Quinta edizione: Flessibilità – persone, luoghi e cose che cambiano. Almendra di Patricia Urquiola, Luminator a colori, due creativi di Copenhagen esplorano Oblique Floor e Mayday si avventura all’aperto.
UNIVERSO URQUIOLA
Creata dalla designer Spagnola Patricia Urquiola, Almendra è un sistema di illuminazione modulare declinato in forme e colori che ricordano il mandorlo, da cui prende il nome. Un progetto ambizioso per design e materiali, che con l’aiuto della tecnologia sintetizza poesia e sostenibilità. Per celebrare Almendra, abbiamo creato un universo di cui la lampada ne diventa la protagonista, un mondo in cui si muove leggera tra natura e tecnologia, sogno e realtà. Qui, Patricia Urquiola ci racconta la genesi di Almendra, e ci parla della sua visione del futuro. Intervista di Rosa Bertoli Illustrazioni di Manuel Carvalho e Nazara Lázaro
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Cominciamo da Almendra: e’ un progetto di illuminazione che riassume molti dei temi ricorrenti nel tuo lavoro. Il colore, le forme curve, la modularita’, la composizione degli elementi. Come e’ stato concepito questo progetto? ROSA BERTOLI
PATRICIA URQUIOLA Da ogni cosa nasce cosa. Almendra viene dalla collezione Serena (2015), dove avevamo tentato di avere fonti luminose molto semplici ed elementi diffusori che proteggevano la luce in maniera poetica, delle foglie di alluminio molto fini. Di quella collezione rimase la lampada da tavolo, ma non ci fu mai l’occasione di realizzare quella sospesa, che era immaginata come un ramo con tre petali, perché non avevamo trovato una tecnologia adatta. Rimase comunque nella mia testa. Volevo adattare il concetto al contract, per un progetto di architettura. Parlandone con Flos abbiamo pensato di ripensarla. E’ rimasta l’idea di questa foglia, che è diventata una forma molto semplice che ricorda anche un guscio, e da Serena è diventata mandorla, Almendra. Quando io penso al mandorlo, non penso solo al ramo fiorito. Le mandorle sono organismi: la mandorla non è un frutto, è un seme che è una specie di contenitore ovale, deve aprirsi per fare uscire la mandorla. Sono oggetti molto semplici, che si aprono. Siamo passati dalla foglia a qualcosa di più carnoso, solido, che semplificato è diventato l’apparecchio illuminante. È diventato così un modulo in sospensione. Mi piace perché è rimasto un oggetto modulare molto semplificato che sembra un piccolo guscio aperto, naturale ma anche meccanico. Tecnologico e naturale, e allo stesso tempo molto semplice nel linguaggio e nella poetica. ROSA BERTOLI
Come si declina il design di Almendra?
Il modulo può essere composto in varie maniere, a volte si collega come le mandorle attaccate al ramo, o possono comporre vari elementi, verticali o orizzontali. Un’altra possibilità è che si snodi in altri due o tre rami, creando una composizione molto leggera nello spazio. Gli elementi di questo modulo sono tutti consoni a creare la luce: quelle due alette sono come un diffusore, una metafora della mandorla. PATRICIA URQUIOLA
ROSA BERTOLI La palette di Almendra include tonalità pastello come off-white, nude, ocra, antracite,
oltre al verde petrolio e lilla metallizzati. Come hai scelto questi colori? PATRICIA URQUIOLA I colori vengono dalla natura. Guardavo l’immagine stessa del mandorlo a Ibiza. Partendo dal verde, abbiamo scelto i colori di un almendro, dai bianchi che rappresentano fiori, l’ocra che rappresenta i rami e i gusci. E il nude, colori che rimandano a quello che puoi trovare in un ramo. Soprattutto, quello che mi piace è che una mandorla è un oggetto con una sua temporalità. La Almendra è il seme e la luce, e sta all’interno del guscio che è una specie di piccola casetta, un piccolo spazio che contiene il seme, lo protegge. Mi piaceva esplorare l’energia delle mandorle. La lampada è ancora un oggetto meccanico, ma in un futuro vicino immagino un apparecchio luminoso che si apre e chiude, che ha una sua mobilità.
Alla base di Almendra c'è anche un forte desiderio di creare un prodotto sostenibile a tutto tondo. Quali sono gli elementi portanti di Almendra da questo punto di vista, e come sono stati sviluppati durante il processo di creazione? ROSA BERTOLI
Volevamo concepire la lampada come fosse un piccolo organismo. I nuovi apparecchi luminosi hanno la fonte a LED, sono davvero come degli organismi. Non si tratta più di una lampada con una calotta e una lampadina. Sono fatti in maniera molto più complessa, ma allo stesso tempo non devono tradurre quella complessità, devono essere molto semplici dal punto di vista visivo. Una semplice fonte di luce modulare che in sé rimane un petalo, un guscio semplice. Per me era importante che alla fine dell’uso dell’oggetto fosse possibile smontarlo e semplicemente dividere gli elementi che lo compongono. Spesso con gli oggetti complessi questa è la parte più difficile. Almendra è pensata già con questa logica. L’altra cosa importante sono i materiali che compongono Almendra, come l’alluminio estruso, un materiale riciclabile che compone il ramo e l’apparecchio illuminante. I gusci laterali invece sono stati semplificati e prodotti con un materiale policarbonato sostenibile. Le plastiche usate nel progetto sono ragionate con una visione che guarda al futuro, ricavate dalla produzione della carta. E infine la scomponibilità, PATRICIA URQUIOLA
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fondamentale. Le finiture sono sempre a base d’acqua, i collegamenti tra i pezzi sono a scatto, non ci sono viti o colle. Siamo in un momento che segna l’inizio di un processo, e con tutti i prodotti dobbiamo insistere perché siano concepiti con la loro fine inserita nel progetto. Ci sono nuovi collegamenti tra il produrre e l’utilizzo. È importante, nella complessità, trovare le soluzioni più giuste. ROSA BERTOLI
Come immagini Almendra nello
