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Supplemento settimanale a l’Automobile.
INNOVAZIONE I MOTORI I LIFESTYLE
Settimanale digitale • Anno 1 • Numero 22 • 15/12/2017
Robotaxi PAOLO BORGOGNONE ■ “Piuttosto che il tassista farei il primo ministro”. A dirlo è stato un… primo ministro, Jens Stoltenberg, leader del partito laburista norvegese, per 10 anni (in due mandati) a capo del governo nel suo paese e dal 2014 Segretario Generale della Nato. La sua battuta nasconde in qualche modo una verità: il mestiere del “tassista” sta diventando così incerto per l’arrivo dei robot al volante, che tanto vale fare un altro lavoro instabile. Un software ci verrà a prendere per portarci a un appuntamento di lavoro,
all’aeroporto, al cinema. Le prove sono iniziate in parecchie parti del mondo col Giappone a guidare la corsa. Qui il debutto avverrà alle Olimpiadi di Tokyo 2020: in un Paese nel quale la robotica è storicamente un’ossessione, è facile immaginare che il nuovo sistema di mobilità sarà il più innovativo. Anche se cinesi e americani, per non parlare dei rampanti ricercatori di Singapore, non stanno a guardare. Certo, non sentir più dire “America is burro e alici” come recitava il “tassinaro” Alberto Sordi nell’omonimo film, un po’ ci mancherà. Ma magari il robot imparerà anche questo. 27 Marzo 2017 ·
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Auto-robot, la carica arriva dall’Asia. PATRIZIA LICATA
■ Sarà merito delle Olimpiadi, o forse della pressione della concorrenza, ma in Giappone vola la corsa a mettere in strada le auto-robot. Anche diverse aziende americane, come Uber, Waymo o General Motors, sperimentano veicoli a guida autonoma, mentre i giapponesi già pensano alla fase commerciale per trasportare i tanti atleti e turisti che arriveranno per Tokyo 2020. I taxi-robot delle Olimpiadi Per le giapponesi Nissan e Dena l’appuntamento è a marzo prossimo a Yokohama, dove prenderanno il via i test su strada e aperti al pubblico di Easy Ride, il servizio di car sharing che utilizza Nissan Leaf elettriche e completamente autonome insieme alla app mobile di Dena, il cui lancio commerciale è previsto per il 2020. Gli atleti e i turisti in visita a Tokyo con l’occasione dei giochi olimpici avranno probabilmente altre opzioni tra cui scegliere: l’azienda giapponese Zmp sta sviluppando nella capitale un servizio di auto-robot a fianco dell’operatore di taxi Hinomaru Kotsu, con l’obiettivo di entrare in attività entro Tokyo 2020. “L’industria dei taxi autonomi e i taxi tradizionali possono tranquillamente prosperare insieme”, ha detto Zmp. La pressione delle rivali cinesi Il Giappone è un paese dalla nota fascinazione per la robotica, ma non è solo per questo che i taxi senza autista si fanno strada senza resistenze: si tratta anche di rendere le aziende nazionali competitive rispetto a quelle estere. Rivale numero uno? La Cina, molto aggressiva nelle sue spe-
rimentazioni: la società del ride hailing Didi (l’equivalente locale di Uber) ha appena annunciato un investimento di 1 miliardo di yuan (circa 150 milioni di dollari) per creare un servizio di car sharing con auto elettriche che potrebbero essere rese in un secondo momento autonome, mentre il gigante cinese del commercio elettronico Alibaba ha sviluppato il suo software per auto connesse (AliOS) e si è alleato col costruttore nazionale Saic Motor e con l’americana Ford per progredire a ritmi veloci su intelligenza artificiale e soluzioni per la mobilità automatizzata. In gara con gli Usa I taxi senza conducente trasformeranno il trasporto di massa perché, è la promessa, i prezzi saranno molto più bassi di quelli attuali: pagheremo fino all’80% in meno, grazie alla concorrenza tra tanti fornitori e possedere un’auto privata ci costerà il doppio che prendere un taxirobot, hanno scritto i ricercatori di Ubs a settembre. A quando questa rivoluzione? “Tra pochi anni”, secondo gli analisti. Il 2020 sembra una data davvero plausibile e la gara tra imprese statunitensi e asiatiche è tutta da giocare: a Singapore i taxi-robot sono già stati testati su strada, ma da un’azienda americana, nuTonomy, che ora sta provando le sue auto senza conducente a Boston insieme a Lyft, la rivale di Uber, mentre il costruttore giapponese Toyota sviluppa tecnologie per la guida autonoma insieme alla start up statunitense Luminar. E chissà che qualcuno dei taxi-robot giapponesi di Tokyo 2020 non abbia anche un cuore americano. 15 Dicembre 2017 ·
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INNOVAZIONE
Lyft, il taxi lo guida il robot.
Le opzioni si moltiplicano Fondata a Boston nel 2013 da Karl Iagnemma e dall’italiano Emilio Frazzoli, che oggi ricopre la carica di chief technology officer, nuTonomy è stata acquisita a novembre dalla britannica Aptiv (ex Delphi Automotive). nuTonomy è per ora l’unica società della guida autonoma che ha realizzato test aperti al pubblico in due continenti: in America a Boston e in Asia a Singapore, in alleanza con la locale società del ride hailing Grab. Questi test sono importanti per dimostrare l’adattabilità del software in contesti urbani diversi (non solo per segnaletica, clima o condizioni del traffico: a Singapore si guida a sinistra). Test con 60 veicoli nuTonomy sta sperimentando su strada un totale di 60 auto autonome e nel 2018 i progetti si moltiplicheranno, ma la società sottolinea che non ha in mente di creare città dominate dalle auto-robot; piuttosto pensa che in futuro la mobilità urbana sarà dinamica e ci sarà spazio a tutti, dalle classiche automobili guidate dall’uomo alle biciclette passando per i taxi senza conducente. E c’è da credere che le start-up più innovative sapranno aggiungere nei prossimi anni opzioni che ancora non immaginiamo.
GLORIA SMITH
INNOVAZIONE
■ Lyft si porta un passo avanti rispetto alla rivale Uber nella sperimentazione dei taxi-robot: la società californiana di ride hailing (il servizio di taxi realizzato con auto private) ha avviato nella città di Boston i test del suo servizio usando veicoli con i software di nuTonomy, spin-off del politecnico del Massachusetts (Mit) che crea sistemi per la guida driverless. “Si tratta del primo programma pilota aperto al pubblico negli Stati Uniti realizzato da una società che offre servizi per la mobilità e da una che sviluppa tecnologie per l’automazione”, dichiara nuTonomy.
