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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PERUGIA Facoltà di Economia Corso di Laurea in Statistica ed Informatica per la Gestione delle Imprese

Lo sviluppo e il lancio di un nuovo prodotto. Il caso del Latte Nobile

Relatore: Prof. Andrea Runfola

Laureando: Francesco Esposito Matricola: 232247 Anno Accademico: 2012-2013

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Indice Introduzione……………………………………………………………………………p.3

Capitolo 1: Lo sviluppo e il lancio di un nuovo prodotto 1.1. Perché innovare?…………………………………………………………………..p.4 1.2. Il concetto di prodotto……………………………………………………………..p.5 1.3. Il conetto di prodotto nuovo………………………………………………………p.6 1.4. Innovazione, figure e modelli organizzativi…...………………………………….p.7 1.5. Il processo di sviluppo di un nuovo prodotto……………………………………p.11 1.6. Il ruolo del packaging nel processo di sviluppo di un nuovo prodotto…………..p.12 Capitolo 2: Il mercato odierno del latte 2.1. L’importanza storica del latte……………………………………………………p.16 2.2. Il latte e le sue componenti……………………………………………………....p.18 2.3. Le tipologie disponibili in commercio………………………………………...…p.20 2.4. Il latte è una commodity?......................................................................................p.21 2.5. Le quote latte e le prospettive di differenziazione nel post-quote…………….....p.28 Capitolo 3: Il caso del latte nobile 3.1. La necessità di innovare: la nuova dimensione quantitativa della qualità………p.30 3.2. Il Latte Nobile…………………………………………………………………...p.34 3.2.1. Il disciplinare…………………………………………………………..p.34 3.2.2. Lo sviluppo del prodotto………………………………………………p.37 3.2.3. La qualità del prodotto come leva per le relazioni a monti……………p.38 3.2.4. Lancio e commercializzazione…………………………………………p.39 Conclusione…………………………………………………………………………..p.45 Bibliografia…………………………………………………………………………...p.48

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Introduzione

L'obiettivo di questa tesi è quello di descrivere lo sviluppo e il lancio di un nuovo prodotto , il Latte Nobile, all'interno di un mercato come quello del latte dove quest’ultimo viene generalmente considerato una commodity. In questo contesto, la chiave di lettura vuole essere l'individuazione di un problema e sua soluzione mediante le tecniche trattate in modo teorico nel primo capitolo. In esso discuteremo della necessità di innovare nel contesto odierno, delle figure e dei modelli preposti allo sviluppo e al lancio di un nuovo prodotto, e, inoltre, faremo un approfondimento sul ruolo che ha il packaging nello sviluppo dei nuovi prodotti. Nel secondo capitolo descriveremo le anomalie legate al mercato odierno del latte, ciò che abbiamo individuato come “problema”. Ovvero spiegheremo la standardizzazione di questo prodotto tramite la descrizione della sua filiera, della ricerca che si è mossa verso la selezione animale di vacche iperproduttive e la selezione vegetale con la creazione di mangimi industriali anch’essi standardizzati. Seguiranno poi le prove scientifiche che dimostreranno la diversità di aromi e proprietà nutraceutiche del latte in relazione a ciò di cui si nutre l’animale. Si potrebbe affermare, comprovata la diversità del latte in funzione della biodiversità, l’esistenza della sua accezione plurale “latti”. Da queste analisi, oggetto di studio per anni dei ricercatori dell’INRAN, del CRA-ZOE ed altri, è nata l’idea del Latte Nobile, descritto nel terzo capitolo. Il processo di sviluppo di questo prodotto è stato un lavoro lungo e intenso, che ancora non è del tutto terminato, in quanto gli stessi ricercatori si sono accorti che le informazioni a disposizione del consumatore per valutare la qualità di una latte non sono sufficienti e spesso anche fuorvianti. Da qui la necessità di ripensare all’intera filiera di produzione del latte e alle informazioni contenute nelle etichette, al fine di non omologare un prodotto “che non teme confronti in quanto ad aroma e proprietà nutrizionali” come affermano gli stessi ricercatori attori di questo progetto. Seguirà infine la descrizione del lancio e della commercializzazione del Latte Nobile.

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Capitolo 1: Lo sviluppo e il lancio di un nuovo prodotto Innovare è, oggi, fondamentale per le imprese. Rapidi cambiamenti concorrono nei contesti di macromarketing e nello stile di vita dei consumatori. Le imprese non possono non tener conto di questa dinamicità. Tuttavia lo sviluppo e il lancio di un nuovo prodotto è un tema complesso, esistono infatti figure e modelli organizzativi che si dedicano, a volte esclusivamente, a questo, in quanto la sua immissione nel mercato comporta sempre un rischio per l’impresa.

1.1 Perché innovare? La risposta a questa domanda non è univoca: ci possono essere cambiamenti del contesto di macromarketing come mutazioni legislative e crisi economiche; cambiamenti dello stile di vita dei consumatori, oggigiorno più attenti verso l’etica, la propria salute, l’ambiente, più informati rispetto alle specifiche tecniche dei prodotti rispetto a prima; per differenziarsi dalla concorrenza e far percepire la propria offerta come unica così da creare più fedeltà alla marca, generare barriere all’entrata, attribuzione di un premium price in quanto il prodotto differenziato è percepito come unico, attuare strategia da leader di mercato piuttosto che di follower 1; per la lungimiranza di alcuni manager che rendono l’impresa particolarmente proattiva volta quindi ad analizzare i bisogni attuali e futuri dei consumatori. Quelle appena elencate non sono caratteristiche “aut-aut” ma possono verificarsi congiuntamente come vedremo nel dettaglio nel caso pratico analizzato nei capitoli successivi. Nel contesto appena descritto la figura del consumatore deve essere un elemento cardine nelle decisioni prese dall’azienda per quanto riguarda lo sviluppo dei nuovi prodotti, non solo per l’analisi dei suoi bisogni, ma perché essendo più competenti e informati essi diventano più oculati nelle loro scelte attuando quindi una sorta di redistribuzione del potere tra cliente e azienda2. Sono molte ormai aziende hanno cominciato ad inglobare i clienti stessi nel processo di sviluppo dei nuovi prodotti dalla fase di 1 2

Lambin, Market-driven management, 2012 Fabris, Societing, 2009

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generazione delle idee che a quella del test di mercato grazie alle moderne tecnologie. Si parla in questo caso di consumattore. Esempio 1.1

Un classico esempio di consumattore può essere individuato dall’interazione tra il consumatore e l’impresa tramite il sito web Ideastorm lasciato da Dell, impresa statunitense produttrice di personal computer, nel quale chiunque può esprimere le proprie opinioni per migliorare e sviluppare i prodotti dell’azienda stessa, oppure l’iniziativa Nel mulino che vorrei lanciata da Mulino Bianco sul web dove una community propone delle iniziative che poi vengono votate dalla stessa, le idee più votate vengono poi sottoposte ad un analisi di business dall’azienda stessa.

Si può quindi affermare che l’innovazione di prodotto debba necessariamente tener conto del ruolo dell’esperienza legata allo stesso sia nell’atto della sua creazione che nell’atto del consumo. “In quest’ottica le aziende diventano “fornitori” di emozioni ed esperienze. Il marketing esperienziale si basa più sulle esperienze di consumo che sul valore d’uso dei prodotti.” 3

1.2 Il concetto di prodotto Theodore Levitt identifica il prodotto nel seguente modo: “ un prodotto è quasi sempre una combinazione di fattori tangibili e intangibili”4. Per fattori tangibili si intendono gli elementi fisici che lo compongono, mentre per i fattori intangibili si intendono servizi annessi, garanzie, qualità, design. Inoltre l’Autore all’interno dello stesso articolo asserisce che il prodotto sia un simbolo complesso che denota status, classe sociale, risultato aspirazioni. Per spiegarne il concetto lo articola in quattro livelli. Il livello base è detto prodotto generico o core product, è l’oggetto realizzato dall’impresa, ed è composto dalle caratteristiche essenziali che il cliente si aspetta di trovare. Il livello successivo è costituito dal prodotto atteso ovvero dai requisiti

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http://www.riccardoperini.com/marketing-esperienziale.php Levitt, marketing success Through differentiation of anything, 1980

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minimali che deve possedere per il suo acquisto come ad esempio tempi idonei di spedizione, specifiche tecniche rispettate, modalità di pagamento soddisfacenti.

Figura 1. Il concetto di prodotto

Fonte: T. Levitt (1980)

Per venire in contro a queste esigenze l’impresa deve cominciare a differenziare il prodotto generico. Il livello seguente è il prodotto amplificato, esso consiste nel fornire al cliente benifici aggiuntivi che non aveva previsto o considerato poiché la differenziazione non si può basare solo su ciò che il cliente si aspetta già da un prodotto. L’ultimo livello è costituito dal prodotto potenziale che rappresenta tutto ciò che potrebbe essere fatto per innovare il prodotto, quindi nuove caratteristiche in grado di attrarre e fidalizzare futuri clienti.

1.3 Il concetto di prodotto nuovo Gli autori Burresi, Aiello, Guercini (2006, pag. 295) per quanto concerne l’innovazione di prodotto affermano che “diventa importante interrogarsi sul significato dell’espressione prodotto nuovo e su quando e secondo quali prospettive un prodotto è definibile come tale”. Si può dire in generale che un nuovo prodotto per essere considerato una innovazione deve rispettare due requisiti. In primo luogo la novità deve giungere sul mercato, se ciò non accade può essere considerata una invenzione. In 6


secondo luogo la novità deve implicare un miglioramento, ovvero deve essere quanto più affine ai bisogni del cliente mentre in caso contrario un nuovo prodotto può anche costituire un regresso5. Essi, rifacendosi alla fomulazione di Booz, Allen & Hamilton (1982), segnalano sei categorie di nuovi prodotti in base al grado di novità per il mercato in relazione con il grado di novità per l’impresa: Figura 3. – Innovazione di prodotto e grado di novità (per il mercato e per l’impresa)

Per quanto riguarda la “riduzione di costo” si intendono quei prodotti che hanno caratteristiche simili a prodotti già presenti sul mercato ma che hanno un costo inferiore. Sono inserite tra le categorie di nuovo prodotto in quanto gli interventi finalizzati a una riduzione di costo possono determinare modifiche al prodotto stesso. Il miglioramento dei “prodotti esistenti”, i cosiddetti new improved, si ottengono mediante modifiche alle caratteristiche fisiche del prodotto come ad esempio modifiche al packaging. La “nuova linea di prodotti” permette all’impresa di entrare per la prima volta in un mercato già noto. Il “riposizionamento” consiste nel modificare la percezione del consumatore relativa ad un determinato prodotto, estendendo così il mercato verso nuovi segmenti. La “aggiunta ad una linea esistente di prodotti” consentono all’impresa di incrementare la gamma dei propri prodotti completando linee di prodotto esistenti. Infine per la categoria “nuovo per il mondo” si intendono i prodotti originali o breakthrough, ovvero 5

Roberto Verganti, Innovazione di prodotto e sviluppo delle imprese, pag 14

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quei prodotti che presentano caratteristiche tangibili e intangibili completamente nuove. Nascono per l’esigenza di soddisfare un bisogno che i prodotti presenti nel mercato non possono soddisfare. Un classico esempio è il primo telefono cellulare apparso sul mercato.

