LA NUOVA CULTURA DEL FARE LATTE Investire in qualitĂ , sicurezza e ambiente per uno sviluppo sostenibile
La nuova cultura del fare latte
Centrale del Latte di Firenze, Pistoia e Livorno SpA
Estratti del Workshop
LA NUOVA CULTURA DEL FARE LATTE Investire in qualitĂ , sicurezza e ambiente per uno sviluppo sostenibile
A cura di Laura Calciolari
Firenze, 28 Maggio 2005
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Mukki
Centrale del Latte di Firenze, Pistoia e Livorno SpA Sede legale: Via dell’Olmatello, 20 – 50127 Firenze Te. 055 4597111 - Fax 055 4597305 http://www.mukki.it
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Sommario
Presentazione Franco Cervelin
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Apertura dei lavori del workshop Silvio Menghini
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Lo scenario di riferimento Prospettiva mondiale, europea e italiana degli impatti delle industrie agro-alimentari sui territori. Sviluppo sostenibile e salvaguardia ambientale: quale modello per il futuro? Sviluppo sostenibile e salvaguardia ambientale Jeremy Rifkin
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Quale agricoltura per il medio-lungo periodo? Franco Sotte
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L’educazione alimentare a sostegno delle imprese etiche Il latte fresco oggi nell’alimentazione: valori nutritivi, salute, qualità e sicurezza.
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Latte fresco: valori nutritivi Rosalba Mattei
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Il latte fresco: passepartout di lunga vita Maria Luisa Brandi
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La sicurezza microbiologica del latte fresco Lorenzo Morelli
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Profili Relatori
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Presentazione del Presidente della Centrale del Latte di Firenze, Pistoia e Livorno SpA
Questa pubblicazione vuole essere un ringraziamento tangibile a tutti coloro che hanno ricambiato il nostro impegno con la fiducia nella nostra Azienda e nei prodotti, permettendoci di vincere un’importante scommessa economica. Economia, etica e alimentazione sono le linee guida che hanno consentito alla Centrale del latte di Firenze, Pistoia e Livorno di lavorare per cinquant'anni e di poter realizzare un moderno stabilimento, traguardo di partenza per poter proseguire la propria opera secondo criteri di efficienza ed economicità. La filiera del latte in Toscana è un valore economico ed un presidio alimentare non delocalizzabile e, nel contempo, rappresenta un meccanismo complesso utile alla salvaguardia dell'ambiente e dell'ecosistema, con forti esternalità positive, come la capacità di creare migliaia di posti di lavoro direttamente e nell'indotto. Per questo la nuova Mukki costituisce un motore di sviluppo territoriale, un punto di riferimento per l’intera regione, per il mondo zootecnico e per la popolazione che da cinquant'anni crede nell'azienda e nei suoi prodotti. Mukki, società per azioni a carattere pubblico, mira ad essere interprete di valori umani e sociali nel rispetto delle esigenze ambientali. Strategie mirate a costruire conti in ordine e attenzione alle esigenze della gente sono il nostro credo. Con il nuovo stabilimento abbiamo continuato una tradizione ed abbiamo vinto la scommessa di consegnare ai toscani del domani una Toscana migliore. Un ruolo importante nel territorio come quello di Mukki non può prescindere dalla diffusione della conoscenza, della cultura e dell’informazione, perciò desideriamo condividere anche se in forma sintetica - i contenuti del workshop realizzato in occasione dell’inaugurazione del nuovo stabilimento.
Franco Cervelin
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Silvio Menghini Professore straordinario di Economia ed Estimo rurale presso il Dipartimento di Economia Agraria e delle Risorse Territoriali dell’Università degli Studi di Firenze.
L’evento odierno di inaugurazione del nuovo stabilimento, più che celebrare un traguardo vuole essere un momento di riflessione su quello che sarà il futuro della Centrale del Latte di Firenze, Pistoia e Livorno. Oggi, grazie ai Relatori invitati ad animare questo workshop, avremo modo di affrontare temi importanti quali la sostenibilità ambientale e la garanzia del consumatore. In particolare, i vari contributi che verranno presentati, ci permetteranno di riflettere su due importanti aspetti. Il primo è relativo a quale potrà essere il contributo di certe iniziative locali per un futuro sviluppo sostenibile, in società ed economie sempre più globalizzate. Il secondo aspetto che avremo modo di approfondire riguarderà la cultura alimentare dei consumatori, considerando come da essa dipenda sia la capacità di avere una corretta alimentazione, sia la piena consapevolezza della qualità degli alimenti acquistati e, di conseguenza, una migliore cognizione del valore che ad essi deve essere attribuito. Il fine è quello di far comprendere ai consumatori il valore dei beni non solo in ragione della qualità del prodotto, ma anche in funzione della qualità del processo produttivo adottato, evidenziando in quest’ultimo ambito gli effetti sociali e ambientali che certe scelte produttive comportano. L’inaugurazione della nuova Centrale del Latte ci offre un esempio tangibile di come la sostenibilità, seppure sia un tema che impone la ricerca di soluzioni a livello planetario, debba trovare concrete risposte attraverso iniziative locali come lo è il rilancio competitivo del sistema agroalimentare locale.
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Inoltre, l’inaugurazione di una struttura con così elevate tecnologie, ci ricorda che le future sfide di competitività, sostenibilità e qualità si giocano innanzi tutto sul piano della costante ricerca e della innovazione. Per concludere, è opportuno ricordare il ruolo che ha avuto ed ha il soggetto pubblico in una realtà come quella della Mukki, considerando come oggi la presenza di pubbliche istituzioni in attività del genere non sia più soltanto legata alla garanzia di un servizio di interesse collettivo: attualmente, nella Centrale del Latte l’Amministrazione pubblica recita un ruolo di imprenditore tra gli imprenditori, contribuendo attivamente alla crescita economica locale, dimostrando come sia possibile conciliare gli obiettivi di competitività con quelli di tutela dei valori ambientali e sociali.
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Estratti dal Workshop
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SVILUPPO SOSTENIBILE E SALVAGUARDIA AMBIENTALE Jeremy Rifkin
Vi parlerò di due sogni e del loro impatto sulla vostra agricoltura e sulla vostra industria: il Sogno americano e il Sogno europeo. Il Sogno americano è basato sulla crescita, il Sogno europeo è basato sullo sviluppo sostenibile; due diverse visioni del futuro del mondo, due visioni del futuro dell’agricoltura e queste visioni sono il patrimonio che lascerete ai vostri figli e al XXI secolo. Oggi devo comunicarvi, con rammarico, che il Sogno americano è sparito in 45 anni. Decostruito. Oggi la disparità dei redditi colloca gli Stati Uniti al 24 posto nella classifica dei Paesi industrializzati e c’è un baratro tra il numero dei ricchi e la moltitudine di poveri, solo il Messico e la Russia occupano una posizione inferiore alla nostra tra i Paesi industrializzati. E’ interessante sapere che un terzo degli americani dice di non credere più nel Sogno americano. Allo stesso tempo in Europa è emerso un nuovo Sogno molto più potente dalla seconda guerra mondiale in poi; è stato lento ma costante e questo Sogno europeo è specularmente opposto al Sogno americano, ma probabilmente soddisfa meglio il mondo globalizzato che affronteranno i nostri figli nel XXI secolo. Tutti i miei amici europei e italiani parlano continuamente dell’America, ma vi confesso che noi non pensiamo mai a voi! Gli Americani non pranzano chiedendosi che cosa diranno gli europei se non quando programmiamo le vacanze, allora sì che pensiamo all’Europa! Perché quando vogliamo rivitalizzare lo spirito, nutrire 12
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l’anima, allora è all’Europa che pensiamo. Ma se pensiamo alla struttura istituzionale dell’Europa, pensiamo: 1) L’Europa è un intero mercato in cui vendere; 2) Ha una politica del lavoro rigida; 3) Ha una pesante burocrazia di governo; 4) Ha lavoratori scontenti, invecchiamento della popolazione, collasso del welfare. Questa è l’opinione degli americani. Ma c’è una realtà più profonda sotto quella appena descritta: 455 milioni di esseri umani appartenenti a 25 diversi stati, dai mari d’Irlanda fino alle porte della Russia, in meno di 50 anni hanno costituito un’unione politica; con o senza costituzione voi avete un’area politica transnazionale e ci siete riusciti in meno di cinquant’anni! La quantità di persone che hanno mischiato il proprio sangue in Europa nel corso dei secoli è maggiore che in qualsiasi altro Paese. E ora i vostri figli vedono l’Europa come un luogo in cui regna la pace: un risultato eccellente rispetto a qualsiasi standard storico. Per comprendere il Sogno americano e il Sogno europeo, il nostro e il vostro approccio all’agricoltura globale, considerate che essi sono due idee completamente differenti. Comprendendo i due sogni comprenderete perché la visione americana dell’agricoltura è completamente diversa da quella europea. Quando un americano usa la parola libertà, che è la parola chiave del nostro Sogno, ha in mente qualcosa di diverso da ciò che voi pensate riferendovi a questo termine come chiave del vostro Sogno. Un genitore americano insegna ai suoi figli che libertà è sinonimo di autonomia e mobilità. Ecco perché noi amiamo l’automobile, autonomia + mobilità = libertà. Quando un genitore europeo insegna la libertà ai propri figli, ha un’idea diversa. I vostri genitori vi insegnano che la libertà è rappresentata dalla qualità dei vostri rapporti, dalla qualità della vostra vita, dalla vostra posizione all’interno di una comunità. Quanto maggiore è la qualità della vostra vita, dei vostri
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rapporti e della vostra appartenenza a una comunità, tanto più potrete realizzare i vostri desideri. Il Sogno americano, ironicamente, è una costruzione europea. Noi discendiamo da europei venuti in America oltre duecento anni fa durante l’ultimo periodo della riforma protestante, ovvero l’inizio del periodo illuminista in Europa. I nostri fondatori assunsero queste due idee e le abbiamo congelate per duecento anni. Noi siamo anche il primo esempio dell’unfettered marketplace1 di Adam Smith, il grande economista dell’illuminismo. Cosa tiene unite queste due idee nella mentalità americana? L’individuo! Egli è il centro di entrambi i sogni. Martin Luther King diceva “tu stai in piedi da solo col tuo dio”, niente Vaticano, niente Papa, niente preti. Tu stai solo con il tuo dio. Adam Smith diceva “tu sei solo nel perseguire e ottenere il tuo personale interesse nel mercato” e John Locke disse “tu sei solo contro la natura, dominala, sii produttivo”. Questa era l’America, eravamo soli, era un territorio di frontiera. Quindi noi abbiamo appreso l’individualismo sia della riforma protestante che dell’illuminismo ed esso ha avuto terreno fertile in America. In Europa non avete mai accettato completamente l’individualismo della riforma e l’individualismo dell’illuminismo europeo perché avevate una tradizione più antica. Avevate la chiesa cattolica, comunitaria ma paternalista, avevate le città fortificate, comunitarie ma paternalistiche, avevate l’aristocrazia feudale e la società feudale, paternalistica e comunitaria, quindi avete stemperato l’individualismo della riforma e dell’illuminismo con un più antico comunitarismo paternalista. Il Sogno americano è concentrato sull’accumulo delle ricchezze, il Sogno europeo è concentrato sulla qualità della vita. Il nostro è individualista, il vostro è comunitario. 1
Mercato illimitato
