l'Automobile Week 11

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Week INNOVAZIONE I MOTORI I LIFESTYLE

Settimanale digitale • Anno 1 • Numero 11 • 29/09/2017

Supplemento settimanale a l’Automobile.

Uber alles?

PAOLO BORGOGNONE ■ Uber, dai giornali, ai tribunali, alle assemblee cittadine, ne discutono tutti. Non c’è giorno senza una denuncia, uno scandalo. Basta che se ne parli, dice il cinico. Ma di questa azienda californiana che ha rivoluzionato la mobilità con un esercito di guidatori non professionali e lanciato la sfida ai tassisti, si deve tener conto per forza. Perché lavora tanto e fa notizia. Perché i guai sembra rincorrerli per poi sguazzarci dentro: scandali sessuali, pubblicità

criticabili, accuse varie e un bel cartellino rosso preso non in un posto qualunque, ma a Londra dove il comune ha detto stop. Siete fuori. 40.000 autisti fermi. 650.000 cittadini insorgono. Il Financial Times si schiera (a favore), dopo una sorprendente e irrituale lettera di scuse: “Chiedo perdono per gli errori commessi”. Non facile da dire se sei il manager più pagato d’America, fai il ceo da poco più di un mese e firmi la missiva pubblica su un quotidiano col tuo nome e cognome, Dana Khosrowshahi. Uber corre e noi dietro. 27 Marzo 2017 ·

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BUSINESS

Londra rinuncia a Uber. COLIN FRISELL

■ Notizia clamorosa da Londra. Il Transport for London, l’organo presieduto dal sindaco Sadiq Khan che si occupa della regolamentazione dei trasporti nella capitale inglese, non ha rinnovato la licenza a Uber, la società di ride hailing, il servizio taxi basato su auto private. Scarso senso di responsabilità Il Transport for London ha motivato la sua decisione sostenendo che Uber non sarebbe “pronta e adatta” a gestire la licenza come operatore di servizio pubblico. Secondo l’autorità inglese, l’azienda californiana ha dimostrato uno scarso senso di responsabilità che potrebbe avere implicazioni per la sicurezza e la salute pubblica. La società ame-

ricana ha comunque 21 giorni per opporsi alla decisione nel corso dei quali potrà continuare a operare. “Sostengo pienamente la decisione – ha detto in una dichiarazione il sindaco – perché sarebbe sbagliato concedere la licenza a Uber se esiste il dubbio che questa scelta possa avere delle ricadute sulla sicurezza e la salute dei londinesi e dei turisti”. Uber – in una nota – ha invece commentato, “i 3 milioni e mezzo di londinesi che usano la nostra app e i 40.000 conducenti che contano su questo lavoro per vivere sono senza parole. Per difendere la possibilità di scelta da parte dei consumatori e i diritti di chi guida le nostra auto ci appelleremo contro questa decisione”. 29 Settembre 2017 ·

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BUSINESS

Lyft, il taxi coi baffi. PATRIZIA LICATA

■ La culla americana dell’alta tecnologia, quella Silicon Valley che si stende a sud della baia di San Francisco, non poteva non dare i natali anche alle aziende che hanno rivoluzionato il modo di concepire il servizio taxi. La più nota è Uber, perché presente in quasi tutti i paesi del mondo, ma per i californiani, Lyft è un nome altrettanto familiare. La start up, fondata nel 2012 da Logan Green e John Zimmer, due giovani imprenditori che si sono conosciuti su Facebook, si è resa molto riconoscibile anche grazie al logo rosa e alle automobili con i baffi di finta pelliccia attaccati al paraurti. Solo dal cellulare Come Uber, Lyft è un operatore del ride hailing: un servizio simile a quello fornito dai taxi. Perché dunque dovremmo considerarla un’azienda della tecnologia e non dei trasporti? Perché, esattamente come nel caso della rivale maggiore, Lyft non possiede una sola macchina: gli autisti di Lyft sono privati cittadini che usano la loro automobile (spesso si tratta di un secondo lavoro). Inoltre il servizio “funziona” solo scaricando la app di Lyft sul cellulare: lì inseriamo il nostro 4

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numero di telefono e la forma di pagamento (lcarta di credito oppure un conto PayPal, Apple Pay o Google Wallet – all’autista di Lyft non dobbiamo dare nemmeno un centesimo, anche la mancia va inserita nel pagamento via cellulare); infine inoltriamo la richiesta del passaggio e il sistema ci mostra nome e foto dell’autista più vicino pronto a raggiungerci. Chi ci crede Più oculata di Uber nelle sue spese e meno aggressiva nei progetti di espansione, Lyft ha nel 2016 un fatturato stimato da Bloomberg di 700 milioni di dollari e una perdita di 600 milioni, ma dovrebbe essere in grado di produrre il suo primo utile nel 2018. La start up ha infatti ricevuto dalla fondazione un totale di 2 miliardi di dollari da una lunga lista di finanziatori tra cui figurano General Motors, Alibaba (il colosso cinese dell’e-commerce), Didi (l’analoga cinese di Uber) e Tencent (altro colosso hitech della Cina); più di recente Google ha investito in Lyft 1 miliardo di dollari. I legami con alcune di queste aziende non sono solo finanziari: sia con General Motors che con Google, Lyft ha accordi per sperimentare e impiegare auto


a guida autonoma. Il futuro del servizio di ride hailing è infatti, secondo Logan e Zimmer, nelle auto senza autista. Più taxi-robot, meno traffico L’idea da cui nasce Lyft è che in città condividere i viaggi o usare automobili “in affitto” e non di proprietà sia l’unica soluzione per una mobilità efficiente e sostenibile. “L’automobile diventerà un servizio che usiamo come e quando ci serve, pagando solo per l’effettivo utilizzo”, ha detto Zimmer. Questa trasformazione sarà accelerata dalla diffusione di flotte di veicoli autonomi e Lyft ha già annunciato che tra cinque anni le driverless cars costituiranno la maggior parte delle corse effettuate dalla società. Fantascienza? Probabilmente no, visto che il numero degli alleati di Lyft sulla guida autonoma continua ad allargarsi: da Gm a Google si è estesa a Jaguar - Land Lover e NuTonomy (start up di Boston che sviluppa tecnologia per il driverless) e, notizia di questi giorni, anche a Ford che prevede, entro il 2021, l’impiego di suoi veicoli autonomi nella flotta di “taxi” di Lyft.