spazio? Almendra, come tutti gli oggetti, farà parte degli ambienti in cui abitiamo, una buona parte dell’illuminazione sarà smaterializzata, ma da un altro lato saranno anche apparecchi illuminanti che avranno una presenza, quindi dovranno avere una certa leggerezza. Almendra è un sistema modulare, con composizioni severe e lineari dove i moduli sono attaccati tra loro, o più curve, organiche. Quando il dorso che accompagna la mandorla si collega con un altro apparecchio, l’oggetto si slancia e galleggia in maniera naturale nell’aria. L’intenzione era quella di fare non dei lampadari come degli oggetti appesi ma di creare una presenza leggera, che entri in rapporto con lo spazio. PATRICIA URQUIOLA
ROSA BERTOLI In queste pagine Almendra diventa protagonista di mondi fantastici, che uniscono natura, cultura e tecnologia attraverso immagini oniriche e impossibili. So che questo approccio virtuale all’immagine ti affascina: cosa ti attrae di più riguardo al fatto di poter creare immagini digitali? PATRICIA URQUIOLA Più che mondi impossibili, sono mondi digitali, quello che quel mondo parallelo ci può offrire e che il mondo materiale e fisico non ci permette. È stato divertente portare Almendra in questo piccolo metaverso, in cui diventa un oggetto tecnologico che ha una sua vita e una sua architettura, fra il naturale e l’artificiale. ROSA BERTOLI
Ma ci sono anche le protesi della mente, interfacce che diventano estensioni della nostra mente e hanno bisogno di un nuovo abbecedario. Penso che queste due presenze saranno sempre più più mischiate alla nostra vita, dovremo avere tempo per la nostra vita reale e per la nostra vita digitale. Una delle cose che più mi interessa è affrontare [il mondo virtuale] per capirne la logica, e capire come utilizzare queste interfacce in maniera sempre più progettuale. Tutto il digitale lo immaginiamo per chi ha le capacità materiali, ma spesso non puoi accedere a un luogo per un milione di motivi, per età, condizioni fisiche, e in questo periodo lo abbiamo provato. Il digitale è un laboratorio fantastico di sperimentazione che non annulla il reale, ma che va affrontato, e a me interessa tutto quello che va affrontato. Come dovremo vivere la vita reale, dovremo anche affrontare in parallelo, e a volte anche sovrapposto, un mondo digitale. E per questo è importante progettare il tempo. ROSA BERTOLI
Dimmi di più del tuo approccio
al tempo. Quando le tecnologie si sovrappongono alla nostra vita in maniera sbagliata, diventano viziose e problematiche. Ma allo stesso modo possono essere molto interessanti. Trovo sia fondamentale capire come gestire il tempo nei loro confronti e conoscerle. Anche perché dobbiamo difenderci da questa dualità, e gestirla. Mi preoccupa da sempre come affrontare il tema digitale: ogni stampella al nostro fisico o alla nostra mente è interessantissima per me. Possono aiutarci molto, ma possono anche sovrapporsi molto alla nostra vita. Dobbiamo convivere con loro, conoscerle e divertirci. Osservo molto come la approcciano i giovani, loro hanno già capito che dovranno sempre suddividersi, allora possibilmente avranno anche già una capacità di interazione molto buona con questi due mondi. PATRICIA URQUIOLA
Cosa ti attrae del mondo virtuale? Abbiamo chiamato queste pagine Universo Urquiola - quali sono le cose importanti nel tuo mondo? ROSA BERTOLI
PATRICIA URQUIOLA Una buona parte degli oggetti che ci accompagnano sono estensioni del nostro corpo. Penso a un bicchiere come continuazione della tua mano, una sedia come una protesi per il corpo.
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PATRICIA URQUIOLA Mi preoccupa non solamente progettare lo spazio, ma progettare il tempo.
Sappiamo che ci serve uno spazio fisico, perché ovviamente il nostro hardware deve esistere, ma dobbiamo anche accompagnarlo a uno spazio digitale che sarà complementare, in sovrapposizione con l’augmented reality e le altre tecnologie e strumenti di comunicazione. Il concetto del tempo mi segue dalla mia tesi al Politecnico: studiavo la domotica, e l’idea di flussi conteneva già molti dei temi contemporanei, anche se le tecnologie non erano ancora avanzate, mancava la tecnica. Ma quel tema rappresenta la realtà di oggi, di come le cose sono interconnesse, internet of things è l’evoluzione di quel concetto. Il lavoro di architetto progettista non è una professione, è uno stile di vita, coinvolge tutta la mia vita. Pertanto la gestione delle mie emozioni e dell’imparare è fondamentale. Mi interessa molto anche ragionare con le aziende su come fare i prodotti in maniera più sostenibile, come utilizzare meglio i materiali. Ad esempio, se dobbiamo usare la plastica, usiamo la bioplastica, come per Almendra. Dobbiamo assicurarci che gli elementi si possano smontare a fine uso. Sono tutte cose che fanno parte del percorso in cui io credo, avanzare con l’azienda in maniera onesta per trovare tecniche e materie nuove. E gli oggetti sono delle pietre in questo paesaggio, dei segni nel tempo. Che raccontano del mio percorso. A me piace che Almendra, un oggetto che è nato con Serena, sia finalmente diventato questo apparecchio illuminante che ha una sua serietà.
al centro di tutto, siamo al centro del nostro modo di affrontare le emozioni, dobbiamo entrare in questo circuito che è più largo di noi. Questo è il grande limite della nostra formazione umanistica, dal momento che eravamo al centro, uno degli errori che ci portava a creare altri errori e ingenuità e il fatto che il mondo era tutto pensato perché noi dovessimo progredire. Il problema e che abbiamo creato anche scompenso. Nel momento in cui abbiamo una visione più larga, dobbiamo capire che non tutto serve a noi, anche noi serviamo a un processo che è più largo, dobbiamo porci in un ruolo diverso. Il tema del superamento della prospettiva antropocentrica significa comprendere di far parte di una costellazione più complessa in cui non tutto deve per forza essere in funzione dell'uomo, ma è anche l'uomo a servire, a comprendere di far parte di un sistema complesso, da osservare e con cui interagire da una prospettiva più ampia. Una consapevolezza della nostra situazione del presente e del futuro. Diventare un po compost tutti, e finalmente capire la realtà di vivere su questa terra.
