l'Automobile Week 34

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Supplemento settimanale a l’Automobile.

INNOVAZIONE I MOTORI I LIFESTYLE

Settimanale digitale • Anno 2 • Numero 34 • 30/3/2018

Stelle a New York. PAOLO ODINZOV ■ Salone di New York e car sharing, questa settimana trattiamo due argomenti all’apparenza distanti, ma che insieme danno nuovi segnali del forte cambiamento in atto nel mondo dell’auto. Alla rassegna d’oltreoceano in programma dal 30 marzo all’8 aprile, una parata di vetture “verdi” e rispettose dell’ambiente mostra che anche lì, nel Paese dove l’amministrazione Trump ha rivalutato perfino il car-

bone e patria storica dei motori V8, sta crescendo una coscienza ecologica a fronte di una emergenza climatica sempre più grave. Anche il car sharing è in aumento, perché rinunciare all’auto di proprietà e utilizzare una vettura “in affitto” a tempo è una tendenza che non ha più confini. In America come soprattutto in Italia, dove il fenomeno è in forte espansione, con 35 città servite da sistemi di mobilità condivisa per un pubblico potenziale di 18 milioni di clienti. Un record nel 2017, destinato a essere battuto come tutti i record.



AUTO E MOTO

Auto e sirene a Manhattan. PAOLO ODINZOV

■ Al Salone di New York si fanno gli scongiuri. Le previsioni degli analisti per il 2018 vedono al ribasso le vendite negli Usa dopo sette anni di crescita. E le stime, a causa anche delle politiche protezionistiche di Donald Trump che potrebbero colpire il settore auto, trovano già conferma nel numero delle immatricolazioni dei primi due mesi dell’anno, -0,8% con un ribasso del 2,4% nel mese di febbraio. Senza contare che nel mercato americano è in atto un forte cambiamento, destinato a riservare sorprese, dovuto alla avanzata delle vetture ibride e a zero emissioni. Tanti cavalli e tante spine Proprio per questo motivo lo show della Grande Mela, in programma dal 30 marzo all’8 aprile, spacca la mela in due. Da una parte funge da palcoscenico per il battesimo di numerosi modelli a benzina tuttocavalli, dall’altra fa da trampolino di lancio per diverse automobili a batteria che mirano a conquistare il pubblico d’oltreoceano. I modelli a benzina Appartengono alla prima categoria vetture come la nuova e potentissima Cadillac CT6 V-Sport, variante top di gamma ad alte prestazioni da 550 cavalli della celebre berlina,

la pompatissima Jaguar F-Pace SVR, che lancia la sfida ai cosiddetti suv di pista, prima fra tutte l’Alfa Romeo Stelvio Quadrifoglio. Oppure, la Maserati Levante GTS, la Kia K9 e la quinta generazione della Subaru Forester. Le vetture “verdi” Pronte a farsi vedere per la prima volta dal pubblico alla rassegna americana e destinate ad arricchire il fronte “verde” del mercato sono la nuova Toyota Rav4, con due motorizzazioni ibride oltre un 2 litri a benzina; la nuova Honda Insight solo ibrida eterna rivale della Toyota Prius, e la Volkswagen Atlas Cross Sport. Ovvero il concept che prefigura un suv a 5 posti della marca tedesca che sarà lanciato sul mercato Usa nel 2019 con una motorizzazione ibrida plug-in da 355 cavalli. La “vecchia” Mini diventa elettrica La Mini ha realizzato in occasione del Salone una versione della vecchia Cooper, restaurata ed equipaggiata con una propulsione completamente elettrica. Modello che neppure il geniale Alec Issigonis, padre della celebre utilitaria d’oltremanica, avrebbe mai potuto immaginare e che anticipa la nuova Mini EV destinata ad arrivare sulle strade il prossimo anno. 30 Marzo 2018 ·

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AUTO E MOTO

Toyota, la Rav4 è tornata.

CARLO CIMINI ■ All’Auto Show di New York (30 marzo – 8 aprile) Jaguar ha presentato la F-Pace in versione Svr, più potente rispetto alla versione precedente. Il suv britannico monta un benzina 5,0 litri V8 da 550 cavalli in grado di raggiungere i 100 chilometri all’ora in 4,3 secondi e una velocità massima di 283 chilometri orari. Il prezzo della F-Pace Svr parte da 103.250 euro e sarà ordinabile a partire da maggio. Look aggressivo La versione Svr – progettata nel nuovo centro tecnico Special Vehicle Operations (Svo) di Jaguar, nel Warwickshire, in Inghilterra – dona un nuovo look alla F-Pace: fiancate ribassate e un nuovo spoiler posteriore inserito per migliorare la stabilità della vettura a velocità più elevate. Inoltre il suv britannico è dotato dell’Electronic Active Differential posteriore per ottimizzare la trazione e le dinamiche di guida. Il bagagliaio della Jaguar mantiene i 650 litri di capacità minima mentre il sistema infotainment, dotato di display Touch Pro da 10 pollici, permette ai passeggeri di connettere fino a 8 dispositivi grazie all’hotspot wifi 4g presente a bordo. La F-Pace Svr infine è equipaggiata con una serie di sistemi di sicurezza attivi di aiuto alla guida: l’All-Wheel Drive con Intelligent Driveline Dynamics, l’All Surface Progress Control e l’Adaptive Surface Response.

PAOLO ODINZOV

■ Toyota ha presentato al Salone di New York la quinta generazione della Rav4, attesa sui mercati nel primo trimestre del 2019. La sport utility giapponese rimane praticamente invariata nelle dimensioni. Cresce però di 30 millimetri nel passo, per un totale di 2,69 metri, a vantaggio di maggior spazio nell’abitacolo e di un bagagliaio ancora più capiente. Più filante e performante Caratterizzata dal design più filante della carrozzeria, che riprende nelle forme alcuni tratti dal concept FT-AC presentato allo scorso Salone di Los Angeles, la nuova Rav4 è stata sviluppata utilizzando la stessa piattaforma Toyota New Global Architecture impiegata sulla C-HR e sulle ultime generazioni di Auris e Prius. Soluzione che ha permesso di aumentare la rigidità della scocca del 57% e migliorarne prestazioni e dinamica di guida. Un 2.0 benzina e un ibrido 2.5 Nelle motorizzazioni la Rav4 potrà contare su un propulsore di 2.0 litri a benzina, oppure su un sistema ibrido che prevede l’accoppiata tra un 4 cilindri benzina di 2.5 litri e due unità elettriche. Ambedue offerti con la trazione integrale e un cambio automatico (Cvt sull’ibrido).

AUTO E MOTO

Jaguar F-Pace, nuova Svr. 4

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AUTO E MOTO

Honda rinnova l’Insight. VALERIO ANTONINI ■ Il costruttore giapponese ha presentato al Salone di New York la nuova Insight, terza generazione della berlina compatta a trazione ibrida lanciata nel 2000. Il modello, annunciato come concept al Motor Show di Detroit, si posiziona tra la più sportiva Civic e la più grande Accord. Fa parte della serie Honda Clarity, la famiglia di veicoli “verdi” del marchio.


con 5 porte. Questa versione della RS5 è dotata della più potente motorizzazione nella propria gamma. Velocità e prestazioni La sportiva RS5 è spinta dal motore bi turbo Tfsi V6 da 2,9 litri da 444 cavalli che le permette di raggiungere i 100 chilometri all’ora in meno di quattro secondi e una velocità massima di 250 chilometri orari – fino a 280 con il pacchetto Dynamic plus opzionale – grazie anche al cambio automatico tiptronic a otto rapporti a trazione integrale.

