Supplemento settimanale a l’Automobile.
INNOVAZIONE I MOTORI I LIFESTYLE
Settimanale digitale • Anno 2 • Numero 54 • 21/9/2018
Ferrari per sempre. PAOLO BORGOGNONE ■ “La macchina migliore è quella che deve essere ancora costruita”. La frase, coniata da Enzo Ferrari, vale per tutte le Case automobilistiche ma forse ancora di più per quella del Drake. Una Casa pronta a nuove sfide, sul piano tecnico e su quello industriale. In settimana è stata svelata la nuova Monza, “la vettura più vicina a una Formula 1 mai prodotta”, come detto durante la presentazione. 500 esemplari per un gioiello da ben oltre un milione di euro. Almeno. Ma i prossimi passi del Cavallino non si limiteranno al pro-
getto di coniugare la tradizionale vena da circuito con le vetture da strada. Si parla concretamente del “suv “ rosso, o meglio di una “Ferrari dalle ruote alte” come la definiscono a Maranello. L’auto, per ora, si chiama Purosangue e arriverà nel 2022. Lo stesso anno nel quale si concluderà il nuovo piano quadriennale presentato ai Capital Market Days dal ceo Louis Camilleri: per allora, come voleva Marchionne, l’utile dovrà essere raddoppiato rispetto al 2017 a quasi 2 miliardi di euro. Per farlo bisognerà costruire in quell’anno circa 12mila “Rosse”. E molte saranno proprio degli indomabili “Purosangue”.
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· 29 Giugno 2018
AUTO E MOTO
Ferrari, una Monza per il futuro. UMBERTO ZAPELLONI
■ MARANELLO – “Sono i sogni a far vivere l’uomo”, diceva Enzo Ferrari. E da queste parti i sogni non finiscono mai. L’icona Ferrari si chiama Monza ed è una Barchetta che si ispira al passato e viaggia nel futuro. La potranno avere solo clienti doc – come quelli che hanno pubblicato su Instagram le foto della nuova auto – con altre vetture del Cavallino in garage, non più di 500 però perché anche i sogni possono essere a tiratura limitata. Sarà disponibile in due versioni a uno o due posti il che vi fa già intuire il carattere dell’ultima figlia del centro stile Ferrari diretto da un Flavio Manzoni più orgoglioso che mai. SP1 o SP2 a seconda del numero dei posti scelti, si ispirano alle Barchette che hanno fatto la storia e che tanto piacevano a Enzo Ferrari, la 166 MM del 1948 e le 750 e 860 Monza. Auto nate per vincere e per far sognare. La nuova Icona non vuole essere nostalgica, ma rappresentare il futuro con il 12 cilindri da 6.496 centimetri cubici più potente di sempre (810 cavalli) con soluzioni ispirate alla Formula 1. Flavio Manzoni parla di “bolide” per rendere l’idea di un’auto dalle prestazioni uniche: 0/100 chilometri all’ora in 2”9 e 0/200 in 7”9 con velocità di punta superiore ai 300 orari. Telaio in alluminio, scocca in fibra di carbonio per un peso a secco di soli 1500 chilogram-
mi per un mostro lungo 4657 millimetri, largo 1996 e “basso” 1155. Il prezzo è ancora top secret, verrà svelato solo al Salone di Parigi, ma si parla di una cifra superiore al milione di euro. Una nuova icona “Noi creiamo icone dal 1947”, racconta Flavio Manzoni mentre alle sue spalle le immagini proiettano foto di stelle del cinema prima di lasciare spazio alle stelle del mondo Ferrari. Dopo due anni di studio e cinque progetti iniziali (“Uno più bello dell’altro”), ecco il regalo Ferrari per i suoi clienti nel Capital Market Day, il giorno in cui John Elkann e Louis Camilleri presentano il piano industriale per il futuro, la vita dopo Marchionne. La nuova Monza è un’auto che il presidente scomparso aveva voluto e seguito fino alla fine. Un’auto che emoziona a prima vista. Immaginatevi a poterla guidare avvolti in un abitacolo che sembra quello di una Formula 1 e protetti da un parabrezza virtuale creato dai giochi d’aria. Si chiama Virtual Wind Shield ed è ovviamente già brevettato. Sarà davvero come guidare una Formula1, però con un rumore vero, anzi una musica vera. Come la suona un motore made in Maranello. 21 Settembre 2018 ·
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AUTO E MOTO
15 nuove Ferrari in 4 anni. UMBERTO ZAPELLONI
L’ibrido si ispirerà alla Formula 1 e non cambierà il carattere delle nuove Ferrari. Le prestazioni sono destinate a migliorare ancora. Ai 12 cilindri e agli 8 cilindri che continueranno ad essere sviluppati, si aggiungerà una nuova architettura a 6 cilindri, ma come ha poi sottolineato il ceo “Non pensiamo a una nuova Dino” intendendo la tanto chiacchierata Ferrari economica. Anzi, l’ibrido porterà un aumento dei prezzi e quindi dei margini. Su questo Camilleri è stato duro: “Di volumi non parlo. Abbiamo preferito concentraci sui margini economici invece che sui volumi”. Dividendi +30% Il piano prevede ricavi netti superiori ai 3,8 miliardi di euro nel 2020 e vicini a 5 nel 2022, una Ebit Adj allo 0,9% nel 2020 e vicina all’1.2% del 2022 mentre l’Etbitda sarà di 1,3% per poi salire tra 1,8% e il 2%. Per gli azionisti è previsto un aumento del 30% nei dividendi. La Borsa dopo una cavalcata positiva mentre si parlava di prodotti ha cominciato a perdere vedendo le cifre del piano, per poi risalire. “I soliti investitori incontentabili”, ha commentato Camilleri.
BUSINESS
■ MARANELLO – La Ferrari del futuro sarà ibrida e performante. La Ferrari del futuro sarà unica e inimitabile. La Ferrari del futuro sarà anche una Suv che per ora si fa chiamare Purosangue. John Elkann, il nuovo presidente e Louis Camilleri, il nuovo ceo, introducono la giornata dedicata agli investitori ricordando Sergio Marchionne, l’amico che non c’è più, il manager che aveva lavorato a questo piano anche pensando al suo di futuro visto che, lasciata Fca nel 2019, avrebbe voluto poi dedicarsi solo al Cavallino almeno fino al 2021.