ROSA BERTOLI Nel 2020, in un Q&A per Flos Stories, ci hai detto, ‘colleziono sogni’. Cosa sogni in questo momento, e cosa immagini per il futuro? PATRICIA URQUIOLA Sogno di progettare il nostro tempo personale, di imparare ad essere più a contatto con varie realtà. Sogno di poter non dico trovare un equilibrio perfetto, ma riuscire a filtrare la mia vita in mezzo a questo. Il mio tempo di vita per me è molto importante. Un secondo sogno per me è dare all’uomo un ruolo diverso. Nel momento in cui viviamo, con questa visione antropocentrica della vita, è ben chiaro a tutti che noi siamo non più noi il centro dell’argomento, siamo collaterali di un sistema più complesso. Questa costellazione Urquiolina, dove si muove il mio avatar, rappresenta come noi facciamo parte di una cosa, ma non siamo
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FLOS STORIES
ISSUE FIVE: FLEXIBILITY
Quando la Mayday di Konstantin Grcic vinse il Compasso d’Oro nel 2001, la giuria menzionò la sua “flessibilità di utilizzo, le sue molteplici e facili possibilità di collocazione” come alcuni degli ingredienti chiave che la rendevano eccezionale. A distanza di più di 20 anni, la Mayday è più attuale che mai e si raddoppia per diventare anche lampada da esterni: una progressione naturale per un design adattabile che ruota tutto attorno alla funzionalità pratica. Mayday è una delle tante lampade che ci hanno ispirato a osservare la flessibilità in questo numero di Flos Stories. Oblique di Vincent Van Duysen, un’interpretazione minimalista della classica lampada da ufficio, è stata ora declinata in una nuova versione da terra, che ne amplia la funzionalità in ogni ambiente domestico. Proviamo Oblique e Oblique Floor con due creativi di Copenhagen, che ci parlano di come si vive e lavora con questa meraviglia compatta dell’illuminazione. Luminator di Achille e Pier Giacomo Castiglioni è un altro design di 15
lunga data che abbiamo deciso di celebrare in questo numero, una lampada le cui forme iconiche vengono inondate da una nuova tavolozza di sfumature pop. Ma la superstar è indubbiamente la Almendra di Patricia Urquiola. Per festeggiare il nuovo progetto di illuminazione dell’architetta spagnola, abbiamo lavorato con lei per creare un mondo immaginario, ispirato ai sogni, ai paesaggi preferiti, ai riferimenti culturali e a futuri immaginari. In un’intervista approfondita che accompagna le immagini, esploriamo l’universo di Patricia attraverso i suoi progetti, le ispirazioni e i temi ricorrenti, e scopriamo quali sono le cose più importanti nella sua vita e nel suo lavoro in questo momento. A quanto pare la flessibilità è uno dei principali interessi dell’architetta, che per decenni ha imparato a operare tra il mondo fisico e quello digitale. “Abbiamo bisogno di tempo per la nostra vita reale e per quella digitale”, ci dice. “Dobbiamo affrontare questo dualismo e imparare a espandere il tempo della nostra vita”.
Copertina L'universo di Patricia ↓
18 Almendra nella casa di Neuendorf di John Pawson ↓
CONTENUTI
68 Lampade per vivere ↓
Inserto Sognando con Mayday ↑
96 I giochi di Sany
98 Questionario Michael Anastassiades
48 Sogno pugliese ↓
100 Collaboratori
82 Luminator ↑
101 Nuovi prodotti Primavera '22
Almendra nella Casa Neuendorf di John Pawson
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La Neuendorf House a Maiorca fu concepita da John Pawson con Claudio Silvestrin nel 1989. Primo progetto architettonico completo di Pawson, fu commissionata come casa per le vacanze dai collezionisti d’arte e imprenditori digitali Hans e Caroline Neuendorf. “Questa casa mi affascina sempre”, dice Caroline, che con suo marito aveva incaricato gli allora giovani architetti Pawson e Silvestrin. Gli architetti avevano carta bianca e il risultato è un’ampia villa in un mandorleto con vista sul mare, definita da divisioni verticali che riproducono i colori dell’ambiente circostante, dotate di teatrali aperture verticali e la cui struttura ricorda una reinterpretazione in chiave moderna di un castello medievale. La luce e la natura sembrano definire il modo in cui i Neuendorf vivono la casa: “Mi piace la mattina presto. Ha un non so che di magico quando il sole sorge e si guarda verso la piscina, immersi in una pace totale,” ricorda Caroline. La casa, aggiunge, è infatti ravvivata da giochi di luci e ombre per tutta la giornata. “Questa casa getta ombre così affascinanti, la sua bellezza è eccezionale.” A gennaio 2020 Pawson ha parlato con Spencer Bailey in merito a ciò che riguarda l’illuminazione. Con Casa Neuendorf che fa da sfondo a queste immagini dell’Almendra di Patricia Urquiola, rivisitiamo la conversazione per scoprire l’approccio architettonico alla luce del designer.
Fotografie di Tommaso Sartori 20
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John Pawson sulla Luce Ho sempre voluto intervistarla sull’argomento “luce”. SPENCER BAILEY
Beh, come dice Louis Kahn, “Una stanza non è una stanza senza luce naturale”.
JOHN PAWSON
Iniziamo con la luce naturale e quella artificiale. Come le vede nei suoi progetti? SPENCER BAILEY
Ho sempre cercato di evitare di vedere i punti luce veri e propri. È molto difficile se si vuole una luce sospesa nello spazio, a metà tra soffitto e pavimento: a volte la si deve mettere. Quindi non sempre è possibile nasconderla. Quando c’è il sole e la luce del giorno e tutto va bene, ci sono questi punti luce sparsi per la stanza che non vengono utilizzati e sembra sempre strano. Ma ovviamente con il calare della sera oppure quando non c’è abbastanza luce naturale o non c’è il sole, è comodo averli. E io ho sempre amato le candele. Ho anche progettato una lampada a olio, con questa fiamma che si muove, come un fuoco, dando molta animazione. JOHN PAWSON
In passato ha detto che forse nessun altro fattore ha un impatto tanto profondo quanto la luce su come si sente in un luogo. SPENCER BAILEY
Senza luce non vi è architettura. Anche quando vivevo in Giappone - sembra un cliché - c’era questa luce che passava attraverso i paraventi shoji. È una sensazione interessante: si è dentro e non si può guardare fuori, si vede solo la luce. Si potrebbe essere ovunque
JOHN PAWSON
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– sempre in Giappone, ovviamente – a meno che non ci si trovi da qualche parte a New York e non si abbia acquistato un paravento shoji e un tatami. Nella nostra nuova casa, mia e di [mia moglie] Catherine, nelle Cotswolds, la luce elettrica è studiata molto attentamente e abbiamo molte lampade a olio e candele. Tengo le luci piuttosto basse, in modo che le stanze non sembrino un set fotografico ma piuttosto un film giapponese dalle luci soffuse, o qualcosa del genere. Nel suo nuovo libro Phaidon, Anatomy of Minimum, vi è l’idea delle “narrative sacre”. È descritta come una caratteristica del suo lavoro. Come vede la luce nell’ambito di queste narrative sacre, o addirittura quando si tratta del concetto di “spazio sacro”? SPENCER BAILEY
Beh, le chiese sono rivolte a est, verso levante, e sono sempre state progettate per sfruttare il modo in cui la luce si sposta. Spesso hanno una finestra a occidente, attraverso la quale entra la luce del tramonto. C’è la luce ancora bluastra che entra dalla finestra rivolta a settentrione, e quel colore dorato che arriva dalla finestra a sud, oppure una mescolanza di luci fredde e calde. La luce è uno dei mezzi che si utilizzano per cercare di creare uno spazio sacro. Non ci sono garanzie. Quando si progetta una chiesa, si fa quel che si può per darle quel qualcosa, perché si cerca di aiutare le persone ad avvicinarsi di più a Dio. JOHN PAWSON
In una delle immagini che ha inserito nel suo libro A Visual Inventory, si vede la luce che filtra all’interno della tromba delle scale nel suo ufficio a nord di SPENCER BAILEY
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Londra; l’ha descritta come un “momento di trascendenza”. Cosa ne pensa di questi momenti di trascendenza luminosa e dell'effetto che essi hanno su di lei? Sono molto sensibile ai cambiamenti e ai momenti. Nella nuova casa in campagna è raro che la luce del sole sia completamente assente. Guardo sempre fuori e ci sono molte finestre, pur essendo una fattoria del XVII secolo, ed è incredibile il modo in cui si percepisce qualunque tipo di variazione della luce. Sono momenti che si susseguono continuamente. Quando sorge il sole o quando il cielo si apre all’improvviso, la scala diventa uno spazio del tutto diverso, è bello essere vivi.