1.4 Innovazione, figure e modelli organizzativi Esistono due approcci che possono generare innovazione: il progresso tecnologico e l’innovazione generata dalla domanda. Il primo, detto anche technology push, implica che è l’impresa stessa la promotrice dell’ innovazione soprattutto tramite la funzione aziendale ricerca e sviluppo. Questo approccio tipicamente porta a innovazioni a maggiore contenuto radicale6 ovvero quelle che più creano una rottura con il passato, nel paragrafo precedente abbiamo identificato nel breakthrough l’estremizzazione del concetto di prodotto con innovazione radicale. Il secondo, detto anche market pull o demand pull è più una funzione di risposta a uno studio condotto dall’impresa sui bisogni del cliente da soddisfare con tecnologie già esistenti oppure opportunamente implementate, definite anche innovazioni incrementali7. Nella società attuale postmoderna8 il tema dell’interpretazione bisogni del cliente è sicuramente centrale in quanto si va sempre più incontro a consumatori attenti, competenti, informati, che mutano i loro bisogni in maniera estremamente rapida. Risulta, nella maggior parte dei casi, insufficiente il parere dei clienti per poter generare innovazione, come afferma Lambin citando una frase di Steve Jobs “Non puoi chiedere ai clienti cosa vogliono e poi darglielo. Nel momento in cui avrai costruito quello che volevano, vorranno qualcos’altro”9. Per questo le imprese innovatrici si concentrano spesso sui cosiddetti bisogni latenti che sono quelli cui il potenziale cliente non è consapevole10. Tuttavia si può affermare come l’innovazione sia spesso una integrazione tra i due approcci11.

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Roberto Verganti, Innovazione di prodotto e sviluppo delle imprese, pag 14 Ibidem 8 Fabris, Societing, 2009 9 Lambin, Market-driven management, 2012 10 Lambin, Market-driven management, 2012 11 Burresi, Aiello, Guercini, Marketing per il governo d’impresa, 2006 7

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È di immediata intuizione che l’immissione nel mercato di un nuovo prodotto costituisce un rischio per l’impresa. Esso può essere indentificato in rischio tecnologico se è legato alla fattibilità tecnica di realizzazione dell’innovazione da parte dell’impresa, e in rischio di mercato se è legato alla capacità del nuovo prodotto di soddisfare le esigenze dei consumatori. In base alla combinazione tra grado di novità del prodotto per l’impresa e grado di novità del mercato per l’impresa si possono individuare quattro livelli di rischio12: Figura 1.3 – Innovazione di prodotto e livelli di rischio

Considerato l’elevato rischio che può essere causato dall’immissione nel mercato di un nuovo prodotto è di fondamentale importanza che l’impresa abbia al suo interno figure e modelli organizzativi idonei allo sviluppo degli stessi. Le più importanti prodotti sono la funzione R&S, figura di principale importanza soprattutto per quei prodotti ad alta 12

Gli autori riportano che “le quattro tipologie di rischio individuate presuppongono come base teorica di riferimento la matrice prodotti-mercato di Ansoff (1965)”

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innovazione tecnologica o innovazioni radicali, e la funzione marketing la quale comprende le esigenze del mercato da cui scaturiscono idee per nuovi prodotti. In genere queste funzioni non operano in un’ottica individualista, bensì in un’ottica di cooperazione. Ciò è reso possibile da figure specifiche dette team interfunzionali che sono in insieme di individui facenti parte di diverse funzioni aziendali come R&S, produzione, marketing, finanza. Se ne possono distinguere due principali tipologie: il comitato nuovi prodotti, il quale si riunisce in genere una volta al mese per valutare e approvare nuovi progetti e il gruppo di lavoro ad hoc13 il quale viene istituito per un tempo definito per sviluppare un progetto specifico lavorando in piena autonomia dall’idea fino alla definizione del marketing mix. L’attività di coordinamento delle diverse funzioni può essere svolta dal New Product Manager che ha il compito di far superare le barriere esistenti tra le diverse funzioni, può essere suddiviso in New Product Manager “leggero” se detiene un potere inferiore rispetto ai dirigenti funzionali e New Product Manager “forte” se dipende dalla direttamente dalla direzione generale detenendo quindi un potere uguale o superiore rispetto a quello dei manager funzionali. Un ulteriore modello organizzativo può essere quello della funzione “nuovi prodotti” la quale è autonoma rispetto alle altre e ha il compito di coordinarle. L’autonomia, però, potrebbe portare ad uno svantaggio in quanto potrebbe essere percepita dalle altre funzioni come un terzo interlocutore con il quale approcciarsi aumentando così la complessità gestionale del processo, pertanto la direzione deve fare in modo che tutte le funzioni collaborino. Una volta elencate le figure preposte all’innovazione di prodotto si descriveranno i processi di sviluppo di un nuovo prodotto. Gli Autori Burresi, Aiello, Guercini ne identificano sostanzialmente due: il processo sequenziale e il processo parallelo. Il primo, formulato agli inizi degli anni ’80 ha come obiettivo la riduzione del livello di incertezza con il passaggio alla fase seguente solo una volta completata con successo la precedente. Quest’ultimo risulta sicuramente un vantaggio di questo modello, ma dall’altra parte può comportare diversi svantaggi come la lentezza di svolgimento proprio a causa di questa rigida sequenzialità e mancanza di comunicazioni interattive tra le funzioni, causando un conseguente ritardo di immissione sul mercato. Il processo sequenziale invece, nasce negli anni ’90 proprio per ovviare alla lentezza del precedente 13

Burresi, Aiello, Guercini, Marketing per il governo d’impresa, 2006

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dal momento in cui i mercati diventavano sempre più competitivi e basati sulla velocità di immissione sul mercato dei nuovi prodotti, oltre al fatto che “per realizzare innovazioni in grado di far ottenere un vantaggio competitivo difendibile, sia impostare lo sviluppo del nuovo prodotto sull’apprendimento continuo e su una forte integrazione interfunzionale”14.

1.5 Il processo di sviluppo di un nuovo prodotto Il processo di sviluppo di un nuovo prodotto prevede lo svolgimento di determinate fasi. Di particolare interesse ai fini di questa tesi sono la generazione delle idee e il lancio e commercializzazione. Le idee posso essere generate da fonti interne o esterne all’impresa. Le prime sono costituite da dipendenti, personale di vendita, ricercatori, ingegneri, marketing o altro personale organizzativo, mentre le seconde da clienti, concorrenti, fornitori, distributori, agenzie pubblicitarie, consulenti e istituti di ricerca. I criteri vengono suddivisi in creativi e funzionali. Tra i creativi abbiamo il focus group, il brainstorming e la sinettica, possono essere utilizzati sia da fonti interne che esterne. Il focus group è una tecnica che prevede il coinvolgimento di un ristretto numero di utilizzatori attuali e potenziali (circa 8-12 persone). Ogni membro è sollecitato da un moderatore ad esporre le proprie opinioni col fine di studiare le reazioni da loro manifestate che permettono di analizzare i bisogni e le attese relative al prodotto che si sta testando. Il brainstorming contrariamente al focus group coinvolge un numero inferiore di persone (circa 5-7 persone) le quali, dopo essere state informati del problema da affrontare, sono chiamate a produrre il maggior numero di idee possibili per la soluzione del problema. In questo caso la quantità predilige la qualità, sono vietate le critiche in quanto potrebbero limitare la partecipazione dei membri, le idee sono di proprietà del gruppo e non degli individui. La sinettica invece affronta il problema in modo indiretto basandosi sulla convinzione che l’aver trasposto il problema in campi diversi ma collegati induce a cercare analogie che possano favorire la comprensione delle soluzioni del problema originario. Ciò è 14

Burresi, Aiello, Guercini, Marketing per il governo d’impresa, 2006

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dovuto al fatto che la familiarità eccessiva rispetto ad un argomento non favorisce una visione nuova di esso. Figura 1.5 - Il processo di sviluppo del nuovo prodotto

Fonte Burresi, Aiello, Guercini (2006)

I criteri funzionali sono l’elenco degli attributi, l’analisi morfologica, l’analisi delle percezioni e delle preferenze e l’analisi delle esperienze di uso. Vengono adottati prevalentemente da fonti esterne che prendono in esame i prodotti esistenti. L’elenco degli attributi consiste nello stilare le caratteristiche fondamentali degli attributi per poi ricombinarle dando vita nuove tipologie di utilizzo. Con l’analisi morfologica invece si identificano le caratteristiche più importanti di un prodotto per poi esaminare le combinazioni di esse prese a due a due con lo scopo di scoprire nuove, valide, caratteristiche. Con l’analisi delle percezioni e delle preferenze si confrontano gli attributi distintivi del prodotto con quelli dei concorrenti diretti. Con l’analisi delle esperienze d’uso si analizzano i problemi che si rilevano nell’utilizzo del prodotto. Un altro criterio degno di nota è il cosiddetto reverse engenneering che consiste nel comprendere il funzionamento dei prodotti della concorrenza ai fini di imitarlo o migliorarlo.

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Con questa prima fase si ottengono una lista idee che devono essere sottoposte a un processo di selezione nel quale vengono scartate le idee che non sono compatibili con gli obiettivi e le risorse dell’azienda. La fase successiva è quella dello sviluppo del concetto di prodotto. Vengono elencate le caratteristiche fisiche e percettive del prodotto in base al segmento target di riferimento, alla promessa dei vantaggi primari del prodotto, e alle sue occasioni d’uso. Dopodichè queste caratteristiche vengono valutate da un gruppo di potenziali clienti in un test detto concept test. Si effettua quindi una analisi economica preliminare, l’impresa comincia a definire una strategia di marketing con la quale stabilisce quota di mercato, volumi di vendita, obiettivi di profitto, posizionamento, immagine ecc. Vengono realizzati dei prototipi che verranno anche loro sottoposti a dei test (product test). Il lancio e commercializzazione del prodotto si suddivide in tre subfasi: a) test di mercato; b) elaborazione di un programma di marketing definitivo; c) lancio effettivo e commercializzazione. Il test di mercato può essere standard, controllato, o simulato. Nel primo si effettua il lancio in alcune città campione nelle quali viene anche effettuata una campagna di marketing completa. L’impresa si rivolge poi a istituti di ricerca specializzati che effettuano analisi quantitative, relative cioè al volume delle vendite, e analisi qualitative tramite interviste in profondità realizzate sui clienti e distributori volte a comprendere le motivazioni d’acquisto Nel secondo caso, invece, il test è effettuato da un istituto di ricerca, mediante le specifiche che gli vengono fornite dall’impresa interessata, su un panel di acquirenti il cui comportamento di acquisto viene registrato attraverso appositi sistemi scanner presenti presso i dettaglianti in cui il nuovo prodotto è in vendita. Nel terzo l’impresa ricorre a delle simulazioni in laboratorio che producono risultati in tempi brevi e a costi più bassi ma per contro risultano test meno attendibili dei precedenti. Il test di mercato permette di elaborare il programma di marketing mix. . Nel lancio di un nuovo prodotto, una delle principali decisioni da prendere è quella della politica di prezzo. Una volta misurata l’elasticità della domanda bisogna decidere se attuare una politica di prezzo di scrematura, stabilendo quindi il prezzo superiore a quello dei prodotti della concorrenza ottenendo massimi profitti unitari su di un volume iniziale di vendita limitato, o di penetrazione, cioè stabilendo un prezzo inferiore rispetto a quello della concorrenza. Per quanto riguarda la distribuzione si deve scegliere il canale, e impostare i rapporti con gli

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intermediari, in quanto questi ultimi potrebbero rifiutare di inserire il prodotto sui loro scaffali. Per le politiche di comunicazione l’impresa deve scegliere tra le diverse forme, il budget a disposizione e l’arco temporale di riferimento. Nel momento in cui poi l’impresa decide di effettuare il lancio deve decidere quando effettuarlo, dove, a quale mercato obiettivo indirizzare il lancio e con quale strategia di mercato.

