A lezione di strategia SIMONA

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A lezione di strategia: quando il come stare in classe è più importante del cosa imparare

Avrei potuto fare tante narrazioni, di buone, di passabili, di pessime lezioni … si impara sempre soprattutto dagli errori, ma ho scelto di raccontare questo particolare momento didattico perché è stato importante per prendere coscienza della realtà della classe e mi ha aiutato nello sviluppo e svolgimento delle lezioni successive. Dopo una serie di lezioni durante le quali, insieme ai ragazzi, avevamo discusso e analizzato il significato di diritto in generale e diritti dei bambini in particolare, era giunto il momento di affrontare argomenti più scioccanti e soprattutto che mettessero i ragazzi in stretto contatto con la realtà. Questo non era il solo obiettivo della lezione, la classe Prima presentava infatti molti problemi riguardanti la collaborazione tra gli alunni, tutti più o meno dal carattere forte e in buon numero molto predominante, senza parlare poi di chi rimaneva soffocato dalla maggioranza, provenienti da due classi quinte, con poca voglia di aiutarsi e lavorare insieme. Gestire la classe diventava sempre più difficile, la vivacità e il caos regnavano sovrani.

Dopo

diversi

esperimenti

nel

lavoro

di

gruppo,

non

conoscendo i ragazzi e andando avanti per tentativi, avevo deciso infatti di provare ancora una volta e con una diversa disposizione, venuta fuori dalla loro continua osservazione, con tanto di appunti presi durante i lavori di gruppo (tengo infatti un quaderno dove


appunto

osservazioni

su

ogni

singolo

studente

e

sul

loro

comportamento quando lavorano insieme). Quindi tre obiettivi: 1. Conoscitivo: condizione dell’infanzia nel mondo 2. Didattico: inedita composizione dei gruppi per osservare lavoro di collaborazione reciproca 3. Disciplinare: lettura di un testo, capacità di formulare domande, capacità di argomentare (poi si capirà perché) Devo

fare

delle

premesse

a

mio

parere

importanti

per

la

comprensione della narrazione che riguardano il contesto: avevo deciso di fare questa lezione, secondo me, non troppo pesante, nella giornata di sabato, anche perché lavorando su due scuole era uno dei tre giorni possibili, il problema fu che a causa di inconvenienti, di quelli che capitano sempre nel corso di una giornata scolastica, la lezione slittò all’ultima ora … ovviamente decisi di farla lo stesso. La prima cosa che feci fu quella di dividere i ragazzi in gruppi, già immaginavo le proteste, gruppi inediti, compagnetti divisi, compagni che non si sopportavano … insomma le solite reazioni portate all’ennesima potenza quando mi azzardai a nominare dei portavoce per ogni gruppo. Il secondo passo fu la consegna, che doveva essere chiara e lineare, ovviamente sapevo che avrei dovuto ripetere il da farsi diverse volte, guardando quei musi lunghi alcuni dei quali minacciavano di lavorare da soli per incompatibilità nel gruppo (era successo altre volte). Il lavoro da svolgere era il seguente: Dati due articoli I bambini- erba e i pendolari della paura (ovviamente ognuno dei ragazzi aveva la sua copia … questo era importante perché una sola copia per gruppo non avrebbe fatto altro che aumentare il rischio di divisione o di “sciopero” di uno dei ragazzi), dicevo ogni gruppo avrebbe dovuto:


-

leggere prima un articolo

-

formulare cinque domande delle quali conoscere ovviamente le risposte

-

passare le domande a turno agli altri gruppi (dopo un tempo stabilito), che avrebbero dovuto rispondere alle stesse, ma soprattutto giudicare sulla loro formulazione

-

ogni gruppo si doveva poi preparare ad argomentare la formulazione delle domande se gli altri avessero ritenuto le stesse scritte in modo sbagliato