Corri Ferrari corri. ALESSANDRO MARCHETTI TRICAMO
Una pioggia di Rosse Il piano prevede 15 nuovi modelli nei prossimi quattro anni. Una pioggia di Ferrari come non si è mai visto prima, ma che aspettando il Purosangue (in arrivo a fine piano nel 2022) porterà intanto Maranello a vendere più di 9mila vetture nel 2018 non compromettendo l’esclusività. La famiglia Ferrari aggiungerà alle vetture Sport, alle Gt e alle serie speciali anche le Icone. La Monza, presentata in mattinata, diventa insomma il primo capitolo di un nuovo libro. Il Purosangue Il Purosangue che Camilleri non vuole chiamare suv, arriverà in ritardo rispetto ai piani prospettati da Marchionne: “Sarà qualcosa di unico, di speciale, di mai visto e ci siamo presi un po’ di tempo in più”. I costi del Purosangue graviteranno tutti su questo quadriennio, mentre i benefici arriveranno solo dopo con un auspicato aumento delle vendite in Cina. La Ferrari si farà ibrida e il 60% della gamma sarà così entro la fine del piano quadriennale. “Vedrete presto i primi modelli ibridi”, assicura Camilleri, senza però dare date certe. 4
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· 21 Settembre 2018
■ La Ferrari dovrà correre. E meglio di quanto ha fatto in Formula 1 negli ultimi Gp di Monza e Singapore. Lo dicono i numeri. Lo dirà nelle prossime ore anche il nuovo ceo Louis Camilleri presentando a Maranello il business plan 2018-2022. D’altronde la linea di traguardo che ha lasciato Sergio Marchionne è di quelle che non ammette esitazioni e necessita di una pole position da tenere dall’inizio alla fine. A partire dai 2 miliardi di euro di Ebitda rettificato (utile), il doppio di quello del 2017. Le stime per il 2018 sono di 1,2 miliardi. Tanto. Tantissimo. Un risultato che dovrà essere raggiunto entro il 2022. Tre anni e poco più.
Altri volumi Per farlo bisognerà far crescere i volumi fino a 12mila Rosse rispetto alle circa 9.200 che dovrebbe totalizzare a fine 2018 (nel 2017 sono state 8.398). È probabile che per raggiungere il target, Ferrari dovrà cedere alla moda del momento e produrre il primo suv della sua storia. O qualcosa di simile. Oggetto superesclusivo da oltre 350mila euro. Difficile da accettare per i puristi di un marchio come quello di Maranello. Convincere borsa e analisti Ma non solo. Camilleri dovrà convincere nelle prossime ore soprattutto borsa e analisti. Sergio Marchionne su questo non ha mai avuto rivali, facendo sognare anche l’ingessato mondo finanziario. Il titolo Ferrari corre a 114,5 euro (a gennaio 2016 era a 44 euro). La capitalizzazione è qualcosa che a Camilleri (e a John Elkann) non può far dormire sonni tranquilli: 22,2 miliardi di euro. Tradotto, circa 30 volte l’utile. Nessun marchio automobilistico riesce a fare altrettanto. Neppure Tesla – che pure ha una valutazione a Wall Street molto fuori dai tradizionali canoni finanziari – raggiunge questi valori. La forza delle Rosse. La forza di un sogno che Camilleri deve continuare ad alimentare.
INNOVAZIONE
teressante ci viene fornita osservando ciò che è successo nel “polo del lusso” automobilistico italiano, costituito da brand come Ferrari, Maserati, Lamborghini e Dallara. Ricollocamento migliorativo I costruttori del lusso Made in Italy hanno dovuto affrontare il problema robotizzazione in diversi settori e l’hanno risolto unendo le forze e riqualificando i lavoratori. Una partnership con Manpower Group e il governo italiano ha permesso di investire risorse sulla formazione del personale che era rimasto senza lavoro a causa della robotizzazione. Il risultato? Dopo essersi specializzati nei settori più disparati, laminatori di fibra di carbonio, sviluppatori di piattaforme e interni o gestori del personale (Hr), oggi lo stipendio dei ricollocati è aumentato in media del 30%. Altro che demansionamento. Il rapporto del Wef ha l’obiettivo di fornire una visione realistica di come sarà l’occupazione in un futuro neanche troppo remoto, basandosi sulle realtà operative di coloro che nelle aziende decidono come sviluppare e quanto investire sul capitale tecnologico e “umano”. Se consideriamo una visione sul lungo periodo le stime parlano chiaro: entro il 2022 le macchine supereranno gli umani per quanto concerne le ore di lavoro, ma, a quanto pare, a guadagnarci saranno i lavoratori.
BUSINESS
Il lusso Aventador italiano lo SVJ, la Lambo fanno i robot. che va oltre. EDOARDO NASTRI
PAOLO ODINZOV
■ Macchine e robot guidati da algoritmi dal 2025 svolgeranno più compiti lavorativi di quanto non ne facciano oggi gli esseri umani. Niente paura però, perché secondo il report 2018 sul lavoro del World Economic Forum, questa rivoluzione robotica non avrà effetti negativi sui posti di lavoro. Anzi, ne creerà ben 58 milioni in cinque anni. Una conferma in-
■ ESTORIL – Per capire fin dove può veramente arrivare bisogna scatenarla su una pista, ad esempio quella del Nürburgring dove ha bruciato ogni record percorrendo i 20,6 chilometri del tracciato tedesco in soli 6 minuti e 44,97 secondi. Il bello della Lamborghini Aventador SVJ (dove la J rap21 Settembre 2018 ·
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presenta un omaggio alla Miura Jota del 1970) è però che anche senza guidarla trasmette brividi ed emozioni. “Si tratta di una vettura che va oltre” dicono i progettisti, spinta dal V12 più potente mai destnato a un modello stradale dalla Casa del Toro e capace di spaventare già dal ruggito e la carrozzeria affilata nelle forme come la fusoliera di un jet militare. 770 cavalli sulla pista di Senna Noi dell’Automobile siamo andati a provare la Aventador SVJ in Portogallo sulla pista dell’Estoril: tracciato storico, famoso per le sfide di un tempo in Formula 1 come quelle epiche tra Nigel Mansell e Ayrton Senna, sicuramente meno tecnico della Nordschleife ma altrettanto adatto a dare sfogo ai 770 cavalli e 720 newtonmetri di coppia che la supercar emiliana è in grado di tirare fuori per lasciare il segno sull’asfalto. I timori non sono mancati ma dopo i primi giri e aver preso un po’ di confidenza con la vettura abbiamo potuto saggiarne le sue prestazioni spingendo ovviamente fin dove le nostre capacità ci hanno permesso. Prendendo i giusti margini e considerando che in soli 2,8 secondi la Aventador SVJ brucia lo scatto da zero a cento e impiega appena 8,6 secondi per raggiungere i 200 orari e poi proseguire fin oltre 350 orari di velocità massima se non si leva il piede dall’acceleratore. La magia dell’ala 2.0 I numeri della Aventador SVJ sono insomma da primato ma il trucco per gestirli in parte c’è. Alla Lamborghini si sono inventati l’ala 2.0: soluzione nell’aerodinamica che all’occorrenza procura perfino un effetto stallo della vettura e le consente di viaggiare incollata alla strada come su due binari, contando anche sulla trazione integrale. In alcuni casi la regina del Nürburgring mette in crisi proprio per l’estrema maneggevolezza e direzionalità nella guida. Questo però è il bello, bisogna farsi portare da lei assecondandola ma senza mai farsi prendere la mano. I meno esperto poi devono ben guardarsi dal disinserire i controlli elettronici. Anche perché chi rompe paga e nel caso della Aventador SVJ paga parecchio visti i 426.000 euro di listino dei 900 esemplari previsti.