1.6 Il ruolo del packaging nel processo di sviluppo di un nuovo prodotto “Le origini del moderno packaging si possono far risalire alla fine del Diciottesimo secolo quando la Rivoluzione Industriale introdusse massicci cambiamenti nell’industria manifatturiera. Mentre prima di questo grande evento storico la maggior parte dei processi di produzione era basata quasi esclusivamente sul lavoro manuale e sulla produzione limitata di merci, l’introduzione della meccanizzazione su larga scala consentì la produzione di quantità sempre più notevoli di articoli.”15 Il packaging viene definito da James Pilditch come “the silent salesman” in quanto esso, soprattutto nei mercati saturi, è l’elemento che permette di distinguere i prodotti di una impresa da quelli dei concorrenti contribuendo in modo significativo a fenomeni come differenziazione, creazione di fedeltà alla marca, attribuzione di premium price, barriere all’entrata, rassicurando il consumatore con tutte le informazioni necessarie e aggiuntive relative alla qualità del prodotto. Nello studio del lancio di un nuovo prodotto, il design del packaging riveste un ruolo estremamente importante tanto che in una indagine svolta da Bruce e Whitehead (1988) su dei senior marketing manager è emerso che il 60% di essi ritenevano che il design svolgesse il ruolo più importante nel determinare il successo dei nuovi prodotti, mentre per il prezzo la percentuale era del 17% 16. Inoltre nella sua creazione l’impresa deve non solo soddisfare i bisogni del cliente, ma anche quelli di tutta la catena distributiva, allargando la concezione di cliente verso ognuno dei suoi componenti17. Gli intermediari sono i primi a ricevere i prodotti e i loro bisogni 15

Stefania Bertani, il packaging http://www2.unipr.it/~arte/Docenti/bianccibo/Stefania%20Bertani/Bertani.htm consultato nel novembre 2013 16 Ulrich Orth, Keven Makkewitz, Packaging design as resource for the construction of brand identity, 2006, international wine business research conference 17 Christopher Simms, Paul Trott, Packaging development: A conceptual framework for identifying new product oopportunities, 2010

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potrebbero essere quelli relativi allo stock, al peso, al materiale, a tutti quei fattori che possono influire sull’ efficienza ed efficacia gestionale. Bisogna anche comprendere l’ottica dei retailers, il loro contesto di vendita, che deve essere congruo al posizionamento che l’impresa ha scelto per quel prodotto altrimenti si rischia di non intercettare il giusto segmento target. Considerando poi il loro grande potere contrattuale, soddisfare i loro bisogni è sicuramente un’arma in più per vendere meglio. Se non dovessimo soddisfare i loro bisogni, l’assenza del prodotto in determinati canali che erano stati considerati in sede di pianificazione di marketing, potrebbe portare a conseguenze molto negative. Sebbene non faccia parte della catena di distribuzione, una considerevole importanza viene data anche agli impianti di riciclaggio18. I consumatori, come accennato nel primo paragrafo, oggi sono molto più attenti alle tematiche ambientali, quindi l’uso di materiali riciclabili, a basso impatto ambientale, prodotti che hanno maggiore durabilità o che possono essere riutilizzati più volte, sicuramente sono tutti fattori che costituiscono un valore aggiunto.

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Ibidem

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Capitolo 2: Il mercato odierno del latte Il latte è una commodity. Eppure, secondo Theodore Levitt (1980) “There is no such thing as a commodity. All goods and services are differentiable”. Nel caso del latte il fatto è ancora più emblematico perché è un alimento, e in quanto tale, legato al territorio. In aggiunta, gli accordi interprofessionali determinano un prezzo unico per il latte alla stalla, sia per chi ha una materia prima di alto livello, sia per chi non ce l’ha. Inoltre negli ultimi anni il settore ha subito molte perdite, basti pensare che dal 2007 ad oggi hanno chiuso seimila allevamenti, e nei 39mila rimasti, nei primi sei mesi del 2013 la produzione è calata di un ulteriore 3% rispetto ai primi sei mesi dell’anno precedente. Si può uscire da questa spirale discendente adottando una efficace politica di differenziazione della qualità, eliminando quindi la logica del latte-commodity e definendo nuovi parametri che spieghino cosa sia la qualità del latte.

2.1 L’importanza storica del latte e dei suoi derivati Il latte e i suoi derivati sono da sempre uno degli alimenti cardine dell’uomo, difatti numerose sono le prove storiche che documentano questo rapporto. Il documento più antico che testimonia le fasi della lavorazione del latte è il bassorilievo sumero del III millennio a.c, chiamato il “fregio della latteria”, illustrato in figura 2.1, che rappresenta alcuni sacerdoti nell’esecuzione della mungitura19; nella mitologia greca le Ninfe avrebbero insegnato ad Aristeo, figlio di Apollo, l’arte di fare il formaggio; lo yogurt veniva citato da molti filosofi e scrittori come Aristotele, Senofonte, Erodoto; durante l’impero romano sono molti gli autori che hanno scritto sull’arte casearia, Plinio, Varrone, Columella che riescono già a definire le tipologie consumate e confrontare i formaggi ottenuti da vari cagli animali e naturali, ovvero il caglio di lepre, capretto, agnello contro quello derivato dal succo di fico e dal fiore del cardo ; Figura 2.1 Il fregio della latteria

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http://www.mu-edu.it/cultura%20della%20salute/Latte%20e%20dintorni/storia/storia.html

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nell’Antico Testamento si cita il latte quando Abramo "lieto nell'apprendere che la moglie Sara era finalmente in attesa di un figlio, prese una bevanda di latte acido e latte fresco e lo mise di fronte agli angeli venuti a dargli la notizia”; nel 15esimo secolo iniziano i primi trattati scientifici, come ad esempio la “summa lacticinorum” del 1477 di Pantaleone da Confienza o il “tractatus del lacte” del 1535 di Girolamo Accoramboni da Gubbio, passando per le ricerche sul Lactobacillus Bulgaricus nel 1908 ad opera del medico russo Ilya Mechnikov che gli fruttarono il premio Nobel fino ai numerosi studi dei giorni nostri. Questa breve enumerazione degli studi e delle pubblicazioni condotti su latte e derivati è utile per comprendere come in tutte le epoche storiche essi siano stati considerati, oltre che un fondamentale nutriente ed alimenti per la soddisfazione edonistica, un medicinale che aveva proprietà curative per fegato, emicrania, bruciori di stomaco, fino a caratteristiche afrodisiache. Tutt’oggi difatti latte e derivati sono, da soli, uno dei sette gruppi fondamentali di alimenti elaborati grazie alla collaborazione tra Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN)20 e Società Italiana Nutrizione Umana (SINU)21 i quali consigliano di consumare con frequenza giornaliera almeno uno degli alimenti facenti parte dei sette gruppi.

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L’INRAN, Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, è un ente pubblico di ricerca sottoposto alla vigilanza del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. http://www.inran.it/ 21

La Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) è una Società scientifica senza scopo di lucro che riunisce gli studiosi e gli esperti della nutrizione nei suoi differenti aspetti chimici, molecolari, genetici, biochimici, fisiologici, psicologici, cognitivo-comportamentali, clinici, tecnologici, formativi, economici, politici e sociali. La SINU fa parte di Federazioni nazionali e internazionali di Società Scientifiche e collabora con Enti di ricerca, Istituzioni pubbliche e private, ed altre Società scientifiche. http://www.sinu.it/html/cnt//sinu.asp

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2.2 Il latte e le sue componenti Come appena visto il latte è stato un fondamentale alimento per tutte le epoche storiche, compresa la nostra, vediamo di comprenderne il perché in maniera più approfondita. Il latte è, prima di tutto, un alimento indispensabile per i primi mesi di vita per tutti i mammiferi, nella specie umana esso consente di raddoppiare il peso dei neonati nei primi 5 mesi di vita. Ha una composizione chimica molto complessa dove l’elemento più noto è sicuramente il calcio. Esso è particolarmente importante durante la crescita per la formazione e il mantenimento delle ossa e dei denti. Le sue funzioni però non si riducono solo a questo in quanto è coinvolto in altri processi come la conduzione degli impulsi nervosi, la contrazione dei muscoli, la coagulazione del sangue, la permeabilità delle cellule ecc. L’assunzione giornaliera di calcio deve essere dagli 800 ai 1500 mg ( e in dose più elevata per le donne in gravidanza, allattamento e menopausa) e sono proprio latte e derivati che apportano i due terzi del fabbisogno raccomandato di calcio. Un altro elemento fondamentale è il fosforo che è un minerale che contribuisce anch’esso alla formazione e mantenimento delle ossa e dei denti. Da evidenziare è il fatto che calcio e fosforo dovrebbero essere fra di loro, nel complesso della dieta, in rapporto uguale o superiore all’unità, e dato che il fosforo prevale in tanti alimenti è qui che si consolida il ruolo del latte all’interno di una dieta equilibrata. Altri elementi importanti sono le proteine, il cui ruolo è quello della crescita e del rinnovamento delle cellule, che nel latte sono la caseina per circa l’80% e la lattalbumina. Lo zucchero è presente sotto forma di lattosio che nel corso della digestione si scinde in fruttosio e galattosio (quest’ultimo importante perché presente solo ed esclusivamente nel latte e svolge un ruolo di rilievo nel funzionamento del sistema nervoso). Inoltre il latte contiene una discreta quantità di vitamine B2, B12, A, E, beta carotene tutte sostanze che sono variabili in modo significativo in base al regime di alimentazione e lo stile di vita cui l’animale è sottoposto. Molto importanti sono la E e il beta carotene per il loro potere antiossidante, in quanto ciò che preoccupa maggiormente dei grassi sono gli ossidi del colesterolo efficacemente contrastati dagli antiossidanti. Per ultimo si analizzerà l’elemento che ha suscitato più polemiche e dibattiti, che ha influenzato di più lo stesso mercato del latte e in alcuni casi vere e proprie fobie nei consumatori: il grasso. Rimandando a testi più specializzati per l’approfondimento della tematica, ai fini di questa tesi è necessario sottolineare che i 18


grassi non sono tutti uguali, al contrario, ognuno di loro possiede caratteristiche e funzioni diverse. La distinzione fondamentale è dettata dagli acidi grassi saturi, presenti nel latte in grandi quantità e generalmente dannosi per l’organismo umano, e acidi grassi polinsaturi, presenti in basse quantità. Tra i polinsaturi troviamo gli omega-6 e omega-3 “che sono componenti fondamentali di tutte le membrane biologiche, intervengono nel metabolismo del colesterolo e, indirettamente, nei processi di coagulazione del sangue” 22. Questa disparità quantitativa non è un bene per l’uomo che però è controbilanciata dalla presenza di molecole, che derivano dagli stessi acidi grassi polinsaturi modificati da microrganismi presenti nel rumine, come quelle dell’ acido linoleico coniugato (CLA) “che sono anticancerogene, antinfiammatorie, antiossidanti e migliorano il rapporto massa magra/massa grassa del corpo umano. Da dati preliminari risulta che gli alimenti lattiero caseari sono, nella nostra dieta, la fonte privilegiata di CLA arrivando a coprire oltre il 50% dell’ingestione totale, percentuale che può essere notevolmente aumentata se il latte è prodotto in un allevamento naturale”23.