JOHN PAWSON
In pratica è un po’ come se lei fosse uno studioso della luce da una vita. Ci fa semplicemente sempre attenzione.
SPENCER BAILEY
Non è un metodo molto scientifico, mi limito a guardare le cose. Ovviamente ho iniziato molto tempo fa, ma ho cominciato a concentrarmi di più con i libri e gli altri progetti.
JOHN PAWSON
Quando si tratta di luce artificiale - so che ha accennato prima a questa idea di voler nascondere i punti luce - qual è il suo ideale? SPENCER BAILEY
Le candele, direi. Chiaramente non è una soluzione pratica, ma le candele sarebbero il mio sogno, perché creano automaticamente l’atmosfera.
JOHN PAWSON
Quali sono state per lei alcune delle più recenti esperienze trascendenti con la luce? SPENCER BAILEY
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Oh, caspita. Verrebbe da pensare a cose come vedere il sole che sorge a Petra [in Giordania]. Momenti di questo tipo sono più facili da ricordare: le cose spettacolari, naturali, oppure quelle in città in cui c’è un gioco di architettura e luce del sole. A me piace casa mia [nelle Cotswolds], con il sole che si sposta. È un po’ come avere qualcuno che gira per casa portandosi dietro una luce. Passeggiare per il Bryce Canyon negli Stati Uniti sudoccidentali. Sono esempi abbastanza ovvi. E i boschi con la luce del sole sono molto belli. Ci sono stati molti momenti straordinari in cui i protagonisti erano luce e acqua, nelle Filippine, in quelle baie, quelle zone vulcaniche inondate da acqua scintillante. E, ovviamente, le immersioni subacquee. Però per me la luce è un problema. Ecco perché sono un pessimo sub, perché sono sempre alla ricerca della luce. Immagina di fare un’immersione e fissarti sulla luce, tipo “Oh mio Dio, guarda là! È così bello il modo in cui filtra la luce” e all’improvviso dici “Oh! Cos’è quello? Uno squalo!” [Risate]
JOHN PAWSON
SPENCER BAILEY
JOHN PAWSON
[Risate] Potrei continuare a parlare di luce...
Oppure potremmo semplicemente parlare della meravigliosa luce che filtra attraverso il Pantheon a Roma.
SPENCER BAILEY
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Sì. Quello è sempre un must. Ogni viaggio
a Roma... Una versione estesa di questa intervista è stata originariamente inclusa nel libro Elements of Light pubblicato nel 2020 da Flos. 36
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–––––––––––––––––––––– MATERIALI SOSTENIBILI Petali realizzati in policarbonato sostenibile ricavato da un sottoprodotto dell’industria cartaria anziché dal petrolio. –––––––––––––––––––––– FACILITÀ DI RICICLAGGIO Almendra è facile da smontare e ogni pezzo può essere riciclato correttamente. –––––––––––––––––––––––
Scopri di più su flos.com/sustainability
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SOGNO
PUGLIESE
Mayday di Konstantin Grcic esce all’aperto:
portiamo la nuova versione per tutte le stagioni di questo prodotto di design leggendario e multifunzionale nei giardini di una villa in Puglia.
Di giorno, la lampada è una presenza discreta, le cui caratteristiche pratiche accentuano il design aerodinamico. Di notte, la lampada è un faro funzionale che illumina l’ambiente circostante, dal tramonto all’alba..
Fotografie di Tommaso Sartori
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–––––––––––––––––––––– MATERIALI SOSTENIBILI Design duraturo, ora realizzato con polipropilene ottenuto da scarti della lavorazione industriale. –––––––––––––––––––––– FACILITÀ DI RICICLAGGIO Dato che non è stata utilizzata colla durante il processo di montaggio, Mayday è facile da smontare ed è possibile riciclare correttamente ogni pezzo che la compongono. –––––––––––––––––––––––
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Copenhagen, Dicembre 2021 Facciamo visita a due creativi locali presso la loro casa e studio per parlare delle loro vite nel mondo del design e della creatività. Condividono con noi i loro interni e la vita creativa e ci raccontano un approccio multifunzionale alla vita e al lavoro.
LAMPADE PER VIVERE I loro spazi sono l’ambientazione perfetta per introdurre OBLIQUE FLOOR, una nuova iterazione della classica e incredibilmente versatile lampada da ufficio con braccio basculante di VINCENT VAN DUYSEN, rivisitata in chiave contemporanea. Reimmaginata ora con nuove proporzioni, Oblique Floor espande l’approccio di Van Duysen al minimalismo in una miriade di utilizzi domestici (e non solo). Una lampada che è a proprio agio tanto in ufficio quanto nello spazio di uno studio informale, oppure a casa: la sua sorgente luminosa sviluppata in maniera impeccabile incoraggia la concentrazione, consente ai colori di emergere in tutta la loro bellezza e permette ai suoi utenti di utilizzarla per soddisfare al meglio le loro esigenze. Intervista di Rosa Bertoli Fotografie di Petra Kleis
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PROFILO
Josephine Akvama Hoffmeyer
La creativa danese-ghanese Josephine Akvama Hoffmeyer ha lavorato nel campo della musica prima di diventare una interior designer, lanciando il suo marchio File Under Pop nel 2015. Ci avventuriamo nel suo universo colorato, metà studio, metà “parco giochi creativo”, dove i materiali sono immersi in composizioni cromatiche, geometrie sublimi e fresca ispirazione. 57
ROSA BERTOLI
Qual è il suo background?
Sono nata a Copenhagen. Mia madre è danese e mio padre è ghanese. La mia è stata un’infanzia ricca di contrasti, essendo loro agli antipodi sia come esseri umani, sia in termini di cultura, esperienze ed espressione. Il mio background professionale affonda le proprie radici nella musica. Ho frequentato una scuola superiore incentrata sulla musica e sono cresciuta cantando, danzando e suonando il pianoforte. La musica è la mia fonte di creatività: letteralmente agli albori della mia vita professionale, ma anche adesso che traduco la stessa fonte di creatività in un campo diverso, il design delle superfici. Per me, comporre una stanza è proprio come comporre un brano musicale.