AUTO E MOTO
Kia ProCeed: concepita per l’Europa. GIANLUCA PEZZI ■ C’è ancora spazio in Europa per le hatchback 3 porte? Pare proprio di no. Per Gregory Guillaume, capo del de6
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sign di Kia Europe incontrato durante la première mondiale della nuova Kia ProCeed, è una questione di praticità. Secondo Guillaume, finché si tratta di design le tre porte piacciono a tutti: sono l’ideale per trasmettere sportività allo stato puro. Quando però si tratta di andare davvero su strada, due porte in più fanno la differenza. Per salire e scendere in comodità, ovviamente, ma anche per riporre una borsa o uno zaino senza troppa fatica. Questione di nome Detto che la nuova ProCeed avrebbe dovuto essere diversa, anche nel nome oggi senza apostrofo, in Kia Europe hanno vagliato diverse soluzioni prima di arrivare alla conclusione definitiva: una shooting brake, un po’ coupé, con tanto spazio a bordo quanto una station wagon. Missione non semplice ma comunque riuscita, se si osserva il quadro generale prima dei dettagli. ProCeed è bassa e lunga, con la coda che scende con un angolo piuttosto accentuato. L’effetto dal vivo è di trovarsi davanti ad una vettura leggera, nonostante il volume complessivo. Il frontale è caratterizzato dal classico tiger nose Kia, ma è interessante come venga utilizzato come base per linee che poi corrono sul cofano ma soprattutto lungo la fiancata della vettura, per unirsi a livello del gruppo ottico posteriore. Una caratteristica che denota un design rigoroso dal punto di vista formale, perché non c’è linea o elemento che non sia connesso in maniera corretta con gli altri. C’è sempre un inizio ed una fine esattamente dove ce la si aspetta, senza giochi di design che possano confondere chi osserva. Il risultato finale è gradevole e convincente, tanto da lanciare promesse sul comportamento su strada di ProCeed, che a questo punto ci aspettiamo essere grintoso e filante quanto la sua linea. Progettata per il vecchio continente Effettivamente alla Kia ci tengono a precisare che ProCeed è stata progettata in Europa per incontrare i gusti degli automobilisti europei, con particolare attenzione all’agilità e reattività. Nuovo sistema di sospensioni indipendenti, cambio manuale 6 marce e automatico a 7, ma soprattutto un diesel 1,6 litri da 136 cavalli CRDi, e tre benzina (1000 tre cilindri da 120 cavalli, 1,4 litri da 140 cavalli e 1,6 litri da 204 cavalli) sono gli ingredienti principali. C’è il Lane Following Assist, guida autonoma livello 2, che adegua la velocità rispetto al veicolo che precede, mantenendo la ProCeed all’interno della carreggiata. High Beam Assist, Driver Attention Warning, Lane Keeping Assist with Forward Collision-Avoidance Assist completano il pacchetto sicurezza con 6 airbag.
Le novità All’interno la sensazione dei materiali utilizzati è di qualità, con plastiche nere piacevoli al tatto. Bello il cruscotto, dall’aspetto sportivo, ed il touchscreen posto al centro della plancia, disponibile in versione 7” o 8”, compreso di navigatore, Kia Connected Services powered by TomTom, Apple CarPlay e Android Auto, con il sistema audio JBL Premium con Clari-Fi. 4,605 metri in lunghezza, 1,800 metri in larghezza, alta 1,422 metri, Kia Proceed monta cerchi da 17” o 18”. Farà il suo debutto in pubblico al prossimo Salone di Parigi e arriverà nei concessionari italiani all’iniziò del 2019.
AUTO E MOTO
Seat, una Tarraco per crescere ancora. ALESSANDRO MARCHETTI TRICAMO
a supporto anche i numeri finanziari: “Non bruciamo più cassa e nel primo semestre 2018 abbiamo registrato profitti per 212 milioni di euro, il 62,7% in più rispetto allo stesso periodo del 2017”, sottolinea de Meo. Non finisce qui: “Seat punta ad espandersi in mercati come Cina, Africa e Sud America e lancerà un nuovo modello ogni sei mesi a partire dal 2019”. Risultati che potranno essere consolidati nel 2019 con l’arrivo della nuova Tarraco in un segmento, quello dei suv medio grandi (per il modello spagnolo 4,74 metri di lunghezza) destinato entro il 2025 ad una crescita globale del 40%, arrivando a 2,8 milioni di unità. Modello che porterà Seat verso una fascia di prezzo da alto di gamma: “Prima eravamo un marchio con auto da 20mila euro, ora in listino arriviamo a 30mila euro, con Tarraco entriamo nel segmento da 40mila euro”, continua de Meo. Ammiraglia a forma di suv Un mercato ricco che la Tarraco proverà a conquistare con una buona capacità di carico (760 litri), la flessibilità dei 7 posti, l’immancabile lunga lista di sistemi di assistenza alla guida, fari full led e un’attenzione alla connettività (fil rouge di Casa Seat) che integra a bordo, ad esempio, Shazam e Alexa, l’assistente virtuale di Amazon. A questo si aggiunge la possibilità di poter contare sulla trazione integrale e il debutto di un nuovo design del frontale che sarà ripreso dai futuri modelli (Leon). Per le motorizzazioni la scelta si farà in funzione della potenza: 150 o 190 cavalli. Benzina o Diesel fate voi. Nel 2020 sarà disponibile anche in versione ibrida ricaricabile plug-in. La Seat Tarraco sarà prodotta nello stabilimento Volkswagen di Wolfsburg. Prime consegne a inizio 2019
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■ TARRAGONA – La strategia suv di Seat si chiude con il più grande Tarraco. Un lancio che serve anche a festeggiare i buoni risultati del marchio del gruppo Volkswagen ottenuti in questa prima parte del 2018: 384mila unità vendute con una crescita del 22% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Il miglior risultato della storia del marchio. Bene anche in Italia: +27,7%. Un modello ogni sei mesi “Armada spagnola” per dirla alla Luca de Meo, presidente di Seat: “Il 70% dei nostri clienti è di conquista e la loro età media è inferiore di 10 anni rispetto alle concorrenti, aspetto che ci fa ben sperare per il futuro”. Condizioni che non basterebbero se non ci fossero
Bmw iNext, scolpita dal futuro. EDOARDO NASTRI ■ Come ci sposteremo nel futuro? Bmw intende rispondere a questa difficile domanda con iNext, la nuova concept car: elettrica, connessa e autonoma. All’occorrenza però, per non tradire lo spirito di ogni Bmw che si rispetti, la si potrà anche guidare. La vettura di serie assumerà il ruolo di ammiraglia tecnologica della casa bavarese e verrà prodotta in Germania nella fabbrica di Dingolfing a partire dal 2021. Faccia da suv L’aspetto imponente derivato dall’architettura suv, con alcu21 Settembre 2018 ·
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ne peculiarità stilistiche in forza della propulsione elettrica: la griglia a doppio rene ora si sviluppa in verticale e ospita numerosi sensori. I fari sono sottili e il parabrezza si allarga in un grande tetto panoramico che dona molta luminosità nell’abitacolo. Stupisce l’assenza del montante B, elemento strutturale di fondamentale importanza, probabilmente integrato nelle grandi portiere che si aprono ad armadio. Due modalità di guida Parte essenziale del progetto sono gli interni che, con lo sviluppo della guida autonoma, assumono un ruolo sempre più importante. Chi sale sulla iNext può scegliere tra le modalità “Boost” o “Ease”: la prima per guidare, la seconda per farsi trasportare. Il progetto rappresenta il simbolo di una nuova era di Bmw, fatta di vetture elettriche e autonome, sulle quali però non viene tralasciato il “piacere di guidare” che continua a essere il claim pubblicitario della casa automobilistica. Entro il 2025 il Gruppo offrirà 25 modelli elettrificati, di cui 12 esclusivamente elettrici.