Baffi rosa da collezione Lyft oggi è attiva in più di 200 città americane; l’obiettivo è arrivare a 300 entro fine anno. A New York City, però, le proteste della forte lobby dei tassisti hanno costretto la società a limitare il suo servizio ad autisti che possiedono una licenza erogata dalla locale Taxi and Limousine Commission. Anche sui baffi rosa Lyft ha dovuto fare un passo indietro. Quei carstache giganteschi che campeggiavano come un pelouche rosa sul muso delle sue auto non erano il massimo per presentarsi, per esempio, a un colloquio di lavoro o a un meeting coi vertici aziendali. Dal 2015 sono stati quindi introdotti i glowstache, baffi di plastica fosforescente da mettere sul cruscotto mentre da quest’anno è arrivato Lyft Amp, un dispositivo luminoso e interattivo ormai privo dei baffi e non necessariamente rosa, molto simile a quello che hanno i taxi sulle loro auto. I vecchi baffi rosa, ormai in pensione, sono diventati un oggetto da collezione: si trovano in vendita online, e i prezzi possono sfiorare i 100 dollari.

INNOVAZIONE

Ford si allea con Lyft. VALERIO ANTONINI ■ Lyft, il primo concorrente di Uber nei servizi di taxi privati, da una parte si espande come fornitore di servizi di mobilità condivisa profittando anche delle difficoltà del rivale soprattutto sulla piazza statunitense, dall’altra sviluppa sistemi di guida autonoma cercando collaborazioni con i costruttori di automobili. Dopo General Motors e Jaguar Land Rover, anche Ford ha ufficializzato un accordo

con Lyft per lo sviluppo di un software in grado di gestire i veicoli automatizzati. Veicoli Ford in strada La notizia è stata resa nota da Sherif Marakby, nuovo amministratore delegato del reparto driverless di Ford, attraverso un breve post sul suo blog personale. “Abbiamo l’obiettivo – ha scritto il manager – di schierare i nostri veicoli come partner della flotta di Lyft entro il 2021. Loro hanno grande esperienza nel trasporto delle persone all’interno delle città, noi possiamo contare su tutto il lavoro fatto nello sviluppo della mobilità autonoma e sulle capacità di lavorare su vasta scala”. La strategia di Lyft prevede di completare la fase di sperimentazione dei sistemi di guida assistita e applicarla poi sui taxi privati che usano la sua piattaforma, accogliendo i clienti all’interno di veicoli elettrici e autonomi.

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SMART MOBILITY

Mercedes, lancia la sfida a Uber. GLORIA SMITH

Tragitto “su misura” Via ha sviluppato un sistema operativo per la gestione di flotte on-demand (On-Demand Shuttle Operating System) che permette di creare percorsi e fermate modificabili in base alle richieste degli utenti e ai flussi del traffico urbano. Questa tecnologia intelligente e dinamica mette insieme passeggeri con tragitti simili per utilizzare al massimo la capacità dei van e ridurre il numero di veicoli che girano in città, tenendo conto anche di variabili come strade chiuse o incidenti. Il viaggio si prenota tramite la app mobile di Via: i sofisticati algoritmi in pochi istanti trovano il veicolo più vicino all’utente e che percorre il tragitto richiesto. Un sistema di condivisione dei viaggi “efficiente, sostenibile e al prezzo giusto”, ha dichiarato Daimler in una nota. Un sistema simile a quello già adottato da Uber e Lyft negli Stati Uniti nei loro servizi di UberPool o LyftLine. Vans elettrici e autonomi I modelli inizialmente usati saranno Vito Tourer (fino a nove posti) e V-Class (otto posti), ma Mercedes aggiornerà i suoi veicoli affinché siano ottimizzati per il ride sharing, sia con l’aggiunta di software e sensori, sia con l’impiego di veicoli a zero emissioni e, in futuro, anche a guida autonoma.

■ Mercedes Vans entra nel mondo del ride sharing – la condivisione di una stessa auto da parte di più persone che vanno nella stessa zona – con una marcia in più: la formula on-demand. La divisione furgoni del gruppo Daimler ha infatti dato vita a una joint venture con la start up tecnologica Via per portare in Europa gli stessi servizi di ride sharing “su richiesta” attivati dall’azienda americana a New York, Chicago e Washington D.C. Mercedes partirà da Londra per conquistare le altre grandi città europee con furgoni da otto o nove posti che, grazie agli algoritmi di Via, riuniranno i passeggeri che condividono lo stesso percorso.

La città intelligente La joint venture annunciata da Mercedes-Benz Vans e Via, evoluzione di una collaborazione tra le due aziende che risale al 2015, avrà sede ad Amsterdam. L’obiettivo non è solo portare nelle città europee i servizi di ride sharing con la formula on-demand, ma anche di fornire in licenza la tecnologia di Via ad altre aziende che vorranno usarla, comprese quelle del trasporto pubblico, che potranno rendere la loro offerta più allineata con le esigenze di chi si sposta. Avanti sui servizi Per Mercedes la cooperazione con Via è anche un nuovo tassello nella strategia adVANce con cui l’azienda tedesca si sta trasformando da “produttore di veicoli a fornitore di soluzioni complete”. Il percorso è stato tracciato dalla casa madre Daimler, sempre più focalizzata su connettività in auto, guida autonoma, elettrificazione dei veicoli e servizi, tra cui già figurano Car2go, mytaxi e moovel.

BUSINESS

Londra, come sopravvivere senza Uber. COLIN FRISELL 6

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■ Londra si è svegliata lunedì mattina senza Uber. Subito dopo la decisione presa dal Transport for London di non rinnovare la licenza alle auto della società di ride hailing, il servizio di taxi effettuato con auto private, si è iniziato a parlare della possibilità di un ricorso per non privare il pubblico di un’alternativa ai mezzi tradizionali. E i vertici dell’azienda americana – facendo soprattutto leva sul successo presso i consumatori con 3,5 milioni di utilizzatori e sui rischi di perdita di lavoro per oltre 40.000 autisti – hanno intenzione di trattare per “fare quanto necessario per restare sul mercato”. Oltre 600.000 cittadini hanno firmato una petizione in favore della app.