Delphi, il 2018 è l’anno del robot. CARLO CIMINI
Prenoti Lyft, arriva il robot Il test si svolge in una zona circoscritta di Boston, il distretto di Seaport: qui, chi prenota un passaggio tramite la app di Lyft, verrà raggiunto da un veicolo nuTonomy che coprirà il tragitto in modalità cento per cento driverless. “La nostra alleanza con Lyft ha due obiettivi”, spiega nuTunomy. “Primo, vogliamo che il pubblico provi direttamente l’esperienza del veicolo senza conducente; secondo, vogliamo usare i commenti di chi partecipa al test per adattare la nostra tecnologia e rendere il trasporto automatizzato sempre più sicuro, efficiente e comodo”. In ufficio senza guidare Al di fuori dell’alleanza con Lyft, nuTonomy ha già testato le sue auto a guida autonoma nel distretto di Seaport dove, grazie a un accordo con la città di Boston e il dipartimento dei Trasporti del Massachusetts, alcuni amici e familiari dei dipendenti della società hanno potuto effettuare il viaggio da Seaport verso gli uffici di nuTonomy a South Station e ritorno in veicoli senza conducente. 4
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· 15 Dicembre 2017
■ Secondo l’amministratore delegato di Delphi, Kevin Clark, il 2018 sarà l’anno dei taxi a guida autonoma, oramai pronti per il lancio sul mercato. A suo avviso l’innovazione riguarderà inizialmente soltanto le aziende fornitrici di servizi alla mobilità, a cui l’adozione di questa tecnologia, oggi ancora molto onerosa, consentirà co-
munque dei risparmi a lungo termine, attraverso la riduzione del costo del personale al volante. Clark sostiene, invece, che sarà necessario aspettare ancora qualche anno, prima che le offerte di auto guidate dall’intelligenza artificiale diventino vantaggiose anche per i privati. Il manager britannico ipotizza che questo scenario possa realizzarsi a partire dal 2025. Costi giù Argomento essenziale del ragionamento di Clarke in prospettiva futura è l’abbattimento dei costi, soprattutto per quanto riguarda i lidar, i sistemi di rilevamento che permettono ad una vettura autonoma di “vedere” gli ostacoli sia fermi che in movimento. “Oggi – dice il manager – la presenza dei lidar fa sì che un sistema di guida autonoma costi tra gli 80.000 e i 150.000 dollari. L’obiettivo dell’industria è quello di ridurre anche del 90% queste spese e portare la tecnologia a costare non più di 5.000 dollari. Questo succederà entro il 2025”. A quel punto le auto a guida autonoma – anche grazie allo sviluppo di piattaforme condivise tra costruttori e aziende impegnate nello sviluppo tecnologico – avranno prezzi molto più ragionevoli e saranno alla portata anche dei privati. Lavori in corso Clarke dal 5 dicembre è il ceo di Aptiv, una delle due società nate dalla divisione di Delphi e più precisamente quella che si concentrerà sulla tecnologia delle auto connesse e autonome, mentre il ramo aziendale Delphi Technologies si specializzerà nello sviluppo dei propulsori sia elettrici che tradizionali. Lo spin off avviene al termine di un processo che ha permesso a Delphi di assicurarsi tecnologia e know how fondamentali per diventare un’azienda focalizzata allo sviluppo della guida autonoma. In questo senso va letta l’acquisizione, avvenuta lo scorso ottobre per 450 milioni di dollari, della startup di Boston NuTonomy, utile soprattutto ad accelerare la creazione di una flotta di robotaxi a Singapore.
INNOVAZIONE
Giappone, robotaxi dal 2020.
mobile disegnata da Dena. I primi test del servizio si svolgeranno tra il 5 e il 18 marzo dell’anno prossimo a Yokohama, nel distretto di Minatomirai. Iscrizioni aperte Nissan e Dena hanno già completato i test tecnici dei loro veicoli elettrici e autonomi e della app mobile che permette di prenotare e pagare il servizio; quelli che verranno svolti a marzo 2018 sono test “sul campo”, ovvero su strade pubbliche e con comuni cittadini: chiunque voglia provare il ride sharing senza autista non deve far altro che andare sul sito di Easy Ride e iscriversi. Le selezioni dei partecipanti sono già aperte e dureranno fino al 15 gennaio. Dai giochi alla mobilità intelligente I robotaxi di Easy Ride fondono le tecnologie di Nissan per auto connesse, guida automatizzata e elettrificazione dei veicoli sviluppate all’interno della strategia “Nissan Intelligent Mobility” con l’esperienza di Dena nelle piattaforme Internet e nell’intelligenza artificiale: l’azienda, che ha un portale di e-commerce e crea videogiochi, ha messo la sua specializzazione a servizio della mobilità driverless. A partire dal 2020 Cosa succederà, una volta finiti i test su strada del prossimo marzo? Anche in un paese super tecnologico come il Giappone, dove i robot già “lavorano” nei negozi, nei ristoranti o nelle strutture sanitarie, Nissan e Dena aspetteranno il 2020 per il lancio commerciale su scala nazionale di Easy Ride. Nel frattempo cercheranno le necessarie autorizzazioni del regolatore e si assicureranno che non solo i giapponesi, ma anche i turisti in visita nel paese del Sol Levante acquisiscano un po’ di familiarità con le auto-robot. Olimpiadi con il robot Di turisti nel 2020 ne sono previsti tanti: il Giappone ospiterà le Olimpiadi e non a caso la app di Easy Ride sarà offerta in diverse lingue e con la possibilità di selezionare destinazioni “raccomandate” come luoghi di interesse storico, artistico o paesaggistico. In vista di Tokyo 2020 la gara tra i campioni dell’innovazione è già iniziata e Nissan e Dena affronteranno diversi concorrenti, come Zmp, azienda giapponese della robotica (ex alleata di Dena, prima del sodalizio con Nissan), che sta sviluppando nella capitale un servizio di taxi autonomi insieme all’operatore privato Hinomaru Kotsu. L’obiettivo? Entrare in attività nel 2020 per trasportare atleti e turisti.
PATRIZIA LICATA ■ Si chiama Easy Ride ed è il servizio di ride sharing con auto-robot targato Nissan e Dena: le due aziende giapponesi hanno svelato il brand congiunto sotto le cui insegne offriranno una nuova opzione per gli spostamenti urbani basato sulla condivisione di Nissan Leaf cento per cento elettriche ed autonome che si prenotano tramite la app 15 Dicembre 2017 ·
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INNOVAZIONE
Honda studia l’autonoma in Cina.
Il software a quattro ruote di Apple.
CARLO CIMINI
GLORIA SMITH
■ Anche Honda bussa alle porte della guida autonoma. La Casa giapponese ha annunciato una partnership con SenseTime, la start-up cinese valutata un miliardo di dollari (circa 840 milioni di euro) e specializzata nello sviluppo di tecnologie driverless.