Estetica più tradizionale La nuova Insight presenta linee decisamente più morbide rispetto alla versione precedente, con forme che l’avvicinano di più a una coupé e che dovrebbero incidere positivamente sull’aerodinamica per ridurre i consumi. La nuova Insight, che ha ereditato la piattaforma dalla Honda Civic del 2017, nasce per competere con l’ultima generazione, sempre ibrida, della Toyota Prius. È alimentata da un motore termico a benzina da 1.5 litri a ciclo Atkinson che, abbinato a un propulsore elettrico, è in grado di generare una potenza complessiva di 151 cavalli e 267 Nm di coppia massima. L’Insight, stando ai dati della Casa, è in grado di percorre 23,3 chilometri con un solo litro di benzina. Abbina tre modalità di guida da selezionare: Normal, Econ e Sport. A seconda della scelta possono influire sulla rigenerazione di energia in frenata, alterando i consumi del veicolo in base alla prestazioni. Connessa e sicura La Honda Insight monta sulla plancia un display a colori touch screen da 8 pollici che permette di connettere il veicolo a sistemi di infotainment come Android Auto e Apple CarPlay. Fra gli optional l’impianto stereo a 10 amplificatori e HomeLink Remote System. Diversi anche i sistemi di assistenza alla guida di serie che rientrano nel programma Honda Sensing: riconoscimento della segnaletica orizzontale e verticale, frenata automatica d’emergenza, cruise control adattivo e line control per il mantenimento automatico della corsia. In Italia arriverà nel 2019.

AUTO E MOTO

Audi punta sui cavalli. SERGIO BENVENUTI ■ La nuova Audi RS5 Sportback fa il suo debutto mondiale al Salone Internazionale dell’Auto di New York (30 marzo – 8 aprile). La sportiva tedesca svela un design da pista ma

Per tutti i gusti Il guidatore può personalizzare la propria esperienza di guida attraverso il sistema standard Audi drive select, che offre quattro modalità di guida: comfort, auto, dinamica e individuale. Oltre alle prestazioni, chi starà al volante della RS5 Sportback ha a disposizione un sistema infotainment all’avanguardia (inclusi Apple CarPlay e Android Auto). L’Audi RS5 che sarà in vendita nella seconda metà del 2018 sul mercato americano e canadese, mentre tra pochi mesi debutterà anche in Europa e in Cina. Non sono ancora noti i prezzi per l’Italia.

AUTO E MOTO

Maserati la Levante, più potente. CARLO CIMINI ■ Dopo averlo annunciato in un’immagine in anteprima, Maserati mantiene la parola e presenta all’Auto Show di New York – in programma dal 30 marzo all’8 aprile – la versione Gts di Levante. Dal debutto del 2016, in occasione del Salone di Ginevra, il suv premium del Tridente si mostra in una veste più sportiva e, anche, in una più esclusiva con la denominazione Trophy. 30 Marzo 2018 ·

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Design grintoso L CT6 V-Sport eredita diverse soluzioni stilistiche dalla concept car Escala con cui la Cadillac ha anticipato lo scorso anno un nuovo corso di design. Si differenzia nella linea dalle sorelle di gamma soprattutto nella parte anteriore, dove sfoggia una griglia dallo stile grintoso, affiancata da sottili gruppi ottici a Led. Ribassata nell’assetto prevede anche dei cerchi da 20 pollici che lasciano intravedere l’impianto freni potenziato, appositamente sviluppato dalla Brembo.

La tempesta è arrivata Maserati lo aveva annunciato come un temporale: “A new storm is coming”. L’evoluzione del suv Levante ha un design ancora più sportivo: un kit in fibra di carbonio sulle prese esterne dei paraurti, uno spoiler posteriore e un nuovo impianto di scarico a quattro uscite. Sotto il cofano pulsa un motore V8 da 3,9 litri bi turbo, sviluppato in Ferrari ma modificato dagli ingegneri della Casa italiana, che è capace di erogare una potenza di 530 cavalli associato a un cambio automatico a otto rapporti e a un sistema di trazione integrale.

AUTO E MOTO

Cadillac, una berlina da pista.

Un V8 da 550 cavalli Sotto al grintoso vestito la Cadillac CT6 V-Sport nasconde un inedito motore V8 Twin-turbo di 4.2 litri, associato a un cambio automatico a dieci rapporti, in grado di fornire 550 cavalli con una coppia di 850 newtonmetri. Dispone poi di un pack specifico di sistemi per l’assistenza alla guida, unito nelle dotazioni a delle sospensioni elettroniche e un differenziale sportivo.

BUSINESS

New York, tasse a Manhattan. PATRIZIA LICATA

LUCA GAIETTA

■ Cadillac ha presentato al Salone di New York la nuova CT6 V-Sport: versione top di gamma della celebre berlina in vendita sul mercato americano, che punta su lusso e sportività per andare a sfidare modelli come la Bmw M5 e l’Audi RS6. 6

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■ New York City vuole seguire le orme di Londra e istituire una “Congestion charge”, una tassa da far pagare ai veicoli che entrano in centro, soprattutto a quelli che inquinano di più. E la proposta fa già scuola negli Usa. La “Congestion charge” proposta dal governatore democratico dello stato di New York, Andrew Cuomo, per la metropoli simbolo della costa est degli Stati Uniti diventa il modello cui guardano anche le città ad ovest – San Francisco, Los Angeles, Seattle, Portland – consapevoli che il traffico non fa che aumentare e che per ridurlo, al momento, non c’è altra soluzione che tassarlo.


