenza mentre i Fratelli hanno il 25%, il partito di Salvini veleggia sul 12%.

In controtendenza rispetto al dato nazionale, il Pd a Vicenza (ma anche in Regione) ha sostanzialmente tenuto, attestandosi al 21 %. Viceversa, dalle elezioni escono rinsecchiti, ma non spariti, i Cinque Stelle, che a Vicenza hanno il 7%. Buona l’affermazione di Calenda e Renzi, che sfiorano il 12% e superano di pochissimi voti anche la Lega. Sono davvero il terzo polo. Forza Italia è vicina al 6%: un buon risultato, viste le premesse. Da sottolineare che la Sinistra italiana più i Verdi a Vicenza eleggono due parlamentari, una deputata e una senatrice. Questo dato, sommato all’elezione di Cristina Guarda due anni fa in Regione, è molto interessante, perché fa di Vicenza un nucleo forte per l’alleanza di centrosinistra.

Scontato è dire che nella coalizione di centrodestra si respira ottimismo: i risultati delle politiche indicano che il vento soffia verso destra. L’auspicio è ovviamente che la tornata locale non sia da meno. Però l’exploit elettorale di Fratelli d’Italia, e le relative ambizioni che ne conseguono, potrebbero andare a sparigliare le carte delle candidature: tra i corridoi soffia la suggestione della candidatura alternativa di Giorgio Conte, storico portabandiera di Alleanza Nazionale e ora di FdI, attuale presidente del-

la società Smart solutions di Asgm Aim.

Fantapolitica? Può darsi, anche perché un passaggio del genere comporterebbe un deciso cambio di rotta rispetto alla direttrice civica del 2018, con le conseguenti turbolenze che si potrebbero innescare in seno all’attuale maggioranza; cambiare cavallo rispetto a Rucco significherebbe, poi, esprimere un giudizio quantomeno critico, se non apertamente negativo, sul suo operato in questi anni. Ed è difficile andarlo a spiegare agli elettori.

È un’ipotesi che deve superare, quindi, varie difficoltà.

Dal canto suo l’interessato, di recente, in pubblico ha affermato: “Il candidato del centrodestra è Rucco”.

Sul fronte opposto, la disfatta generale lascia il posto a visioni ottimistiche. Anche qui la scommessa sul futuro confina con la fantapolitica, ma nel Pd partono da un dato obiettivo: con i risultati delle politiche, per la prima volta il centrodestra non è più maggioranza perché si attesta sul 44%, mentre un’alleanza a sinistra oggi può contare –sempre in teoria – sul 43%.

Decisivo è quel 7% dei Cin-

que Stelle che possono far pendere il piatto della bilancia. Ma, visti i precedenti, è davvero realizzabile un’alleanza tra Pd, Sinistra, Verdi, Renzenda e Cinque Stelle?

Il segretario del Pd cittadino Federico Formisano è ottimista: “Sono convinto che Vicenza sia assolutamente contendibile, ma è necessario che ci sia la unità di tutte le forze del centrosinistra, che si costruisca quel famoso “campo largo” che non siamo riusciti a creare in ambito nazionale. Deve però esserci rispetto tra le parti, senza che vi sia una volontà di “egemonizzare” la coalizione da parte di nessuno. Siamo già al lavoro con le altre forze politiche per costruire queste intese”.

Il centrosinistra si sente galvanizzato perché il centrodestra per la prima volta non è maggioranza.

Sull’altro fronte la vittoria di Fratelli d’Italia può portare turbolenze nell’alleanza con il sogno di una candidatura Giorgio Conte.

Il Pd punta sul “campo largo” e l’alleanza con i Cinque Stelle.

Ce la farà?

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La corsa a sindaco. I dati delle politiche hanno ridisegnato l’orizzonte per i due schieramenti: più incertezze che sicurezze
Giorgio Conte, già vicesindaco di Vicenza ed esponente di Fratelli d’Italia. Daniela Sbrollini, riferimento per il terzo polo a Vicenza Federico Formisano, segretario cittadino del Pd.

Autunno di crisi. Stimati aumenti del 59% ma nelle imprese, piccole e grandi, la crescita dei costi è estremamente maggiore

Caro bollette, non possiamo restare soli

Èesplosiva la situazione del caro bollette, sia per le imprese sia per le famiglie.

L’Arera, l’autorità di regolazione per l’energia, ha annunciato che l’aumento delle bollette da ottobre sarà “solo” del 59% e non vi sarà il temuto raddoppio. Dal canto suo l’Ascom ha fatto i suoi conti e ha constatato che gli aumenti tra gli associati arrivano anche al 300%. Un disastro dalle conseguenze inimmaginabili. Del resto, le proteste sono già iniziate, con manifestazioni e bollette strappate in segno di contestazione.

Dal punto di vita tecnico, una delle opposizioni ricorrenti alle ipotesi di scostamento di bilancio al fine di investire risorse aggiuntive nel contrasto alla nuova emergenza energetica è quella che aumentando il debito si potrebbe innescare una reazione speculativa con aumento vertiginoso dello spread e conseguente tracollo finanziario del nostroaese.

Ma è vero?

Anzitutto diciamo che il rapporto debito/Pil schizzato al 155% nel 2020 registra oggi un miglioramento (il rapporto è sceso al 148%). Ciò è accaduto grazie alle somme stanziate dal governo nel corso della pandemia (180 miliardi di euro) che hanno consentito all’Italia, pur con enormi difficoltà, di fruire di una ripresa migliore di altri Paesi.

La cifra oggi necessaria per interventi aggiuntivi, al netto degli interventi già varati dall’esecutivo, è di 35 miliardi di euro.

Nel 2022, infatti, i rincari energetici sono stati pari a 127,4 miliardi di euro. Per contrastarli il governo fino ad ora ha stanziato 58,8 miliardi di euro; restano da coprire circa 70 miliardi di euro (di soli aumenti) di cui il 50% almeno resterà comunque a carico di famiglie e imprese.

La crisi che oggi stiamo vivendo imporrà “de facto” all’Italia una sorta di lockdown energetico nell’autunno-inverno. Soluzioni europee non sono ipotizzate a breve e, se varate, giungerebbero tardivamente senza incidere sulle

bollette energetiche più corpose: quelle di novembre/ dicembre, gennaio/febbraio.

Dunque appare sensato, necessario e urgente reperire nuove risorse. Anche in deficit.

Ciò per impedire che il superamento delle soglie critiche determini lacerazioni irreparabili del tessuto economico e sociale innescando effetti a catena difficili da arginare e potenzialmente sistemici.

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sì che ormai il 30% del nostro debito sovrano (circa 900 miliardi di euro) sia oggi detenuto da Francoforte. Quel 30% è del tutto al sicuro da possibili forme di indebita speculazione da parte di operatori internazionali.

Oltre il 60% del debito restante (circa il 40% del totale) è oggi detenuto da risparmiatori italiani (privati, banche e assicurazioni).

Quindi solo un terzo del nostro debito sovrano è nelle mani degli investitori internazionali e dunque esposto a forme più o meno indebite di speculazione (dati del centro studi della Cgiaa di Mestre) il che ridimensiona la temuta leva negativa legata a interventi speculativi esogeni. Come si vede la situazione è migliore di quella di un tempo. Il che, ovviamente, non significa che si possa fare debito in modo sconsiderato o leggero.

Ma il tempo stringe e le prospettive sono spaventose. L’associazione dei reseller e trader italiani dell’energia (Arte) nel febbraio scorso affermava che entro la fine dell’anno ben il 30% delle utenze di privati e PMI potrebbero essere insolute. Ne conseguirebbero chiusure di forniture e default diffusi. Possiamo permettercelo?

www.ilvicenza.com10 DATE VIENI A SCOPRIRE I NOSTRI CORSI PER GIOVANI DOPO LA SCUOLA MEDIA 2022/2023 Chiamaci o scrivici IeFP DGR 803-805-806-807-808 -810 del 7/2022 - DGR 2029 del 12/2017 – DGR 1799 DEL 11/2018 - DGR 1768 del 11/2019 #enaipveneto #lascuoladelfare #formazioneprofessionale #sistemaduale #qualificaprofessionale #diplomaprofessionale WWW.ENAIP.VENETO.IT Ti aspettiamo! Per garantire la sicurezza durante la visita alle nostre scuole è obbligatoria la prenotazione! TELEFONA O REGISTRATI SU WWW.ENAIP.VENETO.IT vio appuntamento è possibile visitare le nostre scuole anche in altre date. Tutte le INFO QUI OPERATORE DEI SERVIZI LOGISTICI BASSANO DEL GRAPPA Via C. Colombo, 94 0424/22.70.30 bassano@enaip.veneto.it VICENZA Via Napoli, 11 0444/32.66.85 vicenza@enaip.veneto.it VICENZA Raggiungi
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Economia
È migliorato il rapporto debito/pil e il rischio speculazione sugli interventi finanziari è basso. Spazzati via questi dubbi, l’autorità politica deve intervenire: bisogna reperire nuove risorse, anche in deficit. Servono dai 35 ai 40 miliardi
Giuseppe de Concini Padovano con studio a Vicenza, laurea in giurisprudenza, importante esperienza nel mondo bancario, ora è consulente aziendale • Chi è Giuseppe de Concini
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Grandi opere

Il dibattito. Il Comune ha presentato 29 osservazioni per aggirare i “paletti” del mega progetto. Obiettivo: mitigazioni

Alta velocità, è il momento dello slalom

I tecnici hanno confermato che il cantiere durerà nove anni. Porterà 100 treni al giorno in più, che saranno il valore della nuova rete più che il risparmio di tempo dei viaggiatori. I problemi dell’area di betonaggio di via Maganza, dell’Albergo cittadino, del campo da calcio della Stanga, del Palakiss. Il sindaco: “Alta probabilità di vedere accolte le nostre osservazioni”

Il sindaco sa benissimo che il progetto dell’alta velocità non si può cambiare nel suo impianto. E se qualche spazio di manovra c’è, le modifiche non dovranno comportare spese in più. I binari della procedura sono tracciati. Certo, adesso bisognerà fare lo slalom tra queste norme e riuscire a trovare il vantaggio per Vicenza da un immenso cantiere che occuperà la città per nove anni. “C’è l’approvazione del Consiglio comunale del 2017 - spiega - e quella del Cipe del 2020. Questi sono i paletti. Il progetto è dello Stato e andrà avanti. Quello che possiamo ottenere, e che abbiamo alta possibilità di ottenere, sono delle mitigazioni”. Questa è la parola magica, mitigazioni, che dà il senso alle 29 osservazioni che l’amministrazione Rucco ha presentato al consorzio Iricav 2, incaricato del progetto e della costruzione del tracciato Verona-Padova. Serve sempre ricordare che si parla di un lavoro miliardario: per il tratto fra Verona e il “bivio Vicenza”, sostanzialmente fino a Ponte Alto, lungo 44 chilometri, è prevista una spesa di 2.7 miliardi di euro, al lordo di quello che potrà succedere con i rincari di prezzi e materie prime. E quello dei costi non sarà un aspetto secondario. Anzi, è facile prevedere che sarà doloroso.

Se il fronte dei No Tav continua ad alzare un muro contro l’opera, come dimo-

strato in modo eloquente all’assemblea al teatro del 27 settembre, molto minori sono le preoccupazioni che giungono dal fronte degli espropri, che non sono ancora iniziati. L’assemblea con gli interessati tenuta dagli amministratori è stata sostanzialmente positiva: si vede che i 1800 euro a metro quadro ipotizzati dal consorzio, magari suscettibili di aumenti in sede di contrattazione singola, rappresentano un terreno su cui si può costruire un accordo. In linea generale, i tecnici hanno confermato (Paolo Carmona direttore di Iricav 2 e Luigi De Amicis di Rfi) che il cantiere avrà una durata di 9 anni e i vantaggi consisteranno in un tempo di percorrenza più breve (venti minuti sull’intera linea) e in un maggiore afflusso di treni, cento al giorno, merci compresi. L’ing. De Amicis ha spiegato che ormai non si deve più guardare al risparmio di tempo come fattore decisivo, perché la velocità dei treni si abbassa su questa linea attorno ai 250 chilometri all’ora, ma sull’incremento dei treni. Che vuol dire più affari e movimento.

Da molti oppositori è stato citato come alternativa percorribile il sistema Emtrs, visto come il rimedio contro tutti i mali. È stato risposto dai tecnici che questo sistema, effettivamente adottato anche Rfi, è indicato per i grandi nodi (Milano, Roma, Bologna...) ma non per que-

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Un’immagine del progetto del nuovo cavalcaferrovia in via Maganza che prenderà il posto di quello in via Ferreto de Ferreti che sarà abbattuto

sto tratto.

Il punto per la città sono le 29 osservazioni inviate dal Comune, che ricomprendono le 11 richieste che a suo tempo non sono state accolte, in tutto o in parte, dal Cipe e che adesso vengono ribadite. Proviamo ad elencare le principali questioni più spinose.

1) Palakiss

Il Comune vuole salvarlo. Si tratta di un immobile privato che è diventato, con gli anni, una dependance della Fiera, sia pure mantenendosi una struttura privata. L’idea del municipio è di eliminare la rotatoria prevista dal progetto che avrebbe determinato l’abbattimento del palazzo a servizio di una nuova strada. Che il Comune vuole sacrificare. Nientre rotatoria,

via dell’Oreficeria resterebbe chiusa com’è in sostanza oggi e Palakiss salvo.

2) Via Maganza

Sull’ipotizzata area di betonaggio il Comune rinvia la questione a un esame che dovrà risolvere un dilemma: meglio l’area che per nove anni, tanto durerà il cantiere, produrrà il cemento per tutti i cantieri ferroviari, oppure è meglio abolire questo sito e però subire per altrettanti anni l’oltraggio - come direbbe il Bardo - di innumerevoli camion che ogni giorno percorrono quella strada? E quanti sarebbero?

3) Albergo cittadino Destinato all’abbattimento, il Comune chiede che sia ricostruito in un luogo idoneo, o altrimenti di ottenere i fi-

nanziamenti per realizzarlo.

4) Stazione Svt

Un’altra questione aperta è quella dell’area Svt che verrebbe spazzata via dai lavori dell’alta velocità. Premesso che si cercherà un compromesso per studiare una localizzazione nella stessa area, il Comune insiste nel richiedere un maggior numero di stalli per bus e pullman, assolutamente necessari.

5) Stanga

Una questione aperta che perfino in Comune ritengono talmente evidente da definirla un grossolano errore degli ingegneri progettisti, riguarda il campo di calcio della Stanga, di cui è prevista l’eliminazione ma non la nuova realizzazione.

6) Cittadini & immobili

Un’altra richiesta di cui l’amministrazione si fa interprete riguarda quegli immobili che verrebbero portati via a metà dall’esproprio: “Cosa se ne fa il proprietario di metà casa o di un terzo che gli rimane?”. Rucco invita l’Iricav ad accettare le eventuali richieste di cedere anche la parte restante dell’immobile.

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VIACQUA RIDUCE LE PROPRIE EMISSIONI DEL 93% IN UN SOLO

La strategia: aumento dell'autoproduzione, mezzi aziendali più ecologici e contratti energetici da fonti rinnovabili

Il settore idrico è un settore molto energivoro, che da solo rappresenta il 2% dei consumi nazionali totali di energia elettrica (fonte dati Terna). Per questo Viacqua prosegue nello sviluppo di piani di efficientamento energetico dei propri impianti e di potenziamento dell’autoproduzione di energia rinnovabile. A partire dal 2021, Viacqua ha inoltre scelto di acquistare energia elettrica proveniente soltanto da fonti rinnovabili, per ridurre le proprie emissioni climalteranti.

Ad avere maggior peso nel fabbisogno energetico aziendale è l’energia elettrica, che ne rappresenta ben l’88%. Il sistema di depurazione è il principale consumatore di elettricità (47% del totale), subito seguito dagli impianti di acquedotto (40%) che richiedono un importante apporto di energia per il prelievo dell’acqua, l’alimentazione degli impianti di pompaggio e i processi di potabilizzazione. La rete fognaria consuma poi il 12%, mentre appena l’1% è impiegato nelle sedi aziendali.