■ L’auto autonoma di Apple in qualche modo ci sarà. Non nella forma di un’automobile, ma come insieme di algoritmi di intelligenza e apprendimento artificiale. La Apple Car è insomma software, software e ancora software: per la navigazione, per la mappatura in 3D di strade e città, per l’analisi dei dati raccolti dai sensori, per il rilevamento di qualunque oggetto sulla carreggiata. Lo ha svelato il direttore della ricerca sull’intelligenza artificiale (AI) di Apple, Ruslan Salakhutdinov, durante un pranzo con 200 esperti organizzato all’interno al Nips, l’annuale conferenza su artificial intelligence e machine learning che si tiene a Long Beach, California.
In strada entro il 2020 La durata dell’accordo siglato tra le parti è quinquennale. L’intelligenza artificiale studiata dai cinesi sarà resa operativa sulla vettura senza conducente della Casa giapponese. Il costruttore nipponico infatti punta a introdurre l’auto a guida autonoma di livello 4 entro il 2020. Nel frattempo Honda ha presentato anche l suo nuovo laboratorio di ricerca e sviluppo a Tokyo, che comprende un ramo chiamato R&D Center X incentrato sulla robotica. Il costruttore ha inoltre firmato partnership con gli americani di Google-Waymo, la start-up di Singapore Grab e l’israeliana Drive, sempre per sviluppare tecnologie driverless. SenseTime in crescita SenseTime ha raccolto l’estate scorsa un finanziamento pari a 350 milioni di euro grazie a degli importanti investitori, tra cui Qualcomm – la società statunitense di ricerca e sviluppo nel campo delle telecomunicazioni – il colosso della telefonia Huawei e Nvidia. Recentemente anche il gruppo cinese Alibaba avrebbe investito una consistente cifra (voci non confermate parlano di 227 milioni di dollari) in SenseTime, che avrebbe in poco tempo raddoppiato il proprio valore. 6
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· 15 Dicembre 2017
Tutti i progressi di Apple Tra una portata e l’altra, Salakhutdinov ha proiettato slides e sollecitato l’intervento di altri manager di Apple per illustrare i progressi compiuti nei laboratori di Cupertino nell’ambito dell’intelligenza artificiale applicata alla guida autonoma. C’è per esempio un sistema di machine learning in grado di insegnare al software a identificare pedoni e ciclisti usando il lidar, una sorta di scanner 3D che molti veicoli autonomi utilizzano. Un altro software è in grado di “tradurre” le immagini dell’ambiente circostante raccolte dalle telecamere in informazioni per l’auto autonoma: Salakhutdinov ha detto che il sistema è accurato anche quando la telecamera si bagna sotto la pioggia ed è in grado di intuire la posizione degli oggetti anche quando sono parzialmente nascosti, come nel caso di un pedone dietro un’auto parcheggiata. Ci sono poi software per creare mappe 3D estremamente dettagliate che danno all’auto autonoma un “senso della direzione” (la tecnica si chiama Slam,
“simultaneous localization and mapping”). E se sulla strada si verifica un imprevisto? Apple lavora anche ad algoritmi di AI che insegnano a “improvvisare”. Auto-robot in cerca di persone Apple ha ottenuto ad aprile scorso dal ministero californiano dei Trasporti (DMV) l’autorizzazione per testare veicoli autonomi su strada e a giugno il Ceo Tim Cook ha ribadito l’interesse della sua azienda per i sistemi di guida autonoma. Che cosa serve ora ad Apple per portare nel mondo reale i suoi software avanzati per auto-robot? Sicuramente l’alleanza con qualche costruttore d’auto, ma prima ancora le persone. Al Nips molti degli 8.000 partecipanti sono state aziende in cerca di ingegneri da assumere per lavorare su progetti di apprendimento e intelligenza artificiale: c’era anche Elon Musk, che ha spiegato come il sistema Autopilot delle sue Tesla diventerà sempre più “intelligente”. Come a dire: scienziati dell’AI venite a lavorare da me. L’obiettivo di Salakhutdinov è stato lo stesso: tra i suoi invitati ha selezionato esperti delle grandi università americane come il Mit o la Stanford e rappresentanti di aziende concorrenti come Google e Facebook ai quali ha ricordato le opportunità di fare carriera a Cupertino. Quando ha annunciato che Apple renderà accessibile agli sviluppatori in modalità open source la piattaforma “Turi Create” per il machine learning sono arrivati gli applausi. Obiettivo centrato.
BUSINESS
Car sharing, paga bitcoin. PATRIZIA LICATA
■ Il rally più veloce del 2017 lo ha corso il bitcoin. A quota 18.000 dollari, la moneta virtuale più famosa ha moltiplicato per venti il suo valore in un anno e, ora che viene usata per gli scambi di futures sulla piattaforma Cboe (Chi-
cago Board Options Exchange), Case automobilistiche e start up tecnologiche sono pronte a scommettere che farà il suo ingresso nel settore automotive per gestire car sharing, polizze assicurative, finanziamenti e manutenzione. Tutti pazzi per blockchain Il bitcoin è in pratica un sistema di gestione del denaro basato sulla registrazione delle transazioni su una serie di computer. Ciò che attrae le Case automobilistiche e le start up è però la tecnologia che ne permette il funzionamento, il blockchain. Toyota Research Institute sta studiando le applicazioni automotive del blockchain insieme a ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (Mit), partner tecnologici (la tedesca BigchainDB, l’americana Oaken Innovations, l’israeliana Commuterz) e società assicurative. Alphabet, la capogruppo di Google e Waymo, è tra i principali finanziatori della start-up londinese Blockchain, che sviluppa software per l’utilizzo delle valute digitali. Daimler è entrata nell’“Hyperledger”, un gruppo che unisce aziende di settori diversi impegnate a studiare la tecnologia blockchain. Chi prende la macchina oggi? Una delle possibili applicazioni è in ambito car sharing. Ernst & Young ha creato Tesseract, piattaforma per la mobilità integrata basata sul blockchain che permette di gestire la condivisione della proprietà e dell’utilizzo di flotte di veicoli, registrandone tutti gli utilizzi e spartendo tra gli utenti i costi, dall’assicurazione al carburante. In futuro potrebbero usare questo sistema anche dei (molto evoluti) condomini in cui i residenti condividono l’uso di automobili parcheggiate nel garage comune; ogni operazione di noleggio viene registrata automaticamente su un “registro digitale”. Anche i sistemi di car sharing attuali registrano le operazioni, ma la gestione fa capo solo al fornitore del servizio; col blockchain, invece, il sistema è distribuito su vari computer e accessibile agli utenti. Il sistema è un po’ di tutti e un po’ di nessuno. Decine di casi d’uso (non da Elon Musk) In definitiva il bitcoin è un sistema “democratico” della gestione della moneta. Visto il boom del prezzo e l’assenza di controlli centralizzati, i rischi non mancano, se non altro di una bolla speculativa, ma la tecnologia sottostante per la distribuzione e gestione dei dati è qui per restare, dicono i consulenti dell’americana Tractica. Secondo Tractica, ci sono 30 possibili casi d’uso del blockchain nel settore automobilistico: uno è la manutenzione digitalizzata (l’ha annunciata anche Renault), dove la tecnologia blockchain permette di creare un registro elettronico con la storia della macchina e degli interventi di riparazione; lo stesso sistema si può usare nel passaggio di proprietà. La start up Oaken Innovation ha dimostrato il funzionamento di un pedaggio con tecnologia blockchain, mentre il costruttore indiano Mahindra sta studiando gli usi del blockchain per le operazioni di finanziamento dell’acquisto. Un modo nuovo di fare le cose di sempre? Forse sì, molto pratico e molto meno fantasioso di Satoshi Nakamoto, lo pseudonimo dietro cui si cela chi ha inventato il bitcoin e la cui identità resta un mistero. Ma non è Elon Musk: a un ex stagista che lo associava al padre fondatore della moneta virtuale, il numero uno di Tesla ha prontamente ribattuto in un tweet che “non è vero”. 15 Dicembre 2017 ·
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BUSINESS
Toyota e Panasonic, insieme per l’elettrica.