2.3 Le tipologie disponibili in commercio Le principali variabili su cui gioca la differenziazione dell’offerta sono il processo termico cui viene sottoposto il latte e la sua scrematura. Vediamo qui di seguito le principali trasformazioni del latte crudo: 

Latte fresco pastorizzato: la pastorizzazione è un processo termico che viene applicato agli alimenti col fine di eliminare batteri, funghi, lieviti che potrebbero essere dannosi per la salute umana. Il latte portato allo stabilimento di confezionamento entro 48 ore dalla mungitura in questo caso viene sottoposto ad una temperatura di 71,7°C per 15 secondi, dopodichè viene omogeneizzato, cioè i globuli di grasso vengono ridotti a piccolissime dimensioni assicurandone una

22

Adriano Gallevi, Aria del Molise, 2012. Opuscolo a cura dell’ANFOSC Roberto Rubino, Laura Pizzoferrato, Tutto quello che vorresti sapere sul Latte Nobile. http://www.informazione.it/pruploads/835f46a6-517f-4c81-a382-c482afd15d10/Imp_Libricino_5.pdf consultato nel dicembre 2013 23

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omogenea distribuzione nel prodotto. Ha una durata di 6 giorni, va trasportato e conservato in ambienti refrigerati tra 0 e 4°C. 

Latte fresco pastorizzato di altà qualità: è caratterizzato da elevate qualità igieniche in sede di produzione e di un contenuto nutritivo più elevato. Deve contenere almeno 3,2 grammi di proteine e 3,5 grammi di grassi ogni 100 grammi di latte.

Latte UHT: la sigla sta per trattamento ultrarapido ad alta temperatura, il latte viene sottoposto ad una temperatura di circa 135° per circa un secondo. Questo trattamento assicura un periodo di conservazione non di almeno 3 mesi a temperatura ambiente.

Latte sterilizzato: viene portato ad una temperatura di 140°C per 3 / 4 secondi che assicura la distruzione di tutta la flora batterica. Ha un periodo di conservazione di 6 mesi, e vengono perdute parte delle vitamine del complesso B.

Latte scremato: viene sottratto il grasso tramite un processo di centrifugazione. Il suo contenuto non supera lo 0,30%

Latte parzialmente scremato: la presenza dei grassi è compresa tra 1,50 e 1,80 grammi per ogni 100 grammi di prodotto

Latte delattosato: il lattosio si presenta già scisso nelle sue due componenti, glucosio e galattosio, per almeno il 75% risultando così tollerabile anche a chi ha problemi a digerire normalmente il latte.

Il latte per poter essere commercializzato deve subire almeno il trattamento termico e poi, a discrezione, la scrematura e altre trasformazioni. Il latte crudo invece può essere venduto solo da distributori automatici autorizzati, generalmente gestiti dagli allevatori stessi, e va bollito prima del consumo. Sono da menzionare anche i cosiddetti latti speciali che sono quelli che, a prescindere dal trattamento termico o scrematura, possono avere delle aggiunge ad esempio di omega-3 o concentrati di frutti, cacao etc.

2.4 Il latte è una commodity? 20


La risposta a questa domanda è sicuramente si, cerchiamo di capire meglio il perché. Riteniamo che la spiegazione abbia due cause principali: la scoperta della pastorizzazione e la rivoluzione industriale. Il latte, dall’antichità fino all’inizio del XX Figura 2.2 - Venditore di latte di capra girgentana

Figura 2.3 - Venditrice di latte

secolo, è stato venduto ed utilizzato crudo. Uno dei metodi di vendita è quello rappresentato nelle figure 2.2 e 2.3, scattate rispettivamente a Caltanissetta e Napoli, dove si notano dei venditori di latte con i propri animali che venivano munti al momento su richiesta stessa dei consumatori.

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Il chimico francese Louis Pasteur scoprì il noto processo termico che prende il suo nome, il quale minimizza i rischi per la salute umana eliminando microrganismi patogeni sensibili al calore. Questo procedimento venne poi esteso anche al latte. A cavallo tra il 1800 e il 1900 la tubercolosi era la principale causa di morte in Europa e negli Stati Uniti. Come si evince dall’articolo Saving children from milk-borne diseases del Journal of the American public health association24 nella città di New York nell’estate del 1892 morirono 6612 bambini sotto i 5 anni a causa di questa malattia, ma con la diffusione del latte pastorizzato, nell’estate del 1910 ne morirono 3900 su una popolazione di 125000 bambini in più rispetto a quella del 1892. Molti articoli scientifici susseguirono, i mezzi di comunicazione ed il progresso avanzavano, il successo della pastorizzazione in generale, del latte in particolare e l’esigenza di proporre al mercato un prodotto all’epoca ritenuto “sano”, sterile dai germi (fino ai trattamenti UHT e sterilizzazione) divennero quindi giustificati ed inevitabili. In Italia con il Decreto Regio del 9 maggio del 1929 si da il via ai primi centri di pastorizzazione e delle centrali del latte, citando testualmente “I comuni hanno facoltà di istituire, isolatamente o riuniti in consorzio, speciali stabilimenti (centrali del latte) per la raccolta del latte destinato al consumo locale allo scopo di sottoporlo ai controlli necessari nonché alla pastorizzazione o ad altro trattamento che venisse riconosciuto idoneo allo scopo di assicurarne la genuinità e la salubrità.” 25 Per quanto riguarda invece la rivoluzione industriale, il latte crudo era un alimento eccessivamente deperibile, mentre con i trattamenti termici il tempo di conservazione si allungava, la sua gestione era più semplice considerando lo sviluppo delle reti di distribuzione, della vendita al dettaglio, delle produzioni di massa. Proprio queste ultime hanno fatto si che si standardizzassero molti altri prodotti alimentari e hanno incentrato la concorrenza sull’abbassamento dei costi e sull’aumento della produzione. Per quanto concerne le produzioni lattiero-caseari sono nate tecniche di allevamento intensive basate sulla stabulazione fissa degli animali e alimentazione di foraggi e insilati industriali, che sono la causa primaria della perdita di tipicità territoriale ed autenticità del latte. La ricerca si è mossa anche nella direzione della selezione animale 24

Nathan Straus, http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2218797/pdf/japha00002-0033.pdf consultato nel dicembre 2013 25 Decreto Regio del 9 maggio del 1929 http://www.consorziotutelaprovolone.it/LEGGI/R.D.%209%20maggio%201929,%20n.%20994.pdf consultato nel dicembre 2013.

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con l’obiettivo di aumentare il livello produttivo di latte e infatti la produzione di latte negli anni è aumentata di molto, si è passato dai 3500 litri di media per capo ai circa 10.000 di oggi. Carlo Petrini, fondatore di Slow Food Fondazione per la Biodiversità Onlus, in un articolo comparso su Repubblica il 3 agosto 2007 afferma: “Le vacche, se fossero lasciate alla loro discrezione, produrrebbero circa 15-20 litri di latte al giorno. Però i "miglioratori" delle razze si sono dati molto da fare negli ultimi 20 anni e han portato le vacche a farne oltre 50 litri al giorno. Da una razza molto vocata, la frisona olandese, hanno selezionato femmine e riproduttori badando solo ad aumentare la produzione del latte: per produrre di più, han detto, devono mangiare di più, quindi devono essere più grandi. Pesavano circa 450 kg, oggi ne pesano fino a 700. Il loro rumine è aumentato di volume, e così la loro cavità addominale; le mammelle sono più grandi e pesanti. Per contro partoriscono con difficoltà perché si è ridotto lo spazio per l' utero, ma il vitello è più grande e deve passare sempre per le stesse vie; il loro scheletro non regge il nuovo peso e hanno problemi alle articolazioni; vivono 6 anni anziché 15; partoriscono 2-3 volte nella vita anziché 7-8. Ma divorano circa 22 kg di materia secca e 130 litri d' acqua al giorno. Per capirci: l' erba fresca ha un 5% di materia secca. È come se ogni vacca mangiasse 4 quintali d' erba fresca. Al giorno”26, qui il Petrini riporta l’esempio della vacca frisona olandese ma gli stessi esperimenti sono stati condotti su molte altre razze bovine, ovine, caprine. Il latte diventa così commodity, e cioè un prodotto offerto senza differenze qualitative significative, la cui qualità deve rispettare delle determinate specifiche stabilite nei mercati di riferimento, tant’è che il dott. Adriano Gallevi afferma ironicamente “ci si domandava se non era il caso di valutare le mucche sulla base dei barili del latte che produceva, alla stessa stregua del petrolio al quale è accumunato in campo finanziario”27. Questa elevata standardizzazione consente una agevole negoziazione sui mercati internazionali soprattutto grazie ai contratti definiti commodity futures che stabiliscono la consegna futura di un certo quantitativo di merce, in una certa data ad un prezzo stabilito. Rimandando a testi più specializzati per l’approfondimento del tema, si vuole far notare come anche il latte non sia esente da fenomeni di speculazione, e di come la sua qualità, legata ai fattori naturali elencati in precedenza, non venga considerata come fattore per 26

Carlo Petrini, http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2007/08/03/perche-non-sadi-nulla-il-latte.html 27 Adriano Gallevi, Aria del Molise, 2012, opuscolo a cura dell’ANFOSC

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la determinazione del prezzo. Nel sito della società di consulenza Agiboo si constata persino : “The prices of dairy commodities is slightly different from other agricultural commodities. The weather has a far smaller impact on the supply of dairy products as the animals will produce milk in any weather type. The price of dairy commodities is the result of an equilibrium of supply and demand and the impact of the numerous speculators on the exchange.”28. Vediamo le principali classi di prodotto che vengono negoziate come commodity: Tabella 2.1: Le principali classi della commodity latte

Classi

Descrizione

Milk class 3

Destinato alla produzione di formaggi e altri derivati

Milk class 4

Produzione di burro e latte scremato in polvere

Milk powder

Latte in polvere, creato dall’evaporazione della componente acquosa

Non-fat dry milk

Può essere usato per la preparazione di molti cibi

Butter

Burro base

Dry whey

Siero essiccato del latte, può essere usato nella preparazione di pane, cereali

Fonte: nostra elaborazione.