Tutela della risorsa idrica e salvaguardia dell’ambiente – spiega il Presidente di Giuseppe Castaman

Anche per fare fronte agli aumenti dei costi energetici, Viacqua ha spinto sul potenziamento biogas è stata pari a 844.923 kWh (+21% rispetto al 2020, +136% rispetto al 2018)

Accanto all’ nuovo impianto di cogenerazione da biogas presso il depuratore di Trissino. Una volta a regime potrà produrre sia energia elettrica che termica, come già avviene nell’impianto di depurazione di Casale.

Grazie all’acquisto di energia elettrica da fonti rinnovabili, poi, la quota di rinnovabili nel mix energetico complessivo (comprendente i consumi di energia elettrica e il consumo diretto di combustibili per il riscaldamento delle sedi, l’utilizzo negli impianti e l’alimentazione del parco mezzi aziendali) è passata dal 19% del 2020 al 91% nel 2021 e le emissioni (dirette, generate dall'azienda, e indirette, generate dall'energia acquistata e consumata) sono passate dalle 13.952 ton CO2eq del 2020 alle appena 983 ton CO2eq del 2021, con una riduzione del 93%

Altro capitolo è poi rappresentato dalla flotta aziendale, con i suoi 236 mezzi in servizio tra auto, furgoni, mezzi pesanti ed escavatori. Già a fine 2021, oltre il 77% di questo parco macchine aveva livelli di emissioni molto bassi (veicoli Euro5, Euro6 ed elettrici), contro il 51% del 2019. Il programma di rinnovo sta proseguendo anche nel 2022, con 52 nuovi veicoli più ecologici che sostituiranno alcuni dei mezzi più datati.

Viacqua ha inoltre scelto di sviluppare ulteriormente nel corso di quest’anno il sistema di misurazione delle emissioni, allo scopo di avere una fotografia quanto più precisa possibile e pianificare così le azioni di decarbonizzazione da portare avanti nel corso dei prossimi anni verso un’azienda sempre sostenibile.

– vanno di pari passo in questo impegno che Viacqua porta avanti con ottimi risultati, come si è visto lo scorso anno. Un approccio crescente volto alla sostenibilità è quello che serve oggi per affrontare sfide contingenti e prepararsi alle sfide future, come anche la stessa crisi idrica del 2022 ci ha dimostrato. Solo con interventi predittivi e preventivi potremo rendere il nostro territorio e le nostre comunità sempre più

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Scuola

Decine di migliaia sono stati i diplomati in mezzo secolo. La presidenza di svolta fu quella di Cervellin, dal 1985 al 2004, che l’ha trasformato. Oggi sono oltre 1600 gli studenti e 130 i docenti: è una delle migliori scuole d’Italia

Sono decine di migliaia di diplomati del “Quadri”, il liceo scientifico che festeggia i cinquant’anni di vita. Il programma delle celebrazioni per l’avvenimento è corposo. L’ha messo a punto un gruppo di docenti guidati da Paolo Vidali, che del “Quadri” è stato in anni recenti vicepreside. Il preside che ha tenuto a battesimo il liceo, che allora si chiamava semplicemente “Secondo liceo scientifico” fino all’intitolazione a Giovanni Battista Quadri, nel 1974, fu Vincenzo Chiappini, che poi andò a dirigere il “Pigafetta”. A lui seguì Giuseppe Lessio, quindi Vincenzo Fumarola, Mario Trevisan e dal 1985 al 2004 Pietro Sergio Cervellin, che segnò la svolta del liceo. Seguì Edoardo Adorno e l’attuale dirigente, Paolo Jacolino, di cui attualmente è vicepreside Diego Peron.

In un recente incontro, Cervellin ha ricordato i suoi anni con un’immagine precisa: “Ho trasformato il secondo liceo scientifico, così era considerato anche dopo essere stato battezzato con il nome di Quadri, nel primo. Avevo insegnanti aperti, motivati, disponibili all’innovazione, ma anche collaboratori tecnici, responsabili di dipartimento di alto livello”. “Ricordo ancora –ha proseguito – la domanda di un genitore che mi cheideva: perché dovrei iscrivere qui i ragazzi? Perché ho gli insegnanti più bravi, risposi io”.

Nato come una costola del “Lioy”, il “Quadri” nacque 1° ottobre 1972, con 22 classi e due sedi, in via Cerato (il “Coletti”) e a San Michele. Da allora la scuola è cresciuta sia nel numero, con le sue attuali 63 classi e quasi 1700 studenti, che in qualità, diventando uno dei migliori licei italiani.

Erano gli avventurosi, per molti versi, anni Settanta. Erano gli anni delle grandi battaglie per la nuova sede, che poi si realizzò a inizio anni Ottanta in viale Astichello. “Iniziammo con pochi ragazzi – ha ricordato Cervellin – al punto che avevamo le aule libere. Quando ho finito il mio mandato non c’era spazio a sufficienza per tutti e s’è dovuto pensare alla nuova sede in via Carducci”. “Oltre alle questioni strutturali - ha proseguito Cervellin - abbiamo anche intro-

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dotto dei criteri per l’iscrizione. Il primo è stato la coerenza tra iscrizione e scuola di provenienza”.

Durante il periodo da ottobre 2022 a maggio 2023 verranno realizzate alcune attività specifiche, svolte principalmente dagli studenti e ricolte anche all’esterno. Tra queste

• Organizzare una Mostra fotografica raccogliendo il materiale disponibile in sede e invitando chi può a consegnarne altro.

• Preparare con gli studenti un’attività teatrale (prof. Apolloni) e musicale (prof. Pilastro e De Rugna) da rappresentare durante l’evento conclusivo delle celebrazioni.

• Raccogliere interviste video realizzate dagli studenti con le “figure storiche” del “Quadri” (docenti e personale) e con alcuni ex-studenti delle diverse decadi (prof. Salvetti e Associazione “Alumni del Quadri”)

• Realizzare tre concorsi tra gli studenti (video, foto e scrittura) per raccontare la propria esperienza al “Quadri “, coinvolgendo il gruppo Media a scuola, il Gruppo fotografico, il concorso Xausa –Cimmino

• Coinvolgere il Gruppo animatori per l’ideazione di altre iniziative, dal punto di vista degli studenti, e per l’organizzazione delle attività

• Realizzare un numero speciale del “Quadrifoglio” sui 50 anni del “Quadri”

• Organizzare durante l’anno visite e incontri culturali per genitori ed ex-studenti e adulti utilizzando le strutture scientifiche e tecnologiche del liceo (Planetario, Sismografo, Laboratori…) e realizzando lezioni aperte e incontri culturali…

• Realizzare un omaggio a ricordo dei 50 anni del “Quadri” La giornata conclusiva è prevista per il 26 maggio 2023 al teatro comunale.

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L’anniversario. Il liceo scientifico di via Carducci celebra con un ampio programma di iniziative i cinquant’anni di vita “Così il Quadri è diventato il numero uno”
A sinistra, il prof. Pietro Sergio Cervellin, preside storico del Quadri, e sopra, l’attuale Paolo Jacolino
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Il nuovo corso in design del prodotto. È iniziato con 60 studenti che giungono dalla Sicilia ma anche da Salerno e Bari

Arrivano da Siracusa per laurearsi qui

Direttrice del corso è la prof. Laura Badalucco che ha vasta esperienza allo Iuav di Venezia. L’università a Vicenza ha cinquemila studenti. Punta ad avere anche la laurea magistrale di design del prodotto

A rrivano perfino da Salerno e da Siracusa per laurearsi a Vicenza. Due studenti del nuovo corso di design del prodotto giungono da molto lontano. Siracusa è lontana 1358 chilometri: è più vicina Parigi a Vicenza. C’è un altro studente da Bari, uno da Macerata e un altro da Ravenna, che è come dire dietro l’angolo. Queste provenienze stanno a indicare che il nuovo corso di laure attivato a Vicenza, grazie al Fsu e allo Iuav veneziano ha colto nel segno. Evidentemente c’è una domanda precisa in questo settore.

È vero che 45 studenti su 60 giungono dal Veneto, ma è altrettanto vero che queste provenienze parlano la lingua di chi cerca una specializzazione di alto (e altro) livello. Sono 60 gli studenti ammessi, 31 ragazzi e 29 donne, su 80 doman-

de. La scuola superiore di provenienza è in gran parte il liceo artistico, quindi lo scientifico e l’istituto tecnico. Il corso è diretto da Laura Badalucco, 54 anni, laurea al Politecnico di Milano, già direttore del corso di laurea in design industriale allo Iuav di Venezia e dal dicembre 2021 professore ordinario della stessa università, dopo aver percorso tutto il cursus honorum accademico, dal Politecnico in poi, e dopo aver insegnato anche all’università di San Marino.

Come spiega la direttrice, l’attenzione di questo corso di laurea è puntata sugli aspetti legati alla sostenibilità. Del resto, la professoressa è stata anche coordinatrice scientifica del master in design per l’economia circolare, quindi ha maturato ampia esperienza nel settore.

I corsi si tengono nella sede di viale Margherita, in attesa che sia pronta la sede a San Biagio: il cantiere dovrebbe partire nel giro di poche settimane e l’obiettivo, come precisa il presidente Antonio Girardi è di trasferire tutto il corso dal prossimo anno accademico nella nuova sede. Com’è noto, il Comune spenderà un milione e mezzo per ristrutturare il palazzo già sede dell’Aci e quindi sede degli uffici tributi comunali.

L’obiettivo di lungo periodo, conferma sempre Girardi, è di portare a Vicenza anche la laurea magistrale in design del prodotto.

Attualmente, gli studenti dei corsi universitari a Vicenza sono circa cinquemila, suddivisi in ingegneria, economia, scienze dell’alimentazione e, appunto, design del prodotto.

di

di Vicenza

www.ilvicenza.com16 Il Mare d’Autunno In Autunno una pausa di benessere è il vero antidoto. Piacevoli camminate sulla selvaggia spiaggia ascoltando il suono della risacca delle onde autunnali. Concedetevi un ultimo break di relax tra proposte benessere e squisite tentazioni gourmet. Uno Speciale pacchetto di 2 notti nelle nostre Deluxe Sea Front View: Almar Welcome in camera al vostro arrivo Massaggio rilassante corpo da 50’ “Richiamo del Paradiso” “La leggerezza dell’essere” a 4 portate per persona (bevande escluse) presso il Ristorante Mediterra: Gamberi in tempura speziata con cuore di carciofo e cialda di pane nero Tagliatella al cavolo viola fatta in casa con sfilacci di cinghiale e ciccioli croccanti Risotto alla crema di peperoni e seppie (minimo 2 persone) Filetto di maialino con mousse ai porcini in crosta di pasta croccante e Nuvola di noci con cuore morbido al whisky e pralinato croccante alla banana Cremoso alle castagne con glassa al caramello e spuma di birra rossa The River Lounge Bar Upgrade gratuito ad una camera di tipologia superiore & Late check-out entro le ore 18.00 il giorno della partenza (su disponibilità) Offerta valida dal 10.10.2022 al 18.11.2022 Almar Jesolo Resort & Spa - Via Dante Alighieri 106 - Lido di Jesolo, Venezia - Italia T. +39 0421 388119 | reservations@almarjesolo.com | almarjesolo.com Prenota il tuo riposo al Mare € 275,00 a notte Raggiungi i tuoi potenziali clienti con il nostro sistema integrato di comunicazione: laPiazza, laPiazzaweb.it, laPiazza24. Carta, Web, Audio, App. Dentro al territorio nel cuore della gente! 23 Edizioni Locali. Oltre 500.000 famiglie raggiunte.
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La prof. Laura Badalucco e un’immagine dell’università in viale Margherita
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“L’invidia a Vicenza fa sprecare talenti”

“Ho l’impressione che molte iniziative siano create per fare invidia agli altri, ma nessuno pensa ad esportarle. Potrebbe essere un arricchimento per tutti, invece l’orizzonte resta limitato alla città. L’invidia è cronica

Èuna star della musica internazionale. Sessantatre anni, sposato, due figli, un nipotino, Pierangelo Valtinoni è una persona dal tratto signorile e dallo sguardo aperto. Ispira serenità, difficile pensarlo arrabbiato. Docente al “Pedrollo” è soprattutto un compositore, conosciuto più in Germania e in Australia che a Vicenza. Le sue opere liriche per ragazzi, da Pinocchio a Alice, dal Mago di Oz alla Regina delle nevi, hanno trionfato nel mondo. In 25 anni ne ha composte sette, quasi tutte su libretto dell’amico Paolo Madron. A Vicenza a settembre è andata in scena “Pigafetta” mentre a Milano ha appena debuttato “Il piccolo principe” alla Scala. Le repliche sono programmate fino a novembre 2023.

Da quanto tempo la Scala non commissionava un’opera per ragazzi? Non l’ha mai fatto. Due anni fa me l’hanno proposto il sovrintendente Dominique Meyer e il coordinatore artistico Andreas Comploy. Quanto ci ha messo a scriverla?

Otto-nove mesi, che per un’opera è un tempo medio. Più invecchi e più veloce diventi.

Il pozzo delle idee non si esaurisce mai?

Non ho mai avuto questo problema. Serve l’idea ma bisogna conoscere profondamente il lavoro. E viceversa: se hai il mestiere in mano, poi arrivano anche le idee. Per noi profani è sempre una meraviglia capire il processo creativo, che sia un quadro, una musica o una poesia. Come spunta l’idea? Come diceva Ciaikovskji l’idea la puoi avere prima ma anche durante il lavoro. Sei lì, giochi con il pianoforte e spunta… L’importante è saperle realizzare, le idee: e qui subentra il mestiere.

L’opera lirica per ragazzi è una scelta ponderata o vi ci siete trovati dentro per caso?

Quando ho composto la prima nel 1997, “Il ragazzo con

il violino”, cercavo un modo di esprimermi: volevo capire cosa fare nella vita. Con quell’opera ho dato un taglio alle avanguardie e mi sono creato un stile personale. Il successo di “Pinocchio” nel 2004 ha portato altre commissioni, specie dalla Germania, e ci ha aperto le porte di una carriera in tutto il mondo.

Lei e Paolo Madron siete come Lennon & Mc Cartney?

Il segreto è che Paolo non scrive versi perfettamente metrici, così mi stimola a non essere scontato nel creare melodie. Naturalmente è bello quello che scrive, ma questa assimetria del versoche ha sempre rime, ma l’accentuazione non è mai precisa - mi motiva a ricercare.

Poi ci sono situazioni in cui ho bisogno io di una metrica precisa e allora gli chiedo un verso particolare.

Emozionato di essere alla Scala?

No. Credo che bisogna dare il meglio ovunque vada in scena lo spettacolo: che sia la Scala o un teatrino parrocchiale.

Ha un desiderio o un sogno da realizzare?

Idee ce ne sono parecchie nel cassetto. Non le svelo per scaramanzia. Mi piacerebbe scrivere qualcosa solo strumentale, per esempio. Prima o poi capiterà.

È più difficile scrivere una

sinfonia che un’opera lirica?

La fatica è la stessa.

Come vede Vicenza e la sua vita culturale? Ci sono difetti?

Il difetto principale di Vicenza, parlo della musica, è che ci sono tante attività ma sembra proprio che vengano realizzate solo per fare invidia agli altri. Mi spiego: l’associazione musicale Tizia produce anche qualcosa di significativo, ma non le interessa uscire da questo ambiente; quello che le interessa è restare qui per far meglio dell’altra associazione vicentina. Questo atteggiamento, certo, dà una spinta perché si cerca di migliorare, ma è anche limitante perché alcuni prodotti potrebbero uscire, avere successo all’esterno e invece rimangono qui.

Si può guarire?