Crescita annunciata Panasonic ha messo le batterie al centro della propria strategia economica, imponendosi l’obiettivo di raddoppiare il fatturato nel settore automobilistico. La multinazionale giapponese entro il 2022 punta ad arrivare a 18,8 miliardi di euro. Per questo motivo sta incrementando la capacità di produzione di accumulatori a livello globale: all’inizio del 2018 inizierà a sfruttare al massimo la potenzialità della Gigafactory di sua proprietà in Nevada e a seguire rafforzerà anche il sito di Dalian, in Cina. In futuro è prevista l’apertura di nuovi centri anche nello stesso Giappone.
SICUREZZA
CARLO CIMINI
Euro NCAP: Fiat Punto, zero in condotta. REDAZIONE ■ Toyota e Panasonic hanno formalizzato la loro partnership per lo sviluppo congiunto di batterie da utilizzare sui veicoli della Casa giapponese, dando l’annuncio in una conferenza stampa congiunta a Tokyo. Gli accumulatori sviluppati in sinergia dai marchi serviranno a muovere i prossimi veicoli totalmente elettrici del costruttore, e si aggiungeranno a quelle, sempre col marchio Panasonic, che equipaggiano gli ibridi benzina-elettrici e plug-in di Toyota. Alleanza elettrica Dopo aver dominato per anni il mercato soprattutto nel settore dei veicoli ibridi e a idrogeno, infatti, la Casa giapponese ha cambiato decisamente direzione strategica e ha scelto di puntare sul 100% elettrico. Secondo il presidente Akio Toyoda, nei primi mesi del 2020 inizierà la commercializzazione di nuovi veicoli esclusivamente a batteria. La leader del mercato Lo sviluppo avverrà anche grazie al contributo di Panasonic, che è già il principale fornitore del colosso statunitense Tesla. Secondo uno studio di Nomura Research, nella prima metà del 2017 l’azienda di Kazuhiro Tsuga è con il 29% del totale, la leader del mercato mondiale degli accumulatori per automobili. La principale rivale, LG, si ferma al 13%, la cinese Byd a 10% e la Amperex Technology al 9%. 8
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■ L’ultimo test Euro NCAP del 2017 si chiude con un sorprendente zero stelle. È il punteggio finale che ha ottenuto la Fiat Punto durante le prove di sicurezza. La berlina italiana, sul mercato dal 2005, paga un’età non più giovanissima e un progetto non più al passo dei tempi. Non a caso a far scendere il punteggio con zero stelle è stata l’assenza a bordo della Fiat Punto di dispositivi di assistenza alla guida (in questa pagina di Euro NCAP tutti i risultati). Un poco meglio è andata nelle altre prove quelle per la protezione degli adulti o dei bambini e, fuori della vettura, dei pedoni, per la quale il modello italiano ha riporta-
to un punteggio di due stelle. Si ricorda che la Fiat Punto è stata venduta nei primi 11 mesi del 2017 in Italia in oltre 35mila unità. Le più sicure Promosse a pieni voti con un punteggio di 5 stelle invece Bmw Serie 6, Hyundai Kona, Kia Stinger, Jaguar F-Pace e Toyota Yaris. Il punteggio più alto è stato ottenuto dalla Jaguar F-Pace. Un risultato che premia così vetture di segmento e categoria differenti, segno che si può viaggiare sicuri anche a bordo di piccole city-car. Prova superata Qualche gradino più in basso le altre con tre stelle ottenute da: Alfa Romeo Giulietta, Dacia Duster, DS 3, Kia Stonic, Ford C-Max e Grand C-Max, MG ZS, Opel Karl e Toyota Aygo, spesso penalizzate per l’assenza di sistemi di frenata di emergenza: “L’ultima serie di test Euro NCAP 2017 dimostra che solo con una adeguata e performante dotazione di sistemi di assistenza alla guida è possibile raggiungere la valutazione di 5 stelle. Invitiamo nuovamente i costruttori ad investire in sicurezza, dotando i propri modelli di queste tecnologie, anche quelli già presenti sul mercato, primo fra tutti il freno automatico di emergenza”, l’appello per la sicurezza del presidente dell’ACI, membro dell’Euro NCAP, Angelo Sticchi Damiani.