Per quanto riguarda invece il latte alimentare, come affermato nel paragrafo precedente, in un qualsiasi punto vendita, il consumatore non ha quasi mai facoltà di scelta se non per il trattamento termico e di scrematura riservato al latte, e questo si può spiegare, difatti, esaminando la strutturazione della sua filiera. Essa comincia in allevamento, tutte le aziende produttrici di latte alimentare devono essere registrate dai Servizi Veterinari dell’ASL affinchè venga garantita la salubrità dell’alimento, la rintracciabilità lungo tutta la filiera, la provenienza e la documentazione sanitaria dei capi e il loro stato di salute. Le operazioni di mungitura vengono effettuate solitamente

28

http://wiki.agiboo.com/Dairy.ashx consultato nel dicembre 2013

24


lontano dall’allevamento, in una apposita sala mungitura per garantire una maggiore igiene, tramite una mungitura meccanizzata o manuale. Il latte viene immesso in una cisterna di raccolta che ha la funzione di filtrarlo per eliminare le impurità più grossolane e ha anche funzione di refrigerazione per evitare la moltiplicazione dei germi presenti e in attesa che esso venga trasportato negli stabilimenti di lavorazione vengono effettuate delle periodiche analisi per verificare lo stato igienico-sanitario tramite gli indicatori di carica batterica (numero di germi non pericolosi nel latte) e carica somatica (numero di cellule dell’animale “cadute” nel latte che indica la bontà della mungitura e lo stato di salute della mammella)29 e il tenore di proteine e grassi. Queste funzioni possono essere espletate anche da dei centri di raccolta che filtrano il latte proveniente da più allevamenti e lo conservano fino al momento del trasporto. Il latte di più allevamenti viene così trasportato dalle autocisterne rispettando la catena del freddo, agli stabilimenti di trasformazione come le centrali del latte o i caseifici che attueranno i trattamenti discussi nel paragrafo precedente e procederanno infine alla commercializzazione. Anche in questo caso si pone un problema di autenticità e qualità in quanto non si sa se vengono miscelati latti di animali al pascolo o in stabulazione, non si sa nulla del loro regime alimentare, della loro razza, perché vengono presi in considerazione parametri come grassi, proteine, carica batteria e cellule somatiche che poco hanno a che fare con la tipicità di un latte come afferma il dott. Roberto Rubino “ la qualità di un formaggio è dovuta soprattutto alla materia prima, al latte, o meglio, alle numerose erbe che l’animale mangia. Quindi, la differenza più importante la fa il latte, l’erba, le erbe. Poi, ma con minore incidenza, vengono il trattamento termico (pastorizzazione), l’uso di fermenti e di correttori di acidità.” 30. A questa conclusione si è giunti dopo numerose ricerche condotte al Cra Zoe di Bella (PZ)31, come ad

29

Dott. Roberto Condoleo, La filiera del latte, https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=1&ved=0CDMQFjAA&url=http%3A %2F%2F195.45.99.79%2Fcsra%2Findex.php%3Foption%3Dcom_docman%26task%3Ddoc_download%26 gid%3D103%26Itemid%3D175&ei=_x6oUsCEAafnywOLkYLYCw&usg=AFQjCNF2Iz_7Vf-vlhZljY6j_wK17_ZZg&sig2=PY9CwILczjzhpfMXF2V12w&bvm=bv.57799294,d.bGQ consultato nel dicembre 2013 30

Roberto Rubino, 2013, http://www.qualeformaggio.it/bentornato-caseus/78-sostiene-rubino/2201non-si-puo-giudicare-un-formaggio-se-non-si-sa-nulla-del-suo-latte consultato nel dicembre 2013 31

Il Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura (CRA) è un Ente nazionale di ricerca e sperimentazione con competenza scientifica generale nel settore agricolo, agroindustriale, ittico e forestale. Il CRA ha personalità giuridica di diritto pubblico, posto sotto la vigilanza del Ministero delle

25


esempio quella condotta dai ricercatori Rubino, Claps, Cifuni e Pizzillo nella Val D’Agri in Basilicata con l’intento di indagare sulla variabilità qualitativa del latte bovino, soprattutto dal punto di vista aromatico e nutrizionale, prodotto in diversi sistemi di allevamento. Si riporteranno di seguito i risultati dell’indagine condotta su 6 aziende rappresentative di vacche di razza Bruna Alpina, alimentate con 3 diversi sistemi alimentari: pascolo (PB), insilato di mais (IB) e senza insilato di mais (SIB). Nel primo grafico verranno riportati i valori riscontrati di CLA e C18:1 trans 11, variabili scelte come rappresentative della dimensione nutrizionale, dove della prima sono già state messe in evidenza le sue proprietà anticancerogene, antiossidanti e antinfiammatorie, la seconda invece è il suo precursore, mentre nel secondo grafico vengono riportate componenti organiche volatili rappresentative dell’aroma. Dai grafici 2.3 e 2.4 si evince come il contenuto di CLA sia maggiore nelle vacche al pascolo e di come la complessità aromatica vari significativamente nelle sue variabili in base al regime alimentare. Da notare come questa sia una ricerca condotta su una singola razza, la Bruna Alpina, ma altre differenze qualitative possono emergere dal confronto di più razze bovine.32 In sintesi: se il latte viene prodotto da allevamenti che adottano per la maggior parte la stessa razza bovina selezionata, utilizzando lo stesso mangime industriale (insilato di mais), i criteri di qualità sono impostati su grassi e proteine, e non su aroma e proprietà nutrizionali, non ci si può stupire del fatto che il latte sia offerto sul mercato senza differenze di caratteristiche qualitative. Ciò comporta anche l’annientamento del potere contrattuale degli allevatori, con forti ripercussioni circa la loro redditività, in quanto la loro materia prima non è differenziabile.

Politiche Agricole Alimentari e Forestali ed ha autonomia scientifica, statutaria, organizzativa, amministrativa e finanziaria. http://sito.entecra.it/portale/index2.php?lingua=IT 32

Per approfondimenti si rimanda a Claps S., Cifuni G.F., Pizzillo M., Rubino R. (2006) - Verso un nuovo metodo di pagamento del latte. Caseus 2 27-29

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Figura 2.3 - Variabili rappresentative della dimensione nutrizionale

Fonte: Caseus 2 27-29. “Verso un nuovo metodo di pagamento del latte”.

Figura 2.4 – Variabili rappresentative della complessità aromatica

Fonte: Caseus 2 27-29. “Verso un nuovo metodo di pagamento del latte”.

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2.5 Le quote latte e prospettive di differenziazione nel post-quote Le quote latte sono dei limiti alla produzione imposti dall’Unione Europea, stabiliti Paese per Paese, per evitare che si immetta nel mercato una quantità troppo elevata di latte che andrebbe a scapito della remunerazione degli allevatori. L’ultimo regolamento in materia è il 1788/2003 del 29 settembre 2003 che pone il limite per l’Italia a 10.530 migliaia di tonnellate fino al 2015. Da notare è che lo sforamento della quota non implica una multa, bensì i produttori sono liberi di farlo a patto che paghino una tassa in più che disincentiva fortemente lo sforamento. Le aziende acquirenti di latte fungono da sostituti di imposta, cioè devono avere un registro acquisti di latte dei produttori e nel momento in cui quest’ultimi superano la quota i primi devono trattenere il prelievo stabilito dalle norme comunitarie, sottraendolo dai pagamenti che fanno periodicamente per il latte comprato.33 Si è calcolato che l’Italia ha pagato più di 4 miliardi di euro di sanzioni per non aver rispettato i limiti stabiliti. La Confederazione Italiana Agricoltori calcola che lo Stato si è fatto carico negli anni di circa 1.7 miliardi di euro, fatto che ha suscitato molte polemiche da parte dell’UE in quanto questo vale come una sovvenzione statale agli allevatori e viene vanificato tutto il sistema delle quote. In Italia questo sistema ha suscitato non pochi disagi e polemiche. L’ultima notizia, datata 18 novembre 2013, è quella dell’errore di calcolo da parte dell’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (AGEA) che ha modificato l’età degli animali, prima compresa tra i 24 mesi e i 10 anni di età e ora tra i 120 e i 999 mesi, ossia 82 anni di età. Da un’informativa del colonnello dei carabinieri Marco Paolo Mantile, è che “portando il limite massimo da 120 mesi a 999 mesi, si ha una differenza in aumento di 300.000 capi, pari a oltre il 20% dell’intera popolazione bovina a indirizzo lattifero”34. Di conseguenza la non esistenza di 300.000 capi ha fatto sì che l’Italia superasse il limite di quote stabilito rispetto a quanto abbia effettivamente prodotto. In tutti i casi, il primo 33

http://www.lastampa.it/2013/01/16/italia/cronache/che-cosa-sono-le-quote-latte-domande-erisposte-per-capire-RUTyJuNrcGq7PDvX4FDoeM/pagina.html consultato nel dicembre 2013 34 http://www.corriere.it/cronache/13_novembre_18/algoritmo-sbagliato-che-gonfiava-multe-quotelatte-c9b0bb1c-502d-11e3-b334-d2851a3631e3.shtml consultato nel dicembre 2013

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aprile 2015 verranno abolite le quote latte e questi problemi cesseranno di esistere, a livello europeo questo potrebbe comportare un aumento della produzione lattiera e un conseguente abbassamento dei prezzi. Nella logica commodity-standardizzazione della materia prima le imprese italiane dovranno attuare una politica di riduzione dei costi o di un aumento della produttività per essere competitivi a livello europeo. In Italia però c’è chi ha fatto un altro tipo di differenziazione: una differenziazione basata sulla qualità, che vuole legare il prodotto al territorio, aumentando il reddito agli allevatori e abbassando i litri di latte prodotto. È il caso del Latte Nobile.