Credo di no, è un problema atavico, cronico dei vicentini.

L’invidia è uno spreco, in fondo Certo che sì. Uno spreco di qualità, di occasioni. Ricordo Gastone Zotto, già direttore del conservatorio, che descriveva con una frase il carattere dei vicentini: “Mi no, ma gnanca ti”. L’invidia è il vero problema di una città piccola.

L’invidia per sessant’anni ha impedito a Vicenza di costruire il teatro…

…e poi è stato realizzato con i problemi di acustica che ha.

Per carità, si sta anche bene dentro…

Da esperto, come vede l’opera lirica a Vicenza?

Al comunale male, perché non riesci proprio a rappresentarla. Il suono è sordo, l’orchestra è in buca e si sente più forte delle voci sul palcoscenico. E se i cantanti si spostano di due metri non senti proprio più niente. Il teatro non è fatto per questo tipo di rappresentazioni. Succede anche all’Arena, certo, ma hanno dei cast studiati apposta, con vocioni enormi.

La lirica va bene in un teatro piccolo, non così grande come quello di Vicenza. Come vede la città nel suo complesso?

Non male: è abbastanza pulita, poi i vicentini sono attenti a tutto. Però, è strano: i vicentini amano e odiano Vicenza. La detestano per alcuni aspetti, ma se gliela tocchi si offendono.

Musica: a parte la classica, come s’è formato?

Sono tuttora innamorato del rock progressivo. Nel mio modo di scrivere musica c’è ancora questo mondo che era bandito dai conservatori, ma che noi ascoltavamo. Genesis, Pink Floyd, Yes, Emerson, Lake and Palmer e poi anche gli italiani, naturalmente. Keith Emerson mi ha sempre colpito non solo per il talento musicale ma soprattutto per la capacità compositiva. I brani dei Pink Floyd sono facili da eseguire, quelli dei Genesis ma soprattutto Emerson sono difficili, complicati.

A chi si sente più vicino tra gli autori classici? Chi la ispira?

Tanti. Soprattutto Puccini e Britten, un contemporaneo.

Verdi naturalmente è inarrivabile: un animale da teatro, detto con rispetto. Nessuno come lui riesce a tradurre quello che è scritto in un libretto.

C’è una città cui paragonerebbe Vicenza, vista la sua esperienza internazionale? Sicuramente Salisburgo. Chi è il miglior direttore d’orchestra? Cioè, che qualità deve avere il grande direttore?

Prima di tutto una grande conoscenza della tecnica. Dev’essere perfetto perché ogni suo gesto ha un significato. Magari dall’esterno non si coglie, ma gli orchestrali lo capiscono subito se un direttore ha capacità o vuole solo mettersi in mostra con gli spettatori gesticolando.

Poi deve essere uno psicologo, perché l’orchestra è una macchina molto strana. Il bravo direttore, un po’ per istinto e un po’ per esperienza, dev’essere così valido da motivare l’orchestra a suonare per la millesima volta il Trovatore. Poi naturalmente deve avere talento musicale dal punto di vista dell’interpretazione. Deve capire cosa ha scritto il compositore e poi superarlo.

Cosa vuol dire?

Se io eseguo la mia musica, naturalmente so tutto e la eseguo analiticamente, in modo per così dire filologico. Il bravo direttore deve salire su un gradino più alto del compositore: deve andare dentro la partitura e poi straniarsi, elevarsi.

L’autore non è necessariamente il miglior interprete della sua musica, dunque Può capitare, ma generalmente no. Faccio un esempio: un grandissimo compositore come Ennio Morricone non era un altrettanto grande direttore delle sue musiche.

L’ha conosciuto?

No. Morricone lo considero, in senso lato, mio zio artistico perché ha studiato con Goffredo Petrassi e io con Wolfango Dalla Vecchia che è stato allievo di Petrassi.

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Un’immagine di Pierangelo Valtinoni, compositore vicentino conosciuto dalla Germania all’Australia, e un disegno del “Piccolo principe”
L’intervista
Parla il compositore. Pierangelo Valtinoni, conosciuto più all’estero che nella sua città, è alla “Scala” con la sua opera
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Arte

Auto di carta, ma restano pezzi pregiati

Volere è potere. E Paolo Limoli, 63 anni originario di Valdagno, ne è la prova. In passato è stato tutto ciò che ha voluto essere: da tastierista in grado di suonare accanto a Maurizio “Sangy” Sangineto e di accompagnare in tour la Pfm, fino a graphic designer per ben 35 anni. Oggi è un uomo pieno di energia che sfruttando anche l’esperienza da designer, è un artista a tempo pieno. Dimostra a tutti che per esprimere sé stessi bastano un’idea e della carta. E che carta, visto che si parla di Favini!

Jaguar E-Type Coupé, Alfa Romeo 1900 SS Touring Superleggera, Aston Martin DB11, Ferrari SF90 Stradale e molti altri capolavori a quattro ruote sono diventati, per mano di Paolo, dei modelli in scala realizzati con una tecnica a sagome di carta unica al mondo. Non sono motorizzati ma sono tanto ben fatti che basta un po’ di immaginazione per vederli in movimento e sentirne ruggire i propulsori.

Lei era graphic designer quando i computer non esistevano.

“Già. Nel 1978 ogni fase del processo creativo di un progetto grafico era manuale: dal bozzetto, al prodotto finale. Amo la tecnologia ma precisione, pazienza, rigore e curiosità sono qualità che il computer non trasmette.”

Cos’ha studiato?

“Nulla in particolare: non ho studiato l’inglese ma lo parlo, non ho studiato musica ma suono, e non ho studiato nemmeno grafica. Non è per fare il presuntuoso ma per spiegare che, secondo me, quando si vuole davvero una cosa la si può fare a prescindere da tutto.”

Ma come ha imparato allora?

“Essendo curioso e sbagliando. Dopo tutto, sbagliando si impara. Ma devo molto al maestro Giancarlo Alesiani. Mi accompagnava ai servizi fotografici, in tipografia e anche a qualche riunione con i clienti. Dopo due anni con lui avevo già la mia partita Iva, ero un libero professionista e lavoravo sia per lui che per altre agenzie di Vicenza.”

Quando è cominciata questa passione per la carta?

“Da bambino ho sempre disegnato e questa vicinanza con la carta mi ha rapito. L’arte però è arrivata nel 2005, in Spagna.”

Come mai così distante?

“Ero li per amore. Un giorno però mi sono ritrovato in una casa semivuota e volevo riempirla con qualcosa. Quindi ho iniziato a lavorare la carta e a creare i primi quadri, le auto sono arrivate dopo.”

A proposito dei quadri, sono pieni di cuori. Perché?

“Sono un sentimentale. Il cuore poi è una delle mie prime opere e mi accompagna dall’inizio di questa avventura.”

E le auto?

“La passione per le automobili, sportive soprattutto, mi accompagna da sempre. Realizzo su ordinazione modelli di auto in scala 1:10 assembrati completamente a mano impiegando carte speciali Favini. Di tutto il repertorio queste sono le più complesse e laboriose.”

Quale opera la rappresenta di più?

“Qube, che è una specie di auto ritratto. È in plexiglas perché io come “lui” sono trasparente attraversato da molti fili che rappresentano la mia comunicazione interna.”

Quante opere ha realizzato e venduto finora?

“Circa 120 e ne ho vendute una novantina.”

Ma quanto vale un’opera di Paolo Limoli?

“Dipende, di base da 500 euro a 2000 o 2500. Poi lavorando commissione dipende dalle richieste dei clienti. Plexiglas o il carbonio, con cui lavoro oltre alla carta, richiedono tempi lunghi e tecniche più complesse per essere lavorati. Chiaramente prezzi ne risentono.”

La mostra all’hotel AC Marriott a Creazzo si è conclusa. Adesso dove andrà?

“Avanti! Ho impostato la rotta per Dubai. Mi è stato suggerito di proporre la mia arte negli Emirati Arabi perché la clientela è numerosa e facoltosa.

Queste nuove esperienze mi emozionano, non mi piace la comfort zone.”

I modelli di Ferrari e Pagani sono stupefacenti per la precisione del dettaglio e la tecnica di realizzazione grazie a speciali carte Favini e spessori che ne danno il volume tridimensionale. Ma Limoli realizza molte altre opere, dal “Qube” ai “Cuori di carta” per cui è famosissimo

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Roberto Meneghini Il personaggio. Paolo Limoli è un artista che s’è specializzato in un settore particolare, la “paper art”. E adesso punta a Dubai Paolo Limoli fotografato a Dubai, dove vuole esportare nel vicino futuro la sua arte. Il modellino di una sua auto, una “Pagani” realizzata tutta in carta

La quotidianità vista con humor

Quella Renault 4 beige prodotta a Sparta

Aveva un riscaldamento proustiano e i sedili comodi come la Vergine di Norimberga, celebre strumento di tortura con i chiodi. Una volta mi esplose pure il parabrezza. Eppure quella vettura era amichevole e simpatica alla vista

La mia prima auto è stata una Renault 4 beige frappuccino dismessa da mia mamma e generosamente messa a disposizione nei miei ultimi anni da squattrinato studente universitario. L’aerodinamica adatta alle rarefatte atmosfere di Marte, l’asta del cambio da sonda gastroscopica, i sedili comodi come vergini di Norimberga, mi hanno fatto amare oltre misura questa vettura concepita secondo i più stretti dettami di Sparta, eppure così amichevole e simpatica alla vista.

Il riscaldamento era proustiano, d’inverno uscivano dalle fessure densi vapori termoplastici che sapevano di madeleine bruciata, pan carrè carbonizzato, poliuretani tostati che in breve riempivano l’abitacolo e stordivano piacevolmente l’attenzione, sottraendola alla pesantezza di una guida sempre vigile e responsabile.

Nel mondo automobilistico fu la mia nave scuola dove imparai presto che la noiosa teoria meccanico-motoristica studiata all’autoscuola aveva un riscontro brutale con la verità dei fatti: candele bruciate da cambiare, filtri dell’olio intasati, crick da azionare e gomme da sostituire. Passammo qualche anno insieme e vi presero posto fratelli, amici e morose più o meno durevoli, fino a quella che abitava lontano, nell’Estremo Oriente padovano, che andavo a trovare una sera a settimana percorrendo l’A4 da Vicenza est al casello di Padova zona industriale.

Una di quelle sere, d’inverno, mentre tornavo zigzagando tra i vari cantieri della terza corsia in costruzione, d’improvviso il parabrezza esplose formando una gigantesca ragnatela. Istinto, fortuna, destino, provvidenza, si chiami come si vuole, sterzai alla cieca tutto a destra, infilandomi per miracolo in una delle pochissime piazzole di sosta sopravvissute ai lavori. Fumai una sigaretta in tre boccate e due minuti (ah, la gioventù, che polmoni!) e poi puntandomi sul sedile tirai giù a pedate la vetrata gotica, sbre-

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gando ripetutamente i pantaloni. Ripresi la marcia e mi feci il tratto Grisignano-Vicenza in balia degli elementi che turbinavano dentro la vettura: la notte, il gelo, la nebbia, insetti di ogni forma e dimensione, anche un rapace notturno. Ricordo ancora l’espressione attonita del casellante quando lo salutai agitando la mano fuori dal parabrezza.

Non chiamai a giudizio la Casa francese perché ero giovane e innamorato e soprattutto allora non era di moda. E poi Graziani contro Renault suonava vagamente ridicolo.

La mia seconda auto fu ancora una R4, ma nuova di fabbrica e ultima serie di produzione, bianca, costruita in Slovenia. Uguale alla precedente ma con qualche spia perfettamente inutile in più: la comprai con i proventi di un libro da me profeticamente scritto, ovvero L’Abc del giovane disoccupato, edito da Mondadori, e che vendette abbastanza bene da permettermi un’auto nuova e causarmi problemi occupazionali in pratica per tutta la vita.

Fu essa a condurmi fino a un paesino del Friuli dove sposai la ragazza dell’Estremo Oriente Padovano. Il parabrezza autodistrutto della capostipite avrebbe dovuto farmi riflettere (e chi più di un cristallo?) sull’opportunità del caso, ma si sa è così, gli esseri umani agiscono, e soprattutto si sposano, soltanto d’impulso, altrimenti sarebbero tutti single.

Tornando a parlare di ruote e scappamenti l’R4 slovena che avevo intenzione di tenere per almeno 77 anni, venne giubilata causa le pressanti insistenze della moglie estremopadovana, fissata che dovessi avere una Golf a gasolio come quella di suo padre. “La migliore vettura del mondo”, a detta dei suoceri. Accadde così che mi ritrovai inopinatamente al volante di una zarrissima Golf Gtd nera da malavitoso dell’Erzegovina. Ma qui mi fermo e continueremo.

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Storie di vita e di auto. Tra le caratteristiche, un’aerodinamica buona per Marte e l’asta del cambio da sonda gastroscopica
Un modello di R4 beige, auto che ha contraddistinto la vita di un paio di generazioni

dibattito

“Anche noi meritiamo un aumento”

Gianni Rolando esprime un malessere diffuso: “Il nostro compenso è fermo a 36 euro lordi a seduta. Ma il nostro lavoro e la preparazione è comunque impegnativa e richiede esborsi anche per l’aggiornamento”

L’aumento delle indennità a sindaco e assessori (ma anche per il presidente del Consiglio comunale che è paragonato a un assessore) apre il dibattito in sala Bernarda dove il consigliere Giovanni Rolando chiede spiegazioni sul “gettone di presenza per i consiglieri comunali inalterato da anni e fissato a 36,15 euro lordi”.

Va subito precisato che l’adeguamento delle indennità, a Vicenza come in tutta Italia, non è messo in discussione: è di tutta evidenza che il grande lavoro e le altrettante pesanti responsabilità di sindaco e assessori erano sproporzionate rispetto al compenso.

Ma Rolando, a nome suo e intuitivamente anche degli altri consiglieri d’opposizione chiede un aumento del compenso anche per i rappresentanti dei gruppi consiliari di minoranza, almeno per far fronte alle attivi-

tà di supporto e aggiornamento dei consiglieri.

Il provvedimento inserito nella legge di bilancio 2022 prevede un progressivo incremento delle indennità dei sindaci in misura proporzionata alla popolazione e al trattamento economico dei presidenti delle Regioni.

A partire da quest’anno, infatti, il nuovo compenso mensile della giunta vicentina è pari a 7.831 euro lordi per il sindaco, a 5.873 per il vicesindaco, a 4.698 per gli assessori e per il presidente del consiglio comunale.

Si tratta di un incremento del 45%, destinato ad aumentare al 68% nel 2023 portando così lo stipendio del primo cittadino a 9.173 euro, a 6.879 euro quello del vicesindaco, a 5.503 quelli degli assessori e del presidente del consiglio comunale.

In passato il sindaco Francesco Rucco ha affermato di voler

dare in beneficenza la quota aggiuntiva che è prevista per legge, ma tecnicamente dovrà incassarla e poi destinarla a chi vuole. Non può dirottarla.

L’adeguamento dei compensi avrà per legge nuovi rialzi nel 2024. Fra due anni lo stipendio del sindaco raggiungerà quota 11.040 euro, quello del vicesindaco 8.280 euro e quello di assessori e consiglieri 6.624 euro. Naturalmente lordi. Cifre adeguate all’impegno civico che comporta grandi responsabilità, presenza costante e reperibilità sette giorni su sette, ma

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che hanno aperto un nuovo dibattito in aula. Il consigliere Giovanni Rolando, infatti, nella sua interrogazione ha chiesto che gli aumenti di stipendio vengano estesi anche ai con-

siglieri di minoranza “sia per lo svolgimento dei lavori del consiglio comunale che per le commissioni consiliari permanenti e per la conferenza dei capigruppo”.