RB
In che modo la città l’ha aiutata a plasmare la sua attività creativa?
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Cosa l’ha attratta verso le superfici piastrellate?
Vivere oggi nella stessa città in cui sono cresciuta ha creato una rete di persone attorno a me, che mi aiutano a plasmarmi e nella cui vita, spero, riesco anche io a lasciare il segno. Questo senso di appartenenza è alquanto importante per me e ha sicuramente influenzato la mia vita, tanto dal punto di vista professionale quanto da quello personale.
JAH
JOSEPHINE AKVAMA HOFFMEYER
Penso di essere sempre stata attratta da un desiderio di “casa”. Forse mi sentivo un po’ diversa quando ero giovane. Penso che capiti a molti di noi. E molti di noi sono quindi motivati a trovare un senso di casa per bilanciare i contrasti che tutti portiamo dentro. Cerco armonia in ciò che mi circonda, negli oggetti attorno a me e addirittura nelle esperienze e le persone che riempiono la mia vita. La casa ha un enorme impatto RB Quando ha deciso di trasformare il design sul nostro benessere e sapevo di voler in e la creatività in una carriera professionale? qualche modo lavorare nel campo degli interni. Sono andata a molte fiere e all’imJAH Per me c’è una vera connessione tra provviso mi sono innamorata delle piastrella mia precedente carriera da musicista e le, che non venivano davvero sviluppate da ciò che faccio oggi. Trascorro molto tem- secoli. Ho visto un grande potenziale nella po suonando ed esibendomi. Ho trascorso fusione dell’elemento pratico del materiale, RB Ha vissuto a New York e in Italia: cosa tutta la mia giovinezza scrivendo musica, che all’epoca era pietra lavica, con la mia le ha fatto decidere di tornare a Copenha- cosa che per me è molto simile al lavoro estetica personale. gen e stabilire qui la sua attività? di progettazione. Creare musica e progettare uno spazio richiedono entrambi la RB Come ha sviluppato i rapporti di collaJAH La mia vita era in qualche modo incor- stessa sensibilità: tutti e due hanno origine borazione con gli artigiani che costituisconiciata da Copenhagen, come una tela. Mi dallo stesso spazio creativo dentro di me. no la base del suo marchio e come lavora piace sentirmi così a casa in questa città. In tal senso, passare al design non è stata con loro? Quando vado a fare una passeggiata, incon- una vera e propria decisione ma piuttosto tro le persone che ho conosciuto decenni una questione di cambiamento nella situa- JAH Lavoro a strettissimo contatto con la fa, mi sento immediatamente proiettata zione della mia vita. Mi sono trasferita in nostra produzione sia in Italia che in Spaindietro nel tempo. In un certo senso, in Italia senza alcun aggancio nell’ambiente gna, soprattutto quando creiamo nuovi progiro per la città ci sono tanti richiami alla musicale e ho semplicemente dovuto rico- dotti. In Spagna abbiamo un laboratorio a mia vita e questo mi dà un senso di scopo minciare da capo. Quel momento è stato conduzione familiare che produce esclusie significatività. ovviamente una crisi ma anche una tran- vamente per File Under Pop. Producono arsizione verso una nuova espressione della tigianalmente le piastrelle in ceramica che mia creatività. Mi sento davvero la stessa, usiamo nei nostri lavori in tutto il mondo. ho semplicemente cambiato il mio focus In Sicilia, lavoro da 20 anni con le stesse espressivo, ma il processo che c’è dietro è persone e abbiamo un legame molto stretto. sostanzialmente lo stesso. Io e il mio team in Danimarca seguiamo costantemente il processo di estrazione dei blocchi di pietra lavica dal monte Etna, i quali vengono poi accuratamente lavorati per ottenere le nostre piastrelle. Abbiamo sviluppato una forma piuttosto unica di artigianato che fonde il settore della pietra grezza e quello della ceramica. Il processo è estremamente delicato e pochissime persone lo padroneggiano con maestria. JAH
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Il colore è una parte fondamentale di ciò che fa: come vi si approccia, sia per quanto riguarda il suo marchio che negli spazi in cui vive e lavora?
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Come si approccia agli interni di questo spazio? Quale ruolo gioca la luce, naturale e artificiale?
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Nel suo studio lavora con Oblique e Oblique Floor: cosa può dirmi dell’uso di questa lampada come fonte di luce funzionale e come oggetto?
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La luce è molto importante. Nel nostro lavoro creiamo abitazioni e progetti archi- JAH La lampada occupa pochissimo spazio. tettonici e la luce è una parte fondamentale In effetti quasi non sembra una lampada. di tutto ciò. Lo Studio File Under Pop è il Mi fa venire in mente una nota disegnata nostro parco giochi creativo, nonché una sul pentagramma di un brano musicale. Ha parte delle nostre vite quotidiane. All’inizio una leggerezza che le consente di interagire mantenevo lo spazio dello studio molto fo- facilmente con molti interni diversi. E poi calizzato sul design delle superfici, ma nel è super tecnica. La luce proiettata è piutcorso degli anni l’impatto dell’interazione tosto lunga, cosa sorprendete visto il suo tra persone, oggetti, mobilio e luce è diven- design sottile. tato prevalente. Spostiamo gli oggetti da un posto all’altro, sperimentiamo con il colore RB Come si adatta la funzionalità delle due e cerchiamo davvero di creare uno spazio lampade alle funzioni specifiche all’interno che emozioni le persone quando vi entrano. del suo studio?