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Il Sogno americano è focalizzato sul diritto alla proprietà, il Sogno europeo è focalizzato sui diritti sociali quali il diritto alla salute, al pensionamento e alle pensioni e sui diritti umani. Infine, e questo è importante per l’agricoltura, il Sogno americano è focalizzato sulla crescita illimitata e il Sogno europeo è focalizzato sullo sviluppo sostenibile con la nostra terra. Perché questa differenza? Se avete mai viaggiato in America e passato un po’ di tempo in auto, avrete notato che se attraversate una città, la città ha solo ottant’anni ed è degradata. A distanza di dieci minuti c’è una città nuova di zecca, appena creata in un campo di grano. In Europa fin dal XVIII secolo c’era un’alta densità di popolazione, non c’erano più aree di frontiera, avete imparato ad usare il vostro territorio con attenzione, avete imparato la cura dell’ambiente molto tempo fa. Voi siete molto più avanti dell’America negli standard ambientali di sviluppo sostenibile e nell’influenzare il futuro dell’agricoltura. Per esempio in Europa voi avete il principio di salvaguardia: è il principio che gli affaristi americani detestano. Il principio di salvaguardia europeo dice che se vedete qualche danno all’ambiente provocato da un qualsiasi processo industriale e non siete certi che il processo industriale abbia causato il danno – ma pensate sia così – anche se non siete assolutamente certi, potete porre una moratoria allo sviluppo di quell’area fino a che non scoprite se il vostro sospetto era reale. L’America non avrà mai il principio di salvaguardia perché la nostra realtà si basa sulla crescita e voi siete basati sulla sostenibilità. Siete davanti a noi nell’andare verso la rinnovabilità delle fonti energetiche anche se siete più indietro di quello che dovreste; siete i primi al mondo ad esservi impegnati sull’economia all’idrogeno, per sostituire l’idrogeno alla benzina. L’Europa è la prima regione al mondo che ha riconosciuto
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legalmente i diritti dei nostri simili. Abramo Lincoln, il più grande presidente americano e Mahatma Gandhi, uno dei maggiori leader profetici del XX secolo, dissero che il maggior segno di civilizzazione sta in come trattiamo i nostri simili e dissero anche “mostrateci una civiltà che rispetta la dignità dei suoi simili” questo è il progresso. Perché dico questo? A Berlino, tre anni fa, la terza potenza economica del mondo, interruppe la stesura della Costituzione tedesca per varare un emendamento che garantiva i diritti dei nostri simili: per legge! Non i nostri diritti, i loro diritti e questa è un’eredità di grande rispetto per la vita sullo stesso pianeta. Ed infine eccoci all’agricoltura: XVIII e XIX secolo sono stati l’epoca della fisica, il XX è stato quello della chimica; il XXI è quello della biologia. Stiamo mappando il genoma. Abbiamo individuato e localizzato tutti i geni di tutti gli organismi di tutte le specie che popolano la nostra terra. Questa è una rivoluzione. Per quarant’anni abbiamo sviluppato due tecnologie: computer e ingegneria genetica; software e wapware, la scienza dell’informazione e la scienza della vita. Nel corso degli ultimi dieci anni computer e geni sono andati di pari passo per creare l’era della biologia. Utilizziamo i computer per individuare, mappare, riorganizzare ed aggiungere i geni, e i geni sono la risorsa mondiale per il XXI secolo. La questione chiave è: come applichiamo la nuova era biologica all’agricoltura ? C’è stato un grande dibattito in Italia e in tutta Europa sugli OGM, c’è stato un grande dibattito in tutto il mondo: come possiamo utilizzare la nuova biologia? C’è una strada dura e una morbida. La strada dura porta alla devastazione dell’ambiente, probabilmente fornisce guadagni in minor tempo, ma devasta l’ambiente. La strada morbida porta allo sviluppo sostenibile, al lasciare un’eredità ai nostri figli, al rispetto per i nostri simili e alla futura consapevolezza
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per la razza umana. L’ingegneria genetica è diversa da qualsiasi altra tecnologia mai esistita. Faccio un paragone: per migliaia di anni abbiamo usato la tecnologia prometeica, abbiamo bruciato, forgiato, trasformato e riscaldato la crosta terrestre, provocando una seconda genesi: acciaio, vetro, cemento, cinabro, plastica. Al top della rivoluzione del fuoco, abbiamo diviso l’atomo, lanciato la bomba su Hiroshima e Nagasaki ed abbiamo coinvolto la potenza del sole, uccidendo migliaia di persone nel 1945. Nel 1970 due biologi, Stanley Cohen della Standford University e Herbert Boyer dell'Università della California, hanno preso dei frammenti di materiale genetico da due differenti specie e le hanno unite insieme, ricombinandole. Lo hanno chiamato DNA ricombinante. Hanno creato una nuova forma di vita che non esisteva in natura. Invece di bruciare, fondere, forgiare, scaldare materiali inerti per creare nuove combinazioni, ora noi ricombiniamo, aggiungiamo, organizziamo e mettiamo insieme informazioni vive oltre i confini della biologia. Alcuni sostengono che l’addomesticazione della natura è un processo cominciato migliaia di anni fa, quando è cominciata l’agricoltura, al tempo dei sumeri. Abbiamo cominciato a coltivare il terreno 10.000 anni fa, abbiamo cominciato ad addomesticare e modificare la natura, ad incrociare le specie. Non è forse l’ingegneria genetica una forma più sofisticata? No! Con i metodi di riproduzione classica potete incrociare razze simili, come avviene con l’asino e il cavallo, dai quali nasce il mulo. Potete incrociare un asino e un melo in natura? E’ forse possibile? L’ingegneria genetica permette di incrociare qualsiasi specie biologica esistente sulla terra: umani, animali, piante. Vi dirò di esperimenti che nessun agricoltore o allevatore avrebbe mai potuto fare nella storia, e che non esistono in natura.
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Esperimento 1: alcuni scienziati hanno preso il gene che emette la luce nelle meduse, il gene fluorescente, e lo hanno iniettato in un embrione di gatto. Il gatto nacque ed era luminescente al buio, grazie al gene della fluorescenza. Potreste farlo con i metodi classici? Esperimento 2: pecore e capre, due specie prive di relazione – possono essere sole e innamorate ma niente potrebbe accadere – gli scienziati hanno preso un embrione di pecora e uno di capra e li hanno uniti in laboratorio. E’ nata una nuova creatura chiamata geep, la testa della capra e il corpo della pecora. Come nell’antica mitologia greca. E’ possibile ottenere ciò con la riproduzione classica? Infine la pecora Dolly: è stata presa una cellula della pelle, è stata divisa ed è stato creato un embrione asessuato, né maschio né femmina da un solo partner. Tutti sappiamo della pecora Dolly, ma il grande evento non è Dolly, c’è un’altra pecora di cui quasi nessuno è a conoscenza: Polly. Con Polly hanno preso un gene umano e lo hanno iniettato nell’embrione, creando un clone uguale all’originale ma in questo caso molto differente perché c’è il gene umano riprodotto nell’animale. Ciò che è stato dimostrato al mondo del business e dell’allevamento è che si può personalizzare il risultato e riprodurre in gran quantità una pecora, una capra, un cavallo, un maiale, controllandone la qualità. Si possono ingegnerizzare copie identiche personalizzando i geni. Attualmente la clonazione della mucca ottenuta personalizzando i geni è una pratica in via di sviluppo in alcuni paesi. E’ chiamata pharming. Se volete latte che sia della stessa identica qualità, clonate la stessa mucca infinite volte. Poi se volete personalizzare un prodotto per particolari usi, ad esempio inserire un vaccino in esso, prendete il gene, lo personalizzate e otterrete il latte che contiene il vaccino, o può contenere vitamine supplementari o altre qualità aggiunte. Il problema è che una volta avviato questo processo, ci sono conseguenze impreviste sulla salute dell’animale e quindi 18
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sulla salute umana. E questa è la regola: il modo in cui trattiamo gli animali si ripercuote inevitabilmente sugli esseri umani. Se teniamo gli animali in condizioni disagiate, i problemi si ripercuotono su noi umani; basta pensare alla BSE, ovvero la sindrome della mucca pazza. Se nelle fattorie si sottopongono gli animali a stress inumani e brutali, tanto da farli ammalare, è gioco forza che questo si ripercuota su di noi. Se si crea la necessità di dare antibiotici agli animali per preservarli dalla malattia perché sono allevati in condizioni brutali, noi assorbiremo quegli antibiotici, diventeremo resistenti a quegli antibiotici e quindi non avremo più le cure. Quindi la regola deve essere, nell’allevamento degli animali come nell’agricoltura, trattare le altre creature come vorremmo essere trattati noi stessi. Se non lo facciamo i loro danni diventano i nostri, moltiplicati. E’ solo buon senso, è la storia dell’agricoltura e dell’allevamento. Vi do un altro esempio è il Bovine Growth Hormon2, più conosciuto come BGH, che Monsanto ha immesso sul mercato. L’Europa e il Giappone hanno detto no al BGH, la maggior parte del mondo ha detto no, anche il Canada, ma in America noi abbiamo il BGH. Io avevo avvisato che ci sarebbero stati problemi per la salute delle mucche e potenzialmente per gli esseri umani, ma non lo hanno abolito. Cosa è accaduto oggi, quindici anni dopo? Oggi sappiamo che se stimoliamo una mucca con il BGH per produrre più latte, stressiamo l’animale, l’animale soffre perché produce più latte di quanto fisiologicamente farebbe e quando stressiamo l’animale aumentiamo la possibilità di disturbi alla sua salute quali la mastite3. Quando aumentano disturbi come la mastite è necessario dare all’animale ancora più antibiotici, ma se si aumenta la quantità di antibiotici nell’animale, si genera una maggior resistenza ad essi negli umani. 2 3
Ormone geneticamente modificato Infiammazione della mammella
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Ora ci avvisano, e lo sappiamo, che l’incremento dell’impiego del BGH geneticamente modificato nelle mucche, produce l’aumento di ciò che si chiama IGF1 (Instrument Growth Factor 1) che è nel latte. Nuovi studi pubblicati durante gli ultimi anni hanno dimostrato che ci sono nuovi problemi, ovvero la crescita di rischio per il tumore alla prostata e al seno. Volete che il latte prodotto in Italia contenga BGH geneticamente modificato? No! Quindi, sia che si tratti di allevamento degli animali che di agricoltura, dobbiamo cominciare a domandarci se vogliamo un Sogno basato sulla crescita illimitata o se vogliamo un Sogno basato sullo sviluppo sostenibile assieme ai nostri simili sul pianeta in cui viviamo. Vi do un esempio in agricoltura. Quando immettete un microbo geneticamente modificato chiamato BT nel grano, ogni particella del grano comincia a produrre tossine (le tossine BT) e diventa come un piccolo impianto chimico che produce queste tossine. Bene: si possono eliminare i pesticidi. Bene: non verrà più contaminata l’acqua. Ma quando si introduce questo piccolo gene in modo che la pianta produca quelle tossine, quelle tossine attaccano i vermi e quando questi cercano di mangiare il grano muoiono. Bene. Il problema è che ogni piccola parte della pianta di grano e ogni piantagione producono tossine 24 ore al giorno 7 giorni su 7, e questo è molto più della quantità dei pesticidi che usiamo! Ed ecco il rovescio della medaglia: il successo è allo stesso tempo un fallimento. Si uccidono molti più insetti: questo è il successo. Quale è il fallimento? Non moriranno comunque tutti gli insetti, e quelli che resisteranno cresceranno ancora più in fretta e avremo vermi e insetti che non sapremo come eliminare. Inoltre questo gene si propaga nell’aria. Cosa succede se si mette un gene nelle vostre piante che le rende resistenti agli erbicidi? 20
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Monsanto può dirvi “vi vendiamo gli erbicidi e vi vendiamo il gene”. Così voi avete una pianta con un gene resistente all’erbicida. Potete spruzzare una gran quantità di erbicida Monsanto che uccide le piante infestanti ma non il grano, perché il grano ha un gene che resiste agli erbicidi e così non ucciderete il grano. Vi sembra buono o siete scontenti? La buona notizia di fatto è la cattiva notizia perché non riuscirete mai ad eliminare tutte le piante infestanti. E così le super-piante infestanti prenderanno il sopravvento e sarete daccapo, dovrete trovare un nuovo rimedio, e ancora un altro e un altro ancora, e non potrete più smettere. Cosa accade se il gene dell’erbicida migra con l’impollinazione? Sapete che durante il periodo dell’impollinazione i geni vanno ovunque, il polline vola ovunque. Se il vostro polline contiene un gene resistente agli erbicidi e uno resistente ai pesticidi, e il polline vola su tutte le piante infestanti ed esse incorporano questi geni, anche esse diventano resistenti agli erbicidi. Le piante infestanti hanno ora un gene che le rende resistenti agli insetti e si propagano per tutta l’Italia. Come pensate di liberarvi dalle piante infestanti quando esse hanno sviluppato la resistenza agli erbicidi e ai pesticidi? Questo è un comportamento patologico. Su cosa è basato? Sul controllo! Cosa impariamo nelle relazioni personali e cosa dovremmo imparare nelle relazioni legate all’agricoltura? Nelle relazioni personali, se qualcuno cerca di essere autonomo o di controllare gli altri, questa relazione cresce o collassa? Se io provo ad essere autonomo o provo a controllare il mio partner, questa relazione cresce o collassa? Perché dovrebbero esserci differenze nelle nostre relazioni con le piante e gli animali? Quindi tutta la scienza, quella basata sul Sogno americano della crescita di mercato privo di limiti, dell’autonomia, dell’andare avanti da soli, conduce a problemi ambientali per i nostri figli. La nuova idea, lo sviluppo sostenibile, basata sulla consapevolezza che siamo tutti interdipendenti nel costruire 21