AUTO E MOTO
Ford Ecosport, cambia in meglio. EDOARDO NASTRI
nendo delle dimensioni compatte (4,09 di lunghezza, 1,84 di larghezza e 1,64 di altezza). Per strizzare l’occhio ai più sportivi e ai più giovani è disponibile il nuovo allestimento ST-Line, che offre colorazioni dedicate con tetto a contrasto, interni con cuciture rosse e volante specifico, cerchi in lega da 17 o da 18 pollici (optional), spoiler e minigonne laterali. Stile Fiesta Anche gli interni sono cambiati in meglio, seguendo l’impostazione stilistica secondo Fiesta. La plancia è dominata dallo schermo flottante dell’infotainment, a seconda delle versioni da 4,5, 6 o 8 pollici, più in basso ecco le bocchette d’areazione e i comandi fisici del climatizzatore. La qualità dei materiali è migliorata rispetto alla versione precedente, ora le plastiche più rigide sono dedicate alla parte bassa dell’abitacolo oppure ai panelli delle portiere. Chiara e ben leggibile la strumentazione, è possibile avere un comodo display digitale da 4.2 pollici incorniciato da conta giri e conta chilometri, che fornisce le informazioni e i dati di guida al conducente. Il Ford Sync 3 Per quanto riguarda la tecnologia, è equipaggiata con il Ford Sync 3 che prende molto bene i comandi grazie all’ottimo display capacitivo e risulta intuitivo nell’utilizzo. In fatto di sistemi di assistenza alla guida fa meglio la sorella Fiesta: sulla Ecosport sono disponibili solo il controllo dell’angolo cieco e il cruise control non adattivo. Suv urbano Abbiamo guidato la vettura sulle strade del Portogallo vicino a Lisbona, dove sono emerse le sue chiare doti di suv cittadino votato al week end fuori porta, anche grazie al bagagliaio che ha una buona capacità di 356 litri. Lo sterzo ha un carico morbido ed è abbastanza preciso, le sospensioni smorzano bene buche e pavé. Il 1.5 Ecoblue turbodiesel da 125 cavalli sulla versione a trazione integrale è silenzioso anche alle alte andature e grazie ai 300 nm di coppia porta a spasso agevolmente tutti i 1.288 chili del veicolo. In alternativa c’è per la versione a trazione anteriore il 1.0 tre cilindri Ecoboost a benzina da 125 cavalli, sempre e comunque una buona scelta a conferma delle qualità che lo rendono motore dell’anno nella sua categoria dal 2012. Quest’ultimo sarà inoltre declinato nelle potenze da 100 e 140 Cv. Prezzi a partire da 18.750 euro.
■ LISBONA – Ford rinnova la Ecosport per il 2018 partendo da un restyling sostanziale di esterni ed interni e aggiungendo una versione a trazione integrale disponibile solo con un motore turbodiesel. Le novità però non finiscono qui perché la piccola suv cambia passaporto, lasciando l’India per essere prodotta in Europa, precisamente a Craiova in Romania. Ford stima che nel 2018 la crescita delle vendite del segmento B-suv sarà di oltre il 50% in più rispetto al 2017, e si pone degli obbiettivi ambiziosi, puntando a vendere nel nostro paese più di 28 mila Ecosport all’anno. Misure compatte Grazie ai proiettori e alla griglia anteriore di maggiori dimensioni ora la vettura appare più massiccia, pur mante15 Dicembre 2017 ·
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Volkswagen, la Polo diventa GTI. PAOLO ODINZOV
■ GTI, una sigla legata in casa Volkswagen indissolubilmente alla versione “dopata” della Golf che nel 1976 ha aperto un nuovo filone nel mercato, seguito poi da molti costruttori con le loro utilitarie tutto cavalli. Adesso il marchio tedesco ha stampato le tre magiche lettere anche sul cofano della Polo, cresciuta negli anni per dimensioni e contenuti fino a diventare un’alternativa alla stessa Golf. Prestazioni da vera sportiva Alternativa che la Volkswagen propone ora anche al pubblico più “assetato” di prestazioni nascondendo sotto al cofano della celebre compatta di segmento B un motore 4 cilindri 2.0 TFSI da 200 cavalli, associato al cambio Dsg a 6 rapporti, per dei numeri davvero oltre la norma. Schiacciando giù tutto l’acceleratore la nuova Polo GTI, disponibile dal primo trimestre 2018 con carrozzeria a cinque porte e un listino intorno ai 25.500 euro, scatta da 0 a 100 km/h in 6,7 secondi e raggiunge una velocità massima di 237 chilometri orari, potendo contare per far questo anche su una massa contenuta di 1.355 chilogrammi per un rapporto peso/potenza di 6,78 chilogrammi a cavallo. 10
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Dotazioni esclusive Oltre alla meccanica, fornita di serie con un assetto ribassato, la new entry tedesca si distingue dalle sorelle di gamma per l’allestimento dedicato. Questo comprende diverse dotazioni esclusive nell’abitacolo: i sedili sportivi, rivestiti della tradizionale stoffa Clark a quadri rossi, oppure gli inserti decorativi in Velvet Red sulla plancia e il pomello del cambio in pelle. Mentre all’esterno la Polo GTI si fa riconoscere per la tipica cornice rossa sulla calandra, i cerchi in lega leggera Milton Keynes da 17 pollici, le pinze dei freni rosse, i gruppi ottici posteriori con tecnologia Led di colore rosso scuro e le prese d'aria a nido d'ape. Cuore hi-tech Completa la vettura un pacchetto di sistemi hi-tech comprendente il riconoscimento della stanchezza del guidatore, il controllo perimetrale Front Assist con funzione di frenata di emergenza City, la frenata anti collisione multipla, la radio Composition Media con schermo da 8 pollici e 6 altoparlanti, il Volkswagen Connect e molti altri plus tra cui la strumentazione interamente digitale Active Info Display.
AUTO E MOTO
AUTO E MOTO
Subaru XV, un crossover d’Impreza.
Nevs 9-3, e la Saab va a batterie.
LUCA GAIETTA
PAOLO ODINZOV
■ Debutta sulle strade la nuova Subaru XV: versione in chiave crossover della Impreza, appena lanciata nella quinta generazione, destinata a fare numeri nel segmento di mercato dove conquistano vendite modelli a trazione integrale come l’Audi Allroad o la Volvo XC70. Lunga 447 centimetri, a vederla da fuori, la new entry della Casa giapponese si differenzia dal modello da cui deriva anzitutto per i vistosi fascioni paracolpi che ne mettono in evidenza l’anima off-road. Ma anche per l’altezza maggiorata da terra di 22 centimetri che le consente di affrontare senza problemi ogni tipo di fondo stradale.
■ Torna la Saab: dopo il passaggio di mano tra varie società, come la Spyker, e l’acquisizione nel 2012 da parte della Nevs (National Electric Vehicle Sweden), appartenente alla holding cinese Nmeh, la Casa svedese produrrà diversi modelli a batterie con l’obiettivo di diventare sotto il nome della nuova proprietà un altro attore della mobilità elettrica.
Motori benzina e cambio Cvt La Subaru XV, disponibile a partire da 23.000 euro, offre una gamma di motorizzazioni che permette la scelta tra due unità 4 cilindri boxer a benzina, ovvero un 1.6 da 114 cavalli e un 2.0 da 156 cavalli, entrambe associate al cambio Cvt Lineatronic e al sistema di trazione integrale Symmetrical Awd: dotato delll’X-Mode per adattare l’auto ad ogni situazione di guida e della funzione Torque Vectoring per la distribuzione ottimale della potenza sulle ruote in curva. Il modello giapponese è sviluppato poi sulla piattaforma Spg (Subaru Global Platform) irrigidita del 70% rispetto a quella della vecchia generazione e in grado di migliorarne reattività e maneggevolezza grazie al baricentro ribassato di 5 millimetri. Sicurezza al top Completano la vettura numerose dotazioni di sicurezza e assistenza alla guida: compreso il pacchetto EyeSight con la frenata predittiva in città e il Lane Sway Warning che avverte il guidatore se la vettura esce dalla corsia senza che sia stata attivata la freccia.