Alternative in strada Intanto però la vita va avanti. E a Londra ci si deve muovere lo stesso, con o senza Uber. Ecco che allora un giornalista del Telegraph ha pensato bene di simulare un tragitto tipico – da Clapham Junction, importante snodo ferroviario nel quartiere di Wandsworth, particolarmente utilizzato dai pendolari del sud di Londra, fino alla stazione di Bank, in piena City – utilizzando gli altri sistemi di trasporto in auto. Niente bus rossi a due piani e metro, quindi, ma solo passaggi da app stile Uber. Comparando i prezzi. Le altre proposte Secondo il calcolatore online di Uber, il passaggio per il tragitto Clapham Junction-Bank dovrebbe costare tra i 15,50 e

i 21,50 euro. In realtà, a fronte di un aumento del prezzo dettato da situazioni come l’orario in cui ci si sposta, il costo può raggiungere i 28 euro. Usando la app di Gett, nata in Israele e che a differenza di Uber non applica una tariffa minima, si possono pagare per la stessa tratta oltre 31 euro e 70 centesimi. Più contenuto il prezzo se ci si rivolge alla app creata da Daimler con Mytaxy, utilizzando dunque auto del servizio pubblico: il tratto preso in esame può arrivare a costare tra i 19 e i 26 euro. Intorno ai 22 euro, invece, l’offerta di Kabbee, una app che cerca l’offerta di mini taxi più conveniente da proporre al cliente. Stesso lavoro proposto da MiniCabit che tra Clapham Junction e Bank arriva a chiedere fino a 30 euro e 50.

INNOVAZIONE

Gogoro, nuovi capitali in arrivo. CARLO CIMINI

■ La nuova mobilità a basse emissioni passa anche dalle due ruote. La start-up taiwanese Gogoro, la Tesla degli scooter elettrici, ha raccolto 250 milioni di euro da un gruppo di investitori internazionali, tra cui spicca la Generation Investment Management di Al Gore, ex vice presidente degli Stati Uniti ai tempi di Bill Clinton e attivista per la difesa dell’ambiente. Scambio di batterie Dal lancio del suo scooter elettrico nel 2015, la società di Taiwan ne ha vendute 34.000 unità. Gogoro realizza anche le batterie per i suoi mezzi che sono nella maggioranza dei casi utilizzati in flotte di servizi di sharing. Veicoli che devono cambiare ogni giorno l’accumulatore: si calcola ne vengano utilizzati 17.000 ogni 24 ore e il ricambio avviene esclusivamente presso le stazioni dedicate. Da Taiwan all’Europa Attualmente ci sono più di 400 punti di rifornimento a Taiwan e ciò permettere ai proprietari degli scooter elettrici firmati Gogoro di guidare da nord, dove si trova la città di Taipei, in cui è installata la più alta concentrazione di stazioni, fino alla punta meridionale dell’isola senza problemi. L’azienda è anche interessata a varcare i confini continentali – 1.600 unità destinate al servizio a pagamento sono già presenti a Berlino e a Parigi – ma il lancio al di fuori del Paese d’origine è finora stato limitato proprio da problemi tecnici. Si pensa, comunque, che i nuovi fondi serviranno soprattutto per investimenti destinati a favorire l’espansione del marchio. 29 Settembre 2017 ·

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L’attenzione degli investitori Oltre alla Gim, gli altri gruppi che hanno partecipato all’operazione finanziaria sono la società d’investimento di Singapore Temasek, il conglomerato giapponese Sumitomo Corporation e la l’azienda elettrica francese Engie. In totale – come ha dichiarato l’amministratore delegato e cofondatore di Gogoro, Horace Luke – il denaro ricevuto ha accresciuto la valutazione economica complessiva dell’azienda, portandola a oltre 650 milioni di euro.

CMA, dispone sia di trazione integrale che su due ruote, ha una lunghezza di 4 metri e 42 centimetri e partirà sul mercato italiano con due motorizzazioni quattro cilindri due litri, un benzina da 247 cavalli e un diesel da 190. Progressivamente arriveranno altre motorizzazioni, tra le quali l’inedito tre cilindri 1.5 benzina, e soprattutto una versione ibrida e una totalmente elettrica. Sistemi di sicurezza attiva ai massimi livelli, patrimonio Volvo e derivati direttamente dai modelli più grandi XC60 e XC90.

Il ceo della Casa taiwanese ha proseguito affermando che “una delle più grandi sfide del nostro tempo è lo sviluppo nelle nostre città di una più intelligente e sostenibile rete infrastrutturale. Gogoro fornisce un nuovo approccio ai centri urbani per abbracciare una filosofia basata sull’utilizzo di energia rinnovabile, attraverso infrastrutture connesse e adottando un sistema di scambio di batterie smart e intuitivo”.

Un’altra forma di proprietà Sul nuovo suv, il marchio lancia una inedita formula di abbonamento, “Care by Volvo”, sperimentata in sette paesi. In Italia, a partire da 699 euro al mese, si potrà disporre di una XC40 per 24 mesi in cui sono compresi tutti i costi, dalla manutenzione all’assicurazione più servizi di ritiro e consegna a casa e altro ancora. In questo periodo, sono comprese anche due settimane nelle quali si potrà richiedere di avere a disposizione una XC40 nel caso di trasferimento temporaneo in un’altra città italiana (non all’estero, ma probabile che ci si arrivi quando la formula sarà matura). Infine, nel “Care by Volvo” sarà possibile, tramite un’app sul cellulare, abilitare alla guida della propria auto altri utenti con una “Digital key”.

AUTO E MOTO

Volvo XC40, quante rivali. FRANCESCO PATERNÒ

Al termine dei due anni di abbonamento, si può chiudere il contratto senza rate finali oppure abbonarsi a un nuovo modello: non è un noleggio ma un’altra forma di proprietà, ai tempi della condivisione dell’auto.