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ponti di pace, nel protenderci verso gli altri, corrisponde al Sogno europeo. Dobbiamo assumere il Sogno europeo basato sulla costruzione di rapporti umani e usarlo per costruire rapporti tra le persone e il nostro ambiente, e tra le persone e la nostra agricoltura, così creeremo un rapporto e vedremo il territorio non come un nemico ma come un amico. E’ piuttosto interessante il fatto che ci sia un percorso duro e uno morbido nel futuro della produzione del latte e dell’agricoltura, qui in Italia e in tutto il mondo. Il percorso duro è: mucche geneticamente modificate, clonate, personalizzate. Soia geneticamente modificata, clonata, personalizzata. Impatto ambientale? Certamente. Impatto sulla salute? Probabilmente. Qual è l’approccio alternativo? Fino ad ora il dibattito sull’agricoltura è stato “siete progressisti o siete contro il futuro?” Quindi se eravate ambientalisti o verdi i media dicevano “siete contro il futuro, non volete il futuro, volete riportarci al passato”. Non è questa la questione perché la scienza è importante. La domanda è: come applicare la scienza? La vogliamo applicare seguendo il percorso duro, che porta all’eugenetica, o la vogliamo applicare seguendo il percorso morbido che porta alla consapevolezza globale nell’agricoltura? Gli antropologi guardano al passato per capire come si creano le relazioni umane. Il modo in cui tratteremo l’agricoltura sarà la testimonianza delle nostre relazioni umane. Quale è il percorso morbido? Lasciate che vi suggerisca qui, ora che inaugurate queste nuove bellissime strutture4 per la produzione del latte e di cui dovete essere orgogliosi, che c’è un’alternativa all’ingegneria genetica che usa comunque gli stessi mezzi. L’alternativa che suggerisco è scientificamente molto più sofisticata, è molto progressista, è più sostenibile e soddisfa la vostra sensibilità come parenti europei. 4
Il nuovo stabilimento della Centrale del Latte di Firenze, Pistoia e Livorno
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La strada morbida è questa: invece di modificare i geni tra specie diverse, sostituirli e rimodificarli oltre i confini della biologia, usare un altro approccio che si chiama Marker Assisted Breeding5 appena sperimentato in molti laboratori del mondo. Con il MAB non ci sono sostituzioni di geni o modificazioni genetiche che scavalcano i confini della biologia. Ecco invece cosa succede: possiamo allineare dieci tipi di grano su un tavolo e analizzare la struttura genetica di ognuno: grano A, grano B, grano C. Avremo così lo specchio perfetto del loro aspetto genetico, senza ombra di dubbio. Questo significa che possiamo migliorare la riproduzione classica, piuttosto che fare prove ed errori per generazioni possiamo dire “Ehi, guarda il grano A, guarda quei geni, soddisfano perfettamente il grano D, perché se li mettiamo assieme creiamo una maggior resistenza agli insetti ma non rischiamo i danni della sostituzione genetica”. Non ci sono modificazioni genetiche. Non si mischiano specie diverse, si resta nella stessa specie. Oggi, se guardate il web di Monsanto o di altre aziende, stanno iniziando a studiare e sperimentare il MAB nell’allevamento e nell’agricoltura. Infine come possiamo cominciare a giudicare il tipo di ricerca che vogliamo fare nell’allevamento come nell’agricoltura? Un’industria lattiera vuole essere tecnologica, ma vuole anche accontentare il pubblico, soprattutto qui in Italia dove siete così consapevoli dello sviluppo sostenibile. Io so che questa Società6 è molto consapevole di questo, è un punto di forza di questa Società. Nonostante questo, come possiamo decidere quali esperimenti e quali tecnologie si devono introdurre nell’industria lattiera e quali si devono rifiutare? Quando ci sono opportunità per l’industria del latte di introdurre nuovi sistemi per la scienza e la tecnologia del latte 5 6
Incrocio genetico selezionato e assistito Centrale del latte di Firenze, Pistoia e Livorno
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ad esempio, scegliete sempre – tra le varie alternative – quella che rispetta il valore intrinseco della mucca e non solo l’aspetto utilitaristico. Mucca in salute, latte sano, esseri umani sani. Scegliete sempre l’alternativa che collega le relazioni con la natura e non quella che le separa. Scegliete sempre le alternative più conservatrici perché sono quelle che a lungo termine faranno meno danni. Queste sono le regole per l’allevamento che soddisfano l’industria lattiera, l’agricoltura, l’ambiente, l’uomo. Concluderò parlando dell’Italia. Penso spesso ai miei amici italiani che si lamentano in continuazione. Io ho viaggiato in tutto il mondo e so che l’Italia ha davvero molti problemi ma se paragono l’Italia ad altri paesi con molti problemi, questa è una magnifica cultura e probabilmente voi non siete consapevoli della vostra grandezza. Una delle ragioni di questo è che gli italiani comprendono la relazione che c’è tra il cibo, la cultura e il commercio, come nessun altro al mondo. Ciò che gli italiani capiscono é che il cibo non è soltanto qualcosa che introduciamo in bocca, il cibo è espressione di valori, di cultura, esprime una comunità e il suo intero patrimonio, la sua attenzione per il territorio, per l’esistenza, per i valori intrinseci della vita. Capiscono che l’aceto balsamico di Modena non è solo aceto balsamico, che il parmigiano non è solo parmigiano, che il latte non è solo latte. Tutte queste cose esprimono l’origine, la cultura, l’identità, la nostra capacità di comprendere cosa significa relazionarsi alla natura e per voi tutto questo è scontato. Guardate l’America: siamo la cultura del fast-food. Noi non relazioniamo il cibo con la cultura e con la nostra identità, ecco perché ci siamo perduti. Quando in Italia nacque il movimento Slow Food io dissi “Il movimento slow food…?!? ”
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Ha funzionato e ora si sta espandendo in molti altri Paesi, compresa l’America. Slow Food: rispettiamo il cibo e le verdure di stagione. Se non è stagione di pomodori, non mangiamo pomodori. Perché c’è una relazione tra le stagioni della natura, quelle della vita e la cultura. Quindi ciò che ho imparato dagli italiani, e specialmente dai toscani, è questo: molti americani e molti miei amici inglesi credono che il commercio sia l’istituzione principale. Gli Italiani sanno che non è così. In altre parole se osserviamo bene da Adam Smith a Karl Marx a Milton Friedman c’è una presa di posizione illuminista da duecento anni che sostiene che siamo esseri materiali, che il principio attorno a cui ruota la nostra esistenza è il materialismo: questa è la tradizione illuminista. Ma sapete cosa stanno imparando attraverso gli esperimenti sugli animali? Che noi non siamo prima di tutto esseri materiali, noi siamo prima di tutto creature affettive. Hanno fatto esperimenti con gli scimpanzè. Hanno separato un cucciolo dalla madre, lo hanno messo in una stanza e ai due lati opposti hanno sistemato due poli. Il primo polo assomiglia a una mamma-scimpanzé ma non lo è, però è caldo, c’è un po’ di luce, ci sono suoni; nel secondo polo c’è solamente cibo. Il cucciolo di scimpanzè – che ha il 98% di geni come quelli umani e capacità mentali di un bambino di quattro anni – sceglie il primo polo perché è sensibile all’affettività e morirebbe piuttosto che allontanarsi di pochi metri per raggiungere il cibo. Quindi ci siamo sbagliati a considerare noi stessi esseri materiali e di conseguenza a pensare che il commercio sia l’istituzione principale e la sfera culturale sia un mercato in cui comprare. Gli Italiani dicono “no, la cultura è l’istituzione principale e il commercio è solo una parte della cultura, importante ma non sufficiente a descrivere la nostra vita.” Non esiste nessun esempio nella storia dove sia stato creato il
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commercio prima della cultura. Non è un’istituzione primaria, non esiste alcun esempio nella storia in cui sia stato creato un governo prima che vi fosse una cultura. Commercio e governo sono istituzioni secondarie, esistono grazie alla cultura che le ha implementate. Mostratemi una cultura molto creativa, con molte diversità e io vi mostrerò una cultura che può creare moltissime idee nel commercio. La ragione per cui l’Italia è in crisi economica oggi, non credo sia dovuta a problemi concreti. Il motivo per cui l’Italia è attualmente in crisi economica è psicologica, ha a che fare con la fiducia in se stessa, con il fare i passi giusti per rimettere al centro degli interessi l’idea di creatività italiana. Cosa c’entra tutto questo con l’agricoltura? Mostratemi un Paese per il quale l’agricoltura e l’allevamento rappresentano l’espressione di valori, di coesione, di diversità, di giustizia e di amore per la vita e io vi mostrerò un prodotto che la gente acquisterà. Ciò che sto dicendo da due anni è che bisogna rendersi conto che il brand italiano nell’abbigliamento, quello nella ristorazione di qualità e quello nel cibo sono valori ancora fondamentali. Bisognerebbe che l’industria italiana del latte e quella dell’agricoltura diventassero lo standard per tutto il mondo: assenza di OGM, leader nell’agricoltura biologica e sostenibile, essere in contatto con la terra, rispetto delle diversità culturali, creazione di una globalizzazione dal basso;. Mi rendo conto dell’atteggiamento costante avuto da questa Società7 per cinquant’anni e tutto questo rende questa Società unica. Se assumete questi standard, questi intenti, e dite al mondo “i nostri prodotti ci permettono di trasformare la globalizzazione in qualcosa basato sull’equità, sulla giustizia, sulla soddisfazione di tutti i parametri necessari alla qualità, sul vivere in un pianeta comune così come sull’amore per la vita” questo è il patrimonio migliore che l’agricoltura può lasciare al XXI secolo e ai nostri, figli, nipoti, e ai loro nipoti. 7
Centrale del latte di Firenze, Pistoia e Livorno
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E’ stato un piacere essere qui e ciò che mi auguro è che siate voi a mostrarci la strada, guidateci, forniteci un modello, uno standard così che noi in America e tutto il mondo possiamo dire “l’Italia sa quale è il futuro dell’agricoltura che tutti noi vogliamo per i nostri figli”.
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QUALE AGRICOLTURA NEL MEDIO-LUNGO PERIODO? Franco Sotte
La domanda alla quale io cercherò di rispondere è “Dove va l’agricoltura europea, e in questa, dove va l’agricoltura italiana?” Provo a rispondere con i risultati di uno studio francese condotto in collaborazione con un gruppo che si chiama Futuribles, dal quale ho preso i risultati e che ho provato ad adattare all’Italia. Questo lavoro si fonda su quattro ipotetici scenari: è un esercizio per vedere i campi di forza. Il primo scenario riguarda la protezione tradizionale dell’agricoltura. Qui si afferma nel mondo l’idea che ogni popolo abbia diritto a sfamarsi da sé questo sottintende che, in un certo qual modo, il protezionismo sia ammesso, almeno fino ai limiti in cui un Paese non diventi autosufficiente. Questo implicherebbe in qualche modo, per l’Europa, la possibilità di continuare una politica protezionistica nei confronti dell’agricoltura, ma solo nei limiti della propria autosufficienza, quindi eliminando i premi all’esportazione di ogni genere che impediscono al resto del mondo di produrre e vendere a prezzi competitivi. Nella scatola verde del WTO8 sarebbero contenuti sia la protezione della propria agricoltura, quando questa riguarda ambiente, paesaggio e valori culturali, sia la salute e la garanzia dell’approvvigionamento alimentare. In qualche modo questa ipotesi giustificherebbe il fatto di mantenere una sostanziale politica di protezione dell’agricoltura.