Si inizia con ID Il primo modello che utilizzerà MEB sarà la Volkswagen ID prodotta a Zickau in Sassonia, dove sono stati investiti 1,2 miliardi di euro, a partire dalla fine 2019. Poco dopo toccherà alla ID suv. Entrambe saranno lanciate sul mercato nel corso del 2020. Le previsioni parlano di 100mila ID e ID suv vendute nel 2020 su 150mila elettriche complessive. In generale Volkswagen punta a vendere 1 milione di vetture della famiglia ID entro il 2025. Dalla MEB saranno poi prodotti 27 modelli del gruppo entro la fine del 2022. Nuova generazione del mitico Bulli compresa. La piattaforma rientra in un investimento complessivo di 6 miliardi di euro. “Un’auto per tutti” “Obiettivo è fare dell’elettrica un’auto per tutti e non solo per miliardari. Questo fa Volkswagen diversa dalle altre. È quello che abbiamo già visto nella nostra storia prima con Maggiolino e poi con Golf”, spiega Christian Senger, responsabile della gamma elettrica dei tedeschi. La futura ID sarà dunque accessibile a partire dal prezzo: “Comparabile con quello di una Golf diesel di oggi”. Tradotto, “circa 23mila euro in Germania”.
AUTO E MOTO
Volkswagen, un’elettrica al prezzo di una Golf.
Autonomia fino a 550 chilometri Accessibile (e utilizzabile) senza compromessi anche per quello che riguarda l’autonomia: le batterie sono posizionate nel pianale (il motore è posteriore) e “si potrà scegliere capacità e dimensione e la percorrenza con una ricarica – misurata nel nuovo ciclo di omologazione Wltp – che andrà da 330 a 550 chilometri, in funzione di quanta energia vorrà avere a disposizione il cliente”, continua Senger.
ALESSANDRO MARCHETTI TRICAMO
Prodotte in casa Il pacco batterie al litio di ID sarà prodotto nell’impianto di Braunschweig dove già oggi escono gli accumulatori per e-Golf e Passat GTE ibrida plug-in. La capacità dello stabilimento è di mezzo milione di batterie all’anno. Inoltre a Salzgitter sarà integrata una linea dedicata alla produzione di celle al litio per ridurre la dipendenza da fornitori esterni.
■ DRESDA – Si chiama MEB e si prospetta come l’anima dell’auto elettrica per tutti. Almeno così promette Volkswagen. A tre anni dallo scandalo dieselgate, qui a Dresda i tedeschi lanciano la nuova piattaforma modulare per veicoli a batteria MEB dalla quale usciranno qualcosa come 10 milioni di auto elettriche del gruppo.
400 stazioni di ricarica con gli alleati Per la ricarica, Senger ricorda che il consorzio Ionity del quale fanno parte anche Bmw, Daimler e Ford “realizzerà 400 stazioni di ricarica veloce nelle autostrade in Europa entro il 2020”. Di queste 30 – 40 saranno in Italia grazie alla partnership con Enel X.
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AUTO E MOTO
Audi e-tron, le 5 cose da sapere.
cassa che lo protegge sia in alluminio. Un cx di 0,28 conferisce alla vettura prestazioni degne di nota: 0-100 in meno di 6 secondi, velocità di punta autolimitata a 200 chilometri orari. Coppia massima di 660 newtonmetri. Ricarica Se si dispone di una fonte da 150 chilowatt, si può ottenere l’80% della ricarica in soli 30 minuti. Audi promette 400 stazioni ultra veloci in tutta Europa entro il 2020. Quando esce e quanto costa L’Audi e-tron sarà disponibile a partire dal 2019. Prezzo d’attacco intorno agli 80mila euro.