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Il dibattito. La legge ha giustamente fatto crescere i compensi per sindaco e assessori. Ma i consiglieri semplici protestano
La tabella che indica gli aumenti delle indennità di sindaco e assessori e un’immagine d’archivio della sala Bernarda

Protagoniste del terzo settore

Un forte impegno sociale per le donne

Le parole della fondatrice Giovanna Meneghini valgono ancora oggi come direttiva: “A fianco della classe popolare femminile”. Decisivo anche il loro contributo culturale per studiare le problematiche femminili

Ha la responsabilità di guidare, sostenere, orientare 108 suore sparse in Italia (13 case), Brasile (29) e Mozambico (2): per la seconda volta e per altri sei anni suor Maria Luisa Bertuzzo è stata confermata superiora generale delle suore orsoline nel corso del capitolo generale svoltosi a Gallio. La congregazione è stata fondata da Giovanna Meneghini, nata a Bolzano Vicentino nel 1868, ed è piuttosto giovane in quanto il Vaticano ha concesso il riconoscimento ecclesiastico come istituzione di diritto pontificio nel 1971. Variegati gli ambiti in cui opera la congregazione: pastorale, educativo, culturale, socio-educativo, socio assistenziale.

Come si sente: onorata, preoccupata, fiduciosa per essere stata chiamata a guidare la sua famiglia religiosa per altri sei anni?

Più che onorata sono riconoscente perché essere rinnovata dopo sei anni dimostra stima e fiducia da parte di tutte; preoccupata perché i tempi comportano preoccupazione e timore per tutti; fiduciosa perché non è una “carriera” che mi sono andata a cercare, ma un servizio compiuto con spirito evangelico e quindi conto sull’aiuto dall’alto.

Le famiglie religiose stanno affrontando il tema della so-

stenibilità: economica (immobili desueti e costosissimi da manutentare), umana (scarso ricambio) ed evangelica (identità da ripensare). Quale futuro avete immaginato per la vostra congregazione?

Non siamo una congregazione di grandi dimensioni, quindi non abbiamo il problema di immobili desueti o altro: quanto abbiamo è quello che serve a noi e alle nostre opere. Di fatto le risorse umane non sono tante, ma non ci pensiamo onnipotenti, quindi nello spirito di servizio che ci qualifica scegliamo di condividere con dipendenti, collaboratori e volontari lo specifico che ci caratterizza. Questo permette di portare avanti le opere con attenzione alla “classe popolare femminile” come scriveva la nostra fondatrice Giovanna Meneghini agli inizi del ‘900: per noi oggi è una sfida che richiede “coraggio e speranza”. Non a caso il nostro capitolo generale, l’evento entro il quale sono stata rieletta, aveva come tema: “Sorelle in un popolo che invoca coraggio e speranza”.

Che cosa non ha funzionato nella testimonianza di preti, frati e suore se le nuove vocazioni sempre più rare (e si parla di una suora ogni 7 preti/frati)?

Secondo me non dipende

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da “cosa non ha funzionato”, perché nella storia della Chiesa e dell’umanità ogni realtà ha conosciuto un tempo di giovinezza, freschezza e splendore, a cui sono seguite fasi problematiche di fatica che spesso hanno portato a conclusione e chiusura delle realtà. Non si può risalire a una sola causa specifica, perché allo stesso modo saltano i matrimoni e le scelte che richiedono stabilità e fedeltà duratura. Forse si può parlare di una serie di cause che vanno da quella culturale a quella religiosa, dati i cambiamenti anche all’interno della Chiesa, ma non dimentichiamo neanche quella anagrafica, pensando alla denatalità.

Come fare perché le iniziative in ambito sociale promosse dalla Chiesa non siano il fine ma un tramite per veicolare messaggi e parole evangeliche di speranza

oggi?

È un “come” che ogni credente, ogni associazione, ente o gruppo deve scegliere, promuovere, verificare e sostenere. Io credo che il vangelo vissuto con gioia, tenacia, con le parole che consolano e quelle che inquietano per la profetica visione di un mondo in cui ogni donna e ogni uomo hanno pari dignità, siano elementi di una testimonianza evangelica che schiude al senso di una vita che non si conclude su questa terra ma apre spiragli di cielo.

Le suore Orsoline sono un autentico baluardo a difesa della dignità e dei diritti del mondo femminile. Quali sono le vostre priorità in ambito locale?

Come congregazione ci pensiamo come un “noi”, quindi questo vale per le nostre comunità nel nord, centro e sud Italia, Brasile e Mozambico e

caratterizza la nostra identità di donne consacrate che non si chiudono in un chiostro o in un appartamento, ma che dalla vita comune traggono la forza identitaria di crescere insieme come donne al seguito di Gesù nel pezzetto di mondo che abitiamo. Se ci riferiamo in particolare a Vicenza, saremo impegnate certamente nell’ambito di annuncio del vangelo con parole e gesti di donna, in dialogo e collaborazione con la chiesa istituzione e le comunità cristiane, a partire dalle parrocchie ai gruppi più specificamente legati alla promozione del femminile in ambito culturale e sociale, mantenendo quella caratteristica propria del seguito femminile di Gesù, in cui c’erano donne di diversa età, provenienza, cultura, che insieme annunciavano e testimoniavano il vangelo, in parole e opere.

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Il personaggio. Suor Maria Luisa Bertuzzo è stata confermata per altri sei anni al vertice delle Orsoline dal Capitolo Suor Maria Luisa Bertuzzo, eletta superiora per altri sei anni delle Orsoline
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Non provate a farlo a casa: è sacrilegio

Liscio, Aperol, Campari. E per chi avesse le idee meno chiare, ci sta pure l’indeciso. Ma sempre di spritz si tratta, che prima di cena tira su il morale e scioglie i pensieri.

Non è stato inventato da nessuno, nessuno ne conosce la ricetta, ma ormai è una bevanda internazionale. Anzi, glocal, perché globali sono i liquori che si usano per darle colore, locale la irriducibile presenza del vino, componente indispensabile.

La storia del vino è antica come l’uomo; qui però c’è il racconto di quando l’acqua e il vino si incontrano e il mondo è cambiato.

La bibbia si chiama “Slow spritz” e ne è autore Ettore Molon, studi al Pigafetta e quindi allo Iuav di Venezia, dove scopre le fondamenta dell’architettura e quelle dello spritz. Sulla prima scrive un paio di libri, adesso che è pensione da architetto Ronzani dà alle stampe il frutto della sua pluriennale ricerca sull’incontro fra vino e acqua. Da sempre i due si mescolano per temperare la freddezza dell’acqua e il calore del vino, secondo la teoria degli umori, ma lo spritz doc, inserito nell’elenco ufficiale dei cocktail Iba (International Bartender Association) è quello colorato.

“Spriss”, alla maniera veneta, deriva dalla parola tedesca “spritzen” e risale ai tempi in cui gli austriaci, in terra veneta, per non rischiare di ubriacarsi, mescolavano l’alcolico vino italiano all’acqua.

Poi è arrivato il colore, invenzione tutta nostrana. Nel 1919 viene lanciato l’Aperol a Padova, un anno dopo il Select a Venezia. Nasce così la diatriba sull’attribuzione della sua pa-

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per averci scelto e per continuare a sceglierci

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Raccomandiamo il Buon Senso per il Distanziamento

Manco a dirlo, il Rosso associato allo slogan “Red Passion” porta con sé una storia antichissima, perché quello dei bitter, del Rosso Campari, è il rosso cocciniglia, che giunse in Europa per la prima volta nel 1519 dal Nuovo Mondo. Preziosissimo, in origine si utilizzava per tingere la seta e i maestri tintori ritenevano che il cocciniglia fosse la sfumatura più vicina al rosso perfetto. Non mancava neppure nelle tavolozze di Tintoretto, del Veronese e della pittura fiamminga di Vermeer, per poi vederlo utilizzare anche nella farmacopea come antidepressivo. Nella

seconda metà dell’Ottocento, con l’era dei coloranti sintetici, il mercato della cocciniglia crolla, ma sopravvive ispirando l’idea del rosso perfetto che, nel 1860, diventerà la caratteristica del bitter Campari.

Lo spritz non è un cocktail e nemmeno un long drink. Di qualsiasi cosa si tratti, è ormai un fenomeno per più e meno giovani, che, con il bicchiere nella destra e la patatina nella sinistra, affollano i locali prima dell’ora di cena. E così la tradizionale ombra della sera si trasforma in un’esplosione di colore.

Il volume “Slow spritz. Come prepararlo, come berlo” (Ronzani editore) consiglia di affidarsi totalmente al pensiero del barman Gino Marcialis: “Lo spritz è un atto pubblico, non privato”. Il rito va celebrato in pubblico, al bar e non fra le pareti domestiche ternità. Ma aggiungere colore alla bevanda non è cosa banale. Da quel momento lo spritz può soddisfare anche “la sete di colore da bere”. Molon sottolinea che anche le parole, anzi, le lettere, possono essere associate al colore. La I, nella famosa poesia di Rimbaud sui colori delle vocali, è associata al Rosso, e non sfugge che questa vocale sia la sola presente nella parola spritz. Dunque, non può che essere questo il colore della bevanda e, il suo successo, come quello dei bitter, è indissolubilmente legato a tale caratteristica.

Proviamo a prepararlo a casa? Assolutamente no, risponde Molon, citando il barman Gino Marcialis: lo spritz è un atto pubblico, non privato.

E poi, chi la possiede la ricetta? Non ce n’è una esclusiva, men che meno una ricetta originale. Dunque, lasciamoci sorprendere dalla proposta che ogni barman ci propone, purché nel nostro bicchiere non manchino il prosecco, il seltz, un bitter, il ghiaccio.

Dimenticavo: una fettina di arancia e magari un’oliva infilata nello stecchino.

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Lo Spritz. Un libro di Ettore Molon spiega origini, storia e modalità di consumare una bevanda che è diventata una filosofia di vita
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Alessandra Ronchi L’autore, Ettore Molon, e la copertina del suo libro Fotografa
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• Chi è Alessandra Ronchi
Docente di lettere all’istituto superiore “Da Schio”, ha molti interessi culturali: dal Fai al verde sino ai libri

Personaggi vicentini d’un tempo

Anche Pellico lodò i suoi lavori teatrali

Studiò il latino, il francese e la poesia. Era la tragedia la sua grande aspirazione e ammirava Vittorio Alfieri. Ne scrisse una su Luigi Da Porto che fu applaudita al teatro Eretenio. Ebbe purtroppo un consenso limitato alla sua città

In riferimento agli spettacoli teatrali autunnali dell’Olimpico mi torna improvvisa alla mente la figura di Lorenzo Barichella, le cui vicende letterarie hanno suscitato in me sempre una certa simpatia. Fu uomo mitissimo al cospetto di un ritratto che, si dice, lo rappresentasse col coltello in mano e viso truce, per alludere al suo spirito tragico. Detto fra parentesi, di lui non sono giunti fino a noi ritratti. Nato a Vicenza il 2 ottobre 1780, Lorenzo sognava di dedicare la sua carriera alla letteratura, verso la quale quale nutriva da sempre una forte passione. Ma la vita aveva in serbo per lui altri progetti: rimasto orfano di entrambi i genitori, a vent’anni dovette rimboccarsi le maniche e cercare un lavoro utile all’immediato sostentamento della famiglia. Trovò impiego presso Ottavio Trento (“il maggior ricco che a memoria d’uomini sorgesse a Vicenza”, ricordava il Da Schio) di cui gestì i molti beni suoi (e dei di lui eredi), compresa quella piccola parte che, ricordiamo, il munifico aristocratico destinò alla città di Vicenza per la costruzione dell’attuale ricovero a San Pietro, che ancora oggi porta il suo nome.

L’incarico, che occupava gran parte della giornata di Barichella, non gli impedì di continuare a studiare il latino e il francese e di coltivare la poesia: testimonianza concreta di questo fervore letterario furono moltissimi componimenti occasionali, più o meno anonimi che, seppur produttiva palestra d’esercizio poetico, lo distrasse da altri più soddisfacenti progetti letterari. In seguito, infatti, se ne lamenterà: “Ah! Risuonato avesse il mio liuto/ sempre o Dio, di te sol, ch’io non avria/ sì follemente il tempo mio perduto”.

La sua grande passione, tuttavia, rimase la tragedia di cui riconosceva in Vittorio Alfieri uno dei massimi rappresentanti. Di questo genere lasciò numerose prove, incoraggiato in tal senso anche

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dall’amicizia di Silvio Pellico che nel 1835 gli scriveva: “Mi rallegro con Lei che sì bene coltivi la poesia, ed anche la tragica che di tutte mi pare la più difficile”. Uno di questi suoi lavori venne declamato anche dall’allora popolare attrice Luigia Ristori, zia della celeberrima Adelaide. Il conte vicentino Lorenzo Tornieri, anch’egli dilettante di poesia con alle spalle originali componimenti di costume e soprattutto una traduzione in volgare delle Georgiche virgiliane, gli fu affezionato mecenate: nelle lettere che gli spediva per ringraziarlo degli omaggi poetici ricevuti in gran quantità, gli faceva spesso notare come in fondo egli fosse un’anima tragica, tale da poter calzare il coturno con coraggio né temere confronto.

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Fra le tragedie scritte da Barichella segnalo, per la vicentinità della vicenda narrata e per il particolare fascino esercitato dalla figura storica trattata anche sugli artisti di casa nostra (un esempio su tutti la bella poesia in vernacolo di Arturo Rossato), il Luigi da Porto, pubblicato nel 1832 a distanza di poco più di quattrocento anni dalla stampa della prima edizione della novella Giulietta e Romeo. Il dramma venne pure rappresentato all’Eretenio nell’agosto 1833 alla presenza, come tenne a precisare la “Gazzetta di Venezia”, di un pubblico numerosissimo che applaudì l’autore con unanime voto ed entusiasmo richiamandolo sovente sul palco scenico. Fu un’affermazione, in verità, di circostanza che tuttavia appagò non poco un animo modestamente ambizioso come quello di Barichella: pur battendosi con perseveranza a favore della propria arte (celebre la pacata disputa con lo scrittore veneziano Troilo Malipiero), egli trovò infatti un consenso sempre circoscritto alla sua patria fino alla morte che lo colse a Vicenza il 31 luglio 1844.

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L’autore. Lorenzo Barrichella lavorò per Ottavio Trento ma aveva una grande passione letteraria. E scrisse moltissimo Il programma dell’opera di Barrichella su Luigi da Porto all’Eretenio e un ritratto di Silvio Pellico

Sollievo e autostima per chi è malato

T rucco, massaggi e beauty routine sono momenti preziosi per il benessere delle persone, ma per i pazienti oncologici questi rituali di bellezza hanno una grande importanza: favoriscono il recupero dell’equilibrio psicofisico, donano sollievo e autostima. “Dare nuova armonia al corpo aiuta a prendersi cura anche dello spirito – spiega Valeria Sylvia Ferron, 54 anni, imprenditrice e presidente della categoria estetica di Confartigianato Vicenza – Per questo motivo insieme ad altri sei colleghi e ai volontari della Lilt, degli Amici del quinto piano e dell’Andos ovest Vicentino, abbiamo creato il progetto “La forza della bellezza” per donare ai pazienti oncologici degli ospedali vicentini la possibilità di apprendere tecniche di make- up, beauty routine e massaggi utili per il loro benessere”.

L’iniziativa vede impegnate le estetiste e i volontari delle associazioni in momenti di incontro e solidarietà che avranno luogo sia a Vicenza nella sede Lilt in Borgo Casale 84/86, sia a Montecchio Maggiore nella sede Andos in via Ca’ Rotte 9.

“Svolgo questa professione da quando avevo diciotto anni- spiega Valeria Sylvia Ferron – Le pazienti oncologiche che si rivolgono a noi estetiste cercano supporto e sollievo dalla malattia. Ogni giorno aiutiamo molte clienti a mascherare gli effetti secondari delle terapie oncologiche tramite la cura della pelle e l’applicazione del make-up. Sono servizi che realizziamo grazie a una formazione continua e costante su prodotti e trattamenti estetici”.