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World Trade Organization
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Dopo la riforma Fischler della politica agricola europea non c’è più protezione sui prodotti, ma in realtà tutti sanno che la protezione si è trasferita dai prodotti al fattore terra. Infatti la protezione è fortemente legata all’ettaro “eligibile” quindi è la terra che viene protetta, non più il prodotto della terra; di fatto prima e dopo Fischler, volumi e distribuzione delle risorse che pagano i contribuenti a beneficio degli agricoltori sono rimasti sostanzialmente identici. L’idea è quindi che il protezionismo possa continuare anche oltre il 2013 se questo scenario si avverasse e venisse accettato anche in relazione alla motivazione che gli agricoltori proteggono il territorio e adottano una serie di norme di attenzione ambientale e paesaggistica. Chi è a favore di questa politica? A favore sono tutte le rendite che finora si sono arricchite della PAC9: la rendita di una burocrazia che è capace di gestirla con facilità, la rendita di chi possedendo terra oggi ha un premio legato all’ettaro eligibile10 e in qualche modo internalizza questo valore attraverso affitti più alti e valori fondiari più alti, la rendita di un settorialismo agricolo che si è rappresentato potentemente a Bruxelles difendendo per vent’anni questa politica. Chi è contro questo modello? Contro sono i consumatori che desiderano prodotti di qualità, contro sono i Paesi del terzo mondo che hanno la possibilità di esportare in Europa a prezzi competitivi; contro sono - o dovrebbero essere - i Paesi dell’Est che si integrano più difficilmente in un modello protezionistico, che in un’altra strategia. Il secondo scenario riguarda “L’ordine delle grandi concentrazioni industriali e della distribuzione” In questo scenario i mercati sono totalmente liberalizzati.
Politica Agricola Comunitaria Cioè riconosciuto dalla riforma della PAC del 2003 come meritevole di sostegno 9
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Eliminate le barriere tariffarie e non tariffarie, la competizione è fondata sui prezzi di mercato mondiale. Lo stato si disimpegna, c’è un grande risparmio di spesa pubblica a beneficio di tante altre politiche che avrebbero bisogno di fondi in Europa e che oggi vedono metà del budget europeo ancora congelato dietro la strategia delle politiche agricole. Qui dominano la grande industria e la grande distribuzione nella decisione degli scenari alimentari; nel mondo prevalgono produzioni standard e tecnologie orientate ad abbassare i costi; e la qualità è definita dal sistema della trasformazione e distribuzione alimentare. Si sono coniati, a questo fine, nuovi termini quali functional food11 per intendere il cibo che si calibra sulle diverse esigenze della vita del consumatore: il cibo per lo sportivo, il cibo per il diabetico e via dicendo; alcune volte rispondendo a bisogni reali, altre volte costruendoli. Ad esempio il cibo per non ingrassare, il cibo per apparire, il cibo per viaggiare, per lavorare, per stare in piedi (è quest’ultimo il caso del cosiddetto fingers food12. Il cibo quasi si distacca dall’agricoltura che lo produce e diventa un prodotto industriale che risponde a esigenze del consumatore e che viene costruito artificialmente. Il cibo assume dei nomi che richiamano nomi di farmaci (Actimel, Kir, Multicentrum, Acutil, Infloran, Kilocal) e in questi casi non c’è nessun problema di tracciabilità perché è il marchio che garantisce; d’altra parte non è una novità: qual è la tracciabilità della Coca Cola ad esempio? Il terzo scenario si chiama “Primato della qualità d’origine e valorizzazione delle specificità territoriali” In questo scenario i consumatori cercano alimenti sani e genuini, la qualità si identifica anche per altre funzioni, cultura, tradizione, paesaggio. C’è un nuovo progetto Nutraceutici Cibo che si mangia con le mani, senza posate, quello che si accompagna alla moda impostasi soprattutto tra i giovani di prendere un aperitivo e accompagnarlo da una serie di piccole porzioni di cibo. 11 12
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collettivo, la qualità non è più un bene privato, è un bene pubblico, la sua tracciabilità diventa rilevante, la certificazione viene estesa a tutte le produzioni. L’azione pubblica cambia natura, da sostegno passivo agli agricoltori, si trasforma in tutela delle denominazioni d’origine, riconoscimento internazionale degli identificativi di qualità, potente azione di educazione del consumatore oggi educato dalla pubblicità. Non si tratta di alterare gli equilibri di mercato ma di regolarli e tutelarli in un mercato di consumatori informati, possibilmente non favorendo il singolo produttore, ma cogliendo il nesso che esiste quando si parla di sistemi di produzione. L’idea, ad esempio, che quando si vende latte, non si deve soltanto avere cura alla relazione con i consumatori ma anche a garantire vita ad un sistema territoriale complessivo costituito di singole imprese che producono latte. Un sistema in cui gli allevatori di vacche da latte, a loro volta, si considerano parte di un sistema, un tutt’uno con l’impresa che trasforma il latte e lo vende, e che a sua volta non considera il latte solo come un mero fattore di produzione, perché ritiene più importante curarsi della provenienza che della semplice minimizzazione dei costi. Chi è a favore di questo modello? Naturalmente i consumatori, se associano la qualità all’origine dei prodotti, se esigono la tracciabilità, se c’è rinomanza del territorio e questa rinomanza si riversa sui suoi prodotti. Ma anche se non ci sono grandi divari di reddito nel mondo, perché i poveri non si possono permettere i prodotti di qualità che potrebbero costare di più. Chi è contro? Contro sono le industrie che vogliono imporre la loro concezione di qualità! Alcune regioni d’Europa possono essere contro, ad esempio quelle che non riescono a caratterizzare le loro produzioni perché hanno minori tradizioni e minori vocazioni. Contro c’è la burocrazia agricola, che preferisce politiche di sostegno passivo, rispetto a politiche selettive e centrate 31
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soprattutto sui servizi alle imprese e non su un sostegno in denaro alle imprese. Lo scenario numero quattro è quello della “Affermazione dell’agricoltura di servizio” In questo scenario si delinea la multifunzionalità. Qui l’azione pubblica deve decentrarsi e le politiche settoriali, industriali, dei servizi, sanitarie e dei trasporti si devono coordinare in un’unica politica di sviluppo rurale integrato, in contrapposizione ad una ruralità intesa solo come politica agraria. Chi è favore di questo modello? A favore è lo spazio rurale quando chiede di essere valorizzato come spazio di vita e di impresa, non solo come spazio agricolo, ma come spazio complessivo, quando nuove opportunità di trasporto e di comunicazione consentono una più profonda integrazione fra città e campagne. Per questi motivi nei piani di sviluppo, soprattutto a livello regionale, serve una strategia complessiva che integri la politica industriale e turistica con una strategia di valorizzazione agricola e rurale. Chi è invece contro? Gioca contro il fatto che le aree a bassa densità demografica non preoccupano lo Stato, hanno pochi voti, contano poco e non costituiscono una priorità per l’opinione pubblica. Gioca contro il perdurare dei corporativismi, la difficoltà che nelle aree rurali si integrino agricoltori e non-agricoltori. L’esercizio che propongo ora è di riprendere questi quattro scenari e osservarli trasversalmente.
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Il primo e il secondo scenario prevedono una forte diminuzione dei livelli d’occupazione mentre il terzo e il quarto hanno anche la possibilità di aprire nuove occasioni di lavoro e le tecniche sono tendenzialmente capital-intensive, orientate cioè al contenimento dei costi. Nel secondo modello gli agricoltori sono banalizzati, diventano quasi i custodi del proprio campo. Invece nel terzo e quarto caso le tecniche sono laborintensive, si va verso nuovi prodotti, nuovi servizi. Il fatto che questi due modelli siano più legati alla tradizione, non implica però che ci sia meno ricerca, bensì molta più ricerca, più specifica, più vicina alle esigenze locali e questo implica anche una ridefinizione del sistema della ricerca. Ci sono degli effetti anche sulle forme di conduzione. E’ evidente che il terzo e il quarto modello favoriscono di più l’impresa coltivatrice: non è il capitale che conta ma il lavoro, che in questi modelli deve peraltro essere assistito da un sistema di servizi adeguato e che produce le competenze per poter diversificare e fornire quello che il mercato richiede. L’agricoltura nel primo caso è dominata dalla rendita fondiaria, nel secondo la dominazione è in capo all’industria
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e al sistema distributivo, mentre nel terzo e quarto modello, il ruolo cruciale sta nell’impresa e nell’integrazione di filiera. Fare prodotti di qualità significa portarli fino al consumatore e/o portare il consumatore verso le aree rurali. Qual è il rapporto tra agricoltura e ambiente? L’ambiente nel primo e nel secondo modello sono un vincolo, nel terzo è la risorsa che consente di produrre un prodotto tipico di qualità e nel quarto diventa addirittura l’obiettivo: si vende l’ambiente insieme ai prodotti agricoli tradizionali. Va notato che in Italia abbiamo un fortissimo ritardo strutturale-organizzativo del sistema agro-alimentare distributivo. Ad eccezione di Coop la distribuzione non è più italiana, e dell’agro-alimentare - escludendo Cirio e Parmalat le cui sorti sono ovviamente in forse - è rimasto ben poco. Soprattutto l’arretratezza è presente in Italia nelle attività produttive dove ci sarebbe più necessità di iniettare ricerca nei sistemi produttivi. Abbiamo invece un grosso punto di vantaggio che sta nelle cento agricolture, la grande egemonia sul piano dell’alimentazione che all’Italia è riconosciuta nel mondo. Meritata o non meritata che sia, i settanta mila ristoranti italiani nel mondo dicono qualcosa! Qual è il limite però? Abbiamo un enorme ritardo nelle organizzazioni di mercato, abbiamo scarsissima professionalità e riteniamo che tipico voglia dire fare quello che si è fatto vent’anni anni fa, ma non è così. Tipico vuol dire inventare tecnologie nuove che consentano di produrre, vendere, fare marketing del prodotto tipico che abbiamo a disposizione. E qui il condizionamento dell’invecchiamento è drammatico: nell’agricoltura italiana, abbiamo dodici vecchi per ogni giovane e l’età media è di 59 anni. Se non si risolve questo problema in crisi sarà l’impresa, ma l’impresa è cruciale. Se non c’è impresa, chi rischia? Chi opera per prospettive di lungo termine? Chi assicura la necessaria professionalità?
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Non possiamo chiedere ai nostri agricoltori sessantenni di essere i protagonisti di questi scenari. Il terzo modello può essere fortemente valorizzato perché qui vale moltissimo il fatto che la questione WTO venga giocata sul terreno del riconoscimento internazionale delle qualità d’origine perché non si possono lasciar passare i parmesan, i cambozola e altre amenità del genere: questo è un problema cruciale per l’affermarsi di una strategia italiana. Sul quarto scenario c’è l’idea-forza del Bel Paese. Noi abbiamo oltre la metà del territorio italiano che dista meno di mezz’ora da una città d’arte, da una costa o da una risorsa turistica di grande rilievo. Questo significa che il territorio agricolo-rurale italiano, è fortemente permeato di occasioni di valorizzazioni turistica e di servizio. Naturalmente in questa occasione non è possibile esaminare tutte le opportunità o le minacce che esistono dietro a questi modelli, ma è interessante notare che se c’è sviluppo economico a livello mondiale e se si afferma la dieta mediterranea, dovrà esserci anche una politica adeguata, così come è molto importante prendere atto che l’integrazione rurale-urbano, la residenza diffusa e la crescita della sensibilità ambientale devono essere internalizzati nei piani di sviluppo rurale. Nel mondo e in Europa sono rimasti pochi i Ministri della Agricoltura e delle politiche ambientali e forestali, quasi tutti i Ministri si chiamano Ministro dell’ambiente e della ruralità, Ministro dello sviluppo rurale e del territorio e dell’alimentazione o simili. In Inghilterra il Ministro dell’agricoltura non ha più la parola agricoltura nel suo nome, si chiama Ministro dello sviluppo rurale e dell’ambiente e all’interno delle sue competenze c’è naturalmente anche l’agricoltura. Quindi è importante concepire la ruralità come una strategia territoriale che passi oltre l’agricoltura.
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In conclusione vorrei sottolineare che il mio intervento di oggi vorrebbe essere uno spunto per una riflessione strategica, niente di pi첫. Ho solo presentato alcune proposte, alcune suggestioni, e ora invito agli utilizzatori di questa analisi ad estendere la riflessione su nuovi scenari e nuove varianti e capire quali sono le altre implicazioni associate agli scenari individuati.