L’erede EV della 9-3 Prima vettura della nuova era ad arrivare sulle strade sarà la Nevs 9-3, ovvero l’erede a zero emissioni della celebre Saab 9-3: prevista sulle strade entro il 2018 e prodotta per i mercati europei nel sito di Trollhättan, in Svezia, ad un regime di 50 mila unità all’anno. La Nevs 9-3 verrà poi affiancata da altri tre modelli elettrici, per un totale di 220 mila vetture ogni 12 mesi, alcuni dei quali sviluppati dal costruttore assieme a DiDi Chuxing: colosso cinese del car sharing che metterà a disposizione una evoluta piattaforma per i veicoli EV. Nevs afferma di aver già totalizzato circa 300 mila ordini per la 9-3 da parte di provider cinesi che offrono servizi legati all’auto condivisa. Quest’ultima verrà infatti fabbricata anche nella Repubblica Popolare a Tianjin, dove ha sede la Nmeh. Aria pulita e autonomia Nella meccanica, inizialmente la Nevs 9-3 impiegherà lo stesso pianale della vecchia Saab 9-3. Dalle poche caratteristiche trapelate fino adesso, dovrebbe avere un’autonomia di 300 chilometri, raggiungere una velocità massima di 140 chilometri orari e potrà contare tra gli equipaggiamenti su un sistema purificazione dell’aria nell’abitacolo (Always Clean Air Cabin) in grado di filtrare fino al 99% delle particelle d’aria per consentire agli occupanti di marciare in tutta sicurezza anche nelle città più inquinate cinesi. 15 Dicembre 2017 ·
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SMART MOBILITY
Firenze, il bike sharing raddoppia. MARINA FANARA
■ Più di 7.000 biciclette in flotta da condividere in piena libertà, senza vincoli di parcheggio, con presa e consegna in qualsiasi posto della città. È quanto stabilito dal progetto bike sharing in modalità free floating annunciato da Palazzo Vecchio appena qualche mese fa e che ora si avvicina sempre più alla meta. Perché, dopo le bici arancioni dell’operatore cinese Mobike, Firenze ha aperto le porte a quelle verdi di Gobee.bike, nata a Hong Kong da giovani fondatori francesi e che si è aggiudicato il secondo bando lanciato dal comune. Noleggio con l’app In questa fase iniziale i mezzi in circolazione nel capoluogo toscano sono 400, ma aumenteranno gradualmente fino a 4.000 unità così che, aggiunte a quelle di Mobike (che oggi ne conta già più di 3.000) si arriverà, appunto, alle oltre 7.000 biciclette in free floating volute dall’Amministrazione. Anche queste nuove bici possono essere noleggiate con lo smartphone, scaricando l’apposita applicazione tramite iOS e Android che fornisce all’utente un apposito QR code per sbloccare i mezzi. Giunti a destinazione, possono essere lasciate in uno dei 210 stalli presenti in città per il bike sharing o in uno spazio riservato alle due ruote. Le gomme non si forano Il costo del servizio è di 50 centesimi ogni mezz’ora più un 12
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· 15 Dicembre 2017
SPORT
Ecco la Moto-e World Cup. ANTONIO VITILLO
■ Era un annuncio atteso: la Dorna, società organizzatrice dei Campionati del Mondo Moto, e la Energica Motor Company, azienda modenese specializzata nella costruzione di moto elettriche ad elevate prestazioni, saranno insieme per organizzare il primo Trofeo Mondiale FIM per moto a propulsione elettrica. deposito di 15 euro, il pagamento è tramite carta di credito. L’uso è riservato agli utenti registrati. Tutti i mezzi sono dotati di sensori e di un sistema di allarme integrato che permette al gestore di controllare e rilevare eventuali anomalie d’utilizzo, compreso il parcheggio irregolare. In più, le bici sono dotate di ruote piene, senza camera d’aria e, quindi, non si bucano facilmente. Bike sharing è subito amore "Il bike sharing sta andando molto bene a Firenze", ha sottolineato Giovanni Bettarini, assessore alla Smart city, "d’altra parte, stiamo investendo molto nella mobilità ciclabile, crediamo che sia un punto cardine per il futuro della città e la bici condivisa è un capitolo importante di questo percorso". In effetti, il debutto di Mobike è stato un successo: in pochi mesi il servizio registra 100mila iscritti e un milione di chilometri percorsi. Ora con Gobee.bike i fiorentini, e non solo, avranno ulteriori possibilità. "Al momento", spiega Gabriele Vezzani, regional manager del gruppo, "i nostri mezzi possono circolare solo entro i confini di Firenze, ma presto ci espanderemo in tutta l’area metropolitana". Gobee.bike è arrivato in Italia da poco, iniziando da Torino appena un mese mese fa, mentre in Europa vanta una presenza collaudata in Francia (Parigi, Lille e Reims) e Belgio (Bruxelles).