Prosegue l’imprenditrice: “I nostri laboratori, inseriti nel più ampio progetto “social care” di Confartigianato, sono gratuiti e hanno l’obiettivo di aiutare chi sta lottando contro la malattia e chi l’ha superata a ritrovare l’autostima e il sorriso”.

I dati diffusi nel report “I numeri del cancro in Italia 2021 ” curato dall’Aiom (Associazione italiana di oncologia medica), dall’Airtum (Associazione italiana regi-

stri tumori), dalla Fondazione Aiom e Passi (Progressi nelle aziende sanitarie per la salute in Italia) sono chiari: “In un anno si stimano 377.000 nuove diagnosi di tumore: circa 195.000 fra gli uomini e circa 182.000 fra le donne. I tassi di mortalità per tutti i tumori risultano diminuiti circa del 10% negli uomini e dell’8% nelle donne tra il 2015 e il 2021. La sopravvivenza media a cinque anni dalla diagnosi di un tumore maligno è del 59,4% fra gli uomini e del 65% fra le donne”.

Le statistiche evidenziano l’importanza dell’operato delle associazioni che si occupano di prevenzione e assistenza ai pazienti oncologici. Realtà presenti anche nel territorio come racconta Isabella Frigo, presidente del Comitato ovest Vicentino dell’Associazione nazionale donne operate al seno: “Abbiamo 1 350 volontarie che svolgono attività a favore delle donne operate al seno

e non, bisognose di aiuto e di un punto di riferimento per una patologia che colpisce sia a livello fisico che psicologico – spiega Frigo – Il nostro primo contatto avviene in ospedale, dove forniamo loro soprattutto sostegno psicologico per iniziare il percorso post operatorio fatto anche di suggerimenti su protesi, parrucche e cosmesi”.

Concorda Cesare Benedetti, presidente della Lilt: “Il valore aggiunto del progetto – spiega – è che si riesce a fare squadra per dare un supporto ancora più esteso a quanti ne hanno bisogno”. “La bellezza dell’iniziativa –conclude Francesca Lovato, Amici del quinto piano – è che i laboratori sono aperti a tutti i pazienti in cura nelle varie strutture ospedaliere vicentine, dando ulteriore forza al loro stato d’animo e slancio alle altre attività che da sempre organizziamo per sostenere il loro delicato percorso”.

L’iniziativa rientra nel progetto “social care” di Confartigianato. Parla Valeria Ferron: “I nostri laboratori sono gratuiti e hanno l’obiettivo di aiutare chi sta lottando contro la malattia e chi l’ha superata a ritrovare il sorriso anche attraverso il trucco, i massaggi e le tecniche di bellezza”

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L’iniziativa. “La forza della bellezza” vede in prima linea le estetiste per chi è colpito da una malattia oncologica
Valeria Ferron, presidente della categoria estetiste della Confartigianato e anima del progetto

VIACQUA APPRONTA LA NUOVA EDIZIONE DI “ACQUA ORO BLU”

L'a.s. 2021-2022 ha fatto segnare le presenze più alte, con oltre 6.200 studenti coinvolti

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Famiglie di Vicenza

essere mantenuto in un ecosistema. Alle Risorgive si può poi imparare a conoscere la grande ricchezza di biodiversità conservata nell’area. Come già fatto nelle precedenti edizioni, per le classi aderenti Viacqua copre le spese di trasporto per le uscite e visite. Al percorso rivolto agli studenti si affianca però anche la proposta destinata , articolata in percorsi online e un programma di visite mirate a pozzi, serbatoi, depuratori, oltre che alle Risorgive del Bacchiglione, mettendo a disposizione delle scuole anche due recenti pubblicazioni curate da Viveracqua e rivolte ai più giovani.

propone ogni anno alle classe, visite agli impianti, visite alle Risorgive del Bacchiglione, , con l’obiettivo di far conoscere il servizio idrico integrato e promuovere un uso sostenibile . La nuova edizione si appresta così a partire con nuove proposte. , nonostante il persistere di alcune limitazioni l’adesione di 91 istituti vicentini, . Si tratta di un dato estremamente positivo, che supera anche i numeri che si registravano negli anni pre-covid. Nell’anno scolastico 2018-2019 il progetto aveva raggiunto, infatti, 5.772 studenti, l’anno successivo i partecipanti erano stati 4.760 per poi calare in modo significativo nel 2021 (2.043) a causa della

Le proposte rivolte agli studenti partono dall’acqua che si vede (pioggia, fiumi, risorgive, rubinetto, ecc.) per andare poi alla scoperta dell’acqua invisibile, racchiusa nelle sorgenti di montagna e nelle falde acquifere del sottosuolo. Si prosegue quindi nel viaggio attraverso le condotte di acquedotto che portano l’acqua nelle case e poi, attraverso la rete fognaria la conducono agli impianti di depurazione per restituire nuovamente una preziosa risorsa in natura.

Tutte le attività sono curate da formatori esperti incaricati da Viacqua. Negli interventi in classe si spazia dagli “esperimenti d’acqua” ai racconti “Da dove arriva l’acqua che beviamo?” e “Chi pulisce l’acqua sporca?”, arrivando a conoscere il sistema idrico vicentino e la cosiddetta “impronta idrica” di tutti noi. Le visite didattiche si tengono invece presso sorgenti, pozzi e impianti di depurazione, arrivando fino alle Risorgive del Bacchiglione, dove sono previste attività che possono essere rivolte anche alla scuola dell’infanzia, alla scoperta delle “Meraviglie dell’acqua”. Tra polle e canneti della grande area naturalistica che sorge nel territorio di Dueville viene inoltre illustrato il ciclo dell’acqua che scorre sotto i nostri piedi e il prezioso equilibrio che deve

Essere presenti a scuola con una proposta di alto valore educativo Presidente di Viacqua, Giuseppe Castaman - è per Viacqua fondamentale per ambientale sull'importanza della risorsa idrica e della sua tutela. Il progetto Acqua Oro Blu ci consente di coinvolgere quelle fasce di studenti che possono segnare un profondo cambiamento fin dentro le routine famigliari quotidiane. Insegnare infatti le buone pratiche di risparmio idrico e di responsabilità ambientale a quelli che saranno i cittadini del futuro, significa fare da stimolo per un cambiamento interno alle nostre che parte dal basso e che mettendo radici solide non solo ci permette di lasciare ai nostri figli un mondo migliore di quello che abbiamo trovato, ma anche di sperare in un

Il Presidente di Viacqua, Giuseppe Castaman
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La storia. È una disciplina legata alla pista di pattinaggio che solleva grandi entusiasmi. Una specialità nata a Pola

Hockey, quanti scudetti parlano vicentino

L a prima tappa è stata Pola, quando ancora l’Istria stava in territorio italico. Da allora – era l’anno di grazia 1922 – giusto un secolo è passato e anche l’hockey su pista strada ne ha fatta parecchia, fermandosi con soste più o meno prolungate in tante città o cittadine fino a planare in territorio vicentino. Il massimo campionato di una disciplina che è molto localizzata, nel senso che non si può certo definire universale andando a leggere non solo l’albo d’oro ma soprattutto la lista dei tesserati, s’è messo in viaggio ormai da alcune settimane parlando una lingua che sa tanto di nostrano.

Già, perché una buona fetta di squadre che stanno in serie A1 sono vicentine e non è un caso se i detentori del titolo vestono i colori del Trissino.

L’hockey su pista e la nostra provincia fanno coppia fissa da decenni ormai, prodotti di un movimento che s’è allargato a macchia d’olio, da Valdagno a Bassano, da Breganze a Montecchio Precalcino, da Sandrigo a Montebello per arrivare appunto a Trissino. Basta un campo da pattinaggio, attrezzature adeguate, una manciata di dirigenti appassionati ed il gioco è fatto. Piazzon a Valdagno, Stocchetti e Trissino, Leoni a Breganze, Gallinaro a Bassano sono i primi nomi di una lista che ha ben seminato nel tempo, raccogliendo allori e soddisfazioni in quantità.

E dopo gli anni d’oro della Triestina, del Modena e del Monza, dopo il ciclo probabilmente irripetibile di un Novara recordman di scudetti (ben 32), ecco che alla ribalta s’è presentato il Breganze che, complice lo sponsor Laverda, nel 1 976 ha fatto il suo ingresso nell’albo d’oro. Da lì lo scudetto ha parlato ancora il dialetto di casa nostra, con i breganzesi ancora una volta a far festa, imitati per tre volte da un Valdagno che aveva perso lo sponsor Marzotto come compagno di viaggio ma evidentemente non la voglia di stupire. E poi una magica doppietta affidata al Bassano ma prima ancora c’era stato il titolo di un Trissino che adesso s’è ri-

proposto al vertice deciso di restarci a lungo.

Bastava una pista da pattinaggio con attrezzature adeguate, due porte, una pallina, tanto entusiasmo e il gioco era fatto. La macchina del campionato si muoveva tra non poche difficoltà, si giocava nella bella stagione, senza i palazzetti attrezzati di adesso, per cui se il tempo si metteva al brutto (leggi pioggia) lo spettacolo non andava in scena ed era giocoforza recuperare – Giove pluvio permettendo- al mattino. Il professionismo non era nemmeno dietro l’angolo, il premio partita se andava bene era un’abbuffata alla fine della gara, le trasferte ovviamente in giornata riempite da interminabili partite a carte. Altri tempi, ma non è che fossero brutti tempi,

tutt’altro. Nella memoria scorrono una montagna di nomi, da Battistella ai Saccardo sul fronte breganzese, da Golin e Faccin a Trissino passando per Gonella, da De Gerone e Sbalchiero a Valdagno, dall’eterno portiere Fontana a Bassano, tutti prodotti fatti rigorosamente e orgogliosamente in casa. Poi sono arrivati gli stranieri, con l’olandese Olthoff ad occupare per primo la scena a Novara, apripista di un gruppone fatto di spagnoli, portoghesi, argentini, espressione non sempre felice della miglior produzione della disciplina internazionale. Così va il mondo. Ma intanto in Italia comanda il Trissino. E va bene così, per la felicità di tutto il movimento.

Da Breganze a Valdagno, da Sandrigo a Bassano, in meno di 50 anni l’albo d’oro è ricco di squadre beriche.

I primi a vincere lo scudetto furono i breganzesi nel 1976.

I campioni d’Italia e d’Europa adesso sono di Trissino.

Ai tempi d’oro non c’erano i palazzetti attrezzati di oggi ma si giocava all’aperto.

Il premio partita era un’abbuffata a fine gara per i giocatori.

Giornalista da lungo tempo e di riconosciuto valore, è un grande esperto di sport. È stato caporedattore de “Il Giornale di Vicenza”

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#Regione

“Non si può essere allo stesso momento ciò che si era e ciò che si è”. Quando cento e passa anni fa Igor Stravinskij scriveva questa frase per la sua “Histoire du soldat” non pensava certo all’Italia dei nostri giorni. Ma queste parole calzano perfettamente alla nostra situazione politica e fotografano l’incapacità di leggere i cambiamenti avvenuti dopo il voto delle politiche. Il Pd è vittima di quella che Massimo Cacciari definisce una “catastrofe culturale” nell’area di centrosinistra, iniziata da molto tempo,

Il Punto Stravinskij insegna di Antonio Di Lorenzo

che ha portato il Pd a perdere elezioni da sedici anni (pur restando al governo da undici). Ma secondo Letta il partito non deve sciogliersi, in nome dei cinque milioni di voti ottenuti. Peraltro nel Veneto il Pd ha motivi di essere più

soddisfatto rispetto ad altre regioni, visto che qui ha sostanzialmente tenuto.

Chi dovrebbe ragionare sul fatto che niente è più duraturo del cambiamento è naturalmente la Lega, che ha perso tre milioni di voti ma nessuno si è dimesso.

Il fatto che si siano redistribuiti in gran parte nell’area aggrava i problemi. Significa che le idee della Lega, cui gli elettori specie nel Veneto si sono aggrappati da trent’anni, non attraggono più. E infatti Fratelli d’Italia ha addirittura doppiato la Lega, mentre è svanito il progetto di diventare un partito nazionale. I voti, come i conti, non tornano più quando si perdono.

L’unica verità è che adesso Fratelli d’Italia ha tutte le carte per candidare un suo governatore per il dopo Zaia. Il 2025 è più vicino di quanto si pensi.

Segretario del Partito Democratico in Veneto e parlamentare di lungo corso, Andrea Martella è stato rieletto al Senato.

La sua valutazione sul voto?

“Dalle elezioni nazionali usciamo sicuramente sconfitti, è una sconfitta seria della quale tenere conto, ma anche la base per decidere l’impegno per il futuro. Il nuovo governo dovrà affrontare da subito situazione complicata, noi ci impegneremo per un’opposizione attenta. Siamo la seconda forza nel Paese, la prima di opposizione a livello nazionale. A marzo terremo il congresso, sapendo che solo dopo verrà affrontato il tema delle alleanze politiche che non siamo riusciti a realizzare questa volta”.

La situazione in Veneto?

“Siamo diventati il secondo partito della regione, abbiamo scavalcato la Lega e abbiamo tenuto, nonostante l’astensione molto alta e nonostante la presenza del terzo polo. Il dato più interessante è che abbiamo ricevuto 160 mila voti in più rispetto a regionali 2020. Questo sta ad indicare che il Pd è la base per costruire un’alternativa anche in Veneto. Dovremo muoverci con uno schema di alleanza ampia e plurale, verso le forze politiche e civiche, come è stato fatto a Padova e Verona. Siamo già in vista delle prossime elezioni amministrative del 2023 a Treviso e Vicenza e questo passaggio ci può preparare al meglio alle elezioni regionali del 2025”. Come capitalizzare il consenso ottenuto nelle città?

“Da una parte consolidiamo il risultato ottenuto nei principali capoluoghi, dall’altro dobbiamo aumentare la presenza il radicamento nei piccoli centri. È tutto un tema da approfondire”.

“Dobbiamo al più presto parlare con tutti in Veneto, a partire da Azione e Italia Viva.

Se sei forte e hai un tuo programma e una tua identità puoi allearti. Le alleanze sono necessarie, la destra le ha fatte non curandosi delle divisioni. Da noi sono prevalsi personalismi ed egoismi”.

In Veneto come si muoverà il Pd?

“Siamo il secondo partito e solo noi possiamo essere il perno di un’alternativa.

Continueremo a fare opposizione e contemporaneamente fare le proposte alla società veneta, su molti temi, ad iniziare da sanità, autonomia, sostegno alle imprese, lavoro. Continueremo a dire la nostra in consiglio regionale e poi con gli interlocutori sul territorio per costruire questa alternativa”.

Quali prospettive per l’autonomia in Veneto?

“La Lega in questi anni ha fatto solo propaganda e non ha ottenuto alcun risultato. Con una forza centralista come Fratelli d’Italia non la vedo semplice nonostante i proclami. Noi crediamo nell’autonomia e continueremo con la nostra proposta per una legge quadro nazionale e l’individuazione di sette materie che si possono realizzare, sulle quali sarebbe necessario convergere”. (n.s.)

Luca De Carlo, coordinatore di Fratelli d’Italia in Veneto, dopo una legislatura divisa tra Camera e Senato, è stato rieletto al Senato nel collegio uninominale di Belluno, incassando oltre il 57 per cento delle preferenze. All’ottimo risultato personale si somma la netta affermazione del suo partito in tutta la regione.

Il Veneto vi ha premiato?

“Per noi militanti veneti è stata una grande soddisfazione realizzare la miglior prestazione regionale, con ben 6 punti e mezzo sopra la media nazionale. Un risultato che non ci stupisce perché ci siamo rivolti ai cittadini veneti con un linguaggio concreto e coerente. Il Veneto era stufo di facili enunciazioni e ha trovato l’approdo naturale in Fratelli d’Italia, un partito pragmatico, serio e concreto. Adesso starà a noi non tradire la fiducia ricevuta e lavorare ad un governo coeso”.

Quali segnali sono arrivati dal territorio?