SAMUELE MARIA TREMIGLIOZZI AUTO E MOTO
Tutte le elettriche di Seat. ALESSANDRO MARCHETTI TRICAMO ■ La risposta di Audi ai connazionali di Mercedes non si è fatta attendere: pochi giorni dopo la presentazione della EQC da parte dei tedeschi di Stoccarda, a San Francisco è stato svelato l’e-tron, il primo suv 100% elettrico del costruttore di Ingolstadt. Ecco le 5 cose da sapere sulla nuova proposta della casa dei quattro anelli. Cosa è e cosa rappresenta Un suv completamente elettrico lungo ben 4,90 metri, largo 1,94 e alto 1,62. A metà tra Q7 e Q8. L’e-tron è l’unica vera proposta completamente a batteria della casa di Ingolstadt, un ulteriore passo per una mobilità a zero emissioni. Insieme a Mercedes e Jaguar, è la risposta europea alle Tesla di Elon Musk. Autonomia Missione, massima efficienza: i molti accorgimenti aerodinamici, come l’abbandono degli specchietti tradizionali a favore di telecamere retrovisori, permettono all’e-tron di viaggiare per 400 chilometri prima di dover essere ricaricata. Secondo gli ingegneri Audi, grazie a un sistema di frenata rigenerativa (in grado di ricaricare la batteria), l’autonomia può aumentare del 30%. Molto dipenderà dallo stile di guida del conducente. Motori e prestazioni Quando si parla di auto elettriche bisogna definitivamente abbandonare il concetto di motore tradizionale. A spingere l’e-tron, infatti, ci pensa un propulsore alimentato da una batteria a ioni di litio che lavora con una tensione di 396 volt e immagazzina 95 chilowattora di energia. Il “cuore” della vettura ha un peso di ben 700 chilogrammi, nonostante la
■ TARRAGONA – La presentazione della nuova Tarraco è stata l’occasione per fare il punto sulla strategia dell’elettrificazione di Seat con Matthias Rabe a capo della ricerca e sviluppo della Casa spagnola. Due elettriche entro il 2020 Si inizia dal prossimo anno quando il marchio del gruppo Volkswagen lancerà la sua prima elettrica: “Si tratta di una piccola city car completamente nuova nella gamma Seat”, ci spiega Rabe. Modello aggiuntivo dunque alla gamma e non la “semplice” trasformazione di una vettura già esistente. Auto che, almeno a sentire quanto racconta Rabe, potrebbe essere introdotta anche nei servizi di car sharing nei quali è coinvolta Seat. “Il secondo modello elettrico puro arriverà nel 2020 e sfrutterà la piattaforma MEB specifica per veicoli solo a batteria di 21 Settembre 2018 ·
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Volkswagen”. Rabe non si sbilancia quando chiediamo di più sul tipo di vettura ma aggiunge che “si muoverà in uno spazio tra la Leon e la Ateca”. Non sarà l’unico modello Seat che uscirà dalla Meb visto che saranno nel complesso ben 27 le auto del gruppo tedesco prodotte su questa piattaforma. Un terzo modello elettrico puro è poi previsto solo per la Cina dove Seat supporta, anche con un centro di ricerca e sviluppo, la terza joint venture per il mercato locale del gruppo Volkswagen con Jac. Una alleanza nata per produrre veicoli a batterie, il primo dei quali (a marchio Jac) è previsto per il 2019. Leon, ibrida leggera Elettrificazione significa però anche ibrido che in Seat sarà sviluppato in due soluzioni: mild e plug-in. La prima è la forma più leggera con un piccolo generatore a 48V che non spinge mai da solo la vettura ma “che garantisce consumi simili a quelli di una versione diesel”. “Il mild hybrid – continua Rabe – sarà adottato a partire dal 2019 sulla nuova generazione di Leon e non verrà comunque esteso a tutta la gamma”. La tecnologia plug-in che prevede la possibilità di ricaricare le batterie, oltre che in moto durante frenata e decelerazione, anche ad una normale presa casalinga o a una colonnina, “debutterà per la prima sulla nuova Tarraco a partire dal 2020
BUSINESS
Un nuovo logo per scacciare i problemi. PATRIZIA LICATA
■ Uber ricomincia dal logo: da oggi il “marchio di fabbrica” coincide col nome aziendale e sostituisce il precedente con la stilizzazione del bit, l’unità base della tecnologia digitale. Un simbolo che falliva l’associazione tra Uber e un servizio di mobilità, mentre il nuovo logo torna a mettere l’accento sulla “U” e renderà Uber immediatamente riconoscibile 10
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nelle oltre 660 città servite, come ha spiegato l’azienda. La società del ride hailing nata a San Francisco, numero uno al mondo per i viaggi sui taxi privati (oltre 10 miliardi di corse effettuate dalla fondazione nel 2010 a oggi), prova così a rilanciare la sua immagine offuscata da una lunga serie di difficoltà nella gestione aziendale e nel rapporto con autisti, utenti e amministrazioni cittadine. Uber è tutto, anche le bici Il logo rinnovato è frutto di un’operazione di marketing che ha coinvolto uno dei più grandi studi di consulenza sul brand, Wolff Olins. Tutti i servizi internazionali di Uber saranno rappresentati con lo stesso logo, compresi il bike sharing di Jump Bikes, gli scooter elettrici Lime e Uber Eats, la consegna di cibo a domicilio. Uber, infatti, vuole essere associata alla mobilità come servizio: “Diamo vita a delle opportunità mettendo le persone in movimento”, recita la nuova mission aziendale ribadita nella campagna pubblicitaria lanciata sui media Usa e che ha debuttato domenica scorsa sulla Nbc durante una delle partite di football più seguite dell’anno, quella tra New York Giants e Dallas Cowboys. Ovunque andiamo – è il messaggio del video pubblicitario – la mobilità targata Uber ci apre le porte verso la realizzazione dei nostri sogni e delle nostre potenzialità. Un rilancio strategico Uber nei giorni scorsi ha anche nominato il suo primo Chief Marketing Officer: si tratta di Rebecca Messina, ex top manager di un’azienda che coincide forse col marchio più noto del mondo, la Coca-Cola. Il lavoro sull’immagine non è tuttavia una pura questione estetica. In pochi anni la startup californiana si è scontrata con i regolatori nazionali per la concorrenza con i taxi pubblici, è finita al centro di cause legali intentate da autisti che chiedono più garanzie sul lavoro e di utenti vittima di abusi, e ha subito un grave stop nella sperimentazione dei veicoli autonomi dopo un incidente mortale in Arizona. Nel mezzo di queste turbolenze la società ha perso i pezzi chiave del management, dallo storico ceo Travis Kalanick, sostituito da Dara Khosrowshahi, a Liane Hornsey, ex direttrice delle Risorse Umane che si è dimessa per effetto di un’indagine interna sulle discriminazioni di genere tra i dipendenti dell’azienda. Voto di fiducia Il logo serve a chiarire che Uber è cambiata. La app mobile è stata ridisegnata per un utilizzo ancora più intuitivo e adesso include le mappe che evidenziano le strade più trafficate, così l’utente può scegliere se chiamare un’auto Uber o optare per gli altri servizi della società: bici o scooter. Sono in arrivo anche nuove funzionalità di sicurezza, come la chiamata automatica ai servizi di soccorso in caso di incidente e le protezioni rafforzate per i profili degli utenti, per scongiurare attacchi hacker e sottrazione di dati sensibili. Uber vuole riconquistare la fiducia dei regolatori, dei consumatori e degli investitori: ha assunto Nelson Chai come Chief Financial Officer – ruolo rimasto vacante per tre anni – e ha messo in cantiere per il 2019 la quotazione in Borsa. La startup del ride hailing perde soldi al ritmo di un miliardo di dollari al trimestre e, logo a parte, deve convincere il mercato che la sua piattaforma per la mobilità resta un buon affare.