-

i ragazzi si sarebbero dati da soli i voti

Capivo che forse il meccanismo era un po’ complesso e che avevo portato all’estremo le loro possibili reazioni, ma il mio scopo era quello di “sfruttare” la loro ansia di predominare e competere, era un rischio, un’arma a doppio taglio, ma era quello che avevo per poter capire e andare avanti, uscire da un situazione di stallo, a

mali

estremi … Di fronte alla consegna ci fu un po’ di confusione, ma stranamente in ogni

gruppo

emerse

il

portavoce

(opportunamente

scelto

da

osservazioni precedenti … in altra situazione avrei scelto chi non partecipa mai, ma non era il caso, avevo bisogno di competizione, quella sana). Tempo cinque minuti e la classe è piombata nel silenzio più

assoluto, i

gruppi

lavoravano in

silenzio, collaborando, e

soprattutto segretamente … diciamo che avevo barato. Al primo passaggio di domande erano tutti pronti e veloci, e così per il resto dell’attività, già mi rammaricavo del fatto che era sabato ed era un’ultima ora. Il problema del tempo fu quello più pesante, suonò la campana e i ragazzi neanche si erano accorti di che ore fossero, mentre io cominciavo le mie riflessioni, la prima delle quali era che la conclusione dell’attività doveva essere rimandata, purtroppo.


Vi racconto la seconda parte e poi passerò alle riflessioni. Il lunedì successivo i ragazzi erano ansiosi di terminare l’attività, ma soprattutto erano molto ansiosi di passare al secondo articolo che avevo consegnato loro, quindi di ripetere la lezione. Lessi le domande di ogni singolo gruppo e a turno le risposte, giudicate ovviamente dal gruppo che aveva formulato le domande, un gruppo in particolare ebbe molto da ridire sulle domande altrui (gruppo dei più vivaci) e devo dire a volte a ragione, altre solo per ansia di strafare, ma gli altri bene o male seppero argomentare, nella maggior parte dei casi. I ragazzi si diedero poi i voti, voti che non superarono il sette o forse otto (si sono dati anche sei). Conclusioni: 1. ho compreso quali ragazzi far lavorare insieme e quali no 2. ho scoperto una loro capacità argomentativa, soprattutto in alcuni, dettata dalla competizione di fare meglio degli altri è vero, ma penso che per una volta si possa fare, basta non confrontare e mantenere una posizione di equilibrio 3. mi è venuto il dubbio che avessero lavorato solo per poter competere, dubbio che avrei poi sciolto in futuro 4. il mio errore è stato quello di non calcolare bene i tempi, sarebbe stato opportuno completare in un’unica lezione l’intera attività, le risposte come le argomentazioni sarebbero state più sentite e pronte 5. ho scoperto un loro interesse nel fare domande più che nel rispondere (secondo me cosa più difficile, anche perché poi non si

accorgevano

che

avrebbero

comunque

risposto),

ma

soprattutto erano molto interessati a riprendere chi sbagliava 6. non ho saputo spiegarmi il loro imbarazzo nel darsi voti


7. senza neanche accorgersi avevano risposto a 20 domande e ne avevano formulate 5, hanno poi ricordato i testi letti per tutto l’anno e ancora oggi fanno dei riferimenti Oggi ho la stessa classe nella quale svolgo tutte le materie, a distanza di tempo è rimasta una classe vivace, ma positivamente vivace, nel senso che è diventata propositiva e partecipe; solo due o tre

elementi

esuberanza

ancora non

riescono a emergere

per la troppa

generale, diciamo che indirizzare il

loro modo di

comportarsi in classe verso una sana partecipazione alle lezioni è riuscito, i caratterini predominanti sono rimasti, ma altri ne sono emersi. Ancora oggi faccio partecipe la classe dei lavori di ognuno, se per esempio per casa ho assegnato un testo, i ragazzi lo leggeranno davanti alla classe e saranno gli stessi compagni insieme a me a evidenziare come il loro amico ha svolto il compito e devo dire la verità sono sempre molto carini tra di loro, anche quando capiscono che nel testo c’è qualcosa che non va, ma soprattutto si sentono a loro agio … questo non so se sia completamente positivo perché ogni volta vogliono leggere tutti il loro testo e sono sempre 18…

Simona Martini Classe I media 18 alunni Argomento: lezione conoscitiva sulla condizione dell’infanzia nel mondo a.s. 2009/2010


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