Quanto costerebbe La proposta è stata lanciata da un gruppo di lavoro creato dallo stesso Cuomo l’anno scorso: l’accesso a Manhattan nei giorni lavorativi, dalle 6 alle 20, costerebbe 11,52 dollari al giorno per le automobili, 25,34 dollari al giorno ai furgoni e fra 2 e 5 dollari per corsa ai taxi e ai servizi alternativi come Uber. Gli esperti calcolano che il traffico in centro si ridurrebbe del 13%. Paradossi della mobilità A New York la proposta della tassa sul traffico era già stata messa sul tavolo nel 2008, e bocciata. Era andata così anche a San Francisco con lo schema di “Congestion charge” del 2010, inattuato. A circa dieci anni di distanza, la situazione smog è deteriorata: la crescita economica e occupazionale implica che più persone si spostino verso il centro delle città per lavorare. I parametri della sostenibilità ambientale sono intanto diventati più severi, soprattutto in Stati “green” come la California. I servizi di ride hailing – i taxi privati, in pratica – paradossalmente non sempre migliorano la situazione: a New York, per esempio, mentre è diminuito il numero di corse effettuate dai taxi, sono aumentate quelle svolte da auto a noleggio e operatori come Uber e Lyft. Sicuramente qualche auto privata viene lasciata a casa, ma il risultato finale è che le macchine in circolazione sono di più. Nel frattempo sono state ampliate le piste ciclabili e le corsie per gli autobus e lo spazio per le automobili è diminuito, aumentando la congestione. Fra il 2013 e il 2017, il numero di veicoli a noleggio nel centro di Manhattan è più che raddoppiato nelle ore di punta e la velocità media a cui viaggiano i taxi nel cuore della Grande Mela è di 4,7 miglia all’ora contro 6,7 miglia orarie nel 2012, riporta il Wall Street Journal. Soldi per la metro Il governatore dello Stato di New York ha un obiettivo duplice: scoraggiare l’uso dell’auto e ridurre l’inquinamento, finanziando con i soldi della congestion charge l’ammodernamento del sistema di trasporto pubblico della Grande Mela. Il gruppo di lavoro istituito dal governatore sostiene che con la congestion charge l’ente municipale Metropolitan Transportation Authority potrebbe disporre di un miliardo di dollari l’anno per rinnovare il sistema pubblico. Attualmente vagoni, binari e segnaletica mai aggiornati e carenza di manutenzione sono responsabili del ritardo di almeno il 35% dei treni metropolitani che circola durante la settimana lavorativa – la media peggiore degli Stati Uniti. Non è un pesce d’aprile Occhi puntati su New York City, dunque. Le amministrazioni di San Francisco, Los Angeles, Seattle e Portland hanno in mente schemi simili: si tassa l’ingresso in centro per ridurre lo smog e finanziare il potenziamento dei mezzi pubblici. Se nella metropoli sull’Atlantico la tassa sul traffico viene approvata e funziona, la strada per i loro progetti di “Congestion charge” sarà tutta in discesa. Per evitare una nuova bocciatura, i democratici di Cuomo hanno ammorbidito la proposta: la tassa a New York verrebbe introdotta gradualmente e intanto verrebbero potenziati autobus e metro; la tariffa per entrare in centro potrebbe essere addirittura limitata ai veicoli a noleggio e ai servizi di ride hailing. La battaglia è tutta politica: Uber sottolinea che la tassa sul traffico va bene ma solo se riguarda tutti i

veicoli, la coalizione di ambientalisti ed esperti di trasporti FixNYCTransit fa lobby per il sì, i repubblicani rispondono che la congestion charge a loro non interessa. La proposta di Cuomo sarà discussa come parte della legge di bilancio il 1 aprile e ora il governatore deve solo sperare che nessuno faccia scherzi.

SMART MOBILITY

New York, Uber batte il vecchio taxi. GLORIA SMITH

■ I caratteristici taxi gialli di New York City piacciono sempre meno ai residenti e ai turisti della Grande Mela: chi vive e si sposta a New York preferisce i servizi di ride hailing, l’alternativa privata gestita da società come Uber e Lyft. A confermarlo sono i dati della New York City Taxi & Limousine Commission, l’agenzia dello Stato di New York che assegna le licenze per taxi, veicoli con conducente e limousine di lusso. Solo 10 milioni di viaggi L’elaborazione dei dati pubblicata su toddwschneider.com svela che a fine 2017 le corse mensili con i servizi di ride hailing attivi a New York (Uber, Lyft, Juno, Via, Gett) sono 15 milioni mentre le corse effettuate dai taxi sono meno di 10 milioni. Il sorpasso è avvenuto a febbraio 2017: da allora i servizi privati hanno cominciato a coprire più viaggi dei taxi con licenza pubblica. L’accelerazione è stata sensazionale: in quattro anni le società del ride hailing sono passate da 0 a 15 milioni di corse al mese, mentre le vetture gialle ne hanno perse in media 5 milioni ogni mese. Manhattan ultima roccaforte Se si esce da Manhattan e si limita il calcolo agli altri quattro quartieri di New York – Bronx, Brooklyn, Queens e Sta30 Marzo 2018 ·

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ten Island – Uber e gli altri operatori alternativi si erano già presi la posizione dominante nel 2016; ora effettuano dieci volte più corse dei taxi pubblici. Ma anche in centro (e agli aeroporti JFK e LaGuardia) Uber e le altre diventano sempre più popolari e complessivamente (tutti gli spicchi della Grande Mela inclusi) effettuano a dicembre 2017 il 65% di corse in più rispetto ai taxi gialli. O verdi: i gialli servono soprattutto Manhattan, i verdi gli altri quattro distretti. La sostanza non cambia: i newyorkesi preferiscono aprire la app sullo smartphone e prenotare Uber.

AUTO E MOTO

Genesis Essentia, elettrica “umana”.

corpo della vettura. Le porte a farfalla consentono di entrare e uscire senza fatica e un sensore montato centralmente integra la funzione della lettura delle impronte digitali e il riconoscimento biometrico del volto per l’apertura e la chiusura delle portiere, come se fosse uno smartphone di ultima generazione. Connessa con casa Davanti al guidatore si trova uno schermo esteso da 8 pollici attraverso il quale si può gestire, tramite un controller centrale, un gran numero di informazioni. Essentia può connettersi anche con l’impianto di domotica della casa per programmare, ad esempio, l’accensione delle luci del box auto. D’altronde l’intelligenza artificiale svolge un ruolo fondamentale nel concept di Genesis: l’auto è capace di riconoscere vocalmente il guidatore grazie all’Intelligent Assistant ed è in grado di analizzare il comportamento di guida di ciascuno, determinarne l’umore e il livello di stanchezza. I protocolli di trasmissione V2I e V2V – per lo scambio on demand di dati con le infrastrutture e gli altri veicoli – sono integrati a bordo, così da fornire informazioni su eventuali pericoli o aggiornamenti in prossimità del tratto stradale.

CAR SHARING

Sharing mobility, Italia boom.

CARLO CIMINI

MARINA FANARA

■ Genesis, marchio premium di Hyundai, non si pone limiti e va oltre la definizione di auto. Al Salone di New York svela il concept Essentia, la sua prima supercar totalmente elettrica che verrà lanciata sul mercato entro il 2021. Una vettura “umana”, capace di interagire attivamente con chi sta al volante, in grado di riconoscerne il volto, le impronte digitali e la voce del proprietario. Elettrica che va veloce La granturismo Essentia presenta una monoscocca in fibra di carbonio e interni personalizzati che nascondono un potente pacco batteria alloggiato sotto al tunnel centrale. Elettrica ma senza alcun compromesso in termini di prestazione: da 0 e 100 chilometri all’ora in circa 3 secondi. Esternamente poi il concept mostra un cofano lungo e un abitacolo a trapezio, con dei fari estremamente sottili a filo e integrati nel 8