AUTO E MOTO

Il futuro “verde” di Psa. PAOLO ODINZOV

■ La Volvo ha presentato a Milano in anteprima mondiale il terzo suv della gamma, la XC40, il primo compatto dopo le più grandi XC60 e XC90 con cui intende sfidare anche su questo terreno i modelli tedeschi che vanno per la maggiore, dall’Audi Q3 alla Bmw X1 alla Mercedes GLA, tenendo nel mirino anche la Range Rover Evoque. La XC40 arriverà sul mercato italiano nel febbraio del 2018, “ci affacciamo per la prima volta nel segmento dei suv compatti”, ha detto Hakan Samuelsson, numero uno del marchio svedese di proprietà cinese di Geely dal 2010, una promessa di battaglia alla concorrenza. Nuova piattaforma modulare La Volvo XC40 utilizza la nuova piattaforma modulare 8

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■ Dopo il lancio del nuovo brand Free2move Lease, per il noleggio a lungo termine, il gruppo Psa preme l’acceleratore sulla mobilità sostenibile. Spinto, probabilmente, anche delle restrizioni annunciate dai governi inglesi e francesi, di vietare le vendite di veicoli a motore a combustione interna entro il 2040, che hanno già convinto altri costruttori a cambiare marcia: da Volvo a Jaguar, Mercedes, Bmw e Volkswagen – che elettrificheranno le rispettive gamme fra il 2019 e il 2030 – a Renault-NissanMitsubishi intenzionata a introdurre 12 nuovi modelli elettrici entro il 2022. Autonomia fino a 300 chilometri La svolta verde della multinazionale transalpina comincerà nel 2019 con l’arrivo delle versioni a batteria a zero emissioni di Peugeot 208 e DS 3 Crossback, seguite nel 2020 dalla variante elettrica della Peugeot 2008. La 208 con la spina si andrà a porre nel mercato come concorrente della Renault Zoe e garantirà un’autonomia di circa 300 chilometri. Mentre la DS3 Crossback e la 2008 spingeranno, utilizzando la forza degli elettroni, le vendite dei francesi nel segmento dei crossover. Ibridi plug-in 4X4 Sempre nel 2019 Psa lancerà anche una nuova offensiva sul fronte dei veicoli ibridi che riguarderà tutti i marchi del gruppo: compresa la Opel, rilevata recentemente da Gm, con una probabile versione plug-in della Grandland X. Tutti i modelli verranno realizzati impiegando una inedita catena di trazione ibrida benzina-elettrico sulla piattaforma EMP2 che prevede l’abbinamento di unità a benzina THP da 150 o 200 cavalli, dotate di un cambio automatico a otto rapporti, con motori elettrici sino a 80 kilowatt (107 cavalli): per una potenza complessiva fino a 300 cavalli e il vantaggio di avere la trasmissione sui due assali per una trazione 4X4. Batterie sotto il pianale Questa soluzione garantirà un’autonomia di 60 chilometri in modalità 100% elettrica, oltre a dei consumi ridotti del 40%. Allo stesso tempo permetterà di non sacrificare l’abitabilità delle vetture, compreso il volume del bagagliaio, grazie a delle batterie da 13 kilowattora: posizionate sull’asse posteriore, sotto il pianale, e capaci di ricaricarsi in meno di 2 ore e 30 minuti, impiegando una colonnina veloce da 6,6 kilowatt.

AUTO E MOTO

Una Huracàn da pista. CARLO CIMINI ■ Lamborghini ha svelato, in un evento a Sant’Agata Bolognese che è servito anche a presentare la partnership con la marca svizzera di orologi Roger Dubuis, la ver-

sione speciale Huracán Super Trofeo Evo, in pista dalla primavera del 2018 nei campionati monomarca. La supercar aggiunge una serie di novità e di aggiornamenti soprattutto aerodinamici che aumentano ulteriormente la performance. Innovazioni importanti Principale innovazione di questa rinnovata versione della Huracàn Lp 620-2 è il body kit aerodinamico in carbonio sviluppato dagli ingegneri del reparto Motorsport in collaborazione con la Dallara Engineering e con il Lamborghini Centro Stile. Tra le altre novità la “pinna” longitudinale che spicca sul cofano posteriore e il cosiddetto “Airscoop” sul tetto, che aiuta a creare una sovralimentazione dinamica per il propulsore aspirato da 5,2 litri e 620 cavalli – di derivazione stradale con cambio sequenziale a sei rapporti – per migliorare efficienza e prestazioni. Di grande impatto anche il nuovo disegno delle fiancate senza prese d’aria e il look dell’anteriore, con prese d’aria ampliate, compresa quella esagonale posta al centro del cofano motore. Ingrandito anche lo spoiler posteriore posto sotto l’ala regolabile. In generale, il kit proposto per la nuova Huracàn contribuisce ad un calo dell’8% globale della resistenza all’avanzamento, favorendo una crescita nelle prestazioni che i primi test a Monza quantificano intorno all’1,5%. Il prezzo della nuova Huracán Super Trofeo Evo è di 235.000 euro, tasse escluse. La vettura debutterà nelle tre serie continentali del Lamborghini Super Trofeo, Europa, Asia e Nord America. I team che sono in possesso della versione precedente avranno l’opportunità di acquistare il nuovo kit. Nuova collaborazione “Lamborghini Squadra Corse continua nel suo percorso di crescita volto a consolidare la nostra posizione di trendsetter nel mondo delle competizioni”, ha dichiarato l’amministratore delegato Stefano Domenicali, il quale ha salutato anche la nuova partnership: “Siamo orgogliosi di collaborare con un brand di prestigio come Roger Dubuis con cui condividiamo i valori per la continua innovazione e unicità dei nostri prodotti. Questo sempre nel rispetto della tradizione e con l’obiettivo di emozionare e stupire i nostri clienti e appassionati del marchio in tutto il mondo”. 29 Settembre 2017 ·

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AUTO E MOTO

Genesis G70, sfida alle tedesche. PAOLO ODINZOV

Torque Vectoring con differenziale autobloccante e pacchetto Active Safety Control comprensivo di Forward Collision-Avoidance Assist, Highway Driving Assist, Blind spot Collision Warning e Driver Awareness Warning.

INNOVAZIONE

James Dyson: arriva la Tesla inglese. COLIN FRISELL

■ Genesis, brand di lusso del gruppo Hyundai, ha presentato l’edizione definitiva della G70, destinata a essere commercializzata nei principali mercati del mondo e che affiancherà nella gamma del costruttore la sorella più grande G80 e l’ammiraglia G90. Sfida premium Compito della G70 è andare a conquistare vendite nel segmento D, quello per intenderci dove si danno battaglia modelli come l’Alfa Romeo Giulia, l’Audi A4, la Bmw Serie 3 e la Mercedes Classe C. Per farlo la new entry coreana può contare su una carrozzeria, disponibile in 10 colorazioni da abbinare a sette ambienti interni, segnata nel design da linee tese e aerodinamiche che le conferiscono un aspetto marcatamente sportivo. A questo si unisce un abitacolo che mette in evidenza l’impostazione premium della vettura con materiali ricercati nelle finiture (pelle, legno, alluminio e moquette) e diverse dotazioni di spicco: compreso un sistema d’infotainment munito di tablet da 8 pollici. Motori e dotazioni Nella meccanica la Genesis G70 prevede una gamma di propulsori in grado di soddisfare ogni esigenza in fatto di prestazioni: dal V6 3.3 biturbo benzina, capace di fornire 370 cavalli per 270 chilometri orari di velocità e 4,7 secondi nello scatto zero-cento, al 2.2 diesel VGT con una potenza di 202 cavalli e 441 Newtonmetri di coppia. Per garantire sicurezza confort e comportamento stradale a livello delle concorrenti, questa vettura propone poi sotto al vestito, tra dotazioni e optional, diversi punti di forza: sospensioni a controllo elettronico, servosterzo ad assistenza variabile, 10