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LATTE FRESCO: VALORI NUTRITIVI Rosalba Mattei
Vorrei ringraziare in maniera particolare gli organizzatori di questa giornata perché io, in quanto nutrizionista, sono particolarmente interessata alla sicurezza degli alimenti ed ai suoi riflessi sulla salute Evidenze scientifiche confermano l’importanza dell’origine e della trasformazione degli alimenti nel proteggere il nostro stato di salute in termini di prevenzione primaria e secondaria. “La storia del latte comincia con le erbe dei prati e finisce sulla nostra tavola…” ciò riassume tutto il percorso: dove l’animale vive, la qualità del latte e infine la tracciabilità del prodotto. Nella tabella che segue possiamo osservare cosa è contenuto in vari tipi di latte. Valore indicativo di alcuni principi alimentari e nutrienti in 100 g di latte di specie diverse Specie
Vacca Donna Bufala Capra Pecora Giumenta Asina Cammella Yak Lama Renna
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Proteine (g) 3,25 1 3,78 3,3 5,6 2,2 2,1 3,7 5,2 3,9 10,3
Lipidi (g) 3,5 4,4 7,45 4,5 7,5 1,6 1,5 4,2 7 3,2 22,5
Lattosio (g) 4,6 6,94 4,9 4,4 4,4 6 6,2 4,1 4,6 5,3 2,4
Calcio (mg) 115 30 190 130 200 90 80
Kcal 62,7 70,9 101,5 71,1 107,3 46,9 46,4 68,8 102 6,3 253,2
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Il latte contiene lipìdi, vitamine prevalentemente liposolubili, che per essere assorbite devono essere trasportate dai grassi, proteine ad alto valore biologico, carboidrati, fosfati e citrati di calcio e magnesio, sodio e altri elementi. Nella tabella precedente è possibile osservare che nel latte di donna sono contenute quantità di proteine minori rispetto al latte vaccino, questo perché un neonato non è provvisto di tutto il corredo enzimatico necessario per poter digerire molecole grosse e complesse quali sono le proteine. Il latte di vacca intero ha un buon contenuto di lipìdi pari a 3,50/100 g di prodotto; attraverso il processo di scrematura la quantità di lipidi si riduce fino a 1,5/100 g nel parzialmente scremato e 0,2/100 g nel latte scremato, con un apporto calorico rispettivamente di circa 62,7 - 46 - 36 kcal/100g. Il grasso del latte è una miscela lipidica complessa nella cui composizione sono presenti per il 95-96% trigliceridi, i cui acidi grassi differiscono tra loro per lunghezza della catena e numero di doppi legami, e per la restante parte colesterolo e fosfolipidi. Il latte è un liquido con pH acido il cui colore è dovuto alla dispersione di proteine e sali di calcio in esso contenuti. Le proteine svolgono nell’organismo numerose funzioni, tra cui la più importante consiste nella formazione e mantenimento di nuovi tessuti durante l’accrescimento e in età adulta. La qualità e quantità degli aminoacidi che compongono le proteine ne determinano il valore biologico, che consiste essenzialmente nella minore o maggiore capacità di essere usate dall’organismo. Dei carboidrati contenuti nel latte, il lattosio è il maggior costituente, insieme a piccole quantità di oligosaccaridi. Il lattosio è un disaccaride formato da glucosio e galattosio, le cui particolari modalità di assorbimento facilitano l’utilizzazione del calcio; inoltre favoriscono la sintesi dei mucopolisaccaridi e dei cerebrosìdi, costituenti strutturali del sistema nervoso centrale. 39
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Tra gli oligoelementi disciolti nel latte il calcio è il minerale maggiormente rappresentato. In individui di giovane età sappiamo quanto sia importante fare scorte di calcio nell’adolescenza e fino ai 25-30 anni, per raggiungere un picco di massa ossea che costituirà la grande riserva di calcio per tutta la vita di ciascun individuo e che non potrà più essere modificata. Altri oligoelementi presenti nel latte sono potassio, fosforo, magnesio, sodio e zolfo. I Minerali del latte Macroelementi
Oligoelementi Contenuto in µg/100 g
Contenuto in mg/100 g
Calcio Fosforo Magnesio Potassio Sodio Zolfo Fluoro Iodio Selenio
120 94 12 153 46 35 Il contenuto è in funzione diretta dell’apporto alimentare
Zinco Silicio Alluminio Ferro Fluoro Bromo Cadmio Piombo Manganese Arsenico
200-500 150-700 50-100 20-50 10-20 10-20 2-15 4-8 3-5 3-5
Nella tabella è possibile osservare in quale misura questi elementi sono contenuti nel latte intero. Nello specifico, il calcio non serve solo per la formazione delle ossa e dei denti, ma partecipa anche alla coagulazione del sangue ed è un costituente importante per la conduzione degli impulsi nervosi. Quando la quantità di calcio non soddisfa il fabbisogno dell’organismo, si possono avere problemi di rachitismo, arresto della crescita e addirittura situazioni estreme quali le convulsioni. Il cloro partecipa alla formazione dei succhi gastrici e al mantenimento dell’equilibrio acido/base.
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Il fosforo, in equilibrio con il calcio, consente una corretta formazione di ossa e denti. Il magnesio è necessario per l’attivazione di enzimi e sintesi delle proteine. Infine il potassio, principale catione intracellulare è adibito al controllo della permeabilità cellulare e dell’equilibrio acido-base. La piccola quota di potassio extra cellulare è coinvolta nei processi fisiologici che regolano la trasmissione degli impulsi nervosi, il controllo della pressione arteriosa e della contrattilità muscolare. La carenza può determinare crampi muscolari, perdita di concentrazione, stanchezza, anoressia, aritmie. I sali minerali partecipano attivamente al processo anabolico, ovvero di costruzione dei tessuti (muscolare, osseo, etc.) e la loro carenza può portare ad arresto della crescita e disturbi comportamentali. Le vitamine contenute nel latte sono di due tipi: idrosolubili e liposolubili. Le idrosolubili sono quelle che come veicolo hanno la fase acquosa, le liposolubili utilizzano come veicolo i grassi.
Le vitamine Idrosolubili Vitamina B2 Vitamina B12 Vitamina B6 Folacina
Liposolubili Dipendono da fattori esterni quali l’alimentazione e il clima: Vitamina D Vitamina A
Nel latte vaccino le vitamine idrosolubili non risentono del tipo di alimentazione degli animali, mentre per quanto riguarda le liposolubili, sono influenzate dalla stagionalità; infatti, nella stagione estiva, il latte è più ricco di calcio.
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La vitamina D, ad esempio, risente del periodo di insolazione e quindi della quantità di sole e delle radiazioni ultraviolette alle quali sono sottoposti gli animali. Il latte, per renderlo microbiologicamente sicuro, viene sottoposto a processi di risanamento che, in alcuni casi, ne modificano le caratteristiche nutrizionali. A seconda dei trattamenti che riceve assume il nome di latte pastorizzato, fresco pastorizzato, upperizzato, sterilizzato. La pastorizzazione è un processo di sanificazione che permette la distruzione di agenti patogeni e di microrganismi saprofiti, e consente di lasciare intatte le caratteristiche nutrizionali. Il latte fresco pastorizzato si ottiene con un processo di risanamento che può essere applicato solo una volta nelle 48 ore. Il latte fresco pastorizzato di alta qualità invece ha valore nutritivo più elevato, le quantità di proteine e lipidi sono predefinite: le proteine non devono essere inferiori a 3,2g e i lipidi non inferiori a 3,5g/100g di latte. Nel latte pastorizzato invece la pastorizzazione a 72° per 15 minuti, può essere effettuata più volte anche dopo le 48 ore. Le caratteristiche organolettiche, che sono molto importanti nel latte fresco, si mantengono praticamente inalterate. Il latte upperizzato (UHT) subisce un trattamento termico a 135° con distruzione dei microrganismi patogeni, delle spore resistenti al calore e dei microrganismi responsabili delle alterazioni del latte stesso. Con il calore si possono perdere alcune vitamine ma sostanzialmente non si hanno perdite significative. Infine il latte sterilizzato, che ha una conservabilità a temperatura ambiente per periodi superiori a sei mesi, è sottoposto ad alte temperature per la distruzione di microrganismi e spore. In questi tipi di latte i nutrienti che vengono maggiormente
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penalizzati sono le proteine e lo si può percepire anche dal sapore che è lievemente diverso. Infatti le caratteristiche organolettiche risultano differenti, per il colore che si presenta più scuro e per il sapore di cotto; inoltre le vitamine del gruppo B, soprattutto la vitamina B1, sono degradate. La micro-filtrazione è una metodica già seguita per altri tipi di alimenti ed è stata recentemente applicata anche al latte. Questo tipo di procedimento viene effettuato attraverso filtri provvisti dei pori che non consentono il passaggio di batteri o lieviti pur consentendolo alle proteine. Vengono trattenute le sostanze potenzialmente nocive e lasciate passare quelle che conferiscono le caratteristiche organolettiche tipiche del latte. Nell’attuazione di questa metodica talvolta si rende necessario l’allontanamento della componente grassa, successivamente reimmessa nel latte, per evitare l’otturazione dei pori dei filtri. LATTI MODIFICATI SCREMATO o MAGRO
Contenuto in grassi deve essere inferiore allo 0,3%
PARZIALMENTE SCREMATO
Contenuto in grassi ridotto a 1,5-1,8g/100g di prodotto
LATTE DELATTOSATO
Il latte passa su di un supporto inerte che contiene l’enzima lattasi. Nel prodotto finale il lattosio si presenta scisso per almeno il 75% nei suoi costituenti (glucosio e galattosio) LATTI TRASFORMATI
IN POLVERE
CONCENTRATO o CONDENSATO
È latte pastorizzato o sterilizzato, ridotto in povere per evaporazione istantanea dell’acqua. Si conserva a lungo e ha un valore nutritivo molto simile a quello del latte fresco. Si ottiene dal latte intero o da quello parzialmente scremato mediante la riduzione dell’acqua fino ad 1/3 o a1/4 del volume primitivo, con o senza aggiunta di zucchero
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LATTE SPECIALE (con aggiunta di fermenti lattici)
YOGHURT
Latte pastorizzato con aggiunte colture di particolari fermenti lattici. (L. Bulgaricus, S. Thermophilus, L. Acidophilus). Ha un minore contenuto in lattosio. Calcio e Fosforo risultano più disponibili per l’ambiente acido che si crea con la fermentazione.
Il latte, a seconda del contenuto in grassi e di altri elementi nutritivi, può soddisfare diverse esigenze dietetiche. Il prodotto con ridotta quantità di grassi, dato anche il minor apporto calorico, viene utilizzato in situazioni come sovrappeso, obesità, oppure in via preventiva durante la gravidanza per il mantenimento del peso corporeo nel range di normalità previsto per la gestazione. Per assicurare un adeguato introito di calcio, lo yogurt rappresenta una valida alternativa al latte, non sempre tollerato, per sopperire all’insufficiente assunzione di questo nutriente dal momento che in Italia il consumo del latte in età adolescenziale risulta insufficiente. Il latte nasce come prima necessità e nelle successive fasi della vita rappresenta un necessario complemento a quanto fornito dagli alimenti che caratterizzano lo stile alimentare di tipo mediterraneo. Nuovi studi sarebbero comunque necessari per indagare ulteriormente sui benefici del consumo di questo alimento nelle diverse fasce di età, in relazione alla qualità del prodotto e ai vantaggi per la salute umana.