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Capitolo 3: il caso del Latte Nobile Il ruolo della Ricerca scientifica è stato determinante per lo sviluppo di questo nuovo prodotto. Grande merito hanno avuto i ricercatori, soprattutto nella persona del dott. Roberto Rubino, affinchè le loro scoperte non restassero solo in ambito accademico. Si sono impegnati in prima persona per far comprendere a tutti che un latte diverso è possibile e che il consumatore spesso non ha validi strumenti per misurare la reale qualità del latte che acquista. A volte nemmeno il gusto in sé è in grado di testimoniare la differenza tra i prodotti a causa dell’imprinting che ha modificato le nostre percezioni relative alla qualità, come conseguenza della nostra alimentazione fondata su prodotti industriali e standardizzati. Vedremo, infatti, che nel risultato del blind test condotto su grandi e piccoli sono proprio i bambini ad aver indovinato in percentuale maggiore quale fosse il latte diverso. Il Latte Nobile, quindi, è un latte tanto nuovo quanto antico. Il suo più grande pregio è quello di aver riportato in luce l’antico legame tra territorio e prodotto legato ad essa. 3.1 La necessità di innovare: la nuova dimensione quantitativa della qualità La qualità del latte viene calcolata in base alle variabili grassi, proteine, carica batterica e cellule somatiche che vi sono contenuti. Questa definizione della qualità è, secondo i ricercatori di più enti di Ricerca35, fuorviante in quanto non prende in considerazioni molti altri fattori. Come abbiamo messo in evidenza nel capitolo precedente, i grassi non sono tutti uguali, ci sono evidenze scientifiche che dimostrano l’esistenza di grassi diversi che svolgono funzioni diverse all’interno dell’organismo umano. Attualmente questi ultimi fattori non vengono presi in considerazione sia nella differenziazione qualitativa dell’offerta del latte nei punti vendita, sia nella determinazione del prezzo. Viene riportata nella figura 3.1 la Tabella Qualità dove

35

Inran, Cra-Zoe di Bella

30


vengono riportati i parametri che sono considerati per determinare il prezzo del latte in funzione delle sue componenti36. Figura 3.1 Tabella Qualità

Fonte: Regione Piemonte (si veda nota 36)

Essa subisce delle variazioni in base al mese, con importi maggiori tra i mesi di giugno e settembre per la leggera flessione della produzione, e in base al volume di conferimento. Oltre che per il prezzo, questi sono anche i parametri riportati sulle etichette del latte come linee guida per orientare la scelta dei consumatori. Non è raro trovarsi di fronte ad una etichetta come quella in figura 3.2. Questi parametri non hanno alcun legame con aroma e proprietà nutraceutiche, non viene fatta distinzione tra i diversi tipi di grassi ivi contenuti, non viene specificato il regime alimentare o la razza bovina. Per quanto riguarda i grassi alcune aziende, tra cui la Parmalat, hanno creato dei 36

si legge nel sito della regione Piemonte “Così alla fine di marzo, dopo 4 anni, le OOPP ed Assolate, con la mediazione del Ministro De Castro e dell’Assessore Beccalossi, hanno fissato in 33,156 centesimi/litro il prezzo 2007/08 per la Lombardia (con relativa tabella qualità)” http://www.regione.piemonte.it/archivio/agri/ita/news/pubblic/quaderni/num56/dwd/pag26_27_28.p df

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prodotti con aggiunta di omega3, facendo molta leva sulla composizione grassa del latte sia nell’etichetta che nella pubblicità. Ci limitiamo a riportare la sola composizione dei grassi del latte “Omega3 plus” di Parmalat in figura 3.3

Figura 3.2

Figura 3.3

Fonte: http://www.illattedelbenessere.it/

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Inoltre, sempre sul sito, si riporta come 2 bicchieri del suddetto latte equivalgano al contenuto di omega3 contenuto in un pesce di 167 grammi e molte altre spiegazioni37. Ma, in realtà, il contenuto di omega3 del latte di animali al pascolo risulta essere, in modo naturale, circa il doppio rispetto al latte con le aggiunte. Oltre a ciò ci sono da considerare tutte le problematiche relative alla differenziazione dell’offerta in funzione del trattamento e non in funzione della biodiversità, dell’abolizione delle quote latte, dell’ eventuale abbassamento dei prezzi del latte alla stalla e dei contratti interprofessionali che ne stabiliscono un prezzo unico. Emerge dunque la necessità di innovare. Il latte ottenuto da animali al pascolo, tra tutti i regimi alimentari analizzati, è quello che ha più proprietà nutraceutiche e aromi tipici. Queste caratteristiche non possono essere riportate dall’attuale sistema di parametri riportati in etichetta. Prima di tutto perché l’alimentazione al pascolo cambia in base alla stagione, e non è possibile ottenere delle stime puntuali precise e stabili nel tempo, poi perché quei parametri non rispecchiano l’importanza delle proprietà nutraceutiche ed aromatiche. Ed è per questo che i ricercatori dell’ANFOSC e dell’INRAN hanno messo a punto due nuovi parametri che spieghino meglio la composizione del latte: il rapporto omega6/omega3 e il grado di protezione antiossidante (GPA). Il rapporto omega6/omega3 deve essere inferiore a 5. Questo è il limite ritenuto ottimale dalla scienza medica38. È stato studiato39 come per gli animali al pascolo e alimentati senza concentrati questo rapporto arrivi ad assumere il valore 1, perché il contenuto di omega6 è il più basso possibile mentre quello di omega3 è il più alto. Per gli animali allevati alla stalla ma alimentati con fieni polifiti di elevata qualità, valore del rapporto risulterà più elevato rispetto ad 1, ma in ogni caso al di sotto di 5. Il GPA è un rapporto molare tra molecole antiossidanti e molecole di colesterolo. Al contrario del precedente rapporto, qui si ha un valore minimo che è stato fissato a 840, quindi il valore nutrizionale aumenta con l’aumentare dell’indice. A parità di colesterolo contenuto in un altro latte, quello con il GPA maggiore permette una minore ossidazione del colesterolo in quanto la sua azione viene limitata dagli antiossidanti. In sintesi: se l’animale si nutre con molte erbe il rapporto omega6/omega3 diminuisce, il 37

http://www.illattedelbenessere.it/ Pizzoferrato, Rubino, Un latte diverso è possibile, 2012. Opuscolo a cura dell’ANFOSC 39 ibidem 40 Sono in corso ulteriori studi di ricerca per la definizione dei limiti. 38

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GPA aumenta, il latte conterrà gli aromi tipici delle erbe con cui l’animale è alimentato e anche il colore ne risentirà, tendendo più verso il giallo, soprattutto nei formaggi di latte bovino, a causa della presenza del betacarotene contenuto nelle erbe stesse. Come si nota questi nuovi parametri sono caratterizzati da stima intervallare, e non puntuale, proprio perché l’alimentazione dell’animale, che determina la composizione chimica per quanto riguarda aromi e valori nutrizionali del latte, varia in base alla stagione. 3.2 Il Latte Nobile Latte Nobile è un marchio registrato di proprietà dell’ ANFOSC, l’ Associazione Nazionale Formaggi Sotto il Cielo. Esso viene attualmente prodotto dai Soci dell’associazione Produttori del Latte Nobile dell’Appennino Campano. Il latte proviene da bovine di razza pura o incroci di razze Bruna Alpina, Frisona, Pezzata Rossa, Podolica allevate in 68 comuni tra le province di Avellino e Benevento secondo il disciplinare per il Latte Nobile concessogli dall’ANFOSC, sebbene la produzione attuale viene realizzata nel solo comune di Castelpagano. La conformazione di questo territorio rende difficile altre attività agricole mentre è molto vocato alla coltivazione di foraggi di qualità e di conseguenza all’allevamento animale. E’ un ambiente incontaminato, ricco di boschi, di pascoli, di biodiversità floristica. Proprio per questa sua ricchezza di fiori ed essenze il latte che ne risulta è ricco di aromi e proprietà nutraceutiche. Descriveremo di seguito gli elementi fondamentali di questo latte tramite la descrizione dei punti salienti del suo disciplinare di produzione e le condizioni che hanno reso possibile lo sviluppo e il lancio di questo nuovo prodotto.

3.2.1 Il disciplinare Il disciplinare di produzione è composto da 8 articoli. Verranno qui di seguito riportati ed analizzati i punti salienti41: 

Razione Alimentare: il foraggio secco dovrà pervenire, da prati mono-polifiti in una percentuale non inferiore al 70% della razione secca, di cui il 50% dovrà essere costituita da prati polifiti costituiti da almeno 4 essenze; sono vietati gli

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Per il disciplinare completo si rimanda al sito www.lattenobile.it

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insilati di qualsiasi tipo, l’uso di alimenti geneticamente modificati (OGM); i foraggi sporchi, ammuffiti, rancidi, in avanzato stato di decomposizione, infestati da parassiti o contenenti sostanze nocive alla salute umana; i foraggi umidificati prima della loro distribuzione; i foraggi che influenzano sfavorevolmente l’odore o il gusto del latte come peperoni, colza, rape, foglie di cavoli, ecc.; le paglie trattate con ammoniaca o soda. Gli insilati sono una tecnica di conservazione del foraggio mediante l’acidificazione della massa vegetale ad opera di fermenti che impediscono la formazione di microrganismi alteranti e potenzialmente tossici. Essi sono vietati, come anche gli altri gruppi, a favore invece di una alimentazione basata sulle erbe, responsabili delle molecole aromatico-nutrizionali che si trovano nel latte. 

Dimensione quantitativa della qualità: Il Latte Nobile contiene un minimo di Nutrienti: Omega 3: 100 mg/100 ml; CLA: 100 mg/100 ml; rapporto omega6/omega-3: inferiore a 5. Vengono forniti dei valori minimi o delle stime intervallari in quanto l’alimentazione varia col variare delle stagioni. Essa modifica la composizione delle componenti aromatico-nutrizionali e non sono possibili stime puntuali.

Trasporto ed imbottigliamento: Bidoni, cisterne, pompe, tubi, ecc. devono rispettare le norme igienico sanitarie in vigore; Il latte deve essere stoccato unicamente in azienda e nei locali d’imbottigliamento, con esclusione di centri intermedi; L’imbottigliamento deve avvenire entro un raggio di tempo non superiore ai 120 minuti dal Comune più remoto; Il raffreddamento della munta deve essere immediato e ad una temperatura di 4°C ; Il latte deve essere portato giornalmente al centro d’imbottigliamento; Deve essere imbottigliato, unicamente, il latte proveniente da 2 munte consecutive; Nel locale d’imbottigliamento deve essere introdotto solo Latte Nobile. Altri tipi di latte possono essere introdotti e lavorati a condizione che tutti i materiali di stoccaggio, raffreddamento, imbottigliamento siano separati ed identificati in modo chiaro ed evidente. Il Latte Nobile non può essere quindi mischiato con altri tipi di latte. Questa è una grande differenza rispetto alla produzione lattiera attuale descritta nel capitolo secondo, dove un centro di raccolta mischia i latte di più allevamenti.

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Gli attori principali del progetto Nobilat 

Roberto Rubino, ideatore del Latte Nobile. È stato direttore di ricerca presso il CRA- ZOE di Bella (PZ). Fondatore e presidente dell’ANFoSC Onlus (Associazione Nazionale Formaggi Sotto il Cielo), nata nel 1995 allo scopo di promuovere e valorizzare i formaggi prodotti con il latte di animali al pascolo. Fondatore e direttore dal 1996 della rivista Caseus- Arte e cultura del formaggio, che promuove la qualità nel settore lattiero-caseario. Dal 1982 al 2007 ha diretto l’Istituto Sperimentale per la Zootecnia di Bella (PZ); dal 2007 al 2009 è stato direttore del CRA -PCM di Monterotondo (RO). Nel 2000 ha ricevuto il premio “Slow Food per la biodiversità”. Membro di diversi comitati scientifici internazionali, autore e curatore di numerosi testi ed articoli scientifici e divulgativi.

L’Assessorato all’Agricoltura della Regione Campania, assieme allo staff tecnico di Stapa (Settore Tecnico Amministrativo Provinciale Agricoltura) e Cepica (Centri Provinciali di Informazione e Consulenza in Agricoltura), che ha ben recepito e prontamente attuato la proposta dell’ANFoSC di produrre un latte di qualità superiore a quelli comunemente in commercio.