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■ Il geniale ingegnere, inventore e imprenditore inglese James Dyson – famoso per aver fondato una azienda multimiliardaria che produce aspirapolvere e mille altre diavolerie elettroniche per la pulizia dell’aria e dell’ambiente che ci circonda – ha deciso di entrare nel mondo delle auto elettriche. Un’auto tutta nuova Sono già due anni che il 70enne Dyson sta lavorando a questo progetto nel quale sarebbero coinvolti circa 400 ingegneri e designer con l’obiettivo di costruire una propria vettura a batteria che spera di presentare entro il 2020 e di commercializzare a partire dal 2021. Di che genere di auto si tratterà è ancora poco chiaro. Quello che si sa per certo è che la risposta inglese alle Tesla del visionario Elon Musk – almeno all’inizio – non sarà alla portata di tutte le tasche. “Abbiamo lavorato a lungo – sono le parole usate dall’imprenditore – e adesso siamo in grado di mettere a frutto i nostri sforzi. Sono contento di poter dare personalmente questo annuncio: stiamo lavorando a una vettura elettrica e sarà radicalmente diversa da quelle che conoscete. Su questo progetto ho investito due miliardi e mezzo di sterline, uno per il design del mezzo, uno per lo sviluppo della batteria e mezzo miliardo per le altre tecnologie connesse. Per adesso non lasceremo filtrare altre notizie: la competizione in questo campo è


fortissima e dobbiamo stare attenti”. Quello che si sa, invece, è che il progetto potrebbe portare a circa 4.000 nuovi posti di lavoro che si aggiungeranno agli 8.000 dipendenti dell’azienda nel mondo: Dyson ha recentemente acquistato un ex aeroporto militare, con degli hangar in disuso, nella zona di Chippenham, nel Wiltshire, non lontano da Bristol. Idea che viene da lontano A sentire Mr Dyson, l’idea avrebbe iniziato a frullargli nella testa già negli anni ’90. La prima intuizione al geniale inventore nativo di Cromer – sulla costa del Norfolk nell’Inghilterra orientale – sarebbe venuta partendo dall’invenzione di un filtro anti-particolato da applicare al sistema di scarico delle automobili. “Nel 1993 – ha detto Dyson – avevamo già sviluppato diversi prototipi di un filtro a rotazione e lo avevamo anche presentato al pubblico durante un programma televisivo inglese. Purtroppo l’industria automobilistica ci chiuse la porta in faccia, dicendo che montare un dispositivo del genere sarebbe stato costoso. Meglio respirare quello schifo allora?”. Comunque il progetto subì uno stop. Risposta polemica Dyson non manca di mettere un po’ di pepe nella polemica: “Erano quelli gli anni in cui il governo inglese mise in piedi i programmi di sostegno all’industria, parlando di diesel pulito. E invece molti costruttori hanno barato e aggirato le leggi. Col risultato che le città, inglesi e non solo, oggi letteralmente scoppiano di auto, bus e camion altamente inquinanti”. Dyson racconta di non essersi lasciato scoraggiare, “anni fa ho deciso di chiedere alla mia compagnia di impegnarsi sul fronte delle batterie, visto che la mobilità elettrica è di certo una risposta giusta ai problemi dell’inquinamento. Di fronte ai dati dell’Organizzazione mondiale della sanità che parla di milioni di morti nel mondo a causa del del degrado ambientale, abbiamo l’obbligo di trovare al più presto una soluzione definitiva”.

INNOVAZIONE

New York sarà elettrica.

grado di fare il pieno di energia a un’auto in 30 minuti, invece delle 8 ore che si impiegano con un sistema di minore potenza. Grande mela a batteria “Il futuro è elettrico – ha dichiarato il sindaco della Grande Mela – e più renderemo semplice utilizzare queste auto, più le case potranno costruirne e i prezzi si abbasseranno”. A New York si sta lavorando anche per realizzare altri 100 punti di ricarica, soprattutto in corrispondenza di grandi parcheggi. Altre 50 colonnine saranno dedicate esclusivamente ai taxi e alle auto a noleggio, così da favorire il progressivo addio alle vetture a combustione interna. Oggi a New York ci sono 307 stazioni di ricarica con un totale di 526 postazioni a basso voltaggio e soltanto 16 veloci. Il futuro passa (anche) per la città di Donald Trump.

AUTO E MOTO

Hope, incrocio a due ruote. ANTONIO VITILLO

PAOLO BORGOGNONE ■ Il sindaco di New York, Bill De Blasio ha presentato un piano di investimenti da 10 milioni di dollari per installare almeno 1.000 colonnine elettriche in città entro il 2020. Una stazione in ogni quartiere Il piano – che prevede come primo step di avere almeno una stazione di ricarica in ogni quartiere per la fine del 2018 – fa parte di una visione più a largo respiro, che conta di vedere in circolazione un’auto a batteria ogni cinque a New York entro il 2035. Ciascuno di questi nuovi “hub” metropolitani avrà 20 colonnine per la ricarica veloce, in 29 Settembre 2017 ·