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I colori non sono solo colori. I colori sono luce. I colori sono materiali. I colori sono formati da svariati fattori nella situazione in cui li si percepisce. In tal senso non è sufficiente limitarsi a parlare del colore, ma piuttosto chiedersi: Chi usa il colore e in quale contesto? Qual è il materiale della superficie? Quali sono la consistenza e la sensazione? E, ovviamente, qual è la sua funzione? È questo che facciamo a File Under Pop: tutto il nostro team cerca di tradurre il colore in valori, emozioni e diverse fasi della vita. In un certo qual modo, il colore è uno strumento a nostra disposizione. Creiamo volume, fattezze e forma con il colore. Troviamo il colore giusto per il contesto giusto e per le persone che vi abitano. A mio avviso, questa è la filosofia di ciò che faccio. Di recente mi sono trasferita in un nuovo appartamento senza alcun elemento nostalgico nella costruzione in sé ed è stata una vera sfida personalizzarlo. Ho usato colori chiari come nota di fondo in tutto lo spazio e poi ho creato dei potenti accenti con colori più audaci. Mi sono avvicinata ai colori nello stesso modo per il mio ufficio e addirittura nella mia casa estiva. Ho bisogno di luminosità attorno a me per pensare ed essere creativa. JAH
Funziona bene come lampada da lavoro. Il fascio lungo e ampio fa sì che non si debba tenere la lampada troppo vicina per avere una luce adeguata mentre si lavora. Nel nostro ufficio possiamo sederci attorno a una grande scrivania e condividere la luce di una o due lampade mentre lavoriamo contemporaneamente - non occupa neppure molto spazio. Siamo continuamente in contatto con i nostri clienti per quanto riguarda i colori, fino ai minimi dettagli dell’aspetto di un colore. Quindi, una luce da lavoro adeguata risulta molto utile nel nostro studio e anche una necessità durante il lungo e buio periodo invernale in Scandinavia. JAH
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PROFILO
Ruben Hughes
Il direttore artistico europeo emergente Ruben Hughes è un newyorkese trapiantato a Copenhagen, città in cui ha lavorato come direttore artistico e dove ha creato contenuti visivi per marchi di design leader. Gli facciamo visita nel suo appartamento minimalista di Copenhagen, in cui i classici del design si combinano con la luce soffusa per creare un’atmosfera accogliente in uno spazio che funge sia da abitazione, sia da studio. 67
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nel design?
Come è nato il suo interesse
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Quando si è trasferito a Copenhagen?
Mi parli di come la sua attività è cambiata vivendo a Copenhagen.
RB
RH Venni a Copenhagen per vedere due Il design e gli interni mi clienti e pensai che fosse un posto in cui RH Penso che quando vivi a Copenhagen sono sempre interessati. Quando ho com- avrei potuto vivere. Inoltre New York mi è come essere a scuola 24 ore al giorno, 7 prato il mio primo loft sentivo l’esigenza di aveva un po’ stancato. Lavoravo con orari giorni su 7: ti vengono insegnate di coninserirvi dei bei mobili e la mia primissima folli, mi sembrava che tutti attorno a me tinuo diverse prospettive progettuali, che sedia fu la Eames. Ce l’ho ancora adesso. È fossero un po’ esauriti e non volevo fare sia nella moda o nel design. Ritengo che stato quello il mio primo sguardo al design la stessa fine. Sai, quando viaggi conosci il mio gusto e i miei interessi abbiano fatto e da lì è partita la reazione a catena che mi diversi punti di vista e ti rendi conto che un salto di qualità, così come il mio stile di ha fatto desiderare di immergermi in diver- il mondo non si limita al posto in cui vivi. vita; tutte queste cose sono in un certo senIl mondo è molto di più. Mi offrirono un so cambiate vivendo in Europa in generale, si design e marchi e nelle relative storie. lavoro qui ed ebbi l’impressione che fosse ma principalmente a Copenhagen. RB Lei ha una formazione nel campo del la cosa giusta al momento giusto. Ho lavorato con svariante aziende come giornalismo e ha lavorato nel marketing Per trasferirmi vendetti la maggior parte dei direttore artistico, creando contenuti, caprima di iniziare a collaborare con i brand miei mobili tramite i miei amici nel nego- taloghi, servizi internazionali, ma poi mi in modo più approfondito. Quando ha fatto zio di Brooklyn Lichen. Ciò mi fece in un sono ritrovato naturalmente a pensare “e la prima mossa per diventare un direttore certo senso riflettere su ciò che volevo ve- adesso? Dove voglio lavorare veramente?” artistico? ramente e ciò a cui tenevo davvero. Come Ho trovato un lavoro nel centro commerposso vivere adesso, nella mia casa? Quali ciale di lusso Illum di Copenhagen, dove RH Viaggiavo molto e iniziai ad acquisi- sono gli oggetti con cui voglio vivere? Ora ho lavorato come direttore artistico per un re una prospettiva diversa sulla vita e sul mi disfo continuamente delle cose e rivalu- anno e mezzo. E lì ho sentito di aver piantamio lavoro. Non sono affatto un fotografo to lo spazio come punto di partenza. to radici a Copenhagen. Facevo pubblicità, professionista ma ho imparato da solo a editoriali sulla moda, editoriali sul design, fotografare; volevo mettermi nei panni del RB Ho una curiosità: quali erano i po- il cibo e la bellezza. Ho contattato tutti i fotografo per essere in grado di dirigerli nel chi oggetti con cui ha iniziato la sua vita fotografi e gli stilisti di Copenhagen e li ho miglior modo possibile. Così mi sono ritro- a Copenhagen? invitati per un caffè o una cena, con l’idea vato in posti diversi, a fotografare di tutto, di creare un concetto che prendesse forma dai mobili agli altoparlanti. RH Ho pensato: tra tanti anni, cosa pos- in questo antico e tradizionale centro comsederò ancora? Ho tenuto la sedia Eames, merciale. E sono riuscito a ottenere un’atperché aveva un valore affettivo per via mosfera davvero magica. del suo design e il suo retaggio americano, ma anche perché mi ricorda da dove sono partito. Ho portato con me un letto che non ho più perché si è rotto durante il trasporto ma che era molto speciale, di un’azienda di Chicago che lavorava con gli Amish per fabbricare i propri prodotti. Quando lo ordinai, mi dissero al telefono che potevano parlare con i produttori solo il lunedì, perché non avevano telefoni e quindi dovevano andare in paese per utilizzarne uno; era un letto su misura fatto apposta per me in un colore personalizzato e lo ritenevo unico nel suo genere. Sono quindi le storie che attirano la mia attenzione, ogni volta che c’è una storia legata a un oggetto. RUBEN HUGHES
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Qual è stata la sua sfida professionale successiva?
RB
Mi è stato assegnato un progetto con un’azienda che produce finestre, la Velux, e volevo occuparmi di un marchio conosciuto da molte persone ma per il quale fosse necessario creare interesse in un modo intrigante. Di recente sono stato a Londra per il London Design Festival, dove ho esposto The Cube, un’installazione artistica che ho concepito e creato con gli architetti Henning Larsen, uno spazio pop-up in cui le persone possono entrare e fuggire dal caos della metropoli. Ciò che ho trovato davvero eccitante è stata l’instaurazione dei rapporti per creare tanti progetti interessanti. Ma sono una persona che si interessa davvero a un sacco di cose, nel costruire le idee.
Che approccio adotta con la luce in casa sua? Immagino che a Copenhagen ci siano molte ore di buio, soprattutto in inverno.
RB
RH
RB Parliamo della sua casa: è anche il luogo in cui lavora?