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■ Cresce a ritmi sostenuti l’Italia della mobilità condivisa: tra car, bike e scooter sharing, carpooling e i cosiddetti aggregatori (tipo app, piattaforme e taxi privati) l’offerta, nel periodo 2015-2017, è aumentata complessivamente del 50%, con un tasso del 17% annuo. Tradotto, significa che, oggi, 18,1 milioni di italiani, il 28% della popolazione totale,


può usare almeno una formula di mobilità in sharing. Sono questi alcuni risultati del Rapporto nazionale realizzato dall’Osservatorio sulla sharing mobility. “Grandi margini di crescita” “Sono sempre di più le città che attivano almeno una formula di sharing e quelle che lo faranno nel prossimo futuro”, ha detto Raimondo Orsini, direttore Fondazione sviluppo sostenibile, uno dei principali partner dell’Osservatorio. “Non a caso, quasi il il 90% dei progetti dei Comuni che si sono aggiudicati i fondi del governo per la mobilità sostenibile comprendono il lancio di servizi in sharing. E ci sono ancora enormi margini di crescita”. 2017 anno record Per quanto riguarda il car sharing, il 2017 è stato l’anno record durante il quale è stato superato il milione di iscritti. Oggi le auto condivise sono in tutto 7.679 per un totale di 35 città servite in Italia. La crescita è anche qualitativa, essendo aumentata l’offerta di veicoli a zero emissioni, scooter compresi: +3,5% in tre anni, da 620 unità del 2015 ai 2.200 del 2017. Bike sharing mon amour Un’altra formula vincente che si sta imponendo nelle realtà urbane della penisola è il bike sharing: un exploit nell’ultimo anno che ha segnato +147%, grazie soprattutto al debutto della modalità free floating (presa e consegna del mezzo anche al di fuori dei parcheggi dedicati) offerta dai grandi operatori del settore (del calibro di Mobike, Ofo e oBike) che dall’anno scorso, hanno avviato il servizio prima a Firenze, poi a Milano, Roma, Torino e Bologna, solo per citare alcune importanti metropoli italiane. Oggi, considerando entrambe le modalità (a postazione fissa o a flusso libero), le città servite toccano quota 265 con un totale di 39.500 bici condivise.

CAR SHARING

kasko, sono previste le garanzie furto e incendio, eventi naturali, sociopolitici e atti vandalici e un indennizzo per l’eventuale aumento di classe, in seguito a incidente, sulla Rca già attiva sul veicolo. Per quanto riguarda l’utilizzatore del veicolo, la polizza garantisce una responsabilità economica limitata esclusivamente al limite stabilito dalla franchigia che può essere reso ancora più conveniente pagando un sovrapprezzo sul noleggio dell’automobile.

CAR SHARING

Car2go pensa al futuro. FRANCESCA NADIN

Una kasko condivisa. REDAZIONE ■ Nasce la polizza ad hoc per il car sharing peer to peer, una formula particolare di mobilità condivisa che prevede l’“affitto” a terzi di un’automobile quando non è utilizzata dal suo proprietario. L’inedita assicurazione è offerta dalla società assicurativa Europ Assistance insieme a GetMyCar, la piattaforma dedicata ai servizi di sharing mobility tra privati. Car sharing assicurato La nuova polizza prevede una copertura totale, per tutta la durata del noleggio, sia per il proprietario del mezzo che per il conducente che lo utilizza, compresa l’assistenza stradale e legale. Per il conducente, oltre all’assicurazione

■ Un carico di novità. “Car2go in Italia allargherà la presenza nei comuni che gravitano intorno alle metropoli nelle quali operiamo. Abbiamo cominciato da Milano, con l’apertura del servizio a Segrate. Per il resto, puntiamo a offrire un car sharing autonomo e, soprattutto, completamente a zero emissioni come già avviene a Stoccarda, Amsterdam e Madrid”, è quanto ci ha raccontato Gianni Martino, country manager di car2go Italia e Spagna. 30 Marzo 2018 ·

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Dal 2020 a batteria Una svolta, quella dell’elettrico, che sicuramente riguarderà anche la “piazza” italiana delle smart condivise, a partire dal 2020, quando le Smart saranno prodotte esclusivamente a batteria e sostituiranno tutte le auto in servizio car2go. Lo ha detto a chiare lettere Annette Winkler, ceo di Smart, in una intervista a l’Automobile in edicola: “A Milano, come a Roma e a Firenze”, ha dichiarato, “tutta la flotta del car sharing diventerà solo elettrica”. Nel frattempo Daimler e Bmw si mettono insieme, non per costruire automobili ma per diventare un unico grande “venditore” di servizi di mobilità condivisa e sostenibile. I due colossi tedeschi, in realtà, accarezzavano da tempo l’idea di unire le forze: ora il sodalizio è ufficialmente sancito e, una volta ottenuto l’ok delle autorità di controllo della concorrenza, nascerà una joint venture, partecipata al 50% dai due partner, nella quale confluiranno i rispettivi prodotti in materia di car sharing, taxi, sistemi elettronici di parcheggio e di ricarica elettrica, app per la mobilità. Gli obiettivi sono conquistare la leadership nel mondo in un settore che è la chiave del futuro e offrire al cliente una gamma completa di servizi. Per esempio, chi vorrà prendere un’auto condivisa, con un’unica applicazione, potrà scegliere una smart di car2go o una vettura Bmw di Drivenow. Una allenza che servirà anche a generare sinergie, riducendo costi e aumentando la redditività.

mAutoMotive, momento di confronto della filiera della mobilità promosso da Pierluigi Bonora. Secondo lo studio, la condivisione dei veicoli aumenterà costantemente in tutto il mondo, soprattutto nel nostro Paese dove oltre 1,1 milioni di utenti sono i più fidelizzati in Europa ai servizi di car e ride sharing, e rappresentano il 20% della domanda continentale che arriverà a contare 8 milioni di clienti nei prossimi due anni. Scetticismo su auto robot condivisa In uno scenario di mobilità che prevede il ricorso combinato a più forme di trasporto, soprattutto nelle grandi aree urbane, quando rinunciano alla propria auto gli italiani scelgono – secondo AlixPartners – per il 76% delle volte il trasporto pubblico, per il 61% il taxi, per il 31% il car sharing e per il 27% un passaggio condiviso. Italia e Germania sono gli unici Paesi dove il car sharing supera il ride sharing. Tra i fattori chiave per lo sviluppo del mercato, oltre a una riduzione dei costi, gli utenti chiedono un allargamento delle zone di fruizione per il car sharing e un maggior controllo sui driver per il ride sharing. Indipendentemente dall’ultimo incidente mortale in Usa, permane un forte scetticismo verso la guida autonoma, con il 56% degli europei non ancora disposto a salire su un’auto robot condivisa.

Servizi on-demand Nella nuova società confluiranno tutte le formule già offerte dalle due Case per la mobilità: oltre al car sharing, i servizi di ride-hailing (taxi pubblici e privati) come l’app mytaxi, Chauffeur Privé, Cleaver taxi e Beat, le piattaforme per la mobilità on-demand (moovel e ReachNow), i sistemi per il pagamento elettronico dei parcheggi (ParkNow e Parkmobile) e per il rifornimento dei veicoli elettrici che con ChargeNow e Digital charging solutions coprono una rete di 143 mila colonnine, il più grande network di punti di ricarica al mondo. “Si tratta di un’operazione imponente”, ci dice ancora Gianni Martino, “Daimler e Bmw, da rivali, hanno deciso di diventare alleati per la mobilità. Un gioco di forze, insomma, che ci accomuna per una progressiva espansione sul mercato”.