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IL LATTE FRESCO: PASSEPARTOUT DI LUNGA VITA Maria Luisa Brandi
Voglio ringraziare prima di tutto Mukki Latte per aver avuto la sensibilità in questo convegno di introdurre anche un argomento con una ricaduta medica perché l’alimentazione è importante per la salute dell’uomo e, anche se ci sembra scontata, di fatto non lo è. Noi ci occupiamo, nella Clinica Universitaria di Firenze, di metabolismo osseo e io dirigo questo gruppo, e all’interno del gruppo ci sono professionisti che si occupano soprattutto di nutrizione e noi siamo molto interessati a sviluppare il tema del latte nella nutrizione perché se ne parla molto poco. Se noi guardiamo la letteratura scientifica, a livello di informazione sulla ricaduta nella salute dell’uomo, il latte sembra non essere un argomento così negativo come invece molto spesso viene presentato. Io concentrerò la mia presentazione soprattutto sulla salute dell’osso, perché tutti gli altri argomenti, che vanno dalle malattie cardiovascolari fino alla regolazione del peso corporeo, prevederebbero per sè una presentazione dedicata. Se noi guardiamo a livello della salute dell’osso vediamo che ci sono tantissimi fattori che influenzano la salute del nostro osso e spaziano dall’età alla genetica, dall’endocrinologia ai farmaci, allo stile di vita, ma senz’altro la dieta è fondamentale. Dobbiamo pensare che nella dieta, relativamente alla nutrizione dell’osso, ci sono tanti elementi importanti e il calcio è sicuramente quello che noi conosciamo essere fondamentale, perché è uno dei minerali che costituisce il
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cristallo di idrossiepatite che è praticamente il minerale dell’osso. Quindi essendo l’idrossiepatite nient’altro che un fosfato tricalcico, è chiaro che sia fosfato che calcio sono fondamentali. Ma ci sono altri fattori che sono molto importanti, pensate per esempio alla vitamina D che di fatto ci fa assorbire il calciofosfato a livello intestinale. Il calcio è un elemento fondamentale perché se noi non lo introduciamo con la dieta, non facciamo altro che rimuoverlo giornalmente dallo scheletro – che è il nostro servoir13 di calcio – per immetterlo nel sangue, perché senza calcio non batterebbe il nostro cuore, non si muoverebbero i nostri muscoli, non funzionerebbero le nostre cellule nervose, quindi noi siamo obbligati a introdurre giornalmente certe quantità di calcio con la dieta. Quando parliamo di nutrizione dobbiamo considerare che ci sono tanti momenti importanti: il primo è proprio quello dell’apporto di calcio, poi c’è il momento dell’assorbimento, il momento dell’azione biologica di un nutriente e poi l’escrezione. Quando introduciamo il latte noi mettiamo dentro al nostro organismo tanti elementi che sono tutti importanti per la salute dell’osso. Quindi è chiaro che nel latte c’è il calcio ma ci sono tante altre importanti sostanze nutrienti che vanno dalle vitamine ai minerali, alle proteine, che sono tutti importantissimi per la salute dell’osso. Un litro di latte - pari a 1000 ml - contiene in quantità e qualità degli alimenti che corrispondono quantitativamente alle dosi raccomandate che noi dobbiamo introdurre giornalmente. Pensate per esempio che in un bicchiere di latte c’è circa il 20% del calcio che noi dobbiamo introdurre come persone adulte nella dieta di ogni giorno. Se poi esaminiamo il ruolo 13
Serbatoio, riserva
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del calcio, vediamo che il calcio è importante perché viene assorbito a livello intestinale, agisce biologicamente sullo scheletro e viene poi eliminato a livello renale. Il calcio è importante durante tutta la nostra vita, perché è vero che noi raggiungiamo il nostro picco di massa ossea intorno ai 20-25 anni di età – sia per l’uomo che per la donna – ma il nostro osso lo dobbiamo mantenere fino all’ultimo giorno della nostra vita, perché lo scheletro è quello che ci sostiene. Quindi è chiaro che non dobbiamo pensare soltanto al calcio o al latte come a un alimento dell’infanzia, ma dobbiamo pensarlo come un potenziale alimento durante tutta la nostra vita, perché dobbiamo cercare di conservare la nostra massa ossea perché dopo i 20-25 anni di età tende inesorabilmente a perdersi, ed è per questo che le industrie farmaceutiche sviluppano i farmaci che vanno a preservare il nostro osso, ma anche la dieta può preservarlo. Dai dati che sono stati prodotti – sfortunatamente quasi esclusivamente negli Stati Uniti d’America dove in realtà lo scenario ambientale dietetico e anche lo stile di vita è così diverso dal nostro – noi sappiamo che dobbiamo introdurre certe quantità di calcio tutti i giorni, in funzione della nostra età o di certe condizioni fisiologiche, come per esempio la gravidanza e l’allattamento. C’è un altro elemento molto importante che abbiamo citato prima: la vitamina D. La vitamina D è quella che ci fa assorbire a livello intestinale il calcio e il fosfato. Senza vitamina D noi non riusciamo ad assorbire il calcio e la vitamina D viene sintetizzata attraverso l’esposizione ai raggi ultravioletti e soprattutto il tipo B ce lo fa sintetizzare a livello cutaneo. Di fatto è molto difficile l’introduzione di vitamina D con la dieta e in quantità sufficienti definite in 10 microgrammi al giorno. Questa è la quantità contenuta in un cucchiaino di olio di fegato di merluzzo che però oggi non usiamo più nelle nostre abitudini di intervento terapeutico.
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Uno studio recente fatto a livello internazionale ha evidenziato che abbiamo dei livelli inadeguati di vitamina D nella popolazione adulta e che, anche se fossero introdotte quantità sufficienti di calcio, non saremmo poi in grado di assorbire efficientemente quel calcio. Questo accade anche nei paesi più assolati, quelli a livello equatoriale, quindi non è nemmeno la latitudine che influenza questo, ma sono altri fattori che oggi siamo in grado di spiegare. Il dato di fatto è che abbiamo poca vitamina D in circolo e questo vale anche in paesi dove è obbligatoria la fortificazione con la vitamina D, ad esempio gli Stati Uniti d’America, paesi nord europei, oppure il Giappone dove il consumo di pesce – soprattutto il pesce grasso che contiene grandi quantità di vitamina D – è abituale e soprattutto utilizzato giornalmente. Quindi è evidente che noi non riusciamo dal punto di vista alimentare a introdurre sufficienti quantità di vitamina D con la dieta. Uno dei problemi è quello dell’assorbimento: se non abbiamo una quantità sufficiente di vitamina D non riusciamo ad assorbire sufficientemente il calcio che introduciamo con la dieta. Qui il ruolo del latte è importantissimo, perché contiene tutti i fattori che in condizione di rapporti ottimali riescono anche a farci assorbire meglio il calcio e il lattosio, di fatto, aumenta l’assorbimento di calcio a livello intestinale e poi c’è l’azione biologica del calcio. L’azione biologica del calcio è un’azione molto complessa e noi oggi capiamo bene come funziona: regola di per sé indirettamente la produzione della vitamina D attiva a livello sistemico, quindi il calcio è uno ione fondamentale che ha tanti effetti. Quali sono gli effetti biologici? Se non introduciamo sufficienti quantità di calcio con la dieta, facendo funzionare di più le cellule che distruggono l’osso rispetto alle cellule
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che formano l’osso, tendiamo a distruggere il nostro scheletro. Se non mineralizziamo efficientemente il nostro scheletro non riusciremo a produrre la quantità del minerale calcio sufficiente per dargli forza. Anche a livello sistemico assorbiamo il calcio in modi molto diversi anche geneticamente. I risultati di studi condotti nella popolazione toscana hanno evidenziato che a quantità di osso diverse corrisponde una capacità diversa dei singoli individui di assorbire il calcio. Indipendentemente dal fatto che noi siamo malati o meno, è diverso per ciascuno di noi il gene che fa produrre la proteina recettore della vitamina D, questo significa che noi perfettamente sani assorbiamo diversamente, così come rispondiamo diversamente ai farmaci. Diciamo sempre che l’osteoporosi è un problema importante per le donne, ma è un problema importantissimo anche per gli uomini. Questo è un dato che oggi da un punto di vista epidemiologico è molto chiaro ed è un problema a cui dobbiamo pensare molto precocemente perché in futuro non avremo le risorse economiche per affrontare una spesa sanitaria per la cura delle fratture, quindi dobbiamo prevenirle. Un altro dato molto importante è quello di come regolare non soltanto l’assorbimento del calcio, non soltanto l’effetto biologico che è diverso da individuo a individuo, ma anche l’escrezione del calcio. Il calcio viene eliminato con le urine in una quantità che non deve superare i 300mg giornalieri. Se questa quantità viene superata noi abbiamo una ipercalciùria e ci sono soggetti che geneticamente hanno una ipercalciùria, cioè senza saperlo eliminano una quantità di calcio superiore a 300mg tutti i giorni perciò saranno di fatto destinati a sviluppare una osteoporosi nell’età adulta. Come eliminiamo più calcio dal punto di vista dietetico oltre che genetico? Se noi introduciamo degli alimenti che
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acidificano molto il nostro plasma ad esempio, tendiamo a dissociare il calcio da sostanze a cui altrimenti esso è legato, eliminandolo così più facilmente con le urine. Alimenti acidificanti Alcool Maiale Manzo, vitello, ecc. Birra Burro Cacao, cioccolato Oli idrogenati Caseina (formaggi, ecc.) Confetture con zucchero bianco Cozze, vongole, aragosta Crusca d'avena Dolcificanti artificiali, zucchero Mais e polenta Nocciole, noci Fritti
Alimenti neutri LATTE INTERO Olio di oliva biologico spremuto a freddo Carote, cavolfiore Fagioli, fave Patate Cipolle Uva Pesche
Alimenti alcalinizzanti YOGHURT Acqua pura non gasata Pomodoro, peperoni Anguria Broccoli Cannella Castagna Cavolo verza e rapa
Banane
Fagiolino
Albicocche Datteri, fichi
Aglio Indivia
Arance, ananas
Lamponi
Fragole, ciliegie Mele, pere Grano, pane e pasta integrali
Lenticchie Melone, papaia, mango Limone, limetta
Un’associazione di cibi in cui sono presenti sostanze che sono antinutrienti, come potrebbero essere troppe carni rosse, oppure usare sostanze che tendono a legare molto il calcio come le verdure che contengono gli ossalati, non ci permettono di assorbirlo a livello intestinale. Quindi è importante non solo quanto calcio, ma anche come immettiamo i cibi dal punto di vista qualitativo nella nostra dieta. Abbiamo fatto piccoli studi a livello della città di Firenze perché stiamo cercando di incoraggiare le organizzazioni e le agenzie che si devono occupare di informazione ad investire di più in questo settore. Posso assicurare che non solo i bambini europei, ma anche i bambini italiani non bevono sufficiente latte e nemmeno gli adulti ne bevono a sufficienza, quindi questo è un argomento
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di cui dobbiamo cominciare a parlare di più, per migliorare le ricadute a livello di salute. Nella popolazione di donne osteoporotiche – in questo caso donne fiorentine – osserviamo che siamo al di sotto della dose raccomandata come introito di calcio, e anche per l’introito di vitamina D è la stessa cosa, ma questo non ci sorprende perché a livello di dieta non riusciamo a introdurre una sufficiente quantità di vitamina D. Su questo tema organismi internazionali fuori dal nostro paese si sono mossi molto attivamente in passato e naturalmente su questo tendono a muoversi organizzazioni e anche industrie che sono fuori dal nostro paese e che trovano un facile commercio per esempio arricchendo il latte con delle sostanze. L’introito proteico nella popolazione toscana esaminata è molto alto, quindi noi introduciamo molti antinutrienti o tendiamo a non introdurre sufficienti nutrienti per la salute dell’osso. I bambini sono un punto di forza fondamentale e l’International Osteoporosis Foundation che è l’organismo più importante a livello internazionale che si occupa proprio di osteoporosi, ha pubblicato alcuni anni fa una bellissima brochure che ha avuto grande successo, che noi abbiamo tradotto per l’Italia, in cui si parlava proprio della salute dell’osso per i bambini. Cosa succede nei bambini? In un altro piccolo studio, condotto in una scuola internazionale di Firenze frequentata in prevalenza da bambini fiorentini, abbiamo fatto una valutazione delle introduzioni nella dieta di questi ragazzi – che vanno dall’asilo fino alla scuola superiore – esaminando le loro abitudini di vita. L’indagine relativa al consumo di bibite durante il giornoevidenzia una grande variabilità: c’è chi le introduce durante i pasti, c’è chi non le introduce mai e così via. A livello di alimenti introdotti il latte viene consumato da meno del 50% di questa popolazione e i bambini presi in
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esame però introducono molte bibite gassate che sono molto acidificanti e questo ci riporta al rischio di ipercalciùria. Questo era un tema che gli USA avevano già affrontato alcuni anni fa, quando l’Agricultural Institution aveva valutato l’introduzione di latte, bibite gassate, acque minerali e succhi di frutta nella popolazione adolescenziale americana e aveva visto che, mentre si assiste ad un aumento delle bibite gassate incredibile in quella popolazione - e probabilmente anche nella nostra se riuscissimo a condurre delle analisi a tappeto sulla popolazione toscana - si assisteva ad una diminuzione sul consumo di latte nella popolazione giovanile statunitense. Oggi possiamo sicuramente dire che i latticini in genere e ovviamente il latte come capostipite di tutti i latticini, sono importantissimi e di fatto la letteratura scientifica conferma che sono positivi per tanti momenti fisiologici della nostra vita e quindi per le ricadute patologiche che la fisiologia ha quando non è una fisiologia corretta, ma per la salute dell’osso questo è certo. Spesso i cardiologi tendono a sconsigliare l’uso di latte e latticini per paura dell’aumento di colesterolo, senza tenere conto per esempio che il calcio e la vitamina D sono fondamentali, in quantità sufficienti, per mantenere una buona pressione arteriosa. Quindi c’è un’ignoranza che non è soltanto nella popolazione: è addirittura nella classe medica. Vedete quanto c’è da fare, è un argomento su cui bisogna assolutamente attivarsi. Bisogna soprattutto informare correttamente e in maniera scientifica la popolazione e formare meglio la classe medica in questo settore. A livello internazionale i movimenti ci sono, recentemente addirittura la Polonia si è mossa a livello di informazione nella popolazione giovanile! Sicuramente con la Regione Toscana e senz’altro con organismi come potrebbe essere anche l’industria Mukki Latte, vorremo stabilire un rapporto per cercare in qualche 53
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modo, di informare meglio la nostra popolazione perché le mamme vorrebbero sapere di quanto latte o di quanto calcio ha bisogno il loro bambino e oggi non lo sanno perché nessuno le informa su questo argomento. Ringrazio moltissimo Mukki Latte e il Dottor Cervelin per averci permesso di parlare in questo consesso e vorrei che il mio intervento servisse a evidenziare che è importante affrontare il capitolo relativo al latte e al suo ruolo nell’alimentazione che nella nostra Regione - e nemmeno nel Paese Italia - non è stato ancora affrontato. Questo tema così fondamentale per la salute non andrebbe lasciato in mano esclusivamente ai privati per evitare che possa essere pilotato in maniera non efficiente e informata; per questo dobbiamo affrontarlo a livello di organizzazioni pubbliche.