Ho sfruttato casa mia in vari modi. Uno è molto pratico, mi piace che tutto abbia uno scopo e un utilizzo. Ma è anche un luogo di ispirazione. Lavoro in modi diversi, casa mia è un po’ come una fabbrica. Sto alla scrivania quando devo finire un lavoro, come creare una presentazione o fare una chiamata, ma quando sto pensando in modo creativo a un progetto o sto inventando qualcosa, lo faccio sempre sul divano perché è il posto più comodo dove sedersi. La maggior parte delle idee che sono poi diventate un’installazione artistica o una campagna sono nate su un divano. Molte idee vengono da lì, ho tanti libri in salotto e lo uso come luogo di ispirazione dove posso pensare e dove posso scambiare le mie idee. E quando quel concetto, quel “seme”, è maturo, allora lo porto alla mia scrivania dove posso sedermi e lavorare veramente sulle cose. Si tratta quindi di uno spazio molto più produttivo dove posso trasformare l’ispirazione in un progetto. E la mia camera da letto è molto semplice. La uso come luogo dove staccare la spina, svuotare la mente. Entro e tutto è semplice e bello. RH
RB
Come è stato provare Oblique a casa sua?
È una bellissima lampada minimalista che si sposa bene con casa mia. Mi piace davvero tanto la potenza della luce di questa lampada, soprattutto quando leggo sul divano o sono seduto nel mio angolo da lavoro a casa. RH
La Danimarca è sicuramente un paese con un clima estremo. In estate il sole è letteralmente ovunque. Non c’è un solo angolo in cui non ci sia il sole. E poi in inverno diventa veramente buio. Una buona illuminazione è importante in Danimar- RB La funzionalità della lampada come ca, perché non c’è molta luce naturale in si adatta ai momenti specifici della sua questo periodo dell’anno. Quindi affronto vita quotidiana? la questione dell’illuminazione in base alla stanza. Ad esempio, nella mia camera da RH Ci sono molti utilizzi che vanno al di là letto sfrutto l’illuminazione solo nella zona della luce. Avere una base integrata con un di lettura di fianco al letto. sistema di ricarica wireless mi consente di Ma a dire il vero sposto molto la luce. Ho caricare il telefono mentre faccio varie cose delle lampade da lettura vicino al divano, in casa. Ho anche notato una porta aggiunmi piace avere una bella luce soffusa. In tiva sul retro, per caricare altri dispositivi. inverno preferisco una luce accogliente, Adoro il fatto che questa lampada ampli la non troppo forte. Non deve per forza illu- propria funzionalità pur rimanendo fedele minare l’intera stanza, basta una luce te- alla propria estetica di design. nue. È come se fosse ancora buio ma si ha a disposizione una comoda luce. Quindi, RB Lei è un grande ammiratore dei lavori di qualunque cosa con un dimmer. Vincent Van Duysen. Cosa la attrae di più della sua estetica e della sua attività? RH
Studio i suoi lavori da alcuni anni. I progetti di Vincent Van Duysen sono eterni e funzionali. Ho tratto ispirazione da questi progetti per interni mentre vagliavo le alternative di design per casa mia. So riconoscere la sua “mano” per questo motivo. Mi sembra che avere la lampada Oblique sia in linea e coerente con lo spazio. RH
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LUMIN
N ATO R
Fotografie di Alecio Ferrari Scenografie di Studio Testo 75
Un classico degli anni ‘50, Luminator di Achille e Pier Giacomo Castiglioni ritorna in cinque brillanti colori che ne esaltano le forme essenziali. Una lampada che è un esercizio di minimalismo funzionale e il cui colore originale antracite viene arricchito da una nuova paletta pop di bianco, rosso, giallo e lite blue. In questo album fotografico, il fotografo Alecio Ferrari e i set designer Studio Testo hanno sperimentato i nuovi colori e le forme essenziali di Luminator.
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Luminator di Achille e Pier Giacomo Castiglioni
Una delle streghe sta puntando il suo Luminator proprio verso il punto di atterraggio sul pianeta. Quale?
Illustrazioni di Sany
Almendra di Patricia Urquiola
Qual è la prossima Almendra nella sequenza?
Per illuminarti la giornata
GIOCHI
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Aiuta Beethoven a trovare la nota successiva nella sua composizione. Oblique da terra od Oblique da tavolo? Oblique Floor e Oblique Table di Vincent Van Duysen
Quale di questi scalatori ha piantato la bandiera in cima alla versione outdoor di Mayday?
Mayday outdoor di Konstantin Grcic
QUESTIONARIO
Michael Anastassiades
La precisione di un ingegnere e la sensibilità di un poeta distinguono i lavori del designer cipriota con sede a Londra, Michael Anastassiades. La sua lampada combina il preciso minimalismo e le rigorose geometrie con il più raffinato senso della composizione e dell’equilibrio, dal sublime approccio di Coordinates ai sistemi a griglia fino alle possibilità di personalizzazione di String Light. Gli abbiamo fatto domande sulla vita e sul lavoro, passando dal lato pratico a quello immaginario. 90
Cosa la rende felice?
Cosa la ispira?
Qualcosa che ha cambiato la sua vita.
Se fosse un animale, quale sarebbe?
L’ultimo libro che ha letto.
Qual è il suo momento della giornata preferito?
Cosa ha mangiato a colazione?
Lo strumento che usa di più.
Cosa fa per rilassarsi?
Cosa colleziona?