CAR SHARING

INNOVAZIONE

Meglio EVA, il car sharing l’autonoma che l’acquisto. all’italiana. MARCO PERUGINI

PATRIZIA LICATA

■ Il 61% degli italiani vede nella convenienza della mobilità condivisa un valido motivo per evitare o rimandare l’acquisto di un’auto nuova: lo evidenzia la ricerca di AlixPartners presentata a Milano in occasione di #Foru-

■ C’è un nuovo veicolo autononomo in Silicon Valley e ha dentro molta tecnologia italiana. Si tratta di EVA, acronimo per Embedded Vehicle Autonomy, equipaggiata con i chip per la visione artificiale della californiana Ambarella, la so-

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sono capaci di “vedere” ostacoli in un raggio di 150 metri ed elaborare immediatamente i dati affinché l’auto decida come comportarsi. La visione in stereo viene usata anche per riconoscere i segnali visivi, per esempio il semaforo, e incorpora le informazioni delle mappe in HD per una localizzazione accurata anche quando il segnale Gps è debole – come capita in città. EVA utilizza anche la tecnologia della sensor fusion, che permette di fondere e interpretare le informazioni disparate raccolte dalle telecamere visive e dal radar, senza ricorrere ai lidar, la cui velocità nella cattura di questo tipo di informazioni è attualmente inferiore a quella delle soluzioni visive di Ambarella; EVA è così in grado di definire il percorso e muoversi tra le corsie e individuare marciapiedi, barriere, intersezioni, ostacoli, altre automobili, motocicli, biciclette, pedoni. cietà che ha acquisito lo spin-off dell’Università di Parma VisLab e le sue soluzioni per l’elaborazione video e l’automazione dei veicoli. Ambarella ha organizzato in California un’uscita dimostrativa della sua auto driverless sulle strade pubbliche intorno al Santa Clara Convention Center, nei pressi del suo quartier generale. Calcoli super-efficienti L’EVA di Ambarella è un veicolo con tecnologia integrata che garantisce automazione di livello 4: un computer su quattro ruote il cui motore intelligente è l’architettura CVflow, il sistema di processori per la computer vision di Ambarella capace di effettuare migliaia di miliardi di operazioni al secondo e di fornire capacità di machine learning grazie alle reti neurali – in pratica, chip intelligenti che macinano calcoli e imparano dall’esperienza. Made in Italy Con la messa in strada di EVA di Ambarella “dimostriamo principalmente la nostra tecnologia che permette al computer di vedere e che è unica in questo settore”, dichiara a L’Automobile il professor Alberto Broggi, fondatore e general manager di VisLab. “Questa tecnologia è capace di elaborare immagini ad alta definizione (8 megapixel) e in tempo reale (30 frame per secondo) grazie ad algoritmi sia per vista monoculare che stereo. Così otteniamo una descrizione completa dell’ambiente intorno al veicolo, anche quando l’illuminazione è scarsa, con un’affidabilità mai ottenuta prima. E usando un chip che consuma meno di 5 watt”, sottolinea Broggi riferendosi al processore “low-power” di Ambarella: oggi è il CV1 ma l’azienda californiana ha già pronto il nuovo CV2 per la computer vision che ha prestazioni 20 volte superiori al precedente. Nelle applicazioni dell’elaborazione video per l’automazione dei veicoli Ambarella fa leva anche sui risultati delle ricerche svolte presso VisLab, che ha sviluppato a Parma un prototipo di auto autonoma con cui è stato effettuato nel 2010 un viaggio completamente driverless dall’Italia alla Cina. “La maggior parte degli algorimi e dell’esperienza nell’equipaggiare i veicoli con funzionalità di automazione e portarli su strada viene dagli oltre 20 anni di lavoro di VisLab. Che è sempre a Parma e continua a sviluppare tecnologie e a crescere”, sottolinea Broggi. Visione in stereo Navigare nella complessità dell’ambiente urbano è una delle maggiori sfide per l’auto autonoma e le telecamere in stereo vision aiutano EVA a risolvere l’equazione, perché

BUSINESS

Il taxi si paga con l’app. SERGIO BENVENUTI

■ Accordo raggiunto tra Tinaba e l’Unione dei Radio Taxi d’Italia: la partnership apre le porte al pagamento delle corse tramite smartphone su 5 mila vetture del servizio pubblico tra Roma e Milano. Il passeggero può effettuare la transazione tramite l’app ufficiale della piattaforma digitale, senza costi di commissione. Nei prossimi mesi il servizio sarà ampliato a più di 40 città, tra cui Firenze, Bologna, Genova, Trieste e Palermo. Come funziona Per verificare la presenza dell’opzione di pagamento Tinaba, all’interno della vettura è presente una targhetta con QR Code che deve essere inquadrata con la fotocamera: il sistema riconoscerà il servizio e a quel punto basterà inserire la cifra dovuta. Il pagamento è eseguito all’istante e il conducente riceverà la conferma. Inoltre grazie alla funzione “Conto condiviso” si può divi30 Marzo 2018 ·

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dere la spesa del viaggio direttamente tramite l’app oppure pagare la corsa “a distanza” direttamente da casa. Tinaba è uno dei più diffusi sistemi di pagamento mobile digitale in Italia che ha già sperimentato la sinergia con il mondo dei taxi attraverso le quasi 4 mila auto bianche di Roma e le 1.300 di Milano, della compagnia Radiotaxi.

AUTO E MOTO

Harley, motore elettrico italiano.

sione in un mercato nuovo, ma che lascia ipotizzare sviluppi esponenziali nel breve-medio termine. Nel frattempo, però, l’azienda ha annunciato l’intenzione di chiudere uno dei suoi stabilimenti, affidando parte della produzione a commesse esterne. Come appunto quella che dovrebbe vedere i motori della due ruote più americana che ci sia prodotti in Italia.

SICUREZZA

eCall obbligatorio dal 31 marzo. ANDREA CAULI

ANTONIO VITILLO

■ Harley Davidson conta di uscire da un periodo difficile, caratterizzato da una flessione nelle vendite, anche attraverso la programmazione di 100 nuovi modelli in 10 anni e per questo ha pianificato la prima moto elettrica del marchio che a metà del prossimo anno potrebbe diventare modello di serie. Tra i progetti più interessanti l’accordo con l’italiana Magneti Marelli a cui è affidata la realizzazione del motore della moto a batteria. Il propulsore potrebbe essere costruito nello stabilimento di Modugno, in provincia di Bari. Un primo lotto di 4.000 motori dovrebbe entrare in produzione tra breve. Progetto a lungo termine Il management di Harley Davidson ha scommesso sulla crescita delle quote commerciali nel segmento elettrico oltre quattro anni fa, quando diede vita al “Project Live Wire”, un’iniziativa a livello mondiale volta proprio a valutare le reazioni della clientela davanti a un prototipo di moto totalmente elettrificata. La realizzazione di un modello a batteria permetterebbe alla casa di Milwaukee di entrare con deci12