INNOVAZIONE
Waymo, nel 2030 leader dei robotaxi. EDOARDO NASTRI
La concezione alla base del progetto Waymo è completamente diversa dalle altre. Il colosso californiano infatti non sta progettando la propria vettura, ma sta installando il proprio sistema su auto già esistenti. Jaguar ha accettato di vendere 20.000 auto elettriche a Waymo, che attualmente sta utilizzando le Chrysler Pacifica.
BUSINESS
Mini: impianto chiuso per Brexit. COLIN FRISELL
■ 2.8 miliardi di dollari entro il 2030. Questi i ricavi globali che deriveranno dal mercato dell’auto autonoma secondo la banca d’investimenti svizzera Ubs. L’istituto di credito ha anche previsto che Waymo deterrà come leader fino al 60% della quota del mercato globale dei taxi autonomi entro il 2030, il che potrebbe costringere molte case automobilistiche di tutto il mondo ad acquistare la sua tecnologia. 26 milioni di taxi autonomi Il rapporto della banca d’investimenti prevede un calo delle vendite di auto private del 5% in poco più di dieci anni e considera che i taxi senza conducente arriveranno a una quota di mercato pari al 12%, creando quindi un vero e proprio segmento di mobilità autonoma on demand. 26 milioni di taxi robot circoleranno per le nostre strade e il picco della domanda avverrà intorno al 2026, una data che può variare a seconda dell’adeguamento di normative e infrastrutture nei vari paesi del mondo. La richiesta ovviamente si svilupperà in modalità differenti a seconda delle zone territoriali del pianeta. Cinque anni di vantaggio Google ha iniziato più di cinque anni fa le sperimentazioni sulla guida autonoma. Secondo Ubs si trova quindi in testa in questo momento rispetto ad altri competitors. Waymo ha svolto test per oltre 5 milioni di chilometri sulle strade della California, oltre ad aver percorso altri 8 miliardi di chilometri su strade virtuali grazie all’utilizzo di simulatori, superando di gran lunga i rivali.
■ LONDRA – Bmw intende chiudere lo stabilimento Mini di Oxford il 1 aprile del 2019, praticamente a poche ore dall’uscita – prevista per il 29 marzo – del Regno Unito dalla Unione europea. La chiusura, è bene precisarlo subito, sarà temporanea. Ogni anno i costruttori effettuano una manutenzione periodica delle fabbriche: di solito il momento prescelto è durante l’estate, quando più lavoratori sono in vacanza. Un portavoce in Inghilterra del gruppo tedesco ha annunciato il cambio di data precisando che la mossa servirà soprattutto a minimizzare eventuali rischi di carenza di materiali, soprattutto nel caso di una Brexit senza accordo preventivo tra Londra e Bruxelles. “Anche se siamo convinti che gli scenari peggiori saranno evitati, abbiamo preparato un piano per affrontarli”. Ambiente agitato Lo stabilimento di Oxford sforna circa 220mila vetture l’anno, il 13% del totale prodotto in Gran Bretagna, 1,67 milioni di unità. Il gruppo tedesco ha comunque confermato che intende continuare a produrre nel Regno Unito, “l’uni21 Settembre 2018 ·
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co Paese – si legge in una nota – in cui abbiamo impianti per tutti e tre i nostri marchi (Bmw, Mini e Rolls Royce)”. La decisione annunciata dai bavaresi fa seguito a quella comunicata a inizio settimana da Jaguar Land Rover che ha ufficializzato la riduzione della settimana lavorativa a soli 3 giorni – a partire da ottobre e fino a dicembre 2018 – nel suo impianto di Castle Bromwich. Il settore automotive – che nel Regno Unito dà lavoro a circa 850mila persone – è in ansia per le possibili conseguenze di una Brexit senza accordo preventivo. Si teme soprattutto l’introduzione di dazi sia sulla componentistica che sulle vetture finite, un peso che si andrebbe ad aggiungere alla crisi delle vendite in particolare delle diesel.
PAESE
Mytaxi: rete batte telefono. MARINA FANARA
■ Si chiama e-hailing e letteralmente significa “prendere un taxi tramite app”, cioè senza ricorrere a un operatore o a recarsi in un parcheggio o a trovare una macchina libera per la strada, ma semplicemente prenotando on line, con il cellulare. “Un metodo rivoluzionario, che si avvale della tecnologia di ultima generazione, essenziale per rispondere alle nuove esigenze di mobilità”, dice Barbara Covili, direttore generale per l’Italia di mytaxi, una piattaforma di servizio taxi tramite internet. La ricerca della Bocconi Proprio per studiare l’impatto dell’e-handling sul mercato italiano, la start up ha affidato al Certet, il Centro economia regionale, dei trasporti e del turismo dell’Università Bocconi il compito di realizzare un’indagine ad hoc, analizzando l’andamento del servizio nel periodo compreso tra ottobre 2016 e settembre 2017, relativamente al contesto di Roma e Milano, le due città in cui è attiva mytaxi, oltre a Torino. 12
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· 21 Settembre 2018
Contenti tutti Tre i principali fattori emersi dalla ricerca. Il primo è a vantaggio dei taxisti che, grazie all’app, riescono a fare più corse al giorno, il secondo è a beneficio degli utenti che aspettano di meno l’arrivo di un’auto riducendo i costi del servizio e il terzo è a favore di entrambi perché aumenta la fiducia tra conducenti e clienti. L’indagine, in particolare, ha evidenziato le differenze che ci sono tra chi usa mytaxi a Roma e Milano in merito a specifici parametri: stagionalità, tasso di utilizzo nei giorni feriali o festivi e andamento nelle diverse ore della giornata. Il taxi arriva prima Per quanto riguarda i tempi d’attesa, per esempio, la ricerca evidenza che chi prenota on line riesce ad avere un taxi, in media, 6,5 minuti prima rispetto a chi usa il metodo tradizionale (telefono, parcheggio o ricerca su strada): a Roma soprattutto durante i picchi del traffico (nell’ora di punta si aspetta in media 7,3 minuti in meno con una riduzione del 40%) mentre a Milano il fattore “attesa” incide di più nelle ore di “morbida” (-30%). Ormai, si paga on line Un altro aspetto riguarda il ricorso all’app che ormai ha soppiantato gli altri metodi di prenotazione: il 51% delle chiamate viene effettuato tramite internet, mentre il reperimento di una macchina su strada/parcheggio e tramite telefono con operatore si attestano, rispettivamente, al 38% e 11% dei casi. La piattaforma, inoltre, ha modificato anche il metodo di pagamento: nella maggior parte dei casi ormai la corsa viene saldata on line (il 66% a Milano, il 57% a Roma e il 56% a Torino), anche se si può corrispondere l’importo direttamente all’autista. Altro risultato degno di nota, soprattutto per la categoria dei tassisti, è l’aumento della produttività: la chiamata online permette al conducente di intercettare istantaneamente la richiesta di un cliente, senza un operatore che faccia da tramite. E così, grazie all’e-handling, il 68% degli autisti dichiara di riuscire a fare 3 corse in più al giorno e il 20% addirittura 5 in più. Questione di fiducia Infine, sicurezza e affidabilità: chi usa l’app può disporre di informazioni chiare sul percorso, sui tempi e su quanto andrà pagare per la corsa .“Questo”, secondo gli esperti della Bocconi, “incide sul rapporto di fiducia tra chi utilizza e chi fornisce il servizio, almeno nel 56% dei casi, un dato che sale al 77% quando si tratta di clienti stranieri”. Più tecnologia, meno traffico Un risultato perfettamente in linea agli obiettivi di mytaxi che, sottolinea l’amministratore delegato Eckhart Diepenhorst, “punta a fornire un sistema innovativo e al passo coi tempi per contribuire a una mobilità urbana moderna, sicura e conveniente e, soprattutto, utilizzando le risorse esistenti”. Il che significa, non aumentare i veicoli in servizio e peggiorare la congestione nelle grandi città. Lanciata nel 2009, oggi la start la start up è presente in oltre 100 città europee, ha toccato quota 10 milioni di passeggeri, 100 mila taxisti affiliati e 500 dipendenti. In Italia è sbarcata nel 2015, prima a Milano (attualmente, 1.500 autisti) e, nei due anni successivi, a Roma (2.300 conducenti) e Torino (150).