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■ C’è chi dice che i veicoli elettrici non abbiano una personalità. Questo discorso non vale certamente per la Hope, moto che il designer Samuel Aguiar ha creato ispirandosi ad una mix fra una Porsche 356 Pre-A, un iPhone di prima generazione ed un Pokemon. Tre anime diverse, ciascuna di rilievo nel proprio comparto industriale, e capaci di sviluppare una poliedricità buona a rendere la moto tutto fuorché priva di temperamento. Lungo studio Sono serviti quattro anni per arrivare alla forma definitiva della Hope: “Ho iniziato pensando a un design che facesse pensare ad un abbraccio” ha spiegato Aguiar “Senza forme aggressive”. Linee create incorporando buona parte di uno fra i più datati scooter elettrici proposti dal mercato, il Vectrix VX-1, la cui prima versione risale a 10 anni fa. In questo modello “customizzato” troviamo ruote più grandi di diametro 17 pollici ed un motore elettrico capace di 65 newtonmetri valore di coppia motrice buona a sviluppare 120 chilometri orari di velocità. Arrivando, con una ricarica completa del pacco

batterie, ad un’autonomia teorica prossima ai 280 chilometri. Design funzionale Rispetto allo scooter di serie, la Hope ha mantenuto anche il sistema di recupero dell’energia, dispositivo che, in fase di decelerazione, si attua ruotando il comando dell’acceleratore al contrario. “Una volta definiti i volumi principali della moto, ho dovuto trovare una buona armonia tra il sedile, le luci, il cruscotto e tutti gli altri elementi. È stato, per me, importante rendere il design funzionale all’ergonomia”. Samuel Aguiar ha conservato gli elementi della strumentazione originali, ma riorganizzandoli nel nuovo cruscotto, che è più ricco di informazioni, alcune delle quali che arrivano personalizzate allo stile di guida. L’impianto frenante è italiano, la Hope infatti adotta un potente sistema Brembo. Anche se sarebbe “possibile guidare la moto senza utilizzare i freni, perché basta servirsi del sistema frenante fornito dal motore, che recupera energia ruotando il gas al contrario”, continua Aguiar. Una moto così surreale nel design non può che combinarsi con uno stile di guida condito di una lieve follia.

AUTO E MOTO

Suzuki, le novità del Salone di Tokyo. LUCA GAIETTA ■ Come da tradizione, anche al 45° Salone di Tokyo (27 ottobre-5 novembre) Suzuki non mancherà di stupire. Nello stand del marchio di Hamamatsu, ad attirare gli sguardi dei visitatori ci saranno diversi prototipi futuristici. Oltre a un modello inedito, proposto in tre differenti versioni, prossimo ad arrivare sulle strade. La off-road a zero emissioni Con la e-Survivor Concept, Suzuki anticipa alcuni dettagli tecnici e di design che verranno riproposti sulla prossima generazione della Jimny, guardando anche ai contenuti della Vitara. Dotata di trazione integrale, si tratta di una piccola fuoristrada equipaggiata con una propulsione completamente elettrica e che impiega un telaio a longheroni. La carrozzeria, priva del tetto, è estremamente minimalista nelle forme ed è unita a un abitacolo tagliato per accogliere due persone. Multispazio e furgoncino da città Accanto alla e-Survivor Concept Suzuki propone allo show nipponico due ipotetiche vetture da città, estremamente versatili, basate sulla piccola monovolume Spacia. Le giapponesi 12

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fanno della personalizzazione il punto di forza. Soprattutto la Spacia Custom: vestita da una carrozzeria bianca con porte scorrevoli su entrambi i lati e segnata nella linea dal frontale con la vistosa calandra, i gruppi ottici rastremati e il paraurti con delle grandi prese d’aria. La Carry Open-Air Market Concept prefigura, invece, un possibile furgoncino dalle dimensioni contenute del costruttore: capace di garantire la massima agilità nel traffico e destinato a soddisfare le esigenze di trasporto dei piccoli commercianti. Xbee, il crossover che ne vale tre Si chiama Xbee (ma si pronuncia cross bee) il nuovo crossover compatto, derivato dal minivan Hustler, che la Suzuki svelerà al Salone di Tokyo. Ha una carrozzeria a cinque porte che racchiude un abitacolo spazioso ed è una vettura polivalente riservata agli amanti della natura e delle gite fuori porta. Per questo la Xbee è realizzata in tre varianti: quella tradizionale con carrozzeria gialla, la Outdoor Adventure con finiture marroni e la Street Adventure, distinta nella linea da particolari in giallo.


LIFESTYLE

Arabia Saudita, patente alle donne. PATRIZIA LICATA ■ Le donne in Arabia Saudita potranno guidare: da giugno 2018, se lo desiderano, otterranno la patente "esattamente come gli uomini". Lo ha deciso un decreto regio, letto in diretta sulla televisione nazionale e simultaneamente in una conferenza stampa a Washington. Una mossa che nasce dall’esigenza della dinastia di Riad di rimediare alle accuse di paese ultra-conservatore che ne ha fortemente danneggiato l’immagine internazionale, oltre a essere un importante tassello nel percorso delle donne verso il pieno riconoscimento dei loro diritti. Niente consenso del tutor L’ambasciatore saudita a Washington, il principe Khalid bin Salman (uno dei figli del re Salman), ha assicurato che le donne potranno chiedere la patente senza dover prima ottenere il permesso del marito, del fratello o del "tutor", nonostante le leggi obblighino le cittadine saudite a sottostare all’autorità dei familiari di sesso maschile. Spetterà al ministero dell’Interno decidere se le donne potranno anche lavorare come autista, mentre un comitato inter-ministeriale fornirà le indicazioni per modificare il codice della strada e avvierà corsi di formazione per gli agenti di Polizia che non sono abituati a interagire con le donne alla guida.

Mohammed bin Salman, figlio dell’attuale re, ha detto che vuole portare al 28% la partecipazione femminile al mondo del lavoro ed è pronto a imprimere al regno saudita una piccola svolta economica e sociale. Di qui gli investimenti in fonti di energia rinnovabile e l’apertura di locali con programmi culturali e attività ricreative per famiglie. Finora per assistere a spettacoli, concerti e film l’unica scelta per i sauditi era guidare fino al Bahrain o a Dubai; proprio mentre si trovava alla guida di un’automobile per raggiungere gli Emirati Arabi Uniti è stata arrestata nel 2014 l’attivista per i diritti delle donne Loujain Hathloul, rimasta poi in carcere per 73 giorni. Simbolo di emancipazione Negli anni ’90, durante le prime proteste delle donne per il diritto alla patente, molte manifestanti - che hanno invaso la capitale Riad in macchina - sono state arrestate e hanno perso il lavoro. Ora il vento è cambiato: nei giorni scorsi, una donna che si è travestita da uomo per guidare è stata fermata e interrogata dalla polizia ma non incarcerata, mentre un leader religioso che ha affermato che le donne non possono guidare perché hanno un quarto del cervello degli uomini è stato rimosso dal suo incarico. Molti uomini in Arabia Saudita continuano a sostenere che è culturalmente inappropriato per le donne mettersi al volante; qualcuno si è spinto a dichiarare che permettere alle donne di guidare sarebbe promiscuo a tal punto da far crollare la dinastia reale o dannoso per il sistema riproduttivo femminile. Sono pregiudizi che hanno reso la lotta per il diritto alla patente un simbolo di emancipazione e uguaglianza per le donne. Ora le attiviste saudite (e non solo) esultano: tra queste c’è Manal al-Sharif, che nel 2011 in segno di protesta si è filmata mentre guidava e ha postato il video su YouTube. Oggi vive in Australia e annuncia la prossima battaglia, ovvero la totale eliminazione delle leggi sul tutoraggio che ancora limitano gli spostamenti e le decisioni delle donne del suo paese.