Monomarca italiano Il nuovo campionato si chiamerà Moto-e World Cup, partirà nella stagione 2019 e sarà caratterizzato da moto uguali per i piloti partecipanti. Le due ruote saranno realizzate sulla base della tanta esperienza nelle competizioni accumulata da Energica fin dal 2010, quando con la eCRP 1.4 conquistò il titolo di Campione d’Europa. La formula monomarca, in una fase di avvio del nuovo campionato, si è voluta per limitare i costi di partecipazione e per esaltare le capacità del pilota, non della moto, aumentando pure il livello di spettacolarità delle gare. La Ego diventa da pista I modelli di Energica, dopo la primissima esperienza fatta esclusivamente su prototipi da competizione, dal 2011 hanno iniziato a orientarsi anche verso la produzione di serie. Versioni stradali che, sfruttando la tecnologia utilizzata dal Gruppo Crp – di cui Energica è parte – in ambito aerospaziale e in Formula 1, vedono accorciarsi i tempi di ingegnerizzazione, di ricerca e di sviluppo. Tutte moto dotate di ricarica rapida Dc, in grado di ridare energia alle batterie in solo 30 minuti. Fra i tre modelli in gamma c’è la Energica Ego, dalla quale deriverà il modello da corsa che si utilizzerà nella Moto-e. I test, necessari ad iniziare al meglio la prima stagione motociclistica di gare ecosostenibili, si effettueranno in concomitanza con il Campionato Mondiale MotoGP 2018. 15 Dicembre 2017 ·
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LIFESTYLE
Tom Waits, il cantautore. GIUSEPPE CESARO
■ “Dunque, vediamo: avevamo una Fairlane, poi i giunti saltarono e anche i cuscinetti e allora tua madre volle cambiarla con una Tornado. E così abbiamo preso la Tornado. Dio: odiavo il colore di quella figlia di puttana. Poi il cane distrusse le fodere della Ford, e questo fu molto prima che tu nascessi. La chiamavamo Yellowbird’ (canarino, ma anche vero amore’, ndr): due porte, cambio a tre marce al volante. Mammina fece saltare un pistone e la vendette a Jacobs per un centinaio di dollari. Poi venne la Special: quattro prese d’aria a oblò, non si era mai vista una carrozzeria filare così. Albero a camme in testa, doppio scappamento (che è anche metafora sessuale). Sai: ho avuto… dunque vediamo… quattro Buick e le ho amate tutte. Tuo zio Emmett, invece, beh lui guida una Thunderbird, che apparteneva a tua zia Evelyn. Lei l’aveva distrutta: aveva guidato fino in Indiana senza olio nel motore. E quella fu la sua fine. Vendette quella Cadillac a tua mamma. Tua mamma amava le Caddy. Sospensioni posteriori indipendenti, capote in tela, ottimi pneumatici. Una spugna. Giu14
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· 15 Dicembre 2017
ro che era capace di ripararsi da sola. Ho sempre amato le vecchie auto. Dan Steele me le dava a prezzo scontato. I modelli dello showroom e cose del genere. E poi c’era la Pontiac: Dio, amavo quella Pontiac. Rosso scuro: una specie di sangue di bue. Si guidava che era una meraviglia. Mi manca quella machina, già. Ma era molto tempo fa, sì: molto tempo fa”. Lei è “The Pontiac” un brano recitato più che una canzone, contenuto in “Smack My Crack” (1987), album a più voci al confine tra poesia e rock. Lui è Tom Waits (Pomona, California, 7 dicembre 1949: 68 anni appena compiuti): cantautore, polistrumentista, autore di teatro e di cinema (26 film all’attivo, con registi del calibro di Francis Ford Coppola, Robert Altman, Jim Jarmusch, Terry Gilliam e… Roberto Benigni): una delle personalità più originali e significative del panorama culturale americano. E non solo. Marchio di fabbrica? Una voce letteralmente inconfondibile, che un critico ha definito così: “Sembra l’abbiano immersa in una tinozza di
bourbon, poi appesa per qualche mese in un affumicatoio e quindi l’abbiano portata fuori e ci siano passati sopra con una macchina”. Definizione perfetta. Ascoltare per credere. Muse a 4 ruote Come appare chiaro da un recitato’ nel quale l’auto è protagonista assoluta, le quattro ruote sono onnipresenti nella vita di Waits: quotidianità, canzoni, monologhi, film. Impossibile anche solo elencarle tutte. La lista riempirebbe pagine e pagine. Così come è impossibile citare tutti i testi delle canzoni nelle quali le auto sono parte importante della narrazione. Un sito di fan ne ha contati più di quaranta. Tra le citate – in ordine rigorosamente alfabetico: Buick, Cadillac, Chevrolet, Corvette, Dodge, Duster, Lexus, Lyncoln, Mercury, Mustang, Oldsmobile, Opel, Rolls Royce, Studbacker, Thunderbird e Volkswagen. Attenzione, però: dato che Waits ha fama di essere un bugiardo compulsivo, è anche impossibile sapere quali ha effettivamente posseduto e guidato e quali, invece, sono frutto del suo imprevedibile e tutt’altro che convenzionale genio. 50 dollari per la prima Buick “La mia prima auto – ha dichiarato in un’intervista di fine anni ’90 – mi è costata 50 dollari. Era una Buick Special del ’55”. “E funzionava?”, ha chiesto il giornalista. “Ma certo! Dondola piano, dolce carro: era praticamente una... barca". L’espressione dondola piano, dolce carro’ fa riferimento al titolo di un famosissimo spiritual’ ( Swing Low, Sweet Chariot’) scritto, intorno alla metà dell’Ottocento, da un nativo americano – Wallis Willis – e inciso per la prima volta agli inizi del Novecento dai Fisk Jubilee Singers. Nel 2002, la Biblioteca del Congresso ha inserito il brano nella lista di 50 canzoni che il National Recording Registry’ considera “culturalmente, storicamente o esteticamente rilevanti”. Mai più di 300 dollari Successo e passione per le auto, però, non hanno portato il nostro a investimenti folli, come spesso capita ad altre star. “Non ho mai speso più di 150/200 dollari per un’auto – ha dichiarato, infatti, in un’intervista del ’75. È semplicemente contro la mia etica. È vero, però, che ho investito 300 dollari per una berlina quattro porte Cadillac del 1954; l’ho presa da un rivenditore di usato chiamato Le auto di Jerry Lee’: beve, ma è affidabile. L’ho parcheggiata sotto un albero a casa di un mio amico e credo che, quando tornerò a riprenderla, la troverò coperta di guano di piccione”. Nessuno sa se sia andata davvero così. Suburban Motel “Avevo una Suburban bianca del 72 – ha raccontato in altra occasione Waits – e nessuno in famiglia ci voleva salire. Le mie auto non sono mai piaciute ai miei ragazzi (Waits ha tre figli, avuti da Kathleen Brennan: musicista, autrice di canzoni e produttrice discografica; amore a prima vista il loro, secondo l’artista californiano). Quella sembrava un Motel, e loro avevano persino il coraggio di lamentarsi. Siete scemi – gli ho detto – in un’auto così ci potreste vivere!’”. Confort, tenuta di strada, affidabilità: per questo la station wagon Chevrolet era soprannominata: “La vecchia affidabile”. Tra le particolarità, i vetri fumé: “Ci sono delle volte – spiegava Waits – che vuoi entrare di nascosto, farti gli affari tuoi, e poi sgattaiolare fuori”.