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Collaboratori L’editor e giornalista Spencer Bailey è co-fondatore della società di media newyorkese The Slowdown. Ha parlato con John Pawson della loro ossessione condivisa per la luce nell'architettura (p. 19)
Concept e Direzione creativa Apartamento Studios Caporedattore Rosa Bertoli Graphic Design Apartamento Studios
I designer 3D con sede a Berlino Manuel Carvalho e Nazara Lázaro hanno riassunto le ispirazioni, le idee e i sogni in un set esclusivo di immagini digitali che costituiscono l’Urquiola Universe (p. 2)
Team Flos Barbara Corti Rosaria Bernardi Elisa Bodei Silvia Delaini Donatella Matteoni Francesco Funari Diletta Dincao Eugenio Cirmi
Un servizio fotografico di Alecio Ferrari, fotografo e ricercatore visivo con sede a Milano, celebra i nuovi colori di Luminator di Achille e Pier Giacomo Castiglioni (p. 82) Petra Kleis è una fotografa che lavora tra Copenhagen e Berlino. Ha fatto visita a Ruben Hughes e Josephine Akvama Hoffmeyer per provare Oblique e Oblique Floor di Vincent Van Duysen nei loro ambienti (p. 62)
L’illustratore e artista Sany, anche noto come Samuel Nyholm vive a Stoccolma. In questo numero, gli abbiamo chiesto di inventare alcune vignette e giochi che avessero come protagoniste le ultime lampade Flos, tra cui Almendra e Oblique Floor (p. 96) Il fotografo con sede a Parigi Tommaso Sartori ha visitato Casa Neuendorf a Maiorca per fotografare la Almendra di Patricia Urquiola (p. 19) e ha sperimentato la nuova Mayday Outdoors in Puglia (p.48) L'artista e designer di Oslo Oscar Grønner ha illustrato una nuova vita ispirata alla Mayday di Konstantin Grcic nella sua nuova versione da esterni (insert) Fondato a Milano da Giulia Dolci e Giulia Fauro Alessi, lo Studio Testo è specializzato in set design e ricerca visiva. Hanno sperimentato la Luminator di Achille e Pier Giacomo Castiglioni nei suoi nuovi colori (p. 82)
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Traduzioni Team Agiliz@ tu gestion Riconoscimenti Josephine Akvama-Hoffmeyer Michael Anastassiades Ángel Cánovas Alessandra Coral Ruben Hugues Bel Lepikson Celia Lescouet Caroline Neuendorf Michael Schmidt Omar Sosa Patricia Urquiola Alberto Zontone Stampa Graficart, Treviso Marzo 2022
NUOVI PRODOTTI Primavera '22
Collezione Decorativa Almendra........................... Patricia Urquiola................. 2022.......................... pag......... 94-95 Luminator........................... A. and P.G. Castiglioni......... 1954.......................... pag......... 96 Mayday ............................. Konstantin Grcic................. 2000.......................... pag......... 96 Collezione Outdoor Mayday Outdoor................. Konstantin Grcic................. 2022.......................... pag......... 97 Collezione Architetturale Oblique Floor..................... Vincent Van Duysen............ 2022.......................... pag......... 98 93
Almendra Patricia Urquiola, 2022 Materiali: policarbonato sostenibile, alluminio Potenza: S3 45W/ S4 60W/ S6 90W/ Y2 30W/ Y3 45W/ ARCH S2 30W Voltaggio: 220-240V Fonte Luminosa: LED 2700K CRI95
Versioni Lineari
1286 mm
1665 mm
371 mm
371 mm
371 mm
Almendra S3
Collezione Decorativa - Nuovi Prodotti Primavera '22
2423 mm
Almendra S4
Almendra S6
Rosone bianco
Rosone primer
Rosone bianco
F0420009 F0420026 F0420027 F0420033 F0420039 F0420042
F0391009 F0391026 F0391027 F0391033 F0391039 F0391042
F0422009 F0422026 F0422027 F0422033 F0422039 F0422042
Rosone primer F0392009 F0392026 F0392027 F0392033 F0392039 F0392042
Versioni Organiche
132
5,88
mm
157
759,5 mm
7,4
mm
770,9 mm
Almendra S2 Y Long Rosone bianco
Rosone primer F0396009 F0396026 F0396027 F0396033 F0396039 F0396042
F0442009 F0442026 F0442027 F0442033 F0442039 F0442042
161
1,3
Rosone bianco
Rosone primer F0397009 F0397026 F0397027 F0397033 F0397039 F0397042
F0438009 F0438026 F0438027 F0438033 F0438039 F0438042
mm
186
759,5 mm
2,3
mm
770,9 mm
Almendra S3 Y Long Rosone bianco F0436009 F0436026 F0436027 F0436033 F0436039 F0436042
Rosone primer F0398009 F0398026 F0398027 F0398033 F0398039 F0398042
Rosone bianco
Rosone primer
F0421009 F0421026 F0421027 F0421033 F0421039 F0421042
F0399009 F0399026 F0399027 F0399033 F0399039 F0399042
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Rosone bianco
Rosone primer
F0423009 F0423026 F0423027 F0423033 F0423039 F0423042
F0393009 F0393026 F0393027 F0393033 F0393039 F0393042
1305,9 mm
1152 mm
323,7 mm
323,7 mm
Almendra S2 Arch Short
Almendra S2 Arch Long
Rosone bianco
Rosone bianco
F0394009 F0394026 F0394027 F0394033 F0394039 F0394042
Rosone primer F0395009 F0395026 F0395027 F0395033 F0395039 F0395042
F0444009 F0444026 F0444027 F0444033 F0444039 F0444042
Esempi Finiture
Verniciate
off-white
nude
ocher
anthracite
Metallizzate
bay blue metallized
lilac metalizzed
La versione primer può essere dipinta dopo l’installazione con normali finiture a base d’acqua (tempera, stucco, vernice a base d’acqua) per garantire un’integrazione impeccabile nell’edificio.
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Collezione Decorativa - Nuovi Prodotti Primavera '22
F0448009 F0448026 F0448027 F0448033 F0448039 F0448042
Rosone primer
Luminator Achille and Pier Giacomo Castiglioni, 1954 Materiali: metallo Potenza: Max 205W Voltaggio: 220-250V Fonte Luminosa: 1 x LED 12W E27 2700K 1000lm CRI 80 - Dimmer incluso
Nuove Finiture: lite blue, bianco, giallo, rosso Disponibile in: antracite
600 mm
F3772033
F3772003
F3772009
F3772019
Mayday Konstantin Grcic, 2000 Materiale: polipropilene riciclato Potenza: Max 60W Voltaggio: 220-250V Fonte Luminosa esclusa: LED 11,5 W 1100lm 2700/3000K
DIMMABLE
Nuova Finitura: lilla Disponibile in: antracite
530 mm
Collezione Decorativo - Nuovi Prodotti Primavera '22
1890 mm
ø 58 mm
ø 220 mm
F3780002
F3780030
F3780042
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F3772035
Mayday Outdoor Konstantin Grcic, 2022
DIMMABLE
530 mm
Materiale: polipropilene riciclato Potenza: Max 15W Voltaggio: 220-250V Fonte Luminosa esclusa: LED 8W 900lm 2700K/3000K Disponibile in: green leaf, black, mustard yellow
ø 220 mm
F038AAAA0ZZ
F038AABA0ZZ
Collezione Outdoor - Nuovi Prodotti Primavera '22
F038AACA0ZZ
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Oblique Vincent Van Duysen, Floor Version 2022, Table Version 2020 Materiali: alluminio pressofuso, metacrilato Voltaggio: 24V Fonte Luminosa inclusa: Top LED 8W 750lm 2700K - 800lm 3000K - 850lm 4000K CRI90 USB-C connection integrated Finishes: antracite opaco, marrone opaco, grigio lucido, ruggine opaco, salvia lucido, bianco opaco
Nuova versione da terra
ø 200 mm
DR antracite opaco
DX ruggine opaco
DW marrone opaco
AH grigio lucido
DV salvia lucido
DY bianco opaco
Versione da tavolo ø 120 mm
350 mm
Collezione Architetturale - Nuovi Prodotti Primavera '22
1074 mm
ø 155 mm
ø 155 mm
DR antracite opaco
DX ruggine opaco
DW marrone opaco
DV salvia lucido
AH grigio lucido
DY bianco opaco
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Per maggiori informazioni visitare il sito flos.com