Per fortuna c’è Uber L’Arabia Saudita è una società in cui vige la Sharia islamica; gli uomini e le donne hanno - almeno ufficialmente - pochi contatti. Le donne possono accedere a diverse professioni (rappresentano il 21% della forza lavoro), ma spesso sono costrette a svolgere mansioni poco qualificate per via di severe limitazioni: per esempio, non possono condividere l’ufficio con un uomo o parlare a lungo con un uomo. Molte cittadine saudite rinunciano perciò alla vita professionale, anche perché ottengono paghe più basse e buona parte dello stipendio viene speso in autisti che le portano al lavoro. Di recente, servizi di ride hailing come Uber e Careem, che sono meno costosi, hanno garantito maggiori possibilità di spostamento alle donne saudite di ceto medio-alto. In auto verso Dubai Lo scarso accesso delle donne alle professioni è un problema anche economico. Il giovane principe ereditario 29 Settembre 2017 ·

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Springsteen, festa al Cadillac Ranch. PAOLO BORGOGNONE

■ “Cadillac, Cadillac, long and dark, shiny and black”… è il refrain di “Cadillac Ranch”, 13esima traccia del doppio album “The River”, pubblicato il 10 ottobre del 1980 e firmato dal Boss, Bruce Frederick Joseph Springsteen, nato a Freehold, New Jersey il 23 settembre del 1949, 68 anni fa. Springsteen, durante una carriera iniziata 45 anni fa, è assurto a icona dello spirito e della moderna cultura pop americana, attraverso canzoni che hanno saputo raccontare storie di tutti i giorni, con eroi quotidiani e che pescano a piene mani dalla realtà della “working class”: un mondo che il Boss – figlio di un autista d’autobus mezzo irlandese e di una casalinga di famiglia originaria di Vico Equense in provincia di Napoli – conosce così bene. Un destino che lo accomuna ad un altro grande storyteller che ha compiuto gli anni questa settimana (70 nel suo caso, il 21 settembre), lo scrittore di Portland Stephen Edwin King. Sotto questo cofano Springsteen è uno dei poeti dell’America contemporanea. E spesso la poesia a stelle e strisce ha a che fare con le automobili e la loro importanza nella vita di ogni giorno. Sono stati scritti libri sui significati delle auto nelle varie tracce dei dischi del Boss: luogo di dannazione, unico mezzo per fuggire alla disperazione, alla noia, al pesante fardello della piatta vita di una provincia senza futuro. “Tutta la 14

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redenzione che ho da offrire, ragazza mia, è sotto questo cofano sporco”, dice il disperato protagonista di “Thunder Road”, 1975, l’inno di tutti quelli che sanno che solo scappando potranno avere ancora un’opportunità. Ballata per dinosauri Ma la canzone con cui vogliamo celebrare Bruce e il suo compleanno non è – per una volta – una ballata triste anzi. Il critico musicale Dave Marsh scrisse: “Farebbe ballare anche un dinosauro”. Il Boss scrisse “Cadillac Ranch” per l’album “The River”, un doppio che alterna morbide ballate e pezzi di profonda intimità (due titoli su tutti, la disperata title-track “The River” e la romantica “Two Hearts”) che è quasi una boccata d’aria tra due dei suoi dischi più dark, “Darkness on the Edge of Town” del 1978 e l’ancora più tenebroso capolavoro “Nebraska” del 1982. “Cadillac Ranch” è scandita da un ritmo quasi rockabilly che però nasconde un testo che ci invita a riflettere sulla transitorietà della vita. L’incipit è un continuo rimpallare di un’immagine femminile che è la compagna del protagonista ma è anche la sua auto, “lei aspetta luccicante al sole, per accogliere il suo uomo quando il lavoro è finito”. E ancora “Eldorado fins, whitewalls and skirts” – alettoni, cerchioni bianchi e finiture, ma “skirts” in inglese sono anche le gonne. E per chiudere l’introduzione “viaggia come un pezzo di paradiso in terra”.


Tutti al Cadillac Ranch Bruce sembra portarci a guidare su una strada polverosa del Texas, a bordo di una Cadillac lunga, scura, lucente e nera – il refrain che abbiamo letto all’inizio – dove incontriamo una serie di amici, tutti su una splendida vettura della stessa Casa. “James Dean in quella Mercury ’49”, “Burt Reynolds nella Trans-Am nera” e “Junior Johnson – meno noto da noi, ma negli Usa famosissimo come pilota e proprietario di scuderie da corsa – che corre per i boschi della Carolina”. Tutti – dice il Boss, “si incontreranno al Cadillac Ranch”. Dove arriveremo anche noi. Finale triste Chi conosce Springsteen – e forse chi conosce la vita – sa che certe vicende difficilmente hanno un lieto fine e questa non fa eccezione. Prima di arrivare in fondo a questa avventura tra strada e musica, ascoltiamo le ultime due strofe in cui il protagonista ci racconta con brevi pennellate della triste storia della sua ragazza che “guida tutta sola, attraversando la notte del Wisconsin” per poi chiudere : “(La Cadillac) si è affiancata a casa mia oggi e si è portata via la mia bambina”. Chiedi cos’è il ranch Ma cosa è questo Cadillac Ranch di cui ci parla Springsteen? Un concessionario? Un cimitero di vecchie carcasse piene di ruggine? No, il Cadillac Ranch è un luogo straordinario, lungo una strada che oggi ha cambiato nome e si chiama I-40 ma che tutti, proprio tutti, nel mondo conoscevano come Route 66. Appena fuori la città di Amarillo, Texas, nel 1974 un gruppo di artisti californiani – figli dei fiori e decisamente fuori dagli schemi – gli Ant Farm, incontrano un bislacco miliardario del posto, Staney Marsh III. Dall’incontro nacque l’idea di creare una installazione di pop art: 10 Ca-

dillac – l’auto americana più americana che ci sia – messe in fila dalla più vecchia (1948) alla più moderna (1963) e infilate nel terreno per il cofano. Con tanto di invito per i visitatori a portarsi dietro delle bombolette di vernice spray per lasciare un proprio graffito sulle carrozzerie. Semplice. E geniale. Oggi il Cadillac Ranch è una delle principali attrazioni per i turisti che vanno in Texas – superata forse solo dalle rovine di Fort Alamo, dove si è fatta la storia degli Stati Uniti. Anche su Alamo sono state scritte delle canzoni, soprattutto marce militari a sfondo patriottico. Tutta un’altra storia rispetto a un viaggio lungo la Route 66 su una Cadillac, col Boss che canta. Buon compleanno, Bruce.