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LA SICUREZZA MICROBIOLOGICA DEL LATTE FRESCO Lorenzo Morelli
Io sono un microbiologo e parlerò del rapporto fra latte, microrganismi e sanitizzazione del latte. Parliamo di latte fresco alta qualità e della sicurezza microbiologica. Sicurezza, valori nutrizionali e microrganismi sono tre punti di un triangolo strettamente legati l’uno all’altro. Oggi ci sono dei movimenti che contestano il fatto che l’uomo sia l’unico mammifero che continua a consumare latte anche in età adulta e io dico “per fortuna” perché il latte ha una serie di valenze positive che dobbiamo preservare. Il concetto che vorrei trasmettervi è questo: il latte nasce contaminato da microrganismi e non è possibile fare altrimenti ma vedremo che è stato fatto tantissimo da questo punto di vista. Le politiche di pagamento del latte-qualità hanno fatto veramente molto e in certi settori chi trasforma il latte in formaggio dice che è stato fatto anche troppo, perché c’è un problema di latte con pochi microbi e quindi poi deve essere addizionato di microrganismi altrimenti non sa più di nulla. Per il latte da consumare liquido è stato fatto molto, però sappiamo che la contaminazione microbica è stata uno dei problemi che hanno accompagnato la possibilità di utilizzare il latte nel corso dei secoli. La fosfatasi alcalina negativa, come si può osservare nella tabella che segue, ci consente di monitorare la presenza di certi enzimi e di certi composti nutrizionali del latte per andare a vedere quale danno ha subito questo alimento con il trattamento termico.
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Tipo di latte
Trattamento termico minimo
Pastorizzato Pastorizzato ad alta temperatura
71,7°C/15 sec
UHT 135°C/1 sec Sterilizzato Termizzato
57-68°C/15 sec
Saggi di controllo e caratteristiche Fosfatasi (reazione negativa) Per ossidasi (reazione negativa) Nessuna alterazione dopo 15 giorni a 30° C Nessuna alterazione dopo 15 giorni a 30° C Fosfatasi positiva
Infatti ci sono due esigenze che confliggono: da una parte bisogna dare la sicurezza microbiologica, eliminare i patogeni e dall’altra però bisogna conservare le proprietà nutrizionali. E’ qui che entra in gioco il territorio, entra in gioco il rapporto tra chi trasforma e chi produce. Perché? Perché quando andiamo a vedere le varie definizioni dei latti freschi pastorizzati, dei latti d’alta qualità caratterizzati, come prima è stato ricordato da un solo trattamento di pastorizzazione nelle 48 ore - che cosa si va a sottolineare? Si sottolinea il fatto che quel latte che si trasforma, che abbiamo su questo tavolo, deve venire da zone vicine, geograficamente e tecnicamente vicine. Perché tecnicamente vicine? La vicinanza consente di instaurare fra trasformatore e produttore un dialogo continuo. Questo dialogo ha consentito di avere tutti questi tipi di controlli, di sapere che la A.S.L. controlla le stalle, di sapere che c’è un monitoraggio continuo, di sapere che il latte arriva crudo e non pre-pastorizzato - come quello che varca le nostre frontiere - e avere un solo trattamento di pastorizzazione. E’ chiaro che il latte alta qualità ha anche delle valenze nutrizionali maggiori, ben definite per legge, ben controllate per legge, ma che cosa intendiamo per qualità? Dal mio punto di vista la qualità è legata sicuramente alla sicurezza perché la prima cosa da dare al consumatore è proprio la sicurezza che l’alimento che consuma è un 57
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alimento sicuro, ma deve avere anche valenze nutrizionali e valenze organolettiche. Deve essere estremamente piacevole poter prendere un bicchiere, riempirlo di latte fresco (non fare come faceva mia mamma, bollirlo, perché farei un danno) e poterlo bere così com’è dalla bottiglia, ma questo è uno dei concetti che incontra ancora resistenza. Il latte al massimo andrebbe intiepidito, perché altrimenti il riscaldamento domestico vanifica gli sforzi dell’allevatore e del trasformatore, per fare il minor trattamento termico possibile per ottenere un latte qualitativamente sicuro. Come vedete la qualità di un alimento dipende da molte variabili e dipende soprattutto dalla possibilità di radicarsi all’interno di uno specifico territorio e questo è fondamentale. Rispetto al 1960 oggi il latte appena munto ha talmente pochi batteri che ci possiamo permettere di fare dei trattamenti termici estremamente contenuti offrendo così al consumatore un latte migliore dal punto di vista nutrizionale, della qualità e della sicurezza. Questo è stato il risultato dello sforzo integrato fra chi produce latte e chi lo trasforma. La pastorizzazione prima era un sistema piuttosto energico, perché trattamenti di minuti sul latte, anche se a temperature basse, erano trattamenti che ci davano un bel latte marroncino e con un contenuto nutrizionale, dal punto di vista proteico, ridotto, infatti gli epsilon amino gruppi della lisina andavano persi. Ora è possibile fare dei trattamenti termici minimi e controllare sugli enzimi presenti nel latte, che sono estremamente termo-sensibili, che danno abbiamo fatto: il danno sull’enzima è la bandierina di allarme che indica che è stato fatto un danno nutrizionale. Oggi noi riusciamo ad avere dei latti dove gli enzimi sono sostanzialmente intatti, il che vuol dire che la qualità nutrizionale complessiva che noi garantiamo al consumatore è la massima possibile, come se fosse utilizzato appena dopo la mungitura ma senza nessun rischio residuo. Ricordiamo che oggi ci sono alcune aziende che vendono direttamente il latte appena munto ma ricordiamo che ci sono 58
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anche dei patogeni emergenti come il Campylobacter e altri, perciò bisogna stare sempre molto attenti dal punto di vista microbiologico. Per dare un’idea di che cosa vuol dire garantire la sicurezza vi segnalo che i dati di Federalimentare del 2001 hanno evidenziato che in Italia facciamo un miliardo di autocontrolli l’anno. Questo significa veramente un grosso impegno per l’industria alimentare dal punto di vista del controllo di HACCPi. Negli anni settanta gli alimenti venivano controllati alla fine, oggi si ritiene che questo non sia sufficiente e gli alimenti vengono controllati passo per passo, man mano che vengono prodotti e questo è tutto un altro modi di lavorare, è un sistema di controllo veramente di elevatissima sicurezza. C’è stato un microbiologo che ha detto che è inutile che noi microbiologi ci affanniamo perché tanto alla fine vinceranno i microbi, saranno sempre loro ad avere l’ultima parola. Però nella lotta tra gli umani e i microbi, dove il vincitore prende tutto - pensate alle malattie infettive - io ritengo che si debba almeno dire che fino ad oggi gli umani hanno messo a punto almeno una parità teorica.
Se osservate la tabella vediamo che il latte è stato per anni - e non lo sapevamo - il veicolatore di una delle malattie più 59
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diffuse in Europa e nel mondo occidentale: la tubercolosi. Il fatto di poter pastorizzare, trattare a caldo il latte, ha eliminato sostanzialmente una fonte di diffusione di una malattia che era veramente epidemica ed endemica, ma oggi abbiamo un latte talmente di alta qualità dal punto di vista microbiologico che è veramente pressante il raccomandare di non bollirlo prima del consumo. A riprova dell’attuale livello di sicurezza microbiologica del latte, basti sapere che nel 2002, su 3305 campioni di latte pastorizzato analizzati solamente dagli Istituti Zooprofilattici Sperimentali - in realtà i campioni analizzati in Italia sono stati molti di più - sono stati trovati 4 campioni non regolari dal punto di vista microbiologico: una quantità veramente risibile. Perciò dobbiamo riconoscere che l’industria italiana in questi anni ha fatto una lunghissima strada e ritengo che abbia raggiunto vera eccellenza nel garantire la sicurezza per gli alimenti.
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Relatori
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Jeremy Rifkin
Jeremy Rifkin è fondatore e Presidente della Foundation on Economic Trends, di Washington, D.C. (USA), istituto che esamina gli impatti economici, ambientali, sociali e culturali delle nuove tecnologie introdotte dall’economia globale. È autore di 17 libri sull’impatto dei mutamenti scientifici e tecnologici sull’economia, la forza lavoro, la società e l’ambiente. I suoi libri sono stati tradotti in più di venti lingue e sono utilizzati come testi di studio in centinaia di università in tutto il mondo. Nel suo ultimo libro, “Il sogno europeo. Come l'Europa ha creato una nuova visione del futuro che sta lentamente eclissando il sogno americano”, Rifkin sostiene che mentre il grande Sogno Americano sta svanendo, un potente nuovo Sogno Europeo sta iniziando a catturare l’attenzione e l’immaginazione del mondo intero. Il nascente Sogno Europeo, sotto molti aspetti è per Rifkin diametralmente opposto a quello Americano, ma di gran lunga più adatto a soddisfare le sfide di una società sempre più globalizzata nel XXI secolo. Le sue considerazioni si basano su oltre venti anni di esperienza personale in Europa, dove ha lavorato in qualità di consulente di capi di stato, partiti politici e grandi aziende europee, e dove ha contribuito a stimolare campagne civiche, ambientalistiche e di giustizia sociale. Jeremy Rifkin ha conseguito una laurea in Economia presso la Wharton School della University of Pennsylvania, e and una laurea in Relazioni Internazionali presso la Fletcher School of Law and Diplomacy della Tufts University. Tiene di frequente relazioni in forum governativi, aziendali, sindacali e civici. Negli ultimi 30 anni, ha tenuto conferenze in più di 500 università in circa 20 paesi. Dal 1994 è Fellow presso l’Executive Education Program della Wharton School, 64
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dove tiene seminari per le alte direzioni e senior manager di imprese di tutto il mondo sui nuovi trend nella scienza e nella tecnologia e il loro impatto sull’economia globale, la società e l’ambiente. La sua rubrica mensile su tematiche globali appare in molti dei più importanti quotidiani e periodici di tutto il mondo. Tra questi: The Guardian (Regno Unito), Die Suddeutsche Zeitung (Germania), L’Espresso (Italia), El Pais (Spagna), Information (Danimarca), Knack (Belgio), Clarin (Argentina), e Al-Ittihad (Emirati Arabi Uniti). Rifkin è stato influente nella formazione di politiche pubbliche sia negli Stati Uniti sia nel mondo. È intervenuto di fronte a numerosi comitati del Congresso, ha avuto sempre successo nelle azioni per assicurare politiche governative responsabili su una varietà di temi legati all’ambiente, alla scienza e alla tecnologia. È stato spesso invitato a numerosi programmi televisivi, tra cui CNN’s Crossfire, Face the Nation, The Lehrer News Hour, 20/20, Larry King Live, Today, e Good Morning America. Secondo il National Journal, Jeremy Rifkin è una delle 150 persone negli Stati Uniti che hanno maggior influenza nelle definizione delle politiche governative federali.