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■ Ancora pochi giorni e avremo auto più sicure. Alla fine del mese, infatti, scatterà l’obbligo di dotare dell’eCall tutti i nuovi modelli di automobili e furgoni nell’Unione Europea. L’eCall è un dispositivo che, in caso di forte decelerazione, ad esempio per un incidente, chiama automaticamente il 112, numero di emergenza unico nei 28 Paesi dell’Unione europea. L’impulso può anche essere attivato manualmente premendo un pulsante apposito sul cruscotto. Soccorsi più rapidi L’eCall è stato reso obbligatorio dalla disposizione UE 2015/758, nel quadro degli interventi volti a dimezzare il numero delle vittime della strada entro il 2020. Nel 2016 in Europa, a causa degli incidenti stradali, si sono verificati 25.500 morti e 135.000 feriti gravi. Dopo l’entrata in vigore del sistema, nel corso dei prossimi tre anni la Commissione Europea valuterà se rendere obbligatorio questo dispositivo anche per gli altri veicoli in circolazione, come autobus e camion. “Diminuiranno i tempi di intervento dei servizi di emergenza del 50% nelle aree rurali e del 40% in quelle urbane – ha commentato l’eurodeputata Olga Selhnalova, relatrice al provvedimento – in questo modo sarà possibile salvare 1.500 persone ogni anno coinvolte in incidenti stradali”.



LIFESTYLE

La vita spericolata di Steve McQueen. GIUSEPPE CESARO

■ “Non molto tempo fa, quando ero al verde e studiavo da Stanislawsky a New York cercando di diventare un attore, ho letto su una rivista che una star di Hollywood si era quasi sentita male a dover scegliere con quale auto andare al lavoro. Sono uscito di testa. Fino a quel momento, l’auto più lussuosa che avevo avuto era un ‘hot rod’ che io e un mio amico avevamo assemblato quando eravamo teenager: non andava benissimo ma aveva un’accelerazione bruciante. Ricordava una di quelle J-2 Allard che, quando passavano, mi facevano venire la pelle d’oca. Ora che posso permettermi qualcosa di meglio, non mi arrabbio più per le storie sulle automobili delle star. Ma ho ancora la pelle d’oca”. Lo racconta Terence Steven “Steve” McQueen, nato a Beech Grove (Indiana, USA) il 24 marzo 1930 – 88 anni fa, oggi – uno dei volti più intriganti e affascinanti del cinema americano. Nato senza camicia Non si può dire, però, che il piccolo Steven fosse nato con un “cucchiaio d’argento in bocca”, come dicono gli anglosassoni. Il padre, William, pilota d’aereo acrobatico in un circo volante, abbandona la moglie Julia Ann Crawford (se14

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condo alcuni biografi, una prostituta alcolizzata) quando il bambino ha pochi mesi. Lei, incapace di prendersi cura del piccolo, lo lascia ai propri genitori, Victor e Lillian. Sono tempi duri: la Grande Depressione non ha ancora cessato di far sentire i suoi morsi, e i tre decidono di trasferirsi nella fattoria del fratello di Lilian, Claude. “Un uomo molto buono, forte e onesto”, lo ricorderà McQueen, riconoscendo di aver “imparato tanto da lui”. Sarà proprio lo zio Claude a far sbocciare nel piccolo Steven la passione per le corse, quando, in occasione del suo quarto compleanno, gli regalerà un fiammante triciclo rosso. Salvato dai Marines Verso i dodici anni, il ragazzino si ricongiunge alla madre – che, nel frattempo, si è risposata – e si trasferisce con lei in California. Il clima non migliora. Anzi. I rapporti col patrigno sono pessimi ed è anche per sfuggire alle ripetute violenze che Steven si unisce a una gang locale e comincia una vita randagia al limite della legalità. E qualche volta anche oltre quel limite. Lo salveranno due cose: i Marines e il cinema. Si arruola a 17 anni e, dopo un iniziale periodo


di turbolenza (“Sono stato arrestato e degradato a soldato semplice sei o sette volte. L’unico modo in cui avrei potuto diventare caporale, sarebbe stato se tutti gli altri membri dei Marines fossero morti”), riesce finalmente a trovare un punto d’equilibrio. È la svolta. Verrà congedato con onore, tre anni dopo, per aver salvato la vita a cinque compagni, durante un’esercitazione nell’Artico. Per quanto possa suonare strano, è proprio per i suoi tre anni nei Marines che Steve può avvicinarsi al cinema. Una legge del ‘44 (“Serviceman’s Readjustment Act”, conosciuta anche come “G.I. Bill”), infatti, fornisce mutui a basso costo ai veterani che vogliono frequentare licei, università o scuole professionali. Formato dal cinema Nel 1952, grazie a uno di questi prestiti, McQueen si trasferisce a New York, dove comincia a studiare alla “Neighborhood Playhouse” di Sanford Meisner (tra i seguaci di Stanislavskij, quello dell’Actors Studio), uno dei grandi maestri di recitazione americani. Con Meisner hanno studiato nomi del calibro di Gregory Peck, Grace Kelly, Robert Duvall, James Caan, Diane Keaton e John Voight. “La base del mio approccio – spiegava – consiste nel voler ricongiungere l’attore ai suoi impulsi emotivi e guidarlo a una recitazione fermamente radicata nell’istinto. Tutto si basa sul fatto che, quando un attore è bravo, quello che fa scaturisce dal cuore: non c’è nulla di mentale”. Difficile immaginare un allievo più adatto al “Metodo Meisner” dell’ex-Marine. Il resto è storia: in 27 anni di ‘spericolata’ carriera, gira 29 film – alcuni dei quali immortali (“I magnifici sette”, 1960, “La grande fuga”, 1963, “Bullitt”, 1968, “Le 24 Ore di Le Mans”, 1971, “Getaway!”, 1972 e “Papillon”, 1973); ottiene una nomination agli Oscar (’67), quattro ai Golden Globe (’64, ’67, ’70 e ’74) e il premio come migliore attore al Moscow International Film Festival. E, soprattutto, diventa una delle più amate icone hollywoodiane: il simbolo del ribelle irriverente, che, malgrado gli eccessi di quella “vita spericolata” cantata da noi da Vasco Rossi, riesce a tenere il cuore sempre dalla parte giusta della barricata. “A tutte le persone che hanno visto i miei film, a tutte le persone che leggono articoli su di me: sono quello che sono. E, se vi piaccio, mi fa piacere”. Bandiera rosso-amianto La sua corsa di pilota-attore viene interrotta, prematuramente, dalla bandiera rossa il 7 novembre 1980. McQueen ha solo 50 anni. Mesotelioma pleurico: un tumore molto raro (meno dell’1% di tutte le patologie oncologiche), incurabile, diagnosticato tardivamente e seguito con cure alternative controverse, che fanno discutere la comunità scientifica, gridare allo scandalo e finiscono col rivelarsi fallimentari. Fattore di rischio principale per quel tipo di neoplasia è l’esposizione all’amianto, un minerale con il quale McQueen può essere entrato in contatto nei carri armati che guidava quand’era Marine o attraverso le tute da pilota o qualcuna delle mille componenti meccaniche in mezzo alle quali amava passare più tempo che poteva. Auto, non mezzi di trasporto Non tutte le auto, però, facevano venire la pelle d’oca a “The King of cool” com’era stato soprannominato. Soprannome quanto mai calzante, visto che “cool” in inglese significa “fico”, “bello” ma anche “freddo”, “distaccato” e non c’è