“C’è una forte attenzione non sono dalle categorie produttive ma anche dalla gente: per noi è stato normale entrare in sintonia con il sentire del popolo veneto e italiano. Abbiamo instaurato un confronto all’insegna del pragmatismo e delle priorità. I veneti hanno apprezzato, dopo il voto, anche la nostra scelta di non festeggiare più del dovuto, la nostra sobrietà”.

Come vi ponete con la Lega, vostro principale alleato, al quale avete sottratto non pochi voti?

“Il rapporto con i vertici veneti della Lega è splendido, improntato sulla correttezza e la trasparenza. Non ne ho mai fatto una battaglia interna, una sfida a prendere più voti della Lega. Mi interessava che il centrodestra prendesse più voti del centrosinistra”. Sarà la volta buona per l’autonomia?

“L’autonomia, come il presidenzialismo, è nel programma del governo dal 2018, sono sicuro che ce la faremo. Non verrà meno l’attenzione all’architettura dello Stato, perché se non consentiamo al tessuto imprenditoriale di superare questa fase non avremo le risorse per autonomia”.

Quali, dunque, le ricette per la crisi?

“Anzitutto un pano strategico nazionale sull’energia che ci porti a non dire sempre no, che diversifichi le fonti e metta sul tavolo tutte le opzioni, senza la spada di Damocle con aumento dei costi che ci fanno andare fuori mercato fuori mercato. Altre nazioni negli anni scorsi hanno fatto scelte più lungimiranti e ora possono far fronte agli aumenti. Però facciamo attenzione a dare denaro facile agli speculatori”.

Il Veneto che contributo può dare?

“Il nuovo governo sa di poter contare sulla classe dirigente del Veneto e sull’apporto che il nostro territorio saprà dare”.

Il forte consenso è dovuto all’impegno del partito?

“Abbiamo sempre detto che una volta superata la soglia psicologica del 5% alle europee sarebbe stato più facile crescere. A questo si è aggiunto il grande lavoro della nostra leader e di tutti i militanti sul territorio”.

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E il dialogo con il terzo polo?
Partito Democratico. Il senatore e segretario veneto Martella “Le alleanze sono necessarie, Pd fulcro per l’alternativa”
Fratelli d’Italia. Il coordinatore veneto De Carlo passa al Senato “Ha vinto la concretezza, il Veneto si farà sentire”

Azione. Il segretario regionale Marco Garbin “Bene il Terzo Polo, facciamo sul serio”

Marco Garbin, segretario regionale di Azione, commenta il primo vero test elettorale per il “terzo polo” in Veneto.

Come valutate l’esito del voto?

“In Veneto il risultato è stato ottimo, abbiamo eletto tre parlamentari nel plurinominale: Valentina Grippo, l’ex ministro alla famiglia Elena Bonetti e Daniela Sbrollini al Senato. Come primo approccio alle urne e come primo test politico credo che sia un grande risultato. Se guardiano ai numeri in Veneto abbiamo ottenutoa l’8,37%, quindi siamo sopra la media nazionale. Molto meglio è andata nei capoluoghi di città veneti: a Treviso il 12,90% a Padova il 12,64% a Vicenza 11,58%, a Verona il 10,66% a Rovigo il 9,92%, per citare i più importanti, molti a doppia cifra”.

Chi sono i vostri elettori?

“Si concentrano in città e sono sensibili ai nostri temi, ora dobbiamo fare un grande lavoro sulle piccole e medie città. Fino a prima delle elezioni avevamo solo dei sondaggi in mano. Ora possiamo contare su dati oggettivi che ci permettono di tarare la strategia per i prossimi anni. Il nostro è un progetto politico recente, con buone prospettive di crescita”.

C’è dunque spazio per il terzo polo in Veneto?

“Certamente, e questi numeri lo confermano, ci siamo misurati dal punto di vista politico e abbiamo portato a casa un risultato che ora intendiamo mettere a frutto”.

Come intendete muovervi adesso?

“Continueremo a lavorare sodo. Il progetto del terzo polo è una certezza che abbiamo concretizzato insieme con Italia Viva. Questa alleanza ci poterà al prossimo appuntamento importante,

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le elezioni europee del 2024. La nostra vocazione europeista è molto forte e gli elettori lo coglieranno. Intanto il prossimo anno ci misureremo anche con le amministrative”.

In Veneto Fratelli d’Italia ha bissato la Lega, perché?

“Il risultato è chiaro, nella nostra regione si è svuotata la Lega e il partito di Meloni ha fatto incetta di preferenze, si sono invertiti di rapporti di forza e di conseguenza anche i rapporti politici all’interno della coalizione. Ora li vedremo all’opera”.

E dell’autonomia che ne sarà?

“Il fatto che questo traguardo così importante sia atteso da anni fa pensare. Nonostante la Lega sia stata a lungo al governo non è riuscita a portare a casa il risultato. Il testo era pronto ed era sul tavolo, ma non è stato portato a compimento. Anzi, è stato mandato a casa un governo che stava perseguendo questo obiettivo”.

Quale il mandato ai vostri parlamentari?

“Anzitutto quello di fare i parlamentari e di lavorare seriamente, come il nostro slogan “L’Italia, sul serio”. Il numero di deputati e senatori è calato, e ai nuovi eletti sarà richiesta presenza e impegno”.

Le priorità?

“Il Governo Draghi ha lavorato all’ossatura del Pnrr, che ora deve essere portato a compimento. E’ anche un debito che dobbiamo usare bene e in maniera intelligente per le generazioni future. E’ un atto di responsabilità politica, fronte ad emergenze come il caro bollette e la tensione sociale. Abbiamo un iceberg davanti e dobbiamo calcolare bene la rotta. Il Parlamento e il governo dovranno agire con attenzione”. (n.s.)

Lega. Alberto Stefani, rieletto alla Camera “Centrodestra unito per il bene del Paese”

Alberto Stefani è stato rieletto alla Camera dei Deputati nel collegio della Bassa Padovana e Rovigo. Ha 29 anni, è sindaco di Borgoricco nonché commissario regionale della Lega.

Come valutate il responso delle urne?

“Diciamo subito che questo risultato sicuramente non ci soddisfa ma ci esorta a fare presto e a fare tanto. Ci mettiamo subito al lavoro per i veneti e in ascolto delle esigenze dei cittadini. Senza dubbio ha influito l’appoggio al governo Draghi, una scelta di responsabilità poco apprezzata dal nostro elettorato. Fratelli d’Italia era una novità e l’unica forza politica all’opposizione, sicuramente anche questo effetto ha influito sul dato elettorale. Ora sarà importante che in questi cinque anni il centro destra sia coeso e lavori per il bene del Paese”.

La Lega ha molte sentinelle sul territorio, cosa avete colto in questi ultimi mesi?

“Si notava da parte dell’elettorato un po’ di indecisione e di incertezza, comprensibile dopo una legislatura così delicata e particolare. Adesso c’è la possibilità di portare a casa risultati che ci permettono di costruire il futuro e recuperare consenso”.

Quale il vostro rapporto con Fratelli d’Italia?

“È una relazione molto buona, poi ognuno ha le sue sensibilità e si muove con i suoi uomini. In questo periodo, poi, l’elettorato è molto mobile e fra un anno lo scenario politico potrebbe essere completamente diverso. Ci saranno ulteriori variazioni dei flussi elettorali, questo dipende dalla capacità di governo delle forze politiche, siamo convinti che la nostra azione poterà beneficio alla Lega e ci garantirà buon

risultato dal punto di vista politico”.

E la partita dell’autonomia?

“Se si parla di autonomia è grazie alla Lega che ha promosso un referendum molto partecipato. Solo grazie alla Lega qualche risultato è stato ottenuto. Il nostro movimento politico ha sempre messo al centro questo tema nonostante un arco parlamentare avverso. Durante l’ultima legislatura, grazie ad un mio emendamento al Decreto Semplificazioni nel 2021, abbiamo approvato autonomia autostradale che permette di incassare miliardi di pedaggi per lavori e manutenzione ma anche di aprire una holding veneta delle autostrade”.

Quali le altre priorità per il Veneto?

“Sicuramente la riduzione del caro bollette per famiglie e le imprese che stanno soffrendo. Puntiamo alla riduzione delle tasse sulle piccole e medie imprese, nelle quali lavorano la gran parte dei veneti: è fondamentale preservare un patrimonio imprenditoriale che garantisce anche la coesione sociale. Vanno potenziate e migliorate le infrastrutture per commercio e trasporti con un maggiore aiuto da parte dello stato. Vanno fronteggiate alcune emergenze sanitarie come mancanza dei medici di base, un problema nazionale”.

Il dibattito interno alla Lega sul dopo elezioni?

“A livello congressuale siamo la prima regione in Italia: abbiamo superato il 70% ad inizio ottobre entro il mese concluderemo tutti i congressi di sezione per poi procedere con quelli provinciali. Le polemiche si smentiscono con i fatti e con i numeri, come abbiamo sempre fatto”.

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Regione

Avanti con l’Agenda Digitale del Veneto: “risolverà i problemi e darà opportunità”

Ha preso il via il percorso della giunta regionale di aggiornamento del documento programmatico “Linee Guida dell’Agenda Digitale del Veneto 2025”. A fare il punto sull’iter è l’assessore regionale Francesco Calzavara, con delega al Sistema informatico, e-government e agenda digitale.

Come nasce l’Agenda Digitale del Veneto?

“Abbiamo ‘scritto’ quest’Agenda partendo da 9 incontri sul territorio che hanno coinvolto più di 700 persone in circa 30 laboratori di co-design durante gli ultimi mesi dell’anno scorso. Il periodo ovviamente non era dei più semplici, ma organizzandoci siamo riusciti ad incontrare, confrontarci e raccogliere numerosi spunti con esponenti del mondo delle imprese, dell’università e del-

la ricerca, delle istituzioni locali, delle associazioni e dei cittadini. In questi incontri hanno partecipato tutti i miei colleghi di giunta, decine di dirigenti e funzionari regionali, e nel documento finale c’è la prefazione del presidente. Questo documento dunque è una visione condivisa e costruita da tutta amministrazione regionale. Alcuni anni fa il di-

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gitale non sarebbe stato vissuto come un tema trasversale di tutti gli assessorati, abbiamo compiuto un deciso passo in avanti”.

Cosa propone l’Agenda Digitale?

“Seguendo in prima persona questo percorso, ho raccolto veramente molte indicazioni importanti. La prima è sulla necessità di adottare un approccio duale: l’Agenda deve risolvere problemi e criticità presenti, ma anche delineare progetti che guardano al futuro, attraverso l’applicazione di nuove tecnologie.

Poi, il digitale è una grande

opportunità e nella nuova Agenda del Veneto è lo strumento per raggiungere obiettivi strategici: rendere il Veneto più attrattivo, più sostenibile e più coeso, rafforzando le comunità locali e mettendole nelle condizioni di avere gli stessi servizi delle grandi città. Terzo aspetto, l’Agenda 2025 propone molte azioni da realizzare, ma due sono prioritarie: l’investimento nello sviluppo e diffusione delle competenze digitali e la valorizzazione del dato da parte del soggetto pubblico. Ciò rappresenta un passaggio fondamentale per migliorare il governo del territorio, offrire servizi pubblici personalizzati e adattivi e per sostenere

la competitività delle imprese”.

Definire un piano pluriennale sul digitale, visti i tempi con cui evolve la tecnologia, non rischia di essere parziale e precocemente obsoleto?

“No, la modalità e il processo adottato per questa Agenda sono un asset di lungo termine. Abbiamo contribuito a rafforzare e consolidare la comunità degli stakeholders digitali della nostra regione, sapendo che sarà una risorsa vitale per poter affrontare il futuro incerto che ci attende e un presente ricco di opportunità, basti pensare al Pnrr e alla nuova programmazione europea 2021-27”.

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Il percorso. Il punto con l’assessore regionale Francesco Calzavara
Dopo gli incontri sul territorio, che hanno coinvolto più di 700 persone in 30 laboratori, entra nel vivo l’aggiornamento del documento programmatico che guarda al 2025

Regione

Le persone: il cuore pulsante di Despar

Mettere al centro le persone e contribuire al loro benessere: sono queste le direttrici dell’impegno di Aspiag Service, concessionaria del marchio Despar per il Triveneto, l’Emilia Romagna, e la Lombardia, per valorizzare i propri collaboratori, migliorare ogni giorno l’ambiente di lavoro e garantire rapporti occupazionali stabili. Oggi Aspiag Service conta quasi 9.000 collaboratori, di cui il 65% è rappresentato da donne, una grande famiglia per cui è sempre più forte l’attenzione dell’azienda alle persone e al loro benessere che è da sempre un elemento distintivo della strategia di crescita del marchio dell’abete. Per farlo l’azienda ha attivato molteplici iniziative, tra cui percorsi di formazione per tutti i collaboratori, progetti di inclusione e diversity, nonché investimenti per garantire e promuovere il continuo miglioramento della sicurezza.

P ilastro centrale per Aspiag Service è la sicurezza sul lavoro: tutte le unità organizzative sono infatti certificate ISO 45001, una certificazione che ha lo scopo di rendere sistematici per un’azienda il controllo, la conoscenza, la consapevolezza e la gestione di tutti i possibili rischi insiti nelle situazioni di operatività normale e straordinaria sul luogo di lavoro. A questo si collega un’intensa attività di formazione dei

collaboratori attraverso iniziative di prevenzione, comunicazione e informazione, affinché tutto il personale preposto sia preparato e aggiornato in tema di gestione e mitigazione dei rischi di salute e sicurezza.

La formazione dei collaboratori ha l’obiettivo di valorizzare e far crescere le persone. In questo senso è possibile parlare di formazione continua, volta a migliorare le competenze e le specializzazioni dei nostri c ollaboratori . Nel solo 2021

Aspiag Service ha erogato oltre 62.000 ore di formazione per tutti i collaboratori.

Particolare attenzione nel corso del 2021 è stata rivolta a percorsi formativi dedicati a tutti i collaboratori che hanno come

valore di riferimento lo sviluppo di una cultura inclusiva a tutti i livelli aziendali. I collaboratori con ruoli di responsabilità hanno potuto partecipare a corsi sull’ascolto attivo mirati a favorire una consapevolezza rispetto ai temi di giudizio e pregiudizio verso i colleghi e alla loro gestione, inoltre sono state promosse iniziative rivolte al top management che ha fruito di corsi volti a promuovere un’ottica inclusiva e che ha attraversato gli argomenti legati all’utilizzo dei canali di comunicazione con uno specifico focus sui temi della diversità di etnia, genere, orientamento sessuale ed age management.

L ’area vendite, dato il con-

tatto diretto con il cliente, è quella più interessata dai nostri corsi di formazione.

Per questo vengono dati loro gli strumenti per acquisire competenze specifiche sulla comunicazione verbale e non verbale e gestire al meglio l’interazione con i clienti. Nell’ottica di favorire la specializzazione e la crescita delle competenze, Aspiag Service ha inoltre attivato la piattaforma Totara per la gestione dei processi formativi in modalità seminariale ed e-learning, con particolare focus sulla formazione linguistica in linea con la vocazione internazionale di SPAR Austria, gruppo di cui Aspiag Service fa parte.