INNOVAZIONE
Audi, in futuro città senza traffico. EDOARDO NASTRI
■ Le flotte di auto a guida autonoma aiuteranno a risolvere i problemi di traffico nelle metropoli del futuro. Collaborando con gli esperti dell’istituto Karlsruhe Institute for Technology e con la società di consulenza MobilityPartners di Monaco di Baviera, Audi ha simulato una giornata di traffico “autonomo” a Ingolstadt. Il risultato si concreta in un sensibile risparmio di tempi rispetto ai flussi odierni. La condivisione delle corse e la gestione intelligente del traffico comporteranno una diminuzione di circa il 33% del tempo di percorrenza casa-ufficio. Una auto più persone La previsione è quella che salga a 1,3 il numero medio di persone per auto. In un sistema completamente automatizzato se più individui condividono la stessa vettura ci sarà bisogno di meno veicoli circolanti. Secondo lo studio,
se oggi le strade della cittadina tedesca fossero occupate solo da auto robot, i tempi di percorrenza diminuirebbero di circa un quarto. I computer mantengono la distanza necessaria dagli altri veicoli, non guidano troppo velocemente e rispettano tutti i segnali stradali. Il miglioramento si avrebbe se almeno il 40% del parco circolante fosse automatizzato. Convivenza difficile Secondo diversi studi accademici, in una situazione di traffico misto i tempi di percorrenza non solo non diminuirebbero ma addirittura aumenterebbero sensibilmente. Il flusso generato dalla convivenza di vetture autonome e tradizionali sarebbe rallentato a causa delle infinite varianti della guida umana che risulterebbe meno fluida e regolare rispetto a quella di un computer. 21 Settembre 2018 ·
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LIFESTYLE
Harry, ti presento le tedesche. COLIN FRISELL
■ Ha molte passioni Henry (Harry per amici, parenti e tabloid) Charles Albert David, Duca dell'Essex, Conte di Dunbarton, Barone Kilkeel - figlio del principe di Galles Carlo e della sempre rimpianta Diana Spencer, nipote della Regina Elisabetta II e sesto in linea di successione al trono d'Inghilterra, venuto al mondo il 15 settembre del 1984, 34 anni fa esatti. Dopo le inglesi Tra un impegno ufficiale e i periodi di servizio militare, Harry ha potuto coltivare i propri hobby, tra cui gli sport: è stato buon giocatore di polo e di rugby ed è presidente onorario della Federazione rugbystica inglese. In questa veste ha partecipato come attore al cortometraggio dedicato alla storia dello sport inventato da William Webb Ellis che è stato proiettato in mondovisione durante la cerimonia di apertura del campionato Mondiale disputato in Inghilterra e Galles nel 2015. 14
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· 21 Settembre 2018
Harry non ha mai nascosto la passione per le automobili e, vista anche l'attrazione che la sua presenza ha presso i media, non si contano le immagini che lo ritraggono al volante o a bordo di bellissime vetture. A parte tutto il parco auto a disposizione della famiglia reale, le Rolls Royce e le Bentley con cui i membri partecipano alle cerimonie ufficiali e la Range Rover con cui si spostano nelle residenze ufficiali, come quella scozzese di Balmoral, i membri della famiglia hanno ciascuno una propria collezione privata di vetture. Spirito germanico Harry in particolare non ha mai nascosto la sua predilezione per le auto costruite in Germania, suscitando perfino qualche mugugno. Più di un benpensante - eh sì, quali non mancano mai - lo ha criticato accusandolo di scarso nazionalismo, vedendolo alla guida di una Mercedes o di una Audi. Peccato che i critici dimentichino come la fami-
glia reale inglese - per quegli strani giochi dinastici che piacciono tanti ai cultori della Corona - sia notoriamente di origine tedesca. La vettura che Harry ha preferito in questi anni è sicuramente stata la Audi RS6 Avant 4.0 che è stata recentemente messa all'asta. Qualcuno ha anche pensato che il cambio di auto potesse preludere all'arrivo di un nuovo "royal baby". L'auto, oltre alla dotazione di serie, poteva contare su optional per un totale di oltre 12mila euro. La casa che l'ha messa all'incanto - pubblicizzandola come la vettura sulla quale il principe e sua moglie, l'attrice americana Meghan Markle, sono stati spesso immortalati dai paparazzi in occasione di eventi ufficiali e privati - è stata alla fine aggiudicata per oltre 102mila euro. Neanche tanto per mettere le mani su un volante da principe.
spetto dei tradizionalisti la versione a batteria della "auto più bella del mondo" come la definì Enzo Ferrari, è più veloce dell'originale a benzina e va a 0 a 100 chilometri all'ora in 5 secondi. Il propulsore sviluppa 220 chilowattora e il pacco di sei batterie agli ioni di litio occupa lo stesso spazio del motore originale. Una curiosità. Le immagini della coppia hanno mostrato il principe che - galantemente - accompagnava la consorte a sedersi sulla vettura tenendolo aperto lo sportello... di destra. La Jaguar E-Type Concept Zero, infatti, pur essendo più inglese che mai, ha la guida a sinistra.