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Supplemento settimanale a l’Automobile Pubblicazione online - Reg. Tribunale di Roma n. 24/2016 del 09/03/16 Iscrizione R.O.C. n. 14674 - ISSN 2499-670X Direttore Responsabile Alessandro Marchetti Tricamo Redazione via Solferino, 32 - 00185 Roma tel. 06.45406719 • fax 06.49982874-2829 www.lautomobile.it • redazione@lautomobile.it • segreteria@lautomobile.it @lautomobile_ACI

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AUTO FOCUS

Piccole, belle e cattive. Le sportive dal prezzo accessibile. Con potenze che variano da 189 a 310 cavalli. Le proposte di Volkswagen, Mini, Renault, Peugeot, Ford, Seat, Honda, Abarth e le altre.

GIULIA PAGANONI ■ Cattive ma non troppo, divertenti senza rattristare il portafogli. Sono le sportive abbordabili, quelle “hot hatch” che permettono di esagerare. Perché bisogna osare, sempre. E lo si prova quotidianamente. Dal mondo della moda, si può prendere in prestito una frase della stilista italiana

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Krizia, dicendo che “gli accostamenti più arditi riescono a far cantare materiali e forme”. Emergere. Differenziarsi. Proprio ciò che ci vuole nel mare magnum dell’offerta attuale del mercato automobilistico, dove le Case sfoderano macchine a ritmi impressionanti. Come fare per far “cantare” ed emozionare materiali e forme delle

auto? Ogni modello ha diversi allestimenti, dal più elegante al più sportivo, con tutta una serie di personalizzazioni optional. Ma a volte questo non basta. Oggi – non si sa ancora per quanto – l’estetica deve essere assecondata dalle sensazioni trasmesse alla guida. Assetti ribassati e irrigiditi, motori più performanti abbinati a cambi precisi e rapidi. Auto per il


...dal nostro mensile

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PUBBLICATO SUL NUMERO 10 - SETTEMBRE 2017

Nuova serie • Anno 2 • Numero 10 • Settembre 2017 • €3,00

Spedizione Poste Italiane Spa - Postatarget Magazine. Pubblicazione Mensile. Data P.I. 02/09/2017

INNOVAZIONE I MOTORI I LIFESTYLE

Anno 119°

quotidiano e per lo svago. Un duplice uso che le inserisce nei segmenti più affollati, come il B che nei primi sei mesi dell’anno ha toccato quota 36,9% o il C con una percentuale del 31,9% sul totale del mercato. Per farle “cantare” bisogna uscire dal coro, differenziarsi e osare. E le proposte non mancano. A farlo sono le auto dal look accattivante, con prestazio-

ni super. Sogni che sono realizzabili grazie ai prezzi accessibili. Potenze che variano da 189 a 310 cavalli, prestazioni 0-100 km/h intorno ai sei secondi e prezzi in una forbice tra i 18.700 euro e i 37.000 euro. Una che ha fatto storia è la Volkswagen GTi, con una tradizione nata nel 1976 e che di generazione in generazione ha tramandato il dna

“Gli accostamenti più arditi riescono a far cantare materiali e forme”

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sportivo fino alla settima. Attualmente in Italia viene proposta Golf GTi Performance, un’evoluzione che ha raggiunto 245 cavalli e ha uno spunto 0-100 km/h in 6,2 secondi. Un’altra che ha fatto (e fa) sognare intere generazioni è la sportiva vintage, nota per quella piacevole sensazione di guida chiamata go-kart feeling: la Mini Cooper S. Attraggono i suoi (soli) 192 cavalli che grazie alla coppia massima di 280 Nm fanno sentire la potenza già a 1.350 giri: un pezzo pregiato che in tanti vorrebbero in garage e chi ce l’ha lo custodisce gelosamente. Anche le case francesi propongono sportive allettanti. Renault sfoggia Clio RS Trophy: 220 cavalli capaci di uno 0-100 km/h in 6,6 secondi. A questa sportiva risponde la casa del Leone con 308 GTi: 270 cavalli che sfila da 0-100 km/h in sei secondi. Più pacate ma non meno generose nelle prestazioni, sono Seat Ibiza Cupra con 192 cavalli (generazione precedente) e la Ford Fiesta ST con 182 cavalli (200 sulla prossima generazione in arrivo nel 2018), entrambe in grado di esprimere al meglio le proprie doti sportive con prestazioni 0-100 km/h al di sotto dei sette secondi, rispettivamente 6,7 per la prima e 6,9 per la seconda.

Nella pagina precedente la Abarth 695 biposto. Dall'alto la Renault Clio RS Trophy, la Peugeot 208 GTI e la MINI John Cooper Works.

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· 29 Settembre 2017

Dal paese del Sol Levante Anche dal Giappone arriva una proposta per tutti i giorni che seduce i più sportivi: Honda Type R, un’auto che mette a terra 310 cavalli e che è in grado di raggiungere 0-100 km/h in meno di sei secondi, esattamente 5,7. Ce ne mette 5,9 la Abarth 695, biposto da 189 cavalli e prezzo più alto della forbice, a 39.900 euro. Però è l’eccezione che conferma la regola. Auto potenti ma anche sicure grazie ai miglioramenti di sospensioni, ammortizzatori e impianto frenante. Tutte accomunate dalla sportività e dalla voglia di suscitare sensazioni piacevoli di guida in ogni momento, nel rispetto delle regole, s’intende. Così, anche i brevi spostamenti quotidiani diventano una scusa per guidare. Difficile emergere, ma nulla è impossibile.




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