Promuovere la cultura dell’inclusività, mettendo al centro la persona

L’attenzione alle persone si concretizza per Despar anche in un nuovo modo di concepire il supermercato, non solo come spazio di vendita, ma anche come luogo sociale di incontro e condivisione. Per questo tra gli interventi formativi rivolti ai collaboratori, Aspiag Service ha promosso “La spesa che Impresa!”, un progetto pilota per fornire ai colleghi dei punti vendita gli strumenti per relazionarsi con persone fragili o in difficoltà, soprattutto anziani. Nei primi mesi del 2021, l’azienda ha attivato in via sperimentale un corso di formazione rivolto a una decina di collaboratori di tre punti vendita padovani tenuto da psicologi esperti in fragilità, con l’obiettivo di fornire ai partecipanti gli strumenti per relazionarsi e supportare anche nel semplice atto del fare la spesa le persone

che possono manifestare comportamenti anomali, un atteggiamento di spaesamento e confusione, individuando le modalità e i comportanti da adottare per entrare in relazione con loro nel modo più corretto ed efficace. Il progetto è nato durante la fase più acuta della pandemia quando il supermercato è diventato uno spazio di incontro e i collaboratori dei punti vendita sono stati investiti di un ruolo sociale sempre più profondo. I risultati della sperimentazione sono stati molto soddisfacenti, per questo il progetto sta proseguendo con successo in altri punti vendita, confermando l’impegno di Aspiag Service per lo sviluppo e la formazione dei propri collaboratori, così come per il benessere delle persone e l’attenzione alle comunità in cui si inserisce.

Per Aspiag Service l’attenzione alle persone è un caposaldo imprescindibile della propria politica di sviluppo, sia verso i collaboratori, sia ponendo attenzione ai legami sociali tra le persone all’interno delle comunità nelle quali l’azienda si inserisce. L’attenzione alle persone per Despar si rivolge non solo verso i propri collaboratori, ma anche verso l’esterno, a quella comunità che vive e cresce insieme alla nostra azienda. Di questo impegno ci teniamo a sottolineare due esempi: la prima è il progetto di “Uguaglianza e inclusività sociale”, sviluppato in stretta collaborazione con la Cooperativa Vite Vere Down Dadi di Padova, che consente di inserire nel mondo del lavoro ragazzi diversamente abili attraverso la creazione di shopper colorate e fatte a mano che sono poi state vendute nei nostri punti vendita. Il secondo progetto riguarda la collaborazione con le sette Questure del Veneto per sostenere alcune campagne informative e di sensibilizzazione su temi di grandi attualità come la violenza di genere, il bullismo e le truffe: i punti vendita del marchio dell’abete sono diventati così degli amplificatori sui territori dei contenuti di queste campagne portatrici di messaggi su temi sociali di grande impatto e di indicazioni pratiche per favorire la prevenzione e dare indicazioni pratiche sui comportamenti da adottare per affrontare situazioni di difficoltà o disagio. Si tratta solo di due esempi che testimoniano come per Aspiag Service la responsabilità sociale d’impresa sia un impegno a 360° che si concretizza anche in una forte attenzione alle persone, con l’obiettivo di creare legami forti e promuovere progetti di utilità sociale.

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Persone e Capitale Umano. Sicurezza sul lavoro, formazione e cultura dell’inclusività per far crescere una squadra coesa
IL PUNTO i collaboratori
“La Spesa che Impresa!”: quando il supermercato diventa spazio sociale

“Una stagione difficile per i pensionati gli attuali ristori sono insufficienti”

Caro-energia, bonus, interventi a sostegno del reddito, flat tax: sono molti i temi sul piatto in vista di un inverno che si preannuncia non facile per tutti, in particolare per le categorie più fragili come quella dei pensionati. Una situazione che preoccupa Massimo Cestaro, segretario regionale di SPI CGIL Veneto. Segretario, qual è la situazione in Veneto attualmente?

“Dalle rilevazioni Istat è emerso che l’inflazione in Veneto è sensibilmente superiore rispetto al dato nazionale: 9% contro 8,4% (ad agosto). Per esempio, un pensionato che vive da solo avrà al mese un aumento di circa 200 euro: costi prevalentemente energetici, di mantenimento della casa, e dei generi alimentari. Una coppia over 65, senza figli, avrà invece un incremento mensile di circa 270 euro. Se si

considera che il 50% dei pensionati prende meno di 1500 euro al mese, e che il 25% sta sotto i mille euro, si capisce come queste cifre impattino pesantemente”.

I dati dicono che un veneto su 4 è over 65. In prospettiva sempre più cittadini quindi saranno non autosufficienti e sempre più avranno bisogni marcati. Vi aspettate un sistema di tutele, una progettualità nelle politiche dell’invecchiamento della popolazione?

“Io spero proprio di sì. Dopo anni di pressioni da parte dei sindacati e numerose manifestazioni, l’ultima a giugno a Bologna, il Governo ha finalmente approvato il disegno di legge sulla non autosufficienza. Ora toccherà al nuovo Parlamento completare l’iter legislativo nei tempi previsti, per dare un aiuto agli anziani

non autosufficienti e alle loro famiglie”.

Dopo il bonus di ottobre, a novembre i pensionati veneti dovrebbero vedere un incremento di circa 150 euro grazie al bonus decreti aiuti Ter. Sono aiuti sufficienti?

“Direi di no. Il bonus 2%, che parte da ottobre, riguarda i redditi inferiori a 35mila euro annui ed è la ragione per la quale la platea non è esattamente al 100%. Si tratta di circa 30-35 euro di aumento al mese. Cifre irrisorie. Il Bonus dei 1 50 euro viene erogato a chi ha un reddito inferiore a 20 mila euro. Chi ha una pensione di circa 1500 euro tra i bonus e l’aumento del 2% per l’ultimo trimestre 2022 (tredicesima inclusa) dovrebbe trovarsi a fine anno circa 275 euro in tasca in più. È un piccolissimo ristoro, che riteniamo comunque insufficiente”.

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Cosa chiedete dunque? “Interventi strutturali. Le famiglie hanno bisogno di programmare la propria vita e quindi devono sapere quali sono le entrate”.

Si parla da settimane della FlatTax: cosa ne pensa? “Appartiene alla categoria più generale delle stupidaggini. Produce due effetti entrambi dirompenti: i redditi più bassi pagherebbero di più e ci sarebbe un grandissimo sconto fiscale per i redditi più alti, cosa in contrasto con il dettato della nostra Costituzione, che non a caso parla di progressività del sistema fiscale. L’effetto di questa logica sarà la privatizzazione dei servizi pubblici essenziali come la sanità: chi pensa che la flat tax possa ristorare le proprie condizioni deve sapere che questo produce un effetto pesantissimo”.

Ilaria Morelli conduce

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L’analisi. Intervista a Massimo Cestaro, segretario regionale Spi Cgil Veneto Toccherà al nuovo Parlamento completare l’iter in aiuto agli anziani non autosufficienti SCANSIONA IL QR CODE ASCOLTA QUESTA INTERVISTA SU:

Arte e Cultura

La novità. A Padova percorso multimediale in videomapping fino al 18 dicembre

Esperienza immersiva al Palazzo della Ragione

Palazzo della Ragione ospita dal 3 novembre lo spettacolo Sidera Aurea, un progetto artistico e culturale di valorizzazione di uno dei patrimoni storici padovani riconosciuti come Patrimonio Unesco. La più grande sala pensile al mondo si trasforma in una macchina del tempo tra proiezioni di luci e animazioni in 3d.

Un percorso storico ed emotivo attraverso la storia che il Palazzo ha vissuto attraverso i secoli. Dalla nascita fino alla sua distruzione, avvenuta nel 1 420 a causa del celebre incendio che cancellò il ciclo pittorico originale dipinto da Giotto.

Per la prima volta Palazzo della Ragione si trasformerà in una maestosa tela virtuale di uno spettacolo crossmediale.

Luci, effetti visivi, musiche e colori, attraverso la proiezione di un percorso immaginifico, trasformeranno le cornici e gli affreschi in 333 finestre.

Ideato e realizzato dalla Odd Agency, in collaborazione con il Comune di Padova, il pro-

getto è inserito nell’ambito della campagna di promozione dei beni culturali della città incentrata sul tema di “Padova Urbs Picta” tra gli otto luoghi affrescati da Giotto e dai suoi eredi.

“Con questa operazione di videomapping - commenta l’assessore alla cultura di Padova, Andrea Colasio - vogliamo rendere un grande omaggio a due giganti della storia padovana, ricreando, nei limiti del possibile, la meraviglia e la magia che il pennello di Giotto, aveva realizzato.

Non dobbiamo dimenticare infatti che accanto alle costellazioni zodiacali e ai pianeti noti vennero dipinte migliaia di stelle dorate, con specchi:

“sidera aurea cum speculis”, le quali, in un dialogo serrato con la Cappella degli Scrovegni, creavano un universo fantastico”.

Giotto, infatti, realizzò un enorme ciclo astrologico caratterizzando così il Palazzo della Ragione come tempio laico della città. Il titolo “Sidera aurea” si ispira agli astri

che hanno influenzato l’opera di Giotto. Il video mapping, infatti, trae ispirazione dalla narrazione astrologica del ciclo pittorico e dalla sua iconografia, in un continuo dialogo fra immagine e architettura. Una proiezione su due livelli tra soffitto e affreschi. Ma il più grande scienziato dell’epoca, Pietro d’Abano, collaborò insieme all’artista fiorentino. Ecco, quindi, che all’interno della Sala si venne a creare un incredibile connubio tra scienza e religione. “Rispettando il patrimonio racchiuso fra queste mura,commentano i creativi di Odd Agency - con questa installazione abbiamo l’ambizione di intessere un dialogo con le idee di Pietro d’Abano, rivestendo di una luce di contemporaneità l’arte da esse scaturita. Attraverso l’emozione generata da un’esperienza, l’installazione cercherà di restituire l’immenso patrimonio di storie e interrogativi che la Sala della Ragione non smette mai di suscitare in ogni nuovo visitatore”.

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Orari e date Costo biglietto Dove acquistare dal 3 novembre al 18 dicembre 2022, dalle 18.30 alle 20.30, uno spettacolo ogni mezz’ora, per un totale di 5 spettacoli

in Piazza delle Erbe, dalle 17:30 (un’ora prima del primo spettacolo) I biglietti saranno acquistabili dal 15 Ottobre.

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Veneto Strade.

con

Direttore Generale Silvano Vernizzi Nuovi lavori sulla Strada Regionale 10 entro l’estate 2023

“Entro la prossima estate saremo in grado di appaltare il primo

Un'arteria che collegherà i territori della Bassa Veronese e della Bassa Padovana. Stiamo parlando di un investimento di 65 milioni di euro". Un'investimento regionale per due aree importanti per l’economia del Veneto e per le imprese che sono ubica te nel territorio. Entrando nello specifico il primo lotto è di circa sei chilometri di lunghezza. Un tratto che da Carceri nel Pa dovano arriva alla Valdastico Sud a Borgo Veneto. “Questo Progetto è atteso da anni dai cittadini della Bassa padovana - ag giunge Vernizzi - lo ritengono giustamente fondamentale per il rilancio del territorio

L’opera, nella sua globalità, è stata conce pita per collegare Legnago al mare e quindi offrire una arteria fondamentale a tutta la bassa padovana. Si attende infatti, per concludere l’opera, il finanziamento degli ultimi stralci, da Borgo Veneto a Legnago, che permetterebbero sia di mettere in co municazione l’autostrada 1 3 di Monselice con la strada statale 434 di Legnago, rea lizzando un utile collegamento tra due zone produttive di grandi dimensioni e portata e due arterie stradali importanti, sia di li berare anche le mura e la circonvallazione di Montagnana dal traffico pesante che, oggi, per entrare sulla SR10 deve andare a Carceri.

Ne è convinta anche la Vice Presidente della Regione Veneto con delega alle Infra strutture, Elisa De Berti: “Dopo aver sbloc

cato un lungo impasse che aveva ingessato per anni il progetto della nuova SR1 0 e che doveva essere realizzato da un privato ag giudicatario di una concessione, ci siamo impegnati per raggiungere la riclassifica zione della strada da regionale a statale, in modo che la gestione restasse in capo a Veneto Strade, al fine di recuperare le ri sorse per la sua realizzazione. Nel contem po abbiamo stanziato quanto necessario per la progettazione definitiva ed esecuti va”. Un risultato non da poco visto conside rati i finanziamenti per le nuove opere. Tra pochi mesi dunque inizia l’iter che darà via libera poi ai lavori. Appalteremo in estate e come sempre inizieremo dagli espropri, per lo più in aree di campagna, e contiamo di concludere questo primo lotto in circa due anni e mezzo” spiega Vernizzi.

Veneto Strade è anche impegnata sia in attività già in corso di sistemazione e allar gamento di altre arterie, come ad esempio la strada regionale 450 nel veronese che percorre l’entroterra veneto del basso Lago di Garda, collegando l’ex strada statale 1 Padana Superiore (in località Cavalcaselle) all’autostrada A22 del Brennero. “Qui, stia mo facendo interventi sulla strada a quattro corsie con eventuale possibile pedaggio al traffico pesante. Mentre, siamo allo studio di fattibilità per quanto riguarda un altro corposo intervento, finanziato con 30 milio ni di euro, nel vicentino, sulla tangenziale di Rosà: un crocevia strategico – conclude Vernizzi - non solo per l’area bassanese, ma per tutti quelli che circolano sulla direttrice nord-sud della Valsugana, cioè tra Padova, Cittadella, Bassano e Trento”.

VENETO

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Tumore al seno, la prevenzione rimane la carta vincente

Visite senologiche gratuite e tanta informazione nella campagna della Lilt

Sappiamo

quanto la prevenzione sia importante per la salute della donna, ma sappiamo anche che farla, a volte, non è così scontato. La prevenzione, però, è essenziale: è il mantra anche di questa edizione di “Ottobre rosa”, il mese dedicato proprio alla prevenzione del tumore al seno.

Ed è per questo che si rinnova la campagna portata avanti da trent’anni dall’Airc, l’Associazione italiana per la ricerca contro il cancro, con le varie iniziative promosse da Lilt, la Lega Italiana per la Lotta contro i tumori, con Lilt for Women – Campagna Nastro Rosa, che invita tutte le donne a fare gli screening prenotando, presso le sedi che aderiscono, le visite senologiche gratuite, che sono promosse in tutta Italia. Si tratta di un importante appuntamento da non sottovalutare nemmeno tra le donne più giovani se l’obiettivo condiviso è quello di vincere insieme uno dei tumori femminili più diffusi.

Gli obiettivi principali di Lilt sono l’abbassamento dell’età dello screening e il coinvolgimento attivo nelle scuole con la diffusione di materiale informativo e illustrativo, in particolar modo insistendo sull’utilità dell’autopalpazione, soprattutto fra le più giovani.

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La quarta dose per tutti, aperte le prenotazioni

Lotta al Coronavirus, la circolare pubblicata dal Ministero della Salute il 23 settembre scorso dà il via alla somministrazione della quarta dose (“seconda dose di richiamo” o “second booster”) estendendola, oltre che alle categorie già previste, a tutte le persone dai 12 anni in su. La circolare rappresenta inoltre un aggiornamento sull’utilizzo dei vaccini, a seguito dell’autorizzazione Ema e Aifa, della formulazione bivalente original/B4.4-5 del vaccino Comirnaty. Il Ministero dunque autorizza l’utilizzo dei vaccini a m-Rna original/BA.4-5 di Comirnaty, non esprimendo – come si legge – giudizio preferenziale rispetto all’uso dello stesso o della formulazione original/omicron BA.1 di Spikevax e Comirnaty. Quanto alla somministrazione della quarta dose o secondo richiamo le modalità sono le seguenti. È previsto un secondo richiamo con vaccino bivalente (quarta dose) per tutti a partire da 12 anni, purché si sia effettuato un ciclo base e sussista una distanza di 120 giorni dal primo richiamo.

È previsto un secondo richiamo, ossia una quinta dose,

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per i soggetti superfragili con marcata compromissione della risposta immunitaria sia a causa di una patologia, sia a causa di trattamenti farmacologici.

Inoltre, la quinta dose, è prevista anche per i soggetti sottoposti a trapianto emopoieico o di organo solido.

La quinta dose, indipendentemente dai soggetti per cui è prevista, potrà essere effettuata solo su chi ha già ricevuto un ciclo primario di tre dosi (ciclo primario standard più dose addizionale a distanza di almeno 28 giorni dall’ultima dose) e una successiva prima dose di richiamo a distanza di almeno 120 giorni da quest’ultima.