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Principe elettrico Nobile anche nelle prese di posizione per l'ambiente, Harry ha scelto l'occasione più glamour della sua vita per mandare un messaggio in favore della mobilità a basse emissioni. Quando il 19 maggio 2018 gli occhi di tutto il mondo erano puntati sul suo matrimonio con Meghan Markle, (18 milioni di telespettatori nel Regno Unito, l'evento più seguito del 2018, in America lo hanno visto in quasi 30 milioni) il principe ha scelto di spostarsi insieme alla neo moglie dal castello di Windsor dove erano state celebrate le nozze alla Frogmore House dove si è tenuto il ricevimento per duecento ospiti selezionatissimi, a bordo di una vettura a batteria. Per l 'occasione è stata scelta un'auto inglese, anzi, la più inglese che ci sia, una Jaguar E-Type Concept Zero del 1968, sulla quale è stato montato un motore elettrico. A di-
Supplemento settimanale a l’Automobile Pubblicazione online - Reg. Tribunale di Roma n. 24/2016 del 09/03/16 Iscrizione R.O.C. n. 14674 - ISSN 2499-670X Direttore Responsabile Alessandro Marchetti Tricamo Redazione via Solferino, 32 - 00185 Roma tel. 06.45406719 • fax 06.49982874-2829 www.lautomobile.it • redazione@lautomobile.it • segreteria@lautomobile.it @lautomobile_ACI
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AUTO FERRARI
488 Pista, oltre la Rossa. Sul tracciato di Fiorano a bordo dell’auto di Maranello più potente di sempre. Listino da quasi 300mila euro.
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· 21 Settembre 2018
...dal nostro mensile PUBBLICATO SUL NUMERO 20 - LUGLIO-AGOSTO 2018
MAURIZIO SPINALI ■ FIORANO – Porta nel nome un pezzo del suo destino la nuova Ferrari 488 Pista. Come fu per la Challenge Stradale nel 2003, per la 430 Scuderia nel 2007 e per la 458 Speciale nel 2013, questa Rossa è stata sviluppata estremizzando il piacere di guida. La base rimane la supercar standard, la 488 GTB. Poi a Maranello, dai motoristi ai tecnici dell’elettronica, si sono messi al lavoro studiando particolari, trasferendo a bordo dell’ultima arrivata, tecnologia e soluzioni dal-
le versioni da gara, 488 Challenge e 488 GTE in testa, che partecipano al campionato monomarca della Casa e al WEC, il Mondiale Endurance, quello della 24 Ore di Le Mans. E mai come questa volta in Ferrari hanno volutamente forzato la mano su questo transfer competizioni-strada. Sì, perché la 488 Pista è comunque, al di là del nome, una supercar omologata per girare sulle strade di tutti i giorni ma sviluppata per stupire e strappare sorrisi quando ci si mette al volante
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cercando la traiettoria perfetta tra i cordoli. Non per niente, per provarla siamo stati sulla storica pista Ferrari di Fiorano, la stessa nella quale si testano le monoposto di Formula 1. Prima le giriamo attorno, un po’ come capibranco attratti e impauriti da un probabile rivale. La faccia della 488 Pista la dice già lunga sulle sue intenzioni: al centro del cofano in carbonio si apre una “bocca vulcanica” che ricorda l’S-Duct delle Ferrari F1, tutta la parte anteriore è stata rivista per migliorare quelli che tecnicamente si chiamano i flussi e convogliarli nella maniera più pulita ed efficace possibile laggiù, passando per il fondo, fino al motore e alla coda. Coda su cui spunta un nuovo
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· 21 Settembre 2018
la meno estrema, ma anche avere a disposizione un V8 turbo che spinge sempre ed emette un sound rock, soprattutto grazie ai nuovi collettori, molto simile a quello di un feroce e nostalgico V8 aspirato.
spoiler, più alto di 33 millimetri, e che viene chiusa dall’estrattore ripreso dalla 488 GTE. Un lavoro meticoloso, portato avanti dal team di Matteo Biancalana: “L’obiettivo era di aumentare la downforce, dato che si tratta di un’auto che mira prima di tutto alla performance. E ci siamo riusciti visto che la 488 Pista, dal punto di vista aerodinamico, è migliorata del 20%, rispetto alla 488 GTB”. 720 cavalli Il motore, in posizione centrale-posteriore, è il V8 3.9 turbo Ferrari che con la 488 Pista diventa il più potente di sempre sbucato dalle officine Maranello con i suoi 720 cavalli a
8.000 giri. Molti i cambiamenti, un solo target: maggiori prestazioni. Così i condotti di scarico sono ora in inconel, una lega che ha tolto dalla bilancia quasi 10 chili, il polmone d’aspirazione in carbonio, le bielle in titanio. Ovviamente sono state cambiate le candele e gli iniettori, alleggerito il volano, inserito il sensore giri del turbo e ottenuto così una potenza superiore di 50 cavalli rispetto a quella già impressionante d’origine della 488 GTB. Cosa significa tutto questo? Non solo scendere sotto la soglia dei 3 secondi (2,85) nella classica accelerazione 0-100, superare i 340 km/h di velocità massima e, alla fine, abbassare di quasi 2 secondi il tempo sul giro a Fiorano della sorel-
Effetto “wow” Mentre ci godiamo tutto questo, in un “wow” continuo nei destra e sinistra della pista di Fiorano, giocando ogni tanto col manettino presente sul volante per cambiare le modalità di guida e sentendo lungo la schiena la potenza e la leggerezza della 488 Pista (alla fine sono 90 i chili tolti alla 488 GTB), ci accorgiamo che la nostra guida è più pulita e veloce di quanto avremmo creduto. Il perché ce lo spiega Raffaele De Simone, collaudatore Ferrari: “Oltre alla sesta generazione del nostro sistema di controllo della stabilità e trazione, l’SSC, abbiamo introdotto l’FDE, il Ferrari Dynamic Enhancer che, agendo in maniera davvero impercettibile sui freni, e solo nella modalità CT-OFF di guida (controllo di trazione disinserito), permette di gestire la Pista nella maniera più divertente possibile”. Lo sperimentiamo in diretta, quando la 488 Pista scivola nei più veloci e controllabili controsterzi che una Ferrari abbia mai concesso. La si sente quasi respirare e noi, gestendo il cambio a 7 rapporti doppia frizione dalle paddle dietro il volante, sorridiamo senza affanno. Quasi. Non preoccupandoci certo del consumo degli pneumatici Michelin sviluppati appositamente per questa Ferrari. Il costo della 488 Pista? 296mila euro e molta attesa se mai la voleste ordinare oggi, dato che due anni di produzione sono sold out.
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