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Franco Sotte
Franco Sotte è Professore Ordinario di Economia e Politica Agraria presso la Facoltà di Economia “G. Fuà” dell’Università Politecnica delle Marche di Ancona, dove tiene i corsi di Economia e Politica Agraria e di Economia del Territorio. Ricopre attualmente i seguenti incarichi: Liaison Officer per l’Italia della European Association of Agricultural Economists (EAAE); Vice-presidente del Groupe de Bruges – Pour une Europe de l’agriculture et des territoires; Presidente dell’Associazione “Alessandro Bartola” – Studi e ricerche di economia e di politica agraria. La sua attività di ricerca verte principalmente sui seguenti temi: - sviluppo integrato dei sistemi locali, con particolare riferimento alle aree rurali e ai territori ad alta valenza ambientale; - programmazione regionale e locale; - progettazione, valutazione e monitoraggio delle politiche sul territorio; - politica agricola e di sviluppo rurale in Europa e in Italia; - analisi della spesa pubblica per l’agricoltura in Italia e in Europa. In passato ha svolto attività di consulente per la Direzione Generale Agricoltura della Commissione Europea per la riforma della Politica Agricola Comune e membro, in questo ambito, del Gruppo Buckwell “Integrated Rural Development”. È stato Presidente del comitato scientifico e relatore di apertura dei seguenti seminari europei: 87th EAAE-Seminar sul tema “Assessing rural development policies of the CAP”, 66
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Vienna, 2004; 73rd EAAE- Seminar, sul tema: “Policy Experiences with Rural Development in a Diversified Europe”, Ancona, 2001; 40th EAAE-Seminar, sul tema: “The Regional Dimension in Agricultural Economics and Policies”, Ancona, 1994. E’ stato anche membro del Comitato per il programma del X° Congresso EAAE, Zaragoza, 2002. Invited o key-note speaker in diverse conferenze internazionali (in Francia, Austria, Finlandia, Slovacchia, Bulgaria, Romania, ecc.), è stato coordinatore della ricerca europea REAPBALK (Rural Employment and Agricultural Perspective in the Balkan Applicant Countries”, 2001-2004) e responsabile di unità di ricerca nell’ambito di altre ricerche europee: RUREMPLO (Agriculture and the Employment in the Rural Regions of the EU, 1997-2000), IDEMA (The impact of decoupling and modulation in the enlarged union: a sectoral and farm level assessment, 2004-2006). Ha coordinato la ricerca di interesse nazionale MURST 19982000: "L'occupazione nelle aree rurali. E’ stato coordinatore di ricerca e ha lavorato come esperto per diverse istituzioni internazionali (tra queste la Banca Mondiale e l’INRA) e nazionali (INEA, ISMEA, ISTAT, Ministero delle Politiche Agricole e Forestali).
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Rosalba Mattei
Rosalba Mattei dal 1989 è Professore Associato Confermato in Scienza dell’Alimentazione e Dietetica, Dipartimento di Chirurgia e Bioingegneria U.O. Dietetica Medica, Policlinico Le Scotte, Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Siena. Dal 1998 è Medico Dirigente di II Livello della Unità Operativa Complessa Dietetica Medica. Nata a Roma nel 1942, dopo la Maturità Classica si è laureata in Scienze Biologiche presso la Facoltà di Scienze dell’Università degli Studi di Roma (1977) e in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Siena (1993). Ha una pluriennale esperienza accademica nella Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Siena. Svolge lezioni ed esercitazioni, organizza frequenza e attività assistenziale dei medici specializzandi della Scuola di Specializzazione in Scienza dell’Alimentazione della Facoltà presso il Policlinico. Dal 1992 presta servizio presso l’Istituto Policattedra di Scienze Chirurgiche. Presso il Policlinico Le Scotte svolge attività di Dietetica e Nutrizione Clinica per la formulazione di schemi dietetici per numerose patologie. Dal 1997 è Presidente Regionale dell’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica (ADI). Come Sezione Toscana ADI, ha organizzato tra gli altri il Congresso Interregionale: “Il latte, la carne e l’olio: recenti acquisizioni nutrizionali e tecnologiche” (1998) e il XV Congresso Nazionale ADI. È membro del Consiglio Scientifico del Centro di Ricerche per la diagnosi, la terapia e la prevenzione del Neurohandicap dal 1997; Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Dietetica Medica dell’Azienda Ospedaliera Senese, dal 1998; Vicedirettore del Centro Interdisciplinare per la cura della
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Grande Obesità (CIGO), dal 1999. Presidente del Comitato Etico della Italian Society of Extreme Environment Medicine(ISEEM), dal 2003. Nel 2001 ha ottenuto la qualifica di Internal Auditor - Quality Management System. Nel 1999 è stata eletta Presidente del Diploma Universitario Dietista dell’Università. Attività scientifica: malattie neurometaboliche e diosendocrinopatie in età pediatrica, patologie tumorali e neurodegenerative, forme di malnutrizione per eccesso o difetto del soggetto adulto e, di recente, valutazione di stato nutrizionale e composizione corporea in alcuni stati fisiologici come gravidanza, allattamento e sport, in diverse patologie e in relazione ad esposizione a fattori ambientali particolari, come negli “ambienti estremi”. In relazione a quest’ultima area, ha ricevuto finanziamenti dal Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA), partecipando al programma per la Spedizione Italiana Campagna Antartica 2003-04, svolgendo attività di ricerca in Antartide. Dal 2002 coordina l’Area Tematica “Fabbisogno energetico e alimentazione in ambienti estremi” dell’ISEEM. È Autrice di oltre 200 pubblicazioni scientifiche e Curatrice di testi; tra i più recenti: La dieta nelle malattie neurometaboliche e neurodegenerative (2003).
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Maria Luisa Brandi
Maria Luisa Brandi è Professore Straordinario di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo presso l’Università di Firenze, Responsabile del “Centro Regionale di Riferimento su Tumori Endocrini Ereditari”, del Centro CERA e Spin-off DeGene. È Autrice di oltre 300 pubblicazioni in esteso, di cui 210 su riviste internazionali con “peer review”, tra cui New England Journal of Medicine, Proceedings of the National Academy of Science, Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism, Journal of Bone and Mineral Research, Human Molecular Genetics, American Journal of Human Genetics, Journal of Cell Biology. Il suo IF (Impact Factor) globale è superiore a 700. Ha svolto oltre 400 letture e seminari su invito a Congressi Internazionali e Nazionali. È stata Autrice di 100 libri, in tema di Endocrinologia Cellulare e Molecolare. Ha ricevuto numerosi premi quali: Premio Roussel Italia, The European Osteoporosis Foundation Award, Premio Schering of the Italian Endocrine Society, The Sandoz Foundation for Gerontologic Research Award, Helena Rubinstein Award: “Women in Science”. È membro del Comitato Editoriale di numerose riviste, tra cui Endocrinology, Calcified Tissue International, e del Comitato Direttivo e Scientifico di numerose Organizzazioni e Società Scientifiche, tra cui la International Osteoporosis Foundation, la Società Italiana dell’Osteoporosi, l’International Committee on Multiple Endocrine Neoplasia Syndromes. Ha ricevuto numerose citazioni quali: J.A.M.A, Women in Science NIH, Who’s Who in the World, Who’s Who in Science and Engineering, Who’s Who in Medicine and 70
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Health Care, On-Going Research in Cancer Epidemiology, International Agency for Research on Cancer, Who’s Who The Europe 500. È rappresentante dell’Università di Firenze all’interno del Consorzio PROGEN e Delegato del Rettore per i rapporti con gli Stati Uniti d’America. Ha prodotto autonomamente 6 linee cellulari continue e clonali da mammiferi (WRT, PTR, BPE, HPE, BBE; FLG 29.1), quando una sola potrebbe rappresentare per sé un traguardo di grande prestigio per un ricercatore. È signataria di 7 brevetti Internazionali di cui 3 per lo sviluppo di nuovi modelli cellulari di colture continue.
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Lorenzo Morelli
Lorenzo Morelli è Professore ordinario in Biotecnologie delle Fermentazioni presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza. Nato a Genova nel 1954, dopo la Laurea in Scienze Agrarie ha svolto attività di ricerca sulla genetica dei batteri lattici, presso l’Istituto di Microbiologia della Facoltà di Agraria dell’Università Cattolica di Piacenza. Inquadrato nel ruolo dei ricercatori universitari nel 1984, è stato poi nominato ricercatore confermato, quindi professore associato. Nel 1982 ha lavorato al National Institute for Research in Dairying, di Reading (Inghilterra) nel gruppo di genetica degli streptococchi lattici diretto da M. Gasson. Lo sviluppo delle ricerche di biologia molecolare applicata ai lattobacilli ha richiesto anche la messa a punto di un sistema di trasferimento genetico mediante trasformazione adattato ai lattobacilli. Questo risultato è stato ottenuto mettendo a punto le opportune tecniche per la formazione, la rigenerazione e la trasformazione dei protoplasti di Lactobacillus e studiando anche i fenomeni di “curing” o perdita di plasmidi, originati da queste tecniche. Gli studi effettuati hanno consentito di ottenere per la prima volta al mondo la manipolazione genetica di un ceppo di lattobacillo. Coordinatore scientifico centrale del progetto europeo FLAIR “Human probiotics” e project manager del progetto europeo BRIDGE “Biotecnology of lactic acid bacteria” dal 1991 al 1994, nei due anni successivi ha coordinato le attività dell’Istituto di Microbiologia nell’ambito del progetto europeo BIOTECH G “Improvement of lactic acid bacteria for traditional and novel applications in biotechnology”. Dal 1996 al 2000 ha coordinato la partecipazione italiana al progetto dell’Unione Europea settore PROBDEMO per la 72
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dimostrazione dell’applicabilità industriale delle ricerche di biologia molecolare nel settore dell’uso farmaceutico e alimentare di prodotti probiotici a base di lattobacilli. È attualmente impegnato, con il suo gruppo di ricerca, in due progetti europei del V Programma Quadro: DEPROEUHEALTH, con il task dello sviluppo di lattobacilli geneticamente modificati da utilizzare come vaccini ricombinanti, e INFABIO con il task dello studio, mediante analisi del DNA batterico, della flora intestinale di neonati nutriti con diete diverse. Inoltre, è coordinatore centrale di un progetto europeo, denominato ACE-ART, del VI Programma Quadro. Il progetto raggruppa 14 laboratori europei allo scopo di studiare il fenomeno della diffusione dei geni per l’antibiotico resistenza in batteri non patogeni utilizzati o presenti nella filiera alimentare. Dal 1991 è consulente del gruppo “Safety of probiotics” dell’organizzazione europea di coordinamento fra i produttori di batteri lattici “Lactic Acid Bacteria Industrial Platform”. Nel 2001 è stato chiamato a far parte del gruppo di esperti FAO/WHO incaricato di redigere le linee guida da inserire nel Codex Alimentarius per l’utilizzazione di batteri probiotici negli alimenti. I due documenti fino ad oggi redatti sono disponibili nei siti web delle due organizzazioni ONU. Dal Marzo 2003 è membro della Commissione Consultiva per gli Alimenti diretti a fini speciali del Ministero della Salute. Autore di oltre 70 pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali ad elevato impact factor, è coinventore di tre brevetti USA nel settore dei batteri per uso probiotico.
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Estratti del Workshop
«La nuova cultura del fare latte: Investire in qualità, sicurezza e ambiente per uno sviluppo sostenibile» Centrale del Latte di Firenze, Pistoia e Livorno S.p.A.
Finito di stampare nel mese di febbraio 2006 presso Area Stampa Srl Stabilimento di Correggio
Stampato in Italia – Printed in Italy
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