dubbio che il fascino di McQuenn consistesse proprio in una miscela unica di questi opposti; miscela che lo rendeva inconfondibile, sia sullo schermo che nella vita. “Per me – ha raccontato in un bellissimo articolo apparso su Sports Illustrated nell’agosto del 1966, resoconto della prova su strada di ben otto supercar – ci sono le macchine e i mezzi di trasporto. Non mi interessano le auto che non corrono, non frenano e curvano poco. La storia sarà anche contro di me, ma preferisco il cambio manuale a quello automatico, e mi piace che la mia ragazza affondi su un bel sedile sportivo piuttosto che parcheggiarla su una panchina. E non vi citerò certo in giudizio se andrete in giro dicendo che amo andare a tavoletta, ogni volta che la strada e la legge me lo consentono”. Come vedremo, tenderà a rispettare più la prima che la seconda. Meglio le europee A bordo di cosa amava schiacciare sull’acceleratore? Auto sportive, ça va sans dire. Europee, soprattutto. “Costruiamo motori e chassis molto forti in America – spiegava – ma, riconosciamolo: le nostre auto di serie sono un po’ datate. Gli europei, invece, fanno auto per chi ama davvero guidare. È vero: in Europa ci sono molte strade strette, montagne piene di tornanti e si guida molto sul bagnato, e quindi le auto europee vengono costruite per guidare in quelle condizioni”. Se in Europa – sottolineava – qualcuno provasse a produrre auto difficili da controllare sul bagnato o con i freni non all’altezza della situazione, non ne venderebbe nemmeno una. “Le nostre, invece: basta che schiacci il pedale del freno quattro o cinque volte a 130 all’ora e ti ritrovi senza freni! Provate a guidare un’auto americana tra le montagne italiane: lei non farà che pattinare e voi continuerete a scivolare da un lato all’altro del sedile”. Auto europee, dunque (“gareggiare in Europa – dichiarerà – è come studiare medicina a Vienna”) e possibilmente senza compromessi. Le sue preferite? Jaguar, Porsche e Ferrari. “Dovrebbero impegnarsi davvero tanto – scriveva a proposito dei bolidi del Drake – per provare a convincermi che Enzo Ferrari può fare qualcosa di sbagliato. Per me, è uno dei migliori ingegneri del mondo”. Jaguar XK-SS 1956 “È l’evoluzione – spiegava – della D-type che ha vinto quattro volte a Le Mans. L’hanno prodotta in 15 esemplari, poi la fabbrica ha preso fuoco e la storia è finita lì. Le XK-SS sono diventate oggetti da collezione. Ne ho rintracciate sette nel mondo e io ne posseggo una. Oso dire – con le nocche sbucciate per quanto ci ho lavorato sopra – che la mia è probabilmente la più ‘fica’ di tutte”. Di cosa parliamo? Di una meravigliosa sport roadster decappottabile verde bottiglia a 2 porte, dalle linee tanto sinuose quanto aggressive. Lunga poco meno di 4 metri (3.960mm) e larga poco più di un metro e mezzo (1.660mm), era equipaggiata con un motore Jaguar XK6 – 6 cilindri in linea, 2 valvole per cilindro – 3.442 cubici 262 cavalli – in grado di spingere quei 916 chili di meraviglia a 243 km all’ora, proiettandola da 0 a 100 in 5.8 secondi. “La mia bambina”, la chiamava McQueen. “A volte – racconta – quando torno a casa dal lavoro e mi sento teso, nervoso, mi metto a lavorare sulla XK-SS. È la mia terapia. Faccio questo invece di rubare coprimozzi”. Il riferimento è al fatto che – durante la sua turbolenta vita pre-Marines – era stato pizzicato più di una volta a rubare coprimozzi, finendo persino in riformatorio. 30 Marzo 2018 ·

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Multa travagliata Non si contano le multe per eccesso di velocità che “The King of Cool” colleziona al volante della “sua bambina”: basta sapere che la patente gli viene sospesa per ben due volte. Una volta – narrano gli agiografi – viene fermato ben oltre i limiti, mentre la moglie (Neile Adams, attrice di cinema, tv e ballerina) è incinta di sei mesi. Alla Polizia McQueen dice che si tratta di un’emergenza: corre perché “lei è in pieno travaglio”. Gli agenti, allora, pensano giustamente di scortare la coppia al pronto soccorso dell’ospedale più vicino, dove un’infermiera – allertata nel frattempo – si precipita fuori per aiutare la donna. Non appena la polizia si allontana, però, McQueen dice all’infermiera che si è trattato di un falso allarme, riprende la moglie, la riporta sulla Jaguar e scompare alla velocità della luce. “Neile era furiosa – ricorderà – non mi parlò per il resto della giornata. La scusa, però, funzionò eccome: niente multa!”. Ferrari Berlinetta 250GT Lusso 1963 La sua Ferrari preferita – secondo alcuni, l’auto più amata in assoluto – era un regalo di Neile. “Mia moglie mi ha comprato una Ferrari: una Berlinetta Lusso da 3 litri. È marrone scuro, ha ruote a raggi Borrani da 15 pollici, ed è davvero fichissima”. Tra le linee immortali regalate da Pininfarina a questo sublime coupé a due porte – carrozzato Scaglietti e prodotto in 350 esemplari per fondere lusso e prestazioni da pista – si nascondeva un motore (anteriore) Ferrari Colombo V-12, da 2.953 cubici e 247 cavalli, in grado di raggiungere 240km/h e lanciare 1.310 chili di puro fascino da 0 a 100 in 7.1 secondi: la più veloce coupé della sua generazione. “Guido la Ferrari – raccontava McQueen – quando non sto lavorando sulla XK-SS o non la sto guidando. Mi piace pensare mentre sono al volante: lo trovo rilassante. La concentrazione che metto quando recito è la stessa che serve nelle corse automobilistiche o motociclistiche. Se, durante una corsa, resti concentrato al massimo, tutto il resto va giù come un bicchiere di latte scremato. Quando reciti è la stessa cosa. Ci 16

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sono sette, otto cose che devi essere in grado di fare istintivamente e con semplicità. Devi rimanere completamente rilassato: non devi mai essere teso, seccato, nervoso”. Dura lex sed lex Col passare del tempo, però, l’attore prenderà il sopravvento sul pilota. “I film diventavano sempre più difficili. La qualità cresceva e le parti erano sempre più impegnative. È fantastico essere un giramondo delle corse, alla fine, però, ho dovuto scegliere tra le auto e i film e ho deciso di smettere di correre. È stata una scelta dolorosa, anche perché avevano cominciato a propormi delle corse veramente belle”. “Dura lex sed lex”, anche nel cinema. E, mentre l’attore accelera, il pilota è costretto a rallentare. Fino a quando, in un buio venerdì di novembre, una bandiera rossa si alza a fermare la corsa di entrambi.