Laura Pizzoferrato, ricercatrice dell’INRAN, creatrice dell’indice del Grado di Protezione Antiossidante

Slow Food, associazione non-profit che conta 100.000 membri in 150 Paesi del mondo. La creazione del Presidio ha avuto l’onere di attirare il consumatore attento, informato e consapevole che risponde in pieno al motto dell’associazione stessa “buono, giusto e pulito”.

Andrea Cavallero, presidente del Comitato Scientifico Interdisciplinare per il Latte Nobile, che è un organo dell’ANFOSC, è composto da esperti in grado di rappresentare al meglio valori, principi e obiettivi del progetto. Questo ha il compito di valutare, approvare e monitorare tutte le attività scientifiche, professionali e culturali riguardanti il Latte Nobile: interviene sul Disciplinare di produzione, sull’operato del Comitato Tecnico, sulle domande di adesione al marchio “Latte Nobile”. Professore di Agronomia e Coltivazioni Erbacee presso l’Università degli Studi di Torino.

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Produzione: La produzione media di stalla per gli animali bovini non può superare i 5000 litri per lattazione. La quantità va a discapito della qualità come intesa dai ricercatori attori del progetto.

Distanza da fonti inquinanti: Le stalle, il bestiame al pascolo e le superfici foraggere, devono distare almeno 1.000 mt dalle autostrade e non sorgere entro un raggio di 5.000 mt da discariche comunali e di 15.000 mt da discariche comprensoriali o termovalorizzatori. Il latte verrebbe inquinato da polveri sottili, diossina, Co2 poiché sono molecole che si depositano sui foraggi.

3.2.2 Lo sviluppo del prodotto Le scoperte scientifiche dei ricercatori dell’INRAN e del CRA-ZOE hanno portato alla consapevolezza di alcune anomalie presenti nel mercato attuale del latte. Come abbiamo precedentemente visto, riguardano soprattutto i regimi alimentari degli animali da latte responsabili della formazione di aromi, proprietà nutraceutiche e della variabile composizione dei grassi. In questo senso il latte è un alimento che è fortemente legato al territorio e questo modello va contro la logica “commodity” e contro la logica dei centri di raccolta tipici della attuale filiera industriale del latte che porta alla miscela del latte di tanti allevamenti. Nasce da qui la concezione che un latte diverso è possibile. L’ANFOSC sta coordinando, nell’ambito della Misura 124 HC della regione Campania “Cooperazione per lo sviluppo dei nuovi prodotti, processi e tecnologie nei settori agricolo, alimentare e forestale”, Ambito Operativo 3.2.2., “Innovazioni connesse al miglioramento della competitività del settore lattiero-caseario”, il progetto di ricerca NOBILAT “un nuovo modello per rivitalizzare la filiera del latte bovino”, un progetto che vede come protagonisti piccoli allevatori dell’Appennino Campano riuniti nell’associazione LaNAC, il CoRFiLaC di Ragusa, uno dei massimi centri di ricerca su latte e formaggi, l’azienda Vallepiana che imbottiglia e produce derivati del latte, e Slow Food, azienda no-profit che ha un rapporto consolidato con i consumatori attenti alla qualità. Tutte insieme hanno dato vita all’Associazione Temoporanea di Scopo denominata Nobilat che ha attivato e realizzato il progetto, risultato primo nella

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graduatoria approvata dalla Regione Campania42. Per il primo anno è stato svolto un lavoro con gli allevatori nelle aziende per migliorare le tecniche di allevamento, di mungitura, di alimentazione ed igiene del bestiame. Sono stati effettuati numerosi test periodicamente monitorati dal CoRFiLaC e sempre condivisi con il gruppo di lavoro e gli allevatori. Grazie ai risultati di questi test si sono potuti individuare gli indicatori di qualità che potessero esprimere in maniera sintetica la diversità del Latte Nobile e derivati43, ridefinire il disciplinare di produzione precedentemente abbozzato dall’ANFOSC, migliorare le tecniche di produzione del latte e utilizzare il Latte Nobile, oltre che fresco, anche per la preparazione di una vasta gamma di derivati del latte.

3.2.3 La qualità del prodotto come leva per le relazioni a monti La fase di sviluppo, una volta individuate tecniche di produzione, benefici del prodotto ed individuazione del posizionamento, ha portato anche ad altre considerazioni. Il Latte Nobile è un vero e proprio modello di sviluppo economico per il settore lattiero-caseario alternativo a quello già esistente. Si è visto come nella logica “commodity” il latte venga considerato pressochè tutto uguale e gli accordi sul prezzo regionali, o comunque locali, non aiutano a far emergere le differenze tra i vari prodotti. Il Latte Nobile invece esce fuori da questo contesto creando un modello di sviluppo autonomo grazie ad accordi presi tra gli attori stessi del progetto, dai produttori a chi lo trasforma e distribuisce. Come si legge nel sito del Latte Nobile “Partendo da queste premesse, un gruppo di piccoli allevatori dell’entroterra campano, con una media di appena quindici capi in lattazione ciascuno ed ampie superfici agricole destinate ad erba e fieno, ha di recente deciso di svincolarsi dal progressivo deprezzamento del latte (che di questi tempi è pagato tra gli 0,40 e gli 0,30 Euro al litro) avviando la commercializzazione del proprio prodotto con il marchio “Latte Nobile dell’Appennino Campano”.” L’accordo attuale tra le parti garantisce una remunerazione per gli allevatori di circa 60 centesimi al litro. Oltre quindi a garantire una giusta remunerazione a questo piccolo gruppo di allevatori, il successo del prodotto ha portato alla realizzazione dei suoi derivati da parte del Caseificio Aversano per conto de La 42 43

Pizzoferrato, Rubino, Un latte diverso è possibile, 2012. Opuscolo a cura dell’ANFOSC Ci riferiamo al gpa e al rapporto omega6\omega3

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Compania della Qualità, l’azienda che distribuisce il Latte Nobile. Dal sito di quest’ultima si può leggere “Nel mentre si lavora per consolidare la distribuzione del Latte Nobile, primo Presidio Slow Food del latte,da un'idea di Scaramurè la Compagnia della Qualità mette in campo un nuovo sforzo di valorizzazione di un prodotto straordinario, facendosi carico della distribuzione di un'intera gamma di derivati dal Latte Nobile che esaltano la qualità e il gusto unici dell’ingrediente con cui sono realizzati. La Mozzarella Nobile, o se si vuole più classicamente, Fior di latte; la Fuscella Nobile, il formaggio spalmabile; il Primo Sale; il Cacionobile dolce, caciocavallo fresco; il Cacionobile stagionato, caciocavallo stagionato. Dalla seconda metà di gennaio 2013 in distribuzione Mozzarella e Fuscella. A seguire, Primo Sale e Cacionobile dolce. Da Pasqua 2013 in distribuzione il Cacionobile con stagionatura di tre mesi. Tutta la gamma è realizzata esclusivamente con Latte Nobile certificato e garantito.”.

3.2.4 Lancio e commercializzazione Il lancio del prodotto avviene nel dicembre del 2009 attraverso una serie di iniziative mirate di grande importanza. Nei giorni tra il 4 e l’8 dicembre 2009 nel corso della manifestazione “Terrafelix” svoltasi a Napoli, presso lo stand dell’ANFOSC hanno partecipato 413 volontari il cui compito era quello di riconoscere il Latte Nobile tra tre bicchieri di latte. I risutati verranno esposti nella seguente tabella: Tabella 3.1: Risultati del Blind Test

Età

Numero e % sul campione

% di successo

Fino a 12 anni

114 (27,6%)

52%

Tra i 12 e 21 anni

22 (5,3%)

50%

Maggiore di 21 anni

277 (67,1%)

39%

Fonte: Nostro adattamento da: rivista Caseus, gennaio\febbraio 2012, Speciale Latte Nobile

Dai dati si evince come la più alta percentuale di successo nel riconoscimento del Latte Nobile ce l’abbiano i bambini fino a 12 anni. Complessivamente il 43% delle persone che si sono sottoposte al test hanno individuato il Latte Nobile. Tanti i commenti entusiasti, dal “è come mangiare una cosa che ha sapore e una che non ne ha” di un 39


bambino fino ai commenti più complessi “pastosità, densità, aderisce al bicchiere, complessità degli aromi, sapore più articolato, dura di più in bocca”44.

Figura 3.3. Bambini che partecipano al “gioco dei 3 bicchieri”

Fonte: Rivista Caseus, gennaio\febbraio 2012, Speciale Latte Nobile

Successivamente si sono cimentati nella degustazione gourmet ed operatori del settore come il presidente di Slow Food International Carlo Petrini, lo chef Alfonso Iaccarino, il giornalista gastronomico Davide Paolini “il Gastronauta”, il presidente del Consorzio del “Provolone del Monaco” e quello della Mozzarella di Bufala Campana, titolari di agriturismi, studenti di Istituti Professionali Alberghieri iscritti ai corsi di gelatai e pasticcieri, e tanti altri45. Negli stessi giorni veniva siglato un protocollo di intesa tra la Regione Campania e l’Ospedale Santobono Pausilipon di Napoli che prevedeva l’uso del Latte Nobile per la colazione dei propri degenti. Stime del 2009 44 45

Rivista Caseus gennaio/febbraio 2010. Speciale Latte Nobile ibidem

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prevedevano l’uso di circa 70 litri al giorno del suddetto latte. Questa operazione, di grande valore simbolico, testimonia la grande attenzione verso questo prodotto da parte delle istituzioni. Il Direttore Generale del Santobono, Annamaria Menichetti, afferma “il latte è un elemento fondamentale nella nutrizione del bambino ed il Latte Nobile, avendo elevate qualità nutrizionali, sarà sicuramente importante per il recupero dello stato di salute dei piccoli pazienti”46. Fig. 3.4. A sinistra Carlo Petrini, a destra Roberto Rubino.

Fonte: Rivista Caseus, gennaio\febbraio 2012, Speciale Latte Nobile Fig. 3.5 A sinistra il D.G. dell’Ospedale Santobono A. Manichetti, a destra l’ex Assessore all’Agricoltura della Regione Campania Gianfranco Nappi.

Fonte: Rivista Caseus, gennaio\febbraio 2012, Speciale Latte Nobile 46

Rivista Caseus gennaio/febbraio 2010. Speciale Latte Nobile

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La consegna del Presidio Slow Food “Latte nobile dell’appennino campano”, primo Presidio sul latte in Italia, avviene nel settembre 2011 durante Cheese, il Salone Internazionale dei Formaggi organizzato dalla stessa Slow Food. La consegna del presidio vede coinvolti il presidente di Slow Food Campania Gaetano Pascale, Il presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità Piero Sardo e il dott. Roberto Rubino. Altre numerose iniziative sono tutt’oggi intraprese per far conoscere questo prodotto.