L’auto? Un vestito All’inizio degli anni ’70, il produttore Jerry Yester aiutò Waits a trovare una bellissima Buick del ’52. Pare che, nel giro di un paio di settimane, l’auto fosse ridotta a un cassonetto: giornali, carte di caramelle e lattine di birra vuote, ovunque. “L’auto è un vestito – commentò l’artista – ti deve calzare alla perfezione”. Waits amava bere birra parlando del più e del meno, seduto nella sua Buick: comprava una confezione da sei lattine, parcheggiava l’auto da qualche parte e cominciava a parlare. “E così gli ho detto: Addio, ragazzi: ci vediamo, perché la mia Buick è là fuori che mi aspetta’” (“So Long I’ll See Ya”, 1971). L’ufficio nella Thunderbird “Guidavo una Thunderbird del ’65 – ha ricordato in una intervista del ’75 – color marrone cacca di scimmia; bisognava sistemarle continuamente le valvole, beveva almeno quattro litri d’olio alla settimana e non faceva nemmeno due chilometri con un litro: il serbatoio era sfondato. Con lei ho fatto il mio primo incidente. Un tamponamento a catena, che ha coinvolto quattro macchine: colpa mia. Andavo a 40 all’ora, ma pioveva… Ora è in pessime condizioni: non ce la fa più. L’ho parcheggiata: la userò come ufficio”. La Roadmaster 1955 “Il tempo volava, sono saltato sulla mia Vecchia ’55’ il più in fretta che ho potuto. Guidavo lentamente, mi sentivo alla grande: vivo! Il Sole stava per sorgere, accanto a me c’era la Fortuna in persona; l’autostrada, le auto, i camion; le stelle cominciavano a svanire e io guidavo la parata: mi sarebbe piaciuto essere rimasto un po’ di più… Oh, Signore, lascia che ti dica che questo sentimento diventa sempre più forte…”. È “Ol’ ’55” (1973) ed è dedicata ad una Buick Roadmaster del 1955, acquistata per 125 dollari. “Mamma mia! Quella è un’auto della quale mi fido ciecamente è davvero fantastica! Salire a bordo di una di queste meraviglie, ti fa sentire un’altra persona. Per molti anni ho amato soprattutto le Buick: ho avuto due Special, un paio di Century e una Super. E, alla fine, ho trovato questa Roadmaster: e sono stato davvero fortunato! Per questo le ho dedicato questa canzone”. Nemmeno a questa Buick è andata così male. Come a chi ha la fortuna di incrociare parole e note di una delle più grandi voci del nostro Tempo, del resto.
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15 Dicembre 2017 ·
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AUTO FOCUS
A spasso col futuro. THOMAS GEIGER
A bordo della Smart Vision EQ in un viaggio esclusivo verso il domani per le strade di Akihabara, il quartiere più futuribile di Tokyo.
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· 15 Dicembre 2017
...dal nostro mensile
www.lautomobile.it
INNOVAZIONE I MOTORI I LIFESTYLE
Anno 119°
Nuova serie • Anno 2 • Numero 13 • Dicembre 2017 • €3,00
Spedizione Poste Italiane Spa - Postatarget Magazine. Pubblicazione Mensile. Data P.I. 02/12/2017
PUBBLICATO SUL NUMERO 13 - DICEMBRE 2017
IL MINISTRO LOTTI: LO SPORT E IL FUTURO DELLA MOBILITÀ
15 Dicembre 2017 ·
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■ TOKYO – È la casa del Tamagotchi. E del piccolo robot Astro Boy, un’autentica star da queste parti. Tutti qui trattano i giocattoli elettronici come membri della famiglia: se c’è allora il posto ideale per un anticipo di futuro a bordo di un'auto-robot, è proprio il quartiere di Akihabara a Tokyo. In una bolla di sapone Un salto verso il domani reso ancora più estremo scendendo da una Toyota Crown taxi, col suo look vintage, | Dicembre 2017
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· 15 Dicembre 2017
l’autista in guanti bianchi e la copertina lavorata all’uncinetto sul sedile posteriore, per salire sul concept della Smart Vision EQ. Svelata al Salone di Francoforte a settembre, questa piccola auto, tonda come una bolla di sapone, incarna il futuro della mobilità urbana così come lo immagina il gruppo tedesco Daimler. C’è tutto: la trazione elettrica dell’attuale Smart ED, l’integrazione ai servizi di sharing come Car2Go e la guida autonoma di livello 5, il massimo quando si parla di automazione. Una “bubble car” pensata per attraversare le città
senza alcun conducente per andare a prendere ovunque le persone e portarle a destinazione. Chiunque essa sia e in qualsiasi orario. Come un battito d’ali Un salto in questo futuro durato una notte. Ecco che la portiera circolare di vetro della Vision EQ si apre come in un battito d’ali – o forse come un gigantesco oblò di una lavatrice – e la Smart dà il benvenuto nel suo avvolgente interno fresco e pulito, che fa pensare a una minuscola nave
A bordo di Smart Vision EQ può capitare di condividere il viaggio con una cosplayer.
nessuno e, mentre ci si siede in questa fragile bolla di sapone che cerca di farsi largo in uno degli incroci più trafficati di Tokyo, si è completamente dipendenti di chissà quale mente artificiale. A pensare che un sabato sera in giro per Akihabara, si potesse trasformare in una bizzarra notte, non sarebbe stato facile immaginare delle sensazioni così strane come queste. In confronto, cantare canzoni giapponesi al karaoke, vestiti da personaggo dei fumetti manga è compito molto più facile. spaziale. Un comodo divano bianco, luci blu, un grande schermo davanti e assolutamente nessun comando: niente pulsante di accensione o spegnimento, niente maniglia per le porte e, soprattutto, niente volante e pedali. Per chi come noi è ormai abituato a farsi trasportare dal robot alla guida è comunque una sensazione incredibile: in tutti gli altri prototipi o auto di serie provate, restava ancora qualcosa dei comandi e, nella maggior parte dei casi, c’era anche un guidatore perché nella vita non si sa mai. Questa volta non c’è nulla e
Una tazza di sakè Ma in uno scenario insolito, futuristico e lontano dalla realtà come Tokyo di notte, ci si può abituare anche a un’esperienza del genere, cominciando a godersi una nuova libertà, quella di andare in macchina senza guidare. Per la prima volta girare in auto potrebbe significare osservare l’ambiente circostante, godersi senza rimorsi una tazza di sakè caldo e persino invitare altri passeggeri, come è accaduto a noi con la sofisticata e stravagante cosplayer Yui (in foto), semplicemente trascinan-
do un’icona sullo schermo. Perché, ovunque si vada, altri utenti del sistema di car sharing possono richiedere un passaggio e il maxi schermo al posto del cruscotto visualizza il loro profilo, permettendo di fare la scelta giusta. Amore a prima vista. Una buona autonomia Basta poco per metterci a nostro agio in questa strana situazione e cominciare a goderci il nostro giro in questa vera macchina del tempo: la Vision EQ si avvicina lentamente al marciapiede e, senza alcun rumore, apre le porte. Non perché si è arrivati a destinazione, né perché la batteria, caricata senza fili in modalità induttiva wireless, sia esaurita: l’auto ha un’autonomia di 250 chilometri e nell’ordinato ma intenso traffico notturno di Tokyo, con severi limiti di velocità, è possibile fare anche molto di più. Il vero motivo però per cui la piccola Smart si è fermata è perché è arrivato il momento del ritorno alla realtà. È la fine di un viaggio reale verso un futuro che ancora non c’è. Persino qui nelle strade di Akihabara. Perché nonostante tutto anche a Tokyo è ancora solo il 2017. Dicembre 2017 |
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