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...dal nostro mensile PUBBLICATO SUL NUMERO 15 - FEBBRAIO 2018

COVER STORY SCENARI

America FLAVIO POMPETTI

Fra Google e l’Hyperloop dopo essere cresciuti con Kitt: come l’innovazione spinta nella mobilità cambierà l’automobile. E soprattutto il modo di viverla nel Paese della grande motorizzazione.

■ NEW YORK - Agli inizi degli anni ’80 era facile immaginare qui in America quale sarebbe stata l’auto del futuro. Ogni pomeriggio girava sotto i nostri occhi in televisione. La Kitt era una Pontiac Trans Am Sport dell’82 modificata con l’aggiunta di molte spie a led e di grafica digitale luminosa piuttosto che di vera tecnologia, ed era la coprotagonista della serie televisiva “Knight Rider” a fianco di David Hasselhoff. Auto antropomorfa, dotata di olfatto e udito ma anche di un cervello pensante; aveva a bordo la prima versione dell’Intelligenza Artificiale, ma più che usarla per muoversi nel

traffico lo faceva per interagire con il suo pilota e aiutarlo a risolvere rocambolesche storie di ordinario crimine urbano. In quanto al design, la Kitt era un coupé dal profilo basso e allungato in proiezioni ardite sull’anteriore così come sul posteriore. Qualcuno ha scritto che, come tutte le “pony car” dell’epoca, incarnava l’immagine di un’America ancora schiacciata dal peso di una guerra umiliante in Vietnam conclusa con la sconfitta e il desiderio di fuga dei giovani che in quell’immagine non si erano mai identificati. La Kitt era un’auto di transizione. Da una parte aveva una una

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sorta di carrozzeria-corazza indistruttibile che rimandava al concetto della Fortezza della solitudine di Superman e ai sogni di un automobilista che trova nella strada la via verso la libertà e l’avventura. Dall’altra anticipava con chiaroveggenza l’innovazione in arrivo: il suo cervello elettronico calcolava il percorso tra due località scegliendo l’itinerario migliore, era dotata di un dispositivo per telefonare dall’auto senza doversi fermare alle cabine telefoniche lungo la strada, aveva apparati radar e lettori di localizzazione, sensori anticollisione, sistemi di allerta, monitoraggio della qualità dell’aria e dello stato di salute dei passeggeri e perfino un assetto di guida automatico, per consentirle di “guidarsi da sé”. A voler spingere oggi la nostra mente con altrettanta agilità verso una data di metà secolo, l’immagine che rimbalza è molto meno entusiasmante. Ve la immaginate una serie poliziesca televisiva basata sulla Google Car? In America parliamo oggi dell’auto del futuro come di un “uovo” o di un “chicco di piselli” nello slang della Silicon Valley, o addirittura di un modulo anonimo nel trenino dell’Hyperloop, sistema di trasporto ad alta velocità per merci e passeggeri all’interno di tubi a bassa pressione. Oppure a volar lontano, nel vero senso delle parole,

La capsula Dragon V2 di SpaceX, l'azienda di Elon Musk nata per rendere accessibili i viaggi su Marte.

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di SpaceX, la navicella che ci porterà su Marte. Altro che guida autonoma. Qualunque sia però, la tecnologia non è più esibita con lampi da discoteca sul cruscotto, ma tende a rimpicciolirsi e scomparire all’interno del microchip, un po’ come è successo con il passaggio dalla Lettera 32 allo smartphone. Allo stesso tempo gli spazi di libertà e di fuga si sono ristretti nella vita reale. Il concetto del trasporto si è sostituito a quello del moto, come a indicare l’inevitabilità della svolta utilitarista che


scia gli altri protagonisti della corsa avranno superato facilmente il traguardo entro quella data. Mentre in tempi brevi, gli artefici del design dovranno iniziare a spiegarci che aspetto avrà l’abitacolo di una vettura non più progettata per rispondere all’arbitrio del suo conducente, ma inserita nella rete di un traffico intelligente dominato dall’impero dei dati informatici. Sacrificio imposto? Il sospetto è che saranno la qualità dei materiali, la funzionalità del disegno e la dotazione di infotainment a definire i più ambiti livelli delle automobili che compreremo, a discapito di propulsori e meccanica della vettura, il cui punto di perfettibilità potrebbe incontrare nel tempo il vicolo cieco dell’omologazione, esattamente come è accaduto nel giro di pochi anni nell’epopea dello sviluppo dei personal computer. Il sacrificio ci sarà chiesto, o forse ad un certo momento imposto, in cambio della promessa di un futuro privo di decessi sulla strada, con tanto di corollario del risparmio della spesa oggi necessaria per assicurare sicurezza, obbedienza del codice e assistenza ai sinistri. Un altro concetto al quale siamo romanticamente legati, in partico-

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stiamo prendendo. Visto dall’America, lo stesso obiettivo della mobilità di cui tutti parliamo è l’ammissione del rischio opposto al quale ci condannano sovrappopolamento e urbanizzazione: l’immobilismo. Diamo per scontato che il livello 5 di autopilota, quello che non prevede più un intervento umano alla guida, sia diventato standard comune entro il 2049. Elon Musk, patron di Tesla (e di SpaceX), lo ha promesso in via sperimentale entro fine 2019, e sulla sua

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lare qui in America, sotto minaccia di estinzione è il “road trip”. Il lungo viaggio a tappe per arrivare da una città all’altra, con tutto il contorno al quale è legato: i motel all’uscita delle autostrade, i tesori nascosti, la musica e la letteratura che accompagnano il viaggio. La mappa dei trasporti veloci promessa da Hyperloop permetterà di percorrere nel giro di ore le distanze che oggi richiedono giorni, senza la licenza di dare un’occhiata al paesaggio mentre lo attraverseremo a velocità supersonica. Quando la ferrovia si impose sulla rete di sentieri e strade, i centri che rimasero fuori dalle linee di collegamento iniziarono ad impoverirsi e a spopolarsi. Accadrà lo stesso domani, lontano dalle coordinate di comunicazione delle grandi città? “E che ne sarà di noi?” Nessuno tra i manager dell’industria oggi sposerebbe una tale descrizione del futuro dell’auto. “Saremo mai costretti ad abbandonare la guida?”, la risposta, qualunque sia il marchio, è che l’opzione manuale resterà sempre affiancata a quella dell’autopilota e che il piacere di decidere traiettorie e cambi di velocità resterà facoltà dei guidatori. Ma la certezza di una tale sopravvivenza della scelta diventa sempre meno realistica di fronte ai dati che vengono dai campi di prova e dai simulatori in laboratorio. Forse il suo esercizio resterà disponibile, così come ancora oggi è l’utilizzo delle lampade all’acetilene e del giradischi. Il futuro ci porterà altrove, verso soluzioni più razionali e sicure. “E che ne sarà di noi?” chiede Ingrid Bergman sulla pista dell’aeroporto di Casablanca. Noi avremo sempre Knight Rider, su megaschermo pieghevole a bordo dell’iPod AI2049.

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