La circolare prevede un ciclo a tre dosi di cui per la terza dose non fissa il limite massimo dalla seconda dose, ma solo il limite minimo di 28 giorni.

Per le categorie sopra indicate è obbligatoria la prenotazione anche online al link https://vaccinicovid. regione.veneto.it.

Si ricorda, inoltre, che i vaccini bivalenti a componente Omicron 1 e Omicron 4-5 sono considerati equivalenti, ritenendo “che tutti - si legge nella circolare - aiutino a mantenere una protezione ottimale contro il Covid-19”.

Ottobre rosa

Solo così la mortalità per tumore al seno potrà scendere a zero. Come afferma il volto della Campagna Nastro Rosa, nonché volto di Lilt for Women 2022, Francesca Fialdini. “La prevenzione - insiste - è la migliore amica di ciascuno di noi”.

In occasione del “mese rosa” oltre a visite senologiche gratuite offerte dalla Sede Centrale e dalle Associazioni Provinciali Lilt, sarà dunque distribuito anche materiale informativo, volto a responsabilizzare su questa problematica che colpisce sempre più donne nel nostro paese e che registra un aumento di incidenza nella fascia di età compresa fra i 30 e i 35 anni; elevata è, inoltre, la percentuale di mortalità tra le donne al di sotto dei 50 anni.

Per prenotare queste visite, basterà chiamare il numero verde: 800998877.

Come dichiara il professor Francesco Schittulli, senologo-chirurgo oncologo e presidente della Lilt, “il cancro al seno rappresenta il 30% di tutte le neoplasie e nel 2022 sono 60.000 i nuovi casi stimati”.

“Trenta anni fa – osserva il professore - la metà delle donne con tumore al seno operato moriva. Oggi la sopravvivenza a 10 anni si attesta all’80% circa”. Tutto ciò è dovuto agli operatori sanitari, al crescente ruolo della prevenzione che consente diagnosi precoci e, infine, all’impegno della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori. Se viene diagnosticato precocemente, infatti, il cancro al seno è guaribile: la probabilità di guarigione per tumori che misurano meno di 1 cm è del 90%.

Diventa, quindi, come sostiene Francesca Fialdini, importante fare prevenzione: è essenziale fare controlli periodici, l’autopalpazione e fare delle indagini diagnostico-strumentali sin da giovani. Per riuscire ad azzerare la mortalità legata al cancro al seno, Lilt si impegna a garantire l’uniformità territoriale del programma di screening senologico promosso dal servizio Sanitario Nazionale e organizzato dalle Regioni.

È importante coinvolgere le più giovani: l’abbassamento dell’età dello screening a 40 anni, con cadenza annuale e supportato anche dall’ecografia, è essenziale, dato che il 30% delle donne che si ammalano di cancro al seno ha meno di 50 anni.

Oltre alla prevenzione, svolge un ruolo importante, per chi è già stato colpito da cancro al seno, il monitoraggio tramite controlli clinico-strumentali. In vista del mese rosa, i partner di Lilt for Women 2022, hanno messo in campo delle iniziative interessanti. Fra queste la nuova edizione Pink Project di Calligaris, la campagna di sensibilizzazione di Yamamay e l’edizione limitata di TePe Italia, ovviamente in tema rosa, il cui ricavo verrà devoluto alla Lilt.

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La circolare del Ministero della Salute stabilisce criteri e modalità della somministrazione, quinta dose per i soggetti superfragili
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Quando si giocava a basket in Basilica Sport

Naturalmente non c’era riscaldamento, ma la passione faceva dimenticare tutti i problemi. Una zuffa nel 1955 fece sospendere le gare in Basilica che poi ripresero anni dopo: in quello strano palasport le ragazze degli anni Sessanta conquistarono tre scudetti.

Il palazzetto dello sport di Vicenza fu inaugurato nel dicembre del 1972 (sindaco Sala) e fu costruito soprattutto per dare un domicilio capiente alla pallacanestro.

Dal 1966 si giocava nella palestra di piarda Fanton, contenitore insufficiente per il pubblico che accorreva a tifare per la squadra maschile, allora in serie C, e per la femminile, che brillava già di grandissimo prestigio perché negli anni Sessanta si era fregiata di cinque scudetti nazionali. Ma prima del 1966 il palasport di Vicenza era la basilica palladiana.

La Basilica Palladiana costituì il primo campo coperto di Vicenza: palestre regolari in città non c’erano. Un’anomalia bizzarra unica al mondo. Il precedente della Reyer Venezia, che giocava alla Misericordia, ex chiesa cinquecentesca della città lagunare, non fa testo: rispetto alla nostra Basilica, totalmente inadeguata allo sport, la Misericordia era un sontuoso salotto attrezzato per giocare.

La Basilica fu concessa in due fasi. La prima dal settembre 1952 all’aprile 1955:

un memorabile Rossi-Fusinieri interscolastico, finito in litigio, offrì all’amministrazione comunale (sindaco Zampieri, uno che non andava tanto per il sottile) il pretesto per chiuderla, chè giocare nel salone palladiano da molti era considerato scandalo blasfemico.

La seconda vita della pallacanestro in Basilica va dal 1960 al 1966. Sotto le amministrazioni dei sindaci Zampieri, Dal Sasso e Sala la Basilica diventò il più surreale dei Palasport, utilizzato a tempo pieno e a tempo gelido dalla pallacanestro maschile e femminile, che con lo sponsor “Portorico Caffè” vi vinse due scudetti nel biennio 1964/1966.

La Basilica era sprovvista

di spogliatoi, per cui per le partite si affittavano alcune stanze del vicino albergo Due Mori. Nel corridoio esterno c’erano un misero gabinetto e un rubinetto d’acqua fredda. Tre lampadine fingevano di fare luce; i tabelloni in legno; il fondo in pavimento veneziano. In panchina guanti, sciarpe, cappotti sopra la tuta e berretti lanuginosi tentavano di opporsi accanitamente al fetido freddo. Il caldo, oltre che contenuto nelle borse di gomma portate da casa, arrivava col the preparato al piano di sotto sui fornelli della cucina della vecchia custode che però, conscia dei suoi diritti, diceva: “Rangeve che de domenega mi no son in servissio!”.

SOPRA: Con il presidente Antonio Concato, la squadra del ’66-’67.

In piedi: Gentilin, Agostinelli, Persi, Bortolotto, Viero.

Accosciate da sinistra: Faggionato, Franzon, Pausich, Verdi, Battistella.

Partendo dalle giovanili, arrivando in prima squadra, giocai in Basilica dal 1962 al 1966, fossa dei leoni dove il fattore campo, complice il generale Inverno, diventava imbattibile nello sconfiggere i malcapitati avversari. Trasferendoci alla Piarda, trovammo finalmente un ambiente riscaldato con spogliatoi, docce, luce, tabelloni in cristallo. La Basilica come campo di gioco entrava nel mito, che ancor oggi persiste incancellabile. Poter affermare: “Io ho giocato in Basilica” è motivo di fierezza e di nostalgia. Allora la prima squadra

giocava la domenica alle 11. La giovanile, dove militavo, alle 9. Indossare canotta e pantaloncini in dicembre, gennaio, febbraio era davvero un’impresa. Ma i nostri 15/16 anni non si curavano di queste bazzecole. L’importante era giocare, divertirsi, correre! Così a quasi sessant’anni di distanza mi si perdoni la chiusura di questo amarcord: per chi ama le categorie, a Vicenza (non sembri alterigia) esistono i giocatori razza Piave che hanno giocato in Basilica ed esistono gli altri.

• Chi è Roberto Pellizzaro

Professore di latino e greco, scrittore di libri su Vicenza e i suoi personaggi è stato un giocatore di pallacanestro e adesso anche un dirigente di società di basket.

Aveva cinque anni quando il papà Fiorenzo scendeva in strada assieme al neonato Comitato dell’Albera per chiedere la nuova bretella del Villaggio del Sole. Era il 2002, non c’era ancora il rondò di viale del Sole ma c’era il Comitato che aveva come portaban-

diera, come oggi, Gianni Rolando. In vent’anni Ilaria Donadello s’è laureata in ingegneria ambientale, in inglese “environmental engineering”. Da ingegnera, ha elaborato un istogramma che fotografa l’impossibile così come lo comunicano i dati

Anas: cioé che la bretella lumaca sia conclusa in quattro mesi, realizzando appunto in 1 20 giorni quello che non è stato possibile concludere nell’ultimo anno e mezzo. La bretella è al 63% della realizzazione e procede all’1% di velocità al mese.

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La testimonianza. Negli anni Cinquanta e Sessanta i giocatori avevano un palasport tutto particolare. E soprattutto freddo SOPRA: Una gara di pallacanestro femminile giocata in Basilica.
Ilaria non andava a scuola quando la bretella dell’Albera era già una necessità. S’è laureata ma non è ancora finita

Enogastronomia

Jacopo, piatti da favola al lago di Fimon

Aiutato dalla mamma Nerina e dalle sorelle Marta e Giulia, il cuoco ha creato un interessante locale a Miralago, dove un tempo esisteva una celebre discoteca.

La sua è una cucina semplice e pulita come ne servirebbero molte di questi tempi

Il luogo racconta un pezzo di storia di Vicenza: un tempo era la discoteca Miralago, a Fimon, celebre ancora negli anni Settanta quando tutta la zona attorno al lago, a dire la verità, ospitava locali dedicati al divertimento. Erano i tempi della “Febbre del sabato sera” e la disco dance furoreggiava. Da quattro anni quell’immobile ospita un ristorante, la “Locanda Trentin”, che ha raccolto le energie della famiglia di Severino Trentin, autentico e indimenticato signore, persona di stile e di intuizione che ha dato molto alla gastronomia vicentina, scomparso 12 anni fa.

Il figlio Jacopo, oggi venticinquenne, ha preso in mano le redini del locale e ne ha fatto un luogo un po’ stile shabby, dall’eleganza che ricorda la trattoria di campagna ma soprattutto dai saporiti piatti. Lo sostengono nell’attività la mamma Nerina e

le sorelle Marta e Giulia.

La cucina è semplice e dai gusti puliti, esattamente quello che serve oggi, perché siamo troppo circondati da complicazioni concettuali e da troppi cuochi fenomeni. Il menu qui punta sulla tradizione, certamente, ma anche su idee interessanti, come le mazzancolle croccanti con chutney di mano e peperoni, piatto che rivela quanto Jacopo abbia studiato e approfondito, senza fermarsi alla riproposizione dei classici di famiglia che pure sono gustosi. Del resto, poco più di dieci anni fa il cuoco ha frequentato uno stage da Carlo Cracco che era buon amico del papà.

Comunque è da precisare che Jacopo Trentin, al di là della tradizione familiare, ha ormai maturato una sua personalità e dimostra una mano sicura sia nei piatti di terra ma soprattutto in quelli di mare. Il suo cru-

do dell’Adriatico da solo vale la visita, ma una lode la meritano anche la frittura, oppure gli spaghetti agli scampi. Ma anche la tagliata di tonno in crosta di nocciole oppure il filetto di rombo, le tagliatelle con astice e datterino, le capesante, in tartufo nero e la crema di zucca rappresentano altrettanti simboli di un ristorante nel quale stare bene è sinonimo di buona cucina, vini curati e un’accoglienza calda.

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Antonio Di Lorenzo Il personaggio. Il figlio di Severino Trentin propone una cucina semplice con piatti di gusto e molte proposte legate al mare Jacopo Trentin, le mazzancolle croccanti e gli spaghetti agli scampi

e serie

Guerre Stellari, stavolta c’è una serie intimista

visti

vicino

I dubbi di Petra sulla vita da single

“Nessun

essere vivente – nella nostra galassia o in quella di Star Wars – è illegale”. Diego Luna ha le idee molto chiare su Andor, la nuova serie di Star Wars in streaming e sui parallelismi tra la serie tv e l’attualità.

Ambientata negli anni dell’ascesa dell’Impero Galattico, Andor è un prequel del film Rogue One che racconta le origini del personaggio di Cassian Andor interpretato da Luna. A metà tra una storia di spionaggio e un thriller come non si era mai visto nell’universo di Star Wars, Andor rappresenta un racconto la cui urgenza non sfugge allo spettatore.

“Per la prima volta raccontiamo le ripercussioni che il regime totalitario dell’Impero ha sulle persone più semplici e sulle loro vite di tutti i giorni,” racconta Luna, che aggiunge: “Siamo abituati a considerare Star Wars una grande storia epica di rivoluzioni e insurrezioni. La nostra serie tv si concentra sulle vicende più intime delle personalità che porteranno al vero cambiamento in tutta la Galassia” anticipa Luna.

Discostarsi così tanto dal tono abitualmente più luminoso della saga di George Lucas è un rischio che, nel caso di Andor, trova una formula di successo piuttosto interessante. “Quello che Rogue One rappresentò per i film di Star Wars, sei anni fa, oggi è Andor per le serie di Guerre Stellari che abbiamo visto finora” spiega Diego Luna.

Cassian è un ladro il cui pianeta natale è stato distrutto dall’Impero. Gilroy, l’ideatore, lo ha descritto come “una persona inizialmente cinica e antirivoluzionaria, che poi diventerà la più appassionata della galassia” in “Rogue One”, e ha aggiunto che “è un leader naturale che manipola le persone, nonché un perfetto insieme di guerriero, spia ed assassino”.

È la quarta serie televisiva “live action” ambientata nell’universo di Guerre Stellari, cinque anni prima del film Rouge One. Il protagonista è Cassian Andor, una spia ribelle. I produttori esecutivi sono Diego Luna e Tony Gilroy.

La prima stagione è composta da dodici episodi. Ancora prima della sua uscita è già entrata in produzione una seconda stagione, le cui riprese hanno inizio in questo autunno. La serie è già rinnovata per una terza e ultima stagione.

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“Il segreto della nostra coppia di fatto? Battibeccare, sempre”. Paola Cortellesi e Andrea Pennacchi raccontano i loro Petra e Monte mentre è in corso la seconda stagione. La serie è tratta dai romanzi di Alicia Giménez Bartlett e due anni fa ha messo a segno uno dei migliori debutti per una produzione Sky Original nella storia della pay-tv di Comcast. Quest’anno Petra e Antonio tornano con quattro storie inedite per raccontare l’età dei dubbi della sua protagonista.

“A fronte della nuova relazione di Monte, Petra inizia a domandarsi se al suo fianco ci sia spazio per qualcuno – anticipa Paola Cortellesi – Magari non sono domande strutturate, ma esigenze che emergono”. La conseguenza è che “ci sono due incontri per lei in questa serie, uno molto importante”. Anche Andrea Pennacchi attribuisce all’alchimia fra Petra e Monte l’evoluzione emotiva del suo personaggio. “Monte si apre e trova una persona con cui condividere la propria vita – questo lo deve a Petra,” racconta l’attore padovano.

Oltre a riportare in scena l’amalgama di giallo e comicità che ha reso Petra uno degli adattamenti più riusciti dell’attuale linea editoriale targata Sky Studios, questa stagione mette al centro l’amore nelle sue forme più quotidiane e, spesso, sottovalutate. “Sebbene quello tra Petra e Monte non sia un amore romantico, loro e il legame che li unisce sono il fulcro della serie,” afferma Paola Cortellesi.

Per il suo stile e le sue caratteristiche, “Petra” può essere ricondotta entro i canoni del Noir Mediterraneo: l’ironia e la nostalgia di fondo che animano la vicenda; la figura stessa di Petra, un’investigatrice che in ogni episodio mette in scena e allo stesso tempo cerca di smentire alcuni stereotipi sulle donne; il ruolo centrale del mare e dell’ambientazione in una città portuale, che nella serie televisiva non è Barcellona ma Genova. Genova, ha spiegato Cortellesi, rappresenta la città più simile a Barcellona nelle sue mille sfumature, che vanno dalle zone malfamate ai quartieri pieni di bellezza e di cultura.

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a cura di Paolo Di Lorenzo
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