Attualmente il Latte Nobile viene presentato sul mercato con questo packaging: Fig. 3.6 Packaging del Latte Nobile

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Nella facciata a sinistra vengono esposte le informazioni relative ai diversi tipi di acidi grassi ivi contenuti, agli antiossidanti e i punti salienti del disciplinare di produzione. Nella facciata successiva si ha il marchio il cui logo consiste in una goccia con all’ interno molte essenze floristiche, e la descrizione del trattamento termico o di eventuale scrematura. In quella a fianco la targhetta che simboleggia il presidio Slow Food. Infine la tabella che riporta i valori minimi dei contenuti nutrizionali (minimi in quanto aleatori in funzione dell’alimentazione degli animali), informazioni che riguardano la società che lo distribuisce, la Compagnia della Qualità, e l’azienda imbottigliatrice, Vallepiana. Per quanto concerne la politica di prezzo, è stata adottata la logica della scrematura, ovvero si è stabilito un prezzo più alto rispetto al prezzo di mercato. In primis in quanto la remunerazione per gli allevatori è circa il doppio rispetto alla media nazionale, poi la consapevolezza di avere un latte con caratteristiche organolettiche, oltre che nutraceutiche, superiori ha consentito di poter adottare una politica di posizionamento tale da potersi differenziare, anche sul prezzo, dal cosiddetto latte di Alta Qualità. Il prezzo attuale del Latte Nobile presso i punti vendita è di circa 2 Euro al litro. Nel corso della Giornata del Latte Nobile tenutasi a Castelpagano (BN) il 13 settembre 2013, l’agronomo dell’ANFOSC Adriano Gallevi ha presentato l’andamento delle produzioni e delle vendite. Nella prima colonna viene riportato il periodo di produzione, nella seconda i quintali di Latte Nobile prodotto dal LaNAC, nella terza la differenza percentuale sulla produzione tra il 2013 e il 2012, nella quarta la quantità di latte consegnato all’azienda imbottigliatrice Vallepiana e la percentuale tra tutto il latte prodotto dal LaNAC e quello consegnato come Latte Nobile, nella quinta la quantità di Latte Nobile che ha trovato collocazione nel mercato, nella sesta la percentuale tra il Latte Nobile che ha trovato collocazione nel mercato e quello consegnato a Vallepiana (si tratta del rapporto tra i dati contenuti nella quinta colonna e i dati contenuti nella quarta espressi sottoforma di percentuale) e nell’ultima si registra la variazione in forma percentuale del Latte Nobile che ha trovato collocazione sul mercato tra il 2013 e il 2012. Nel 2012 di tutto il Latte Nobile prodotto solo il 21% è stato consegnato all’azienda Vallepiana per la sua vendita in quanto tale. Di questa quantità solo il 48%

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ha trovato collocazione sul mercato, ossia il 10% di tutto quello prodotto. Nei primi 7 mesi del 2013 la percentuale di latte consegnato a Vallepiana rispetto a tutto quello prodotto sale al 31%. Di questa quantità ha trovato collocazione sul mercato l’82% di esso, registrando così una variazione sul 2012 del 34%. La produzione complessiva di Latte Nobile tra il 2012 e i primi 7 mesi del 2013 cresce di poco, si passa da 360 litri al mese a 370 litri al mese.

Fig 3.7. Dati sulla produzione e commercializzazione del Latte Nobile

Fonte: Dati emersi nel convegno tenutosi a Castelpagano (BN), “Giornata del Latte Nobile”, 13 settembre 2013

Nelle note conclusive del rapporto si può leggere “Ma nel 2013 gli sforzi di tutti gli attori della filiera hanno prodotto altri e più sostanziosi risultati in quanto il LN è stato “scoperto”

oltre

che

dai

consumatori

di

latte

fresco,

anche

dai

trasformatori/utilizzatori per altri prodotti. Nei primi 7 mesi di quest’anno, infatti, il caseificio Aversano ha consumato 284 ql di LN (40 ql/mese, ql1,35/g).Pertanto, complessivamente, il consumo/utilizzazione/completa valorizzazione di LN, è passata dal 10 al 36% il che significa che, ad oggi, più di 1/3 della complessiva produzione di LN è effettivamente pagata come tale.” 44


La Compagnia della Qualità si occupa della distribuzione presso i punti vendita. Il Latte Nobile è presente in oltre 100 punti vendita della Campania dislocati in tutte le province della regione. Tra i punti vendita figurano parafarmacie, panifici, grande distribuzione, salumerie, caseifici, macellerie. Il 3 ottobre 2013 viene inaugurato il primo distributore di Latte Nobile crudo presso il Centro Commerciale Buonvento di Benevento.

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Conclusione

Un latte diverso è possibile. La qualità di un latte non è legata a grasso e proteine. La qualità di un latte è legata in modo imprescindibile alle erbe di cui l’animale si nutre. È un prodotto legato al territorio. La sua composizione aromatica e chimica, in questo modo, è in funzione della stagione. Il Latte Nobile non è un prodotto standardizzato, con valori nutrizionali e gusto sempre uguali tutto l’anno. È l’esatto contrario: è un latte sempre diverso. Non è solo una questione di benessere animale, di calvalcare l’onda dei fenomeni legati allo Slow Food, di un ritorno all’antico. Ci sono delle evidenze scientifiche che affermano ciò. Queste considerazioni sembra che siano state ben recepite dai consumatori e da operatori del settore, tant’è che la vendita come Latte Nobile, tra tutto quello prodotto, è passato dal 10% del 2012 al 36% del 2013. A nostro avviso sono due i principali meriti del Latte Nobile: quello di aver creato un nuovo modello di sviluppo per il settore e quello di aver finalmente dato libertà di scelta al consumatore. Il mercato del latte cambierà inevitabilmente dal primo aprile 2015, data dell’abolizione delle quote latte, si teme un ulteriore abbassamento del prezzo del latte alla stalla e in generale molti allevatori proveranno a produrre di più. Il modello del Latte Nobile va esattamente nella direzione opposta: diminuire le quantità di latte prodotto e aumentare la redditività degli allevatori. Questo è possibile perché si esce dalla logica-commodity e si entra in una dimensione nuova, che contempla una elevata qualità della materia prima. Oltre ai produttori di Castelpagano anche altri hanno fatto richiesta all’ANFOSC del disciplinare per l’adozione del marchio Latte Nobile. Entro il 2014 partirà la produzione di Latte Nobile da parte dell’azienda agricola Cascina Roseleto di Villastellone in provincia di Torino. Dal 2010 questa azienda ha deciso di eliminare dalla razione alimentare delle vacche tutti gli insilati, procedendo con una alimentazione basata su fieno e mangime. Ciò ha comportato già un elevato miglioramento delle caratteristiche del latte, poi grazie a Slow Food sono venuti a conoscenza del progetto Latte Nobile. È partita quindi la conversione completa dei campi: da erbai monofiti a prati con molte erbe diverse, così come prevede il disciplinare del Latte Nobile. I punti di forza dell’azienda saranno il latte intero pastorizzato in bottiglia, yogurt e gelati. Per quanto riguarda la libertà di scelta, il

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consumatore finalmente può scegliere un latte diverso, legato al territorio, ricco di aromi. Per ora questo privilegio lo hanno i consumatori della Campania, ma come appena affermato, ci sono altre aziende che hanno richiesto il disciplinare, soprattutto in Piemonte, Molise e Puglia. Infine, nel corso della Tesi sono emersi i numerosi problemi che i ricercatori e gli attori del progetto Nobilat si sono trovati ad affrontare per lo sviluppo del Latte Nobile. Ma anche dopo il lancio e la commercializzazione sono sorti alcuni elementi di critica sia di carattere scientifico che operativo. Per il primo, sono ancora in corso ricerche per l’esatta delimitazione del GPA e per la creazione di un indice di qualità dei fieni. Per il secondo, c’è da considerare che il consumatore si trova dinanzi nuovi parametri che spiegano la qualità e che almeno all’inizio possono generare confusione. Soprattutto per il fatto che esiste già un latte cosiddetto di Alta Qualità, basato però su parametri che, come più volte accennato, non rispecchiano la reale qualità del latte. Ma se l’Alta Qualità da molti consumatori fosse percepita come tale, perché le strutture produttive dovrebbero cambiare il loro processo produttivo, adottare un marchio e rispettare un disciplinare rigoroso? Le azioni a scopo informativo intraprese da Slow Food e l’ANFOSC agiscono proprio in questo senso. Ma, come afferma il dott. Roberto Rubino: “La lunga marcia è cominciata”.

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Bibliografia

Libri Burresi, Aiello Guercini, (2006), Marketing per il governo d’impresa, Torino, Giappichelli Editore Fabris G.P. (2009), Societing, Milano, Egea Edizioni Lambin J. (2012), Market-diven management, Milano, McGraw Hill

Riviste Levitt T., (1989) “Marketing Success Through Differentiation of Anything”, Harvard Business Review Ulrich, Orth , Makkewitz, (2006) “Packaging Design as Resource for the Construction of Brand Identity”, International Wine Business Research Conference, Simms, Trott, (2010) “Packaging Development: A Conceptual Framework for Identifying New Product Opportunities”, Marketing Theory

Rivista Caseus gennaio/febbraio 2010. Speciale Latte Nobile

Claps S., Cifuni G.F., Pizzillo M., Rubino R. (2006) - Verso un nuovo metodo di pagamento del latte. Caseus 2 27-29

Materiale non pubblicato Adriano Gallevi, (2012), Aria del Molise, Opuscolo a cura dell’ANFOSC Pizzoferrato, Rubino, (2012) “Un latte diverso è possibile”. Opuscolo a cura dell’ANFOSC Roberto Condoleo, (2011), “La filiera del latte”. Opuscolo a cura dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana

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Siti internet:

http://www.illattedelbenessere.it/

http://www.regione.piemonte.it/archivio/agri/ita/news/pubblic/quaderni/num56/dwd/pag 26_27_28.pdf

Decreto Regio del 9 maggio del 1929 http://www.consorziotutelaprovolone.it/LEGGI/R.D.%209%20maggio%201929,%20n. %20994.pdf

http://www.corriere.it/cronache/13_novembre_18/algoritmo-sbagliato-che-gonfiavamulte-quote-latte-c9b0bb1c-502d-11e3-b334-d2851a3631e3.shtml

Roberto Rubino, 2013, http://www.qualeformaggio.it/bentornato-caseus/78-sostienerubino/2201-non-si-puo-giudicare-un-formaggio-se-non-si-sa-nulla-del-suo-latte

Roberto Rubino, Laura Pizzoferrato, Tutto quello che vorresti sapere sul Latte Nobile. http://www.informazione.it/pruploads/835f46a6-517f-4c81-a382c482afd15d10/Imp_Libricino_5.pdf

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Nathan Straus,

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2218797/pdf/japha00002-0033.pdf

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Ringraziamenti

Desidero ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato nella stesura della Tesi. Ringrazio anzitutto il relatore dott. Andrea Runfola per la sua cordialitĂ , disponibilitĂ e per i preziosi insegnamenti impartiti sia a lezione e sia nelle numerose ore dedicate alla mia tesi. Un sentito grazie al dott. Roberto Rubino per avermi fornito materiale, supporto morale, idee e piĂš in generale per avermi fatto comprendere concetti di straordinaria importanza e lungimiranza. Da solo non avrei mai potuto. Ringrazio inoltre Adriano Gallevi e Gianfranco Nappi per il loro essenziale aiuto. Infine, desidero ringraziare con amore i miei genitori, la mia famiglia, Mimmo, Rita e la mia dolce Carmen, senza la quale tutto questo non sarebbe stato possibile. Grazie.

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